di Giorgio Mattiuzzo
Un editoriale dell'International Herald Tribune commenta un articolo scritto da 11 generali americani in congedo. L'inizio è una perla di abilità di sintesi e descrizione delle politiche governative che ci accompagnano da anni:
Le persone che non sono molto interessate alle materia ambientale sono attente quando la sicurezza nazionale entra nella conversazione. Così il dibattito sul riscaldamento globale ha effettuato un'utile svolta questa settimana quando diplomatici e ufficiali dell'esercito in congedo hanno delineato delle persuasive connessioni tra il cambiamento climatico e la più che reale possibilità di sollevazioni di alcune aree del globo.
Una descrizione perfetta della nostra società. Alcuni sono spaventati dalla sicurezza nazionale, cioè dal terrorismo. Altri dalle problematiche ambientali. Quasi mai i due gruppi si sovrappongono anzi, di solito questa polarità “terrorismo/ambiente” riflette lo stereotipo, sia italiano che più in generale dei Paesi democratici, delle diverse contrapposizioni “destra vs sinistra”, “conservatori vs liberali”, “Repubblicani vs Democratici” e via dicendo. Se ci pensiamo con attenzione, ogni persona che si identifica in una determinata “area politica” (considerandola non tanto dal punto di vista del voto, ma da quello del sentirsi in qualche modo accomunato con l'una o con l'altra) automaticamente sceglie quale paura avere. Gaber cantava che il culatello è di destra e la mortadella di sinistra; noi potremmo dire la paura del terrorismo è di destra, … … la paura per l'ambiente è di sinistra. Le due paure, essendo speculari, si riflettono l'un l'altra, e così chi ha paura del terrorismo deride le preoccupazioni per il riscaldamento globale; viceversa, chi teme per le sorti dell'ambiente, pensa che il terrore per lo scontro di civiltà sia del tutto immotivato.
Ad ognuno la sua paura, insomma. L'importante è avere paura, per poi avere qualcuno che ce la fa passare.
Tornando al rapporto degli undici militari, leggiamo che secondo loro il riscaldamento globale farà precipitare il pianeta Terra in una crisi così profonda che le zone più a rischio, come le coste dell'Asia, potrebbero assistere alla morte di miliardi di persone, mentre l'Africa, a causa della mancanza di risorse, andrebbe incontro a “migrazioni su larga scala e ad un escalation di tensione”.
Un ex generale dei Marines afferma perentorio:
“Pagheremo per questo, in un modo o nell'altro – il prezzo da pagare ora è il controllo delle emissioni di gas serra, il prezzo da pagare più avanti saranno le battaglie militari e le vite umane”.
Il ragionamento è molto semplice: non è sufficiente avere paura di una cosa sola, dovete avere paura di tutto. Se non avete paura del terrorismo, sappiate che il riscaldamento globale lo farà aumentare; se non avete paura del riscaldamento globale, dovreste, perché fra pochissimo tempo avrete molto più terrorismo a causa del riscaldamento.
Il processo sottointeso a questo è del tutto irrazionale, e serve ad alimentare e ingrandire le paure già presenti nella popolazione. Non basta temere una cosa, bisogna temere tutto. Bisogna avere coscienza dell'enorme pericolo: immense porzioni di continenti ricoperte d'acqua e le lande rimaste all'asciutto percorse da schiere di migranti che mettono a rischio la sicurezza delle nazioni (sottointeso: le nostre). E quando si è in preda alla paura perché si teme un pericolo, di solito cosa si fa? Si cerca aiuto.
Questi stessi temi sono stati discussi alle Nazioni Unite, dove il Consiglio di Sicurezza – guidato dalla Gran Bretagna – ha tenuto la sua prima discussione in assoluto riguardo alla connessione tra mutamenti climatici e conflitti internazionali.Una schiacciante maggioranza di nazioni ha mostrato gravi preoccupazioni riguardo ai mutamenti climatici, e molti hanno spinto per un più stretto controllo a livello mondiale dei gas serra.
E' da notare che questa correlazione tra sicurezza e ambiente avviene sotto l'egida dell'Inghilterra: questo Paese è infatti in prima linea su entrambi i fronti. Impegnata a fianco degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo internazionale e contemporaneamente estremamente aggressiva nei metodi di prevenzione del terrorismo interno di matrice islamista; in prima linea nelle politiche volte ad una riduzione dei consumi e delle emissioni a livello mondiale.
E' da notare altresì il richiamo, in sede Onu, a più stretti controlli internazionali. Lungi da essere una tematica di poco conto, è da ricordare che – per lo meno dai tempi dell'intervento Nato in Kosovo – l'ingerenza di strutture sovranazionali all'interno delle politiche dei singoli Stati viene considerata con sempre maggiore naturalezza, se non come un dovere da assolvere. L'esempio più lampante in questo senso è l'Iran, il quale sta sviluppando un programma nucleare civile ed ha sottoscritto il Trattato di non Proliferazione Nucleare, e tuttavia viene minacciato di attacco armato da parte degli Stati Uniti, mentre l'Onu porta avanti un'opera vessatoria nei confronti delle legittime politiche interne di quel Paese.
Quindi, quando in sede Onu si parla di un “più stretto controllo a livello mondiale”, si sta parlando di fatto di una serie di strumenti che vanno dal rabbuffo più o meno ufficiale all'intervento militare. Non dimentichiamo che i morti civili dell'Aghanistan avvengono all'ombra e con il beneplacito dell'Onu.
L'articolo poi commenta le solite prese di posizione di Cina e Stati Uniti, che non pensano nemmeno a diminuire o controllare le loro emissioni, e conclude con un appello ai Democratici, nuova maggioranza opposta al Presidente Bush:
Con i membri dell'elite militare, uniti sindaci, governatori e uomini d'affari che richiedono di agire, i Democratici al Congresso hanno tutti gli argomenti che servono per prendere in mano il gioco.
Quindi, per riassumere, in questo breve editoriale abbiamo presenti dei dati fondamentali per capire l'evoluzione delle politiche globali-
Primo: le paure della popolazione, diverse a seconda dell'orientamento delle persone stesse.
Secondo: militari che cercano di far unire le diverse paure per farle divenire un'unica grande paura.
Terzo: il Paese che dice di combattere quelle paure (e lo fa con metodi quantomeno discutibili) porta all'Onu la questione sollevata dai militari.
Quarto: le Nazioni del mondo che, spaventate, chiedono interventi internazionali, che abbiamo visto cosa possono significare.
Quinto: la superpotenza nucleare sta per essere comandata da una maggioranza che viene pungolata da militari e personaggi di spicco del mondo degli affari.
Cinque ingredienti che miscelati fanno pensare al peggiore dei futuri possibili dove, grazie alla leva esercitata sulle paure della popolazione, si assiste alla creazione di un organismo unico sovranazionale che può intervenire ovunque nel mondo, e che viene spalleggiato da militari e da un'elite economica.
Un incubo, o un presagio?
Giorgio Mattiuzzo (Pausania)
Warming and global security, International Herald Tribune, 20 aprile 2007.