Se si vuole toccare con mano la solidità della corazza protettiva che avvolge l’attuale mondo dell’oncologia, basta pensare all’esempio di Lester Grinspoon.
Negli anni ’70 il Dott. Lester Grinspoon, psichiatra al Centro di Malattie Mentali di Boston, provocò un vero e proprio terremoto pubblicando il libro intitolato “Marijuana reconsidered” (“Ripensare la marijuana”), che capovolgeva tutti i canoni fino ad allora ritenuti validi dall’ambiente accademico sulla pianta della cannabis.
Dopo aver fatto un approfondita ricerca sul materiale scientifico disponibile, Grispoon si era accorto che non solo non esisteva la minima prova a favore della presunta “dannosità” della marijuana, ma si rese anche conto che molte delle sue qualità terapeutiche venivano tenute intenzionalmente nascoste al pubblico – e ai medici stessi - per i motivi che soltanto in seguito sarebbero diventati più chiari per tutti.
La sua ricercà lo portò a pubblicare un secondo libro, intitolato “Marijuana, the forbidden plant” (“Marijuana, la pianta proibita”), nel quale Grinspoon elencava minuziosamente tutti gli utilizzi terapeutici della cannabis, introducendo anche la “maggiore apertura mentale”, di cui gode chi ne fa uso in ambito artistico, fra le caratteristiche positive della pianta.
Da allora Grinspoon ha combattuto una onorevolissima battaglia a favore dell’utilizzo della marijuana per uso medico, ...
di Marco Cedolin
In merito al "ricatto" di Marchionne nei confronti dei dipendenti FIAT di Pomigliano D’Arco sono state scritte molte cose. Innumerevoli levate di scudi contro l’ennesimo “attentato” ai diritti dei lavoratori, altrettanto numerosi attestati di stima in difesa di un’azienda disposta ad “investire” denaro (di chi?) per creare occupazione, molte riflessioni salomoniche volte a stemperare i toni e favorire il raggiungimento di un accordo che comunque “s’ha da fare”.
In mezzo a tanto bailamme, tirati per la giacchetta ora dagli uni ora dagli altri, ci sono i lavoratori oggetto dell’accordo, che presto saranno chiamati ad esprimersi in prima persona riguardo alla sottoscrizione dello stesso. Lavoratori che quando compaiono intervistati in TV, generalmente rispondono senza esitazione “voteremo si, perché teniamo figli e famiglia ed abbiamo bisogno di lavorare”.
Un ragionamento tutto sommato comprensibile, dal momento che per mantenere i figli e la famiglia ci vogliono i danari e alla luce delle ristrette prospettive occupazionali attuali, in caso di rifiuto al ricatto, i lavoratori di Pomigliano non tarderebbero a ritrovarsi in una situazione drammatica.
Oltretutto le richieste di Marchionne li costringeranno a qualche “sacrificio” in più, ...
Ricordate i primi giorni, subito dopo l’esplosione della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico? Di fronte alle prime accuse di irresponsabilità, incompetenza e superficialità, che iniziavano ad accumularsi contro i responsabili della BP, questi si giustificavano dicendo che “un incidente del genere non si era mai verificato prima”, e che “siamo di fronte ad una situazione completamente nuova per noi”. La stessa musica veniva ripresa in coro dai media mainstream, e gli stessi difensori dell’industria petrolifera, che andavano in TV per protestare contro il blocco temporaneo delle nuove perforazioni, dicevano che “in fondo, in 60 anni di trivellazioni, è la prima volta che accade una cosa del genere.”
A parte che “una prima volta” come questa dovrebbe bastare per chiudere definitivamente qualunque altra trivellazione nel mondo, ma la verità è tutt’altra.
Il 3 giugno del 1979 esplose un pozzo di trivellazione profondo due miglia, nella baia di Campeche, ...
NOTA: Segnaliamo i commenti di questo articolo, che contengono una serie di link davvero utili e interessanti. Grazie a tutti quelli che li hanno postati. (La Redazione)QUI i link alla puntata completa di Rebus.
Intervista ad Alberto Mondini, autore di "Kankropoli" e "Il tradimento della medicina".M.M. - Se lei dovesse presentarsi a chi non la conosce, come si definirebbe?
A.M. - Sostanzialmente, sono uno scrittore. Ho iniziato, molti anni fa, come naturopata, nel senso che mi interessavo di cure e rimedi naturali.
M.M. - Lei è medico?
A.M. - No. Non sono nemmeno laureato. Ho la maturità scientifica.
M.M. - Quindi la naturopatia non ricade fra le specializzazioni mediche?
A.M. - No, ufficialmente no. La posizione del naturopata infatti è molto controversa, nel senso che vive costantemente con questa spada di Damocle sulla testa: oggi può essere lasciato in pace, domani può essere denunciato con una scusa qualunque, dal primo imbecille che sostenga di essere stato truffato da lui.
M.M. - Ma il naturopata può scrivere ricette mediche?
A.M. - No, assolutamente no. Il naturopata può al massimo dare “consigli sullo stile di vita“, basandosi su certe conoscenze che ha acquisito personalmente. Quindi, se proprio vogliamo cercare un’etichetta, diciamo che io potrei essere considerato un “divulgatore scientifico”.
M.M. - Come Piero Angela, praticamente!
A.M. - (Ride) Più o meno. In realtà, nel momento in cui ho iniziato a interessarmi seriamente della questione medica …
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di Marco Cedolin
Nel 1831 il presidente del consiglio francese Casimir Perier ammoniva gli agitatori: "gli operai sappiano che per il loro bene non vi sono altri rimedi che la pazienza e la rassegnazione".
L’Italia è davvero uno strano paese, se è possibile che l’ad della FIAT Sergio Marchionne, a capo di un’industria che da sempre costruisce profitti miliardari finanziandosi attraverso il denaro dei contribuenti, può permettersi il lusso di sostituire il governo ed i sindacati, imponendo pro domo sua, nuove regole in aperto contrasto con la legislazione in atto e con il contratto collettivo nazionale dei lavoratori.
Questo è infatti il senso del ricatto (perché di ricatto si tratta) attraverso il quale Marchionne ha minacciato la chiusura dello stabilimento FIAT di Pomigliano D’Arco, e il conseguente licenziamento dei 5000 lavoratori occupati in quella sede, se i lavoratori stessi non accetteranno di rinunciare ai diritti che la legge vigente attribuisce loro. Ostentando inusitata bonomia, Marchionne si dice disposto a “sacrificarsi”, rinunciando a delocalizzare in Serbia e in Polonia la produzione della merce automobile (destinata nei decenni a venire ad avere sempre meno mercato) e concentrandola invece in Italia, a patto che i lavoratori italiani siano disposti essi stessi a diventare di fatto operai serbi e polacchi.
Fulcro della nuova manovra messa in piedi dalla FIAT “di governo”, ...
Se la definizione di “complottismo” è “vedere dappertutto trame oscure e cospirazioni” (anche, teoricamente, dove non ce ne siano), allora luogocomune non è mai stato così lontano da questo atteggiamento mentale.
Qui i fatti comprovati hanno sempre la precedenza sulle opinioni preconcette, e gli unici criteri ritenuti validi per analizzare questi fatti sono la logica e il buon senso. Altresì, definiamo (e condanniamo) come “dogmatismo” qualunque affermazione che non sia basata su premesse dimostrabili e razionalmente argomentabili. Ne consegue che anche il “complottismo”, nella accezione di cui sopra, sia una forma di dogmatismo da cui è necessario dissociarsi con il massimo delle nostre energie.
Prendiamo ad esempio il caso dell’esplosione della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico. Poichè un caso simile viene anticipato in un film del 2009 (“Knowing”), è immediatamente nata in rete la voce che l’episodio faccia parte di un “piano globale”, del quale qualcuno sarebbe stato a conoscenza prima che l’incidente si verificasse. Prendiamo ad esempio quello che ha scritto al riguardo un blog italiano (*): “La recente esplosione della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico è stata prevista esattamente nel film Knowing (ovvero in italiano "Segnali dal futuro") ed in più ci sono altre inquietanti coincidenze che fanno ulteriormente sospettare che la tragedia ecologica sia stata pianificata dalle élite criminali che governano occultamente il nostro pianeta".
Prima di tutto, non è vero che il film “Knowing” preveda con esattezza l’incidente che si è verificato nel Golfo del Messico. Nello spezzone di TG che si vede nel film, …
Che il disastro ambientale causato dalla fuga di petrolio si rivelerà molto più grave del previsto, ormai lo hanno capito tutti.
Quello che resta da chiarire è di quanto sarà più grave, questo danno. “Solo” del doppio o del triplo, o stiamo forse parlando di una diversa magnitudine, cioè di una dimensione dei danni talmente catastrofica da non poterla nemmeno inquadrare in una qualunque “proiezione negativa”, per quanto accurata e pessimistica possa essere?
Di una cosa, per ora, possiamo essere certi: il silenzio mediatico su quello che davvero sta accadendo in Louisiana è totale, e questo purtoppo è un pessimo segno.
Già lo si comprendeva dalla fumosa solerzia con cui ogni sera i network americani si affannano a fingere di “tenerci aggiornati su quanto accade”, senza in realtà aggiungere nulla di nuovo a quanto già sappiamo: il petrolio continua ad uscire, la “campana” installata di recente riesce al massimo ad acchiapparne il 20%, ed ormai anche l’ultimo dei creduloni ha capito che non si potrà fermarlo finchè il nuovo pozzo “parallelo”, destinato a rilevare la pressione dell’intero giacimento, sarà stato completato. Si tratta cioè di perforare almeno 20.000 piedi di fondale marino, e per ora siamo arrivati solo a 7.000.
Come dicono da quelle parti, you do the math. I calcoli fateli voi.
Ma le cose, a quanto pare, stanno ancora peggio di quanto si riesca ad immaginare. Ieri il documentarista James Fox (“Out of the Blue”), che si trova attualmente in Louisiana, …
di Marco Cedolin
Il governo italiano ha scritto ieri l’ultima pagina della servile condiscendenza con cui il nostro esecutivo ha supinamente accettato il fatto che 6 connazionali siano stati prima rapiti in acque internazionali dall’esercito israeliano, poi illegalmente deportati in Israele ed infine trattenuti in carcere alcuni giorni, senza nessuna ragione plausibile che ne giustificasse il sequestro.
Nonostante la gravità dell’accaduto, che ha determinato il massacro di 9 civili inermi (sempre che il numero delle vittime resti fissato in questi termini) e la deportazione di 700 persone, il governo italiano ha infatti espresso ieri il proprio voto contrario (come già accaduto in merito al Rapporto Goldstone) alla decisione dell’Onu di aprire un’inchiesta internazionale sull’accaduto.
Dichiarando che sarebbe stata sufficiente un’inchiesta portata avanti dagli israeliani in autonomia. Loro hanno fatto il massacro ...
Divampa sui media mondiali la discussione sull’incidente della flotilla di attivisti attaccata da Israele. Che cosa trasportavano davvero? Erano attivisti o pacifisti? Si trovavano in acque internazionali, o hanno violato quelle israeliane? Chi ha spinto per primo gli altri in acqua? Perchè i pacifisti indossavano i giubbotti di salvataggio? Ecc. Ecc.
Ricordate la faccenda di Pio XII? Tutti a discutere su quanti ebrei abbia aiutato il Papa durante la guerra, mentre il problema da nascondere era tutt’altro: si chiama Jasenovac. Ebbene, il trucco è sempre lo stesso: qui non si tratta di domandarsi “che cosa” sia successo l’altra notte nelle acque di Gaza, ma “perchè” si sia arrivati al punto in cui una flotilla di attivisti è stata costretta a sfidare un blocco navale per portare aiuti a della povera gente?
Questo è il vero problema, e naturalmente nessuno lo affronta.
Perchè della gente comune, che nella vita ha ben altro da fare, si assume un impegno del genere, ...
di Marco Cedolin
L’altra notte l’esercito israeliano ha assalito le navi della Freedom Flotilla, a bordo delle quali si trovavano circa 700 persone di 40 nazionalità diverse, intenzionate a portare a Gaza 10mila tonnellate di aiuti umanitari, tra cui cemento, medicine, generi alimentari, e altri beni fondamentali per la popolazione, costretta a vivere all’interno di quello che Israele ha reso un vero e proprio lager per la segregazione di massa.
Il convoglio pacifista è stato attaccato dalle truppe speciali israeliane che a bordo di elicotteri e gommoni hanno abbordato le navi aprendo il fuoco e provocando una vera e propria carneficina, il cui bilancio provvisorio è di 19 morti e una trentina di feriti. I passeggeri sopravvissuti sono stati tratti in arresto e con tutta probabilità deportati in un campo di concentramento appositamente allestito in terra israeliana.
Anche di fronte a queste prime notizie confuse e frammentarie non può sicuramente sfuggire l’enormità di quanto accaduto ...
John Rengen Virapen ha fatto carriera nel mondo dell’industria farmaceutica. Partito come semplice rappresentante di medicinali, è arrivato a dirigere la filiale svedese della Eli Lilly, uno dei colossi farmaceutici mondiali che compongono la cosiddetta Big Pharma.
Dopo aver vissuto una vita da nababbo, dove nessun lusso gli era negato, Rengen è andato in pensione, si è sposato ed ha avuto un figlio. Solo vedendo il modo in cui la medicina ufficiale trattava suo figlio – racconta lui – si è reso conto della mostruosità di un meccanismo criminale di cui lui stesso aveva fatto parte per 35 anni.
Da qui il suo pentimento, e la decisione di denunciare pubblicamente (tramite un libro e una serie di conferenze) la vera natura dell’industria farmaceutica.
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Naturalmente, ci si domanda quanto difficile fosse per Rengen individuare questa natura già dieci o venti anni prima, e perchè mai abbia dovuto aspettare l’età della pensione …
Leggi tutto: Ripensare la marijuana. Due volte.