Jill Carroll, la giornalista del Christian Science Monitor rapita tre mesi fa a Baghdad, è tornata a casa. Sta bene, e non le è stato torto un capello. Sembrerebbe quindi una notizia "innocente", che in un certo senso non merita nemmeno di apparire sulle prime pagine.
Il tempo infatti ha già cominciato a fare il suo lavoro, e la nostra memoria, su fatti relativamente recenti come i rapimenti dei giornalisti a Baghdad, comincia già ad offuscarsi. Ma basta un piccolo sforzo, per "ricollegare i puntini", e diventa subito chiaro che il rapimento della Carroll non è stato che l'ultimo anello della campagna di terrorismo - questo sì, quello vero - contro i giornalisti indipendenti in Medio Oriente.
Il Christian Science Monitor, fra le altre cose, è di tutto meno che un quotidiano "cristiano" (la vicenda del suo nome è tutta una storia a parte), ma di certo se c'è in USA una testata di tiratura nazionale che si è sforzata in questi anni di offrire la verità, entro i limiti concessi dall'attuale regime, è proprio questa. Non a caso Carroll, la quintessenza del giornalismo indipendente, a Baghdad stava lavorando per loro.
Dopo questa mattanza, sia fisica che psicologica, nella quale abbiamo perso anche il nostro Enzo Baldoni, Jill Carroll appare come un fortunato superstite ...
Gold and Economic Freedom
Alan Greenspan (1966)
L’avversione quasi isterica nei confronti del gold standard è un atteggiamento che unisce tutti gli uomini di governo. Forse in modo più chiaro e sottile di molti difensori del laissez-faire, essi sembrano percepire che l’oro e le libertà economiche siano imprescindibili, che il gold standard sia uno strumento di laissez-faire e che ciascun termine implichi e richieda l’altro.
Al fine di capire l’origine di questa avversione, è necessario, prima di tutto, capire il ruolo specifico dell’oro nel contesto di una società libera. La moneta è il comune denominatore di tutte le transazioni economiche. E’ quel bene che serve come mezzo di scambio, che viene accettato da tutti i membri di una economia di scambio
All'euforia cieca dei più ottimisti, di fronte ai chiari segni di cedimento che sta mostrando l'argine della bugia sull'11 settembre, i più saggi hanno voluto giustamente contappore un sano dubbio, chiedendosi quale possa essere l'eventuale strategia che sta dietro a questi eventi incoraggianti.
Che cosa può significare, in altre parole, il fatto che di colpo venga permesso ad un "attore qualunque" di andare in TV nazionale, in prima serata, a parlare apertamente della possibilità che dietro agli attentati dell'undici settembre ci sia lo stesso governo americano? Perchè di sicuro di un incidente, sfuggito alle maglie del sistema, non si è trattato: se anche Charlie Sheen avesse spiazzato tutti, con l'intervista iniziale, il fatto che ad Alex Jones sia stato permesso di replicare, due giorni dopo, raddoppiando addirittura la dose delle accuse, vuole dire che dopo il primo intervento non c'era stata nessuna particolare protesta da parte governativa.
Sarebba bastata una telefonatina discreta, da parte dell'ultimo degli assistenti della Casa Bianca, per far passare la voglia di replicare ai conduttori dell'intero palinsesto della CNN. Invece ciò non è accaduto. Legittimo quindi sospettare una mossa preventiva - la classica "funzione vaccino" - intesa al rilascio progressivo …
Nelle stesse ore in cui, ieri sera, Eric Hufschmid e Maurizio Blondet si scambiavano i saluti in diretta, nella conferenza di Bologna sull'undici settembre, da New York andava in onda sulla CNN un'intervista ad Alex Jones, il presentatore radiofonico che pochi giorni fa aveva fatto da amplificatore ai dubbi espressi dall'attore Charlie Sheen sulla versione ufficiale dei fatti di quel giorno.
Una "coincidenza" del genere, soltanto un anno fa, sarebbe stata del tutto impensabile.
Era stata la stessa CNN, il giorno dopo l'intervista di Jones a Sheen, a rilanciare la notizia a livello nazionale, e da quel momento pare che l'ondata di email che ha investito la redazione non si sia più arrestata. Lo stesso Sheen è stato travolto da una vera e propria ondata emotiva, fatta di puro entusiasmo da una parte, e di attacchi violenti dall'altra. Per tutta risposta, Sheen è tornato il giorno dopo da Alex Jones a ribadire ciò di cui è convinto, ...
Ieri è toccato all'attore Charlie Sheen dare un'altra picconata al muro di omertà che protegge la bugia dell'undici settembre. Alle sette di sera, su CNN-Showbiz, e alle 11 di sera, in replica, è stata passata un'intervista telefonica data da Charlie Sheen ad Alex Jones, in cui l'attore manifesta pubblicamente i suoi dubbi sulla versione ufficiale dell'undici Settembre. Sheen ha detto di rendersi perfettamente conto che queste sue dichiarazioni gli costeranno l'ostracismo di una buona parte dell'establishment, ma ha anche detto che "un buon americano non può non porsi certe domande, di fronte a certi fatti inconfutabili". Meglio tardi che mai.
Sheen ha detto chiaramente che secondo lui le Torri Gemelle sono crollate in maniera "troppo simile a quella di una demolizione controllata" per essere archiviate come crolli passivi. Riguardo al Pentagono, e all'assenza dei resti del Boeing, Sheen si è domandato perché mai il governo americano non ci voglia mostrare una volta per tutte una qualunque delle immagini che deve sicuramente avere dell'aereo in avvicinamento. Sheen ha mostrato di conoscere molto bene la materia, ...
di Lucio Garofalo
Dopo lunghi mesi sofferti e travagliati sembra essersi conclusa un'esperienza singolare e, per certi versi, grottesca e "kafkiana", vissuta all'interno di una realtà scolastica del profondo Sud Italia, in un piccolo centro dell'interland avellinese.
E' la storia quasi surreale di una "metamorfosi", di una rinascita, di un riscatto, ossia del recupero e della riaffermazione della propria dignità, umana e professionale, da parte di un gruppo di lavoratori della scuola.
E' la storia di uno stillicidio di abusi di potere, di angherie e di soprusi perpetrati da un piccolo "tiranno" ancorato alle vecchie e nuove strutture burocratiche del potere inteso ed esercitato come puro arbitrio personale.
Ebbene, io ritengo doveroso raccontare tale vicenda per informare anzitutto le altre realtà scolastiche e, nella fattispecie, gli altri colleghi, ed in generale per socializzare il patrimonio di valori, di conoscenze e di esperienze…
In Bielorussia il filosovietico Lukaschenko ha vinto le elezioni, e gli americani protestano. Con il supporto degli osservatori internazionali gridano allo scandalo, sostengono che i risultati sono stati falsati, minacciano di non riconoscere il nuovo governo, e chiedono nuove elezioni.
Questa più o meno la posizione ufficiale di un governo, quello americano, che sei anni fa salì al potere grazie ad un intervento chiaramente anticostituzionale della Corte Suprema (a maggioranza repubblicana), la quale interrompeva d'autorità il conteggio manuale …