Nuova Cronologia

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5 Anni 4 Mesi fa #29772 da Raudh1
Risposta da Raudh1 al topic Nuova Cronologia
in questo link trovi la pagina in italiano del sito di Fomenko. I pdf che trovi spiegano qualcosa sul suo metodo se ti interessa.

Ho conosciuto quello che i greci ignorano: l'incertezza.

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5 Anni 4 Mesi fa #29773 da Nomit
Risposta da Nomit al topic Nuova Cronologia
Posto anch'io un riassunto di un testo di Fomenko che scrissi sul forum due anni fa.

Si narra che il re Ezechia si ammalò gravemente e venne poi guarito. Il profeta Isaia riferì a Ezechia che il Signore, come segno della sua promessa di concedere ancora 15 anni di vita a Ezechia, avrebbe fatto avanzare o retrocedere l'ombra del Sole su dieci gradini di una scala ( 2Re 20 ).
Il cronografo luterano del 1680 aggiunge al racconto biblico una serie di dettagli molto significativi. Secondo il cronografo, la retrocessione dell'ombra di dieci gradini allarmò molto gli ASTRONOMI caldei, che subito si diressero al palazzo di Ezechia. Si trattava quindi probabilmente di un fenomeno astronomico, visto che interessò in particolare gli astronomi. Tale fenomeno, nell'astronomia antica, poteva essere solo uno, LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI. La velocità del fenomeno, secondo Tolomeo, fu calcolata durante il regno di Antonino Pio e riportata nell'Almagesto.

Il valore della velocità della precessione degli equinozi calcolato da Tolomeo è di 1 grado ogni 100 anni. Tolomeo scrive che «da questo scopriamo che lo spostamento in direzione del succedersi dei segni (cioè in direzione opposta alla longitudine, n.d.a.) corrisponde a circa un grado ogni 100 anni. Il che significa che secondo Tolomeo in 15 anni il punto dell'equinozio di primavera si sposterebbe di circa 0,15 gradi, cioè 9 minuti di arco. Il valore, che come dice lo stesso Tolomeo è INDICATIVO, è da approssimare a 10 minuti d'arco ogni 15 anni [ i 10 gradini per i 15 anni di vita ].
Oggi sappiamo che la velocità di precessione degli equinozi, cioé lo spostamento dei punti di solstizio ed equinozio nella sfera celeste, è di circa 1 grado ogni 72 anni. Tuttavia nell'Almagesto la velocità di precessione degli equinozi per qualche motivo è calcolata in modo platealmente errato.

Come si è verificato un tale errore? Dall'Almagesto, sappiamo che Tolomeo misurò la velocità della precessione confrontando la posizione del punto dell'equinozio di primavera rispetto alle stelle fisse al tempo di Ipparco con quella della sua epoca. Allo stesso tempo, credeva che dalle osservazioni di Ipparco fino all'inizio del regno di Antonino Pio, di cui Tolomeo era contemporaneo, fosse 265 anni. Ad esempio, Tolomeo scrive: "la stella sul petto di Leo si è mossa ... di 2 e 2/3 gradi ... dal momento delle osservazioni di Ipparco all'inizio il regno di Antonino, quando abbiamo anche fatto la maggior parte delle osservazioni sulle posizioni delle stelle fisse, cioè circa 265 anni ". Qui Tolomeo fa esplicito riferimento all'asserzione che dal tempo di Ipparco fino all'inizio del regno di Antonino Pio fossero trascorsi circa 265 anni. Inoltre, per calcolare la velocità della precessione degli equinozi aveva bisogno di sapere quanto i punti degli equinozi e dei solstizi si fossero spostati nel tempo trascorso da Ipparco. Egli scrive: "Eseguendo in modo simile ... le osservazioni di altre stelle, abbiamo scoperto che le loro reciproche distanze sono all'incirca le stesse di quelle osservate da Ipparco, le distanze dai solstizi e dagli equinozi rispetto a quelle registrati da Ipparco in ciascun caso aumentano di circa 2 e 2 / 3 gradi. "

Alla base della velocità di precessione degli equinozi calcolata da Tolomeo troviamo quindi due variabili:
PRIMA – numero di anni fra l'epoca di Ipparco e quella di Antonino Pio
SECONDA – movimento dei punti di equinozio durante il periodo di tempo fra Ipparco e Antonino Pio.
Siccome però il risultato del calcolo di Tolomeo è errato, dobbiamo presumere che almeno una delle due variabili sia scorretta.

È facile capire che un errore di UNA VOLTA E MEZZA nel valore calcolato può essere stato causato solo dalla prima delle due variabili indicate sopra, cioè dagli anni passati fra Ipparco e Antonino Pio. Infatti le osservazioni astronomiche di Tolomeo erano abbastanza precise. Inoltre misurò lo spostamento rispetto ai punti di equinozio e solstizio di MOLTE stelle fisse contemporaneamente. Le possibilità di errore diminuiscono con la quantità di calcoli effettuati. È perciò improbabile che possa essersi sbagliato di UNA VOLTA E MEZZO il valore corretto.
Questo significa che le cause del macroscopico errore di Tolomeo sono da ricercare nella CRONOLOGIA e non nelle osservazioni astronomiche. Evidentemente Tolomeo concepiva erroneamente quanti anni prima fosse vissuto Ipparco.

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Calcolando la distanza tra Tolomeo ed Ipparco con la velocità di precessione reale, Fomenko ha ottenuto 192 anni, anziché 256. Supponendo che la precessione degli equinozi esista davvero e che oggi davvero conosciamo il suo valore reale, sembra che nel passato esistesse un fenomeno per cui gli eventi e i personaggi del passato venissero ritenuti più antichi di quanto non fossero.
I seguenti utenti hanno detto grazie : Volano49, Italo

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5 Anni 4 Mesi fa #29802 da Italo
Risposta da Italo al topic Nuova Cronologia

A questo proposito vorrei introdurre un quiz esegetico per esperti:

Perché nei Vangeli riferendosi a Maria traducono "il frutto del tuo grembo, Gesù" mentre nelle messe i preti dicono "frutto del tuo seno, Gesù"?
Ai temi forse i pargoli nascevano dai seni?


Non sono un esperto e non riesco più a chiudere occhio.
Da dove nascevano i bambini?
Il cavolo non c'entra vero?

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5 Anni 4 Mesi fa #29803 da Italo
Risposta da Italo al topic Nuova Cronologia
Un capitolo affascinante è quello che riguarda Pougachev. La cosiddetta "rivolta dei contadini" che, come al solito, era tutt'altro.

2.4. The war against Pougachev in the Romanovian rendition. The futile attempts of A. S. Pushkin to get access to the archives that contained historical materials pertaining to the "War against Pougachev”
Un enorme (la più grande del mondo secondo l’edizione del 1771 dell’Enciclopedia Britannica) nazione indipendente è esistita fino alla fine del XVIII secolo con capitale in Tobolsk (la biblica Thubal) e le sue terre hanno coperto la Siberia e una grande parte del Nord America. Questa nazione fu conquistata dopo la vittoria su Pougachev.
Vediamo dunque la guerra contro Pougachev come viene riportata nella versione Romanoviana della storia Russa: Per prima cosa gli archivi contenenti i materiali del caso relativo a Yemelyan Pougachev erano ancora considerati informazioni riservate nel 1883, secondo quanto riporta Pushkin ([709], pag. 661). Il lettore ricordi che Pushkin scrisse una biografia di Pougachev nella quale raccolse “ogni cosa divulgata dal governo, insieme alle fonti straniere che mi sembrarono credibili contenenti riferimenti a Pougachev) ([709], pag. 661). Comunque A. S. Pushkin ha solo tentato di raccogliere sufficiente materiale per una pubblicazione relativamente ridotta – la sua biografia occupa appena 36 pagine in [709].
L’autore è evidentemente conscio del fatto che il suo lavoro sia tutt’altro che completo, a dispetto dei suoi tentativi di raccogliere tutto il materiale che potesse trovare. Dice: “i futuri storici che avranno le autorizzazioni a studiare gli archivi di Pougachev facilmente potranno espandere e correggere il mio lavoro ([709], pag. 661). L’impressione generale che riceviamo dalla storia della “rivolta” di Pougachev nella sua versione Romanoviana (nella biografia di Pushkin in particolare) è la seguente. L’esercito regolare di Caterina II (La Grande) sconfigge senza apparentemente grande sforzo la teppa di servi disorganizzati. Pougachev incomincia la sua fuga: comunque, egli “fugge”, per qualche ragione verso Mosca, Ci viene raccontato che “gli ammutinati furono sconfitti dal solo generale Ivan Ivanovich Mikhelson che ha inseguito la milizia di Pougachev fin sulle montagne, mettendola in rotta completamente” ([183], Volume 3, pag. 125).
Dopo questa “rotta”, Pougachev conquista Kazan, Piu avanti: “Mikhelison si avvicinava a Kazan, Pougachev inviò le sue truppe contro di lui ma fu costretto a ritirarsi in direzione di Kazan. Un’altra battaglia fu combattuta lì; l’esercito di Pougachev fu distrutto completamente ([183], Volume 3, pag. 125). Cosa fa lo “sconfitto” Pougachev? “Pougachev attraversò il Volga e puntò su Nishniy Novgorod con l’evidente intenzione di arrivare a Mosca. Il fatto che gli ammutinati si stessero muovendo in direzione di Mosca faceva inorridire sia Mosca che Nizhniy Novgorod. L’Imperatrice aveva deciso di guidare essa stessa l’esercito per salvare Mosca e la Russia. Comunque venne sconsigliata… La campagna contro i Turchi era finita a quel tempo; Souvorov (Generale Aleksandr Vasil'evič Suvorov) era tornato ed era stato messo a capo dell’esercito spedito contro gli ammutinati” ( [ 183], Volume 3, pag. 125). E. P. Savelyev, autore del noto lavoro storiografico sull’esercito del Don parla di “14 reggimenti del Don dell’esercito regolare mandati contro i ribelli di Pougachev” ([757], pag. 428).
Persino nella versione Romanoviana della storia pesantemente rivista è ovvio che la “repressione dell’ammutinamento” richiedeva la partecipazione dell’esercito regolare, condotto da A. V. Souvorov in persona – il comandante in capo dell’esercito Romanoviano (vedi [183], Volume 3, pag. 125). Questo è facile da comprendere – abbiamo davanti agli occhi la testimonianza di una guerra civile, non una semplice campagna punitiva contro contadini ribelli. C’erano grandi eserciti professionali da entrambe le parti completi di cavalleria e cannoni. In ogni caso le fabbriche degli Urali stavano con Pougachev, ed è noto che fabbricassero i cannoni per lui. Secondo la versione Romanoviana, i lavoratori degli Urali si “ribellarono” e si unirono a Pougachev ([183], Volume 3, pag. 125).
Comunque la situazione reale doveva essere diversa – le fabbriche degli Urali semplicemente appartenevano alla Tartaria Moscovita a quel tempo, il cui esercito era guidato da Pougachev. Non sorprende che le manifatture Siberiane di armi lo servissero. La versione Romanoviana della storia suggerisce che Pougachev si fosse illegittimamente proclamato Zar Pyotr Fyodorovich, o Peter III Romanov ([183], Volume 3, pag. 126; vedi anche [709], pag. 687). Pougachev emetteva editti reali quando entrava nelle città conquistate ([183], Volume 3, pag. 126). Quando Pougachev entava in una città, incontrava il clero e la corporazione dei mercanti oltre alla semplice cittadinanza. Per esempio “il 27 luglio Pougachev entrò a Saransk… fu ricevuto allo stesso modo da cittadinanza, clero e dai mercanti… Pougachev si avvicinava a Penza… la cittadinanza lo ricevette, inginocchiandosi portando icone e pani come segno di rispetto e benvenuto” ([709], pag. 690). Più avanti: “In Saransk, Pougachev fu ricevuto dall’Archimandrita Alexander, che portava la croce e il Vangelo; questi menzionò la Zarina Oustinia Petrovna nelle sue preghiere durante le funzioni religiose di quel giorno” ([709], pag. 690). L’Archimandrita menzionò un’altra Zarina, non Caterina II! Doveva essere la Zarina della Tartaria Moscovita.
Pushkin arriva alle seguenti conclusioni: “I normali cittadini appoggiavano Pougachev, come il clero, fino agli archimandriti e agli arcivescovi” ([709], pag. 697). E’ molto probabile che il nome reale dello Zar, o Khan di Tobolsk, rimanga sconosciuto a noi oggi. Il nome Pougachev deve essere un’invenzione degli storici Romanoviani. Oppure possono aver scelto un semplice Cosacco con un nome eloquente – è chiaramente visibile come “Pougachev” si traduca come “pougach” o “pougalo” - “far spavento”, “spaventapasseri” ecc. Nello stesso modo i Romanov scelsero un nome che si adattava allo Zar Dmitriy Ivanovich (il cosiddetto Falso Dmitriy) – un altro “impostore” secondo la loro versione. Ricevette il “soprannome” Otrepyev – che si traduce come “otrebye”, o “feccia”. Questo fu ovviamente fatto per compromettere coloro che reclamavano il trono in ogni modo possibile, facendoli sembrare “evidenti impostori”. E’ facile riconoscerlo come un semplice stratagemma psicologico utilizzato da uno scafato servizio di propaganda. Fatto sta, come riporta A. S. Pushkin che i Cosacchi Yaik che combattevano con Pougachev sostenessero che “un certo Pougachev fosse realmente stato parte della loro fazione; comunque non aveva nulla in comune con lo Zar Pietro III ( il nome Pietro III è stato ovviamente introdotto da A. S. Puskin stesso – Aut. (Fomenko)], loro signore e comandante” ([709], pag. 694). In altre parole i Cosacchi Yaik non consideravano Pougachev, giustiziato dai Romanov, il loro comandante, riferendosi invece a un certo Zar. E’ chiaramente difficile identificare quest’ultimo utilizzando la versione Romanoviana degli eventi. I Romanov si sforzarono per far credere a tutto il mondo che non ci fossero altri Zar legittimati in Russia come loro. A proposito A. S. Pushkin riporta come Pougachev rispondesse alla domanda di Panin (Nikita Panin, diplomatico anglofilo): “Come osi farti chiamare Zar?” in modo evasivo, sostenendo che qualcun’altro era lo Zar ([709], pag. 694). La scena è perfettamente comprensibile – i Romanov stavano cercando di presentare la loro guerra contro la Tartaria Moscovita come semplicemente la soppressione di una ”rivolta popolare”; un semplice Cosacco venne giustiziato a Mosca a questo fine, qualcuno che si presumeva rappresentasse l’impostore così da rendere ovvio per chiunque che il Cosacco in questione non assomigliasse nemmeno lontanamente a uno Zar.

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5 Anni 4 Mesi fa - 5 Anni 4 Mesi fa #29829 da Italo
Risposta da Italo al topic Nuova Cronologia
Faccio una riflessione "senza rete".
Secondo Biglino gli elohim erano biondi , alti e con gli occhi azzurri. E parla anche dei Giganti unoeditori.com/nephilim-giganti-ed-elohi...terreni-chi-erano-2/ con poteri particolari e mi viene in mente Joseph Davidovits e l'ipotesi sulla trasformazione della sabbia in roccia.
Secondo Fomenko gli slavi sono arrivati a sud fino in Africa. Mi pare nel libro "Lo Zar degli Slavi" dica che in Palestina erano sul metro e sessanta mentre gli slavi stavano sul metro e ottanta abbondante.
Anche secondo Mauro Orbini archive.org/details/ilregnodeglislav00orbi/page/10 gli slavi erano chiamati Giganti e li fa agire al tempo di Samuele it.wikipedia.org/wiki/Samuele_(profeta) che sceglie il primo re d'Israele.
Anche il berrettino di Saul è interessante upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/t..._Mauritshuis_621.jpg
Troppa roba?
Ultima Modifica 5 Anni 4 Mesi fa da Italo. Motivo: aggiunta

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5 Anni 4 Mesi fa #29834 da Nomit
Risposta da Nomit al topic Nuova Cronologia
Slavi: secondo gli storici, avrebbero dato origine alla parola "schiavo". Riporto ancora l'opinione di Yves Cortez , che è quella che mi convince di più: SLAVO (S-LV) così come SERBO (S-RB) è composto da una S iniziale seguita dalle due consonanti che indicano il lavoro, cioè una liquida e una labiale, LV, RB, RV...
Per cui penso che in realtà la parola "slavo", o "serbo", o "sloveno", o "slovacco", significasse "lavoratore" o addirittura "schiavo".

Per comprendere questa ipotesi, pensate alle parole che nei vari linguaggi indoeuropei indicano il lavoro: labor, travail, arbeit, robota...

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5 Anni 4 Mesi fa #29849 da Italo
Risposta da Italo al topic Nuova Cronologia
Da wikipedia

qualcuno ipotizza che l'antroponimo russo Slav significhi 'saggio', 'pio', 'devoto', e da qui derivi il nome di tutto il popolo, che perciò significherebbe "i devoti agli dèi, o al Dio, di una comune religione slava". Questa ipotesi etimologica è oggi popolare tra chi rivendica l'unitarietà dell'originaria religione slava.

(Città di YaroSLAV, culla della storia dell'Orda)
Mauro Orbini parla nel suo libro degli "Slavi corrottamente chiamati Schiavoni" ma non mi sembra approfondisca la cosa.C'è una serie di NOMI DI DUPLICATI come Svyatoslav (945-972), Yaroslav il Saggio (1019-1054), Izyaslav (1144-1154), Msitslav (1157-1169) tutti DUPLICATI e precedenti ai Grandi Disordini che portarono al colpo di stato dei Romanov. Non mi sembra che nessuno dei personaggi REALI, contenga il termine "slav" nel nome fino alla riscrittura della storia dell'Orda da parte dei Romanov. Magari significa qualcosa.

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5 Anni 4 Mesi fa #29871 da Nomit
Risposta da Nomit al topic Nuova Cronologia
Copio qui un altro post parafomenkoide che ho scritto tempo fa. Leggiamo il libro dei SALMI:

1 Al maestro del coro. Su «La morte del figlio». Salmo. Di Davide.

Alef 2 Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
annuncerò tutte le tue meraviglie.

3 Gioirò ed esulterò in te,
canterò inni al tuo nome, o Altissimo,

Bet 4 mentre i miei nemici tornano indietro,
davanti a te inciampano e scompaiono,

5 perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa:
ti sei seduto in trono come giudice giusto.

Ghimel 6 Hai minacciato le nazioni, hai sterminato il malvagio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.

7 Il nemico è battuto, ridotto a rovine per sempre.
È scomparso il ricordo delle città che hai distrutto.

He 8 Ma il Signore siede in eterno,
stabilisce il suo trono per il giudizio:

9 governerà il mondo con giustizia,
giudicherà i popoli con rettitudine (eccetera)


Vedete le lettere ebraiche all'inizio di ogni paragrafo? Anche le sure del corano cominciano con delle lettere, definite "misteriose", chiamate Muqaṭṭaʿāt.
Potrebbe essere un indizio su un'origine comune tra l' ISLAM e i SALMI?
en.wikipedia.org/wiki/Muqattaʿat

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5 Anni 4 Mesi fa #29875 da Pyter
Risposta da Pyter al topic Nuova Cronologia
Salmi è anagramma di Islam.
Cristiano è anagramma di coranisti.

Come può l'acqua memoria serbare se dalle nuvole cade? (poeta del dugento)
Ci sposiamo sessiamo insieme sessista bene perché no (progetto anti gender 2016)

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5 Anni 4 Mesi fa - 5 Anni 4 Mesi fa #29879 da Aigor
Risposta da Aigor al topic Nuova Cronologia
@pyter

Infatti mi son sempre chiesto perchè tradurre "fructus ventri tui" in "frutto del tuo seno"...
Io pensavo ad una traduzione "epurata" da simbologie scomode per l'ipocrisia cristiana moderna: parlare di ventre vuol dire riferirsi al concepimento e alla materialità, cosa deprecabile evidentemente...
E poi il ventre, la pancia, sede anche di altri organi ritenuti abominevoli fino a poco tempo fa, come l'intestino...

Ma se hai ipotesi che mi aiutino a capire ben vengano :-D

Sugli anagrammi mi hai fatto venire un brividino... che Ciapanna non ci avesse visto poi così male.... :-O

Mitakuye Oyasin
"La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci" (I. Asimov - Il crollo della galassia centrale)
Ultima Modifica 5 Anni 4 Mesi fa da Aigor.

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5 Anni 4 Mesi fa #29880 da CharlieMike
Risposta da CharlieMike al topic Nuova Cronologia

Aigor ha scritto: @pyter

Sugli anagrammi mi hai fatto venire un brividino... che Ciapanna non ci avesse visto poi così male.... :-O


Gli anagrammi funzionano in italiano.
Funzionano anche in ebraico, aramaico, latino e/o greco?


Vulgus vult decipi, ergo decipiatur.

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5 Anni 4 Mesi fa - 5 Anni 4 Mesi fa #29883 da Pyter
Risposta da Pyter al topic Nuova Cronologia
@ Aigor
Ma se hai ipotesi che mi aiutino a capire ben vengano :-D


Un aiutino non posso negarlo a nessuno: prova a pronunciare seno in spagnolo.

Come può l'acqua memoria serbare se dalle nuvole cade? (poeta del dugento)
Ci sposiamo sessiamo insieme sessista bene perché no (progetto anti gender 2016)
Ultima Modifica 5 Anni 4 Mesi fa da Pyter.

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5 Anni 4 Mesi fa - 5 Anni 4 Mesi fa #29889 da Italo
Risposta da Italo al topic Nuova Cronologia
Quella che segue è una traduzione dal Cap. 12 del Volume 4 di "<History, Fiction or Science?" Si parla ancora di Pougachev e del viaggio fatto da Pushkin per cercare di ricostruirne una biografia.
Le immagini a cui si riferisce il testo si possono trovare nel pdf:
archive.org/stream/AnatolyFomenkoBooks/H....2#page/n24/mode/2up



3. The voyage taken by A. S. Pushkin to the Ural region in 1833 with the objective of collecting more information for Pougachev s biography.
The reason why Pougachev’s soldiers had referred to their headquarters as to "Moscow"

Abbiamo già espresso l’idea che il nome “Pougachev” sia un alias e non un nome reale; si traduce come “spavento”, “terrore” etc. Questo alias è stato inventato dagli storici Romanoviani per sostituire il nome vero che probabilmente apparteneva all’ultimo Zar o Khan della Tartaria Moscovita o al suo comandante in capo militare. Il nome di questa personalità è stato cancellato dalla storia Russa per sempre. L’ultimo capo militare dell’Orda è stato rinominato “Terrore” dalla amministrazione Romanoviana a metà del XVIII secolo; deve aver veramente terrorizzato la dinastia dei Romanov per i suoi tentativi di riunire le precedenti terre dell’Occidente che appartenevano all’Orda con le sue parti Orientali, la Tartaria Moscovita. L’idea che “Pougachev” fosse solo un alias (“Pougach”, qv sopra) è confermato da alcuni antichi documenti – è il parere, per esempio, di V. I. Dahl, amico di A. S. Pushkin e contemporaneo ([710], Volume 2, pagg. 222-223). Dobbiamo sottolineare che allora Dahl aveva il rango di “Ispettore esecutivo speciale del Governatore Generale di Orenburg”([710], Volume 2, pag. 452).

V. I. Dahl aiutò A. S. Pushkin nei tentativi di quest’ultimo di raccogliere qualsiasi informazione fosse rimasta da quelle parti relative alla “guerra contro Pougachev” ( [720] , Volume 2, pagg. 223-224 e 452). Le prove su riportate fanno si che alcuni commentatori moderni usino l’alias “Pougach” invece di “Pougachev” (vedi [710], Volume 2, pag. 453, commento 1, per esempio). Come abbiamo già indicato, avendo distrutto la Tartaria Moscovita nella violenta “guerra contro Pougachev”, i Romanov andarono fuori strada per far sembrare questa guerra nient’altro che un’insurrezione su larga scala di “contadini” capeggiati da “Pougach”, un anonimo Cosacco del Don. Gli storici Romanoviani identificarono l’unico quartier generale di Pougachev nel solo “villaggio di Berdy” nella regione degli Urali ([710], Volume 2, pag. 452). Questo è piuttosto difficile – come cominciamo a comprendere – gli storici Romanoviani facevano del loro meglio per far apparire la guerra del 1773-1775 il più insignificante possibile dandone anche una interpretazione completamente differente. Questo ha portato al trasferimento della vera capitale del Khan Russo a un villaggio sugli Urali negli ultimi tendenziosi resoconti degli eventi. Questo villaggio deve essere stato uno dei numerosi quartier generali dell’Orda. Il nome B-Erdy può essere un vecchio nome dell’epoca dell’Orda (ce n’erano molti nella regione degli Urali e in Siberia come anche nella parte Europea della Russia)Il nome Berdy avrebbe potuto essere un ricordo della B-Orda ovvero l’”Orda Bianca” un grande e potente stato nei tempi antichi. Si presume che ai tempi di Pougachev il villaggio di Berdy fosse “alla distanza di sette verst da Orenburg”. Oggi il suo antico sito è parte della città. Durante l’assedio di Orenburg, era il quartier generale della ribellione. I soldati di Pougachev lo chiamavano Mosca [sic! - Aut.]” ([711], pag. 304).

L’ultima prova è notevole e può essere interpretata in diversi modi. Il fatto che i soldati di Pougachev si riferissero a uno dei loro accampamenti militari (conosciuto anche come Berdy o B-Orda), è in buona corrispondenza con la nostra ricostruzione. Secondo la quale la personalità storica conosciuta come “Pougach” o “Pougachev” era il comandante in capo dell’enorme nazione le cui terre raggiungevano la Siberia e il Nordovest Americano, conosciuta come Tartaria Moscovita. Abbiamo già discusso sopra le prove che sono sopravvissute dell’esistenza di questo stato. Secondo l’edizione del 1771 dell’Enciclopedia Britannica, la capitale della Tartaria Moscovita era nella città Siberiana di Tobolsk ([1118], Volume 2, pagg. 682-684). Ripetiamo che S. Pietroburgo è stata la capitale della Russia Europea, il cui trono è stato usurpato dai Romanov, dai tempi di Pietro il Grande. Lo stesso nome di Tartaria Moscovita come anche il fatto che l’esercito di Pougachev si sia riferito ai propri quartieri generali vicino a Orenburg come “Mosca”, indicano come l’Orda Siberiana e Americana ricordasse il fatto che la capitale della Russia una volta era stata Mosca. Cominciamo a capire che l’esercito di “Pougach” o “Pougachev”, si fosse battuto per restaurare i precedenti confini dell’Orda e riportare la sua capitale a Mosca.
Quando A. S. Pushkin arrivò agli Urali nel 1833, 58 anni dopo la fine della “Guerra di Pougachev” nel 1775, tutte le prove storiche che poteva trovare erano state palesemente alterate e ricostruite dal laboriosi funzionari Romanoviani attraverso le diverse decadi che erano ormai passate dalla fine della guerra. V. I. Dahl portò A. S. Pushkin al posto chiamato “il famoso villaggio di Berdy – quartier generale di Pougachev” ([710], Volume 2, pag. 453). A. S. Pushkin e V. I. Dahl erano entrambi convinti che gli eventi della “rivolta contadina” fossero concentrati nella regione degli Urali Meridionali. Gli storici Romanoviani avevano cercato di rendere la guerra il più insignificante possibile – la presumibilmente disorganizzata (sebbene mortale) cavalleria Bashkir di Salavat Youlayev, miserabili (sebbene violente) schermaglie e così via – niente di serio in altre parole.

Pushkin conversò con alcune vecchie del “villaggio Berdy”h che gli avevano parlato di “Pougach” o “Pougachev” ( [710], Volume 2, pag. 222). Oggi è difficile stabilire la percentuale di verità in quello che gli dissero, in contrapposizione alle leggende impiantate dai funzionari Romanoviani. Sembrerebbe come se i Cosacchi locali si ricordassero ancora qualche fatto reale, anche se vagamente. Raccontarono a Pushkin delle “cupole dorate di Pougach” ([710], Volume 2, pag. 222). Questa leggenda potrebbe essere una memoria antica delle cupole dorate sul palazzo del Khan, o Zar della Tartaria Moscovita - probabilmente in Tobolsk, la precedente capitale di questa terra gigantesca (vedi [1118], Volume 2, pagg. 682-684). Comunque le vecchie carte della Siberia spesso contengono riferimenti a qualche leggendaria “Casa Dorata”.

D’altra parte è possibile che il capo militare della Tartaria Moscovita Siberiana e Americana fosse realmente accompagnato da un grandioso e lussuoso seguito; la sua visita alla regione degli Urali potrebbe essere stata accompagnata dalla costruzione di una splendida abitazione temporanea del comandante militare (o dello Zar/Khan stesso) – nel villaggio Cosacco di Berdy, per esempio. Questa temporanea residenza dello Zar si sarebbe poi riflessa in leggende che hanno raggiunto Pushkin come indistinte racconti di “cupole dorate”.

Più tardi, quando l’amministrazione dei Romanov incominciò la trasformazione dello Zar/Khan dell’Orda o del comandante militare nell’”impostore” e “Pougach, lo spietato selvaggio”, il leggendario ricordo di queste “cupole Dorate ha cominciato a suonare strano. Gli stessi storici crearono una palese dissonanza nella nuova versione della storia che stavano costruendo.. L’amministrazione avrebbe dato l’ordine autoritario di dichiarare che nessuna “cupola dorata” era mai esistita e che i padri e i nonni della popolazione, semplici Cosacchi avevano scambiato ottone lucidato per oro. V. I. Dahl, riguardo della sua conversazione con le vecchie donne di Berdy che ricordavano le “cupole Dorate” di Pougach” ci chiarisce in tutta fretta che si trattava di casette di legno coperte da fogli di ottone lucidato” ([710], Volume 2, pag. 222). Uno potrebbe pensare che Dahl ripeta la versione distorta dell’amministrazione Romanoviana che sentì dai locali. V. I. Dahl continua dicendo quanto segue sul suo viaggio negli Urali Meridionali che fece insieme a A. S. Pushkin: “Trovammo una vecchia donna che conobbe, vide e si ricordava di Pougach. Pushkin passò l’intera giornata con lei; gli fu mostrato il luogo della casa di legno trasformata in un palazzo dorato [? - Aut.]” ([710], Volume 2, pag. 223).

I quartieri dorati dello Zar, o Khan dell’Orda, furono dichiarati semplici casette di paese “ricoperte da fogli di ottone lucidato” dai funzionari Romanoviani. Gli storici moderni ci dicono: “Il “palazzo” di Pougachev . . . era ancora in piedi nel 1833. Una semplice casa di legno era stata decorata con stagnola dorata all’interno, da qui il riferimento alle “cupole dorate” ([711], pag. 304). Alcuni storici fanno profonde osservazioni sull’ottone lucidato mentre altri descrivono la stagnola dorata. Entrambi sembrano molto lontani dalla verità.

Si ha l’impressione che un gran numero di racconti e aneddoti siano stati creati dopo la sconfitta di Pougach”, o “Pougachev”, essendo il loro obiettivo quello di affogare la verità in una moltitudine di leggende assurde. Alcune di loro potrebbero aver riflesso eventi reali, sebbene quasi completamente dimenticati dalla memoria umana. Secondo V. I. Dahl, “Pushkin ascoltò tutto ciò con grande fervore, se non mi è concesso di esprimermi più eloquentemente. Rise assai ascoltando il seguente aneddoto: Pougach irruppe nel villaggio di Berdy… entrò in chiesa. La gente in piedi in preda al terrore, si inchinava e cadeva in ginocchio, Pougach prese un’aria dignitosa, si diresse all’altare, si sedette su di esso dicendo: ‘È passato molto tempo dall’ultima volta che mi sono seduto su un trono” incapace di distinguere tra un trono e l’altare di una chiesa nella sua rozza ignoranza. Pushkin lo definì un maiale, e rise a lungo di gusto...” ([710], Volume 2, pag. 223). L’aneddoto in questione potrebbe invece essere un riflesso distorto di fatti reali. Dopo tutto lo Zar. O Khan dell’Orda era sia il sovrano temporale che religioso, il cui trono simboleggiava i poteri dello Stato e della chiesa simultaneamente (vedi Chron6 per maggiori dettagli).

Bisogna sottolineare che il ricordo di “Pougach”, o “Pougachev”, come un vero Zar (o al limite un plenipotenziario reale) e non un impostore di qualsiasi tipo, era ancora vivo all’epoca di Pushkin. La nostra ricostruzione suggerisce che questo ricordo abbia veramente riflesso la realtà. Questo è ciò che V. I. Dahl ci dice nel resoconto di un viaggio nei dintorni di Orenburg Racconta di una conversazione tra lui e una vecchia donna Cosacca: ‘La vecchia preparava la tovaglia davvero nella maniera più ospitale possibile. Le chiesi se era contenta di vedere l’ospite reale; disse “Certamente! Non abbiamo più visto… nessun ospite di sangue reale qui dai tempi dello Zar Pyotr Fyodorovich stesso...” Pougachev, insomma” ([710], Volume 2, pag. 229).

C’è stata un tempo un “Boschetto del Khan” vicino alla città di Uralsk, precedentemente Yaik, “proprio vicino ai pozzi di carbone – e il nome esiste ancora. È associato con un antico costume dei comandanti Cosacchi che conversavano con i Khan Kazaki (cioè Cosacchi) in questo particolare boschetto. . . . un’altra leggenda era . . . che il boschetto fosse il posto dove i rituali di inaugurazione erano tenuti per il Khan dell’Orda Interna, Boukey-Khan, e suo figlio Djangir. . . Pushkin visitò il boschetto e il suo nome venne spiegato in qualche modo dalle guide.” ([711], pag. 310).

Indichiamo un altro dettaglio che pensiamo abbia un certo valore. Gli storici riportano come all’imprigionamento di Pougachev fosse seguito un processo tenuto nella Stanza del Trono del Palazzo del Kremlino il 30- 31 Dicembre [1774 - Aut.]” ([563], pag. 66). Ci potremmo chiedere come mai si dovesse processare un impostore, un “semplice Cosacco”, nella Sala del Trono del Kremlino? Le necessità del rango non corrispondono. Comunque è stata condannata la Tartaria Moscovita stessa come Pougach, o Pougachev, la cui identità perde importanza in questo caso, quindi la scelta simbolica della Sala del Trono Moscovita diventa ovvia e necessaria in modo da esaltare propriamente la celebrazione di una vittoria. I Romanov celebravano la sconfitta dell’Antica Russia, o Orda, nella antica capitale di quest’ultima!

La dinastia dei Romanov ha cercato di cancellare una gran quantità di nomi che mantenevano la memoria di Pougachev. Come accennato sopra, il Fiume Yaik divenne conosciuto come Ural, e i Cosacchi Yaik vennero conosciuti da allora come i Cosacchi degli Urali. L'esercito Cosacco del Volga venne del tutto sciolto e anche l’esercito di Zaporozhye venne liquidato ([561], pag. 172). La città di Yaik fu rinominata Uralsk “per far cadere il ricordo di questi eventi nella perdizione eterna e nel più profondo silenzio”, secondo un editto del Senato ([711], pag. 307).

La posizione di Pushkin relativamente alla Guerra di Pougachev non è chiara. Il suo viaggio nella regione degli Urali era stata di carattere ufficiale; era accompagnato da V. I. Dahl, un funzionario governativo (vedi [710], Volume 2, pag. 452). A. S. Pushkin avrebbe potuto essere stato mandato negli Urali che venivano associati a Pougachev per creare un più plausibile ricordo della “versione corretta”? Era già un famoso poeta dopo tutto, e la gente gli credeva. Il fatto che pubblicasse il resoconto della guerra, presentando gli eventi in quella particolare maniera significa che lui (volontariamente o no) si attenesse agli ordini dei Romanov.

D’altro canto, il fatto che Pushkin avesse un genuino interesse alla biografia di “Pougach”, o “Pougachev”, può anche avere un altra origine. Secondo la versione Romanoviana della storia, Pougachev “l’impostore” presentava sé stesso come lo Zar Pietro III Fyodorovich. Ricordiamo che Pietro III, marito di Caterina la Grande, si dice sia stato ucciso dietro suo ordine nel 1762 ([563], pag. 20). Evidentemente, Lev Aleksandrovich Pushkin, nonno paterno di A. S. Pushkin, era nei ranghi di coloro che rimasero fedeli a Pietro III. A. S. Mylnikov riporta quanto segue: “L. A. Pushkin, Tenente Colonnello d’artiglieria, aveva invitato i soldati a rimanere fedeli al loro giuramento invece di unirsi agli ammutinati. . . molti di loro . . . furono arrestati; Lo stesso L. A. Pushkin fu punito severamente . . . e incarcerato in una torre. Non servì mai Caterina dopo essere stato liberato e morì nel 1790. È curioso che questo stesso personaggio sia il nonno paterno di A. S. Pushkin, che lo ricorda con affetto nella sua autobiografia: ‘Lev Aleksandrovich era un artigliere; rimase fedele a Pietro III nella rivoluzione di palazzo del 1762. Questo portò alla sua incarcerazione, fu liberato due anni dopo’” ([563], pag. 22).

Quindi con il viaggio di A. S. Pushkin nella regione degli Urali nel 1833 questi può aver colto l’occasione per studiare la storia dell’Imperatore Pietro III, il Signore di suo nonno, punito per la sua lealtà al monarca. Pushkin potrebbe aver avuto un suo interesse personale nel portare un po’ di luce sull’oscurità degli eventi che lo precedevano di 60 – 70 anni. Anche se A. S. Pushkin stava eseguendo un ordine dei Romanov, avrebbe potuto usare questa opportunità unica per catturare una scintilla dell’epoca di Pougachev per come era stata davvero. La sua posizione di storico ufficiale imperiale avrebbe potuto aprirgli molte porte segrete dopo tutto.

Tuttavia non troviamo traccia del fatto che Pushkin abbia potuto o meno includere tutti i materiali trovati nel corso del viaggio nel suo libro. Non sappiamo nulla della parte di dati che avrebbe potuto “offendere i Romanov” . Da quanto capiamo oggi, Pushkin ebbe un’opportunità unica di conoscere la verità sulla gigantesca Tartaria Moscovita, lo stato che si espandeva in Siberia e metà del Nord America e che fu cancellato dalla memoria dell’umanità per ordine dei Romanov. Il Senato aveva già dato il già ricordato ordine di “dimenticare tutto e mantenere il silenzio” ([711], pag. 307). La posizione dei contemporanei di Pushkin diventa comprensibile – scavare nei “posti sbagliati” avrebbe potuto essere interpretato come andare contro i desideri del Senato.

L’amministrazione Romanoviana in Siberia e nella regione degli Urali era stata energica e molto coerente nell’eseguire l’ordine del Senato. Dopo la sconfitta dell’esercito di Pougachev, un’ondata di repressioni di massa si dispiegò sui territori annessi dai Romanov. La scala di questa repressione fu così spaventosa che i locali sopravvissuti e i loro figli si affrettarono a imparare la versione “corretta” così bene da renderla l’unica. Quando A. T. Fomenko e T. N. Fomenko visitarono le città degli Urali Miass e Zlatoust nell’agosto 1999, lo staff del museo storico locale disse loro che, secondo le memorie sopravvissute e i materiali disponibili, la maggior parte degli abitanti di Zlatoust furono impiccati dall’esercito dei Romanov. Bisogna ricordare che le industrie di Zlatoust (e degli Urali Meridionali in generale) facevano i cannoni per l’esercito di Pougachev. I Romanov devono essersi ricordati che virtualmente ogni operaio delle industrie di Zlatoust stava dalla parte di Yemelyan Pougachev” ([859], pag. 104). Le due montagne che si trovano vicino all’ex villaggio di Kargalinskaya (conosciuto oggi come Kargala Tartara) e il villaggio di Sakmara ancora ne portano le tracce nei nomi eloquenti di Viselichnaya e Roublevaya (derivati dal termine Russo per “patibolo” e “decapitazione”). Secondo gli storici locali “i nomi sono associati con le azioni punitive contro gli ammutinati nel 1774, quando l’esercito reale sconfisse Pougachev nella primavera di quell’anno, facendolo fuggire in Bashkiria” ([859], pag. 97).

Quando A. S. Pushkin arrivò da queste parti 60 anni dopo la guerra contro Pougachev, i Cosacchi locali erano spaventati a ricordare Pougachev e la guerra per paura di dire qualcosa di “improprio”. Il seguente episodio dalle memorie di V. I. Dahl è rivelatore. A. S. Pushkin chiede di Pougachev e degli chervontsi (moneta da tre rubli d’oro coniata nel XVIII-XIX secolo) che Pougachev diede a una delle vecchie donne Cosacche, li spaventò mortalmente. Secondo V. I. Dahl, “i paesani non riuscivano a capire come mai uno straniero indagasse sul criminale impostore il cui nome veniva associato con così tante atrocità, con tanta passione…. Divennero sospettosi e temendo che le domande potessero portare a qualche nuova disgrazia su di loro spedirono una carrozza a Orenburg lo stesso giorno, con sopra la donna e i maledetti chevronet, e denunciarono il tutto alle autorità...” ([710], Volume 2, pag. 223).

Viene da pensare che, dopo la repressione, la popolazione locale avesse imparato la versione Romanoviana della guerra di Pougachev alla perfezione. Gli scienziati che fossero arrivati da queste parti per raccogliere il locale folklore avrebbero incontrato la versione Romanoviana dei manuali memorizzata dai locali con praticamente più nulla degli eventi reali.

Dobbiamo anche ricordare il seguente fatto. Si suppone che A. S. Pushkin e l’Imperatore Nicola I avessero fatto un accordo sulla censura nel 1826. Secondo i moderni commentatori “c’era stato un accordo sull’evitare di criticare il governo in cambio della possibilità di pubblicare liberamente i suoi lavori sotto la personale censura di Nicola I” ([710], Volume l,pag. 15). La conversazione tra i due riguardante la censura personale da parte dell’Imperatore sopravvisse nella memoria dei loro contemporanei.“A. O. Rosset ricorda il dialogo tra il poeta e lo Zar sulla censura. Nicola I aveva chiesto lumi sugli ultimi lavori letterari di Pushkin; il poeta replicò che poteva scrivere ben poco per via della severità dei censori. Il monarca replicò: “Bene, allora sarò io stesso il suo censore: mandi tutto quello che scrive direttamente a me” ( Y. K. Grot, pag. 288)” ([710], Volume 1, pag. 462).

Questo avvenne l’8 Settembre 1826 – prima del viaggio di Pushkin negli Urali ([710], Volume 1, pag. 461). Quindi la biografia di Pougachev scritta da Pushkin deve essere stata visionata personalmente dallo Zar come anche dagli storici Romanoviani. Si può pensare che il testo di Pushkin sia stato portato a corrispondere perfettamente con la versione Romanoviana della Guerra di Pougachev.

Evidentemente non ci sono documenti autentici lasciati da Pougachev o di qualcuno della sua parte. Gli storici ci mostrano oggi “il sigillo di Pougachev” e “L’editto di Pougachev”, suggerendo siano reperti autentici (vedi Figg. 12.62 e 12.63). Comunque la fotografia del sigillo non ci permette di capire nulla del testo. Come per l’“Editto di Pougachev”, che gli stessi storici riconoscono essere una copia: “Editto di Pougachev” Frammento di una copia.” ([550], pag. 171). L’originale è sopravvissuto? Crediamo proprio di no - la “copia” che ci viene offerta oggi deve essere u un’edizione tendenziosa dell’originale. Lo scrivano ha probabilmente copiato l’editto e introdotto le correzioni che li funzionari Romanoviani richiedevano. Il presunto sigillo è disegnato sulla parte superiore sinistra; comunque il disegno non è molto accurato e sembra piuttosto artificioso. Vediamo qualcosa che vagamente assomiglia a una figura con un elmo, con una piuma e una visiera (?).

Nella fig. 12.64 vediamo una antica incisione del XVIII secolo intitolata “L’esecuzione di Pougachev”; vediamo l’esecuzione in massa dei Cosacchi.

Concludiamo con la fotografia della targa del Museo Khabarovsk di Storia; accompagna una vecchia carta presa dal “Libro Siberiano delle Carte” di S. O. Remezov (vedi fig. 12.65). La fotografia ci è stata gentilmente fornita da G. A. Khroustalev.

Semyon Oulyanovich Remezov è un ben noto cartografo e storico Russo del XVII secolo. Il suo “Libro Siberiano delle carte” è del 1699- 1701 ([797], pag. 1114). Per quanto ne sappiamo non c’è mai stata una nuova edizione del libro. Secondo la targa del museo (vedi fig. 12.65), la carta di Remezov riporta il disegno di una grande città con campane e torri sull’estuario dell’Amur con la seguente iscrizione: “Lo Zar Alessandro di Macedonia venne in questi luoghi lasciando le campane e un deposito di armi”.

Per la storia ufficiale questa frase suona assurda – la possibilità che l’”antico” Alessandro di Macedonia possa aver raggiunto l’estuario del lontano Fiume Amur in mezzo alla taiga è completamente fuori questione così come il fatto che venga associato a campane e armi da fuoco. Gli storici ufficiali paternamente lamenteranno l’ignoranza di Remezov della storia reale. Ciononostante il fatto che sia riuscito a compilare un eccellente atlante della Siberia fa pensare che le sue “fantasie storiche” andrebbero prese più seriamente. Comunque, la nostra ricostruzione rende le informazioni di Remezov ragionevoli e credibili, poiché lo Zar Alessandro di Macedonia è vissuto nel XV-XVI secolo, l’epoca della grande conquista Ottomano = Ataman. Onde di questa conquista hanno raggiunto Cina e Giappone portando alla nascita dei Samurai = Samaritani = Nativi di Samara. In Chron6 entreremo dei dettagli.

È necessario ricordare il seguente fatto riguardo alla carta di Remezov. Questa carta (la quale era probabilmente basata su un precedente prototipo “Mongolo”) era appesa nel Palazzo Yekaterinhof in S. Pietroburgo. M. I. Pylyaev, storico del XIX secolo, riporta quanto segue: “C’è una grande tela con una carta della Russia Asiatica disegnata sopra; è appesa sulla parete della scalinata del piano terra come una carta da parati. La carta dev’essere un falso – è improbabile che vi si trovino fiumi con simili nomi in qualunque manuale. In più ogni l’orientamento è al rovescio. Il Mare Indiano e il Mare di Sabbia sono in alto, mentre il Nord, l’Oceano Artico e il Grande Oceanowhereas the North, the Arctic Ocean e the Great Ocean (scritto sbagliato); all’Ovest troviamo la Kamchatka e il Regno di Gilyan sulle rive del fiume Amur, insieme alla seguente assurda scritta: “Lo Zar Alessandro di Macedonia venne in questi luoghi lasciando le campane e un deposito di armi”. C’è una leggenda su Pietro il Grande che si divertiva a fare scherzi sulla carta prendendo in giro i soggetti con scarse conoscenze geografiche” ([71 1:1], pag. 82).

Quindi una carta che rifletteva l’antica geografia e nomi della parte Asiatica del Grande Impero “Mongolo” esisteva ancora in uno dei palazzi durante il regno di Pietro il Grande. Comunque Pietro il Grande e la sua corte erano già cresciuti nella nuova storia Scaligeriana e Milleriana, e trattavano la carta come una curiosità e niente di più. M. I. Pylyaev, storico del XIX secolo, si riferisce anch’egli a questa carta ironicamente, completamente inconsapevole del fatto che essa avrebbe potuto riflettere meglio la realtà di quelle recentemente introdotte dalla geografia Scaligeriana. Oggi la carta di Remezov “Grande abbozzo dell’Intera Siberia” è in mostra nella Galleria Petrovskaya dell’Hermitage di S. Pietroburgo ([679], pag. 24).
Ultima Modifica 5 Anni 4 Mesi fa da Italo.

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5 Anni 4 Mesi fa #29896 da Nomit
Risposta da Nomit al topic Nuova Cronologia
Diamo un'occhiata al Mappa Mundi di Hanns Rust:

www.google.com/culturalinstitute/asset-v...agEOXx2l9pU2Bw?hl=en (allargare tramite il riquadrino a destra)

Vediamo che Venezia è collocata nel posto attuale, a sud di essa è disegnata quella che evidentemente è la penisola italiana. Roma ("Rom") non è in Italia, ma ad est, forse sul Bosforo. La mappa sarebbe del 1480, quindi dopo la conquista della presunta precedente Roma (Costantinopoli) da parte degli ottomani.

Questa mappa collima con le ipotesi di Fomenko su due punti:
1) la posizione di Roma
2) il fatto che risalirebbe al quindicesimo secolo inoltrato, rendendo le mappe più simili alle nostre improbabili per quel periodo; come dice Fomenko il vero posto di molte mappe dei secoli quindicesimo e sedicesimo sono in realtà i secoli diciasettesimo e diciottesimo

Inoltre:
1) l'Adriatico viene chiamato Mediterraneo ("Mittelmer") e l'impero macedone è rappresentato vicino alle coste del Nord-Africa;
2) Efeso, Atene e Filippi sono collocate in Italia, mentre la posizione di Venezia è quella di oggi;
3) Campania e Tuscia sono scritte tra quelle che sembrano essere la Sardegna e la Corsica;
4) Hanns Rust sarebbe stato tedesco e la mappa si trova ad Augusta, ma l'Europa centrale e settentrionale sono poco rappresentate: il focus è sul Mediterraneo e sul Medio-Oriente. Quanti, all'epoca, abitavano a nord?

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5 Anni 4 Mesi fa #29979 da Italo
Risposta da Italo al topic Nuova Cronologia
Su Alessandro il Macedone c'è un altro elemento molto intrigante in "History: Fiction or science" Vol 4 Cap 12 pagg: 344-345:

Semyon Oulyanovich Remezov è un ben noto cartografo e storico Russo del XVII secolo. Il suo “Libro Siberiano delle carte” è del 1699-1701 ([797], pag. 1114). Per quanto ne sappiamo non c’è mai stata una nuova edizione del libro. Secondo la targhetta illustrativa del museo (vedi fig. 12.65), la carta di Remezov riporta il disegno di una grande città con campane e torri sull’estuario dell’Amur con la seguente iscrizione: “Lo Zar Alessandro di Macedonia venne in questi luoghi lasciando le campane e un deposito di armi”.

Per la storia ufficiale questa frase suona assurda – la possibilità che l’antico Alessandro di Macedonia possa aver raggiunto l’estuario del lontano Fiume Amur in mezzo alla taiga è completamente fuori questione così come il fatto che venga associato a campane e armi da fuoco. Gli storici ufficiali paternamente lamenteranno l’ignoranza di Remezov della storia reale. Ciononostante il fatto che sia riuscito a compilare un eccellente atlante della Siberia fa pensare che le sue “fantasie storiche” andrebbero prese più seriamente. Comunque, la nostra ricostruzione rende le informazioni di Remezov ragionevoli e credibili, poiché lo Zar Alessandro di Macedonia è vissuto nel XV-XVI secolo, l’epoca della grande conquista Ottomano = Ataman. Onde di questa conquista hanno raggiunto Cina e Giappone portando alla nascita dei Samurai = Samaritani = Nativi di Samara. In Chron6 entreremo dei dettagli.

È necessario ricordare il seguente fatto riguardo alla carta di Remezov. Questa carta (la quale era probabilmente basata su un precedente prototipo “Mongolo”) era appesa nel Palazzo Yekaterinhof in S. Pietroburgo. M. I. Pylyaev, storico del XIX secolo, riporta quanto segue: “C’è una grande tela con una carta della Russia Asiatica disegnata sopra; è appesa sulla parete della scalinata del piano terra come una carta da parati. La carta dev’essere un falso – è improbabile che vi si trovino fiumi con simili nomi in qualunque manuale. In più ogni orientamento è rovesciato. Il Mare Indiano e il Mare di Sabbia sono in alto, mentre il Nord, l’Oceano Artico e il Grande Oceano (illeggibile); all’Ovest troviamo la Kamchatka e il Regno di Gilyan sulle rive del fiume Amur, insieme alla seguente assurda scritta: “Lo Zar Alessandro di Macedonia venne in questi luoghi lasciando le campane e un deposito di armi”. C’è una leggenda su Pietro il Grande che si divertiva a fare scherzi sulla carta prendendo in giro i soggetti con scarse conoscenze geografiche” ([71 1:1], pag. 82).

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5 Anni 4 Mesi fa #30027 da Nomit
Risposta da Nomit al topic Nuova Cronologia

la nostra ricostruzione rende le informazioni di Remezov ragionevoli e credibili, poiché lo Zar Alessandro di Macedonia è vissuto nel XV-XVI secolo, l’epoca della grande conquista Ottomano = Ataman

Faccio notare la somiglianza tra il volto attribuito ad Alessandro Magno ed il David di Michelangelo. La storia del piccolo Davide che uccide il gigante Golia si addice al piccolo regno di Macedonia che sconfigge il gigantesco Impero Persiano.
Il padre di Solimano il Magnifico, Selim I, non assomiglia ad Alessandro. Ma il padre di Selim, Bayezid II, somiglia a Filippo.
geneall.net/en/name/533055/bayezid-ii-su...-the-ottoman-empire/
www.warfare.it/documenti/filippo_ii.html

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5 Anni 4 Mesi fa #30184 da Nomit
Risposta da Nomit al topic Nuova Cronologia
:poke:

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5 Anni 4 Mesi fa - 5 Anni 4 Mesi fa #30272 da Italo
Risposta da Italo al topic Nuova Cronologia
La traduzione che segue potrebbe contenere imprecisioni anche grossolane vista la mia antipatia per i numeri. Tuttavia mi sembra notevole.
Cap. 13 volume 4 di "History: Fiction or science?"
Le immagini a cui si riferisce il testo si possono trovare nel pdf:
archive.org/stream/AnatolyFomenkoBooks/H...4#page/n401/mode/2up


5.2. Le origini delle cifre arabe utilizzate per la notazione posizionale
D. J. Struik riporta: “I simboli utilizzati per trascrivere le cifre nella notazione posizionale sono state diverse; comunque si può distinguere tra due tipi primari – i simboli Indiani usati dagli Arabi Orientali, le cosiddette cifre gobar (o gubar) usate dagli Arabi Occidentali in Spagna. Simboli del primo tipo sono ancora usati nel mondo Arabo; anche il sistema moderno, sembra derivato dalle gobar” ([821], pag. 89).

Il problema delle origini della “notazione Araba rimane ancora un mistero per la storia della scienza Scaligeriana. Ci sono diverse teorie a proposito – quella di Vepke, per esempio, che suggerisce che i simboli siano arrivati nell’Occidente nel presunto V secolo d.c. da Alessandria grazie ai neo-Pitagorici ([821], pag. 90) . Un altra teoria è stata esposta da N. M. Boubnov; sostiene che i simboli “gobar” sono di origine Greco-Romana ( [821 ] , pag. 90). Comunque nessun sistema fa riferimento ai predecessori dei familiari numeri Arabi. Si dice siano derivati dagli antichi (come dire “dimenticati”) simboli Greco-Romani e, alternativamente, Alessandrini – anch’essi dimenticati e perciò sconosciuti.

V. V. Bobynin, il famoso ricercatore Russo di storia della matematica dice: “La storia dei nostri simboli numerici è un insieme di assunti sparpagliati da congetture arbitrarie che hanno preso consistenza assiomatica dovuta all’uso di metodi suggestivi” (citato da [989], pag. 53). Gli autori dell’Enciclopedia ( [989] ) riportano diverse teorie riguardo l’origine dei numeri Arabi, concludendo con la seguente profonda osservazione: “Perciò non abbiamo ancora nessuna valida ipotesi che spieghi in modo soddisfacente le origini dei numeri che usiamo” ([989], pag. 53).

Noi preferiamo l’ipotesi che offre la spiegazione più semplice. Una volta che l’abbiamo ponderata adeguatamente lasciando perdere i dati scolastici Scaligeriani, l’origine dei “numeri Arabi” diventa piuttosto ovvia. Identifichiamo l’immediato predecessore del sistema posizionale nel sistema di notazione semi-posizionale Greco-Slavo qui sotto; è ovvio che la versione usata era Slava e basata sul sistema stenografico Russo del XVI secolo. Tutto ciò è probabilmente accaduto nel XVI secolo, l’epoca in cui il sistema posizionale fu scoperto, qv. Sopra. Approfondiamo i dettagli qua sotto.

Il sistema usato in Russia prima dell’invenzione sistema posizionale era semi-posizionale, con tre segni diacritici esistenti per ogni simbolo decimale [782], edizione 1, pag. 16). Uno di questi segni significa cifre dell’unità, un altro per cifre decimali e il terzo stava per le centinaia, qv in fig. 13.38. Lo zero era del tutto assente.; comunque, siccome il simbolo dell’unità differiva da posto a posto, l’indicazione del posto sarebbe stata contenuta nel simbolo effettivo. Questo avrebbe permesso di realizzare tutte le operazioni aritmetiche con interi più piccoli di mille. Gli interi più grandi di mille richiedevano l’uso di simboli speciali (vedi fig. 13.38). I caratteri Cirillici sono serviti a questo scopo.

Facciano alcuni commenti circa la tabella in fig. 13.38. Per esempio la figura dell’uno avrebbe potuto essere rappresentata in tre modi:

1) La lettera A se la figura in questione stava per la cifra dell’unità.

2) La lettera I se la figura stava per le decine.

3) La lettera P se la figura stava per la cifra delle centinaia.

Per esempio 101 sarebbe stato scritto PA. Il sistema posizionale moderno utilizza lo zero per questo numero, ma non c’erano zeri nell’antico sistema di notazione semi- posizionale Slavo; comunque, proprio le lettere utilizzate dimostrano che una di loro rappresenta la cifra dell’unità e l’altra sta nel posto delle centinaia

Perciò, la trascrizione di interi tra l’1 e il 1000 avrebbe richiesto il triplo dei simboli che utilizziamo oggi. (nove se non contiamo lo zero) - 27 caratteri Cirillici con tre caratteri che prendono la parte di una cifra singola. La tabella in fig. 13.38 ordina questi 27 caratteri in tre linee; vediamo tre differenti caratteri Cirillici sotto ogni numero “Arabo”. Le altre quattro linee ripetono la prima; i caratteri sono accompagnati da simboli speciali che rappresentano i posti rimanenti (tra le migliaia e i milioni). Non viene usata nessuna lettera.

Come è successo che il sistema di cui sopra sia stato sostituito dal successore posizionale,completo di zero e altro? Questo avrebbe richiesto la selezione di nove simboli dai 27 – uno di questi per “1”, un altro per “2” e così via. I numeri Arabici derivano da caratteri alfanumerici Slavi e Greci dopo l’invenzione dello zero. La seconda lettera dell’alfabeto Slavo veniva presa al posto della seconda lettera dell’alfabeto Greco. Ed è precisamente quello che è accaduto. Come vedremo più sotto, questo ha permesso la creazione dei “numeri Arabi” usati oggi, il che rende ovvio che i loro inventori usavano la notazione semi-posizionale Greco-Slava. Inoltre, molti dei “numeri arabi” sono basati sulla versione stenografica di lettere Cirilliche come venivano usate nel XVI secolo. Questo può solo significare una cosa – gli inventori dei “numeri Arabi” conoscevano bene quelli Russi, e la scrittura stenografica del XVI secolo era qualcosa a loro familiare. Questo elimina il “grande mistero” della storia Scaligeriana, rendendo evidente l’origine dei “numeri Arabi”. Noi crediamo che siano derivati dalla versione stenografica delle “lettere numerali” Greco-Slave usate dai Russi nel XVI secolo. Inoltre, altri dettagli cdi cui parleremo inseguito dimostrano che i “numeri Arabi” erano la scrittura stenografica e non Greca – in quanto i due alfabeti sono leggermente differenti.

Consideriamo ora la tabella in fig. 13.39, trattando ogni figura separatamente.

1) La figura dell’uno. Il simbolo scelta per rappresentare la figura dell’uno è la lettera I che precedentemente stava per le dieci cifre, la più semplice delle tre. È evidenziata in fig. 13.39; la versione finale è stata la figura Indo-Arabica dell’1.

2) La figura del due. Questa figura deriva dalla B – la seconda lettera dell’alfabeto Slavo. Non esiste nell’alfabeto Greco, dove abbiamo A seguita da B, che è derivata da un inversione della B nella stenografia (vedi fig. 13.39). È così che la familiare figura del due è nata. L’autore del nuovo sistema numerico chiaramente dimostra la preferenza per l’alfabeto Slavo piuttosto che per quello Greco.

Considereremo la figura del tre più avanti, poiché il simbolo che lo rappresenta è stato scambiato con la figura del sette.

4) La figura del quattro. Questa figura viene usata in due versioni – chiusa e aperta. La prima deriva dalla lettera Slava Д, che troviamo utilizzata come la cifra dell’unità e la seconda – dalla lettera Slava У, che rappresenta il 4 nel posto delle centinaia, qv in fig. 13.39. Quest’ultima è dunque l’ovvio precursore della figura Indo-Arabica del quattro.

Ometteremo la figura del cinque, del sei e del sette per il momento, poiché la loro posizione è stata riorganizzata

8) La figura dell’otto. Deriva dall’Omega Slava che stava per la figura dell’otto al posto delle centinaia. La lettera è ruotata di 90 gradi, qv in fig. 13.39; è così che la figura “Indo-Arabica” dell’8 è nata.

9) La figura del nove. La cifra “Indo-Arabica” in questione si identifica come la versione non-standard del nove nel posto delle centinaia che veniva usata solo in Russia. La notazione Greco-Slava usava la lettera ц a questo proposito; comunque i Russi impiegavano anche la lettera я. La vrsione stenografica della lettera è di fatto la figura del nove con un tratto extra, che la trasforma nel numero “Indo-Arabico” che usiamo oggi (vedi fig. 13.39). Questa versione stenografica fu canonizzata durante la riforma di Pietro e usata da allora con leggere modificazioni. In fig. 13.40 riproduciamo un campione di scrittura stenografica Russa che data ai primi del XVII secolo ([791], edizione 19, nota). Quello che vediamo è la parola Russa per bandiera, znamya; la sua lettera finale è R.

Consideriamo ora le figure “Indo-Arabiche” del tre,cinque, sei e sette.

3 e 7) Tre e sette. La figura “Indo-Arabica” del 3 deriva dalla versione stenografica Russa della lettera 3, che è stata utilizzata per rappresentare il sette come cifra delle unità (vedi fig. 13.39). Vediamo la lettera e il numerale assolutamente identici! Come la figura “Indo-Arabica” del 7, deve la sua esistenza alla lettera Russa T in stenografia, che ha rappresentato il tre nella cifra delle centinaia (vedi fig. 13.41). Perciò, il simbolo usato per il 3 e 7 è stato scambiato per qualche motivo.

5 e 6) Cinque e sei. La figura “Indo-Arabica” del 5 ha origini dalla versione stenografica della lettera Russa zelo, un tempo usata per rappresentare il sei come cifra delle unità (vedi fig. 13.39). Inversamente, la figura “Indo-Arabica” del sei deriva dalla lettera Slava E nella scrittura stenografica, che una volta rappresentava la figura del cinque come cifra delle unità (effettivamente, la versione stenografica è molto vicina alla lettera E nel corsivo del moderno Russo). Gli inventori della scrittura “Indo-Arabica” hanno semplicemente utilizzato una riflesso specchiato della lettera Slava E per la figura del sei. In fig. 13.42 si vede un altro esempio di scrittura stenografica Russa del primo XVII secolo, nella quale la lettera E al termine della parola velikiye (“i grandi”) è trascritta come la figura specchiata del 6 ( [787], edizione 7). Le figure del cinque e del sei sono state anche scambiate in maniera piuttosto strana, come le figure del tre e del sette.

0) Zero. Il numero usato per lo zero è di particolare interesse per noi, poiché l’introduzione del nuovo sistema di notazione divenne possibile solo dopo l’invenzione dello zero., che sta per una cifra mancante, o uno spazio vuoto. Zero viene usato come una specie di segnaposto; il simbolo usato è molto probabilmente l’abbreviazione di una parola. Quale esattamente? Se si presume che la parola in questione sia Slava la spiegazione è piuttosto semplice. Secondo V. Dahl, la preposizione o è la forma arcaica della moderna preposizione Russa ot ([223], Volume 2, colonna 1467). Questa preposizione viene comunemente usata per riferirsi a un’assenza di qualche cosa; il dizionario etimologico ci dice che ot è “un prefisso verbale che porta il concetto di cessazione, distanza o rimozione” ( [955] , Volume 1, pag. 610). Avrebbe perciò un senso indicare l’assenza di una cifra con un simbolo che ricorda la lettera O. Evidentemente è da qui che nasce lo zero.

È anche possibile che nol, la parola Russa per “zero”, sia derivata dalle parole dell’antico Russo noli e nolno. La parola è oggi obsoleta, ma è stata usata comunemente fino al XVII secolo come un avverbio restrittivo che si può tradurre come “non prima di”, in particolare ([789], pag. 421). Gli Zero nella notazione posizionale possono anche essere visti come simboli restrittivi, che precludono alle cifre vicine l’occupazione dello spazio di quella mancante. La vecchia notazione semi-posizionale si limiterebbe a sommare tutte le cifre e omettere i posti vuoti – da cui la necessità di usare tre simboli per la trascrizione di una singola cifra per distinguere tra unità, decine e centinaia. Questo non avviene nel sistema posizionale a causa dell’uso degli zeri, che vengono utilizzati per tenere le cifre al loro proprio posto. È perciò possibile che lo zero sia stato visto inizialmente come un simbolo restrittivo, essendo il suo nome Russo (“nol”) un logico derivato dell’avverbio descrittivo nolno usato nell’Antico Russo. I due suoni sono molto simili.

A parte questo, l’antica parola Russa noli è stata usata per riferirsi a un concetto irrealizzabile, o una possibilità che non accadrà mai, come uno può facilmente vedere per esempio dalla seguente frase in Russo Antico: “pomyshlyal yesm v sebe: noli budu luchii togda, no khud yesm i bolen” ([789], pag. 420). La frase si traduce con “Ho pensato che sarei stato meglio, ma sono magro e malato”. La parola in Russo Antico “noli” usata in questo senso colpisce gli autori come un possibile antenato del nuovo nome del simbolo, “nol”. Lo zero può anche essere interpretato come simbolo di una “possibilità non realizzata”, che possiamo percepire come la mancata opportunità di utilizzare una cifra con un valore numerico esplicito al posto dello zero. Lo zero ci dice che lo spazio che occupa è privo di valore numerico che in teoria avrebbe potuto avere.

Uno può naturalmente tentare di tracciare le origini dello simbolo dello zero (=) dalla parola Latina “ov”, che si può tradurre come “al posto di” ([237], pag. 684). E tuttavia ci si può chiedere se questa “antica” parola Latina possa derivare dal prefisso slavo ob , che costituisce parte della parola Russa obmen, “scambio”. Molte delle “antiche” parole Latine sono state originariamente importate dallo Slavonico come dimostriamo nel nostro Glossario dei Parallelismi (vedi Chron7).

E così, il nome della nuova cifra (“nol”, cf. le parole inglesi “null” e “nil” la parola Tedesca “Null” ecc), è molto probabilmente di origine Slavonica. Similmente i nuovi numeri “Indo-Arabi” non sono che versioni leggermente modificate di lettere di Russo Antico che erano una volta usate come numerali. La notazione posizionale è quindi una scoperta relativamente recente che difficilmente precede la fine del XVI secolo – un lontano grido di dolore dal Medio Evo, o l’epoca in cui si presume sia stato inventato nella versione fallace della cronologia Scaligeriana.

Concludiamo con la seguente osservazione. È teoricamente possibile cercare lettere che assomiglino ai numeri “Indo-Arabi” in altri alfabeti. Comunque è necessario sottolineare che antichi alfabeti scelti casualmente non sono probabilmente adatti allo scopo. La scoperta di lettere che “assomigliano a numeri” in un dato alfabeto è certamente possibile. L’obiettivo è scoprire simboli alfabetici che fossero realmente usati come numeri nel Medio Evo. A parte questo, data la natura conservativa delle indicazioni nel loro insieme, i simboli usati nella nuova notazione devono corrispondere ai rispettivi valori degli antichi “numeri alfabetici”. Pensiamo che questo sia il caso dell’alfabeto Greco-Slavo e dei numeri “Indo-Arabi”. Non ha senso considerare simboli arbitrari da altri alfabeti che non sono mai stati utilizzati come numeri.

La conclusione a cui siamo giunti, cioè che la convenzione dello zero sia della fine del XVI secolo e non prima, è in perfetta coincidenza con il seguente fatto storico, conosciuto universalmente e del tutto incomprensibile dal punto di vista Scaligeriano. Si suggerisce che lo zero sia stato inventato nella “profonda antichità”. Comunque è stato fatto notare anche nel XVI secolo, nessun matematico considerasse lo zero come una radice dell'equazione ([219], pag. 153). In più, specialisti di storia della scienza riportano come l’idea naturale di rendere la parte esatta di una data equazione uguale a zero risale al tardo XVI – inizio XVII secolo e non prima ([219], pag. 153). E poi ci viene detto che il concetto di zero sia stato introdotto diverse centinaia di anni prima: “La radice dell’equazione uguale a zero è stato un concetto alieno per la scienza matematica del Rinascimento. La forma canonica delle equazioni fu inventata dall’inglese Thomas Harriot (1580-1621) nel suo libro intitolato L’Applicazione dell’Arte Analitica” ( [219], pag. 153). Questo può solo significare una cosa, e cioè che l'espressione numerica che rappresentasse lo zero non esisteva prima della fine del XVI secolo. Difficile un’altra spiegazione.
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5 Anni 4 Mesi fa #30285 da Nomit
Risposta da Nomit al topic Nuova Cronologia


nicovalerio.blogspot.com/2010/08/storia-...-strani-modi-in.html
"fino al Medioevo, la scuola e la pratica di bottega avevano reso popolare tale sistema di numerazione, noto come “figure d’abaco”, gli "apici" di cui parla una nota probabilmente apocrifa del trattato Geometria di Boezio. Tanto che quando Guido d'Arezzo, nel suo Trattato sul computo, e soprattutto Leonardo Fibonacci, nel suo Liber abbaci (1202), codificarono il sistema posizionale utilizzando le cosiddette cifre “arabe”, si può ritenere che l'Europa fosse già preparata da tempo alla novità.
…] Certo, a noi moderni anche i nomi di queste strane figure di numeri, dall'1 al 9, sembrano insieme esotici ed esoterici: Igin, Andras, Ormis, Arbas, Quimas, Calcus, Zenis, Temenias, Celentis. Le forme per noi più misteriose, probabilmente residui di antichi significati alchemici o magici, sono quelle che si intravvedono nelle figure di Ormis e Arbas (equivalenti al 3 e al 4). Però, ad osservare attentamente le singole figure, cogliamo impressionanti somiglianze con i nostri numeri in ben sette numeri su dieci (1, 2, 3, 6, 7, 8 e 9) e una più vaga somiglianza nel numero 5."


Ma... :woa: quindi ANDRAS CELENTIS è 2-9 !! :omg: Ma pensa te 'sto qui… :blank:
Arbas, quimas e temenias equivalgono agli analoghi ebraici arbà, chamesh e shmnone. Igin ricorda il giapponese "icc" o "ici".

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5 Anni 4 Mesi fa #30292 da Italo
Risposta da Italo al topic Nuova Cronologia

Ma... :woa: quindi ANDRAS CELENTIS è 2-9 !! :omg: Ma pensa te 'sto qui… :blank:


A cosa si riferisce?

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5 Anni 4 Mesi fa #30313 da Nomit
Risposta da Nomit al topic Nuova Cronologia
A Celentano :laugh:

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Metto qui un'altra cosa che avevo scritto -

Quando si è scoperta la sfericità della Terra? Gli uomini non avvertono alcuna sfericità con la vista e all’inizio avranno pensato di vivere su un piano. A causa del tramonto e dell’alba, però, avranno pensato che ad un certo punto la Terra finisse e che il Sole ci passasse sotto.
Noi però sappiamo che il Sole non va sotto la Terra, perché non è mai contemporaneamente buio in tutto il mondo: quando vediamo il Sole scendere, sappiamo che in realtà si trova sopra ad altri territori. Ma noi lo sappiamo solo perché conosciamo l’esistenza di questi altri territori e sappiamo che quando noi ci troviamo al buio là è giorno e viceversa. Quindi prima di poter acquisire a livello di massa il dato della sfericità del nostro pianeta, era necessario aver già scoperto ed esplorato quei territori.

Questo però è successo solo dopo l’epoca di Cristoforo Colombo.

Effettivamente una volta dicevano che nel medioevo la gente credeva che la Terra fosse piatta e che Colombo era uno dei pochi a conoscerne la sfericità, per cui dovette affrontare i dotti di Salamanca per convincerli che si poteva raggiungere l’Oriente viaggiando verso Ovest. Nel libro "Cristoforo Colombo; storia della sua vita e dei suoi viaggi sull' appoggio di documenti autentici raccolti in Ispagna ed in Italia del conte Roselly de Lorgues" leggiamo:

"credevano fermamente che la Terra era il corpo più vasto della creazione visibile, il centro fisso dell' universo; quindi trovavano cosa naturalissima che il Sole girasse intorno ad essa: per la sua massa poi, la Terra superando tutti gli astri, essa sola era lo scopo dei loro diversi movimenti. Altri reputavano che la Terra era un circolo piatto, od un quadrilatero immenso , limitato da una massa d' acqua incommensurabile. Gli uni ammettendo la forma quadrangolare o circolare, ma sempre piatta della Terra , limitavano l'estensione dei mari al settimo della sua parte solida: gli altri, non fabbricandosi alcun sistema, giudicavano qual sogno qualunque idea contraria agli antichi autori […] Alcuni membri della Giunta obbiettarono alle sue deduzioni diversi passi delle Sante Scritture, che applicavano molto male, e frammenti tronchi di alcuni scrittori ecclesiastici contrari al suo sistema. Varii professori « cathedraticos, » stabilirono per maggiore e per minore che la Terra è piatta come un tappeto, e che non potrebbe esser rotonda, dacché il salmista dice: «Distendendo il cielo come una pelle, » extendens cwhim sicut pellem; il che sarebbe impossibile se la Terra fosse sferica. Lor si opponevano le parole di san Paolo, il quale paragona i cieli ad una tenda spiegata al di sopra della Terra, ciò ch'esclude la rotondità. Altri, meno rigidi, o meno estranei alla cosmografia, sostenevano, che, ammettendo la rotondità della Terra, il progetto di andare in cerca delle regioni abitate nell'emisfero australe era chimerico, perch'esso giaceva occupato dal mare tenebroso, golfo formidabile e senza limite: che se, per buona ventura, una nave mossa in quella direzione giungesse a toccar le Indie, non se ne potrebbe aver mai notizie, perchè questa pretesa rotondità della Terra formerebbe un ostacolo insuperabile al suo ritorno , per favorevoli che si supponessero i venti"

Da questo resoconto ottocentesco, sembra che nel quindicesimo secolo gli eruditi non fossero affatto certi della sfericità della Terra e che anche chi era disposto ad prenderla in considerazione non avesse le idee chiare a riguardo.
Infatti nell’opera di Niccolò Copernico “De revolutionibus orbium caelestium” del 1543 è presente un capitolo titolato "Perché la Terra è sferica" in cui l’autore evidentemente sente il bisogno di spiegare ai seppur pochi indecisi le ragioni di questa convinzione, segno che essa non era ancora completamente accettata www.saveriocantone.net/profcantone/fisic...BUS_sottolineato.pdf
Se questo fosse davvero stato acquisito da millenni, perché rispiegarlo?
Per cui credo che tutte i riferimenti ad una assodata sfericità della Terra precedenti al quindicesimo secolo siano falsi o retrodatati.

Inoltre, una volta che la terra viene considerata anch'essa una sfera come gli altri corpi celesti, non può passare molto tempo prima di avere l’idea che anch'essa, come gli altri, possa girare intorno a qualcosa. Per cui, secondo me, passò solo qualche decennio tra la scoperta dell'America, l'accettazione della sfericità della terra ed infine l'eliocentrismo.

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5 Anni 3 Mesi fa - 5 Anni 3 Mesi fa #30532 da Italo
Risposta da Italo al topic Nuova Cronologia

Inoltre, una volta che la terra viene considerata anch'essa una sfera come gli altri corpi celesti, non può passare molto tempo prima di avere l’idea che anch'essa, come gli altri, possa girare intorno a qualcosa. Per cui, secondo me, passò solo qualche decennio tra la scoperta dell'America, l'accettazione della sfericità della terra ed infine l'eliocentrismo.


Se l’Orda era arrivata a dominare su tutte le terre che arrivano allo stretto di Bering da Ovest e da Est, un’idea della sfericità della terra dovevano averla ben chiara. Colombo sembra proprio un false flag d'annata.

www.nocensura.com/2014/10/la-bufala-di-cristoforo-colombo.html

Partiamo dallo storico Gavin Menzies, che ritiene che la mappa del 1418 - qui di lato raffigurata - dimostri chiaramente che il Nuovo Mondo è stato scoperto dai cinesi - dall'ammiraglio Zheng He - circa 70 anni prima di Colombo


La Cina era parte dell'Orda...
Ultima Modifica 5 Anni 3 Mesi fa da Italo. Motivo: aggiunta link

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5 Anni 3 Mesi fa #30536 da Nomit
Risposta da Nomit al topic Nuova Cronologia

Partiamo dallo storico Gavin Menzies, che ritiene che la mappa del 1418 - qui di lato raffigurata - dimostri chiaramente che il Nuovo Mondo è stato scoperto dai cinesi - dall'ammiraglio Zheng He - circa 70 anni prima di Colombo


La California è raffigurata come un'isola. I cinesi quindi, arrivando da est, avrebbero commesso lo stesso errore degli europei che esplorarono l'America partendo da ovest...

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5 Anni 3 Mesi fa - 5 Anni 3 Mesi fa #30623 da Marforio
Risposta da Marforio al topic Nuova Cronologia
per la cavolata della California raffigurata come un'isola dobbiamo ringraziare Antonio de la Ascensiòn. Nessun complotto mondiale per prendere per il culo il popolo :)
Ultima Modifica 5 Anni 3 Mesi fa da Marforio.

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5 Anni 3 Mesi fa #30661 da Italo
Risposta da Italo al topic Nuova Cronologia
Capitolo 12 pagg. 327-328 di "History, fiction or science?
per le mappe: archive.org/stream/AnatolyFomenkoBooks/H...4#page/n349/mode/2up

È solo dopo la vittoria dei Romanov su Pougachev che i cartografi Europei “recuperarono” la corretta geografia, presumibilmente “tornando” alle corrette concezioni del presunto XVI secolo.

Ogni cosa è perfettamente chiara. Tutte le lussuose e dettagliate carte del presunto XVI-XVII secolo sono sia falsi disegnati per sembrare “antichi” e fatti nel XVIII-XIX secolo, o autentiche carte del XVIII-XIX secolo con date errate. I cartografi del XVIII secolo non hanno mai “dimenticato” e “ricordato” alcunché – la geografia corretta della Siberia e del Lontano Oriente gli divennero noti solo dopo il 1773-1775, quando l’esercito dei Romanov incominciò l’invasione della Siberia e l’esercito degli Stati Uniti ebbe alla fine l’opportunità di conquistare il Nordovest Americano. Questo portò alla creazione delle carte che sembravano come questa: Chart NW Coast of America e NE Coast of Asia. Eng. - T. Hartman. Ed. Strahan. Londra, 1782 (presentata alla mostra delle carte Russe compilata nel XVII-XVIII secolo organizzata nel 1999 dal Private Collection Affiliate of the Pushkin Museum in Moscow).

Questa carta già disegna la linea di costa della Kamchatka e il Nordovest Americano correttamente come lo stretto che separa l’America dall’Asia. Comunque non vediamo dettagli relativi alle parti più interne di entrambi i continenti, solo grandi spazi. Questo è facile da capire poiché né i Romanov né gli americani erano riusciti a colonizzare questi territori nel 1782.

Studiamo adesso il fondamentale atlante delle antiche carte Americane compilato da Edward Van Ermen e intitolato The United States in Old Maps e Prints ([1116]). Possiamo facilmente seguire l’evoluzione delle idee che avevano i cartografi Europei sulla Costa Ovest del Nord America – in particolare sulla California. Si scopre che praticamente ogni carta del XVIII secolo contenuta nell’atlante ([1116]) definisce indiscutibilmente la California come un’isola, riferendosi alle ultime scoperte fatte dalle avanguardie della scienza geografica. Questo è un errore grave L’ultima carta di questo tipo è datata dall’atlante 1740 ([1116]). La successiva carta geografica è del 1837 – un secolo dopo. Questa carta del XIX secolo già disegna la California e la Costa Ovest correttamente. Il nome “Stai Uniti d’America” appare anch’esso per la prima volta. Dobbiamo segnalare il seguente fatto che consideriamo davvero piuttosto strano. L’atlante [1116]) non contiene una singola carta della Costa Occidentale del Nord America che dati all’epoca tra il 1740 e il 1837. L’intervallo è piuttosto grosso – una lacuna cartografica centenaria!
Normalmente veniva pubblicata una nuova carta geografica ogni dici anni. Tra il 1666 e il 1740.

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