- Messaggi: 1221
- Ringraziamenti ricevuti 248
Nuova Cronologia
Faccio notare la somiglianza tra il volto attribuito ad Alessandro Magno ed il David di Michelangelo. La storia del piccolo Davide che uccide il gigante Golia si addice al piccolo regno di Macedonia che sconfigge il gigantesco Impero Persiano.la nostra ricostruzione rende le informazioni di Remezov ragionevoli e credibili, poiché lo Zar Alessandro di Macedonia è vissuto nel XV-XVI secolo, l’epoca della grande conquista Ottomano = Ataman
Il padre di Solimano il Magnifico, Selim I, non assomiglia ad Alessandro. Ma il padre di Selim, Bayezid II, somiglia a Filippo.
geneall.net/en/name/533055/bayezid-ii-su...-the-ottoman-empire/
www.warfare.it/documenti/filippo_ii.html
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Cap. 13 volume 4 di "History: Fiction or science?"
Le immagini a cui si riferisce il testo si possono trovare nel pdf:
archive.org/stream/AnatolyFomenkoBooks/H...4#page/n401/mode/2up
5.2. Le origini delle cifre arabe utilizzate per la notazione posizionale
D. J. Struik riporta: “I simboli utilizzati per trascrivere le cifre nella notazione posizionale sono state diverse; comunque si può distinguere tra due tipi primari – i simboli Indiani usati dagli Arabi Orientali, le cosiddette cifre gobar (o gubar) usate dagli Arabi Occidentali in Spagna. Simboli del primo tipo sono ancora usati nel mondo Arabo; anche il sistema moderno, sembra derivato dalle gobar” ([821], pag. 89).
Il problema delle origini della “notazione Araba rimane ancora un mistero per la storia della scienza Scaligeriana. Ci sono diverse teorie a proposito – quella di Vepke, per esempio, che suggerisce che i simboli siano arrivati nell’Occidente nel presunto V secolo d.c. da Alessandria grazie ai neo-Pitagorici ([821], pag. 90) . Un altra teoria è stata esposta da N. M. Boubnov; sostiene che i simboli “gobar” sono di origine Greco-Romana ( [821 ] , pag. 90). Comunque nessun sistema fa riferimento ai predecessori dei familiari numeri Arabi. Si dice siano derivati dagli antichi (come dire “dimenticati”) simboli Greco-Romani e, alternativamente, Alessandrini – anch’essi dimenticati e perciò sconosciuti.
V. V. Bobynin, il famoso ricercatore Russo di storia della matematica dice: “La storia dei nostri simboli numerici è un insieme di assunti sparpagliati da congetture arbitrarie che hanno preso consistenza assiomatica dovuta all’uso di metodi suggestivi” (citato da [989], pag. 53). Gli autori dell’Enciclopedia ( [989] ) riportano diverse teorie riguardo l’origine dei numeri Arabi, concludendo con la seguente profonda osservazione: “Perciò non abbiamo ancora nessuna valida ipotesi che spieghi in modo soddisfacente le origini dei numeri che usiamo” ([989], pag. 53).
Noi preferiamo l’ipotesi che offre la spiegazione più semplice. Una volta che l’abbiamo ponderata adeguatamente lasciando perdere i dati scolastici Scaligeriani, l’origine dei “numeri Arabi” diventa piuttosto ovvia. Identifichiamo l’immediato predecessore del sistema posizionale nel sistema di notazione semi-posizionale Greco-Slavo qui sotto; è ovvio che la versione usata era Slava e basata sul sistema stenografico Russo del XVI secolo. Tutto ciò è probabilmente accaduto nel XVI secolo, l’epoca in cui il sistema posizionale fu scoperto, qv. Sopra. Approfondiamo i dettagli qua sotto.
Il sistema usato in Russia prima dell’invenzione sistema posizionale era semi-posizionale, con tre segni diacritici esistenti per ogni simbolo decimale [782], edizione 1, pag. 16). Uno di questi segni significa cifre dell’unità, un altro per cifre decimali e il terzo stava per le centinaia, qv in fig. 13.38. Lo zero era del tutto assente.; comunque, siccome il simbolo dell’unità differiva da posto a posto, l’indicazione del posto sarebbe stata contenuta nel simbolo effettivo. Questo avrebbe permesso di realizzare tutte le operazioni aritmetiche con interi più piccoli di mille. Gli interi più grandi di mille richiedevano l’uso di simboli speciali (vedi fig. 13.38). I caratteri Cirillici sono serviti a questo scopo.
Facciano alcuni commenti circa la tabella in fig. 13.38. Per esempio la figura dell’uno avrebbe potuto essere rappresentata in tre modi:
1) La lettera A se la figura in questione stava per la cifra dell’unità.
2) La lettera I se la figura stava per le decine.
3) La lettera P se la figura stava per la cifra delle centinaia.
Per esempio 101 sarebbe stato scritto PA. Il sistema posizionale moderno utilizza lo zero per questo numero, ma non c’erano zeri nell’antico sistema di notazione semi- posizionale Slavo; comunque, proprio le lettere utilizzate dimostrano che una di loro rappresenta la cifra dell’unità e l’altra sta nel posto delle centinaia
Perciò, la trascrizione di interi tra l’1 e il 1000 avrebbe richiesto il triplo dei simboli che utilizziamo oggi. (nove se non contiamo lo zero) - 27 caratteri Cirillici con tre caratteri che prendono la parte di una cifra singola. La tabella in fig. 13.38 ordina questi 27 caratteri in tre linee; vediamo tre differenti caratteri Cirillici sotto ogni numero “Arabo”. Le altre quattro linee ripetono la prima; i caratteri sono accompagnati da simboli speciali che rappresentano i posti rimanenti (tra le migliaia e i milioni). Non viene usata nessuna lettera.
Come è successo che il sistema di cui sopra sia stato sostituito dal successore posizionale,completo di zero e altro? Questo avrebbe richiesto la selezione di nove simboli dai 27 – uno di questi per “1”, un altro per “2” e così via. I numeri Arabici derivano da caratteri alfanumerici Slavi e Greci dopo l’invenzione dello zero. La seconda lettera dell’alfabeto Slavo veniva presa al posto della seconda lettera dell’alfabeto Greco. Ed è precisamente quello che è accaduto. Come vedremo più sotto, questo ha permesso la creazione dei “numeri Arabi” usati oggi, il che rende ovvio che i loro inventori usavano la notazione semi-posizionale Greco-Slava. Inoltre, molti dei “numeri arabi” sono basati sulla versione stenografica di lettere Cirilliche come venivano usate nel XVI secolo. Questo può solo significare una cosa – gli inventori dei “numeri Arabi” conoscevano bene quelli Russi, e la scrittura stenografica del XVI secolo era qualcosa a loro familiare. Questo elimina il “grande mistero” della storia Scaligeriana, rendendo evidente l’origine dei “numeri Arabi”. Noi crediamo che siano derivati dalla versione stenografica delle “lettere numerali” Greco-Slave usate dai Russi nel XVI secolo. Inoltre, altri dettagli cdi cui parleremo inseguito dimostrano che i “numeri Arabi” erano la scrittura stenografica e non Greca – in quanto i due alfabeti sono leggermente differenti.
Consideriamo ora la tabella in fig. 13.39, trattando ogni figura separatamente.
1) La figura dell’uno. Il simbolo scelta per rappresentare la figura dell’uno è la lettera I che precedentemente stava per le dieci cifre, la più semplice delle tre. È evidenziata in fig. 13.39; la versione finale è stata la figura Indo-Arabica dell’1.
2) La figura del due. Questa figura deriva dalla B – la seconda lettera dell’alfabeto Slavo. Non esiste nell’alfabeto Greco, dove abbiamo A seguita da B, che è derivata da un inversione della B nella stenografia (vedi fig. 13.39). È così che la familiare figura del due è nata. L’autore del nuovo sistema numerico chiaramente dimostra la preferenza per l’alfabeto Slavo piuttosto che per quello Greco.
Considereremo la figura del tre più avanti, poiché il simbolo che lo rappresenta è stato scambiato con la figura del sette.
4) La figura del quattro. Questa figura viene usata in due versioni – chiusa e aperta. La prima deriva dalla lettera Slava Д, che troviamo utilizzata come la cifra dell’unità e la seconda – dalla lettera Slava У, che rappresenta il 4 nel posto delle centinaia, qv in fig. 13.39. Quest’ultima è dunque l’ovvio precursore della figura Indo-Arabica del quattro.
Ometteremo la figura del cinque, del sei e del sette per il momento, poiché la loro posizione è stata riorganizzata
La figura dell’otto. Deriva dall’Omega Slava che stava per la figura dell’otto al posto delle centinaia. La lettera è ruotata di 90 gradi, qv in fig. 13.39; è così che la figura “Indo-Arabica” dell’8 è nata.9) La figura del nove. La cifra “Indo-Arabica” in questione si identifica come la versione non-standard del nove nel posto delle centinaia che veniva usata solo in Russia. La notazione Greco-Slava usava la lettera ц a questo proposito; comunque i Russi impiegavano anche la lettera я. La vrsione stenografica della lettera è di fatto la figura del nove con un tratto extra, che la trasforma nel numero “Indo-Arabico” che usiamo oggi (vedi fig. 13.39). Questa versione stenografica fu canonizzata durante la riforma di Pietro e usata da allora con leggere modificazioni. In fig. 13.40 riproduciamo un campione di scrittura stenografica Russa che data ai primi del XVII secolo ([791], edizione 19, nota). Quello che vediamo è la parola Russa per bandiera, znamya; la sua lettera finale è R.
Consideriamo ora le figure “Indo-Arabiche” del tre,cinque, sei e sette.
3 e 7) Tre e sette. La figura “Indo-Arabica” del 3 deriva dalla versione stenografica Russa della lettera 3, che è stata utilizzata per rappresentare il sette come cifra delle unità (vedi fig. 13.39). Vediamo la lettera e il numerale assolutamente identici! Come la figura “Indo-Arabica” del 7, deve la sua esistenza alla lettera Russa T in stenografia, che ha rappresentato il tre nella cifra delle centinaia (vedi fig. 13.41). Perciò, il simbolo usato per il 3 e 7 è stato scambiato per qualche motivo.
5 e 6) Cinque e sei. La figura “Indo-Arabica” del 5 ha origini dalla versione stenografica della lettera Russa zelo, un tempo usata per rappresentare il sei come cifra delle unità (vedi fig. 13.39). Inversamente, la figura “Indo-Arabica” del sei deriva dalla lettera Slava E nella scrittura stenografica, che una volta rappresentava la figura del cinque come cifra delle unità (effettivamente, la versione stenografica è molto vicina alla lettera E nel corsivo del moderno Russo). Gli inventori della scrittura “Indo-Arabica” hanno semplicemente utilizzato una riflesso specchiato della lettera Slava E per la figura del sei. In fig. 13.42 si vede un altro esempio di scrittura stenografica Russa del primo XVII secolo, nella quale la lettera E al termine della parola velikiye (“i grandi”) è trascritta come la figura specchiata del 6 ( [787], edizione 7). Le figure del cinque e del sei sono state anche scambiate in maniera piuttosto strana, come le figure del tre e del sette.
0) Zero. Il numero usato per lo zero è di particolare interesse per noi, poiché l’introduzione del nuovo sistema di notazione divenne possibile solo dopo l’invenzione dello zero., che sta per una cifra mancante, o uno spazio vuoto. Zero viene usato come una specie di segnaposto; il simbolo usato è molto probabilmente l’abbreviazione di una parola. Quale esattamente? Se si presume che la parola in questione sia Slava la spiegazione è piuttosto semplice. Secondo V. Dahl, la preposizione o è la forma arcaica della moderna preposizione Russa ot ([223], Volume 2, colonna 1467). Questa preposizione viene comunemente usata per riferirsi a un’assenza di qualche cosa; il dizionario etimologico ci dice che ot è “un prefisso verbale che porta il concetto di cessazione, distanza o rimozione” ( [955] , Volume 1, pag. 610). Avrebbe perciò un senso indicare l’assenza di una cifra con un simbolo che ricorda la lettera O. Evidentemente è da qui che nasce lo zero.
È anche possibile che nol, la parola Russa per “zero”, sia derivata dalle parole dell’antico Russo noli e nolno. La parola è oggi obsoleta, ma è stata usata comunemente fino al XVII secolo come un avverbio restrittivo che si può tradurre come “non prima di”, in particolare ([789], pag. 421). Gli Zero nella notazione posizionale possono anche essere visti come simboli restrittivi, che precludono alle cifre vicine l’occupazione dello spazio di quella mancante. La vecchia notazione semi-posizionale si limiterebbe a sommare tutte le cifre e omettere i posti vuoti – da cui la necessità di usare tre simboli per la trascrizione di una singola cifra per distinguere tra unità, decine e centinaia. Questo non avviene nel sistema posizionale a causa dell’uso degli zeri, che vengono utilizzati per tenere le cifre al loro proprio posto. È perciò possibile che lo zero sia stato visto inizialmente come un simbolo restrittivo, essendo il suo nome Russo (“nol”) un logico derivato dell’avverbio descrittivo nolno usato nell’Antico Russo. I due suoni sono molto simili.
A parte questo, l’antica parola Russa noli è stata usata per riferirsi a un concetto irrealizzabile, o una possibilità che non accadrà mai, come uno può facilmente vedere per esempio dalla seguente frase in Russo Antico: “pomyshlyal yesm v sebe: noli budu luchii togda, no khud yesm i bolen” ([789], pag. 420). La frase si traduce con “Ho pensato che sarei stato meglio, ma sono magro e malato”. La parola in Russo Antico “noli” usata in questo senso colpisce gli autori come un possibile antenato del nuovo nome del simbolo, “nol”. Lo zero può anche essere interpretato come simbolo di una “possibilità non realizzata”, che possiamo percepire come la mancata opportunità di utilizzare una cifra con un valore numerico esplicito al posto dello zero. Lo zero ci dice che lo spazio che occupa è privo di valore numerico che in teoria avrebbe potuto avere.
Uno può naturalmente tentare di tracciare le origini dello simbolo dello zero (
dalla parola Latina “ov”, che si può tradurre come “al posto di” ([237], pag. 684). E tuttavia ci si può chiedere se questa “antica” parola Latina possa derivare dal prefisso slavo ob , che costituisce parte della parola Russa obmen, “scambio”. Molte delle “antiche” parole Latine sono state originariamente importate dallo Slavonico come dimostriamo nel nostro Glossario dei Parallelismi (vedi Chron7).E così, il nome della nuova cifra (“nol”, cf. le parole inglesi “null” e “nil” la parola Tedesca “Null” ecc), è molto probabilmente di origine Slavonica. Similmente i nuovi numeri “Indo-Arabi” non sono che versioni leggermente modificate di lettere di Russo Antico che erano una volta usate come numerali. La notazione posizionale è quindi una scoperta relativamente recente che difficilmente precede la fine del XVI secolo – un lontano grido di dolore dal Medio Evo, o l’epoca in cui si presume sia stato inventato nella versione fallace della cronologia Scaligeriana.
Concludiamo con la seguente osservazione. È teoricamente possibile cercare lettere che assomiglino ai numeri “Indo-Arabi” in altri alfabeti. Comunque è necessario sottolineare che antichi alfabeti scelti casualmente non sono probabilmente adatti allo scopo. La scoperta di lettere che “assomigliano a numeri” in un dato alfabeto è certamente possibile. L’obiettivo è scoprire simboli alfabetici che fossero realmente usati come numeri nel Medio Evo. A parte questo, data la natura conservativa delle indicazioni nel loro insieme, i simboli usati nella nuova notazione devono corrispondere ai rispettivi valori degli antichi “numeri alfabetici”. Pensiamo che questo sia il caso dell’alfabeto Greco-Slavo e dei numeri “Indo-Arabi”. Non ha senso considerare simboli arbitrari da altri alfabeti che non sono mai stati utilizzati come numeri.
La conclusione a cui siamo giunti, cioè che la convenzione dello zero sia della fine del XVI secolo e non prima, è in perfetta coincidenza con il seguente fatto storico, conosciuto universalmente e del tutto incomprensibile dal punto di vista Scaligeriano. Si suggerisce che lo zero sia stato inventato nella “profonda antichità”. Comunque è stato fatto notare anche nel XVI secolo, nessun matematico considerasse lo zero come una radice dell'equazione ([219], pag. 153). In più, specialisti di storia della scienza riportano come l’idea naturale di rendere la parte esatta di una data equazione uguale a zero risale al tardo XVI – inizio XVII secolo e non prima ([219], pag. 153). E poi ci viene detto che il concetto di zero sia stato introdotto diverse centinaia di anni prima: “La radice dell’equazione uguale a zero è stato un concetto alieno per la scienza matematica del Rinascimento. La forma canonica delle equazioni fu inventata dall’inglese Thomas Harriot (1580-1621) nel suo libro intitolato L’Applicazione dell’Arte Analitica” ( [219], pag. 153). Questo può solo significare una cosa, e cioè che l'espressione numerica che rappresentasse lo zero non esisteva prima della fine del XVI secolo. Difficile un’altra spiegazione.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
nicovalerio.blogspot.com/2010/08/storia-...-strani-modi-in.html
"fino al Medioevo, la scuola e la pratica di bottega avevano reso popolare tale sistema di numerazione, noto come “figure d’abaco”, gli "apici" di cui parla una nota probabilmente apocrifa del trattato Geometria di Boezio. Tanto che quando Guido d'Arezzo, nel suo Trattato sul computo, e soprattutto Leonardo Fibonacci, nel suo Liber abbaci (1202), codificarono il sistema posizionale utilizzando le cosiddette cifre “arabe”, si può ritenere che l'Europa fosse già preparata da tempo alla novità.
…] Certo, a noi moderni anche i nomi di queste strane figure di numeri, dall'1 al 9, sembrano insieme esotici ed esoterici: Igin, Andras, Ormis, Arbas, Quimas, Calcus, Zenis, Temenias, Celentis. Le forme per noi più misteriose, probabilmente residui di antichi significati alchemici o magici, sono quelle che si intravvedono nelle figure di Ormis e Arbas (equivalenti al 3 e al 4). Però, ad osservare attentamente le singole figure, cogliamo impressionanti somiglianze con i nostri numeri in ben sette numeri su dieci (1, 2, 3, 6, 7, 8 e 9) e una più vaga somiglianza nel numero 5."
Ma...
Arbas, quimas e temenias equivalgono agli analoghi ebraici arbà, chamesh e shmnone. Igin ricorda il giapponese "icc" o "ici".
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Ma...
quindi ANDRAS CELENTIS è 2-9 !!
Ma pensa te 'sto qui…
A cosa si riferisce?
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
-
Metto qui un'altra cosa che avevo scritto -
Quando si è scoperta la sfericità della Terra? Gli uomini non avvertono alcuna sfericità con la vista e all’inizio avranno pensato di vivere su un piano. A causa del tramonto e dell’alba, però, avranno pensato che ad un certo punto la Terra finisse e che il Sole ci passasse sotto.
Noi però sappiamo che il Sole non va sotto la Terra, perché non è mai contemporaneamente buio in tutto il mondo: quando vediamo il Sole scendere, sappiamo che in realtà si trova sopra ad altri territori. Ma noi lo sappiamo solo perché conosciamo l’esistenza di questi altri territori e sappiamo che quando noi ci troviamo al buio là è giorno e viceversa. Quindi prima di poter acquisire a livello di massa il dato della sfericità del nostro pianeta, era necessario aver già scoperto ed esplorato quei territori.
Questo però è successo solo dopo l’epoca di Cristoforo Colombo.
Effettivamente una volta dicevano che nel medioevo la gente credeva che la Terra fosse piatta e che Colombo era uno dei pochi a conoscerne la sfericità, per cui dovette affrontare i dotti di Salamanca per convincerli che si poteva raggiungere l’Oriente viaggiando verso Ovest. Nel libro "Cristoforo Colombo; storia della sua vita e dei suoi viaggi sull' appoggio di documenti autentici raccolti in Ispagna ed in Italia del conte Roselly de Lorgues" leggiamo:
"credevano fermamente che la Terra era il corpo più vasto della creazione visibile, il centro fisso dell' universo; quindi trovavano cosa naturalissima che il Sole girasse intorno ad essa: per la sua massa poi, la Terra superando tutti gli astri, essa sola era lo scopo dei loro diversi movimenti. Altri reputavano che la Terra era un circolo piatto, od un quadrilatero immenso , limitato da una massa d' acqua incommensurabile. Gli uni ammettendo la forma quadrangolare o circolare, ma sempre piatta della Terra , limitavano l'estensione dei mari al settimo della sua parte solida: gli altri, non fabbricandosi alcun sistema, giudicavano qual sogno qualunque idea contraria agli antichi autori […] Alcuni membri della Giunta obbiettarono alle sue deduzioni diversi passi delle Sante Scritture, che applicavano molto male, e frammenti tronchi di alcuni scrittori ecclesiastici contrari al suo sistema. Varii professori « cathedraticos, » stabilirono per maggiore e per minore che la Terra è piatta come un tappeto, e che non potrebbe esser rotonda, dacché il salmista dice: «Distendendo il cielo come una pelle, » extendens cwhim sicut pellem; il che sarebbe impossibile se la Terra fosse sferica. Lor si opponevano le parole di san Paolo, il quale paragona i cieli ad una tenda spiegata al di sopra della Terra, ciò ch'esclude la rotondità. Altri, meno rigidi, o meno estranei alla cosmografia, sostenevano, che, ammettendo la rotondità della Terra, il progetto di andare in cerca delle regioni abitate nell'emisfero australe era chimerico, perch'esso giaceva occupato dal mare tenebroso, golfo formidabile e senza limite: che se, per buona ventura, una nave mossa in quella direzione giungesse a toccar le Indie, non se ne potrebbe aver mai notizie, perchè questa pretesa rotondità della Terra formerebbe un ostacolo insuperabile al suo ritorno , per favorevoli che si supponessero i venti"
Da questo resoconto ottocentesco, sembra che nel quindicesimo secolo gli eruditi non fossero affatto certi della sfericità della Terra e che anche chi era disposto ad prenderla in considerazione non avesse le idee chiare a riguardo.
Infatti nell’opera di Niccolò Copernico “De revolutionibus orbium caelestium” del 1543 è presente un capitolo titolato "Perché la Terra è sferica" in cui l’autore evidentemente sente il bisogno di spiegare ai seppur pochi indecisi le ragioni di questa convinzione, segno che essa non era ancora completamente accettata www.saveriocantone.net/profcantone/fisic...BUS_sottolineato.pdf
Se questo fosse davvero stato acquisito da millenni, perché rispiegarlo?
Per cui credo che tutte i riferimenti ad una assodata sfericità della Terra precedenti al quindicesimo secolo siano falsi o retrodatati.
Inoltre, una volta che la terra viene considerata anch'essa una sfera come gli altri corpi celesti, non può passare molto tempo prima di avere l’idea che anch'essa, come gli altri, possa girare intorno a qualcosa. Per cui, secondo me, passò solo qualche decennio tra la scoperta dell'America, l'accettazione della sfericità della terra ed infine l'eliocentrismo.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Inoltre, una volta che la terra viene considerata anch'essa una sfera come gli altri corpi celesti, non può passare molto tempo prima di avere l’idea che anch'essa, come gli altri, possa girare intorno a qualcosa. Per cui, secondo me, passò solo qualche decennio tra la scoperta dell'America, l'accettazione della sfericità della terra ed infine l'eliocentrismo.
Se l’Orda era arrivata a dominare su tutte le terre che arrivano allo stretto di Bering da Ovest e da Est, un’idea della sfericità della terra dovevano averla ben chiara. Colombo sembra proprio un false flag d'annata.
www.nocensura.com/2014/10/la-bufala-di-cristoforo-colombo.html
Partiamo dallo storico Gavin Menzies, che ritiene che la mappa del 1418 - qui di lato raffigurata - dimostri chiaramente che il Nuovo Mondo è stato scoperto dai cinesi - dall'ammiraglio Zheng He - circa 70 anni prima di Colombo
La Cina era parte dell'Orda...
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Partiamo dallo storico Gavin Menzies, che ritiene che la mappa del 1418 - qui di lato raffigurata - dimostri chiaramente che il Nuovo Mondo è stato scoperto dai cinesi - dall'ammiraglio Zheng He - circa 70 anni prima di Colombo
La California è raffigurata come un'isola. I cinesi quindi, arrivando da est, avrebbero commesso lo stesso errore degli europei che esplorarono l'America partendo da ovest...
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
per le mappe: archive.org/stream/AnatolyFomenkoBooks/H...4#page/n349/mode/2up
È solo dopo la vittoria dei Romanov su Pougachev che i cartografi Europei “recuperarono” la corretta geografia, presumibilmente “tornando” alle corrette concezioni del presunto XVI secolo.
Ogni cosa è perfettamente chiara. Tutte le lussuose e dettagliate carte del presunto XVI-XVII secolo sono sia falsi disegnati per sembrare “antichi” e fatti nel XVIII-XIX secolo, o autentiche carte del XVIII-XIX secolo con date errate. I cartografi del XVIII secolo non hanno mai “dimenticato” e “ricordato” alcunché – la geografia corretta della Siberia e del Lontano Oriente gli divennero noti solo dopo il 1773-1775, quando l’esercito dei Romanov incominciò l’invasione della Siberia e l’esercito degli Stati Uniti ebbe alla fine l’opportunità di conquistare il Nordovest Americano. Questo portò alla creazione delle carte che sembravano come questa: Chart NW Coast of America e NE Coast of Asia. Eng. - T. Hartman. Ed. Strahan. Londra, 1782 (presentata alla mostra delle carte Russe compilata nel XVII-XVIII secolo organizzata nel 1999 dal Private Collection Affiliate of the Pushkin Museum in Moscow).
Questa carta già disegna la linea di costa della Kamchatka e il Nordovest Americano correttamente come lo stretto che separa l’America dall’Asia. Comunque non vediamo dettagli relativi alle parti più interne di entrambi i continenti, solo grandi spazi. Questo è facile da capire poiché né i Romanov né gli americani erano riusciti a colonizzare questi territori nel 1782.
Studiamo adesso il fondamentale atlante delle antiche carte Americane compilato da Edward Van Ermen e intitolato The United States in Old Maps e Prints ([1116]). Possiamo facilmente seguire l’evoluzione delle idee che avevano i cartografi Europei sulla Costa Ovest del Nord America – in particolare sulla California. Si scopre che praticamente ogni carta del XVIII secolo contenuta nell’atlante ([1116]) definisce indiscutibilmente la California come un’isola, riferendosi alle ultime scoperte fatte dalle avanguardie della scienza geografica. Questo è un errore grave L’ultima carta di questo tipo è datata dall’atlante 1740 ([1116]). La successiva carta geografica è del 1837 – un secolo dopo. Questa carta del XIX secolo già disegna la California e la Costa Ovest correttamente. Il nome “Stai Uniti d’America” appare anch’esso per la prima volta. Dobbiamo segnalare il seguente fatto che consideriamo davvero piuttosto strano. L’atlante [1116]) non contiene una singola carta della Costa Occidentale del Nord America che dati all’epoca tra il 1740 e il 1837. L’intervallo è piuttosto grosso – una lacuna cartografica centenaria!
Normalmente veniva pubblicata una nuova carta geografica ogni dici anni. Tra il 1666 e il 1740.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Seguendo questo ragionamento, la bella mappa a cui ha fatto riferimento e che non conoscevo è quindi - probabilmente - un falso successivo e retrodatato. L’ipotesi di Fomenko è che i cartografi parlassero tra loro e quando c’era una scoperta nuova venissero, il più velocemente possibile, aggiornate tutte le carte e che non sia possibile il contrario e cioè che da una carta molto particolareggiata come la "Suite de la Carte de La Siberie Et le Pays de Kamtschatka" si tornasse poi nell’Enciclopedia Britannica, vent’anni dopo, a carte povere di indicazioni per le stesse zone. Per quanto non abbia particolare simpatia per gli inglesi penso che gli editori di quelle carte dell'Enciclopedia avrebbero dovuto sapere se in Francia qualcuno aveva già pubblicato lavori più precisi.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Fomenko porta acqua al suo mulino per erigere la sua nazione al di sopra di ogni altra, senza alcun fondamento storico che non sia da lui stato manomesso. Egli non tiene conto della mole dei documenti, datati anche dai filologi, che affonda ogni sua teoria. Per quel che concerne le stampe invece, è bene che Fomenko sappia (e secondo me o non so o non vuol sapere -è un matematico, non uno storico specializzato in cartografia-) che nell'arte, la stampa rappresenta quel campo artistico dove il problema del falso è limitato e perfettamente riconoscibile. Un esperto oggi può dire con assoluta certezza se l'oggetto da lui studiato è stato tirato da piastra originale, se quindi è un falso od una copia e se l'edizione è fallace o autentica; segni sulla piastra ecc. Fomenko, stimato matematico (e nessuno lo metto in dubbio), non studia approfonditamente le tecniche della stampa, così come della numismatica. Egli asserisce che le monete romane furono coniate in epoca feudale? Allora dovrebbe fare una ricerca negli archivi delle vecchie zecche, italiane e non e vedrà che sì nel Medioevo vi fu una fiorente crescita del conio, specialmente nei secoli che vanno dal XII al XV secolo, ma ogni emissione era, com'è, perfettamente registrata. Inoltre l'iconografia monetale antica è ben lungi dall'essere paragonata a quella medievale, anche in termini religiose. Gli esami metallurgici (SEM - EDS - XRF - RL OM BSE elettroni retrodiffusi) danno una risposta, oltre alla stratigrafia (in merito a ciò l'esperto si assicura dell'accuratezza geologica del terreno che scava) del periodo monetale. Monete come stampe vengono sempre confrontate e analizzate.
Per quel che concerne l'ultimo argomento, quello monetale, vorrei chiederti -visto che sei un estimatore di Fomenko- : oltre all'impressionante aumento di conio in epoca feudale (per ovvie ragioni che non vado ad elencare storicamente, anche perché, purtroppo, non mi sembra la zona adeguata per parlare seriamente di storia), su quali basi poggia la teoria -poiché è solo tale- che la monetazione romana (ed è colossale ed enormemente varia, quindi lascia traccia) abbia una appartenenza medievale?
Spero di rispondere in poche ore, pur non entrando spesso.
Buona giornata a tutti
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Italo ha scritto: "Suite de la Carte de La Siberie Et le Pays de Kamtschatka"[/url]si tornasse poi nell’Enciclopedia Britannica, vent’anni dopo, a carte povere di indicazioni per le stesse zone. Per quanto non abbia particolare simpatia per gli inglesi penso che gli editori di quelle carte dell'Enciclopedia avrebbero dovuto sapere se in Francia qualcuno aveva già pubblicato lavori più precisi.
Non vi è alcuna prova di falsi e manomissione della stampa "Suite de la Carte de La Siberie Et le Pays de Kamtschatka"
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Per quanto riguarda la Kamchatcka, supponiamo di concludere che Fomenko abbia sbagliato, a cosa porterebbe questa conclusione? Una mappa della Kamchatka mi sembra un dettaglio troppo piccolo per poter iniziare a demolire la nuova cronologia.
Che ne dici invece del mappamondo di Hanns Rüst?
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Fomenko porta acqua al suo mulino per erigere la sua nazione al di sopra di ogni altra, senza alcun fondamento storico che non sia da lui stato manomesso. Egli non tiene conto della mole dei documenti, datati anche dai filologi, che affonda ogni sua teoria.
... è un matematico, non uno storico specializzato in cartografia...
... purtroppo, non mi sembra la zona adeguata per parlare seriamente di storia
Credo che affermazioni del genere facciano finire qualsiasi discussione in un vicolo cieco. Fomenko non è il portatore della Verità e certamente quello che ipotizza deve essere messo in discussione ma mi sembra poco utile attaccarlo per le ipotesi che lui stesso sottolinea dovrebbero essere verificate ulteriormente. Non è questo il punto, a mio parere. Il fatto è che Fomenko ha elaborato una serie di metodi, che spiega dettagliatamente per chi volesse verificarli, che sono “scientifici” al cento per cento ossia verificabili e riproducibili al contrario di quanto dice wikipedia (o il Cicap?). I metodi usati dimostrano in modo chiaro che la storia fino al 1600 è un copia incolla ripetuto di uno stesso periodo. Nel buco che si forma nel nostro passato potrebbe esserci di tutto e questo è senz’altro destabilizzante.
Questo è i nocciolo della questione e su questo bisognerebbe smentirlo ma finora nessuno lo ha fatto per quanto ne so. La griglia che ha costruito (e che è stata verificata dallo stesso con metodi incrociati di cui dà largamente conto) gli permette di muoversi facilmente da un campo all’altro il che non toglie che possono esserci anche sviste gravi su questioni che definirei secondarie.
Per quanto riguarda la carta non so se siano state fatte verifiche ma sarai d’accordo che una cosa che non sia stato dimostrato che è falsa non diventa automaticamente vera.
Sulla numismatica conto di raccogliere qualche informazione che posterò qui a breve. Sarebbe comunque molto utile se le contestazioni alla sua teoria fossero il meno generiche possibile.
Per chi volesse contribuire alla discussione.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
- CharlieMike
-
- Offline
- Utente
-
- Messaggi: 3931
- Ringraziamenti ricevuti 573
Marforio è stato espulso da Redazione.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
2 . L’identità dei Kagani
Il problema dei Kagani in generale, e il famoso “Kaganato dei Kazari” in particolare, è uno dei più intriganti e controversi argomenti della antica storia Russa. Ricordiamo al lettore che la storia Romanoviana presenta il cosiddetto Kaganato dei Kazari come uno stato ostile alla Russia, che faceva si che quest’ultima pagasse a un certo punto addirittura un tributo ai Kagani. La sconfitta finale dei Kazari si dice sia avvenuta sotto il regno di Svlatoslav e Vladimir; la vittoria è stata davvero definitiva e ha portato alla rimozione dei Kazari dall’arena storica.
Consideriamo i titoli di Vladimir, il Gran Principe che si dice abbia sconfitto l’”ostile Kaganato dei Kazari” La formula “Gran Principe” utilizzata nelle cronache ha lo stesso siignificato che gli diamo oggi? Potrebbe essere – ma difficilmente in tutte le cronache. Apriamo il famoso Mondo della Legge e della Grazia Divina ([312]) del Metropolita Illarion, il primo Metropolita Russo vissuto nei presunti anni 1051-1054, secondo la cronologia Romanoviana. Come si riferisce il Metropolita al Gran Principe, suo contemporaneo e famoso eroe della generazione precedente?
Immergiamoci nell’originale Russo antico, che dice “e la parola del Signore fu tradotta in tutte le lingue e anche il Russo, sia benedetto Vladimir, il nostro Kagano, che ci ha battezzato” ( [312] , pag. 28). Perciò il Gran Principe Vladimir era anche conosciuto come il Kagano e non è qualche illetterato scrivano che lo chiama così ma il capo della Chiesa Russa.
Nel 1935 B. A. Rybakov copiò la seguente iscrizione trovata nella Cattedrale di S. Sofia in Kiev: “Dio salvi il nostro Kagano S . ..” ([752], pag. 49). La frase era scritta su uno dei pilastri nella galleria nord. L’Accademico B. A. Rybakov scrive quanto segue: “Il titolo Bizantino [‘Zar’, o ‘Cesare’ - Aut.] sostituì il titolo orientale dei Grandi Principi di Kiev - i Kagani. Nello stesso tempio di S. Sofia c’era una scritta decorata così ‘il nostro Kagano S . . . ’ - la maiuscola S può essere l’iniziale sia di Svyatoslav Yaroslavich che di Svyatopolk Izyaslavich, probabilmente, il primo” ([752], pag. 49). Inoltre: “Il Principe di Kiev, che gli autori Orientali . . . chiamavano Kagano” ( [752] , pag. 10).
Non si tratta di un tentativo di ipotizzare un personaggio delle cronache partendo da un’iniziale sopravvissuta, ma piuttosto di sottolieare il fatto sorprendente che i sovrani Ortodossi fossero conosciuti come Kagani. Secondo la nostra ricostruzione questo è perfettamente normale.
Secondo L. N. Gumilev, “i Khan hanno regnato sugli Avari, Bulgari, Ungheresi e persino Russi; questo titolo era portato da Vladimir il Benedetto, Yaroslav il Saggio, e Oleg Svyatoslavich, nipote di quest’ultimo” ([211], pag. 435).
Siamo della seguente opinione: Kagano è un antico titolo Russo equivalente a quello di Zar o Khan. È ovvio che la parola Kagano sia strettamente correlata con la parola Khan, ed è una delle sue forme arcaiche.
Siamo anche dell’opinione che la parola Kazari sia una forma arcaica della parola Cosacchi. Questa non è semplicemente una nostra ipotesi ma piuttosto un’affermazione fatta dall’Arcivescovo della Bieloriussia all’inizio del XIX secolo ([423]).
Perciò il titolo “Orientale” di Kagano è molto probabilmente di origine Russa. Una volta era portato dagli Zar, o Khan del “Grande” Impero “Mongolo” Russo. Non è l’unico esempio. Bisognerebbe considerare il titolo di Califfo, attribuito a regnanti che hanno cercato di diventare capi di comunità religiose” ( [85], Volume 46, pag. 40). In altre parole re e alti prelati allo stesso tempo. Questo titolo era conosciuto piuttosto bene in Russia - come Caliph e Kalifa ( [786], Issue 6, pag. 37). Troviamo il seguente passaggio in un racconto Russo del XVII secolo: “adorano il Papa come noi facciamo col Kalifa” (ibid).
I lettori potrebbero chiedersi perché crediamo che la parola Kalifa sia di origine Russa. La risposta è la seguente. In Chron5 utilizziamo fonti medievali per dimostrare come il “misterioso” re medievale conosciuto come Giovanni il Presbitero sia la medesima personalità storica di Ivan Kalita, lo Zar Russo conosciuto anche come Batu-Khan. Non si può non notare la similarità tra le parole Kalifa e Kalita; la frequente flessione dei suoni F e T (Thomas/Foma, Theodor/Fyodor ecc.) ne fanno di fatto la stessa parola.
Questo ci porta alla seguente catena di identificazioni: Ivan Kalita = Kalifa Ivan = Caliph Ivan, Zar e Presbitero = Giovanni il Presbitero.
Non fa meraviglia che il suo titolo (o alias) di Ivan Kalita, ovvero Batu-Khan, sia sopravvissuto in molte parti del Grande Impero = “Mongolo” come il leader dello stato e della Chiesa. Evidentemente, Batu-Khan, o Ivan Kalita, è stato un simile leader.
Il concetto erudito di Khan “Mongoli” (che comprendiamo essere Russi) come nomadi selvaggi è pura invenzione degli storici Romanoviani. Abbiamo citato numerosi esempi di matrimoni tra Khan “Mongoli” e principesse Bizantine. Gli storici ci dicono che raffinate principesse Bizantine lasciassero i loro lussuosi palazzi per le tende di nomadi selvaggi, mandrie di pecore, riso pilaf e bacche selvatiche. L’Orda d’Oro presumibilmente non ha lasciato costruzioni; da questo si capisce che i loro abitanti vivessero in fredde tende e masticassero la carne dei loro muscolosi cavalli.
Sappiamo anche di molti imperatori Bizantini sposati con le figlie dei Kagani Kazari: “Giustiniano II era sposato con la figlia di un Kagano, battezzata col nome di Teodora. Anche Tiberio II sposò la figlia di un Kagano e ritornò dalla Kazaria a Costantinopoli nel 708 con un esercito di Kazari [i Cosacchi, cioè - Aut.] . La moglie di Costantino V (741-775) era anche lei figlia di un Kagano, battezzata come Irene appena si convertì al Cristianesimo ... Nel IX secolo gli imperatori Bizantini formarono una guardia di corte di Kazari [Cosacchi - Aut.]. Molti dei guerrieri Kazari si distinsero e vennero promossi agli alti ranghi nell’esercito e nell’amministrazione imperiale” ([823], pag. 139).
Perciò, ci viene raccontato che i selvaggi nomadi “Mongoli” intrecciarono matrimoni dinastici con la casa reale di Bisanzio per secoli. I primi praticamente illetterati vivevano nelle steppe polverose, gli altri scrivevano poesie e trattati storici da lussuosi palazzi.
Pensiamo che questa narrazione non abbia senso. Una quantità simile di matrimoni a priori implica religione e culture comuni. Infatti è ben noto che la cultura medievale di Bisanzio era molto simile alle sue controparti Russe. Tutti i “Kazari” e “Mongoli” erano Ortodossi Russi, né selvaggi, né nomadi.
Per l’Islam – sottolineiamo che lo scisma e la segregazione della tradizione Islamica, che ha portato alla sua trasformazione in una religione separata, sono databili a partire dal XV-XVI secolo, secondo la nostra ricostruzione. La fede Ortodossa e l’Islam erano precedentemente una sola religione.
È noto che l’Islam fosse inizialmente una setta Cristiana dei Nestoriani. La differenza tra i rispettivi credi e rituali si è accumulata a lungo prima dello scisma. Queste due branche della Cristianità in seguito smisero di assomigliarsi. Comunque, questo accadde, almeno fino al XVII secolo.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
"Chazaq" significa "forte" in ebraico:Siamo anche dell’opinione che la parola Kazari sia una forma arcaica della parola Cosacchi. Questa non è semplicemente una nostra ipotesi ma piuttosto un’affermazione fatta dall’Arcivescovo della Bieloriussia all’inizio del XIX secolo ([423]).
chazaq: strong, stout, mighty
biblehub.com/hebrew/2389.htm
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Alcuni notizie sulle condizioni delle tombe della dinastia che è stata usurpata dai Romanov.
5.1. La tomba di Yaroslav il Saggio nella Cattedrale di S. Sofia a Kiev
Secondo la nostra ipotesi, Ivan Kalita, ossia Yaroslav il Saggio, ossia Batu-Khan fu seppellito nel famoso campo delle piramidi Egiziano, il primo cimitero centrale imperiale del Grande Impero ”Mongolo” , qv in Chron5.
Comunque, è comune conoscenza che il sarcofago tradizionalmente indicato come il sarcofago di Yaroslav il Saggio si trovi nella famosa Cattedrale di S. Sophia in Kiev. Presumibilmente datato al XI secolo d.c., proprio l’epoca di Yaroslav il Saggio. Chiunque visiti la cattedrale può vederlo (figg. 14.8 e 14.9).
La natura della scritta sul sarcofago è del massimo interesse. Si scopre che semplicemente non c’è. È molto peculiare che ogni superficie del sarcofago sia in buone condizioni tranne una, uno può chiaramente vedere la scritta, l’ornamento e l’anagramma del nome di Cristo. Comunque, non c’è niente di scritto sulla superficie rimanente. Tutta la decorazione da questa parte è stato distrutta completamente – scalpellata via da qualcuno, insomma. Vediamo vaghe tracce dell’ornamento e lettere o segni di qualche cosa. Né le guide né gli scienziati che lavorano nel museo della cattedrale sanno niente sui vandali responsabili di ciò.
Cosa poteva esserci scritto? Chi avrebbe potuto danneggiare la scritta sulla tomba di Yaroslav il Saggio fino al punto di potersi vantare di averla cancellata per sempre? È probabile che lo scritto contraddicesse la versione Romanoviana della storia e pertanto sia stata trattata nel modo più spietato possibile.
A proposito, si scopre che il sarcofago di Yaroslav il Saggio fu “scoperto nel XVII secolo” ([578], Libro 1, pag. 253). Questo è veramente sorprendente. Si dice che Yaroslav il Saggio sia morto nel 1054. Sono passati seicento anni. Alla fine, nel XVII secolo, seicento anni più tardi, quando i Romanov decisero che era giunto il momento di scrivere un’altra storia “antica” della Russia, i loro archeologi e storici furono lesti a trovare un sostanziale numero di “Antichità Russe”, incluso il “sarcofago di Yaroslav il Saggio” che non porta nessuna scritta. Non c’è alcun segno sopra di esso che possa far assumere si tratti davvero del sepolcro di Yaroslav il Saggio, il famoso personaggio storico menzionato nelle cronache.
Vediamo gli storici al massimo della loro arbitrarietà. I Romanov avevano bisogno di “prove”, o aiuti visuali per la recente “nuova versione” scritta dell’antica storia Russa. Per esempio aveano urgente bisogno di trovare la tomba di “Yaroslav il Saggio”, che fu prontamente “trovata” (evidentemente, col metodo di prendere un vecchio sarcofago, scalpellare via la scritta che poteva contraddire la versione ufficiale, magari in Arabo, qv sopra, e dichiarare che era lei. Le fotografie del “reperto” hanno subito trovato la via nei manuali scolastici. Molto più tardi, nella nostra epoca, M. Gerasimov ha fatto del suo meglio per ricostruire le sembianze del volto di Yaroslav; il risultato può essere visto in fig. 14.10.
Ripetiamo: Gli storici Romanoviani hanno scritto una favola sulla storia Russa del XVII-XVIII secolo, che abbiamo appreso da allora come vera.
Tutto lo staff del museo ci ha detto a Kiev che diverse carrettate di pietre tombali, icone, libri e altri artefatti furono portati via dalla cattedrale negli anni trenta. Il loro destino e la loro destinazione rimane un mistero a tutt’oggi. Perciò, noi non sappiamo nemmeno nulla degli artefatti che erano custoditi nel museo della cattedrale negli anni venti. Non ha senso sperare in un dettagliato catalogo di quei pezzi rintracciabile e disponibile per i ricercatori.
Dobbiamo segnalare che molte strane leggende circolano sul sarcofago di “Yaroslav il Saggio “ a Kiev. Per esempio, nel 1995 le guide dicevano che il sarcofago fosse di origine Bizantina e fosse del IV secolo d.c., cioè di settecento anni precedente alla morte di Yaroslav il Saggio.
Queste osservazione delle guide hanno fatto probabilmente chiedere a molti visitatori come mai il Gran Principe Yaroslav il Saggio, uno dei più famosi regnanti di Russia, al massimo del suo splendore, si facesse seppellire in un sarcofago importato di seconda mano, sebbene un buon sarcofago, comprato nella lontana Bisanzio. I resti del precedente proprietario erano stati buttati via per far posto al corpo del Gran Principe della Russia di Kiev. Comunque, anche nella nostra epoca cinica, una simile cosa si chiama sacrilegio.
Il sepolcro doveva essere una affare di di famiglia. Si possono vedere chiaramente due croci e due cuori legati insieme con un laccio. Infatti, lo staff del museo ci disse nel 1995 che gli archeologi avevano scoperto gli scheletri di un maschio e di una femmina nel sarcofago e anche lo scheletro di un bambino, probabilmente uno stretto parente (forse un figlio).
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Magari può essere utile.
Siamo abituati a credere che i governatori Tartari si facessero chiamare Khan mentre i Russi si facevano chiamare Grandi Principi. Tatishchev dice che gli ambasciatori Tartari chiamavano il loro sovrano Batu-Khan Grande Principe.
nel 1237 Batu-Khan sconfigge Youri che muore in battaglia. Questa è la fine dell'epoca di Vladimir e Suzdal.
Il fondatore della dinastia è il Grande Principe Georgiy Danilovich = Gengis-Khan (1318 o 1328-1340) sale al trono di Rostov che diventerà più tardi la Russia di Vladimir e Suzdal.
Suoi duplicati fantasma sono il DUPLICATO Principe Georgiy Vsevolodovich del presunto XIII secolo, il DUPLICATO Youri Dolgoroukiy di Rostov nel presunto XII secolo, il DUPLICATO Mstislav Oudaloi («L'Audace») fratello e co-regnante del DUPLICATO Yaroslav il Saggio nel presunto XI secolo.
Il Grande Principe Georgiy Danilovich = Gengis-Khan è ucciso nella battaglia del fiume Stitt. Suo fratello Batu-Khan o Ivan Danilovich Kalita = Caliph (1328-1340) prende il suo posto. Duplicati fantasma di Batu-Khan o Ivan Danilovich Kalita = Caliph includono il DUPLICATO Uzbek_Khan, il DUPLICATO Yaroslav Il Saggio nel presunto XI secolo e il DUPLICATO Yaroslav Vsevolodovich, il leggendario fondatore di Yaroslav o Grande Novgorod nel presunto XIII secolo e presunto conquistatore di Kiev nel 1330. Batu-Khan o Ivan Danilovich Kalita = Caliph è conosciuto anche come Georgiy-Yaroslav.
I fondatori della dinastia sono:
Georgiy Danilovich = Gengis-Khan (1318 o 1328-1340).
Suo fratello Batu-Khan o Ivan Danilovich Kalita = Caliph (1328-1340).
Simeone il Fiero (Gordiy), 1340-1353. Alexander Nevskiy, 1252-1263 è un suo DUPLICATO.
Ivan il Modesto (o il Rosso) (Krotkiy 1353-1359). Yaroslav di Tver, 1262-1272 è un suo DUPLICATO.
Dmitriy di Suzdal, 1359,1363. Vassily I di Kostroma, 1272-1276 è un suo DUPLICATO.
Dmitriy Donskoi, 1363-1389. Dmitriy I di Pereyaslavl, 1276-1294 è un suo DUPLICATO.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
I falsi sarcofagi delle Zarine pre-romanoviane fatti dai Romanovs nel XVII secolo
Vi sono circa 56 sarcofagi in pietra nel sotterraneo; La maggior parte dei sarcofagi sono antropomorfi, con un posto speciale per la testa e servono effettivamente da bare - in altre parole questo tipo di sarcofago non richiede un’ulteriore cassa di legno. L’altro tipo, di origine più recente è rettangolare e contiene una bara in legno. Le informazioni circa l’identità delle persone seppellite in una tomba o nell’altra devono inizialmente essere arrivate dalle iscrizioni sulle pietre tombali, che furono raccolte nei sotterranei del monastero Arkhangelskiy dopo il trasferimento dal monastero Voznesenskiy del Kremlino, distrutto dalle autorità Sovietiche nel 1929. Molto curiosamente, su alcuni sarcofagi è scritto “senza nome” nella lista dell’inventario. L’identità dei loro occupanti è perciò sconosciuta.
Tuttavia, l’attribuzione consensuale di alcuni sarcofagi è davvero molto dubbia. Questo concerne le tombe pre-romanoviane; i sarcofagi Romanoviani sono tutti veri. Alcuni sarcofagi, come quello presunto di Sofia Palaiologa, moglie di Ivan III hanno un’iscrizione tracciata probabilmente con un chiodo, rozza e certamente non ufficiale.
Lo stesso per il sarcofago di Sofia Vitovtovna, la moglie di Vassily II (XV secolo). Su sarcofago il graffito dice “Sofia la Monaca” ma il nome da monaca è notoriamente sempre diverso da quello posseduto precedentemente. C’è qualcosa che non torna.
La stragrande maggioranza dei sarcofagi attribuiti oggi alle Zarine Russe del XV-XVI secolo non sono fatti con blocchi di pietra, ma piuttosto con frammenti tenuti insieme da barre di rame o graffe poi coperti da uno strato di intonaco, per farli sembrare sarcofagi. Può solo significare che queste bare appartengono a gente comune e non a membri di una famiglia reale del XVI secolo. I Romanov devono aver semplicemente usato un certo numero di sarcofagi anonimi a metà del XVII secolo, o scalpellato via le scritte da alcune bare per avere qualche prova della loro falsa storia. Gli autentici sarcofagi delle Zarine Russe devono semplicemente essere stati distrutti dai Romanov se erano davvero a Mosca e non nel Cimitero Reale in Egitto, Africa – Valle di Giza o la famosa Luxor.
È possibile che abbiano semplicemente convertito il vecchio cimitero delle monache del monastero nel supposto antico “luogo del riposo finale delle antiche Zarine pre-romanoviane” scalpellando via i veri nomi delle monache e poi mettendoci sopra delle pietre tombali finte, poiché tutto avrebbe dovuto essere seppellito velocemente di nuovo. Così poco scrupolosamente i Romanov hanno creato la falsa “necropoli reale” del Kremlino Moscovita. Si comincia a capire come non ci sia stata nessuna necropoli prima dei Romanov. I Grandi Zar (Khan) di Russia, o dell’Orda, così come le loro mogli, furono seppelliti nel cimitero imperiale – il famoso campo delle piramidi o Luxor in Egitto, Africa. Persone di rango inferiore sono state seppellite in Russia. Comunque i Romanov si sono battuti per distruggere tutti i veri antichi sarcofagi che avrebbero potuto raccontare una storia alternativa della Russia pre-romanoviano, o l’Orda. Gli antichi sarcofagi Russi di pietra bianca sono stati utilizzati come materiale da costruzione nell’epoca Romanoviana, il che riflette l’attitudine Romanoviana verso la storia della Russia. Riflettiamo un momento su questo. Conosciamo operai edili che vandalizzerebbero un vicino cimitero per procurarsi pietre per una casa residenziale? Qualcuno abiterebbe una simile casa? Queste azioni sono sempre state considerate un sacrilegio o segno di disprezzo e odio verso i defunti. Questo è proprio ciò che vediamo nel comportamento degli usurpatori Romanoviani.
Guardiamo ora i sarcofagi di epoca Romanoviana, a cominciare dal XVII secolo in avanti. Questi sembrano autentici. Tenete presente che ci sono due tipi di questi sarcofagi – le bare antropomorfiche di pietra con un compartimento per la testa, e i sarcofagi rettangolari di pietra con una bara di legno al loro interno. Uno studio più accurato rivela un dettaglio affascinante. Si scopre che tutti i sarcofagi antropomorfici Romanoviani sono datati a prima del 1632. Tutti gli altri sarcofagi Romanoviani di questo tipo datano a epoche precedenti, o all’inizio del XVII secolo. D’altro canto, tutti i sarcofagi Romanoviani del secondo tipo (rettangolari con bara all’interno) datano dal 1636 in avanti. Questo è molto interessante. Evidentemente i rituali di inumazione sono stati variati tra il 1632 e il 1636 (almeno per quanto riguarda i seppellimenti reali). Una riforma come questa avrebbe dovuto evidentemente essere un evento su larga scala, ecclesiastico e secolare. Deve aver avuto luogo a metà del XVII secolo, precisamente, nel 1632-1637. Eppure niente ci viene dette oggi su un evento pur così importante in Russia. E tuttavia troviamo una traccia di questa riforma. Macario, Metropolita di Mosca e di Kolomna, scrive quanto segue sul rituale di seppellimento dei preti come descritto del Libro delle Preghiere del Patriarca Filarete: “Il libro delle preghiere di Ioasaph del 1639 viene abolito come probabile eredità di ‘Yeremey, il prete eretico Bulgaro’”. Questa nostra scoperta ci permette di mettere in rilievo la truffa sui sarcofagi della Cattedrale Arkhangelskiy del Kremlino Moscovita. Prendiamo il sarcofago ascritto a Teodosia (Feodosia) (29 Maggio 1592 - 25 Gennaio 1594), figlia di Fyodor Ioannovich e Irina Godunova. é privo di scritte; é ovviamente un falso. Se fosse davvero un sarcofago pre-romanoviano, sarebbe appartenuto al vecchio tipo antropomorfo; è del nuovo tipo, e quindi non può essere precedente al 1632. Troviamo i falsificatori della storia Russa di nuovo con le mani nel sacco.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
1) parlasse male il russo
2) pensasse e si esprimesse in francese
E perché all'inizio del romanzo "Guerra e pace", scritto da un russo, la nobiltà russa si preoccupa di Genova e Lucca ??
it.rbth.com/rubriche/sapete_perche/2017/...lava-francese_768996
www.paginatre.it/online/la-guerra-e-la-p...-nikolaevic-tolstoj/
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Raffaello Barberini (trafficone italiano, spia per il governo inglese, parente di prelati ecc.) nel 1565 pubblica la "Relazione di Moscovia" (che però potrebbe essere stata redatta molto tempo prima) e che non cita mai né il nome dello Zar né di qualche altro personaggio importante di qualsivoglia estrazione. Questo è piuttosto curioso. Chiama lo Zar "Duca di Moscovia", che ci può anche stare, e poi dice:
“Questo Signore è superbo e quanto a lui si tiene di essere il più grande Principe del Mondo e da pochi anni in qua ha preso per sue arme una Aquila nera con due teste incoronate in campo verde. Intitolasi Imperatore di tutta la Russia, Re di Cafano e d’Astracano, benché le lettere ancora ch’io stesso portai particolarmente della Serenissima Regina d’Inghilterra, lo chiamavano Imperatore di tutta la Gran Ducea di Moscovia ecc.” pag. 17
Parla di architetti italiani che costruivano chiese e castelli in Russia a dimostrazione di contatti stabili con l’occidente ma alla corte si parlava probabilmente solo il Russo, vista la presenza degli interpreti di cui dà conto Barberini (pag 12 e seguenti). Questo è il periodo che dovrebbe corrispondere al presunto Ivan il Terribile (che però, secondo Fomenko, è una collazione di quattro Zar e che ha nella sua parte centrale gli avvenimenti della Oprichnina istigata dagli Zakharyns (Romanov). Quindi un periodo di caos totale. È proprio in questo periodo che viene iniziata la riscrittura della storia Russa. Tra il 1553 e il 1564.
“Le moderne ricerche dimostrano che le cronache venivano scritte su carta Francese importata dalla Francia specificatamente per questo scopo. “L’attività cronografica Moscovita raggiunse il massimo nel decennio dal 1550 e ai primi del 1560 “History: Fictiono or Science?” Vol. 4 pag 244
Questo sembra un collegamento che andrebbe spiegato.
C’è però qualcosa che non torna. Fomenko sostiene che nel 1565 fosse già ufficialmente sul trono Ivan Ivanovich (di dieci anni) dopo la morte dell’infante principe Dmitriy del 1563. Era stato allevato dagli Zakharyins (i Romanov). Quindi in quei dieci anni ci doveva essere un bambino sul trono. Però, nella descrizione che Barberini fa dello Zar questo non risulta e sembra più parlare di un carattere come quello di Ivan IV Vassilyevich - Basilio il Benedetto, che abdicò secondo Fomenko nel 1553 e morì nel 1557 o nel 1589 un “giullare di Dio” che andava in giro nudo con le catene al collo, aveva le visioni mistiche ecc.
Il Barberini è una vecchia spia e non può essere considerato una fonte attendibile ma forse c’è ancora qualcosa da aggiustare in quel decennio.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.



