25 Aprile. Due articoli
La triste eredità
di Fernanda Alene
25 aprile. Ancora una volta la stessa retorica. Fascisti - partigiani. Mi fa tristezza questa divisione che si trascina da sempre, opportunamente alimentata perchè a qualcuno serve che tanti italiani vivano in questo odio ereditato da altri.
Quel 25 aprile a Torino. Due giorni chiusi in casa a guardare dalla finestra senza capire cosa stava succedendo. Si sentivano colpi di mitra lontano e vicino. Passava qualche camionetta tedesca mentre i partigiani si muovevano cautamente dietro gli angoli delle case. Poi una macchina con un grappolo partigiani che cantavano "bandiera rossa" e avvertivano con un megafono che "la città era libera".
Libera, ma non dall'odio che per tre giorni ancora ha attraversato la città, prima che il C.L.N potesse creare un minimo di ordine e legalità. La caccia per le strade e per le case di quelli che avevano collaborato. L'uccisione delle spie. L'impiccagione di Solaro il torturatore. La ricerca dei cecchini che sparavano dalle finestre, e che quando venivano individuati erano buttati dalle finestre e lasciati lì nel loro sangue. La misera visione delle donne amiche dei tedeschi, …
Come zombie usciti da un horror di Cesar Romero, i fantasmi delle menzogne raccontate dagli uomini di Bush tornano, uno dopo l'altro, a cercare giustizia.
Ieri è stato il turno di Pat Tillman e di Jessica Lynch. Il primo era un famoso giocatore di foot-ball, che divenne ancora più famoso, in America, quando rifiutò un'offerta milionaria da parte dei Cardinals per arruolarsi volontario e andare a combattere in Afghanistan.
Tillman morì, ufficialmente da eroe, il 22 aprile 2004, ma col passare del tempo iniziarono a trapelare notizie che fosse invece stato ucciso da "fuoco amico" - un mostruoso ossimoro, questo, che solo i militari riescono a sopportare - e che la sua fine eroica fosse stata inventata di sana pianta, semplicemente perchè in quel momento gli USA non potevano permettersi altre "brutte notizie" dal fronte.
A denunciare l'ennesima copertura della verità è stato ieri il fratello di Pat Tillman, Kevin, che davanti ad una commissione governativa ha raccontato fin nel minimo dettaglio come la morte di Pat sia stata causata da una vergognosa disorganizzazione nell'esercito, che ha mandato allo sbaraglio dei ragazzi senza nessuna esperienza, senza un minimo di preparazione e senza le dotazioni necessarie.
Che li ha, cioè, mandati consapevolmente al massacro.
Lo stesso Kevin si era arruolato con Pat, nel 2002, e stava viaggiando poco più indietro del fratello ...
di Enrico Sabatino
di Giorgio Mattiuzzo
Un editoriale dell'International Herald Tribune commenta un articolo scritto da 11 generali americani in congedo. L'inizio è una perla di abilità di sintesi e descrizione delle politiche governative che ci accompagnano da anni: Le persone che non sono molto interessate alle materia ambientale sono attente quando la sicurezza nazionale entra nella conversazione. Così il dibattito sul riscaldamento globale ha effettuato un'utile svolta questa settimana quando diplomatici e ufficiali dell'esercito in congedo hanno delineato delle persuasive connessioni tra il cambiamento climatico e la più che reale possibilità di sollevazioni di alcune aree del globo.
Una descrizione perfetta della nostra società. Alcuni sono spaventati dalla sicurezza nazionale, cioè dal terrorismo. Altri dalle problematiche ambientali. Quasi mai i due gruppi si sovrappongono anzi, di solito questa polarità “terrorismo/ambiente” riflette lo stereotipo, sia italiano che più in generale dei Paesi democratici, delle diverse contrapposizioni “destra vs sinistra”, “conservatori vs liberali”, “Repubblicani vs Democratici” e via dicendo. Se ci pensiamo con attenzione, ogni persona che si identifica in una determinata “area politica” (considerandola non tanto dal punto di vista del voto, ma da quello del sentirsi in qualche modo accomunato con l'una o con l'altra) automaticamente sceglie quale paura avere. Gaber cantava che il culatello è di destra e la mortadella di sinistra; noi potremmo dire la paura del terrorismo è di destra, …
di Claudio Negrioli
L'occhio si nutre di tutto e non ne ha mai abbastanza...non è mai sazio, nè saturo, si sa... Chi possiederà l'occhio che tutto vede, sarà padrone dell'arma totale contro l'umanità, che controllerà, come nemmeno il grande G. Orwell osò immaginare.
Questo forse pensavano le "teste d'uovo" che partorino questo progetto denominato Galileo (Galileo positioning system) che mosse i primi passi ufficiali il 26 maggio 2003, con un accordo tra Unione Europea e Agenzia spaziale Europea (ESA)
Il sistema di posizionamento Galileo è un sistema di navigazione satellitare sviluppato in Europa che si propone come sostituto del sistema Americano GPS, controllato dalle Autorità militari Usa.

Un ricordo di Salvador Puig Antich in occasione dell’uscita del film Salvador 26 anni contro di Manuel Huerga
di Antonio Pagliarone
Salvador Puig Antich è stato garrotato alle 9,40 del 2 marzo 1974 presso il carcere Modelo di Barcellona all’età di 25 anni. Aveva ucciso un poliziotto in occasione del suo arresto avvenuto il 25 settembre del 1973 ed in seguito alla sentenza di un tribunale militare è stato condannato senza appello alla pena di morte in un clima di tensione provocato dall’attentato dell’Eta a Carrero Blanco, il probabile successore di Francisco Franco, il 20 dicembre 1973. Poiché il film, che ha avuto tra l’altro numerosi riconoscimenti ed è stato presentato al Festival di Cannes, tende a presentare Puig Antich come un anarchico rivoluzionario pervaso da romanticismo è necessario non solo fare chiarezza su chi era ma anche ricordarlo all’interno dell’esperienza che ha vissuto senza farsi coinvolgere dal solito mito dei martiri in genere spesso esaltati a dispetto dei reali accadimenti.
Ricordo che in occasione degli arresti di alcuni militanti del MIL (Movimento Iberico di Liberazione), un gruppo pressoché sconosciuto della galassia ultrasinistra in cui militava Puig Antich, era sorto il dubbio se dovessero essere considerati dei criminali comuni (secondo la versione ufficiale) o dei rivoluzionari che avevano deciso di entrare nella clandestinità come altri gruppi di opposizione nella Spagna di Franco. Infatti, una volta promulgata la sentenza di morte, non vi fu alcuna reazione decisa da parte delle organizzazioni della sinistra anche estrema e dei gruppi libertari che hanno una certa tradizione in Spagna, ...
"Il Dipartimento [Ministero] di Giustizia sta vivendo la più grave crisi di leadership in 137 anni di esistenza".
Con questa frase il senatore democratico Patrick Leahy ha aperto la sessione della Commissione Parlamentare di Giustizia, di cui è presidente, che ha interrogato oggi Alberto Gonzàles, attuale Ministro di Giustizia, sui licenziamenti ingiustificati di otto giudici federali, avvenuti qualche mese fa.
Come già aveva fatto capire, Gonzàles non ha ceduto di un millimetro, continuando a sostenere di non aver fatto "sostanzialmente" nulla di sbagliato, nonostante la quantità sempre crescente di documenti e testimonianze che suggeriscono l'esatto contrario.
L'atteggiamento di Gonzàles è stato così rigido ed arrogante che ha finito per irritare gli stessi componenti repubblicani della commissione (*). Il primo a perdere la pazienza è stato Arlen Specter (l'inventore della famosa teoria del "proiettile magico", nella storica Commissione Warren sul caso Kennedy): dopo essersi sentito rispondere per la terza volta "non ricordo", da parte di Gonzàles, Specter gli ha chiesto con quale cura normalmente prepari le sue testimonianze; Gonzàles ha risposto con supponenza "Io preparo sempre al meglio le mie testimonianze", al che Specter è sbottato dicendo: "Si era preparato al meglio anche quando ha affermato che non c'era stato nessun contatto con la Casa Bianca sui licenziamenti dei giudici e sugli eventuali sostituti?"
A quel punto la marea ha chiaramente iniziato a montare contro Gonzàles, …
di Andrea Franzoni
I recenti fatti di via Sarpi, la Chinatown milanese, rappresentano il primo acuto di portata mediatica di un processo più complesso che, fino ad oggi in maniera silenziosa, sta ridisegnando la struttura, la composizione ed il senso più profondo delle metropoli.
Questo processo, che ha già in parte rivoluzionato il significato ed i connotati di molte aree urbane, va ben oltre la difficile convivenza tra comunità diverse, le speculari xenofobie ed i problemi concreti o presunti di viabilità, di “degrado” o semplicemente di “sicurezza” percepita. L’approccio e le soluzioni proposte, allo stesso tempo, non hanno nemmeno la pretesa di risolvere o favorire il processo di “integrazione” accrescendo le distanze e ponendo la questione come una lotta tra fazioni ed interessi opposti: italiani da una parte, cinesi dall’altra. Nemmeno la strumentalizzazione da parte di alcune fazioni politiche (o mediatiche) ci permette di avvicinare il nucleo ed il motore della rivoluzione, di quel flusso continuo di profonde modificazioni, di cui i fatti di via Paolo Sarpi sono soltanto un insignificante e chiassoso imprevisto. Insufficiente, per quanto interessante, anche il concentrare l’attenzione sulle preoccupazioni, sulle miserie e sui disagi reali che generano intolleranza, contrapposizioni etniche e capri espiatori. La radice profonda è, infatti, ben altra.
La storia di via Paolo Sarpi è una storia che molte aree urbane centrali hanno vissuto, che molte stanno vivendo e che le rimanenti sono destinate, presto o tardi, a sperimentare. Il processo in atto è quello della morte dei centri storici, …
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