Jill Carroll, la giornalista del Christian Science Monitor rapita tre mesi fa a Baghdad, è tornata a casa. Sta bene, e non le è stato torto un capello. Sembrerebbe quindi una notizia "innocente", che in un certo senso non merita nemmeno di apparire sulle prime pagine.
Il tempo infatti ha già cominciato a fare il suo lavoro, e la nostra memoria, su fatti relativamente recenti come i rapimenti dei giornalisti a Baghdad, comincia già ad offuscarsi. Ma basta un piccolo sforzo, per "ricollegare i puntini", e diventa subito chiaro che il rapimento della Carroll non è stato che l'ultimo anello della campagna di terrorismo - questo sì, quello vero - contro i giornalisti indipendenti in Medio Oriente.
Il Christian Science Monitor, fra le altre cose, è di tutto meno che un quotidiano "cristiano" (la vicenda del suo nome è tutta una storia a parte), ma di certo se c'è in USA una testata di tiratura nazionale che si è sforzata in questi anni di offrire la verità, entro i limiti concessi dall'attuale regime, è proprio questa. Non a caso Carroll, la quintessenza del giornalismo indipendente, a Baghdad stava lavorando per loro.
Dopo questa mattanza, sia fisica che psicologica, nella quale abbiamo perso anche il nostro Enzo Baldoni, Jill Carroll appare come un fortunato superstite ... ... di una specie ormai in estinzione.
Jill Carroll fu rapita all'appuntamento per un'intervista con un leader sunnita, che non ebbe mai luogo, ma si era già segnalata in precedenza, per aver messo a nudo molte delle "verità scomode" sul caso Calipari-Sgrena: fra queste, il fatto che i Marines del posto di blocco fossero stati avvisati da un sedicente "rivoluzionario islamico" che l'auto che stava trasportando Calipari e Sgrena all'aeroporto era in realtà una autobomba. Questo, unito al fatto che i rapitori avessero "consigliato" alla Sgrena, al momento della liberazione, di non andare dagli americani, ma di correre subito a casa, gettò un ombra su quel crimine che solo i nostri governanti, da brave "sguattere" al soldo del padrone, riuscirono a non vedere.
Anche alla Carroll, curiosamente, al momento della liberazione è stato detto di "tenersi alla larga dagli americani", e di non fidarsi della CNN, perché "è infiltrata dai muhajddin".
Interessante, che dei veri muhajddin rivelino a una giornalista americana di aver infiltrato gli ambienti dell'informazione americana, proprio nel momento in cui la stanno rilasciando. (Non sarà invece che dei rapitori un pò maldestri siano stati istruiti, da Washington, in modo da evitare che la giornalista parli con la stampa USA, e non abbiano saputo scovare niente di meglio di quella pietosa minaccia infantile?)
L'altra cosa che i responsabili di questo tipo di sequestro si dimenticano regolarmente di fare, è di vestire i panni dell'agnello e di unirsi - o "commossi", o "indignati", c'è pure la scelta - al coro di voci che chiede la liberazione dell'ostaggio.
Vediamo chi lo ha fatto:
Il 15 Gennaio, a sette giorni dal rapimento, il Jordan Times pubblica un articolo chiedendo la liberazione della Carroll.
Il 18 gennaio un gruppo di studiosi musulmani, comprendente la Fratellanza Musulmana in Egitto, l'Associazione dei Giornalisti iracheni, e il Fronte per la Concordia iracheno, chiede la liberazione della Carroll.
Lo stesso giorno esce sul quotidiano giordano Al-Ghad un articolo contro il rapimento che viene ripreso da molte altre testate arabe.
Il 19 gennaio la Guida Suprema della Fratellanza Musulmana chiede la liberazione della Carroll.
I genitori della Carroll si appellano tramite la CNN.
Otto diversi gruppi di diritti umani egiziani firmano un appello congiunto contro il rapimento.
20 gennaio: il padre di Jill chiede la liberazione sugli scherrmi di Al Jazeera e El Arabiya.
Reporter Senza Frontiere dimostra a favore di Jill Carroll davanti alla Grande Moschea di Parigi.
Il leader politico sunnita Adnan al-Dulaimi, l'uomo che Carroll doveva intervistare il giorno del rapimento, chiede la sua liberazione.
Una delegazione del Concilio per le Relazioni islamico-americane si reca a Baghdad per promuovere le trattative.
Il 23 gennaio il Comitato delle Libertà del Sindacato dei Giornalisti degli avvocati egiziani chiede la liberazione dell'ostaggio.
Lo stesso giorno, anche Hamas chiede la liberazione.
26 gennaio: appello congiunto di 37 politici e intellettuali arabi.
29 gennaio: secondo appello di Adnan al-Dulaimi.
1 febbraio: il giornale di Baghdad New Saba chiede la liberazione con un articolo in prima pagina pagato da una colletta popolare di cittadini iracheni. L'annuncio verrà ripetuto per tre volte.
Il direttore generale di Al-Jazeera legge un appello a nome di tutti i giornalisti della TV araba.
Politici e alte personalità irachene esprimono il loro supporto alla giornalista rapita, e denunciano i rapitori come "non-musulmani".
Una gigantografia di Jill Carroll viene appesa in Piazza del Municipio a Roma.
7 febbraio: seconda dimostrazione a Parigi di Reporters Senza Frontiere. Partecipa la giornalista francese Aubenàs, a sua volta rapita e liberata in precedenza in Iraq.
9 febbraio: i genitori della Carroll si appellano a Sattam al-Gaood, ex-collaboratore di Saddam, perchè intervenga a favore della figlia rapita.
14 febbraio: sulla TV di Baghdad Al-Iraquia, Sattam al-Gaood lancia un appello per la liberazione di Jill Carroll.
16 febbraio: studenti all'università del Massachusetts, dove la Carroll si era laureata, manifestano per la sua liberazione.
21 febbraio: Reporter Senza Frontiere promuove una settimana di supporto internazionale a favore della Carroll.
20 marzo: Ritratto gigante della Carroll esposto da Reporters Senza Frontiere in Place de la Nation a Parigi. Accanto al suo, ci sono anche i ritratti dei giornalisti iracheni rapiti, Reem Zeid e Marwan Khazaal.
24 marzo: Il Christian Science Monitor dichiara di aver ricevuto oltre 2 mila lettere di supporto a favore della giornalista rapita.
29 marzo: Kathy Carroll, la sorella di Jill, si appella su Al-Arabiya per avere notizie.
30 marzo: Jill Carroll viene rilasciata a Baghdad.
Com'è che a preoccuparsi di lei sono stati soprattutto i "cattivi"? Pensate, c'era pure Hamas fra di loro!
P.S.: Chedo scusa, dimenticavo. Oggi da Berlino Condolezza Rice fa sapere di essere "commossa e felice per la liberazione della cittadina americana Jill Carroll". Naturalmente.
Massimo Mazzucco
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LA "SUA" VERITA'
Spinti dalla necessità di trovare al più presto una spiegazione all'assurda morte di Calipari, ci siamo gettati ciascuno alla ricerca della propria risposta, cercando di far quadrare in qualche modo i pochissimi elementi certi che avevamo a disposizione. Ma nel farlo, influenzati dal coro dei politici che man mano si andava affinando, abbiamo finito per dimenticare la complessità della situazione irachena, e ci siamo adagiati su posizioni estreme che sono probabilmente irreali in ogni caso: da una parte gli "incidentisti" puri (è la guerra, capita, non c'era nessuna volontà di uccidere), e dall'altra gli anti-americanisti a oltranza (sono dei cowboy, credono di comandare il mondo, volevano ammazzarli perchè stavano facendo di testa loro).
DIETRO LE QUINTE
Sul tragico epilogo del caso Sgrena, Berlusconi ha commentato "L'operazione si e' conclusa positivamente, ma poi e' calato il lutto''. Ci permettiamo di rifiutare una spiegazione così semplicistica dei fatti, che fra l'altro fa a cazzotti con la rabbia innegabile verso gli americani, che il Premier non ha saputo nascondere nell'apprendere la notizia della sparatoria. E' inoltre difficile credere ad un puro e semplce incidente, per una serie di motivi: prima di tutto un personaggio esperto come Calipari difficilmente avrebbe permesso al conducente della sua auto un comportamento che rischiasse di scatenare una qualunque reazione da parte americana.
MA CON CHI "TRATTA" BERLUSCONI?
Apparentemente, i fatti più recenti sembrerebbero darci torto. Fino a ieri avevamo sostenuto che rapimenti come quello di Giuliana Sgrena non debbano sfuggire alla ferrea legge del cui prodest, il che rendeva illogico per dei "veri" iracheni sia il rapire che tanto meno l'uccidere un personaggio del genere. L'impossibilità di ottenere infatti la liberazione del paese dalle truppe occupanti, in seguito al ricatto sulla sua vita era e rimane nulla. Ma ieri l'appello accorato di Giuliana Sgrena in TV ci ha rimesso di fronte al dilemma in maniera drammatica: questa volta ce lo ha detto lei in faccia, chiaro e tondo, o ritiriamo le truppe o questi mi ammazzano. Ma allora è vero? …
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