"Fino a ieri il mio fidanzato era uno splendido ragazzo, sano forte e pieno di vitalità, e oggi al suo posto c'è una specie di manichino irriconoscibile, incapace di muovere anche solo le sopracciglia, con una macchina che gli pompa aria dai polmoni, e un volto tumefatto alla "elephant man". Mi hanno detto che potrebbe morire in qualunque momento".
Chi parla è la fidanzata di uno dei sei ragazzi inglesi che si sono sottoposti al test clinico di una nuova medicina, il TGN1412 , che ha ovviamente dato degli effetti indesiderati: dopo aver avuto tutti gli stessi catastrofici sintomi, quattro di loro sono da poco usciti dalla fase critica, mentre il sesto è ancora in pericolo di vita, come il primo.
Hanno tutti subito multiple trasfusioni di sangue, per cercare di liberare il corpo dalle tossine prodotte dalla nuova medicina, ... ... che finora era stata testata solamente su animali, dove pare essere risultata "assolutamente innocua".
Curiosa quindi la reazione di Lord Winston, il vice-presidente dell'Associazione Parlamentare di Scienza e Tecnologia, che ha tenuto subito a sottolineare "mi dispiace che si possa avere l'impressione che la nostra industria dei medicinali, altamente etica, non agisca in maniera corretta". ("I think it's really unfortunate that there might be given an impression that our very ethical drug industry is actually not working according to proper practice").
Senza nemmeno saper che cosa possa avere causato la reazione, assolutamente inaspettata, nei pazienti, premurarsi di dire certe cose sa tanto di "excusatio non petita", oppure, più volgarmente, di grassa coda di paglia. Anche perchè "l'industria farmaceutica" di cui parla Lord Winston sarà pure quella inglese, ma la società che conduceva i test, la Parexel, è americana. E, come tutti sappiamo, "il cliente ha sempre ragione".
Se a ciascuno dei ragazzi sono stati dati 3.000 euro, per provare una semplice medicina, vuol dire che gli investimenti su questo tipo di ricerca debbono essere dell'ordine dei milioni di dollari. E a quei livelli, sappiamo tutti l'"etica" dove va a finire.
Sarebbe però troppo facile, a questo punto, puntare il dito contro le "cattive case farmaceutiche" (lo sono), accecate dall'ingordigia (lo sono), e preoccupate di tutto meno che di far guarire la gente (lo sono). Che cosa siano diventati ormai questi mostri della nostra civiltà lo sappiamo, e serve a poco ululare contro l'ingordigia corporativa che ormai domina il mondo.
Nè può servire in questo caso spezzare una lancia "in nome della scienza", a favore della ricerca, e quindi del rischio che necessariamente questa comporta. Nessuno disputa infatti che i pazienti, tutti maggiorenni, si siano sottoposti volontariamente al test, e che quindi sapessero benissimo di non avere nessuna garanzia contro sorprese del genere. Casomai bisognerebbe domandarsi quanto "innocua" possa essere reputata una nuova medicina da chi ha deciso di pagare 3000 euro per ciascuna delle sei persone che l'hanno collaudata, ma questo è un discorso che rientra comunque in quello, più generale, dell'"ingordigia" delle farmaceutiche.
Forse il discorso si può prendere ancora più a monte. Se infatti andiamo a guardare, scopriamo che la nuova medicina della Parexel intendeva essere una cura per l'artrite reumatoide, la leucemia, e la sclerosi multipla. Ci si rende allora conto che stiamo parlando di malattie delle quali la scienza non è ancora riuscita ad individuare nemmeno lontanamente la causa (e a questo punto io non me la sentirei di scommettere nemmeno un centesimo sul fatto che ci stiano provando davvero. Quanti soldi vengono raccolti, ogni anno nel mondo, "per la cura contro il cancro"?).
Alla medicina allopatica le cause delle malattie non sono mai interessate, e interessa ancora meno scoprirle oggi, poichè questo significherebbe crolli devastanti sul mercato mondiale di tutti i medicinali correlati.
La medicina allopatica però si è anche arrogata la definizione di "scienza", e grazie a questa si arroga il diritto di dire a tutti cosa fare e cosa non fare nel campo delle cure mediche. Accade così che un giorno salta fuori un dottore, che sostiene di aver scoperto una correlazione fra funghi (intestinali) e tumore: fa le sue belle prove, e si trova a guarire alcuni pazienti, con la somministrazione di semplice bicarbonato. Risultato? Invece di venire convocato dalla autorità competenti, e invitato a presentare il proprio lavoro, in modo da sottoporlo ad una seria sperimentazione scientifica, viene brutalmente radiato dall'albo "per aver somministrato cure non ortodosse" ai suoi pazienti.
Dove chiaramente, per "non ortodosso", si intende qualunque cosa che non sia direttamente prodotta, con altissimo margine di guadagno, da una casa farmaceutica. Nella medicina moderna infatti, tutto ciò che è "naturale" viene automaticamente deriso, scartato e demonizzato - senza nemmeno essere preso per un momento in considerazione - solo perchè non sarebbe comunque redditizio in termini economici.
Anche perchè pare che, al contrario della medicina allopatica, molte di queste cure naturali "curino davvero". Non nel senso che "fanno passare il cancro", ma nel senso che rimettono in sesto il sistema immunitario, il quale si occupa poi lui di debellare tutto quello che di anomalo si presenta all'interno dell'organismo.
Provate a pensare: grazie a questo contorto meccanismo, fatto di potere e di ricatti, di mazzette e di bugie, che viene alimentato quotidianamente dai media, siamo arrivati a trasformare il termine "naturale" in una parolaccia.
Ecco quello che non va: non è la semplice ingordigia - comprensibile, bene o male, all'interno di un sistema come quello capitalistico - ma è la perdita dei parametri di riferimento assoluti a cui l'esasperazione di questo sistema ci sta portando.
Volete competere? Vi sentite meglio se alla fine dell'anno sarete riusciti a guadagnare lo zero virgola otto per cento in più della concorrenza? Benissimo, scannatevi e divertitevi. Ma fatelo almeno su parametri che ancora abbiano qualcosa a che fare con il bene dell'essere umano, e non invece sulla sua cruda pelle.
Massimo Mazzucco
Vedi anche: "
"Storia di un'infermiera qualunque". La significativa vicenda di una nurse canadese, che ha curato nella vita centinaia di pazienti, malati di cancro, grazie ad una semplice ricetta di erbe. Che le case farmaceutiche, e lo stesso governo canadese, non hanno mai voluto prendere seriamente in considerazione.