Se la definizione di “complottismo” è “vedere dappertutto trame oscure e cospirazioni” (anche, teoricamente, dove non ce ne siano), allora luogocomune non è mai stato così lontano da questo atteggiamento mentale.
Qui i fatti comprovati hanno sempre la precedenza sulle opinioni preconcette, e gli unici criteri ritenuti validi per analizzare questi fatti sono la logica e il buon senso. Altresì, definiamo (e condanniamo) come “dogmatismo” qualunque affermazione che non sia basata su premesse dimostrabili e razionalmente argomentabili. Ne consegue che anche il “complottismo”, nella accezione di cui sopra, sia una forma di dogmatismo da cui è necessario dissociarsi con il massimo delle nostre energie.
Prendiamo ad esempio il caso dell’esplosione della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico. Poichè un caso simile viene anticipato in un film del 2009 (“Knowing”), è immediatamente nata in rete la voce che l’episodio faccia parte di un “piano globale”, del quale qualcuno sarebbe stato a conoscenza prima che l’incidente si verificasse. Prendiamo ad esempio quello che ha scritto al riguardo un
blog italiano (*):
“La recente esplosione della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico è stata prevista esattamente nel film Knowing (ovvero in italiano "Segnali dal futuro") ed in più ci sono altre inquietanti coincidenze che fanno ulteriormente sospettare che la tragedia ecologica sia stata pianificata dalle élite criminali che governano occultamente il nostro pianeta".
Prima di tutto, non è vero che il film “Knowing” preveda con esattezza l’incidente che si è verificato nel Golfo del Messico. Nello spezzone di TG che si vede nel film, … … l’annunciatore dice: “Questa sera, nel Golfo del Messico, una esplosione su una piattaforma petrolifera ha scatenato un incendio che è stato domato dopo tre ore. I responsabili non conoscono ancora la causa dell’esplosione, ma sospettano un malfunzionamento nel sistema di raffreddamento”.
Non conosciamo il film, ma sembra evidente che questo incidente non causi nessun disastro ecologico, mentre sappiamo che la sorte della vera piattaforma è stata molto diversa. L’incendio non è affatto stato domato, e l’esplosione finale ha portato al crollo della struttura ed al suo completo affondamento. Questo ha provocato la rottura dei condotti di estrazione, con conseguente dispersione del petrolio in mare aperto.
Certo, rimane una curiosa risonanza fra l’episodio inventato e quello reale, ma è anche vero che a) la maggior parte delle piattaforme petrolifere americane si trova nel Golfo del Messico (le altre stanno quasi tutte in Alaska), e b) quello di esplosioni e incendi è semplicemente l’incubo numero uno di chiunque lavori su una di quelle piattaforme. Vivi perennemente a contatto con materiale combustibile ad altissime pressioni, e ti trovi isolato dal resto del mondo. Per un qualunque sceneggiatore di Hollywood immaginare un incidente del genere non solo non ha nulla di “profetico”, ma può addirittura risultare banale.
Ma è soprattutto sul “sospetto che la tragedia ecologica sia stata pianificata dalle élite criminali che governano occultamente il nostro pianeta” che nascono le nostre obiezioni più forti. Che esistano elites criminali che governano il nostro pianeta nessuno lo mette in dubbio, ma che possano aver pianificato un incidente del genere resta tutto da dimostrare.
Prima di tutto, sappiamo bene che queste elites basano la propria potenza, fra le altre cose, proprio sul petrolio, in un momento storico in cui l’esigenza di ricorrere a fonti alternative si fa sempre più forte. Non a caso le compagnie petrolifere stanno investendo miliardi in campagne pubblicitarie intese a trasformare la loro immagine da “sporchi inquinatori” del pianeta a “consapevoli benefattori” che ci donano ogni giorno energia pulita e salutare.
Provocare intenzionalmente un incidente del genere, che ha causato danni ambientali addirittura incalcolabili, sarebbe come spararsi una fucilata in bocca mentre si cerca di sfuggire alle pallottole del nemico.
Vi sono inoltre i dettagli della vicenda, emersi di recente, a smentire definitivamente l’ipotesi della catastrofe intenzionale. Come sappiamo, undici persone che lavoravano sulla piattaforma sono morte nell’incidente, ma altre cinque si sono salvate, e man mano che passano i giorni queste ritrovano la forza per raccontare non solo quello che è successo al momento della tragedia, ma anche nelle ore e nei giorni che l’hanno preceduta.
La trivellazione di quel pozzo era quasi conclusa, ma si era rivelata molto più ostica del previsto. “Sembrava che questo pozzo non volesse farsi scavare” ha detto uno dei sopravvissuti. “It felt as if we were messing with Mother Nature” (sembrava che stessimo disturbando Madre Natura), ha detto un altro. Le difficoltà avevano causato un ritardo complessivo di cinque settimane sul programma originale, ed ogni giorno di trivellazione aggiuntivo stava costando alla società imprenditrice (BP) circa 750.000 dollari, oltre mezzo milioni di Euro.
Il giorno prima dell’incidente si è presentato sulla piattaforma un dirigente della BP, che ha imposto agli uomini della Transocean (gli operatori materiali della trivellazione) un cambiamento nel programma, che prevedeva l’immissione nei condotti idraulici di semplice acqua marina, al posto della normale fanghiglia che proviene dal sottosuolo. Questo avrebbe accelerato le operazioni conclusive, ma avrebbe anche aumentato il rischio di un’esplosione, poichè l’acqua marina – molto meno densa del fango – non è in grado di esercitare la stessa pressione sulle uscite del pozzo.
Il responsabile della piattaforma (Transocean) si sarebbe opposto, citando motivi di sicurezza, ma l’uomo della BP è stato irremovibile: “Si fa così e basta”, avrebbe detto alla fine della riunione. Alla fine, sono loro che pagano, e nessuno ha potuto obiettare.
L’incidente sarebbe quindi nato da una classica “scorciatoia” operativa, molto simile a quelle che purtroppo vengono intraprese ogni giorno in tutti i cantieri del mondo, in cui si aggirano le norme di sicurezza per risparmiare sui costi, mettendo a rischio la salute e la vita di chi su quei cantieri ci lavora.
Tanto sanno bene, i “padroni”, che nessuno si lamenterà più di tanto. Come ha confermato uno dei sopravvissuti della piattaforma, “non avevamo scelta. Protestare avrebbe significato, prima o poi, il licenziamento. Era già successo, con uno di nostri che ha protestato, e alla fine è stato cacciato”.
Se quindi si cercano le “elites criminali” in episodi de genere, non occorre fare grandi acrobazie mentali nè arrivare ad ipotizzare “gerarchie occulte” chissà dove. Basta seguire il sottile profumo del denaro, scoprire a chi finisce in tasca, ed avrai trovato il tuo criminale.
Massimo Mazzucco
* Non è nostra intenzione criticare in particolar modo i responsabili di questo blog, di cui abbiamo riportato il testo solo perchè riassume al meglio l’attuale onda di pensiero “complottista” sull’incidente della piattaforma petrolifera. Potevamo trarre un esempio simile da chiunqure altro.