Intervista di ReOpen911 a Massimo Mazzucco, regista di "11 settembre - La nuova Pearl Harbor". Parigi, 13 settembre 2014.
Traduzione dell'intervista
Nel 2006 ho avuto la possibilità di mostrare il mio primo film sull'11 settembre alla televisione italiana. Questo ha creato una grande confusione, un grande dibattito, una grande discussione che è continuata per due anni su tutti i media italiani più importanti. Da quel giorno in poi, tutti in Italia sanno che ci sono dei problemi con la versione ufficiale dell'11 settembre.
E' un peccato che un dibattito del genere qui in Francia non sia ancora avvenuto. Sarebbe davvero bello se un giorno anche la Francia, il grande paese della libertà, eguaglianza e fraternità, ... ... si ricordasse delle proprie origini del paese della libertà, di Voltaire, e tornasse a discutere, perché è una discussione che io ritengo necessaria, perché è veramente troppo importante. Bisogna confrontarsi con questa realtà, anche se non è particolarmente piacevole, poiché è l'unica realtà che abbiamo. O l'11 settembre è accaduto come ce l'ha raccontato il governo americano, oppure è andata in modo diverso. Se è andata in modo diverso, bisogna cambiare molte cose, ed è per questo che io ritengo che sia importante per tutti, anche per le persone che pensano "a me non interessa l'11 settembre, non è un problema che mi riguarda". Si tratta invece di un problema che ci tocca tutti, dal costo della benzina fino alla politica internazionale, e al fatto che andiamo a fare le guerre in tutto il mondo accanto agli americani. Dobbiamo sapere bene perché facciamo le guerre e accanto a chi le andiamo a fare, altrimenti diventiamo tutti responsabili per la morte degli innocenti che andiamo ad uccidere in tutto il mondo con falsi pretesti.
Come avete lavorato su questo film?
Per fare questo film ovviamente io ho fatto una ricerca approfondita, ma ho cercato soprattutto tutte le conferenze, tutte le dichiarazioni, tutti i documentari che parlavano dal fronte opposto, cioè di quelli che difendono la versione ufficiale. Non volevo essere io a dire quello che dice, ad esempio, Jerome Quirant, che difende la versione ufficiale. Non sono io a mettergli le parole in bocca: io ho cercato Jerome Quirant che parla nelle sue conferenze, o alla televisione francese, e voi potete ascoltare la versione originale della sua ipotesi. Altrimenti è un gioco che non finisce più: io dico che tu hai detto che lui ha detto che io ho detto, e non si finisce più. In questo modo invece io ascolto la fonte primaria da una parte, la fonte primaria dall'altra, e voi decidete. Ma bisogna guardare questo film.
Per quale motivo avete fatto questo film?
Il motivo più importante per cui ho fatto questo film è per avere qualcosa di pronto da essere utilizzato un giorno - io spero piuttosto presto, non troppo avanti - da parte dei media tradizionali, o media mainstream, per avere una seria discussione sull'11 settembre. Io non chiedo che la gente si convinca immediatamente delle nostre tesi, ma è necessario che si svolga una seria discussione. E quando dico seria intendo dire che bisogna prendere seriamente le domande che io ho posto nel mio film - non come fa Quirant, che ci gioca sopra stupidamente, come un bambino. Bisogna prendere seriamente le questioni ed affrontarle, per arrivare poi alla propria conclusione personale. Non importa quale sia, ma bisogna essere informati su questo argomento estremamente importante per la nostra vita.
Quali risposte ha avuto da parte dei detrattori del vostro film, i difensori della versione ufficiale?
Nel film ho utilizzato una forma un po' particolare, che è quella di porre delle domande. Alla fine di ogni capitolo io pongo una domanda particolare su quel capitolo. Ho fatto 50 domande, nel film, che sono in realtà delle domande retoriche, nel senso che non esiste veramente una risposta. Se io vi chiedo, ad esempio, come è possibile che siano stati trovati dei rottami dell'aereo, che dovrebbe essere caduto tutto intero nella campagna di Shanksville, a 14 km di distanza, in una giornata in cui non c'era vento, questa non è veramente una domanda, è piuttosto una domanda retorica, poiché la cosa è impossibile. Ma c'è stato qualcuno, qui in Francia, che ha avuto il coraggio di rispondere lo stesso; ha preso le domande seriamente, ed ha provato a rispondere. Si chiama Jerome Quirant, e ha dato le sue risposte sul sito di ReOpen. Il problema è che non ha mai dato delle vere risposte. Il suo atteggiamento è leggermente ridicolo, poiché ad esempio alle prime quattro domande, che sono le più importanti del film... io ho posto quattro domande fondamentali sulla mancata difesa aerea, e Quirant ha risposto: "Io non mi sono mai occupato di questo". E' Quirant a decidere cosa è importante discutere e cosa no sull'11 settembre! In altri casi ha completamente ignorato le informazioni che presento nel mio film, ed è tornato a ripetere le stesse cose che io nel film dimostro essere false. Se io ad esempio chiedo "com'è possibile che non abbiamo mai visto una sola fotografia dei 19 dirottatori nei tre aeroporti da dove sono partiti gli aerei dirottati?", non è veramente una domanda. In altre parole, non è possibile, perché delle foto ci devono essere. Se non c'è una sola immagine vuole dire che c'è un problema. Io penso che, quando il pubblico vede il film, vede le domande, e prova a mettersi nella posizione di chi dovrebbe rispondere, capisce bene l'imbarazzo di uno come Quirant. Lui ha dovuto rispondere perché vuole mantenere la sua posizione, perché lui è il ragazzino saputello che sa tutto. Ma questo non è rispondere, ed è qui il vero problema.
Cosa si può fare per far avanzare il Movimento per la Verità? Come si può far nascere il dubbio nel grande pubblico?
Non è facile, perché in realtà il problema dell'11 settembre è un problema psicologico, non è un problema di prove. Se qualcuno vuole le prove, le trova immediatamente. Ce ne sono talmente tante, dappertutto. Nell'aereo che si è schiantato a Shanksville, nell'aereo del Pentagono, nella difesa aerea, nella distruzione delle Torri Gemelle o dell'Edificio Sette. Ovunque voi guardiate potete trovare delle prove. La domanda è se uno vuole o meno arrivare alle conclusioni a cui ti portano quelle prove, poiché la conclusione non è certamente facile per molta gente. E questo è un fatto che io credo vada rispettato. In altre parole, ci sono molte persone che non sono preparate ad accettare l'idea che i nostri governi ci mentano e ci possano uccidere, e se voi non conoscete bene gli americani è difficile ... in tutta onestà devo dire che anch'io, la prima volta che ho sentito dire, nel 2002, che le Torri Gemelle erano state distrutte da una demolizione controllata, io stesso ho detto: "No, non è possibile, gli americani non si farebbero mai da soli una cosa del genere". Questa è stata la mia reazione naturale, ed è naturale reagire in questo modo. Dopo quel momento, c'è chi non vuole guardare, mentre io ho voluto guardare, e ho trovato delle risposte, purtroppo diverse. Ma bisogna capire che ci sono persone che non vogliono arrivare a quelle conclusioni. Non si può quindi imporre la verità a quelli che non sono in grado di accettarla. Io penso che sia sufficiente stimolare la curiosità. Io voglio essere sicuro che nessuno mi abbia preso in giro, quindi almeno per quel motivo voglio guardare le cose da vicino.
Ai giornalisti francesi…
Io capisco bene i problemi individuali di ciascun giornalista, perché non sono degli idioti. Di solito i giornalisti non sono degli idioti, e sanno molto bene che la versione ufficiale non è vera, ma sanno anche che se provano a dire qualcosa rischiano di perdere il posto. Dovrebbero trovare una via di mezzo: c'è un modo di porre le domande che è una forma corretta di giornalismo, la quale non implica che il giornalista sia per forza un complottista, ma semplicemente uno che ha il diritto di porre quella domanda. Ad esempio, per un giornalista, non è necessario essere un complottista malato per domandarsi come è possibile che quattro persone che non hanno mai pilotato un aereo di linea, abbiano fatto delle manovre che sono state descritte dai controllori di volo come "quasi impossibili". Non è necessario essere un complottista malato per porre questa domanda. Come non è necessario essere un complottista malato per domandarsi come sia possibile che dei pezzi dell'aereo che si è schiantato a Shanksville siano stati trovati a 14 kilometri di distanza. Non è necessario essere un complottista malato per domandarsi come sia possibile che un oggetto cada alla velocità di caduta libera e contemporaneamente distrugga tutto ciò che trova lungo il suo percorso. Perché questo è impossibile per le leggi della fisica. Non è il vostro direttore che dice questo, non sono io a dirlo, sono le leggi della fisica, e non possiamo certo cambiarle per far contenti gli americani. Quindi bisogna semplicemente porre delle domande oneste, legittime, e in questo modo voi farete bene il vostro lavoro, avrete la coscienza a posto, e non penso che per questo rischierete il posto.
Io ci ho messo tre anni per fare questo film, mi auguro che voi abbiate tre ore, cinque ore per guardarlo. Grazie e mille.