Che il disastro ambientale causato dalla fuga di petrolio si rivelerà molto più grave del previsto, ormai lo hanno capito tutti.
Quello che resta da chiarire è di quanto sarà più grave, questo danno. “Solo” del doppio o del triplo, o stiamo forse parlando di una diversa magnitudine, cioè di una dimensione dei danni talmente catastrofica da non poterla nemmeno inquadrare in una qualunque “proiezione negativa”, per quanto accurata e pessimistica possa essere?
Di una cosa, per ora, possiamo essere certi: il silenzio mediatico su quello che davvero sta accadendo in Louisiana è totale, e questo purtoppo è un pessimo segno.
Già lo si comprendeva dalla fumosa solerzia con cui ogni sera i network americani si affannano a fingere di “tenerci aggiornati su quanto accade”, senza in realtà aggiungere nulla di nuovo a quanto già sappiamo: il petrolio continua ad uscire, la “campana” installata di recente riesce al massimo ad acchiapparne il 20%, ed ormai anche l’ultimo dei creduloni ha capito che non si potrà fermarlo finchè il nuovo pozzo “parallelo”, destinato a rilevare la pressione dell’intero giacimento, sarà stato completato. Si tratta cioè di perforare almeno 20.000 piedi di fondale marino, e per ora siamo arrivati solo a 7.000.
Come dicono da quelle parti,
you do the math. I calcoli fateli voi.
Ma le cose, a quanto pare, stanno ancora peggio di quanto si riesca ad immaginare. Ieri il documentarista James Fox (“Out of the Blue”), che si trova attualmente in Louisiana, … … ha telefonato ad una radio privata, rilasciando una testimonianza davvero allarmante. Questa è la sintesi:
“Siamo a circa 5-10 miglia da Grand Isle, che è considerata l’epicentro del disastro ecologico. Il cielo è pieno di elicotteri, la Chevron ha una intera flotta di elicotteri che vanno e vengono. Qui si ha la chiara sensazione che a comandare siano le compagnie petrolifere, e non il governo americano. Lo spazio aereo è stato chiuso, e nessuno può sorvolare la zona per fare fotografie o riprese dall’alto. Tutti in giro portano dei distintivi, che sembrano indicare quelli che lavorano alle operazioni di bonifica. La gente evita il nostro sguardo. Ti senti osservato da ogni parte, ma appena guardi nella loro direzione abbassano gli occhi a terra, come se non volessero avere niente a che fare con te. Sono entrato in uno shop, ho ordinato qualcosa, e ho cercato di scambiare due parole con i presenti. Alla fine ho fatto amicizia con due ragazzini, il cui padre sta lavorando alle operazioni di bonifica, e uno di loro mi ha detto “C’è sotto molto di più di quello che si vede da fuori, in questa faccenda del petrolio. I media non riportano nemmeno un decimo di quello che succede davvero”. Pare che chiunque si aggiri con macchine fotografiche o cineprese venga immediatamente arrestato, e che la stessa sorte attenda anche chi si azzardi solamente a farsi intervistare da un qualunque reporter. La gente qui sembra letteralmente pietrificata dalla paura”.
Faccio notare che proprio qualche ore prima, guardando la TV, mi ero reso conto della completa mancanza di interviste agli abitanti della zona: si sentono parlare i vari personaggi della guardia costiera, i sindaci delle città e i governatori delle contee, e ogni tanto si fa vivo persino qualcuno della BP. Ma degli abitanti della zona nemmeno l’ombra, è come se la zona fosse disabitata. E ora che abbiamo sentito James Fox, ne sappiamo il motivo.
Che cosa nasconde questo completo black-out mediatico?
Prima di chiudere, Fox ha detto che in mattinata avrebbe cercato di raccogliere altre informazioni dagli abitanti locali, anche se la loro reticenza a parlare è talmente vistosa che non era certo di riuscire a saperne qualcosa di più.
Se ci saranno novità da parte sua aggiorneremo l’articolo.
Massimo Mazzucco
La
testimonianza di James Fox.
(Grazie a
Trimegisto per la segnalazione).