di Johnny Contanti
Qualche settimana addietro è stato pubblicato questo decalogo di domande sul sito Luogocomune, in cui si invitavano coloro che masticassero di economia a presentare delucidazioni su questioni di carattere prettamente concernente la natura del debito estero e interno. In questo breve pezzo elencherò una serie di risposte mirate a quello che si voleva conoscere avanzando quelle domande.
1) Quando si parla di "debito estero", che cosa si intende esattamente?
Quando si parla di debito estero si intendono tutte quelle passività dovute ad entità (siano essi singoli investitori, o società, o istituti bancari) al di fuori del territorio nazionale. Nel caso dello stato italiano, abbiamo a che fare con l'emissione di titoli di stato. Il suddetto è uno dei modi attraverso i quali lo stato raccoglie finanziamenti. Lo stato può finanziarsi in tre modi: tasse, debito pubblico, stampando i soldi. Con quest'ultimo metodo gli incentivi a stampare e spendere sempre di più sono fortissimi, ma la moneta in circolazione finisce per andare fuori controllo ed aumenta esponenzialmente (facendone diminuire, di conseguenza, il potere d'acquisto). Le tasse sono "antipatiche" e soprattutto rendono chiaro all'individuo quale sia il ruolo parassitario dello stato. Il debito pubblico consiste nell'emettere titoli di debito (o cambiali, per semplificare l'immagine mentale) che vengono collocati sul mercato e sono acquistabili da tutti. In Italia la Banca d'Italia gestisce le aste, ovvero, fa il banditore ma non li compra essa stessa. Chi compra sono altri soggetti (es. banche commerciali, investitori comuni, fondi pensione, hedge fund, ecc.), mentre alla BCE è vietato l'acquisto di titoli di stato dei paesi dell'Eurozona dall'accordo di Maastricht. [...]
Questo video è stato realizzato da un nostro utente, Rob84. Incoraggiamo tutti a realizzare video simili, e a familiarizzarsi con i software di montaggio oggi disponibili. Quello che dieci anni fa era impensabile, oggi è a disposizione di tutti. E anche se producete un video imperfetto, non importa. L'importante è avere qualcosa da dire, e sfruttare ogni mezzo a disposizione per farlo.
Particolarmente interessanti i pezzi su Pasolini e su Ustica, solidamente appoggiati da materiali originali.
Intervista a Paolo Franceschetti - a cura di Lavinia Pallotta (tratto dalla rivista X-Times di settembre)
1) Quando e perché hai cominciato a interessarti alle cure applicate al cancro?
L’argomento mi ha sempre interessato, perché il cancro è una delle prima cause di morte nel mondo e per l’interesse che ho sempre avuto per il rapporto tra malattie del corpo e dell’anima. Avevo letto i libri di Dalke, Claudia Rainville, Hamer e molti altri. Una vera e propria svolta però c’è stata quando si è ammalata di tumore la mia ex compagna, Mariapaola, morta poi ad aprile del 2014.
Si è trattato di un percorso particolare, perché da una parte lei è stata sempre informatissima non solo sulle cure alternative, ma anche sui progressi della sua malattia, che ha tenuto costantamente sotto controllo (a differenza di quello che fa la maggior parte dei pazienti che non si interessano attivamente alla cura e spesso neanche sanno qual è la loro reale condizione).
Ma la vera particolarità di questa esperienza è stata che Mariapaola ha scelto le cure tradizionali non per curarsi, ma per morire; non avendo mai avuto la forza di suicidarsi, ha scelto di uccidersi affidandosi alle terapie convenzionali, sapendo che, per il suo tipo di tumore, le terapie convenzionali non prevedevano possibilità di guarigione. Ha scelto le terapie convenzionali dicendo “so che in questo modo mi ammazzeranno”. Il suo tumore era infatti un cosiddetto “triplo negativo”, che statisticamente per la medicina ufficiale nell’80 per cento dei casi porta alla morte entro 2 anni.
Con altre cure aveva molte più probabilità anche in termini statistici, di sopravvivere, ...
"Troppi cinque corpi di polizia". Renzi prepara la rinuncia di sovranità più importante.
di Cesare Sacchetti
I Paesi Bassi sono il luogo dove l'Italia ha cambiato la propria storia negli ultimi 25 anni, non solo legandosi al Trattato di Maastricht, con la cessione della sovranità monetaria e legislativa, ma per poter definitivamente abbandonare la veste di Stato sovrano era necessario rinunciare all'esclusività delle funzioni delle Forze Armate sul proprio territorio, con l'istituzione di una milizia sovranazionale.
Questo passaggio è avvenuto nel 2007 a Velsen, piccola municipalità dei Paesi Bassi, dove è stato firmato un trattato congiuntamente a Francia, Spagna, Paesi Bassi e Portogallo che istituisce la gendarmeria europea, l'Eurogendfor, che andrà ad esautorare le Forze dell'Ordine nella gestione dell'ordine pubblico.
Uno scenario irrealistico, ma che è stato messo nero su bianco con la Legge di Ratifica N.84 del 14 maggio 2010, ...
In vista di un aggravarsi dell'epidemia di Ebola, che minaccia ora di estendersi anche in Europa, ripubblichiamo questo articolo del 2010, nel quale la "voglia di epidemia" traspare chiaramente dal documento della Rockefeller Foundation.Il Nuovo Ordine Mondiale scopre le carte
La Rockefeller Foundation ha pubblicato un interessante documento, intitolato “Scenari per il futuro della tecnologia e dello sviluppo internazionale”, nel quale ipotizza quattro possibili situazioni in cui potrebbe venire a trovarsi il mondo intorno al 2025.
Naturalmente, in questo gioco “ad indovinare il futuro”, la linea fra quello che potrebbe accadere e quello che si vorrebbe veder accadere è sempre molto sottile, ed è questo che rende il documento particolarmente interessante.
L’elemento su cui si focalizza la ricerca è il progresso tecnologico, e la domanda centrale che si pone è la seguente: “Che effetto potrà avere la tecnologia nel superare gli ostacoli verso la stabilità e la giusta crescita nel mondo dei prossimi 15-20 anni?”
Per rispondere alla domanda gli autori hanno identificato due elementi variabili, che ritengono di fondamentale importanza nel determinare il futuro assetto del mondo. Queste variabili sono l’”allineamento politico-economico” delle varie nazioni, che potrà risultare “debole” o “forte”, e la “capacità adattiva” dei popoli che ne fanno parte, che potrà risultare “alta” o “bassa”.
Per capire bene cosa intendano gli autori con questi due termini, …
di Giorgio Venzo
Vi sarà forse capitato, durante un dibattito su avvenimenti storici contemporanei, di leggere sul viso altrui quell’espressione di disagio per il fatto di doversi confrontare con chi sta contestando punti chiave dell’interpretazione storica più diffusa.
Chissà quale sarebbe invece la loro espressione nell’apprendere quanto sfrontate e sistematiche siano le fallacie logiche e le falsità contenute nella storia, soprattutto quella economica, da cui attingono per formare le proprie opinioni ed azioni. Appare addirittura disarmante la modalità esplicita e quasi infantile con cui quelle verità sono nascoste o piegate alle esigenze dell’attuale monopolista dell’istruzione pubblica.
Nel video in calce, sottotitolato in italiano, Gary North lancia un appello a favore di un sano processo di revisionismo storico portando, come esempio di quel processo di distorsione, un episodio che ancora oggi costituisce per il grande pubblico il maggior ostacolo alla comprensione di un fatto storico di importanza rilevante.
Ho ricevuto questa lettera da Andrea Avveduto, il giornalista che ha partecipato con me al servizio del Tgcom sul caso Foley. La pubblico con il suo consenso, seguita dalla mia risposta.
Gentile Massimo Mazzucco,
sono Andrea Avveduto, ho partecipato con lei al dibattito su Tgcom24 circa il caso Foley, un mese fa. Ho seguito con interesse il dibattito sul forum che si è sviluppato dopo il nostro intervento. Non desidero entrare nel merito delle obiezioni che alcuni utenti hanno fatto circa il mio intervento. Ho espresso solo alcune opinioni, condivisibili o meno, e rimango aperto al dibattito. Anzi, alcune posizioni manifestate mi hanno interrogato molto rispetto alle mie convizioni. E di questo sono grato. Vorrei solo precisare una cosa, rispettto a un commento fatto dall'account della redazione: "Certo. Una volta capito il personaggio, era chiaro che bisognava stare alla larga dalle trappole". Non ho mai avuto intenzione di tendere una trappola: non è mai stato il mio stile, nè mia intenzione. Se il mio intervento ha suscitato questa impressione, mi dispiace. E non si preoccupi: nei miei tre anni di vita in Medio Oriente ho maturato una grande criticità rispetto al modus operandi americano. Nei miei articoli se ne trova ampia traccia. Colgo l'occasione per ringraziarla del suo lavoro e - nell'auspicio che questo dibattito possa continuare per arricchire le posizioni di entrambi - la saluto cordialmente.
Andrea Avveduto
***
Gentile Sig. Avveduto,
innanzittto vorrei scusarmi con lei per il modo poco elegante con cui mi sono riferito alla sua persona. Sappia però che il mio commento non conteneva nulla di polemico nei suoi confronti. Quando ho detto "una volta capito il personaggio" mi riferivo alla sua posizione rispetto al terrorismo islamico - che lei apparentemente considera genuino - e quindi, dicendo che "bisognava stare alla larga dalle trappole", intendevo dire che non sarebbe stato saggio per me, in quella situazione, aprire un confronto con lei sul merito (i tempi televisivi non lo permettono). Non ho mai voluto intendere che fosse lei, intenzionalmente, a tendere trappole a chicchessia.
Ciò detto, vorrei entrare nel merito della questione: quello che non ci è possibile discutere in TV, a causa dei tempi ristretti, è possibile farlo qui, con calma e con raziocinio. [...]
Leggi tutto: Debito interno vs. Debito estero: Una breve spiegazione