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La Storia: Finzione o Scienza?
Cronologia 4
di Anatoli Fomenko
14. LA STORIA DEL MONASTERO DONSKOI A MOSCA E I PARALLELI CON LA BATTAGLIA DI KULIKOVO NEL TERRITORIO DELLA MODERNA MOSCA
T. N. Fomenko
T. N. Fomenko, Cand. Sci. (Fisica e matematica), l'Autore di diversi libri e articoli sulla topologia e la geometria algebrica, nonché la teoria degli algoritmi, Assistente Professore alla Suddivisione Matematica Generale del dipartimento di matematica e informatica numerica dell'MSU).
14.1. La battaglia contro il "Tartaro" Kazy-Girey nel secolo XVI, il Monastero Donskoi e l'icona di Nostra Signora del Don
Una breve storia e descrizione del Monastero Donskoi si trovano nel Forty Times Forty, dove viene descritto come il "Convento di prima classe Stavropegial all'esterno della Porta Kaluga" ([803], Volume 3, pagina 244) Vedere le figg. 6.74 e 6.75; nella fig. 6.76 si vede una fotografia moderna del muro settentrionale del monastero.
La versione consensuale ci racconta le seguenti notizie sulla fondazione del Monastero Donskoi (citando da [803], Volume 3, e [31]):
"Fondato nel 1591 per servire da fortificazione e per difendere la Porta Kaluga della città" ([310]).
"Fondato dallo Zar Fyodor Ioannovich nel 1591-1592" (il manoscritto Alexandrovskiy).
"Fondato nel 1593 per commemorare la miracolosa liberazione di Mosca dall'invasione di KazyGirey, un Khan Crimeano, nel 1591, sul luogo in cui era stato posizionato il treno reggimentale Russo, insieme alla chiesa mobile del Molto Reverendo Sergiy di Radonezh, dove era stata installata l'icona di Nostra Signora del Don, dopo che era stata trasportata intorno alle mura di Mosca e all'accampamento dell'esercito. Dopo la battaglia che si scatenò per tutta la giornata del 4 luglio, il Khan fuggì la mattina del 5, dopo aver assaggiato la resistenza dell'esercito Russo e lasciandosi alle spalle il treno con i rifornimenti. Il monastero era conosciuto come il monastero di Nostra Signora del Don "al Treno".
L'icona di Nostra Signora del Don, ospitata nel monastero, aveva accompagnato Dmitriy Donskoi durante la sua campagna contro Mamai; Gli Zar Russi l’hanno pregata nel XVII secolo perché gli venisse data la vittoria sui loro nemici. Una sacra processione era partita dal Cremlino verso il convento il 19 agosto" ([239] e [803], volume 3, pagina 244).
L'identità del fondatore della ex Chiesa rimane poco chiara, come pure il tempo della sua fondazione. Potrebbe essere stata fondata dallo stesso Sergiy di Radonezh per commemorare la vittoria di Dmitriy Donskoi nella battaglia del 1380, combattuta sul campo di Kulikovo, che sarebbe poi diventata parte di Mosca? Ricordate che, secondo la nostra ricostruzione, le truppe di Dmitriy Donskoi erano partite dal villaggio di Kolomenskoye a Mosca, dirette verso il Kotly.
Il momento in cui l'icona di Nostra Signora del Don è stata trasferita alla chiesa del Monastero Donskoi rimane sconosciuto, così come l'identità di chi ha dato il via a questo trasferimento. L'icona è legata a Dmitriy Donskoi, che porta alla naturale presunzione che possa essere stata tenuta nella vecchia chiesa della Madonna prima del XVII secolo. Altrimenti, perché gli Zar avrebbero dovuto iniziare a rivolgere le loro "Preghiere per la vittoria" a questa icona del XVII secolo? Forse è stata venerata anche in epoche precedenti, a partire dalla fine del XIV secolo con la vittoria nella Battaglia di Kulikovo.
Poi c’è da chiedersi della processione sacra dal Monastero Donskoi al Cremlino a Mosca - 19 agosto. Perche' il 19? Questa data non può essere legata a Kazy-Girey, sconfitto il 4 luglio, circa sei settimane prima. La scelta della data è probabilmente legata alla memoria di Dmitriy Donskoi e alla sua campagna contro Mamai. Ricordiamo che la Battaglia di Kulikovo si è svolta l'8 settembre 1380, mentre il suo duplicato, noto come "Battaglia di Mosca combattuta contro i Tartari", è datato al 26 agosto 1382 dagli storici moderni (cfr. il capitolo 6:5 di CRON4 sopra). Entrambe le date (26 agosto e 8 settembre) sono ovviamente molto più vicine al 19 agosto, data della processione, rispetto al 4 luglio. A proposito, il nome di Kazy-Girey potrebbe essere una versione leggermente distorta di "Kazak-Geroi", o "l'eroe cosacco".
Fig. 6.74 Un'antica incisione raffigurante la Cattedrale Donskoi a Mosca all'inizio del XVIII secolo. Una stampa di Peter Picard. Tratto da [31], pagina 7.
Figura 6.75. Una litografia del Monastero Moscovita Donskoi del 1873. Tratto da [31], pagina 47.
Figura 6.76. Il muro a nord del Monastero Donskoi così com'è oggi. Tratto da [31].
L'icona della Madonna del Don (vedi fig. 6.77) è associata ad altre stranezze nella storia di Milleriana e Scaligeriana: "L'icona originale di Nostra Signora del Don (dipinta da Teofilo il Greco nel 1392), conservata nella Cattedrale Blagoveshchenskiy del Cremlino prima della rivoluzione, fa attualmente parte della collezione della Tretyakovskaya Gallery. La copia venerata dell'icona è stata realizzata da Simon Oushakov nel 1668 e tenuta nella Cattedrale Minore del Monastero Donskoi (restaurata nel 1930 da Y. I. Bryagin), è stata anche tenuta nella Galleria Tretyakovskaya, è stata consegnata alla Galleria nel 1935 dal Museo delle Arti Anti-Religiose organizzato nei locali dell'ex Monastero Donskoi" ( [28] e [803], Volume 3, pagina 244).
Come può essere? Siamo stati convinti che l'icona sia stata realizzata (scritta?) nel 1392. D'altro canto, vi sono notizie di questa icona venerata dalle truppe di Dmitriy Donskoi nel 1380 e che "accompagnava l'esercito durante la campagna di Mamai" ([239], sopra qv). Ricordiamo ancora una volta al lettore che la Battaglia di Kulikovo si è svolta nel 1380. Anche se la discrepanza che ne risulta è relativamente piccola (solo 12 anni), essa è un chiaro segno di confusione inerente alla versione Romanoviana della Battaglia di Kulikovo.
"Una copia di Nostra Signora del Don è attualmente installata nella cattedrale minore del monastero" ([803], volume 3, pag. 244). Stranamente, né l'identità, né l'Autore della copia sono indicati da nessuna parte.
La chiesa che prende il nome dall'icona di Nostra Signora del Don è la chiesa più antica, la prima e più importante del Monastero Donskoi. Si tratta di "una vecchia cattedrale situata nel centro della parte meridionale della sede del convento" ([803], volume 3, pagine 251-252). Si sa poco sulla fondazione di questa cattedrale.
"La cattedrale è stata eretta nel 1591-1593. Fu il primo edificio in pietra del monastero. La cattedrale è stata spesso ricostruita" ([570] e [803], volume 3, pagina 244).
"L’altare principale porta il nome di Glorificazione di Nostra Signora; questa chiesa, però, è stata più tardi chiamata secondo l'icona di Nostra Signora del Don e non per l'altare; la festa del 19 agosto è anche conosciuta come la festa di Nostra Signora del Don" (Alessandrovskiy Manuscript).
Si presume che la vecchia cattedrale sia stata costruita da F. S. Kon. Secondo le prove del diacono I. Timofeyev, l’Autore degli "Annali", c’era un "ritratto" di Boris Godunov su una delle mura della cattedrale; e comunque sono state trovate tracce di questa immagine [cfr. [150] e il riferimento a questa [ 170] sotto - Aut.] . La cattedrale stessa è una tipica reliquia dell’epoca di Godunov" ([310] e [803], volume 3, pagina 244).
Questo è ciò che l'album con monogrfia intitolato The Donskoi Monastery ([31]) ci racconta della storia della fondazione del convento.
Figura 6.77. L'icona di Nostra Signora del Don. Tratto da [969], pagina 8.
"Nel 1591, alla fine di giugno, Kazy-Girey [evidentemente, Kazak-Geroi, o "l'eroico Cosacco" - Aut.], un Khan Crimeano, si diresse contro Mosca con le sue truppe... il 4 luglio 1591, Kazy-Girey, che si trovava in un campo nel villaggio di Kolomenskoye, dette ordine alla sua avanguardia di condurre una ricognizione offensiva. . . L'avanguardia cercò di aprirsi la strada verso la Porta Kaluga della fortificazione Zemlyanoi (oggi in Piazza Oktyabrskaya), per usare il Guado Crimeano e guadare il Moskva, raggiungendo il Cremlino da una delle rive del fiume. Venne accolto dal fuoco dell'artiglieria Russa. La battaglia infuriò per tutto il giorno, proprio accanto al Goulyai-Gorod [fortificazione mobile fatta di scudi di legno montati su carri - Aut], i Tartari della Crimea si ritirarono, preparandosi alla successiva offensiva. Il Khan divise il suo esercito in due parti per avvicinarsi a Mosca; una parte stava a Kolomenskoye e con l'altra si spostò sulla cima delle Colline Vorobyovy. Boris Godunov lo aveva previsto, e preparò un stratagemma.
In tarda serata, il 4 luglio 1591, tutta Mosca era illuminata da falò accesi sulle torri del Cremlino, del Byeliy Gorod e dei monasteri. Le milizie Moscovite facevano fuoco con i cannoni e battevano i loro tamburi: "Quella notte si sono diretti verso il luogo dove si trovava Kazy-Girey, e hanno iniziato a fare fuoco con i cannoni mentre si avvicinavano" ([720], pagina 444). Nello stesso periodo, un cavaliere disarmato vestito da uomo ricco apparve accanto al campo dei Tartari. Fu preso e portato al Khan, che lo interrogò sulle ragioni del frastuono che facevano i Moscoviti, minacciando di torturarlo. Il prigioniero rispose che un gran numero di rinforzi era arrivato quella notte da Novgorod e da altri principati Russi (CCRC, volume XIV, parte 1, pagina 43). "Il prigioniero venne torturato senza pietà... tuttavia egli è rimase fermo e continuò a ripetere la stessa versione senza alterare una sola parola" ([514], pagina 38). I Tartari, stanchi della battaglia serale e convinti dalla fermezza del prigioniero, gli credettero e fuggirono la notte stessa con tanta fretta che "hanno rotto molti alberi tra Mosca e la città di Serpukhov, calpestando molti dei loro cavalli e uomini" ([514], pagina 38). La mattina seguente non c'erano più Tartari vicino a Mosca.
L'esercito di Kazy-Girey è stato quindi intercettato mentre tentava di attraversare l'Oka e messo in rotta. La campagna di Kazy-Girey si è dimostrata l'ultima campagna Russa che ha raggiunto le mura di Mosca da parte dei Tartari Crimeani.
La sconfitta di Kazy-Girey è stata paragonata alla vittoria sul campo di Kulikovo, che ha portato, tra l’altro, alla offerta a Boris Godunov . . . come ricompensa una coppa d’oro, catturata dall’esercito Russo sul campo di Kulikovo e battezzata "Mamai" ([31], pagine 4-6; anche [803], volume 3, pagina 244).
Un antico disegno intitolato "La sconfitta dell’esercito di Kazy-Girey nei pressi di Mosca nel 1591" ([629], pagina 19), è sopravvissuto su una mappa di Mosca dal libro di Isaac Massa intitolato "Album Amicorum", presumibilmente datato al 1618. Riproduciamo questa mappa nelle figg. 6.78-6.82.
Molti fatti che riguardano Kazy-Girey rimangono poco chiari nella versione Romanoviana e Milleriana. Per esempio, la sconfitta di Kazy-Girey del XVI secolo è esplicitamente paragonata alla battaglia del XIV secolo di Kulikovo. Tuttavia, tale confronto non è affatto spiegato in alcun modo; non vi è alcun commento al riguardo. Questo si può capire facilmente, dato che la versione Milleriana e Romanoviana ha trasferito la Battaglia di Kulikovo da Mosca alla lontana regione di Tula. Kazy-Girey è stato sconfitto vicino a Mosca; le sue truppe hanno seguito lo stesso percorso dell'esercito di Dmitriy Donskoi prima della Battaglia di Kulikovo. Il parallelo è abbastanza ovvio, eppure rimane al di là della comprensione dei colti storici, accecati dall'erronea versione Romanoviana.
La domanda successiva è la seguente. Perché a Boris Godunov sarebbe stata offerta una coppa d'oro chiamata "Mamai"? Si tratta chiaramente di un oggetto importante e prezioso, ovviamente legato alla Battaglia di Kulikovo in qualche modo. Anche questo fatto rimane privo di commenti.
Infine, la versione Romanoviana e Milleriana non spiega la fretta della ritirata di Kazy-Girey - dopotutto ci viene detto che i Tartari non erano stati attaccati da nessuno. Però, si dice che i Tartari "hanno rotto molti alberi tra Mosca e la città di Serpukhov, con molti dei loro cavalli e uomini calpestati" ( [514], pag. 38). Se la sconfitta finale di Kazy-Girey si è verificata all'Oka (da qualche parte nell'area di Podolsk, a giudicare dal percorso di ritiro del suo esercito), perché la chiesa che commemora questa vittoria dell'esercito Russo sarebbe stata eretta a Mosca? Potrebbe essere che Kazy-Girey sia stato sconfitto sotto le mura di Mosca? In questo caso, il parallelo con la Battaglia di Kulikovo, combattuta anche a Mosca, secondo la nostra ricostruzione, diventerebbe tanto più ovvio. È probabile che i Moscoviti lo ricordassero ancora nei giorni di Boris Godunov, motivo per cui la sconfitta di Kazy-Girey è stata paragonata alla vittoria su Mamai.
Da un lato, Kazy-Girey viene considerato al giorno d'oggi un "brutale Tartaro" che aveva tentato di invadere Mosca. Ed è stato sconfitto, proprio come Mamai, un altro "brutale Tartaro". D'altro canto, l'esercito di Kazy Girey ha scelto la stessa strada dell'esercito di Dmitriy Donskoi, il famoso eroe Russo. Si deve ancora una volta dare voce alla presunzione che il nome Kazy-Girey sia un derivato di "Kazak-Geroi", che si traduce come "l'eroico Cosacco". Dobbiamo anche ricordare che le parole "Tartaro" e "Cosacco" erano sinonimi, qv. Sopra. La battaglia con Kazy-Girey potrebbe essere stata combattuta come parte della guerra civile nella Russia del XVI secolo, ovvero l’Orda?
Torniamo alla cattedrale del Monastero Donskoi. Apprendiamo che "non conosciamo nessun documento che possa aiutarci a datare con precisione la costruzione della cattedrale. I. Y. Zabelin ci presenta un calcolo abbastanza convincente basato sui dati delle cronache di [420], pagina 15, che suggerisce che la cattedrale Minore [l’Antica - Aut.] sia stata completata entro il 1593 ([285], pagina 113). Si può presumere che la costruzione sia iniziata nel 1591, poiché la chiesa Spasskaya del monastero di Simonov, costruita in memoria della vittoria su Kazy-Girey (e che non esiste più), è stata eretta alle porte del convento intorno al 1591-1593 ([170]).
Fig. 6.78. Un piano di Mosca dal libro di Isaac Massa intitolato "Album Amicorum". Manoscritto che si presume al 1618. Si suppone sia l’illustrazione alla “La storia di come le truppe di Kazy-Girey furo nel luglio del 1951... La pagina riprodotta descrive la disposizione in battaglia delle truppe.. la parte superiore rappresenta Mosca [629], pagina 19. Notiamo immediatamente un cartiglio vuoto che, probabilmente un tempo conteneva una scritta. Tratto da [629], pagina 19.
Inoltre, Ivan Timofeyev, un reale difensore di Mosca nella battaglia del 1591, sembradatare sia la fondazione del monastero che la costruzione della cattedrale allo stesso anno, a giudicare dallo stile del suo racconto ([170], pagine 198-208)" ([803], Volume 3, pagina 6) . Nella fig. 6.83 si vede una foto moderna dell'Antica (Minore) Cattedrale del Monastero Donskoi. Tra l'altro, vediamo una croce Cristiana gemellata con una mezzaluna che corona la sua guglia; questa è solo un'altra versione della stella e mezzaluna Ottomana, qv nella fig. 6.84. Secondo la nostra ricostruzione, il Cristianesimo era rimasto unito fino al secolo XVI. Nel XVII secolo è emerso il ramo che si sarebbe poi trasformato nell'Islam.
Figura 6.79. Un frammento del piano di Isaac Massa. "In fondo alla pagina vediamo. . . la parte di Mosca nel sud del fiume Moskva e nel campo di Vorobyovskoye, dove il 4 luglio 1591 è stata combattuta la prima battaglia decisiva contro le truppe di Kazy-Girey, Tratto dalla copertina del libro ([629]).
Fig. 6.80. Un frammento del piano di Isaac Massa. "La parte inferiore dell'incisione è più grande; raffigura la cittadella mobile, o gulyay-gorod, e intorno i guerrieri... La cittadella è formata da una fila di scudi di legno con aperture per cannoni" ([629], pag. 19). Tratto dalla copertina del libro ([629]).
Figura 6.81. Un frammento del piano di Isaac Massa. "Come è noto, il Monastero Donskoi è stato fondato proprio lo stesso anno sul sito di gulyay-gorod" (629, pagine 19-20). All'interno della cittadella mobile vediamo il comandante militare dell'esercito che ha difeso Mosca. forse, Boris Godunoy, visto che vediamo con una corona reale trilobata sulla testa del cavaliere. Tratto dalla copertina di [629].
Figura 6.82. Un frammento del piano di Isaac Massa. Vediamo il centro di Mosca e le vicinanze del fiume Yaouza. Si nota come il sito della battaglia di Kulikovo sia pieno di edifici. Ciò contraddice le vecchie mappe di Mosca risalenti alla metà del XVIII secolo, secondo le quali l'intero territorio era rimasto libero da edifici almeno fino al 1768 (cfr. Chron4, capitolo 6, 1 1). Per questo il piano di Isaac Massa è molto probabilmente destinato a risalire come minimo alla metà del XVIII secolo prima. Tratto dalla copertura anteriore di [629],
"Il diacono Ivan Timofeyev scrive nei suoi Annali quanto segue: "L'ambizioso Boris aveva costruito una nuova cattedrale di pietra sul luogo in cui si trovava il treno del reggimento e dove il Signore ha fatto un miracolo e l'ha consacrata alla Beata Vergine Maria come Nostra Signora del Don, da cui il nome Donskoi. Fingeva di essere guidato dalla vera fede; tuttavia, la vera motivazione era la sua incredibile vanità e il desiderio di mantenere vivo per le generazioni future il ricordo del suo nome e la gloria della vittoria. Le sue intenzioni erano chiare, come era stato in molti altri casi, poiché la sua immagine era stata dipinta su una delle mura della cattedrale, come se fosse un santo ([170], pag. 208). Così, la cattedrale Minore era stata originariamente costruita per commemorare la vittoria del comandante militare [Boris Godunov - Aut] sui Tartari, con il suo ritratto dipinto su una delle mura della cattedrale" ([31], pagina .
Una parte del Monastero Donskoi del XVI secolo è giunta alla nostra epoca? La risposta è negativa. I Romanov hanno dato l'ordine di ricostruire radicalmente l'antica cattedrale (Minore) nel XVII secolo. Si dice che "la ricerca condotta negli anni '30 prima dei lavori di restauro del 1946-1950, non è riuscita a scoprire un unico affresco risalente alla fine del XVI secolo. L’opera d’arte, la cui importanza temporale è davvero fondamentale, probabilmente stata cancellata durante la ricostruzione radicale della cattedrale, che è stata realizzata nel 1670" ([31], pagina . I commentatori moderni non possono ignorare il fatto che la posizione dei Romanov in quelle che venivano chiamate "ricostruzioni radicali" è sempre stata palesemente tendenziosa: "I affreschi potrebbero essere stati distrutti prima, se consideriamo l'atteggiamento estremamente fazioso nei confronti di Boris Godunov che aveva prevalso per secoli nel regno Romanoviano ... l'opinione parziale dei Romanov é servita a lungo come punto di vista storico ufficiale... gli affreschi soni probabilmente scomparsi nel primo decennio del XVII secolo, senza che una singola menzione ne fosse stata fatta in alcun documento della chiesa... il diacono Ivan Timofeyev aveva ragione nell'affermare che l'antica cattedrale del Monastero Donskoi sia stata costruita dallo stesso Boris Godunov" ([31], pagine 8-9).
La barbara distruzione degli affreschi nell'antica cattedrale del Monastero Donskoi è solo un episodio della lunga e raccapricciante serie di vandalismi simili che seguirono l'usurpazione Romanoviana, il cui obiettivo era la totale cancellazione dell'antica storia Russa (vedi Chron4, capitolo 14).
La grande cattedrale del Monastero Donskoi che si vede nella fig. 6.85 è stata eretta nel 1686-1698, proprio alla fine del XVII secolo, cioè, già sotto i Romanov. Si può pensare che la nuova decorazione della cattedrale riflettesse già la loro visione "progressista" della storia Russa. E' quindi inutile cercare nella cattedrale le tracce dell'antica storia Russa ("l’Orda"), inoltre anche che "la cattedrale ha subito numerose riparazioni e ristrutturazioni" ([31], 21). Il XVII secolo può essere considerato come la soglia di credibilità della storia consensuale del mondo, e questo si conferma anche nella storia del Monastero Donskoi.
Figura 6.83. La Cattedrale Minore (Antica) del Monastero Donskoi a Mosca. Tratto da [31].
Figura 6.84. La cupola della Cattedrale Minore (Antica) del Monastero Donskoi a Mosca. Vdiamo sulla cima un simbolo tipico delle chiese Russe - una croce Cristiana che comprende la mezzaluna Ottomana e la stella. Tratto da [31].
Concludiamo con la formulazione delle seguenti considerazioni:
1) A quanto pare, la chiesa del Molto Reverendo Sergiy era stata costruita nel villaggio Moscovita di Kotly prima del XVI secolo - nel 1380, per essere più precisi, per commemorare la vittoria su Mamai nel luogo dove Donskoi si era fermato prima dell'ispezione militare alle truppe. Qui è dove era stata eretta la Madonna del Don, e più tardi il Monastero Donskoi.
2) Quanto all'icona di Nostra Signora del Don, nella fig. 6.77, anch’essa deve essere stata parte di questa parte della chiesa (forse anche mobile). Avrebbe potuto essere stata trasferita lì dopo la fondazione della nuova chiesa e del monastero, che ha preso il nome da questa icona.
3) Il nome dell'icona (Nostra Signora del Don) è spiegato dal fatto che è stata data a Dmitriy Donskoi dai Cosacchi del Don. Bisogna ricordare che anche l'icona della Madonna di Vladimir è stata venerata a Mosca durante il regno di Dmitriy (cfr fig. 6.86). Le due icone si assomigliano molto.
Per saperne di più su queste icone, la loro storia, le migrazioni e la localizzazione corrente in [420], Volume 2, pagine 198208, [963], pagine 111, 143, 153 e 161, e [969], edizione 1, ill. 1.8.
4) La scelta del luogo per il Monastero Donskoi (originariamente la chiesa di Nostra Signora del Don) deve essere legato alla Chiesa della Beata Vergine Maria costruita dal reverendo Sergiy di Radonezh a Kotly nella città di Mosca, dove erano presenti le truppe di Dmitriy. La Chiesa forse era già molto antica nel secolo XVI, poiché erano passati circa due secoli dalla battaglia di Kulikovo. Tuttavia, sembra che nel XVI secolo fosse ancora nota la posizione del campo di battaglia. È possibile che l'ambizioso Boris abbia tentato di far apparire i propri atti superiori alle le vittorie del XIV secolo di Dmitriy Donskoi, da cui il ritratto nella chiesa. La versione retrospettiva suggerita dagli storici moderni non sembra convincente neanche per loro, e quindi continuano a parlare della scelta strategica della località, ecc. È possibile che molti degli eventi oggi legati alla battaglia di Kulikovo si riferiscano davvero all'epoca di Boris Godunov e di suo fratello Dmitriy - il secolo XVI.
Figura 6.85. La grande cattedrale del Monastero Donskoi a Mosca. Sulle sue cupole si vedono le stesse croci Ortodosse composte di mezzaluna ottomana e stella. Tratto da [31],
5) L’ implicito paragone con la battaglia di Kulikovo viene appena citato, gli storici non paragonano mai nessun documento reale, limitandosi a menzionare la coppa "Mamai". Perché questo? L'ovvio parallelo è tra i percorsi dei due eserciti e la scelta del luogo di battaglia, sia nel XIV che nel XVI secolo (i villaggi di Kolomenskoye e Kotly a Mosca, il Guado Crimeano e così via). Tuttavia, l'erronea posizione consensuale della Battaglia di Kulikovo (la regione di Tula) fa sì che simili analogie risultino eretiche per qualsiasi storico. Per questo ci presentano nient'altro che confronti vaghi, frammentari e illogici.
Corollario. I fatti sopra citati confermano la correttezza, seppur indirettamente, della nostra ricostruzione secondo cui la battaglia di Kulikovo è stata combattuta nella zona centrale di Mosca.
Figura 6.86. L'icona di Nostra Signora di Vladimir. Preso da [969], ill. 1.
Figura 6.87. "Il Piano di Mosca, la Capitale Imperiale", 1768. Citiamo solo il frammento del piano con il Cremlino e i suoi dintorni fino al fiume Yaouza. Quello che vediamo qui è virtualmente uno spazio vuoto Secondo la nostra ricostruzione, questo è proprio il luogo della battaglia di Kulikovo che ebbe luogo nel 1380. Tratto dalla copertina di [629].
Figura 6.88. Un frammento del "Piano di Godunov" che si suppone risalga ai primi del 1600, quando la parte di Mosca tra il Cremlino e l’estuario del Yaouza, o il Kulishki, è già piena di edifici. Pertanto, il piano in questione non può essere anteriore al 1768. Tratto da [627], pagina 55.
Figura 6.89. Un frammento del "progetto di Pietro", o un piano di Mosca risalente ai presunti anni 1597-1599, in cui la parte di Mosca tra il Cremlino e l’estuario di Yaouza, o il Kulishki, è già piena di edifici. Pertanto, il piano in questione non può essere anteriore al 1768. Tratto da [627], pagina 51.
14.2. La vera datazione dei presunti antichi piani di Mosca che oggi si dice risalgono al secolo XVI-XVII
E' curioso che la parte di Mosca dove suggeriamo che la battaglia di Kulikovo sia stata combattuta (il Kulishki) sia, nel piano di Isaac Massa, piena di edifici. Questo è molto strano, perché l'intera regione è considerata priva di edifici e di costruzioni nelle due mappe sostanzialmente più recenti del 1767 e del 1768 (rispettivamente figg. 6.53 e 6.87 cfr. [629] e Chron4, capitolo 6:11). A quanto pare, il ricordo del fatto che una violenta Battaglia sia stata combattuta qui nel 1380 è vissuto per molti secoli, e a nessuno sarebbe venuto in mente di insediarsi su un gigantesco cimitero. Solo molto più tardi, quando la vera storia di Mosca è stata distorta in modo sproporzionato, sono apparse qui le prime costruzioni. Tuttavia, anche queste erano legate in qualche modo ai militari e non ci sono mai stati edifici residenziali qui; oggi questo sito è occupato dagli edifici del Ministero della Difesa e delle istituzioni collegate. Pertanto, gli Autori della " Mappa Isaac Massa" devono aver vissuto nella seconda metà del XVIII secolo, già dopo il 1768. Il piano deve essere stato disegnato intorno a quell'epoca e leggermente retrodatato al XVII secolo, ed è quindi un falso.
Questo fa sembrare inaffidabili anche la datazione di altre otto famose mappe di Mosca - tutte considerate molto antiche. Esse sono le seguenti:
1) "La Bozza Godunov", presumibilmente risalente ai primi del 1600.
2) "La Bozza di Pietro", una mappa di Mosca Evidentemente datata al 1597-1599 ([627], pag. 51).
3) "La mappa Sigismund", presumibilmente datata al 1610, incisione di L. Kilian ([627], pag. 57).
4) "La mappa Nesvizhskiy", presumibilmente datata al 1611 ([627], pag. 59).
5) La mappa di Mosca, presumibilmente incisa da M. Merian nel 1638 ([627], pag. 75).
6) La mappa di Mosca tratta da “Viaggio a Mosca, in Persia e in India” di A. Olearius, presumibilmente risalente all’anno 1630 ([627], pag. 77).
7) La mappa di Mosca da “Viaggio a Moscovia” di A. Meierberg, presumibilmente datata al 1661-1662 ([627], pag. 79).
La mappa di Mosca dell'album di E. Palmquist Evidentemente risalente al 1674 ([627], pag. 81).
Esaminiamo i frammenti delle mappe sopra citate che raffigurano il Kulishki, o l'area tra il Cremlino e l'estuario del Yaouza, qv nelle figg. 6.88-6.95. Ognuna di queste mappe raffigura questa zona come terra edificata, il che porta alla conclusione che nessuna di esse può precedere il 1768, allo stesso modo della mappa di Isaac Massa. Le datazioni del XVII e XVI secolo sono state introdotte da falsari. La cartografiadi Mosca è piena di palesi falsi.
I nostri oppositori potrebbero teorizzare di sviluppo di edifici del XVI-XVII secolo nel sito di Kulishki, che sono stati demoliti in seguito per qualche oscura ragione, e nuove costruzioni che appaiono verso la fine del XVIII e persino al XIX secolo. Tuttavia, ciò è altamente improbabile - se un territorio così grande e situato oltretutto nel centro stesso della capitale fosse stato sviluppato, non sarebbe rimasto privo di edifici per troppo tempo, anche presumendo che alcuni di essi siano stati demoliti. Ci deve essere una buona ragione perché un sito nel centro di una capitale rimanga vuoto per un così lungo periodo di tempo.
Figura 6.90. Un frammento della "mappa Sigismund", o un piano di Mosca risalente al presunto anno 1610, per cui la parte di Mosca tra il Cremlino e l'estuario di Yaouza, o il Kulishki, è già piena di edifici. Pertanto, il piano in questione non può essere anteriore al 1768. Tratto da [627], pagina 57.
Figura 6.91. Un frammento del "piano Nesviga" risalente al presunto anno 1611, in cui la parte di Mosca tra il Cremlino e l'estuario di Yaouza, o il Kulishki, è già piena di edifici. Pertanto, il piano in questione non può essere anteriore al 1768. Tratto da [627], pagina 59.
Figura 6.92. Un frammento della mappa di Mosca incisa da M. Merian nel presunto anno 1638, dove la parte di Mosca tra il Cremlino e l'estuario di Yaouza, o il Kulishki, è già piena di edifici. Pertanto, il piano in questione non può essere anteriore al 1768. Tratto da [627], pagina 75.
Figura 6.93. Un frammento della mappa di Mosca contenuta nel libro di A. Olearius intitolato "Un viaggio verso Moscovia, Persia e India", presumibilmente risalente all’anno 1630. La mappa rende perfettamente visibile che l'area di Kulishki tra il Cremlino e l'estuario di Yaouza è costruita. Questo è sufficiente per dare al piano una data successiva al 1768. Tratto da [627], pagina 77.
Figura 6.94. Un frammento della mappa di Mosca dal libro di A. Meierberg intitolato "Un viaggio verso Moscovia", presumibilmente datato 1661-1662, dove la parte di Mosca tra il Cremlino e l'estuario di Yaouza, o il Kulishki, è già piena di edifici. Pertanto, il piano in questione non può essere anteriore al 1768. Tratto da [627], pagina 79.
Figura 6.95. Un frammento di un piano di Mosca dell'album di E. Palmquist, presumibilmente risalente al 1674. Vediamo edifici in tutta Kulishki, o l'area tra il Cremlino e l'estuario del fiume Yaouza. Pertanto, il piano non può essere stato elaborato prima del 1768. Tratto da [627], pagina 81.
Ci sono prove che la "Bozza Godunov" abbia subito una trasformazione di qualche tipo. Si presume che l'unica copia sopravvissuta del piano sia stata fatta nel 1613; porta la dicitura "Mosca secondo l'originale di Fyodor Borisovich". Gli storici ci dicono che "secondo l'iscrizione, l'originale della mappa è stato fatto dal principe Fyodor, figlio di Boris Godunov" ([627]), pagina 55. Storici Romanoviani e Milleriani ammettono che l'originale è andato perduto; è impossibile sapere se la copia differisce o meno in alcun modo da esso. Consideriamo questa "scomparsa" dell'originale come altamente sospetta.
14.3. Ulteriori osservazioni sulla battaglia di Kulikovo
1. È possibile che il luogo chiamato Mikhailov sul fiume Chura sia collegato al nome di Mikhail, il Grande Principe di Tver. Si sa che aveva lanciato due campagne contro Mosca, passando l'inverno lì. Tuttavia, dato che Mikhail di Tver si era battuto contro i discendenti di Daniel, il Gran Principe di Mosca, cercando di impossessarsi della città, i vincitori avrebbero potuto prendersi cura di far sparire le tracce materiali del viaggio di Mikhail; invece, la tradizione orale li ha preservati.
2. Bisogna prestare particolare attenzione ai luoghi in cui si trovavano i primi palazzi principeschi. Una volta c'era un villaggio Danilov a nord del monastero di Danilov, come anche il palazzo di Daniel Aleksandrovich, fondatore del monastero ([62], pagine 101-104 e 109-111).
3. Il palazzo reale di Dmitriy Donskoi doveva trovarsi nel villaggio di Mosca, Kolomenskoye. Non vi sono prove dirette che lo confermino; tuttavia, "si dice che nel 1380 Dmitriy Donskoi abbia costruito una chiesa a Kolomenskoye per commemorare la vittoria nel Campo di Kulikovo; oggi c'è la chiesa di San Giorgio su quel sito" ([294:1], pag. 7). Inoltre, "Kolomenskoye è conosciuto come un villaggio principesco e un luogo strategico sulla strada di avvicinamento a Mosca. . . Le truppe Russe si erano fermate a Kolomenskoye dopo la grande battaglia di Kulikovo. . . l'antica chiesa di San Giorgio è stata costruita qui per onorare l’esercito Russo; è possibile che alcuni dei soldati morti per le ferite dopo la battaglia siano stati sepolti qui" ([821:1], pagina 23). Apprendiamo di un antico cimitero di Kolomenskoye, che esisteva nel XIII secolo e che fu poi chiuso ([821:1], pagina 24).
4. Il palazzo di Ivan il Terribile si trovava nel villaggio di Vorobyovo presso le Colline Vorobyovy ( [301] , pag. 64). Gli storici ritengono che sia stata la sua residenza di campagna; tuttavia, è molto probabile che sia servita in origine come palazzo principale prima della costruzione del Cremlino sull'altra sponda del Moskva. La grande dimensione del palazzo reale sulle Colline Vorobyovy viene enfatizzata in [537:1], pagina 56.
Si scopre che alcuni dei palazzi principali dei principi Russi erano situati a sud del Moskva e la sua parte bassa paludosa nota come Don prima della battaglia di Kulikovo e per un po’ anche dopo. Questo spiega i riferimenti al Campo di Kulikovo come situato "oltre il Don" e il nome della cronaca Zadotishchina, il cui nome si traduce letteralmente come "Scritti dell'altra parte del Don".
5. Torniamo ad alcune antiche chiese e monasteri di Mosca per tracciare i loro legami con la battaglia di Kulikovo. Citiamo alcuni dati aggiuntivi tratti dal giornale "Nedyelya", #1/96, pagina 21.
a) Il Convento Ougresh Stavropegial di San Nicola (Strada 6 Dzerzhinskaya): "Il monastero è stato fondato nel 1380 su ordine di Dmitriy Donskoi, che lo aveva eretto per commemorare la sua vittoria sul Campo di Kulikovo".
b) Il Monastero Stavropegial della Natività di Nostra Signora (Strada 20, Rozhdestvenka): "Il monastero è stato fondato nel 1386 per commemorare la vittoria nella Battaglia di Kulikovo".
c) Il Convento Stavropegial Sretenskiy (Strada 19, Bolshaya Lubyanka): "Il monastero è stato fondato intorno al 1395". Non vengono fatti riferimenti diretti alla Battaglia di Kulikovo; tuttavia, sia la data che l'ubicazione corrispondono.
d) La Chiesa di San Nicola e la Trinità che dà la Vita a Bersenevka nell'Upper Sadovniki (Terrapieno 18, Bersenevskaya): "C 'era un monastero qui, conosciuto dal 1390".
14.4. Le origini del nome Mikhailovo al Fiume Chura a Mosca
Come si è detto in precedenza, alcune edizioni della Zadonshchina riferiscono che uno dei soldati di Dmitriy, Foma Katsybey (o Kochubey) si trovava a guardia del fiume Chura nei pressi di Mikhailovo ([631], pag. 217). Gli storici non lo possono localizzare in nessuna parte della regione di Tula, dove pretendono si trovi il campo di Kulikovo. Quindi, o cercano di contestare l'autenticità di questo passaggio, o inventano antichi insediamenti, che oggi non esistono, che richiamano il nome di Kochur Mikhailov. D'altro canto, si può ricordare il nostro dettagliato resoconto sul fatto che un fiume chiamato Chura (come indicato in molte vecchie mappe) attraversa Mosca ancora oggi (vedi sopra). A proposito, bisogna menzionare il seguente fatto particolare. Chura ha un tributario chiamato Krovyanka. Stranamente, alcune mappe recenti usano il nome Krovyanka per riferirsi all'intero fiume Chura. Perché? Gli storici cercano di cancellare il "pericoloso" nome di Chura dalla memoria?
È sulla riva del fiume Chura che troviamo una traccia distinta di un antico tratto chiamato Mikhailov, proprio accanto al cimitero Musulmano. Si tratta di un grande quartiere dove quasi tutte le strade portano il nome Mikhailovskaya, qv sopra anche su qualsiasi altra mappa di Mosca.
Si sa poco delle origini del nome Mikhailovo vicino al fiume Chura a Mosca; I libri moderni sulla storia di Mosca considerano sufficiente rintracciare il nome di Mikhailov in "uno dei proprietari locali" – cioè un signore del XX secolo.
Tuttavia, la combinazione dei due nomi (Chura e Mikhailov) deve ancora essere percepita come pericolosa dagli storici, dato che la Zadonshchina (dove si incontrano questi nomi) è un'opera nota. Il fatto che il nome di Krovyanka sia stato attribuito alla parte stessa del fiume Chura che corre vicino a Mikhailov può essere in diretto rapporto con la riluttanza degli esperti storici a vedere nomi legati alla toponimia di Mosca menzionati nella Zadonshchina.
Citiamo anche i dati che indirettamente confermano le antiche origini del nome Mikhailovo. Karamzin fa riferimento due volte al villaggio di Mikhailovskoye (o Mikhalevskoye), nel commento 326 al volume IV e nel commento 116 al volume V (cfr. [362], libro I, commenti al volume IV, capitolo IX, colonna 125; anche il libro II, commenti al volume V, capitolo I, colonna 41. Alcuni dei testamenti lasciati dai principi Russi citano anche il villaggio di Mikhailovskoye.
Ci si chiede quale fosse l'identità del principe Mikhail, il cui nome è stato poi dato al villaggio di Mikhailovo sul fiume Chura. Daniil Aleksandrovich, il primo Principe Indipendente di Mosca, salì al trono dopo Mikhail il Coraggioso Principe di Tver, poiché Mosca faceva parte all'epoca del principato di Tver. Non si sa nulla della sede di Mikhail a Mosca. Daniil ha mantenuto relazioni amichevoli con i Principi di Tver. Il palazzo di Daniil e il monastero da lui fondato si trovavano nei pressi del fiume Moskva, del monastero di Danilov e del cimitero di Danilovskoye, che esistono ancora oggi. è possibile che il sito scelto da Daniil per la costruzione dei palazzi e del monastero si trovasse nelle vicinanze dell'ex quartier generale di Mikhail il Coraggioso, il precedente sovrano. Gli storici discutono sui possibili luoghi della tomba di Daniil; una delle versioni, che ci sembra la più plausibile, suggerisce che Daniil sia vissuto e sia stato sepolto nel suo villaggio Danilov e nel monastero da lui fondato.
Si presume inoltre che il figlio di Daniil Youri (Georgiy) Danilovich, erede al trono di Mosca, avesse una pessima relazione con Mikhail Yaroslavich, il Principe regnante di Tver che era arrivato a Mosca due volte - nel 1305 e nel 1307. La prima volta i Principi si erano accordati per una tregua; la seconda volta Mikhail cercò di conquistare Mosca, e a lungo si era accampato alle mura della città - ma fu poi costretto a ritirarsi. Se il quartier generale del Principe Moscovita fosse stato all'epoca nei pressi del villaggio Danilov, avrebbe senso presumere che Mikhail avesse fissato il campo lì vicino. Ci sono perciò notizie che abbia passato uno degli inverni a Mosca. Il presupposto logico sarebbe che la sua sede si trovasse vicino al villaggio Danilov - forse proprio in cima all’alta collina accanto a Chura, dove si trovano una moltitudine di strade e corsie che condividono il nome Mikhailovskaya.
Siamo quindi portati alla teoria secondo cui il nome Mikhailovo è collegato con Mikhail il Coraggioso, suo nipote Mikhail Yaroslavich, o con entrambi i personaggi. Citiamo il seguente passaggio della storia di Mosca di Ivan Zabelin: "Lo stesso anno. . . nel 1329. . . Ivan Danilovich [il Gran Principe di Mosca – Auth] ebbe l'idea di . . . erigere una chiesa in pietra accanto alla sua corte e consacrarla alla Trasfigurazione di Cristo; questa chiesa era stata progettata in sostituzione della fatiscente Chiesa del Salvatore nei Boschi, dove i resti di Mikhail, Gran Principe di Tver ucciso nell'Orda, erano ancora conservati nel 1319 ... In quei giorni esisteva già il monastero vicino alla chiesa - potrebbe essere il più antico monastero di Mosca. . . secondo i racconti più recenti di vecchi saggi, questo monastero era stato fondato sull'altra sponda del Moskva... da Daniil Aleksandrovich, il padre di Ivan Danilovich. . . e anche che Ivan Danilovich aveva trasferito l'archimandrita di Danilovo e alcuni preti scelti al Cremlino" ([284], pag. 77).
L'implicazione è che una certa chiesa del Salvatore nei Boschi, dove il corpo di Mikhail, il defunto Principe di Tver era conservato, si trovava vicino al monastero Danilovskiy - forse, nelle vicinanze di Mikhailovo sul fiume Chura, da cui il nome Mikhailovo (o Mikhailov). Pertanto, la nostra ricostruzione non contraddice l'antica tradizione.
Abbiamo già menzionato sopra come il nome stesso del libro che contiene un resoconto della battaglia di Kulikovo (Zadonshchina ) si riferisca al fatto che la battaglia si è svolta lungo il fiume dove allora abitava il Principe ("za Donom" si traduce come "oltre il Don"). Ciò è in sintonia con la nostra ipotesi che il Cremlino non esistesse all'epoca e non potesse essere stato il centro della città, mentre il palazzo di Dmitriy si trovava sulla riva destra del Moskva, così come i palazzi dei suoi predecessori (prima nelle vicinanze del Monastero Danilov e Mikhailovo sul fiume Chura, e poi a Kolomenskoye).
14.5. L'icona Grebnyovskaya data a Dmitriy Donskoi e il fiume Chura a Mosca
Alcune fonti (qv in seguito) riferiscono che la cosiddetta Icona Grebnyovskaya della Beata Vergine Maria fosse stata data a Dmitriy Donskoi proprio prima della battaglia di Kulikovo. Le fonti concordano che i Cosacchi che avevano dato l'icona a Dmitriy provenissero dal fiume Chura, Chira o Chara, e si definivano i Cosacchi di Grebnyovskiye. Le origini del nome non possono essere tracciate da documenti esistenti. Una delle versioni suggerisce che Grebnyov fosse il nome del loro Ataman, un altra - che questi Cosacchi provenissero dalla città di Grebni o dal villaggio di Grebnyovskaya, e un'altra ancora lo considera il nome di una delle tribù Cosacche (allo stesso modo dei Cosacchi di Zaporozhye, i Cosacchi di Yaik, i Cosacchi di Terek, ecc. ), piuttosto che una posizione geografica esplicita. Procediamo citando le fonti.
L'opera in quattro volumi intitolata Forty Times Forty riporta quanto segue nella descrizione della chiesa immaginaria consacrata all'icona Grebnyovskaya della Beata Vergine Maria in Piazza Lubyanskaya a Mosca: "Alexandrovskiy suggerisce. . . che la chiesa Grebnyovskaya sia stata costruita per ospitare l'icona con lo stesso nome, che è stata portata qui dalla cattedrale del Cremlino, costruita in pietra da Vassily III. Una vecchia leggenda dice che l'icona è stata data a Dmitriy Donskoi dai Cosacchi del fiume Chara, che scorre nel Don nei pressi dell'estuario" ([803], volume 2, pagina 253).
Y. P. Savelyev scrive quanto segue nel suo notevole libro dal titolo The Ancient History of the Cosacks (Mosca, Veche, 2002): "Quando i Cosacchi del Don delle città di Sirotina e Grebni sentirono che Dmitriy Ivanovich, Principe di Mosca, stava raccogliendo le sue truppe per resistere contro i Tartari, vennero ad aiutarlo, e gli diedero l'icona con il gonfalone di Nostra Signora del Don e l'icona Grebnyovskaya della Beata Vergine Maria" (pagina 199). E. P. Savelyev fa riferimento alla "Cronaca di Antoniy, l'Archimandrita del Monastero Donskoi, 1592" dalla "Descrizione storica del Monastero Donskoi Stavropegial a Mosca" di I. Y. Zabelin, seconda edizione, 1893.
Savelyev prosegue riferendo che "Stefan, il metropolita di Ryazan, menziona il fatto che l'icona in questione sia stata data a Dmitriy dai Cosacchi della "città di Grebni situata nell'estuario del fiume Chira" nella sua storia sull'icona Grebnyovskaya della Beata Vergine Maria del 1712. L'icona si trova al Lubyanka di Mosca" (pagina 1997) e racconta al lettore i vani tentativi degli storici di localizzare le città di Sirotin e Grebni sul fiume Don.
Tuttavia, se dobbiamo identificare la mitica Chira o Chara col fiume Chura a Mosca, tutto diventa chiaro all'istante, dal momento che il famoso Monastero Donskoi si trovava sul fiume Chura. Secondo la nostra ricostruzione, le truppe di Dmitriy sono passate da questo posto mentre si avvicinavano al luogo della Battaglia di Kulikovo. Anche l'icona di Nostra Signora del Don era conservata qui; è possibile che le due famose icone sopra citate siano state date a Dmitriy proprio in questo posto.
Comunque non abbiamo trovato alcuna indicazione letteraria sull'attuale posizione di queste icone, o qualcosa che confermi che esse esistono ancora.
Concludiamo con l'ipotesi che il nome Cheryomushki (una zona di Mosca) sia molto antico; potrebbe derivare dai nomi Chura e Mikhailovo, Chura e Mosca. Si tratta di una possibilità da esaminare ulteriormente.
Inoltre, facciamo riferimento a un fatto interessante che ci è stato ricordato da V. P. Fyodorov. Il 23 agosto 2002 il Vechernyaya Moskva ha pubblicato un articolo intitolato "La Capitale Deve Recuperare i Suoi Antichi Laghi", in cui si legge che il parco storico di Kossino a Mosca è il luogo dei "tre laghi più antichi di Mosca: il Lago Nero, il Lago Bianco e il Sacro Lago . . . molte proprietà curative sono attribuite a quest ultimo - secondo l'antica leggenda, qui c’è una chiesa sommersa ... speriamo che, dopo la fine dei lavori di pulizia, i Moscoviti riescano ancora una volta ad apprezzare gli effetti salubri del lago (un'altra leggenda dice che i partecipanti alla Battaglia di Kulikovo si sono bagnati qui per curare le loro ferite). Il limo nella parte inferiore del lago contiene iodio, bromo e argento; è stato usato per curare i reumatismi sin da tempi immemorabili". Pertanto, nelle vicinanze di Mosca c'è anche un altro posto direttamente legato alla battaglia di Kulikovo, che coincide perfettamente con la nostra ricostruzione.
"Il Battesimo della Russia" e "I Cosacchi come Aryani: dalla Russia all'India", i libri di Fomenko e Nosovskiy, dimostrano che l'importanza fondamentale della battaglia di Kulikovo deriva dalla sua natura religiosa - è stato uno scontro tra le due correnti principali del Cristianesimo di quell'epoca, vale a dire quella dello Zar e l'Apostolica (capeggiate rispettivamente da Mamai-Khan e Dmitriy Donskoi). La storia "antica" riflette la Battaglia di Kulikovo come la famosa battaglia tra l'Imperatore Romano Costantino I il Grande e Massenzio (Licinio). Dopo la vittoria sul Campo di Kulikovo, l'imperatore Dmitriy Donskoi = Costantino il Grande ha reso il Cristianesimo Apostolico la religione di stato di tutto il Grande Impero "Mongolo".
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CAPITOLO 7
DALLA BATTAGLIA DI KULIKOVO A IVAN IL TERRIBILE |
1. LA CATTURA DI MOSCA DA PARTE DI DMITRIY = TOKHTAMYSH NEL 1382 E LA NASCITA DELLA MOSCOVIA COME STATO
Nel 1382 Tokhtamysh-Khan arrivò a Mosca e conquistò la città. Pare che Dmitriy Donskoi, avendo vinto una battaglia di importanza capitale sul campo di Kulikovo due anni prima, questa volta non abbia nemmeno cercato di resistere ai Tartari, fuggendo in fretta da Mosca a Kostroma. Dmitriy si trovava perciò a Kostroma durante la cattura di Mosca da parte dei Tartari. La città fu difesa dal principe Lituano Ostey, ucciso quando i Tartari fecero irruzione nella città ([435], pagg. 235-236).
Secondo la nostra ricostruzione, Dmitriy Donskoi e Tokhtamysh-Khan sono solo due nomi del medesimo personaggio storico. La sua capitale doveva essere a Kostroma. Nel 1382 le truppe di Dmitriy hanno attaccato e conquistato una una fortificazione Lituana nel territorio di Mosca. Dmitriy (o Tokhtamysh) potrebbe essersi astenuto dall'effettiva partecipazione alla battaglia, restando a Kostroma, la sua capitale. Ricordate che il nome Lituania si riferisce al regno Russo Occidentale con capitale a Smolensk. Mosca stava al confine tra il Regno Russo Orientale del Volga (La Grande Russia) e la Russia Occidentale, conosciuta anche come Lituania o Russia Bianca. Dmitriy inizia a costruire Mosca in questo periodo, il che lo rende il fondatore de facto di Mosca come grande città.
Sembra che Dmitriy Donskoi = Tokhtamysh Khan sia diventato il successivo Gran Principe della Russia Bianca; questo probabilmente a causa di lotte interne e conflitti nell'Orda. E' risaputo che Tokhtamysh finì, inaspettatamente, alla corte del principe Lituano subito dopo il 1382. I Lituani = i Russi Bianchi rifiutarono di consegnare il fuggitivo Tokhtamysh all’Orda, nonostante siano stati messi in fuga dall’Orda stessa ([183], volume 1, pagine 109-110).
2. L'IDENTITÀ DELLA LITUANIA E LA POSIZIONE DELLA SIBERIA
La questione dell’identità della Lituania è molto importante nel presente discorso. Le fonti del XVI secolo lo risolvono sensa troppi problemi — il nome Lituania veniva utilizzato per riferirsi a uno Stato Russo con capitale a Smolensk. Più tardi, quando Jagiello (Jacob), il Gran Principe della Lituania, salì sul trono Polacco, le parti Occidentali della Lituania andarono alla Polonia. A proposito, è noto che i reggimenti di Smolensk hanno preso parte alla famosa Battaglia di Griinwald. Nonostante gli storici sostengano che abbiano svolto un ruolo secondario, supponendo che il principe di Lituania fosse già a Vilna. Tuttavia, la famosa "Leggenda dei Principi di Vladimir" localizza esplicitamente a Smolensk la capitale del principe Heidemin, fondatore della dinastia Lituana ([637]).
Diretti riferimenti al fatto che la Lituania fosse un principato Russo venivano fatti da S. Herberstein, l'ambasciatore Austriaco nella Russia del XVI secolo. Un suo antico ritratto si vede nella fig. 7.1. Pensiamo alle origini del nome Lituania. La radice non vocalizzata della parola è LTN, che con ogni probabilità deriva dalla parola Latino ed è un sinonimo della parola Cattolico. In altri termini, i Lituani erano i Cattolici Russi. Una parte dell'antico Impero Russo era caduta sotto l'influenza della Chiesa Cattolica, da cui il nome Lituania. Il termine in questione è di origine tardiva. La Grande Lituania, come si dice nelle cronache, è solo un ricordo dell'antico regno Russo, che comprendeva anche il territorio della moderna Lituania. È vero che la Mongolia (alias Megalion) estendeva i suoi vasti territori "da mare a mare", come giustamente viene detto dagli storici moderni che studiano la Grande Lituania. Per quanto ne sappiamo non esiste una sola antica cronaca scritta in Lituano; mentre ci sono molte cronache scritte in Russo. Sigismund Herberstein, l'inviato Austriaco presso la Corte Russa, scrive quanto segue: "La Russia è attualmente divisa in tre domini su cui regnano tre sovrani. La maggior parte appartiene al Gran Principe di Mosca, la seconda in grandezza al Gran Principe di Lituania (in Littn), e il terzo al Re di Polonia, che è attualmente [nella seconda metà del XVI secolo, cioè - Aut.] il sovrano sia della Lituania che della Polonia" ([161], pag. 59). Ricordiamo che la prima edizione del libro di Herberstein risale al presunto anno 1556. Gli storici sottolineano il fatto che il termine Russia impiegato da Herberstein si riferisce all'"antico Stato Russo" - in altre parole, il significato del termine nel secolo XVI aveva senso solo in riferimento allo Stato come era nell'XI-XIII secolo ([161], pagina 284, commento 2). La nostra affermazione sulla Lituano e Latino siano sinonimi è confermata da Herberstein nel modo seguente: "Solo due regioni del paese non sono veramente Russe – la Lituania (Lithwania o Lythen) e la Zhemaytia; sebbene il loro abitanti vivano in Russia, parlano una lingua propria e aderiscono alla fede Latina. La maggior parte di loro è di etnia Russa" ([161], pag. 59).
Fig. 7.1. Sigismund Herberstein, inviato imperiale. 1559. Xilografia del libro intitolato "Biografia del Barone Herberstein per i Grati Discendenti". Vienna, 1560" ([90], pag. 48).
Il nome della Lituania moderna deriva pertanto dalle due province Russe di cui sopra. Anche oggi la popolazione Lituana si concentra nella città di Kaunas, che è di fatto la capitale Lituana nel senso moderno del termine secondo gli stessi Lituani. Non è l’unico caso di denominazione geografica con un significato completamente diverso noto nella storia Russa. Un altro esempio è il nome "Siberia". Nel secolo XVI questo nome veniva utilizzato per un principato nel corso medio del Volga; la città di Oulianovsk (Simbirsk) che esiste ancora deve essere stata in qualche momento la capitale di questo principato. Questo è ciò che Sigismund Herberstein ci dice in proposito: "Il fiume Kama scorre nel Volga a dodici miglia a valle di Kazan; la provincia di Siberia era adiacente a questo fiume" ([161], pag. 162). Così, nel XVI secolo la Siberia era ancora sul Volga; la sua "migrazione" verso Est è avvenuta più tardi.
3. IL PARALLELO TRA LA STORIA RUSSA E LITUANA
La genealogia di tutti i principi Lituani è nota dalla "Leggenda dei Principi di Vladimir". Non conosciamo altre fonti. Il lavoro in questione risale al XVI secolo. Secondo gli storici, "Non si conosce il momento esatto in cui queste leggende sono apparse, e non si sa nulla della loro esistenza prima del secolo XVI" ([637], pagina 725). Questa opera sostiene che Heidemin (Gidemin) sia stato un principe di Smolensk. Il suo successore aveva il nome di Nariman-Gleb; Poi Holgerd, sposato con Ouliana di Tver. Il fratello di quest'ultimo era diventato principe a Vilna durante il suo regno; evidentemente, Holgerd era rimasto ancora a Smolensk. A Holgerd successe Jacob o Jagiello, che "cadde nell'eresia Latina" e divenne alleato di Mamai. Fu sconfitto da Dmitriy Donskoi. Poi Jagiello divenne Re di Polonia, e un suo parente, il nipote di Heidemin, chiamato Vitovt, si stabilì vicino al luogo chiamato Troki o Trakai. Vediamo due rami genealogici: i Polacchi e i Lituani. Si scopre che questa genealogia è finita nella "Leggenda dei Principi di Vladimir" per una buona ragione - c'è un parallelismo dinastico tra i principi Lituani e i principi Moscovite, il cui regno è contemporano. Qui non c'è alcuno slittamento cronologico - i governanti legati insieme dal parallelismo avevano regnato nello stesso periodo. Il parallelismo in questione è il seguente.
a) Gli Zar (Khan) della Russia (L’Orda).
b. I principi di Lituania.
1 a. Russia (Orda). Youri Danilovich + Ivan Danilovich = Ivan Kalita (Caliph), 1318-1340, ha regnato per 22 anni.
■ lb. Lituania. Heidemin, 1316-1341, ha regnato per 25 anni. La durata del regno dei due governanti (22 e 25 anni) è abbastanza vicina l'una all'altra.
1.1a. Russia (Orda). Ivan Kalita (Caliph) è il fondatore di una dinastia. Yaroslav il Saggio è un riflesso fantasma che lo sposta verso la fine del presunto XI secolo, qv. sopra
■ 1.1b. Lituania. Heidemin è anche il fondatore di una dinastia.
1.2.a. Russia (Orda). Yaroslav il Saggio divide lo stato tra i suoi diversi figli nel suo testamento.
■ 1.2.b. Lituania. Anche Heidemin divide lo stato tra i diversi figli.
1.3.a. Russia (Orda). Dopo la morte di Yaroslav, i suoi figli cominciano a complottare per il trono. Disordini.
■ 1.3.b. Lituania. Anche i figli di Heidemin cominciano a lottare per il potere dopo la morte del padre. Disordini.
Commento. Questo conflitto su larga scala del XIV secolo è piuttosto noto - nel breve periodo tra il 1359 e il 1380, circa due dozzine di Khan si erano seduti sul trono Russo. Il conflitto del XIV secolo probabilmente non viene riflesso nella storia della "dinastia Moscovita" fondata da Ivan Kalita a causa del fatto che Mosca non esisteva ancora. Questo sarebbe accaduto solo alla fine del secolo XIV. La storia del XIV secolo a Mosca è solo una copia fantasma della storia dei Khan. Dopo la divisione del regno, il parallelismo tra la dinastia Russa e quella Lituana scompare per un po’. Le due dinastie sono divise. Entrambi fanno risalire la propria origine a Ivan Kalita = Yaroslav il Saggio = Heidemin. La dinastia Lituana regna in Occidente e il suo dominio comprende il territorio moderno di Mosca, mentre la dinastia Moscovita ha sede nella Grande Novgorod, o area di Yaroslavl, Kostroma e Vladimir.
2.a Russia (Orda). Sequenza di sovrani: Simeone il Fiero (1340-1353, ha regnato per 13 anni), Ivan il Mite (1353-1359), ha regnato per 6 anni, Dmitriy di Suzdal (1359-1363), ha regnato per 4 anni, e Dmitriy Donskoi 1363-1389), ha regnato per 26 anni.
■ 2.b. Lituania. Sequenza di sovrani: Yevnout alias Ivan seguito da Nariman, alias Gleb. regnano nell'epoca 1341-1345; tutte le informazioni a disposizione sono molto vaghe.
Fig. 7.2. Un disegno di Vitovt tratto dal libro "A Description of Sarmatia in Europe" di A. Guagnini, presumibilmente datata 1581. Tratto da [578], libro 1, pagina 819, illustrazione 408.
Poi abbiamo Holgerd (1345-1377), che ha regnato per 32 anni, e Jagiello (1377-1392), che ha regnato per 15 anni. Jagiello = Jacob = Vladislav diventa Re di Polonia nel 1386 ([797], pag. 1565; cfr. anche [637], pagine 432-435). Le correnti dinastiche di Mosca e Lituania si unificano ancora una volta - questo accade alla fine del XIV secolo, dopo Dmitriy Donskoi, e il parallelismo continua.
3.a. Russia (Orda). Vassily I (1389-1425) ha regnato per 36 anni.
■ 3b. Lituania. Vitovt (1392-1430) ha regnato per 38 anni. Le due durate del regno (36 e 38 anni) coincidono bene. Un vecchio ritratto di Vitovt tratto da un libro del presunto anno 1581 si vede nella fig. 7.2.
Commento. Facciamo notare un fatto sorprendente: i sigilli di Vassily I e Vitovt sono sopravvissuti fino ad oggi. Sono identici e recano la stessa iscrizione ([794], pag. 129). Per maggiori informazioni, vedere il sito Web.
4.a. Russia (Orda). Dmitriy Yourievich (1425-1434) ha regnato per 9 anni.
■ 4.b. Lituania. Sigismund (1430-1440) ha regnato per 10 anni. Le durate di regno dei due sono molto simili.
5.a. Russia (Orda). Ivan III (1462-1505) ha regnato per 43 anni (o, in alternativa, 57 anni tra 1448 e 1505; tra l'accecamento del padre e l'inizio del regno reale nel 1448.
■ 5.b. Lituania. Kasimir (1440-1492) ha regnato per 52 anni. Le durate di regno sono in buona corrispondenza (rispettivamente 57 e 52 anni). Il parallelismo si ferma qui e cessa di esistere entro il secolo XVI. Si presume che la Lituania e la Polonia si siano fuse sotto Casimiro, che nel 1447 diventa Re di Polonia. I sigilli dei Gran Principi sono materiale di grande valore per la nostra ricerca. Sullo stemma Lituano vediamo un guerriero montato armato di una spada o di una scimitarra - proprio come la figura di San Giorgio che ci è familiare nello stemma di Mosca. Tuttavia, le antiche versioni di questi ultimi non assomigliano semplicemente allo stemma Lituano, ma sono del tutto identiche. Questo è chiaramente visibile dalle fotografie delle monete coniate da Ivan Vassilyevichin [161], pagina 125. Ogni moneta raffigura un cavaliere che tiene in mano una spada (o una scimitarra) - non una picca. Studiamo il sigillo di Vassily I Dmitrievich dell'almanacco dal titolo "Sigilli Russi" ([794]) riprodotto nelle figg. 7.3 e 7.4. Il cavaliere è armato di spada e non c'è in giro nessun drago ucciso. Vediamo lo lo stesso nello stemma Lituano. Il sigillo di Vasilij I è quindi del tutto identico al sigillo di Vitovt, Gran Principe di Lituania e contemporaneo di Vassily. Gli storici a questo proposito dicono: "Un semplice paragone tra il sigillo del Gran Principe Vassily Dmitrievich (allegato al suo secondo e terzo testamento) e quello utilizzato da Vitovt negli ultimi decenni del suo regno dimostra che sono identici" ( [794] , pag. 129). Inoltre: "Sebbene entrambe i sigilli siano tradizionalmente attribuiti a Vassily I, non si può fare a meno di notare che sono completamente identici a quelli del suo genero Vitovt, il Gran Principe di Lituania.
Figura 7.3. Il sigillo di Vassily I Dmitrievich del suo secondo testamento. I moderni commentatori ritengono che l'iscrizione circolare sia "illeggibile" ([794], pag. 150). Tratto da [794], sigillo 19, tra le pagine 128 e 129.
Figura 7.4. Il sigillo di Vassily I Dmitrievich dal suo terzo testamento. Tratto da [794], sigillo 19, tra le pagine 128 e 129.
L’iscrizione è in Latino, come nel caso del sigillo di Vitovt" ([794], pag. 150). Ricordiamo inoltre che l’iscrizione trovata sul sigillo di Vassily (il doppio di Vitovt, come si può a capire) è perfettamente visibile, qv nella fotografia nel [794]. Tuttavia, gli storici ritengono che essa "non possa essere decifrata" ([794], pag. 150). E 'sorprendente come le iscrizioni sui sigilli di Vasilij I e di Vasilij II siano spesso dichiarati illeggibili, nonostante le loro eccellenti condizioni. La questione è che il testo è scritto in una miscela di caratteri Latini e Russi con altre lettere e simboli e questi ultimi sono oggi difficili da decifrare. Inoltre, ciò che vediamo sul sigillo di Vasilij II, per esempio, (#25 in [794] ) è la leggenda perfettamente leggibile "Il Gran Principe Vassilij Vassilyevich" intrecciata con un'altra iscrizione - altrettanto chiara, ma apparentemente incomprensibile, che usa un alfabeto dimenticato. Il guerriero montato con una picca che uccide un drago (San Giorgio) compare per la prima volta sul sigillo di Ivan III Vassilyevich, insieme ad altri due sigilli con aquila bicefala. Questo significa che lo stemma Moscovita era identico a quello della moderna Lituania fino a Ivan III - evidentemente i Lituani hanno conservato l'antico stemma Russo nella sua forma originale. Il nostro corollario è quindi il seguente: lo stemma Lituano è identico a quello di Mosca. Per quanto riguarda lo stemma usato dalla dinastia dell’Orda di Yaroslavl, è molto simile a quello usato oggi dalla città di Vladimir - un leone (o un orso) che regge un lungo mazzapicchio. Che l’animale in questione sia un orso o un leone è difficile da capire dalle vecchie rappresentazioni dell’emblema.
4. LA RUSSIA (CIOÈ L’ORDA) NELLA PRIMA METÀ DEL XV SECOLO. UN’EPOCA DI DISORDINI
L'epoca tra Dmitriy Donskoi e Ivan III è molto poco coperta da fonti storiche. E' il momento di una guerra in cui i discendenti di Ivan Kalita = Yaroslav il Saggio = Batu-Khan stavano lottando per il potere; questo conflitto della metà del XV secolo è ben conosciuto nella storia. È curioso come i decreti del principe sopravvissuti risalenti all'epoca in questione non abbiano né data né riferimenti al luogo in cui sono stati critti. Ciò risulta evidente dai materiali raccolti ne Gli Atti Storici Compilati e Pubblicati dalla Commissione Archeografica ([8]), volume 1. Questa raccolta contiene i documenti ufficiali Russi superstiti, i più antichi dei quali risalgono al XIV secolo. Si presume che molti di loro ci abbiano raggiunto nella loro forma originale. Nessuno dei decreti o degli atti che precedono Vassily III riporta indicazioni sulla data e il luogo della loro creazione (ad eccezione di un unico atto del 1486), ma il nome del principe è strappato, qv in [759], pag. 64). Inoltre, il Gran Principe di tutta la Russia è il titolo introdotto nel regno di Vasilij III.
I nostri commenti. La capitale era ancora a Kostroma o Vladimir, e non a Mosca. Per questo, i titoli dei principi "Moscoviti" non contenevano la formula "Gran Principe di Mosca" - i governanti venivano semplicemente chiamati Gran Principi. Il nome di Mosca è assente dai documenti dell'epoca - Ryazan viene citata molto più spesso, per esempio, e Yaroslavl viene chiamata dominio del Gran Principe ([759], pagina 52). Tutto ciò fa sembrare piuttosto strani i documenti che precedono Ivan III. Secondo la nostra ricostruzione, lo stato di Moscovia era inesistente all'epoca - i Khan della Russia (o l'Orda) avevano ancora base sul Volga. I titoli usati non erano conformi alla versione della storia insegnata nelle scuole moderne, e l'alfabeto è stato dimenticato nel corso degli anni. Pertanto, la storia Russa che precede il regno di Ivan III è un'epoca buia – e come vediamo, i documenti sopravvissuti di quell'epoca ovviamente non corrispondono alla versione consensuale, che sostiene che Mosca era già capitale all'epoca. Esisteva, è probabile, ma come centro locale fondato in tempi relativamente recenti, e non somigliava per nulla alla capitale dell'Impero nel suo insieme. Questa epopea è anche segnata dalle azioni di un certo misterioso e onnipotente boiardo di nome Ivan Dmitrievich Vsevolozhskiy – che riesce in qualche modo a mettere sul trono i Gran Principi e poi a rimuoverli ([435], pagina 254). È possibile che questo "boiardo Vsevolozhskiy" sia realmente lo Zar di Tutto il Volga ( vse-Volzhskiy ) - lo Zar-Khan del Regno del Volga, conosciuto anche come "Orda d'Oro". Da qui il suo potere sui principi. Questa è un'ulteriore indicazione del fatto che Mosca non era all'epoca una capitale. In generale, nel XV secolo vediamo una quantità anormalmente grande di "Gran Principi": Suzdal, Tver, Ryazan, Pronsk, ecc. ([435], pag. 253). A quanto pare, la Russia assomigliava ancora nelle sue infrastrutture al vecchio Impero Mongolo o la Grande Orda. Non c'era la Moscovia, nonostante la città di Mosca esistesse già. La capitale si trovava ancora nella "Signore Grande Novgorod", ovvero in un agglomerato di diverse città Russe - Yaroslavl, Kostroma, Rostov, ecc. Questa epoca non ha nulla in comune con il modo in cui viene descritta dagli storici di oggi, che l'hanno sostituita con un riflesso fantasma di storia relativo alla Russia di Mosca della fine del XV-XVI secolo. Ciò che in realtà abbiamo è davvero un'epoca buia - non possiamo decifrare nemmeno i pochi documenti sopravvissuti dell'epoca. Forse veniva utilizzato un altro antico alfabeto oltre al Glagolitsa - l'alfabeto Cirillico è stato probabilmente introdotto nel regno di Ivan III, dopo il suo matrimonio con la principessa Greca Sofia Palaiologa, o anche più tardi.
5. IVAN III
5.1. Principati Russi uniti sotto il dominio di Mosca durante il regno di Ivan III. La fine dei disordini
Oggi ci viene detto che il "Giogo Mongolo" è finito nel 1481, dopo la cosiddetta "Opposizione dell’Ougra", quando le truppe di Ivan III hanno affrontato l'esercito del "Mongolo" Akhmat-Khan. Non c'è stata alcuna battaglia tra i due eserciti, che si sono separati dopo essere rimasti l'uno di fronte all'altro per un po' ([362]). Un antico disegno di questo evento si può vedere nella fig. 7.5. Fate attenzione al fatto che i guerrieri su entrambi i lati del fiume sembrano esattamente uguali; inoltre, anche le insegnei dei due eserciti sono identici.
Vediamo cosa ci raccontano le cronache sull'evento in questione. Si scopre che nello stesso anno 1481 lo Zar Ivan Shibanskiy e i suoi 15.000 Cosacchi avevano attaccato Akhmat-Khan, irrompendo nel suo campo e uccidendolo ( [36], pagina 95). Gli storici chiamano questo Zar "Khan Ivan Shibanskiy" ([435], pagina 288). Le cronache riportano anche che non c'è stata alcuna battaglia tra i due eserciti ([36], pag. 95). È degno di nota il fatto che lo Zar Ivan Shibanskiy scompare dalla storia Russa senza lasciare traccia dopo aver compiuto un'impresa così grande.
Il commento è il seguente: Ivan Shibanskiy è solo lo stesso Zar Ivan III. In questo caso però sarebbe il Khan dell'Orda. E infatti è proprio così nella nostra ricostruzione; e come vediamo esce vittorioso dai disordini.
Dopo la sua vittoria su Akhmat, Ivan III sconfigge Abreim, lo Zar (o Khan) di Kazan l'anno successivo. Poi conquista l'intera Siberia Meridionale, fino all'Ob, poi Novgorod, e Vyatka qualche anno dopo.
Il nostro principale corollario è il seguente: il "Giogo Mongolo" non cessò nel 1481, né l'Orda sparì da nessuna parte. Uno dei Khan dell’Orda è succeduto a un altro, e basta. Il Khan Russo Ivan III è salito al trono di conseguenza. Ricordoamo che le cronache Russe usano la parola "Zar"; noi usiamo "Khan" per sottolineare i legami tra la dinastia Russa dell’Orda e la dinastia Moscovita fondata da Ivan III.
Fig. 7.5. Antica miniatura che raffigura l' "Opposizione dell’Ougra" del 1480. I guerrieri Russi e Tartari sembrano perfettamente identici. Inoltre, le insegne di battaglia di entrambi gli eserciti sono assolutamente identiche. Tratto da [264], libro 2, pagina 117.
5.2. I Turchi e i Russi che hanno preso Costantinopoli nel 1453. Mosca e il suo alias "La Terza Roma"
Costantinopoli, o la "Seconda Roma" (detta "Nuova Roma") cade nel 1453, durante il regno di Ivan III. Si presume che sia stata conquistata dagli Ottomani = Ataman, venuti dai Balcani Slavi. Bisogna prestare particolare attenzione al fatto che Gli Ottomani attaccarono Zar-Grad, o Costantinopoli, dal Nord - la parte Balcanica ([455], pagina 191).
I nostri commenti. è possibile che le truppe Russe abbiano preso parte al famoso assedio di Costantinopoli. Questo evento si è forse riflesso nella leggenda del "Cappello di Monomakh" portato da Costantinopoli come trofeo. Ricordiamo al lettore che le relazioni tra Mosca e Costantinopoli si erano interrotte fino alla conquista della città da parte degli Ottomani = Ataman, e poi erano state riprese.
Va ricordato che due partiti Bizantini avevano lottato per il potere a Costantinopoli prima della caduta della città. Uno di loro (il Palaiologi) era pro-Occidentale, l'altro (rappresentato da Giovanni Cantacuseno, tra gli altri, qv in [455], pagina 183) - pro-Turco. Le relazioni tra Bisanzio e la Russia si deterioravano ogni volta che un monarca filo-Occidentale saliva al trono e i sovrani Russi li accusavano di sentimenti pro-Cattolici. Tuttavia, queste relazioni rifiorivano immediatamente ogni volta che il trono veniva reclamato da un sovrano filo-Ottomano. Il partito pro-Ottomano si è rivelato vittorioso quando gli Ottomani hanno conquistato Costantinopoli (questo evento è noto oggi come "la caduta di Costantinopoli"). Le relazioni tra Mosca e la Turchia erano rimaste buone e stabili fino al XVII secolo e solo sotto i Romanov si sono deteriorate.
5.3. Il matrimonio tra Ivan III e Sophia Palaiologa e il cambio di usanze alla corte di Mosca
La storia Milleriana e Romanoviana ci racconta il matrimonio tra Ivan III e Sophia Palaiologa, la principessa Greca, e i cambiamenti radicali avvenuti alla corte di Mosca. Secondo un contemporaneo, "Il nostro Gran Principe aveva cambiato tutti i nostri costumi" ([435], pag. 276). Secondo Kostomarov, "Questa riforma dei costumi. . . era stata davvero l'introduzione di metodi di governo autocratici" ([435], pag. 276). Le misteriose iscrizioni sul sigillo del Gran Principe in una scrittura illeggibile (qv menzionato sopra e nel [794]) cessano di esistere sotto Ivan III, e i decreti emanati dalla corte reale si accompagnano all'indicazione del tempo e del luogo della loro creazione.
6 . VASSILY III COME SOVRANO DI TUTTA LA RUSSIA
Vassily III (1505-1533), figlio di Ivan III, è stato il primo a diventare noto come Sovrano di tutta la Russia ( [8] ) e Zar ( [ 161 ] , pagg. 74-75). Questi eventi risalgono alla prima metà del XVI secolo.
7. I SIGILLI DEI GRAN PRINCIPI (O KHAN) DEI SECOLI XV-XVII
Riproduciamo diversi sigilli dei sovrani Russi risalenti all'epoca del XV-XVII secolo. Li abbiamo tratti dal libro di G. V. Vilinbakhov intitolato L’Insegna Russa e il Suo 550° Anniversario ( [ 134] ). L'autore ci dice tra l'altro: "Troviamo singolare che il modello simbolico del sigillo attribuito all'Imperatore Federico III e risalente al 1442 (con l'imperatore e le sue regalie sul fronte del sigillo e l'aquila bicefala sul retro) sia molto simile al sigillo del Gran Principe Ivan III del 1497, con un cavaliere sulla faccia frontale e con la stessa acquila bicefala sul retro" ([134], pag. 25). Il sigillo di Ivan III si trova nella fig. 7.6. L'eccezionale somiglianza tra i due sigilli si spiega perfettamente con la nostra ricostruzione, secondo cui Federico III è il riflesso dello Zar Russo (Khan) Ivan III nelle cronache dell’Europa Occidentale; questo monarca era l'imperatore onnipotente che vedevano gli Occidentali.
Fig. 7.6 dell'Europa Occidentale. Il sigillo del Grande Zar, o Khan Ivan III, risalente al presunto anno 1497. Gli stessi storici sottolineano la somiglianza tra questo sigillo e il sigillo di Federico III d’Asburgo, o lo stesso Ivan III, secondo la nostra ricostruzione (vedi Chron7, capitolo 13). Tratto da [134], pagina 23.
1) Nella fig. 7.7 vediamo la Bolla d'Oro (Testamento?) di Vassily III Ivanovich ([134], pag. 26).
2) Nella fig. 7.8 si vede il Sigillo Minore di Stato di Ivan Vassilyevich IV "Il Terribile" del 1539. È identico al sigillo di Ivan III, qv nella fig. 7.6. Questo fatto è anche in perfetta concomitanza con la nostra ricostruzione.
3) Anche il sigillo che vediamo nella fig. 7.9 si presume appartenga a Ivan Vassilyevich IV "Il Terribile", e risale al 1569. Tuttavia, questo sigillo è completamente diverso dall'altro – vediamo che c’è un unicorno sopra. Stranamente, questa immagine scompare poco dopo dai sigilli reali degli Zar Russi. Anche questo fatto si spiega con la nostra ricostruzione, secondo la quale l'Ivan che aveva governato nel 1569 era una diversa persona, quindi aveva un sigillo diverso.
4) Nella fig. 7.10 vediamo la Bolla d’Oro di Ivan IV "Il Terribile" del 1562.
5) Nella fig. 7.11 vediamo il Sigillo di Stato Mediano dello Zar-Khan Fyodor Ivanovich risalente al 1589. Il suo disegno è quasi identico alla Bolla d’Oro degli Zar (Khan) precedenti.
6) Nella fig. 7.12 vediamo il Sigillo Minore di Stato di "Dmitriy Ivanovich, Principe di Mosca" e il Sigillo Minore di Stato dello Zar Mikhail Fyodorovich. Teniamo in considerazione il fatto che nel sigillo di Dmitriy Ivanovich la forma dell'aquila è stranamente "in anticipo sul suo tempo" di circa 50 anni - l'aquila disegnata in questo modo, con le ali aperte e alzate, appare sulle insegne per la prima volta nel 1654 ([ 134], pag. 35).
Figura 7.10. La Bolla d'Oro (Testamento?) di Zar, o Khan, Ivan IV Vassilyevich ("Il Terribile"), preso da [134], pagina 29.
Figura 7.13. Il Secondo Maggiore Sigillo di Stato dello Zar Alexei Mikhailovich, è stato realizzato in modo nuovo. Anche il lato opposto è mancante da [134], con spazio vuoto rimasto sulla pagina. Tratto da [134], pagina 35. Una replica d'oro del XVIII secolo che imita la medaglia d'oro di coronazione di Dmitriy Ivanovich del 1605, che divenne nota come "Falsa Dmitriy I" nella storia romana. Sembra che l'originale della medaglia sia stato distrutto perché non soddisfaceva le condizioni fissate dagli storici romanoviani. L'hanno sostituita con una "medaglia rettificata". Tratto da [550], pagina 103.
Figura 7.15. Il sigillo di Stato minore (doppio sigillo) di Czar Mikhail Fyodorovich. Date a partire dal 1627. Tratto da [134], pagina 33. Figura 7.16. Il Grande Sigillo di Stato di Czar Alexei Mikhailovich. Date del 1654. Il suo contrario è assente da [134], nonostante l'abbondanza di spazio. Tratto da [134], pagina 34. Figura 7.17. Il sigillo di Ivan Kalita (1328). Su di esso vediamo la versione della croce cristiana che assomiglia a una stella a sei punte (o tamga), conosciuta oggi come la stella di Davide. Presa dall’appendice a [648:1], sigilli 9 e 10.
Figura 7.7. La Bolla d'Oro (Testamento?) dello Zar, o Khan, Vassily III Ivanovich, del 1514. Questa datazione potrebbe essere errata di diversi decenni, qv in CHRON7, Capitolo 13. Tratto da [134], pagina 26.
Ecco come la vediamo rappresentata sul sigillo di Alexei Mikhailovich del 1668, qv nella fig. 7.13. E 'immediatamente evidente che quello che abbiamo davanti a noi è un falso - questo spiega anche lo strano titolo "Principe di Mosca per Grazia di Dio" trovato sul sigillo di Dmitriy Ivanovich (v. fig. 7.12). Il fatto che segue dà un significato anche a questo riguardo: nella fig. 7.14 vediamo quella che gli storici chiamano "La medaglia d'oro per l'incoronazione che porta l'immagine di Lzhedmitriy I [il nome si traduce come "falso Dmitriy"], stampata a Mosca nel 1605 ([550], pag. 103). Si potrebbe pensare che un importante manufatto dell'epoca sia arrivato ai giorni nostri - ma non sembra essere così. Ci dicono che l'oggetto in questione è una "replica del XVIII secolo" ([550], pag. 103). La medaglia è stata quindi emessa circa 100 anni dopo il regno del "falso Dmitriy". Sarebbe bene chiedersi dove si trovi l'originale e quanto corrisponda alla replica Romanoviana del XVIII secolo. Il manufatto in esame è probabilmente un falso da attribuire agli specialisti che erano agli ordini degli storici Romanoviani del XVIII secolo; questi ultimi avevano l'obiettivo di distorcere i veri eventi del XVII secolo. Ci deve essere stato qualcosa riguardo agli originali che non si adattava al concetto di "nuov storia Russa" scritto dai Romanov. L'originale deve essere stato distrutto e sostituito dalla copia "corretta", per servire alle generazioni future come aiuto visivo a imparare la storia della Russia. Si deve pensare che la replica abbia inizialmente fatto la parte dell'originale. Dopo un certo periodo, la versione Scaligeriana e Milleriana della storia aveva raggiunto una posizione di maggiore stabilità nella letteratura storica e nella mente della gente, mentre la vera storia era stata dimenticata. Il fatto che la medaglia in questione fosse solo una replica viene "finalmente ricordato", e ammesso in modo paternalistico – e quindi la sfacciata scritta di "replica del XVIII secolo" sulla placca museale.
7) Nella fig. 7.15 si vede il Sigillo Minore Statale di Mikhail Fyodorovich risalente al 1627.
Nella fig. 7.16 vediamo il Grande Sigillo di Stato di Alexei Mikhailovich risalente al 1654.
Concludiamo con il sigillo di Ivan Kalita = Caliph che risale alla prima metà del secolo XIV (vedi fig. 7.17). È di grande interesse - vediamo un sigillo Tartaro (noto come tamga) in cima al sigillo, e un altro tamga in fondo che ha la forma di una stella esagonale. Essa è generalmente riconosciuta come simbolo Ebraico; tuttavia, come si evince chiaramente dall'illustrazione, ciò non era nel XIV secolo. La stella esagonale nota oggi come Stella di Davide era un'ennesima versione della croce Cristiana, e faceva parte del precoce simbolismo Cristiano nell'epoca dell'XI-XVI secolo, quando il Cristianesimo era ancora unito. Fu solo più tardi, quando il Grande Impero Mongolo si frammentò, che le confessioni multiple hanno cominciato ad esistere; ognuna di loro avrebbe adottato qualcosa dal simbolismo Cristiano precedentemente uniforme - così i Musulmani hanno adottato la mezzaluna e la stella (un'altra forma di croce), e i Giudei hanno iniziato a usare la stella esagonale. Le epoche hanno portato la certezza che il simbolismo in questione fosse quello da tempo immemorabile.
Fig. 7.8.Il Sigillo Minore di Stato (doppio sigillo) dello Zar. O Khan Ivan Vassilyevich (“Il Terribile”). Datato al 1539. Il sigillo, come la scritta su di esso, è virtuakmente identico al sigillo di Ivan III. Tratto da [134], pagina 27.
Fig. 7.9. Il Sigillo Minore di Stato (doppio sigillo) dello Zar, o Khan Ivan Vassilyevich (“Il Terribile”).Datato al 1539, o l’epoca della Oprichnina. Bisogna fare attenzione alla figura dell’unicorno. Tratto da [134], pagina 28.
Figura 7.12. Il Sigillo Minore dello Stato dello Zar Dmitriy Ivanovich (il cosiddetto "fFlso Dmitriy"); forse un falso. A sinistra dell'illustrazione. Il suo lato opposto è assente da [134] per qualche ragione. Sulla destra vediamo il sigillo minore dello Stato di Czar Mikhail Fyodorovich, risalente al 1625. Anche il suo retro è palesemente assente da [134]. Tratto da [134], pagina 32.
Fig. 7.11. The Middle Seal of State of Czar (Khan) Fyodor Ioannovich. Dated to 1589. Taken from [134], page 31.
Figura 7.14. Una replica d'oro del XVIII secolo che imita la medaglia d'oro dell’incoronazione di Dmitriy Ivanovich del 1605, che divenne noto come "Falso Dmitriy I" nella storia Romanoviana. Evidentemente l'originale della medaglia è stato distrutto perché non soddisfaceva le condizioni fissate dagli storici Romanoviani. L'hanno sostituita con una "medaglia rettificata". Presa da [550], pagina 103.
Figura 7.17. Il sigillo di Ivan Kalita (1328). Su di esso vediamo la versione della croce Cristiana che assomiglia a una stella a sei punte (o tamga), conosciuta oggi come la Stella di Davide. Tratto dall’appendice a [648:1], sigilli 9 e 10.
Figura 7.16. Il Grande Sigillo di Stato dello Zar Alexei Mikhailovich. Datato al 1654. Il suo verso è assente da [134], nonostante l'abbondanza di spazio. Tratto da [134], pagina 34.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
confesso di non aver letto tutti i commenti, sono davvero tantissimi e non ce la farò mai a rimettermi in paro!
Quindi non me ne vogliate se bypasso la ricerca e chiedo direttamente a voi se l'argomento è stato già trattato.
Mi riferisco alla ricollocazione non solo cronologica, ma anche geografica degli eventi biblici che è descritta nel libro 400 Anni di Inganni, secondo Fomenko infatti, la maggior parte delle vicende narrate nella bibbia si sarebbero svolte in Italia.
Risulta anche a voi?
"Chi ha capito ha capito e non ha bisogno di consigli, chi non è in grado di capire non capirà mai"
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Risulta anche a voi?
Se non ho capito male, ad essersi svolti in Italia sarebbero gli eventi dell'Esodo.
Personalmente, ho pensato due cose:
1) la striscia di terra che gli ebrei attraversarono in fuga dall'Egitto potrebbe essere stata la penisola italiana,
2) la geografia del nord-est dell'Italia assomiglia alla geografia del Medio-oriente
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Quando l'ingiustizia diventa legge, la Resistenza diventa dovere.
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La Storia: Finzione o Scienza?
Cronologia 4
di Anatoli Fomenko
CAPITOLO 8
L'epoca di Ivan il Terribile. Le origini della storia Russa, i suoi autori e i loro metodi
1. I GRANDI DISORDINI COME SCONTRO TRA DUE DINASTIE.
LA FINE DELL'ORDA E L'INIZIO DEL REGNO DEI ROMANOV
si pensa di conoscere abbastanza bele l'epoca di Ivan il Terribile. Ahimè, tutto ciò è tutt'altro che vero, come molti storici moderni sanno bene.
Tuttavia, questo fatto rimane solitamente nascosto all'attenzione pubblica per motivi che saranno evidenziati più avanti. L'epoca di Ivan il Terribile è uno dei periodi più oscuri, interessanti e intriganti della storia Russa. E' proprio quest’epoca che funge da punto di svolta tra i tempi in cui la Russia era conosciuta anche come l'Orda e il regno dei Romanov.
Queste due epoche sono separate dal regno di Ivan il Terribile e i Grandi Disordini del secolo XVI-XVII che ne sono scaturiti. Di solito si presume che i Grandi Disordini siano iniziati dopo la morte di Boris Godunov; tuttavia, a breve dimostreremo la fallacia di questa presunzione. Il conflitto è iniziato molto prima e copre quasi tutta la storia di "Ivan il Terribile". Questa è una delle maggiori discrepanze tra la nostra versione e quella degli storici Milleriani e Romanoviani.
2. SOPRAVVIVENZA DEI DOCUMENTI ORIGINARI DELL'EPOCA DI IVAN IL TERRIBILE
R. G. Skrynnikov, un ricercatore dell'epoca in questione, ci dice quanto segue:
"L'ostacolo principale incontrato da ogni ricercatore del 'Grande Terrore' del XVI secolo [l'autore si riferisce all'epoca di Ivan il Terribile - Aut.] è l'estrema scarsità di fonti. Gli storici sono costretti a costruire lunghe catene di ipotesi per risolvere equazioni con molte variabili. . . Gli archivi degli Oprichnik che contenevano i fascicoli di tribunale risalenti all'epoca del terrore [l'epoca di Ivan il Terribile - Aut.] furono completamente distrutti" ([755], pagina 10).
Inoltre: "La condizione degli archivi e delle biblioteche Russe del XVI secolo è la peggiore d’Europa" ([775], pag. 23).
Anche i documenti che sono arrivati ai giorni nostri riportano tracce ben distinte di un successivo e tendenzioso editing. Skrynnikov riporta quanto segue:
"La cronaca ufficiale degli Zar ha raggiunto i nostri giorni in diverse copie. I primi capitoli della cronaca Sinodale sono serviti come una specie di bozza. Questo testo è stato modificato sotto Adashev, e successivamente ne è stata fatta una copia pulita. Un'edizione splendida illustrata con una moltitudine di brillanti miniature. . . L'inizio del libro descrive la scomparsa di Basilio III. Doveva occupare l'intero regno di Ivan il Terribile; tuttavia, i lavori sul Libro degli Zar sono stati interrotti, e qualcuno, d’autorità, ha introdotto molte correzioni e inserzioni" ([776], pag. 81). Pertanto, il Libro dei Zar non è affatto un documento originale, bensì la versione più recente di qualcuno.
Molte delle alterazioni introdotte nel libro sono di natura polemica e retorica. . . D. N. Alschitz è stato il primo ad aver notato l'impressionante somiglianza tra gli inserimenti e la prima lettera di Ivan il Terribile a Kurbskiy, suggerendoli come imparentati" ([775], pag. 25). Tuttavia, gli storici Russi hanno già da tempo espresso la giustificata opinione secondo cui la famosa corrispondenza di Ivan il Terribile con Kurbskiy sia un'opera letteraria di narrativa scritta da S. I. Shakhovskiy nel XVII secolo ([775] , pag. 37). Pertanto, l’alquanto incerto commento degli storici sugli inserimenti nel Libro degli Zar, simile alla corrispondenza tra Ivan il Terribile e Kurbskiy, deve implicare che la cronaca stessa (cioè il Libro degli Zar) sia stata scritta e rivista nel XVII secolo. Forse era una versione intermediatra che non ha ricevuto il sostegno reale nonostante l'esuberante lusso dell'edizione ed è stata quindi abbandonata.
Ci sono documenti originali lasciati da Ivan il Terribile? Quasi nessuno, a quanto ci viene detto. D. S. Likhachyov fa notare: "La maggior parte dei documenti di Ivan, così come molte altre opere letterarie Russe, sono sopravvissuti solo come copie tardive fatte nel XVII secolo" ([651], pagina 183). Come copie Romanoviane, in altre parole. Come abbiamo già detto, i Romanov hanno distrutto la maggior parte dei vecchi documenti storici Russi del XVII secolo e ne hanno modificati altri nel modo che ritenevano opportuno.
Si presume che molti documenti originali risalenti all'epoca di Ivan il Terribile siano giunti ai nostri giorni: "fortunatamente, alcune delle opere di Ivan sono sopravvissute come copie del XVI secolo, vale a dire:
Lettera di Ivan a Vassily Gryaznoi,
Epistola a Simeon Beckboulatovich,
Lettera a Stefano Batorius del 1581,
Lettera a Sigismondo II Augusto
Lettera a Khodkevich,
Lettera all'Elisabetta I, Regina d'Inghilterra
Una copia della sua controversia teologica con Jan Rokita ([651], pagina 183).
Questi documenti sono tutto quello che c'è! Ne’ il famoso editto dell’Oprichnina, ne’ il famoso documento Sinodale che si suppone sia stato scritto da Ivan dopo il suo pentimento. Anche l'originale delle sue ultime volontà e del suo testamento sono scomparsi. Dobbiamo sottolineare che si presume che i testamenti di molti altri principi Moscoviti siano giunti a noi nella loro forma originale. Per esempio, Vassily I Dmitrievich (1389-1425, che precede di 150 anni il tempo di Ivan) ha scritto tre testamenti diversi nel corso degli anni del suo regno, e tutti presumibilmente sono sopravvissuti come originali ( [794], pagine 149-150). Anche il testamento originale di Ivan Kalita sarebbe sopravvissuto ([794], pag. 147), nonostante avesse 250 anni in più rispetto ai documenti di Ivan il Terribile, che "è sopravvissuto solo come una copia successiva, in pessime condizioni e senza alcuna data" ([775], pag. 51).
Ad ogni modo, anche nei pochi casi preziosi in cui il documento originale dovrebbe teoricamente essere in perfette condizioni, la situazione manca del tutto di chiarezza. Per esempio, la lettera inviata da Ivan il Terribile ad Elisabetta I, Regina d'Inghilterra, è un documento ufficiale che è sopravvissuto come originale. La pergamena, molto più resistente della carta, è rimasta a Londra sin dal suo ricevimento da Mosca nel 1570 ([639], pagine 587 e 115). Tuttavia, questa missiva "contiene una serie di lacune e il testo è illeggibile in diversi punti" ( [639], pag. 587). Il documento deve essere stato deliberatamente danneggiato per qualche motivo.
Si presume che i predecessori di Ivan il Terribile abbiano lasciato dietro di sé un gran numero di documenti originali. Ad esempio, la compilazione intitolata "Sigilli Russi di Stato" ([794]) contiene un elenco di circa 40 documenti presumibilmente originali dell'epoca di Ivan III Vassilyevich. Tuttavia, in questa compilazione non c'è nessun documento con un sigillo personale di Ivan il Terribile.
Così, gli unici documenti contenenti informazioni pertinenti l'epoca di Ivan il Terribile sono giunti alla nostra epoca come copie recenti. Per esempio, l'intera famosa storia di Ivan il Terribile e dei suoi atti si basa su copie piuttosto sospette fabbricate non prima del XVII secolo. L’opera fondamentale di Skrynnikov dedicata all’epoca di Ivan il Terribile ([775]) non contiene un solo documento originale nel capitolo "Fonti" - Non sorprende quindi che si riferisca a un equazione con molteplici variabili, qv sopra.
3. STRANEZZE NELLA VERSIONE TRADIZIONALE DELLA BIOGRAFIA DI IVAN IL TERRIBILE
Ci asterremo dal fornire una rappresentazione dettagliata della biografia di Ivan, come si evince dai libri di testo scolastici, supponendo che il lettore la conosca dalla moltitudine di fonti disponibili. La tratteremo in breve, per evidenziare le numerose stranezze. Le più evidenti sono le seguenti:
1) Nel 1553 Ivan il Terribile nomina un consiglio di custodi per se stesso. Si può supporre che la missione del consiglio fosse la custodia di suo figlio Dmitriy. Ivan si riprende dalla sua malattia e non scioglie il Concilio. Che senso ha un consiglio di custodi per un monarca onnipotente e in buona salute?
2) Sono stati fatti più volte giuramenti di fedeltà a Ivan il Terribile, il che è del tutto insensato poiché questo evento ha luogo solo una volta nella vita di un monarca. Tuttavia, sono stati fatti più volte giuramenti di fedeltà a Ivan; inoltre, è stato insediato per la seconda volta, con pompa magna e fanfara, dopo molti anni la sua ascensione al trono. Forse il suo primo insediamento del 1547 era stato dimenticato, e così fu deciso di ripeterlo nel 1572, 25 anni dopo? Nella storia Russa non c’è notizia di altri insediamenti o giuramenti di fedeltà multipli.
3) Ivan il Terribile fa Zar Simeon Beckboulatovich - presumibilmente per sostituirlo a se stesso. L'assurda "spiegazione" è che così trovava più facile controllare la Duma.
4) Ivan il Terribile distrugge completamente Novgorod e poi decide di spostare la capitale, la corte e il tesoro pubblico là, qv nel [775], pagina 498 - presumibilmente installando il suo trono tra le rovine carbonizzate della città.
Tutte queste stranezze fanno sì che gli storici definiscano Ivan il Terribile come uno schizoide. P. I. Kovalevskiy, ad esempio, sosteneva che "lo Zar era un nevrastenico, e la sua paranoia e la sua mania di persecuzione hanno portato alla creazione dell'Oprichnina" ([775], pagg. 500-501).
In effetti, una persona che agisce in questo modo assomiglia parecchio a una schizoide. Tuttavia, dobbiamo chiederci se comprendiamo davvero gli eventi che hanno avuto luogo in quell'epoca. Si riferiscono tutti alla biografia di uno stesso monarca? Può essere che diversi monarchi siano stati compressi in un solo Zar? Questo cambierebbe la nostra intera percezione dell'epoca in questione. Descriviamo la nostra ipotesi.
4. I GRANDI DISORDINI DEL XVI-XVII SECOLO COME EPOCA DELLA LOTTA TRA LA VECCHIA DINASTIA RUSSA (MONGOLA) E LA NUOVA DINASTIA OCCIDENTALE DEI ROMANOV.
La fine dell’Orda Russo-Mongola nel XVII secolo
Secondo la nostra ipotesi, l'intero regno di "Ivan il Terribile" (1547-1584) si può naturalmente dividere in quattro regni di quattro diversi Zar, che furono poi uniti in un'unica figura dagli storici. Ciò è avvenuto nel XVII secolo, sotto i Romanov, per un preciso scopo politico - cioè giustificare la rivendicazione del trono Russo fatta da Mikhail Romanov, fondatore della dinastia. L'immagine di uno "Zar grande e terribile" che aveva regnato per più di 50 anni è stata introdotta nella coscienza di massa a questo scopo. I Romanov avevano in mente diversi obiettivi.
La questione è che i Grandi Disordini del XVI-XVII secolo non sono stati un semplice conflitto interno nel Grande Impero Mongolo, ma una lunga e sanguinosa guerra civile, che ha portato a cambiamenti radicali nel sistema governativo Russo. La vecchia dinastia dell’Orda è stata sconfitta; la rivoluzione di palazzo era stata istigata dai rappresentanti dei Romanov, un gruppo di aristocratici che provenivano da Pskov, nell'Ovest della Russia. Saliti al potere nella capitale imperiale, hanno cambiato completamente il carattere del governo. Questa rivoluzione è stata sostenuta da coloro che aderivano alla Riforma nell'Europa occidentale. La successiva epoca storica sarebbe stata cardinalmente diversa, qv in Chron6.
In base alla nostra ricostruzione, questo è ciò che riteniamo sia avvenuto. Procederemo a spiegare come i Romanov abbiano riscritto la storia di questo colpo di stato per le generazioni successive.
Prima di tutto, hanno proclamato "illegittima" la precedente dinastia dell’Orda e l'intera epoca "Mongola" (I Grandi) della storia Russa, definendola un periodo di sfruttamento da parte di sovrani stranieri, conosciuto anche come il Grande Giogo. I predecessori dei Romanov (i Khan dell’Orda della Russia) si sono trasformati in selvaggi invasori provenienti da lontane terre Orientali che avevano usurpato il trono della dinastia Ryurikovich, e la vita precedente nel paese sotto gli "invasori Mongoli" era diventata una triste epoca di violenza. I Romanov stessi si sono quindi presentati come i "restauratori del vero governo Russo" venuti a salvare il paese dai crudeli "invasori stranieri", o Tartari. "Godunov il Tartaro" è stato dichiarato un cattivo senza paragoni e un infanticida.
L'eleganza della frode è sorprendente: i Romanov non hanno alterato fatti storici reali, cambiandone invece interpretazione e il contesto. Ciò ha portato a profonde distorsioni nella storia Russa del Grande periodo "Mongolo". I resti delle truppe Cosacche (o dell'ex Orda) sono stati spinti verso le regioni più lontane dell'impero e dichiarati schiavi fuggiti o malfattori esiliati. I documenti storici superstiti sono stati modificati in modo tendenzioso, dopo essere stati completamente trasformati. Gli storici Romanoviani hanno ricevuto l'ordine diretto di creare una storia dell' "Orda malvagia" e hanno creato una versione che sembrasse plausibile. Tuttavia, non hanno potuto alterare tutto; abbiamo dunque qualche speranza di ricostruire il vero quadro della nostra storia.
Tuttavia, nonostante questo obiettivo strategico primario, i Romanov avevano in mente una serie di altri obiettivi. Si tratta di misure di carattere tecnico e tattico, ma di importanza vitale per i Romanov, in particolare:
a) Nascondere il fatto che i Grandi Disordini erano in realtà iniziati a metà del XVI secolo e non nel XVII - ai tempi di "Ivan il Terribile", e il loro ruolo sovversivo in essi.
b) Giustificare le loro rivendicaziono al trono (a tal fine avevano rivendicato la parentela con il precedente zar legittimo).
c) Nascondere la loro partecipazione all'Oprichnina e alla lotta per il potere, incolpando il "terribile Zar" per tutto lo spargimento di sangue.
d) rintracciare le loro origini in Anastasia Romanova, presumibilmente l' "unica legittima moglie" del "Grande Zar".
Probabilmente è per questo che gli storici Rpmanoviani hanno messo insieme quattro zar in uno, presentando falsamente le loro mogli come mogli di un unico sovrano. Ricordate che la legge ecclesiastica rende il terzo matrimonio l'ultimo ancora legittimo; per questo, i matrimoni degli ultimi re sono stati invalidati, e i loro figli privati del diritto al trono. In seguito è stato dichiarato che Zar Fyodor Ivanovich era morto senza un'erede. Suo figlio, lo Zar Boris Fyodorovich ("Godunov"), è stato dichiarato un usurpatore del trono, e anche questo è falso.
5. IL "REGNO DI IVAN IL TERRIBILE" NELLA NOSTRA RICOSTRUZIONE
5.1. Ivan IV Vassilyevich, regnante nel 1547-1553, come primo Zar dell’ "epoca di Ivan"
Figura 8.1. L'epoca di "Ivan il Terribile". Secondo la nostra ricostruzione, quattro Zar, o Khan, avevano regnato durante questo periodo, e non uno solo, come sostengono gli storici Romanoviani.
Nel 1547 il sedicenne Ivan IV Vassilyevich salì al trono ([776], pagina 23). I sudditi dello Zar giurarono fedeltà al loro nuovo sovrano. Secondo la nostra ipotesi, si sposò una sola volta - con Anastasia Zakharyina Romanova, il cui padre, Roman Zakharyin, era stato fondatore della dinastia Romanoviana ([775], pag. 94). Il regno di Ivan IV Vassilyevich è durato fino al 1553. L'evento più importante del suo regno fu la conquista di Kazan nel 1552. L'anno successivo, nel 1553, Ivan Vassilyevich si ammalò gravemente. Aveva già un figlio neonato di nome Dmitriy, e un altro nacque poco più tardi ([775], pagina 109). Gli storici ritengono che la morte di Dmitriy sia avvenuta subito dopo la "crisi". La nostra ricostruzione dimostra che questo è falso. "Ivan IV era stato colpito da una grave malattia. Delirante per la febbre aveva smesso di riconoscere i suoi parenti. La sua scomparsa era attesa da un giorno all’altro. La sera dell’11 marzo 1553, un gruppo di boiardi vicini allo Zar giurò fedeltà a Dmitriy, il neonato erede al trono" ([776], pag. 48).
La nostra opinione è che la salute di Ivan IV Vassilyevich si fosse deteriorata a tal punto che non poteva più partecipare agli affari di stato. Forse morì poco dopo. Skrynnikov sottolinea la seguente circostanza, che potrebbe servire come conferma indiretta di questo fatto: "il prematuro giuramento di fedeltà del 1553, dimostra che gli Zakharyin erano certi dell’imminente scomparsa dello Zar" ([775], pag. 114).
Ivan IV era divenuto straordinariamente pio prima di ammalarsi. Si sa che in quel periodo era sotto la forte influenza di un prete di nome Silvestro: "Le opinioni del sacerdote e le storie che aveva raccontato al monarca diciassettenne avevano impressionato Ivan. La trasformazione di Ivan il Terribile in un fanatico religioso può essere attribuita a Silvestro. . . Il fatto che lo Zar fosse diventato un Cristiano rinato aveva avuto un grande impatto sulle usanze della corte. I viaggiatori Inglesi che andavano in Russia in quei giorni erano stupiti dalle abitudini del sovrano Moscovita. . . Lo Zar evitava i grandi divertimenti e non apprezzava molto la caccia, trovando grande piacere nelle liturgie. . . Ivan ha avuto le sue prime visioni lo stesso anno [nel 1552 - Aut.]" ([775], pagina 125).
Skrynnikov riferisce anche che questa era stata l'epoca dei cosiddetti "yourodivye", o "Giullari di Dio" - uno dei più rispettati "era stato il Beato Basilio, che andava senza vestiti in inverno e in estate e portava al collo pesanti catene di ferro. La sua morte è stata registrata negli annali ufficiali dello Stato; il sant’uomo fu sepolto nel monastero di Troitse-Sergiyev, al suo funerale hanno partecipato moltissime persone" ([775], pagina 126).
Il ritratto più autentico e il più antico tra quelli sopravvissuti di Ivan il Terribile è il cosiddetto ritratto di Copenaghen, secondo [776], pagina 182 (cfr. fig. 8.2). È conservato nell'archivio reale di Danimarca. Questo ritratto è in realtà un'icona – ed è dipinto su una tavola di legno con vernice al tuorlo d'uovo in un modo caratteristico per le icone. Inoltre, questa icona ha una rientranza speciale, dove si trova l'immagine, con i bordi del ritratto che sporgono verso l'esterno. È una cosa che troviamo solo sulle icone, dato che queste indentazioni sono legate al simbolismo ecclesiastico. Va inoltre sottolineato che la fabbricazione di tale indentazione è tutt'altro che semplice – questo rende le icone molto più difficili da fabbricare, in conformità con le esigenze specifiche delle autorità ecclesiastiche. Questo è un dettaglio che riguarda antiche icone dipinte su assi di legno prima del XVII secolo.
La nostra ricostruzione è la seguente: il Beato Basilio non è altro che lo Zar Ivan IV Vassilyevich (15471553).
Figura 8.2. L'icona che ritrae Ivan IV (San Basilio?) è conservata nel Museo Nazionale di Copenhagen. Tratto da [780], colore inserito dopo pagina 64.
Siamo del parere che nel 1553 lo Zar Ivan si sia ammalato gravemente e abbia quindi interrotto tutti i suoi legami con lo Stato e le sue vicende, essendo diventato un pio asceta, o un "giullare di Dio" ( yourodivy ). Il nome di Basilio non è che una versione della parola Greca "basileus" che si traduce come "re". Quando Ivan = il Beato Basilio (il Re Benedetto) morì, la sua morte fu naturalmente registrata negli annali ufficiali, e al suo funerale hanno partecipato molte persone - non era un semplice asceta che veniva seppellito, ma un ex Zar! Ivan IV = il Beato Basilio è stato canonizzato. Oltre al Beato Basilio, il Taumaturgo Moscovita, nel calendario Ortodosso si cita anche il Beato Ivan, anche lui Moscovita e taumaturgo, ma non si conoscono particolari della sua vita. Si presume che sia morto a Mosca nel 1589, e il suo corpo sia stato "sepolto cerimonialmente nella Chiesa del Beato San Basilio" ([362], libro IV, annotazione 469 nel volume X). La stessa cattedrale del Beato San Basilio, in altre parole. Potrebbe darsi che la stessa personalità storica (Ivan = Basilio il Beato) finisca per essere elencata due volte - una volta come Vassily, e poi come Ivan.
Il fatto che Ivan IV, il conquistatore di Kazan, possa essere identificato come il Beato San Basilio è indirettamente confermato dal fatto che la famosa cattedrale di Pokrovskiy nella Piazza Rossa di Mosca, costruita per commemorare questa conquista, è ancora nota come la cattedrale del Beato San Basilio.
5.2. Il neonato Dmitriy Ivanovich è il secondo Zar del periodo di regno di "Ivan il Terribile" nel 1553-1563. Di fatto il regno del Consiglio eletto
Al giorno d'oggi si presume che il primo figlio di Ivan IV (l’infante Dmitriy) sia morto subito dopo il giuramento di fedeltà dei boiardi nel 1553 ([775], pagina 109). Tuttavia, i documenti ci dicono che un consiglio di custodi era stato eletto per il neonato Dmitriy, ed è rimasto attivo fino al 1563. Si pensa che, dopo la morte improvvisa del neonato, Ivan IV si sia immediatamente ripreso e abbia nominato un corpo di custodi per sé stesso. Gli storici costruiscono teorie diverse per spiegare la natura di questa custodia ultra-particolare.
Secondo la nostra ricostruzione, fu nominato un consiglio di custodi scelti, tuttavia, regnava per conto del neonato Zar Dmitriy e non dell'adulto Ivan. La fedeltà era stata giurata anche allo Zar Infante.
Anche se "Ivan IV aveva nominato i suoi cognati come principali custodi (D. R. e V. M. Youriev-Zakharyin) ... l’influenza degli Zakharyin iniziò a vacillare rapidamente dopo gli eventi del 1553-1554" ([775], pagine 111 e 117). La questione è che "il consiglio dei boiardi disapprovava grandemente gli Zakharyin e la loro leadership" ([775], pag. 111). La posizione reale degli Zakharyins (futuri Romanov) era estremamente instabile in quel periodo: "L'aristocrazia non voleva cedere il potere agli Zakharyin, che non avevano ne’ l’autorità, ne’ popolarità" ([775], pagina 115).
Le posizioni chiave del consiglio si spostarono verso Adashev e i Glinskiys, parenti della madre dello zar precedente, la nonna di Dmitriy. "La faida tra i Glinskiy e gli Zakharyin era antica. . . Quando M. Glinskiy condusse le sue truppe in Livonia nel 1558, i suoi soldati avevano trattato l'intera regione di Pskov [dominio degli Zakharyin (Romanov) - Aut..] come territorio nemico" ([775], pagina 147).
Di conseguenza, gli Zakharyin (gli antenati dei Romanov) furono allontanati dal trono di Dmitriy e persero la loro posizione nel governo ([775], pag. 120). Furono sostituiti dai Glinskiy.
La differenza tra la nostra versione degli eventi accaduti in questo decennio (1553-1563) e la versione tradizionale è che attribuiamo questi anni al regno del piccolo Dmitriy, e non a Ivan IV. L'evento principale di questo regno è la guerra di Livonia.
La nostra ricostruzione è la seguente. Nel 1563 era morto il Principe Dmitriy, intorno ai 12 anni. Crediamo che la sua morte sia stata attribuita all'epoca di Godunov dagli storici Romanoviani, ossia il 1591 ([77], pagina 67), come anche la famosa “storia del Principe Dmitriy e la sua tragica scomparsa a Ouglich”. Il principe deve essere morto a Ouglich, ma noi datiamo questo evento al 1563, e non all'epoca di Godunov.
Ci asterremo dal fornire un elenco di tutti i dettagli e continueremo a tracciare alcuni dei paralleli tra la tragica scomparsa del Principe Dmitriy Ivanovich nel presunto anno 1553 e quella del principe Dimitriy Ivanovich sotto Godunov nel 1591. Il sovrano formale era lo Zar Fyodor.
La versione tradizionale della "prima morte" del piccolo Principe Dmitriy nel 1553 (10 anni prima della nostra data) è la seguente. Si presume che sia annegato per caso, a causa dell'incuria della sua tata. Avrebbe dovuto salire su una barca ma la passerella si è rovesciata e il neonato è caduto in acqua annegando ([775], pagina 117).
La versione tradizionale della "seconda scomparsa" del Principe Dimitriy nel 1591 è ugualmente molto ben conosciuta, tra le altre, la famosa "Tragedia di Ouglich" descritta da Pushkin. Ancora un neonato, un figlio di Ivan IV Vassilyevich, anche lui in un incidente avvenuto per la negligenza della tata - il bambino si sarebbe presumibilmente accoltellato durante un attacco di epilessia.
La nostra opinione è che la tragedia di Ouglich rispecchi la reale morte del Principe Dmitriy nel 1563, ma questo avvenimento si è realizzato solo una volta, ed è stato duplicato più tardi, nel XVII secolo, quando i Romanov hanno iniziato a raccontare la storia dell'Orda nella versione che gli avrebbe fatto comodo.
Breve corollario.
a) Il punto di vista consensuale per il periodo 1553-1563 è il seguente: Zar Ivan si ritira dagli affari di Stato e un consiglio di custodi guidato da Adashev inizia a regnare per suo conto.
b) Siamo di diversa opinione - lo Zar Ivan ha abdicato ed è diventato un asceta. Il successivo Zar era il suo erede, il neonato Dmitriy. Il sovrano de facto era Adashev, capo del consiglio di custodia noto come Izbrannaya Rada (quest’ultima parola è simile a "Orda").
5.3. Il "terzo periodo di Ivan il Terribile" come regno del neonato Ivan Ivanovich nel 1563-1572. Gli Zakharyin (Romanov) e la loro ascesa al potere. Le repressioni e l'Oprichnina
La nostra ricostruzione è la seguente. Dopo la scomparsa del Principe Dmitrij nel 1563, il secondo figlio di Ivan IV (Ivan Ivanovich) diventa Zar. Aveva circa dieci anni. Doveva essere stato allevato dagli Zakharyins (i Romanov), perché nessuno poteva immaginare che Dmitriy sarebbe morto nella prima adolescenza e quindi avrebbe fatto erede il Principe Ivan.
Infatti, quando torniamo alla versione Milleriana e Romanoviana, vediamo che nel 1563 “si è giurato fedeltà di fronte allo Zar” ([775], pag. 171). Si presume che questo terzo giuramento sia stato prestato allo stesso Zar Ivan IV, presumibilmente ancora vivo. Ancora una volta, gli storici sono costretti a inventare spiegazioni su questo simbolico terzo giurmento di fedeltà.
L'equilibrio di potere si era spostato a favore degli Zakharyin. La Rada, o il consiglio dei custodi, era stata distrutta e ad Adashev era stato negato l'ingresso a Mosca. Gli Zakharyin avevano raccolto nelle loro mani tutte le redini del potere e istigato repressioni di massa, il famoso terrore dell'epoca di "Ivan il Terribile", qv più avanti.
Nel 1563, "un decennio e mezzo dopo l'incoronazione, i rappresentanti inviati dal Patriarca di Costantinopoli avevano portato a Mosca l'editto del Consiglio Ecumenico, che confermava il diritto Moscovita al titolo di Zar. . . L’evento fu celebrato con sfarzose processioni ecclesiastiche e il suo obiettivo principale era l’affermazione del potere di Ivan" ([776], pagina 70; cfr. anche [775], capitolo 7, e i successivi capitoli 8-15). Non è strano che il potere dello Zar debba essere "confermato" nel diciassettesimo anno del suo regno?
"Dopo aver spodestato sia Adashev che Silvestro, Ivan IV [il giovane Zar Ivan Ivanovich, secondo la nostra ipotesi - Aut.] ha iniziato a condurre i suoi affari aiutato solo dai suoi parenti più stretti, senza dar peso alla tradizione secolare. I boiardi erano furiosi per gli atti dello Zar e detestavano gli Zakharyin, accusati della morte di Adashev" ([775], pagina 171). Le famose repressioni di massa comunemente attribuite a "Ivan il Terribile" sono cominciate solo in questo periodo.
Siamo del parere che le repressioni siano state effettivamente perpetrate - tuttavia, sono state ideate e perpetrate dagli Zakharyin, che avevano lanciato una campagna per eliminare i loro oppositori, cioè quasi l'intera aristocrazia Russa (o "Mongola") dell'antica dinastia dell’Orda. I due gruppi - le forze imperiali dell’antica Orda e il nuovo gruppo pro-Occidentale degli Zakharyin (meglio conosciuti come Romanov) complottavano per il trono. Il conflitto in questione non era altro che una guerra civile e segnò il reale inizio dei Grandi Disordini in Russia (o Orda).
La storia Russa fu scritta in questo periodo; più precisamente, sono stati fatti i primi tentativi di revisione. Gli obiettivi erano palesemente politici, cosa che oggi è data per scontata: "La preoccupazione per l'eresia dei boiardi che si stava delineando aveva portato il monarca a rivedere la storia del suo regno, la qual cosa fu attuata nel 1563-1564" ([775], pag. 172). La ricerca moderna mostra che le cronache sono state scritte su carta Francese, importata dalla Francia specificamente a tal fine ([775], pag. 20). "L’attività cronografica ufficiale Moscovita ha raggiunto il suo picco negli anni 1550 e nei primi anni 1560; la sua completa cessazione dopo il 1568 è avvenuta per vari motivi. . . La sorte delle persone che erano state incaricate della produzione delle cronache fu tragica. . . Il tipografo Ivan Viskovatiy venne giustiziato... Tutti i tentativi di resuscitare la scrittura civica delle cronache fu condannata a causa del regnante terrore. Qualsiasi impiegato dello Stato che avesse rimpiazzato il giustiziato I. Viskovatiy avrebbe messo la sua vita in pericolo se avesse deciso di descrivere il pogrom di Novgorod" ([775], pagina 22).
Così apprendiamo che le persone che scrivevano la storia Russa in quell'epoca venivano semplicemente distrutte. Ci viene inoltre mostrato un luogo ovviamente "pericoloso per la scienza cronografica" - il pogrom di Novgorod. E si capisce perché - questo è stato il momento in cui il nome "Grande Novgorod" è stato portato via da Yaroslavl e assegnato a una città della regione di Pskov. La motivazione di fondo era profondamente politica. Il potere veniva preso da una nuova dinastia - gli Zakharyin, più tardi conosciuti come Romanov. Avevano un proprio dominio a Polotsk, nella Russia Occidentale, che si trovava vicino a Pskov e ai territori della lega Anseatica. Cercavano ovviamente di distorcere la storia Russa per nascondere le vere origini dell’antica dinastia Russa, l'Orda (che era partita da Yaroslavl, conosciuta anche come Grande Novgorod). Questa dinastia aveva bisogno di una nuova patria virtuale da qualche parte nella regione di Pskov, nel Nord-Ovest della Russia, da cui provenivano gli stessi Zakharyin. Dopo aver modificato la geografia degli eventi storici (così come la loro datazione, come si può immaginare), gli Zakharyin (Romanov) hanno creato l'illusione di una "solida base storica" per la propria genealogia.
Nel 1564 l'Oprichnina era ufficialmente iniziata. "Uno dei principali istigatori dell’Oprichnina era il Boiardo V. M. Youriev-Zakharyin, e gli Zakharyin erano al centro del gruppo che aveva lanciato la macchina Oprichnina" ([775], pag. 225).
Consideriamo irrilevante elencare qui i dettagli delle repressioni di massa; si conoscono bene, e i lettori possono rivolgersi a moltissimi lavori che coprono l'epoca. Sottolineiamo semplicemente che l'intero "periodo di repressione di massa" di Ivan il Terribile è abbracciato dal periodo tra il 1563 e il 1572 - il regno dell'adolescente Ivan Ivanovich, o, piuttosto, degli Zakharyin (futuri Romanov), che governavano per suo conto.
I principali punti di riferimento del terrore sono i seguenti: l'istituzione dell'Oprichnina nel 1564, l'esilio di Kazan del 1565, il complotto dello sposo Fyodorov Chelyadnin, la spedizione punitiva a Novgorod e la distruzione della città nel 1569-1570, l'assassinio del Metropolita Filippo e Herman, l'Arcivescovo di Kazan, l’assassinio di Vladimir Andreyevich, uno dei parenti dello Zar, e l’esecuzione di massa dei boiardi nel 1568 ([775], pag. 338).
La "Lotta per il cappuccio bianco" è avvenuta proprio nello stesso anno 1564.
I nostri commenti. Il Consiglio stava risolvendo la questione se il Metropolita di Mosca avesse il diritto di indossare un cappuccio bianco, che in passato era stato esclusivo privilegio dell'arcivescovo di Novgorod. La questione era quindi quella di equiparare il rango del Metropolita Moscovita (in realtà noto come "Metropolita di Kiev") a quello dell'Arcivescovo di Novgorod. L'obiettivo era quello di aumentare l'importanza di Mosca e di diminuire l'importanza della Grande Novgorod, o Yaroslavl.
La distruzione di Yaroslavl, o Grande Novgorod nel 1569-1570, è stata il culmine del terrore noto come Oprichnina. Si presume che la città sia stata completamente demolita, e tutti i suoi abitanti esiliati, compreso l'esecuzione del principe Vladimir Andreyevich Staritskiy, membro della dinastia reale. Gli eventi di questa epoca testimoniano il fatto che in questo periodo è iniziata una guerra civile. La nostra interpretazione di questi famosi eventi è la seguente.
Il nuovo gruppo degli Zakharyin (Romanov) decise di sradicare l'antica dinastia Russa dell'Orda, la cui antica capitale e la cittadella stavano nella Grande Novgorod, o Yaroslavl. Le truppe Moscovite degli Zakharyin distrussero Novgorod, o Yaroslavl, e giustiziarono Vladimir Andreyevich, che avrebbe potuto reclamare il trono come rappresentante della vecchia dinastia dell’Orda.
Di conseguenza, l'Orda è costretta alla resistenza armata. La versione Milleriana e Romanoviana la presenta come l'invasione del Khan di Crimea. Nel 1571 i Crimeani, o l'Orda, arrivarono alle mura di Mosca e la distrussero. Lo Zar Ivan "abbandonò il suo esercito e fuggì a Rostov" ([776], pag. 162). Poco prima, nel 1569, lo Zar aveva chiesto asilo politico in Inghilterra, evidentemente avendo l'impressione che gli eventi potessero peggiorare. Questo è il momento in cui l'Orda risulta vincente. Inizia il famoso "Processo di Mosca". Il potere dell’Orda cresce, e gli Zakharyin (Romanov) iniziano a subire sconfitta dopo sconfitta, così come i loro alleati. L'attività dei famosi Malyuta Skouratov-Belskiy e Vassily Gryaznoy è datata proprio a questo periodo - si presume che non avessero preso parte all'iniziale ondata di repressione lanciata dagli Zakharyin. Si attivano dopo il pogrom di Novgorod ([776], pag. 160), e quindi agiscono come rappresentanti dell’Orda per punire senza pietà gli usurpatori (gli Zakharyin, più avanti conosciuti come Romanov). Infatti "Skouratov aveva aiutato Ivan il Terribile a sbarazzarsi della vecchia guardia degli oprichniks" ([776], pagina 175). La guardia degli Zakharyin, in altre parole.
Si scopre che Malyuta Skouratov dell'Orda era stato la nemesi per gli autori del terrore dell’Oprichnina, da cui la sua immagine demonizzata nella storia successiva. La versione consensuale della storia tradisce le origini dei suoi autori - gli Zakharyin e la loro discendenza, i Romanov.
La vittoria dell'Orda porta alla distruzione della vecchia Duma nominata dagli Zakharyin e all'esecuzione di Basmanov, il suo leader. La nuova Duma viene formata "dall'aristocrazia di alto livello... Tutti hanno sofferto per le repressioni di Basmanov, come anche i loro parenti" ([776], pagg. 174-175). Subito dopo, "all'ambasciatore Inglese è stato comunicato che i negoziati segreti sulla possibilità che lo Zar e la sua famiglia potessero ottenere asilo in Inghilterra dovevano essere interrotti" ([776], pag. 189). Nel 1572 esce un editto reale che "vieta l'uso della stessa parola Oprichnina" ([776], pagina 190).
Così fallì il primo tentativo degli Zakharyin (Romanov) di prendere il trono. Vengono ripristinate le posizioni dell'Orda "Mongola"; inoltre, la capitale del paese per un po' viene trasferita a Novgorod: "Lo Zar era seriamente intenzionato a stabilirsi nella sua nuova residenza [Novgorod - Aut.]. La corte reale in via Nikitskaya era stata ripulita, e il palazzo dello Zar era stato approntato. Una nuova campana era stato issata nella Corte di Yaroslav, "accanto al palazzo reale" ([775], pag. 374). Anche il tesoro reale era stato trasferito da Mosca a Novgorod ([776], pag. 181). A proposito, si scopre che "i tesori portati a Novgorod erano stati depositati nelle cantine della chiesa che si trovava nella corte di Yaroslav" ([776], pag. 189). Attualmente si presume che la città in questione sia la Novgorod-sul-Volkhov, situata nel profondo delle paludi Nord-Occidentali; secondo la nostra versione, sono stati portati invece nella più vicina città di Novgorod, nota oggi come Yaroslavl – e questo è ovvio, visto che quest'ultima è l’antica capitale del Grande Impero “Mongolo” dell'Orda. La famosa "Corte di Yaroslav" non è che la piazza del palazzo di Yaroslavl. La capitale dell'Orda era stata temporaneamente ritrasferita sul Volga.
Riassumiamo. Gli storici moderni vedono il periodo tra il 1563 e il 1572 in questo modo: il potere de facto è nelle mani degli Zakharyin (anche conosciuti come Romanov), che avevano "concentrato nelle loro mani poteri civili e governato il paese per conto del Principe Ivan, loro parente per parte di madre" ( [776], pag. 165). Gli storici ci dicono che il paese veniva governato dalla corte del giovane Principe Ivan, e che gli Zakharyin hanno governato per suo conto.
Anche il nostro punto di vista è praticamente lo stesso: gli Zakharyin governano il paese per conto del giovane Zar Ivan. La differenza tra le due versioni è che gli esperti storici considerano questo periodo come il regno cinquantennale di uno Zar fittizio conosciuto come "Ivan il Terribile", mentre noi suggeriamo che Ivan IV fosse già morto in quel periodo, e che il monarca regnante fosse il giovane Ivan Ivanovich.
5.4. Simeon Beckboulatovich regnante nel 1572-1584 come "quarto periodo di Ivan il Terribile"
Nella storia Milleriana e Romanoviana Ivan IV "Il Terribile" aveva abdicato nel 1575 e aveva "insediato un suo servitore, un Khan Tartaro chiamato Simeon Beckboulatovich, come suo erede. Il Tartaro si era insediato nel palazzo reale [sic]! - Aut. ] , e il "Grande Monarca" si era trasferito all'Arbat [sic! - Aut..] Lo Zar aveva iniziato a muoversi per Mosca "con un semplice seguito, proprio come i boiardi", e aveva preso l'abitudine di sedersi a distanza dal "Gran Principe" ( cioè, il Tartaro Simeone - Aut..], che sedeva su un trono lussuoso, ascoltando docilmente i suoi ordini" ([776], pag. 195). Simeone era stato il capo della Duma Civile ed era di origine reale ([776], pag. 201).
Queste assurdità della versione Milleriana e Romanoviana ci fanno capire perché gli storici tendono a interpretare queste azioni di Ivan il Terribile come sintomi di schizofrenia. Tuttavia, siamo del parere che non sia mai successo nulla del genere - i documenti riportano il vero insediamento di uno zar Russo in carne e ossa, conosciuto anche come Khan Simeone dell’Orda. Ciò avviene dopo la vittoria dell'Orda; non c'è nessun altro "Terribile Zar" nelle sue vicinanze. Tutto ciò che vediamo è il regno fantasma di "Ivan il Terribile", successivamente incarnato dai Romanov.
Nella versione Milleriana e Romanoviana, "Ivan il Terribile" (che divenne noto come "Ivanets di Mosca") si era garantito il dominio su Pskov e sui paesi vicini (vedi [775], pagina 487).
La nostra ricostruzione è la seguente. Dopo la guerra civile del 1571-1572, il partito Muscovita degli Zakharyin (i Romanov) fu sconfitto e completamente distrutto. Le esecuzioni dei capi degli oprichniks iniziano a Mosca, come l'arcivescovo che aveva calunniato l'Arcivescovo Filippo. Gli storici lo chiamano "Il Processo di Mosca", o "la Rotta di Mosca" ([775], pag. 163). I clan antichi più illustri, sottoposti a repressioni di massa, diventano i capi della nuova Oprichnina, e l'Orda militare torna al potere. La dinastia di Yaroslavl (Novgorod) risale al trono. La nostra versione è confermata dagli antichi documenti: "L'esercito degli Oprichnik è stato rafforzato dall'afflusso senza precedenti di oltre 500 aristocratici da Novgorod. . . Lo Zar cercava di creare un nuovo potere dai Novgorod Oprichniks" ([776], pag. 169).
La capitale venne anche per un po' trasferita a Novgorod. Il nuovo governo era guidato da Simeon Beckboulatovich - Evidentemente il figlio più giovane di Ivan III, o lo zio del defunto Ivan IV. Nel 1575 il giovane Zar Ivan Ivanovich è costretto ad abdicare.
Nel 1576 ha luogo un lussuoso insediamento ufficiale di Simeone che adotta il nome reale di Ivan. La consuetudine di cambiare il proprio nome durante l’insediamento era comune in Russia, come si evince dall’esempio di Basilio III. Simeone doveva essere piuttosto vecchio, circa 70 anni. La versione Milleriana e Romanoviana di fatto lo conferma - si scopre che "Ivan il Terribile" era diventato "in quel periodo un vecchio uomo di salute fragile". In effetti, secondo gli storici, "negli anni successivi [all'abdicazione di Ivan Ivanovich del 1575 - Aut.] lo Zar, la cui salute era stata in passato perfetta, inizia la sua continua ricerca di buoni medici all'estero" ( [776], pagina 178).
È curioso che Mosca abbia cessato di essere una capitale in questo periodo. Prima è stato fatto un tentativo di trasferire la capitale a Novgorod, dove era iniziata la costruzione della corte reale e di una potente cittadella; per qualche motivo rimase incompiuto ([776], pag. 169). Tuttavia, lo Zar doveva aver avuto le sue ragioni per spostare la capitale a Tver, che è esattamente ciò che gli storici ci dicono: "Uscendo da Mosca, Simeone diventa "Gran Principe" di Tver ([776], pagina 205). Le parole "Gran Principe" sono racchiuse tra virgolette - a quanto pare, gli storici colti non apprezzano davvero la cronaca di Simeone come Gran Principe. Come potrebbe esserci un "Gran Principe" attivo sotto uno Zar vivente e il Gran Principe "Ivan il Terribile"? Tuttavia, ci viene detto che anche "Ivan il Terribile" si è trasferito a Staritsa, proprio accanto a Tver, negli ultimi anni del suo regno, accompagnato dalla sua famiglia ([776], pagina 228). È tutto perfettamente chiaro. Come abbiamo già detto, lo Zar Simeone si era effettivamente trasferito a Tver. "Ivan il Terribile" negli ultimi anni del suo regno e il Khan Simeone sono la stessa personalità storica.
Per questo, gli storici ritengono che tra il 1572 e il 1584 "Ivan il Terribile" dia assurdamente il suo potere reale a Simeone il Tartaro e perda l'accesso agli affari dello Stato.
La nostra opinione è la seguente. Dopo il ritorno al potere della vecchia dinastia dell’Orda nel 1572, Il Khan dell’Orda Simeone, capo della Duma Civile, diventa di fatto il sovrano dell'Impero. Nel 1575 il ventiduenne Zar Ivan Ivanovich, già privato dell'effettivo potere reale nel 1572, abdica formalmente a favore di Simeone. Questa è la famosa "abdicazione di Ivan il Terribile" del 1575 ([776], pagina 195). Il trono è andato a Simeone, Khan dell'Orda, che regna fino al 1584.
Per questo, nel 1575 vediamo lo Zar (o Khan) sul trono, e nel 1576 avviene il "secondo" lussuoso insediamento dello "Zar Ivan". Secondo la nostra ricostruzione, il Khan Simeone è salito al potere dopo la guerra civile del 1571-1572 (forse un figlio di Ivan III, che aveva avuto un figlio di nome Simeone). Nel 1576 deve aver ricevuto il nome reale di Ivan. In effetti, dopo l'inaugurazione di Ivan, il Khan Simeone si sposta a Tver. Si dice che lo Zar abbia passato il resto della sua vita a Staritsa, vicino a Tver. Si sa che Ivan il Terribile era morto da vecchio e in cattiva salute. Ivan IV, tuttavia, era nato nel 1530, quindi avrebbe avuto solo 54 anni nel 1584, quando si presume che "Ivan il Terribile" sia morto. Un uomo di questa età difficilmente verrebbe definito "vecchio". Gli storici "spiegano" questo "invecchiamento veloce" con la malattia mentale di Ivan. D'altro canto, l'età di Simeone, il figlio di Ivan III, deve essere stata di circa 80 anni nel 1584. Ivan III è morto nel 1505, 79 anni prima del 1584. Ivan III ha avuto diversi figli; l'unico suo figlio di cui non sappiamo nulla è Simeone. Questo rende abbastanza plausibile la nostra supposizione che Simeone "Beckboulatovich" sia il figlio di Ivan III, o lo zio di Ivan III e il prozio del Principe Ivan.
Facciamo anche la seguente osservazione sul cambiamento di nome all'insediamento. Questa usanza è nota per essere stata rispettata da alcuni dei Gran Principi Moscoviti - Vassily III, per esempio, era nota come Gavriil prima di salire sul trono ([161], pag. 68).
Inoltre, la sposa dello Zar era obbligata a cambiare il suo nome in Russia! "La sposa avrebbe subito una cerimonia di santificazione reale entrando nel palazzo reale. Per l'occasione sarebbe stata letta una preghiera speciale e una diadema reale le sarebbe stato messo sulla testa. La sposa veniva battezzata principessa e gli veniva dato un nuovo nome reale" ([282[, pagina 111]). Questa usanza è sopravvissuta fino al XVII secolo. Così, nel 1616 Maria Ivanovna Khlopovykh, la sposa di Mikhail Romanov, cambiò il suo nome in quello di Nastassya: "La sposa dello Zar si è trasferita nella parte superiore del palazzo reale battezzata come principessa Nastassya" ([282], pag. 114).
Il trono di Mosca era stato occupato esclusivamente dai nomi Ivan e Vassily per più di 150 anni. Questo fatto di per sé porta all'idea che il cambio di nome all'inaugurazione fosse una regola in Russia, dal momento che i nomi dei discendenti reali erano tutti diversi. L'inaugurazione non avveniva necessariamente subito prima della salita al trono – gli Zar Russi seguivano una vecchia tradizione Bizantina di incoronare i loro eredi all'infanzia. Il nome di Basilio è semplicemente la parola greca "zar" o "re" - "Basileus".
Il Principe Ivan evidentemente non è stato né imprigionato né giustiziato nel 1572 a causa della sua tenera età, e per questo è sfuggito alla responsabilità delle azioni dell'Oprichina prese per suo conto. Tuttavia, ha dovuto lasciare il trono. Il periodo tra il 1572 e il 1584, fino alla morte di "Ivan il Terribile" è segnato da guerre esterne e da una totale assenza di repressioni all'interno del paese.
5.5. Il famoso sinodo di "Ivan il Terribile" come pentimento per il giovane Zar Ivan Ivanovich
Ci stiamo avvicinando alla fine dell'epoca di "Ivan il Terribile". Ivan Ivanovich muore nel 1581 ([776], pagina 236). La sua morte "aveva avuto uno strano impatto sull'anima dello Zar, che era in uno stato di profonda crisi mentale e faceva cose assolutamente senza precedenti. Decise di "perdonare", post mortem, tutti i boiardi "traditori", giustiziati su suo ordine. . . Ivan il Terribile diede ordine ai diaconi di fare una lista dettagliata di tutte le vittime degli Oprichnik. Queste liste furono inviate ai più grandi monasteri del paese, accompagnate da ingenti somme di denaro" ([776], pagina 236).
Di solito si presume che Ivan il Terribile abbia fatto questa azione per rimorso dopo aver ucciso il principe Ivan. Tuttavia, secondo le prove documentali, il Principe Ivan non è stato ucciso (cfr. [775] ), e così il "pentimento" di "Ivan il Terribile" avrebbe potuto avvenire in qualsiasi momento, e non necessariamente nel 1581.
La nostra spiegazione è la seguente: il pentimento è stato di Simeone, o Zar Ivan, per l'ex Zar Ivan Ivanovich, scomparso di recente, che regnava quando gli Zakharyin avevano compiuto le loro massicce repressioni. È naturale che il denaro venisse inviato alle chiese per far pregare il clero per l'anima dell'ex Zar.
I lettori troveranno che il nostro punto di vista elimina tutte le stranezze intrinseche nella versione ufficiale - la datazione Romanoviana della "penitenza" è piuttosto assurda, perché non c'è ragione per cui questa "penitenza" debba corrispondere alla morte di Ivan Ivanovich, se si vuole presumere che "Ivan il Terribile" stia cercando di farsi perdonare i propri peccati.
6. LA CREAZIONE DELLA LITSEVOY SVOD E LA SUA DATAZIONE
Le cronache illustrate, dette "litsevoy", occupano un posto speciale tra tutte le cronache di Mosca. Sono composte da 10 volumi di circa 20.000 pagine e 16.000 miniature artistiche. I due ultimi volumi della "Litsevoy Svod" descrivono il regno dello Zar Ivan IV" ([775], pagina 20).
Facciamo la nostra solita domanda: quando sono state compilate queste cronache? Ci riferiamo alla famosa Litsevoy Svod, che è stata pubblicata, tra l'altro, solo nel 2006 (Aketon, Mosca), il che è davvero molto strano. La risposta è ovvia: un popolare parere del XIX secolo riteneva che la Litsevoy Svod fosse stata compilata almeno nella seconda metà del XVII secolo, in perfetta corrispondenza con la nostra ricostruzione.
"A. Y. Presnyakov è stato il primo a contestare la tradizionale opinione del XIX secolo secondo cui le cronache grandiose della Litsevoy Svod fossero state realmente compilate nella seconda metà del XVII secolo" ([775], pag. 20). A. Y. Presnyakov lo scriveva nel 1893. Gli storici, quindi, hanno saputo della "grande antichità" della Litsevoy Svod solo alla fine del XIX secolo.
È anche noto che nel regno di "Ivan il Terribile" era stata avviata un'attività cronografica su larga scala - ce lo stanno dicendo le liste dei contenuti superstiti degli archivi reali. Constatiamo che gli archivi sono del tutto scomparsi, anche se sono sopravvissuti alcuni elenchi di contenuti ([775], pagine 21-22). I documenti dimostrano che la redazione e la modifica delle cronache hanno raggiunto il picco nel periodo dell'Oprichnina - Skrynnikov fa notare che tale attività cessò completamente dopo la fine dell'Oprichnina nel 1568. L’attività cronografica è stata condotta dal tipografo Ivan Viskovatiy ([775], pagina 22), una creatura degli Zakharyin (Romanov), qv in [776], pagina 165. Ivan Viskovatiy è stato giustiziato dopo la guerra civile del 1570-1572, qv sopra.
E' risaputo che l'enorme Litsevoy Svod contiene numerosi note di natura politica; in molti casi, sono molto vicine stilisticamente alle famose "epistole di Ivan il Terribile al Principe Kurbskiy" ([775], pagine 26-27). Ribadiamo che queste ultime sono state identificate come opere letterarie tardive, datate evidentemente al XVII secolo ([651], commenti). Gli stessi storici ammettono che le cronache dell'epoca di "Ivan il Terribile" sono estremamente tendenziose - presumibilmente curate personalmente da "Ivan il Terribile" ([775], pagine 28-31).
7. PER QUANTO RIGUARDA LE NUMEROSE MOGLI DI IVAN IL TERRIBILE
Ci è stato detto delle sette mogli di "Ivan il Terribile" (cinque o sei, a seconda di diverse altre fonti). Una grossa cifra, comunque - vedi il lavoro di N. M. Karamzin, per esempio, commento 554 al volume 9. Se così fosse, ci troveremmo di fronte a una violazione esplicita della tradizione ecclesiastica, un evento unico nella storia Russa. C'era una moltitudine di libri scritti su questo argomento - da opere d'arte drammatica a collezioni di barzellette.
Dal nostro punto di vista non c'è nulla di strano. Tra le "sette mogli di Ivan il Terribile" c'erano le mogli dei tre Zar Russi dell'Orda (alcuni di loro, in ogni caso). Ognuno dei due Zar si era sposato al massimo tre volte, e quindi la tradizione della chiesa che proibisce un quarto matrimonio non era stata spezzata. Non vi è dunque traccia di un conflitto tra "Ivan il Terribile" e la Chiesa, che nasca dai suoi molteplici matrimoni, presumibilmente illegali. La teoria Romanoviana sui "matrimoni illeciti di Ivan il Terribile" è stata introdotta molto più tardi, già dopo i Grandi Disordini del XVI secolo.
Secondo la nostra ricostruzione, Ivan IV si è sposato solo una volta - con Anastasia Romanova. Unendo il regno di Ivan IV e i regni dei suoi figli in un regno fantasma di un monarca inesistente, gli storici furono costretti ad attribuire tutte le mogli a un solo Zar - vale a dire Ivan il Terribile. Questa ipotesi è indirettamente confermata dal fatto che "Ivan il Terribile" trovava una sposa per suo figlio ogni volta che decideva di sposarne lui stesso qualcuna. Per esempio, "ha scelto Marfa Vassilyevna Sobakina, figlia di un commerciante di Novgorod, tra molte donne, avendo scelto anche Yevdokia Bogdanova Saburova come sposa per il figlio maggiore" ( [282], pag. 111). Inoltre: "prima che Ivan Vassilyevich decidesse di sposarsi per la settima e l'ultima volta, aveva anche fatto sposare il figlio più piccolo Fyodor" ([282], pagina 135).
Secondo le prove offerte da Possevino, il principe Ivan Ivanovich, figlio di Ivan IV, ebbe un totale di tre mogli ( [282], pagina 203). Maria Nagaya, la madre del figlio Dmitriy (poi dichiarato impostore), deve essere stata l'ultima delle tre.
Siamo pertanto del parere che le molteplici mogli di "Ivan il Terribile" siano molto probabilmente distribuite nel modo seguente:
Una moglie di Ivan IV - Anastasia Romanova,
Tre mogli di suo figlio Ivan Ivanovich,
Una moglie dello Zar Fyodor - Irina Godunova,
Una o due mogli del Khan Simeone (Ivan).
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Nomit ha scritto: secondo Fomenko infatti, la maggior parte delle vicende narrate nella bibbia si sarebbero svolte in Italia.
Risulta anche a voi?
Se non ho capito male, ad essersi svolti in Italia sarebbero gli eventi dell'Esodo.
Personalmente, ho pensato due cose:
1) la striscia di terra che gli ebrei attraversarono in fuga dall'Egitto potrebbe essere stata la penisola italiana,
2) <a href=" www.luogocomune.net/forum/storia-antica/...ogia?start=660#39709 " style="color:#800000;" target="_blank" >la geografia del nord-est dell'Italia assomiglia alla geografia del Medio-oriente
Infatti, Sodoma e Gomorra in realtà sarebbero le italiche Pompei ed Ercolano colpite dall'eruzione vulcanica
"Chi ha capito ha capito e non ha bisogno di consigli, chi non è in grado di capire non capirà mai"
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greegan75 ha scritto: Fomenko ha tristemente ragione, la storia è un'altra, l'anno in cui viviamo è un altro. Viviamo in una bolla storica all'interno della Vera Storia, una Matrix, praticamente.
Sembrerebbe che non solo la storia, ma anche la geografia in realtà sia tutta da rivedere.
Ho giusto finito di raccogliere alcune immagini poco fa e sperando di fare cosa gradita, ne approfitto per aprire un topic a tema
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Quando l'ingiustizia diventa legge, la Resistenza diventa dovere.
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greegan75 ha scritto: Non potendo avere un aereo o un mezzo per visionare dall'alto non posso verificare. Sei sicuro che le immagini che hai trovato siano neutrali ovvero non realizzate da chi ha creato questa falsa storia? Sono immagini che sono state scatatte dall'alto da qualcuno che aveva questa possibilità? Fammi spaere, se anche la geografia non quadra...siamo dentro un manicomio dal vivo.
No un momento, prima di dire "falsa storia" aspetta di vedere di cosa si tratta!! :nono: Non sai nemmeno di cosa sto parlando, pertanto non puoi giudicare a priori se sia una bufala o meno.
In secondo luogo non c'è bisogno di nessuna foto dall'alto, ho semplicemente scaricato normalissime immagini di normalissimi paesaggi e l'unica modifica che poi non è una modifica, è stata di accoppiare due foto in una unica, così da poter meglio apprezzare un determinato aspetto.
Poi anche fosse, se volessi foto dall'alto c'è Maps...:wink:
Distrazioni permettendo, tempo 10 minuti e apro il topic
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greegan75 ha scritto: Non potendo avere un aereo o un mezzo per visionare dall'alto non posso verificare. Sei sicuro che le immagini che hai trovato siano neutrali ovvero non realizzate da chi ha creato questa falsa storia? Sono immagini che sono state scatatte dall'alto da qualcuno che aveva questa possibilità? Fammi spaere, se anche la geografia non quadra...siamo dentro un manicomio dal vivo.
Fatto
www.luogocomune.net/forum/astroarcheolog...rafia-proibita#41368
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archive.org/stream/AnatolyFomenkoBooks/H...yAnatolyFomenkoVol.4
La Storia: Finzione o Scienza?
Cronologia 4
di Anatoli Fomenko
CAPITOLO 9
I Grandi Disordini nella storia Russa del XVII secolo
1. IL PERIODO TRA LA MORTE DI "IVAN IL TERRIBILE", CONOSCIUTO ANCHE COME SIMEONE, E I GRANDI DISORDINI
Secondo la versione Romanoviana, "Ivan il Terribile" morì nel 1584. La nostra ipotesi suggerisce che il defunto possa in realtà essere identificato come il vecchio Khan Simeone, battezzato Ivan all'inaugurazione. Il boiardo Godunov aveva acquisito un ruolo importante verso la fine del suo regno. Questo personaggio viene solitamente identificato come Boris Godunov, il successivo Zar. Uno dei suoi antichi ritratti è visibile in fig. 9.1. È tuttavia strano che Boris non abbia occupato posizioni di rilievo in quel periodo a differenza di altre Godunov - Dmitriy, Stepan ecc. ([775] ). Torneremo alla "questione Godunov" in seguito.
Nel 1584 Fyodor Ivanovich sale al trono. Si presume che sia il figlio di "Ivan il Terribile". Secondo la nostra ricostruzione, era invece il figlio della precedente Zar – Simeone, aka Ivan ovvero l’ultimo dei quattro zar più tardi compressi nell’unica figura di "Ivan il Terribile". È noto che i parenti della moglie di Fyodor Irina Godunova abbiano raggiunto posizioni influenti durante il suo regno. Gli storici presumono che Fyodor sia morto senza eredi. Tuttavia, riteniamo che ciò non sia vero: Boris Fyodorovich era suo figlio, erede al trono e prossimo Zar. Più tardi è stato rinominato "Godunov" (quest’ultimo era il nome della madre da ragazza) dagli storici Romanoviani. Daremo la nostra argomentazione a sostegno di questo punto di vista.
Inoltre, lo Zar Ivan Ivanovich, il figlio di Ivan IV, rimosso dal potere nel 1572 a causa di una guerra civile, morì nel 1581 all'età di circa 30 anni. Questo evento è riflesso nella storia Romanoviana e Milleriana come la morte di Ivan Ivanovich, figlio di "Ivan il Terribile" nel 1581. Come dimostra un ulteriore analisi dell'evento, questi aveva un figlio di nome Dmitriy, qv nella fig. 9.2. Siamo quindi dell'opinione che siano stati creati due rami dinastici, il primo dei quali è la discendenza di Ivan IV e Ivan Ivanovich allevato dai Romanov e il secondo - i discendenti del Khan Simeone (Ivan). Questi rappresentano la vecchia dinastia dell’Orda (lo Zar Simeone, o Ivan, suo figlio, lo Zar Fyodor Ivanovich, e poi il figlio di Fyodor – lo Zar Boris Fyodorovich, conosciuto oggi come Boris "Godunov").
2. LO ZAR BORIS FYODOROVICH "GODUNOV"
2.1. È probabile che lo Zar Boris Fyodorovich sia stato figlio di Zar Fyodor Ivanovich
Nel 1591, nel regno dello Zar Fyodor Ivanovich, Gazi-Girey (nome Russo che si traduce come "L’Eroico Cosacco"?) invia una lettera a Boris Fyodorovich ("Godunov"). E 'sopravvissuta fino ad oggi, e si può vedere in [759], dove è chiamata "Epistola del Khan di Crimea al boiardo Moscovita Boris Godunov". Tuttavia, nella lettera sono visibili alcune note tipiche della Cancelleria Reale. Questi note ci dicono qualcosa di completamente diverso.
Cito: "Sul verso, vi sono le seguenti note:
1) "Tradotto nel 7099",
2) "Epistola inviata allo Zar Boris Fyodorovich per conto dello Zar di Crimea. . . da Akhmat-Ata, un suo caro amico" ([759], volume 1, pagina 46).
La lettera è in Arabo, ed è per questo che l'ufficiale Moscovita ha scritto l'argomento della lettera sul verso in Russo - cosa ovvia da fare.
La cosa sorprendente è che Godunov si chiama qui Zar - già nel 1591, sette anni prima della morte dello Zar Fyodor. Il riferimento è contenuto nientemeno che in un documento ufficiale originale! Questo può solo significare che Boris era figlio ed erede dello Zar Fyodor Ivanovich, che è l'unica possibilità per lui di essere chiamato Zar. Gli Zar Moscoviti avevano ereditato l'usanza Bizantina di chiamare Zar i loro eredi diretti nell'infanzia o nell'adolescenza. Boris Fyodorovich "Godunov" aveva fatto lo stesso; suo figlio Fyodor veniva indicato come Zar e Gran Principe nei documenti ufficiali.
2.2. La nostra ipotesi che Boris "Godunov" sia figlio dello Zar Fyodor è confermata da antichi documenti
Abbiamo quindi ricevuto un'indicazione diretta che Boris Godunov era figlio dello Zar Fyodor Ivanovich. Non è l'unica indicazione in tal senso, per esempio, si apprende che "Varkoch, l'inviato Austriaco, arrivò a Mosca. Il sovrano lo invitò a palazzo; la cerimonia appariva come un’udienza reale. C'erano le guardie di corte da un cancello all'altro, e i boiardi di Boris indossavano "abiti dorati e catene d’oro" mentre aspettavano l'ambasciatore nella sala. L’Austriaco baciò la mano di Godunov e gli diede la missiva privata dell’imperatore" ( [ 777] , pag. 38). La nostra ricostruzione rende perfettamente evidente che il passaggio in questione descrive l'accoglienza dell'inviato da parte di Boris, Zar di Mosca. Suo padre era ancora vivo, ma il figlio ed erede oltre a essere chiamato Zar iniziava già a comportarsi secondo i doveri reali (come ricevere gli inviati). È una pratica comune alla Corte Russa (basta ricordare Ivan III, che aveva regnato negli ultimi anni di suo padre, Vasilij II). Fëdor, figlio ed erede di Boris, era riconosciuto anche come Zar mentre Boris era ancora vivo.
Fig. 9.1. Zar, o Khan, Boris "Godunov". Miniatura tratta dal "Libro Titolare" del 1672. Tratto da [550], pagina 101.
Il punto di vista dei Romanov ci porta a molte contraddizioni e domande. Potrebbe un "cognato" dello Zar agire così apertamente al suo posto? Da dove viene questo ufficio di un "governatore" con uno Zar comunque vivente, che causa agli storici un grande imbarazzo ogni volta che sono costretti a menzionarlo nei loro tentativi di far sì che i vecchi dati dei documenti concordino con la loro percezione distorta della storia Russa? Procederemo cercando di capire le origini di questo strano titolo di "governatore" mai sentito altrove nella storia Russa. Passiamo a “Boris Godunov” , un’altra opera di Skrynnikov ([777]). Evidentemente, "Godunov ha assunto un gran numero di titoli altisonanti" ([777], pagina 85). Li usava sia a livello nazionale che durante i suoi contatti con funzionari stranieri. Secondo Skrynnikov, "gli stranieri che risiedevano a Mosca erano solo contenti di fargli una cortesia" ([777], pag. 85). Per esempio, l'inglese Gorsey "parlava alla Regina dei decreti di Boris indirizzati personalmente a Gorsey" ( [777], pag. 85). Ci si potrebbe chiedere come era scritto il titolo di Boris in questi decreti. Skrynnikov rende il titolo come "Governatore della Famosa Terra di Russia Nominato dal Signore" ([777], pag. 86). Si tratta ovviamente di una corruzione della formula Russa standard "Zar di tutta la Russia per Volontà del Signore". Non c'erano misteriosi "governatori" in Russia - c'erano degli Zar.
La Regina Inglese si rivolgeva a Boris come "Caro cugino" nelle sue lettere ([777], pag. 86). I governanti sovrani erano abituati a rivolgersi l’un l’altro con "fratello", "cugino", "figlio" ecc.
2.3. Le ragioni per cui i Romanov hanno distorto la storia di Boris Godunov
Siamo del parere che i Romanov abbiano distorto in larga misura la storia pre-Romanoviana quando sono saliti al potere. Naturalmente ciò riguardava anche la storia dello Zar Boris, che era stato dichiarato estraneo alla stirpe reale, uno sconosciuto che aveva usurpato il trono usando la sua astuta e intrigante tattica. I documenti Russi che menzionano Boris sono stati modificati in modo da introdurre uno strano "Governatore Boris Godunov" al posto del reale figlio ed erede Boris Fyodorovich. Tuttavia, i Romanov non potevano evidentemente riscrivere i documenti stranieri che contenevano riferimenti allo Zar Boris, così come le sue epistole a governanti stranieri custoditi negli archivi di questi ultimi. Da qui la strana discrepanza tra i titoli usati dagli stranieri quando si rivolgono a Boris e i titoli trovati nei documenti Russi modificati dai Romanov. Secondo Skrynnikov, "non importa come gli stranieri si rivolgessero a Boris, i funzionari del Foreign Office [a Mosca - Aut.] rispettavano rigidamente il suo vero titolo" ([777], pag. 86).
La situazione è davvero incredibile. Gli storici sono del parere che i governanti stranieri usassero titoli errati quando si rivolgevano a Boris - titoli molto più alti di quelli più "modesti" presumibilmente usati a casa. In quell'epoca, tuttavia, i titoli venivano trattati con estrema serietà - il loro uso nella corrispondenza veniva osservato meticolosamente e una lieve alterazione del titolo usato in una missiva ufficiale poteva portare a un conflitto internazionale.
Fig. 9.2. La nostra ricostruzione dell'albero genealogico degli Zar, o Khan, regnanti nell'epoca di "Ivan il Terribile".
Perché i Romanov odiavano così tanto lo Zar Boris "Godunov"? La risposta è semplice. Sotto Godunov, "il clan boiardo dei Romanov era stato perseguitato in modo particolare. . . I fratelli Romanov erano stati accusati del più grave crimine commesso contro lo Stato, un complotto per uccidere lo Zar. Questo crimine era punibile solo con la morte. Boris aveva tergiversato a lungo, senza sapere che fare. . . Il loro destino è stato finalmente deciso. Fëdor Romanov era stato costretto a prendere i voti ed era stato mandato in un lontano monastero del Nord. I suoi fratelli più piccoli erano stati esiliati; Alessandro, Mikhail e Vassily Romanov morirono in esilio, e alcune voci si affrettarono a indicare un legame tra la loro morte e alcuni ordini segreti dati dallo Zar . . . Dopo la salita al trono dei Romanov i cronisti si sono presi il compito di far sembrare Godunov un vero cattivo, presentando contemporaneamente i membri del clan caduti in disgrazia come martiri" ([777], pagg. 134-136).
2.4. L’erede legale dello Zar Fyodor Ivanovich
Ci è stato detto che lo Zar Fyodor Ivanovich "era morto senza aver fatto testamento" ([777], pag. 106). Questo ci sembra davvero molto strano. Skrynnikov cerca di spiegare questa straordinaria circostanza a causa della "scarsa capacità mentale" dello Zar Fyodor. Si può spiegare davvero qualsiasi cosa in questo modo.
Tuttavia, Skrynnikov riporta immediatamente quanto segue: "c’era la versione ufficiale del testamento dello Zar, in cui lasciava il trono alla moglie Irina e il regno con la sua anima - a Boris" ( [777], pag. 106). Così, secondo i documenti ufficiali Russi dell'epoca, il regno era stato lasciato a Boris, che veniva esplicitamente chiamato erede. E' perfettamente naturale, se dobbiamo presumere che Fyodor sia stato il padre di Boris. Di seguito dimostreremo ancora una volta che Boris era ancora molto giovane quando è morto Fyodor, motivo per cui quest'ultimo ha lasciato il trono a Irina, sua moglie e sua madre - non una "sorella" di Boris, come sostengono gli storici moderni.
Inoltre, secondo le fonti, dopo la morte di Fyodor i suoi sudditi "dovettero giurare fedeltà al Patriarca Iov e alla fede Ortodossa, alla Zarina Irina, al Governatore Boris e ai suoi figli" ( [777], pag. 107). Skrynnikov è del parere che questo giuramento di fedeltà sia abbastanza assurdo da confondere chiunque. In effetti, dal punto di vista tradizionale sembra piuttosto assurdo - una fedeltà viene giurata al nuovo re; dov’è che appare il "Governatore Boris"? Dopotutto, si presume che non abbia avuto alcun rapporto con la famiglia reale. Una fedeltà giurata ai figli di questo "governatore" sembra ancora più assurda.
Non c'è nulla di strano nella nostra ricostruzione: il paese ha giurato fedeltà allo Zar Boris, figlio del defunto Zar Fyodor, nonché alla stirpe reale, o i figli di Boris.
2.5. Lo Zar Boris "Godunov" era figlio di Fyodor Ivanovich, un proprietario terriero minore?
Cosa ci dicono gli storici sulle origini di "Godunov"? Tradizionalmente, Boris Godunov è considerato figlio di un certo "Fyodor Ivanovich, proprietario di terre", una figura del tutto oscura ([777], pag. 5). Vediamo che suo padre si identifica ancora una volta come Fyodor Ivanovich! Per quanto riguarda l' "oscurità" di questa figura - è ovvio che gli esperti storici non trovino altro personaggio storico che porti il nome di Fyodor Ivanovich se non lo Zar, per cui semplicemente non possono sospettare che possa essere stato il padre di "Godunov". Da qui la loro dicharazione che Fëdor Ivanovich, il padre del successivo Zar, o "Godunov", sia stato davvero un proprietario terriero minore. Inoltre, ci viene detto che quando "le autorità di Mosca hanno compilato l'elenco dei "Mille migliori servitori", che comprendeva i più illustri aristocratici dell'epoca, ne’ Fyodor, ne’ suo fratello Dmitriy Ivanovich Godunov, erano inclusi in tale elenco" ( [777], pagina 6). Gli storici cercano una spiegazione per questo fatto: "furono espulsi dal ristretto circolo dell'élite ed erano diventati solo aristocratici provinciali; ciò aveva impedito loro di ottenere posizioni a corte e nell'esercito" ([777], pag. 5). In altre parole, Lo Zar Boris Godunov appare dal nulla nella storia Milleriana e Romanoviana - i suoi predecessori immediati erano stati anonimi membri della nobiltà senza alcun rapporto con la corte reale di Mosca – insomma dei parvenu.
D'altro canto, apprendiamo che "secondo prove che arrivano dalla sua stessa cancelleria, Boris era cresciuto presso la corte reale, mentre sua sorella Irina era stata allevata a corte dall'età di sette anni" ( [777], pag. 6). Apprendiamo quindi che anche Irina Godunova era stata allevata alla corte reale di Mosca. Poi ha sposato l'erede designato, lo Zar Fyodor Ivanovich, ed è diventata Zarina.
Il nostro parere è il seguente: gli antenati paterni di Boris "Godunov" erano Zar Russi, e non un clan anonimo di latifondisti. In particolare, Fyodor Ivanovich, il padre di Boris, era stato Zar, e quindi non poteva figurare tra i suoi "migliori servi" - la cancelleria reale non ha scritto assurdità nei registri ufficiali.
I veri documenti che testimoniano l'origine reale di Boris devono essere stati distrutti dai Romanov quando sono saliti al potere per le ragioni spiegate di seguito. Tuttavia, alcune tracce sono sopravvissute: "la famiglia [dei Godunov – Aut.] è stata presumibilmente fondata da Chet-Murza il Tartaro, che si dice sia venuto in Russia sotto Ivan Kalita. La sua esistenza è menzionata in un unico documento - "La storia di Chet". Tuttavia, questo documento ha origini relativamente recenti [come gl esperti storici si affrettano ad assicurarci - Aut.] . Il racconto è stato compilato dai monaci della monastero parrocchiale Ipatyevskiy di Kostroma, che ospitava il sepolcro familiare dei Godunov".
Fig. 9.3. Il "trono orientale" di Boris Godunov. Fine del XVI secolo. Sembra riflettere bene lo stile e l'atmosfera della Corte Russa dell’Orda. Tratto da [550], pagina 101.
Skrynnikov si affretta a tranquillizzare il lettore dicendo che i monaci "avevano scritto il racconto per produrre alcune prove storiche che la dinastia di Boris era stata di origini principesche e per collegare la nuova dinastia al loro monastero. Le scritture del monastero di Ipatyevskiy affermano che Chet aveva fondato un Convento Ortodosso a Kostroma mentre si recava da Saray a Mosca. . . "Il racconto di Chet" è pieno di assurdità storiche e non è affatto affidabile" ([777], pagina 5).
Bisogna però ricordare il tempo in cui Kostroma, situata proprio accanto a Yaroslavl, era stata la capitale imperiale, qv sopra. E' da qui che veniva la dinastia Russa dell’Orda. Gli storici non hanno alcun motivo per criticare i monaci del monastero Ipatyevskiy - questi ultimi avevano perfettamente ragione ad affermare che la dinastia Godunov era stata fondata da uno dei più stretti alleati di Ivan Kalita = Caliph = Batu-Khan, il fondatore della dinastia Russa reale dell'Orda. Nella fig. 9.3 vediamo un trono lussuoso appartenuto a Boris Godunov. Il trono ha uno stile "molto orientale". Gli storici cercano di convincerci che il trono in questione è stato fatto in Iran e dato a Boris come regalo da Shah Abbas I alla fine del XVI secolo ([550], pagina 100). Si ritiene pertanto che il trono sia di origine straniera; tuttavia, questa versione è un po' fuori luogo. Ci dice che il trono del grande Zar Russo, o Khan, è stato importato da una terra lontana e non è stato fatto localmente, come se gli artigiani Moscoviti non avessero le competenze necessarie per fare un tale trono. Siamo del parere che il "trono Orientale" di Godunov rispecchi semplicemente lo stile che era comune alla corte Russa del XVI secolo e che debba essere attribuito agli artigiani Russi. Tuttavia, è possibile che gli artigiani imperiali non avessero tutti base nella capitale dell'impero, e avrebbero potuto vivere in zone lontane dell'Impero - l'Iran, per esempio. Il trono avrebbe potuto effettivamente provenire da lontano; tuttavia, gli artigiani l'avevano realizzato per il Grande Zar, o Khan, della Russia (l'Orda) - il loro signore e sovrano, e non un sovrano di qualche terra lontana.
2.6. Il ruolo di Boris "Godunov" durante il regno dello Zar Ivan e dello Zar Fyodor
Secondo la storia Romanoviana, Boris Godunov aveva avuto un'influenza enorme sullo Zar negli ultimi anni di Ivan il Terribile come monarca regnante. Boris era stato "il sovrano de facto" alla fine del regno di Ivan e durante il successivo regno di Fyodor. Boris rappresentava l'intero clan Godunov agli occhi degli storici Romanoviani, un clan che avevano odiato con tutto il cuore. Passiamo però a portare le prove in alcuni antichi documenti.
Chiediamoci del rango ufficiale di Boris Godunov sotto Ivan il Terribile. Viene fuori che non esisteva un tale rango - altri Godunov (Dmitriy e Stepan) avevano in effetti ricoperto a corte alcune delle cariche chiave; tuttavia, non c'è scritta una sola parola su Boris da nessuna parte. Inoltre, quando "Ivan il Terribile" stava morendo, aveva "affidato suo figlio e la sua famiglia ai membri della Duma menzionati nel suo testamento" ([777], pagina 16). Se Boris Godunov fosse stato il "sovrano de facto", sarebbe stato naturalmente incluso in questa lista. Questo è così ovvio che Skrynnikov ci dice apertamente: "normalmente si suppone che Boris Godunov sia stato nominato dallo Zar capo del consiglio dei custodi" ([777], pag. 16). Tuttavia, ciò è falso. Skrynnikov prosegue infatti dicendo che un'analisi critica delle fonti "ha messo in luce la fallacia di questa opinione... Egli [Ivan il Terribile – Aut.] non cita una sola volta Boris Fyodorovich nel testamento. . . Non menziona neppure alcun ufficio a cui sia nominato Godunov" ([777], pagg. 16-17). Boris Godunov non occupa un posto ufficiale durante il regno di Fyodor, e tuttavia gli storici Romanoviani lo chiamano cognato dello Zar.
Tutte queste stranezze sono abbastanza facili da spiegare - Boris non occupa nessun ufficio particolare essendo l’erede designato e avendo già ricevuto il titolo di Zar. Questo è il più alto ufficio possibile.
2.7. La famosa leggenda sulle "lunghe suppliche a Boris perché ascendesse al trono" un mito politico che risale all'epoca dei Romanov
La famosa leggenda sull'ascesa al trono di Zar Boris è ben nota alla maggior parte dei Russi in diverse versioni, quella di A. S. Pushkin è la più famosa. Avrebbe rifiutato a lungo, ritirandosi in un monastero e mostrando grande riluttanza a farsi coinvolgere negli affari dello Stato. I boiardi e il popolo implorarono molte volte Boris di farsi incoronare Zar senza alcun risultato - continuava a rifiutare, affermando di non avere diritto al trono, e acconsentì solo dopo un lungo e difficile periodo di suppliche e implorazioni. Tutto ciò è collegato a un certo gruppo di fonti, ben note per essere state scritte da autori pro-Romanoviani ([777] ).
Tuttavia, esistono altre prove ancora esistenti di natura non Romanoviana che riflettono la realtà a nostro avviso molto più accuratamente. Come abbiamo visto in precedenza, Fyodor aveva affidato lo stato a Boris e alla Zarina Irina. Quest 'ultima aveva deciso di ritirarsi poco dopo in un convento: "Fu un giorno memorabile quando la gente della città invocò la Zarina in piazza. . . suo fratello Boris aveva poi fatto un discorso; aveva proclamato sé stesso prossimo governante, e i boiardi suoi sudditi, così come i principi. Così Michael Schiel, inviato Austriaco, ha sintetizzato il discorso di Godunov; un documento ufficiale scritto nell'aprile dello stesso anno in cui viene registrato l'evento. Questo documento ci dice che Boris "avrebbe agito insieme ai boiardi e nell'interesse di questi ultimi in misura ancora maggiore di quanto avesse fatto in precedenza" ([777], pag. 109).
Vediamo dunque che Boris non ha rifiutato il trono - inoltre, ritiene ovvio che i boiardi lo assistano nelle questioni dello Stato - la formula "insieme ai boiardi" era una formula standard utilizzata dagli Zar all'insediamento.
Crediamo che quest'ultimo gruppo di fonti sia più in sintonia con la realtà - il giovane Zar Boris resta sul suo trono da solo, senza l'aiuto della madre, prende in mano tutto il potere e rassicura la gente che non avrebbe intrapreso alcun cambiamento e che avrebbe governato insieme ai boiardi, come aveva già fatto in precedenza.
Va sottolineato che tali documenti devono essere sopravvissuti perché di origine straniera e quindi al di fuori della portata dei censori Romanoviani.
I documenti di Mosca dell'epoca Romanoviana raccontano gli eventi in un modo completamente diverso, che si è poi riflesso nei libri di storia e persino nelle opere: "I redattori dell’edizione finale del cronaca rendono il discorso di Boris del tutto diverso – infatti pare che avrebbe abdicato in favore del Patriarca" ([777], pag. 109).
Si suppone che a ciò sia seguita una certa confusione. La nostra ricostruzione rende il fatto perfettamente comprensibile - lo Zar Boris era ancora molto giovane e mancava dell'esperienza e del savoir-faire necessari. Ci devono essere stati altri ricorrenti al titolo di Zar – per esempio gli Shouyskiy, che naturalmente avevano cercato di strappare il trono a Boris: "la lotta di potere aveva diviso la Duma dei boiardi in due... le due parti erano così ostili l'una all'altra che Boris era stato costretto a lasciare la sua residenza al Cremlino e a lasciare la città. Aveva trovato rifugio nel monastero Novodevichiy, che era ben fortificato" ([777], pagg. 110-111).
E' sorprendente come gli storici Romanoviani alterino l'interpretazione e la valutazione degli eventi, mantenendo intatti per la maggior parte i dati fattuali. Un'azione naturale e perfettamente ovvia del giovane Zar (che cerca rifugio temporaneo in un monastero ben fortificato) è stata presentata alla posterità come un’astuta manovra di "Godunov", il vecchio tessitore di intrighi, che si era ritirato tatticamente nel monastero, per reclamare poco tempo dopo lo stato per se stesso. Questo scenario si riflette bene nell’opera di Mussorgsky "Boris Godunov"; tuttavia, non ha nulla in comune con la realtà.
Skrynnikov conosce perfettamente i documenti e ci dice che i fatti "mostrano le dichiarazioni ufficiali secondo cui Boris avrebbe lasciato la città ritenendola inaffidabile per se stesso" ([777], pagina 12). E' in perfetta corrispondenza con la nostra ricostruzione.
Il partito di Boris si è rivelato poi vittorioso e lo ha davvero raggiunto al monastero per portare il nuovo monarca all’ormai pacificato Cremlino ([777], pagine 113-120).
2.8. L'età dello Zar Boris al momento della sua scomparsa
Si presume tradizionalmente che Boris Godunov sia nato nel 1552 ( [ 777] , pagina 5) e sia salito al trono a 47 anni nel 1599. Tuttavia, i ritratti superstiti dello Zar Boris lo dipingono come un uomo molto giovane (vedi i due ritratti in [77], fig. 9.4). Inoltre, si presume che Boris avesse 53 anni quando morì nel 1605, e che il suo erede fosse presumibilmente un bambino.
Secondo la nostra ricostruzione, Boris era nato pochi decenni dopo, essendo figlio di Fëdor Ivanovich. Aveva circa 20 o 25 anni al momento della sua ascensione al trono nel 1599. è quindi molto probabile che fosse stato sostanzialmente più giovane di quanto suggerisca la versione Milleriana e Romanoviana e il figlio di Boris deve essere stato molto giovane al momento della morte del padre.
3. I GRANDI DISORDINI
Lo Zar Dmitriy Ivanovich, conosciuto anche come Lzhedmitriy - il falso Dmitriy
3.1. L'enigma irrisolto della storia Russa
"Le relazioni storiche Russe che trattano la biografia del giovane Principe Dimitrij sono per ora completamente enigmatiche. Egli è noto a noi come "L'Impostore". . . certo della sua stirpe reale fin dall'infanzia. . . "Dimitriy" era stato cresciuto dalla famiglia boiarda dei Romanov, e poi consegnato alle autorità di un monastero per un'istruzione superiore. Era stato avviato al clero e presto divenne diacono del Patriarca Iov ... Poco dopo, "Dimitriy", conosciuto come Grigoriy, raccontò a un frate di essere il giovane principe miracolosamente salvato a Ouglich.
Figura 9.4. Ritratto del Grande Zar, o Khan, Boris "Godunov" del XVII secolo. Godunov sembra un Tartaro a causa degli sforzi dei Romanov. Presa da [777], tra le pagine 64 e 65. Cfr. anche [578], libro 2, pag. 695.
Godunov lo venne a sapere, e ordinò l'esilio di Grigoriy al Solovki. Grigoriy decise di fuggire invece di essere esiliato, riuscì a ingannare le sue guardie e si diresse verso la Lituania. Ricomparve a Putivl, dove fu ricevuto dall’ Archimandrita Spasskiy, e dopo andò in Lituania" ([183], volume 2, pagina 95).
Grigoriy successivamente si recò a Kiev, dove confermò la sua affermazione sull'essere di stirpe reale. Fu introdotto a Sigismondo, Re di Polonia, che gli fornì "Un gruppo di volontari per il suo esercito e concesse il pagamento della loro indennità. Grigoriy si trasferì poi nel castello del Principe Mniszek. Era emersa una forza anti-Godunoviana" ( [183], volume 2, pag. 96). Abbiamo ricordato i fatti più importanti dall’inizio della biografia di Dmitriy, che ha sempre lasciato nei ricercatori un’impressione davvero molto strana. Riportiamo di seguito il tipico commento di uno storico. "L’ombra della vittima innocente la cui identità non è ancora stata identificata, conosciuta nella storia come Lzhedmitriy (Falso Dmitrij), aveva portato alla fine improvvisa di tutti i piani di Godunov e spazzato via il trono, portando a un grande cambiamento di prospettiva storica. Ciò aveva portato a una grande devastazione, una guerra civile che infuriò per anni, e a un terribile spargimento di sangue. Quali reali poteri avrebbero potuto sostenere l’interprete del fantasma del Principe Dimitriy e renderlo abbastanza forte da opporsi a Boris Godunov, che era già saldamente seduto al suo trono, riconosciuto dal Consiglio Civile, un governante esperto, per non parlare della sua eccezionale intelligenza ed energia, senza eguali per nessuno nel suo entourage?" ([183], volume 2, pagina 97).
La nostra ipotesi rende tutti i fatti che li riguardano facilmente comprensibili. Il cosiddetto "Falso Dimitriy", o "Dmitrij l'Impostore" era in effetti il figlio dello Zar Ivan Ivanovich, che aveva regnato tra il 1563 e il 1572 e poi era stato detronizzato, qv sopra. Ricordiamo al lettore che lo stesso Ivan Ivanovich era stato cresciuto dalla famiglia dei Zakharyin (Romanov), che aveva governato per suo conto a causa della giovane età del monarca. Per questo anche suo figlio Dmitriy (conosciuto come Lzhedmitriy) era stato cresciuto dai Romanov. Il giovane principe aveva dovuto prendere i voti, per rendere invalide le sue potenziali rivendicazioni per il trono secondo la tradizione Russa.
Tuttavia, il lettore potrebbe ricordarsi che il principe Dmitriy era stato ucciso a Ouglich. Si deve anche tener presente che durante il regno di "Ivan il Terribile" ci sono stati due tragiche morti - presumibilmente due principi diversi con lo stesso nome di Dmitriy Ivanovich. Entrambi sono figli di "Ivan il Terribile". Abbiamo già menzionato le due morti di cui sopra, la prima conseguenza della negligenza di una tata e la seconda, la famosa tragedia di Ouglich.
Siamo del parere che in realtà ci sia stata un’unica morte di un giovane principe - la versione del Dimitriy ucciso a Ouglich è più recente e risale al XVII secolo, epoca dei Grandi Disordini. Gli autori cercavano di rappresentare come un impostore il principe Dmitriy Ivanovich, che reclamava il trono per sé stesso.
Secondo la nostra ricostruzione, il giovane Zar Dmitriy Ivanovich era morto tragicamente nel 1563, all'età di dieci anni. Gli storici sono dell'opinione che fosse morto nell'infanzia. La versione della "Tragedia di Ouglich" fu creata da Shouyskiy, che fu il primo a dichiarare Dimitriy un impostore. La vera tomba del giovane Zar Dimitriy Ivanovich era stata dichiarata la tomba dello stesso Principe Dimitriy Ivanovich che si era opposto a Shouyskiy. È così che Dimitriy Ivanovich divenne falsamente conosciuto come impostore.
I Romanov erano già schierati dalla parte di Shouyskiy, e hanno approfittato della storia, sfruttandola per i propri fini. Ricordiamo che la "tragedia di Ouglich" ha il nome di Shouyskiy scritto dovunque, poiché è lui che, secondo i documenti, aveva indagato sul caso. Cosa vediamo? Skrynnikov ci racconta apertamente: "Sospettiamo che l'originale del "documento Ouglich" sia stato alterato – si vede subito che qualcuno ha modificato l'ordine delle pagine del documento e ha sottratto la parte introduttiva" ([777], pag. 70).
Inoltre: "Il principe Shouyskiy era stato incaricato delle indagini a Ouglich. . . Gli inquirenti erano perplessi per il fatto che Shouyskiy avesse più volte fornito prove contraddittorie" ( [777], pag. 72). Inoltre, "si ritiene che i materiali di Ouglich superstiti siano una copia rieditata, compilata a Mosca... Nessuna bozza di questo documento ha raggiuntoi nostri giorni" ([777], pagina 71). Quindi, l'intero caso Ouglich potrebbe essere stato costruito a Mosca. Skrynnikov conclude così: "Ci sono ragioni per credere che i materiali di Ouglich siano stati preda di una revisione retrospettiva degli eventi che li riguardano" ([777], pag. 72).
3.2. Il complotto contro lo Zar Boris
Daremo una breve panoramica, senza approfondire i dettagli, di come Dmitriy, conosciuto come "Lzhedmitriy", sia salito al potere - dobbiamo sottolineare che è stato incoronato dopo un colpo di stato tramato dai boiardi contro lo Zar Boris, che era stato avvelenato: "Il 13 aprile [1605 - agosto] aveva partecipato ad un'assemblea della Duma e poi aveva cenato. Si sentì male appena uscito dalla sala da pranzo; la sua bocca e le narici cominciarono a sanguinare, fu prontamente costretto a prendere i voti monastici e battezzato Bogolepa morendo due ore dopo" ([183], Volume 2, pagine 113-114). Questo è stato il secondo tentativo dei boiardi di detronizzare lo Zar Boris - questa volta un tentativo riuscito. Il colpo di stato era stato ideato dagli stessi clan boiardi degli Shouyskiy, dei Golitsyn e dei Romanov. Altri eventi dimostrano che il principe Dmitriy era servito loro solo come strumento - le stesse persone tentarono di ucciderlo nel corso dello stesso anno (con successo, secondo la scienza storica; ma noi siamo di opinione diversa, qv più avanti). Shouyskiy, che da tempo tramava per il trono, diventa così Zar.
3.3. Il "falso Dmitrij" come il vero Principe Dmitriy, figlio di Zar Ivan
Il corso Romanoviano della storia Russa ci ha fatto credere che il cosiddetto "Lzhedmitriy" fosse in realtà una sorta di impostore - un certo "Grishka Otrepyev", un uomo senza nome. Gli storici dell'epoca Romanoviana lo hanno ripetuto così insistentemente che ha assunto l'aspetto di un fatto ovvio e scontato. Di seguito parleremo ai lettori delle loro motivazioni.
Ciò che oggi ci sembra così ovvio era tutt'altro che ovvio per i contemporanei del "falso Dmitrij" 400 anni fa. Tutti quelli che lo vedevano riconoscevano Dmitrij come il vero Principe - l'aristocrazia Polacca e il Re di Polonia, i boiardi Russi, e infine sua madre, la Zarina Maria Nagaya, già suora e battezzata Marfa ( [ 777] e [183], volume 2). Dmitriy aveva iniziato a inviare già da Putivl "decreti che invitavano tutti i Russi a riunirsi sotto le sue insegne". Aveva in mano 18 città, e le simpatie degli abitanti di un'area che misurava 600 verst dall'Occidente all'Oriente e che lo avevano riconosciuto tutti come il vero Principe. Il vero Otrepyev è stato chiamato da Dmitriy a Putivl e mostrato al pubblico" ([183], volume 2, pagina 113).
"La prima cosa che Dimitriy ha fatto al suo arrivo a Mosca è stato prendere misure per salvare sua madre, la suora Marfa, dalla sua incarcerazione monastica" (ibid). Si è scoperto che era stata interrogata sotto lo Zar Boris e che aveva dichiarato che suo figlio era vivo, il che aveva portato alla sua incarcerazione nel monastero Troitse-Sergiyev, con un gran numero di guardie che la sorvegliavano" (ibid). Dmitriy aveva incontrato sua madre con molte persone presenti: "Nessuno dubitava che l'uomo sul trono fosse il vero figlio dello Zar Ivan. Marfa era stata portata nel Monastero Voskresenskiy e circondata con la massima attenzione e cura; Dimitriy la visitava ogni giorno, e si tratteneva per diverse ore" ([183], volume 2, pagina 16). Inoltre, risulta che Dimitriy avesse incontrato segretamente sua madre, Maria Nagaya, ancora prima della sua fuga in Lituania, in un monastero a Vyksa. Questo fatto si riflette nella famosa cronaca intitolata "Inoye Skazaniye" (letteralmente, "Una Storia Diversa" - vedi [ 777], pag. 159). Skrynnikov considera naturalmente questi dati come di "natura completamente fantasiosa" (ibid). Tuttavia, la nostra ricostruzione suggerisce una spiegazione naturale di tutti questi fatti assurdi.
3.4. I Romanov sono gli autori della versione secondo cui Dmitriy era un impostore
Qui spieghiamo fatti ovvi - ci si potrebbe chiedere perché gli storici si rifiutino di credere alle numerose prove lasciate dai contemporanei sul fatto che Dmitriy fosse il vero figlio di Ivan, dichiarando tutti i testimoni oculari folli e bugiardi. Ricordiamo che la versione finale della storia Russa è stata scritta sotto i Romanov, le cui motivazioni per dichiarare Dmitriy un impostore sono molto facili da vedere - Dmitriy, che era diventato Zar, aveva avuto un figlio chiamato "l’infante ladro " dagli storici Romanoviani; questo bambino sarebbe dovuto diventare il successivo Zar. Tuttavia, i Romanov avevano altri piani per il trono. Avevano usurpato il potere quando il figlio di Dmitriy era ancora vivo, il che rendeva illegale l'elezione di Mikhail Romanov, il successivo Zar, poiché il figlio di Dmitriy, lo Zar precedente, era ancora vivo. L'unica opzione per i Romanov era quella di dichiarare Dmitriy un impostore, cosa che si affrettarono a fare. L'esistenza di un erede nobile era un altro problema che i Romanov risolsero impiccando il giovane ai Cancelli Spasskiye.
I brevi corollari della nostra ricostruzione sono i seguenti:
1) I Romanov hanno usurpato il potere e ucciso il vero erede al trono, il figlio dello Zar Dmitriy.
2) La storia di questa epoca è stata scritta molto più tardi, già sotto i Romanov.
3) Dichiarare Dmitrij un impostore aveva un duplice scopo: occultare l’elezione illecita di Mikhail Romanov e sfuggire alle accuse di regicidio (l’omicidio del figlio di un "impostore" non può essere classificato come tale).
Questo è uno dei momenti più complessi della storia Russa, e l'alba della dinastia Romanoviana. I Romanov avevano bisogno di dimostrare la legittimità del loro regno, e questo problema fu risolto con i mezzi più semplici disponibili. Certo, convincere tutti in un colpo solo era un compito impossibile. In Polonia, opuscoli volti a screditare Mikhail Fyodorovich Romanov erano rimasti in circolazione fino al XVII secolo - in particolare, era chiamato "Fyodorovich il Capitano" e "il cosiddetto Gran Principe" ([437], pag. 414). I Romanov cercarono ovviamente di stroncare sul nascere le conseguenze di questa testimonianza imbarazzante e pericolosa. In effetti, "all'inizio del 1650 lo Zar [Alexei Mikhailovich Romanov - Aut.] inviò il boiardo Grigoriy Pushkin accompagnato da un gruppo di altri boiardi a Varsavia con una missione diplomatica. . . secondo Pushkin, ‘Sua Maestà reale chiede di raccogliere tutti i perfidi libri e bruciarli alla presenza degli inviati, e di punire con la morte i compositori di stampa, i proprietari delle case editrici dove sono stati stampati i libri, e i proprietari dei terreni dove erano state costruite queste case’ ([437], pag. 416). Possiamo constatare che gli obiettivi perseguiti dai Romanov nell'alterazione della storia erano tutt'altro che filosofici o astratti - intendevano mantenere il potere supremo nelle loro mani e sottrarsi a possibili punizioni, il che rendeva accettabile ogni mezzo.
3.5. Il complotto dei boiardi e l'omicidio dello Zar Dmitriy, conosciuto come "Lzhedmitriy il Primo"
Quando descrivevamo la nostra ricostruzione, abbiamo sottolineato che il Principe Dmitriy era diventato Zar a seguito di un complotto. I boiardi avevano ucciso lo Zar Boris e incoronato Dmitriy. Tuttavia, il principe Dmitriy serviva agli scopi di un governante intermedio - la cospirazione era stata organizzata da Shouyskiy, che voleva il trono per sé stesso. Questo rendeva il principe Dmitriy un ostacolo. poco dopo l'insediamento di quest' ultimo, si è svolta una rivoluzione di palazzo. Si presume che Dmitriy sia stato ucciso. Il trono è stato preso da Vassily Shouyskiy.
I Romanov devono essersi schierati con Shouyskiy perché, il capo della cospirazione, Fyodor Romanov, più tardi conosciuto come Patriarca Filarete, tornò indietro dal suo esilio e fu nominato Patriarca di Mosca.
3.6. Le ragioni per la cremazione del corpo del "falso Dmitrij"
La cremazione non esisteva all'epoca in Russia - né amici né nemici venivano cremati, semplicemente non esisteva una tradizione del genere. Eppure il corpo di "Lzhedmitriy I" fu cremato per qualche ragione. Questo evento è unico nella storia Russa: perché qualcuno dovrebbe cremare il corpo di un ex sovrano? Il corpo di un nemico potrebbe essere dissacrato, esumato e così via - perché qualcuno dovrebbe cremarlo?
Gli eventi vengono riportati nel modo seguente. Il corpo del "falso Dmitrij" fu trascinato fuori dal palazzo: "Il cadavere fu mutilato fino a sembrare a malapena umano, figuriamoci riconoscibile... La folla lo portò al Monastero Voznesenskiy e chiamò la Principessa Marfa, chiedendole di identificare il corpo come quello del figlio. Una voce racconta che diede una risposta assolutamente negativa, un'altra - che diede la seguente risposta enigmatica: ‘La vostra gente avrebbe fatto meglio a chiedermelo quando era ancora vivo - non è mio figlio ora che è morto’. Ancora un'altra prova trapelata dai documenti dei Gesuiti riferisce che la madre avesse detto alla folla che trascinava il cadavere che loro avrebbero dovuto saperlo e, dopo essere stata minacciata, disse esplicitamente che il corpo non apparteneva al figlio" ([436], pagine 273-274).
E' quindi evidente che la risposta data dalla Zarina non implicava un'identificazione positiva del corpo come quello di suo figlio; le sue parole possono essere interpretate come un'identificazione negativa del corpo come quello di un estraneo.
Siamo del parere che lo Zar Dmitriy non sia stato ucciso e sia riuscito a scappare. Il corpo mostrato alla Zarina Marfa apparteneva a qualcun altro, da cui le mutilazioni che rendevano impossibile l’identificazione. Il corpo fu cremato in modo da nascondere le tracce completamente ([436], pag. 288).
Lo Zar Dmitriy sembra essere sopravvissuto a questo complotto; dovremmo quindi aspettarci la sua riemersione sulla scena storica. In effetti, si apprende di una "Lzedmitriy II" emerso a Putivl, dove si trovava l'ex quartier generale di Dmitriy. Il primo "falso Dmitrij" era stato visto da una moltitudine di persone - quelle stesse persone lo riconobbero come Zar Dimitriy. Shakhovskoy radunò a Putivl molte persone intorno a sé e al nuovo pretendente al trono, affermando che i rivoltosi a Mosca avevano ucciso un Tedesco e non Dimitriy, che egli proclamava vivo. Ed esortò le masse a sollevarsi contro la tirannia di Shouyskiy" ([183], volume 2, pag. 125).
3.7. "Lzhedmitriy II" come Zar Dmitriy, noto anche come "Lzhedmitriy I"
"L'avvento di un nuovo Dimitrij aveva tanto spaventato Shouyskiy da fargli raccontare alle truppe che aveva inviato contro di lui che i nemici erano degli invasori Tedeschi e non dei semplici ribelli; tuttavia, il trucco fu scoperto quando i due eserciti si incontraro" ([183], volume 2, pag. 126). Per prima cosa, "Lzhedmitriy II" andò al castello di Mniszek in Polonia, dove il suo presunto predecessore era stato accolto come rifugiato e dove sua moglie, Marina Mniszek, risiedeva. Un suo antico ritratto o visibile nella fig. 9.5. E 'particolarmente significativo che abbia riconosciuto "Lzhedmitriy II" come suo marito; inoltre, quando le truppe di quest'ultimo nell’avvicinandosi a Mosca si sono acquartierate a Tushino, Marina e suo padre, il principe Mniszek, si unirono a lui, trasferendosi da Mosca. Marina dichiarò che Dmitriy era suo marito. Gli storici lo trovano molto sospetto - dopotutto, "Sanno per certo" che la persona in questione era una persona completamente diversa. Perché Marina ignorava completamente questo fatto? La spiegazione offerta dalla scienza storica è che Marina si è comportata così sotto la pressione del padre, concedendo di svolgere il ruolo con grande riluttanza (ibid, pagina 134). Ci dicono anche che Marina, nonostante abbia accettato il ruolo di "moglie del falso Dmitrij", si è rifiutata palesemente di consumare il matrimonio (ibid). Ci si potrebbe chiedere quale sia la fonte di questa conoscenza, tanto più che diede poco dopo alla luce il figlio di "Lzedmitriy II" (che è stato immediatamente soprannominato "il ladro neonato" dai Romanov, cfr. il soprannome che hanno dato al padre - "Il ladro di Tushino").
Figura 9.5. Vecchio ritratto di Marina Mniszek. Data all'inizio del XVII secolo, o si suppone dipinto nel corso della sua vita. Tratto da [234].
Questo stesso bambino fu ucciso in seguito dai Romanov - appeso ai Cancelli Spasskiye, con l'obiettivo di rimuovere un inutile ostacolo al loro passaggio al trono.
Anche le ulteriori azioni di Marina Mniszek diventano perfettamente chiare - rifiutò di lasciare la Russia dopo la morte di "Lzhedmitriy II" e ha continuato a lottare per il trono Russo, aiutata dalle truppe guidate da Zarutskiy che le erano ancora fedeli. Non c'è nulla di strano in questo fatto - aveva riconosciuto suo figlio, per certo, come l'erede legittimo di Dimitriy, il vero Zar. Se il padre fosse stato un anonimo "ladro di Tushino", per lei sarebbe stato sensato lasciare il paese e dirigersi verso la Polonia, lontano dalla minaccia rappresentata da un intero paese in sconvolgimento. Aveva questa opportunità, ma non l'ha usata, rivolgendosi invece ai Cosacchi del Volga, del Don e Yaik ([183], volume 2, pagina 158). Questa donna orgogliosa e coraggiosa stava difendendo i propri diritti e quelli del figlio, erede al trono Russo dell'Orda per diritto di nascita.
Seguì una guerra tra Marina aiutata dalle truppe di Zarutskiy e i Romanov - uno dei momenti più oscuri della storia Russa. Il resoconto moderno di questa guerra è stato pensato con molta probabilità dai Romanov, che l’avevano vinta ([436], pagg. 769-778). Gli storici Romanoviani la presentano come una guerra tra i Romanov, i legittimi governanti dello Stato, e i "ladri".
Tuttavia, Kostomarov riferisce che Zarutskiy "si faceva chiamare erroneamente Zar Dmitriy Ivanovich" ( [436], pag. 770). Kostomarov è sinceramente sorpreso nel dirci che i documenti ufficiali "erano scritti con questo nome e consegnati a Zarutskiy, il che è veramente strano, visto che questo signore della guerra era conosciuto da molti Russi" ([436], pag. 770).
È possibile che lo Zar Dmitriy Ivanovich fosse ancora vivo, nel qual caso i Romanov lo avrebbero ucciso più tardi, e la sua morte sarebbe stata rappresentata come l'esecuzione di Zarutskiy. Il sospetto è reso più solido dal fatto che "un secondo Zarutskiy" emerse subito dopo l'esecuzione - non c'è alcun riferimento precedente a lui da nessuna parte. Si dice che il personaggio in questione sia stata l'Ataman dei Cosacchi Circassi della Malorossiya, "un certo Zakhar Zarutskiy - forse un fratello di Ivan, o uno dei suoi parenti" ([436], pag. 779). Kostomarov non può che fare congetture per quanto riguarda l'identità del "secondo Zarutskiy" e se il "primo Zarutskiy" avesse o meno fratelli. Tuttavia, è molto probabile che ci sia stato un solo Zarutskiy, e lo Zar Dmitriy Ivanovich dell'Orda sia rimasto al fianco di Marina Mniszek - più tardi ribattezzato Zarutskiy dai Romanov, che dovevano sviare le accuse di regicidio.
L'esercito di Zarutskiy (Zar Dmitriy?) e Marina Mniszek fu sconfitto. I Romanov, che si erano già stabiliti nella capitale Mosca, cercarono di dividere l'alleanza Cosacca che si stava formando intorno a Marina e Zarutskiy, e ad assicurarsi che lo Scià di Persia rimanesse neutrale ([436], pag. 779).
Zarutskiy (Zar Dmitriy Ivanovich?) e Marina furono catturati dalle truppe di Mikhail Romanov a Yaik. Il primo fu impalato. Il principe di quattro anni, figlio di Dmitriy e Marina, fu impiccato a Mosca dai Romanov ([183], volume 2, pagina 159; cfr. anche [436], pag. 778). Come abbiamo già spiegato, i Romanov mettevano così fine alla vecchia dinastia Russa dell'Orda.
4. LA GUERRA CONTRO STEPAN TIMOFEYEVICH RAZIN E LA VITTORIA DEI ROMANOV
Ciò implica che la storia della famosa "rivolta di Razin" sia molto probabilmente stata distorta in larga misura. Uno studio delle testimonianze dei documenti dell’epoca rende sempre più forte questo sospetto. Facciamo alcune considerazioni preliminari in materia.
Si presume che circa 60 anni dopo l'ascensione dei Romanov al potere un grande ammutinamento sia iniziato in Russia - è noto oggi come "L’Ammutinamento di Razin", o "Guerra Contadina". Presumibilmente i contadini e i Cosacchi si ribellarono contro i proprietari terrieri e lo Zar. I Cosacchi erano la spina dorsale del potere militare di Razin. La rivolta inghiottì gran parte dell'impero Russo, ma alla fine fu soffocata dai Romanov.
Non esistono documenti originali sopravvissuti del partito sconfitto - si presume che solo sei o sette di questi abbiano raggiunto i giorni nostri; tuttavia, gli storici aggiungono che solo uno di essi è autentico ([101], pagg. 8 e 14). Siamo del parere che anche questo presunto originale sia altamente sospetto e assomigli molto a una copia, come si può chiaramente vedere dalla fotocopia in [441] , volume 2, parte 1, documento 53. Gli stessi storici credono che questo documento "sia stato compilato dagli alleati ataman di Razin, non dallo stesso Razin - e inoltre molto lontano dal Volga" ([101], pag. 15). La sede di Razin si trovava nella regione del Volga. Inoltre, il nome di Razin avrebbe potuto essere originariamente "ra-syn", o "Figlio di Ra", in altre parole, "Figlio del Volga" visto che il fiume era conosciuto anche come Ra.
Gli storici Romanoviani affermano che un certo impostore aveva accompagnato l'esercito di Razin, il Principe Aleksej, che presumibilmente rappresentava il figlio defunto di Aleksej Mikhailovich Romanov. Razin avrebbe agito per conto di questo Gran Principe. Gli storici sostengono che Razin l'abbia fatto per cercare di far sembrare legittima la guerra contro i Romanov ([101]).
Inoltre, ci viene detto che un certo patriarca aveva accompagnato l'esercito di Razin. Secondo alcuni si trattava del patriarca Nikon era stato deposto in quel periodo. Per esempio, B. Coijet, il segretario dell'ambasciata Olandese che si era recato a Mosca nel 1676, 5 anni dopo la guerra, descrive "due barche rivestite di velluto rosso e nero, che presumibilmente appartenevano al principe Alexei e al Patriarca Nikon" ([101], pag. 319).
Tuttavia, tutte queste informazioni ci sono giunte attraverso il filtro della cancelleria Romanoviana, che deve aver messo a punto la versione secondo cui la guerra con Razin era stata una semplice rivolta di Cosacchi. V. I. Bouganov si riferisce alla raccolta di documenti accademici in più volumi sulla rivolta di Razin ([441] ), che ci dicono che la maggior parte dei documenti "è stata preparata dal governo. . . Da qui la terminologia che incontriamo - "ladri", ecc., il tendenzioso racconto dei fatti, suppressio veri e altre menzogne" ([101], pag. 7). E' quindi possibile che i nomi del principe e del patriarca (Alexei e Nikon) siano stati inventati dalla cancelleria Romanoviana, forse al posto di altri nomi che dovevano essere cancellati dalla memoria del popolo Russo.
Si è scoperto che i Romanov hanno persino preparato un decreto speciale contenente una versione ufficiale della rivolta ([101], pag. 31). A proposito, questo decreto contiene un’interpretazione sorprendentemente assurda dei documenti di Razin. Apprendiamo quanto segue:
"Le perfide epistole dei ladri che rivendicano che il Gran Principe Aleksej Alekevich, figlio legittimo dello Zar... sia vivo e si diriga dal Sud del Volga verso Kazan e Mosca, presumibilmente agli ordini di nostra regale maestà lo Zar per punire i boiardi, i membri della Duma e i funzionari statali a Mosca e in altre città... per il loro presunto tradimento" ([101], pag. 31).
Le stesse informazioni sono presentate in modo completamente diverso nelle poche copie superstite dei documenti di Razin. Cito un frammento della missiva inviata da uno degli ataman di Razin ai suoi compagni d’armi. L'originale è stato naturalmente distrutto; abbiamo solo una "copia esatta del perfido decreto dei ladri" nel campo Romanoviano da inviare a Mosca: "Preparatevi in fretta alla difesa di Nostra Signora, del Grande Zar, del Patriarca Stepan Timofeyevich e di tutta la fede Cristiana Ortodossa" ([441], volume 2, parte 1, pagina 252, documento 207).
Ecco un altro esempio. V. I. Bouganov cita l'epistola mandata alla città di Kharkov dal "Grande esercito del Don e di Alexei Grigoryevich". Gli alleati di Razin scrivevano quanto segue: "Il 15 ottobre dell'anno in corso 1799, noi, il Grande Esercito del Don, ci siamo mossi all'ordine del Grande Zar. . . [seguita dal titolo completo del Grande Zar - RV. Bouganov] e per suo decreto, servire il Grande Zar ... cosicché tutti noi si possa soppravvivere al tradimento dei boiardi" ([101], pagg. 27-28).
Per riassumere quanto sopra, l’esercito di Razin si era schierato sotto le insegne del Grande Zar contro gli ammutinati boiardi di Mosca. Oggi si suggerisce che l’ingenuo esercito di Razin volesse proteggere Alexei Mikhailovich, lo sfortunato Zar Moscovita, dal tradimento dei suoi stessi boiardi. Consideriamo questa ipotesi piuttosto assurda. Troviamo l’informazione sul fatto che Alexei fosse il Grande Zar, figlio di Alexei Mikhailovich, nei documenti di Razin? Non la troviamo – molto più probabilemtne, si riferiscono semplicemente al Grande Zar ([441] ). Le copie Romanoviane superstiti dei documenti di Razin omettono del tutto il nome dello Zar o lo sostituiscono con il nome di Alexei Mikhailovich - cfr. in particolare il documento 60 nel volume 2, parte 2. La versione Romanoviana cerca quindi di dirci che i decreti di Razin contengono gli ordini di Alexei Mikhailovich, lo Zar regnante a Mosca, inviato al figlio e che chiede a quest’ultimo di prendere le armi con il suo esercito contro suo padre. Una versione ancora più assurda è che egli abbia guidato il proprio esercito contro se stesso. Questi dati assurdi derivano probabilmente da diverse edizioni poco coordinate dei documenti di Razin redatti dalla cancelleria Romanoviana. Riferiremo qui di seguito la nostra ipotesi sulla vera identità di questo Grande Zar, per conto del quale sono state scritte le epistole di Razin.
La versione ufficiale Romanoviana relativa al suddetto decreto deve essere stata utilizzata anche nei numerosi resoconti sulla guerra con Razin rilasciati dagli stranieri. A quanto pare, agli inviati stranieri era stato dato il compito di aderire a una certa versione (cfr. panoramica delle relazioni estere in [ 101 ] ). I Romanov erano piuttosto energici nel piazzare le proprie versioni: "Uno dei decreti, conosciuto... come "prototipo reale" . . . contiene una dettagliata versione ufficiale della rivolta di Razin. . . Le autorità locali hanno ricevuto l'ordine di leggere ripetutamente questo decreto ad alta voce nelle aule assembleari per tutta la popolazione" ([101], pag. 247). Evidentemente, questo è stato fatto per registrare la versione ufficiale nella memoria della gente.
Tuttavia, le letture multiple ufficiali devono essere state insufficienti e c’erano dei dissenzienti. L'almanacco ([441]) contiene un curioso editto dello zar Alexei Mikhailovich inviato a "Smolensk, la nostra patria" con l'ordine di giustiziare un semplice soldato per via di una frase enigmatica che aveva pronunciato. La frase avevano turbato così tanto Alexei che ordinò che il soldato venisse "impiccato come esempio per gli altri affinché non ripetessero le parole dei ladruncoli" ([441], volume 2, parte 2, pagina 149). Apprendiamo inoltre che "i materiali lasciati dall'interrogatorio di Ivashka sono stati bruciati dal funzionario governativo Ivan Savastianovich Bolshoi Khitrovo su ordine personale dello Zar ... in modo che le parole indegne rimangano sconosciute alla gente" ([441], volume 2, parte 2, pagina 149). Segnaliamo che il funzionario incaricato dell'incenerimento dei "materiali dell’interrogatorio" di un semplice soldato aveva il patronimico che terminava con "Vich"; questa formula veniva utilizzata a quei tempi solo per riferirsi all'élite amministrativa (cfr. [101], pag. 119).
La vittoria dei Romanov era stata difficile. La stampa di Lipsia a quel tempo riferiva che Razin si era "proclamato Zar di entrambi i domini [Kazan e Astrakhan – Aut.]; molte potenti truppe "sono cadute sotto la sua influenza". Lo Zar è così spaventato da non osare mandare il suo esercito contro Razin" ([101], pagina 329). I Romanov hanno impiegato molto tempo e molto impegno per cambiare a loro favore il corso della guerra.
Ci sono prove che mercenari dell’Europa Occidentale facessero parte dell’esercito Romanoviano che alla fine sconfisse Razin ([441]). I Romanov consideravano inaffidabili i soldati Russi e Tartari; tra di loro c'erano stati molti disertori, e alcuni si erano schierati dalla parte di Razin ([101], pagine 230 e 232-233). Al contrario, le relazioni tra l’esercito di Razin e gli stranieri erano tese. I Cosacchi di solito uccidevano i mercenari stranieri catturati ([101], pag. 216).
La sconfitta di Razin può essere spiegata in parte dal fatto che nel Sud della Russia c’erano pochissime fabbriche che fabbricavano armi da fuoco e polvere da sparo ([441]). L’esercito di Razin è stato costretto a contare sui cannoni, pistole e munizioni catturati al nemico ([101], pagine 216-217). Ci sono prove evidenti del fatto che rifiutassero l’ammissione di volontari che non avessero fucili propri ([101], pagine 109-110).
Potrebbe essere stata questa la prima ragione della sconfitta di Razin? Questo è improbabile. Il problema di come i Romanov siano riusciti a sconfiggere l’Orda guidata da Razin e successivamente da Pougachev richiederebbe oggi uno studio dettagliato, visto che l’Orda era sostenuta dalla stragrande maggioranza della popolazione del paese, qv sopra. Secondo la nostra ricostruzione, la famosa "rivolta" di Razin fu in realtà una guerra su larga scala tra i due Stati russi emersi dopo i Grandi Disordini dell'inizio del XVII secolo. Normalmente si presume che nel 1613 Mikhail Romanov sia diventato Zar di tutta la Russia. Probabilmente non è così. In un primo momento i Romanov erano riusciti a riunire le ex terre della Russia Bianca e le parti Settentrionali della regione del Volga (la Grande Novgorod, secondo la nostra ricostruzione), la cui capitale era Mosca. La Russia Meridionale e persino il Volga medio appartenevano a un altro Stato governato dall’Orda, con capitale ad Astrakhan. Questo Stato deve aver avuto un proprio Zar, la cui stirpe risaliva a quella dell’antica dinastia dell’Orda Russa.
L’Orda doveva aver considerato i Romanov usurpatori del trono, riferendosi a loro come "traditori e ladri" ([101], pag. 29). Coloro che si erano schierati dalla parte di Razin hanno sempre affermato di lottare "per lo Zar contro i boiardi" ([441] e [101]). Ciò deve significare che non avevano riconosciuto il clan boiardo dei Romanov come legittimi governanti della Russia. Lo Zar dell'Orda doveva risiedere ad Astrakhan ed era probabilmente considerto dagli alleati di Razin il Grande Zar di tutta la Russia.
"Essi consideravano le azioni del governo come un "ladrocinio", usando gli stessi termini nei documenti ufficiali ([101], pagina 29).
Figura 9.6. Lo stemma dei Principi Cherkasskiy. Secondo la legenda corrispondente, ciò che vediamo in cima è "un turbante, che era lo stemma dei sultani Egiziani - gli antenati dei Principi Cherkasskiy" ([193], pag. 217). Tratto da [ 193], pag. 217.
I rappresentanti di Razin sono noti per aver "qualificato le azioni del campo feudale dirette contro il loro esercito e le loro politiche nei territori caduti nelle loro mani... come un "ladrocinio" e utilizzavano nei documenti ufficiali gli stessi termini ([101], pag. 13). Secondo la nostra ricostruzione, la cosiddetta "rivolta di Razin" (1667-1671) era stata una vera guerra accompagnata da un grande spargimento di sangue. Il partito Moscovita era guidato dal principe Dolgoroukiy ([101], pag. 21). Il suo quartier generale era ad Arzamas (ibid). Il signore della guerra dell'esercito di Astrachan era Stepan Timofeyevich Razin. V. Bouganov riferisce quanto segue: "La rivolta Russa guidata da Razin aveva avuto una grande risonanza in Europa, in particolare in Occidente. . . Informatori stranieri. . . spesso consideravano gli eventi Russi [la rivolta di Razin - Aut.] come una lotta di potere, definendoli "l’Insurrezione dei Tartari" ([101], pag. 326).
L'intera storia della guerra tra Romanov e Razin (il figlio del Ra?) viene distorta e oscurata in modo eccezionale. Praticamente non esistono documenti sul partito di Razin - tuttavia, i pochi che sono sopravvissuti ci permettono di intravedere i fatti reali di quell’epoca. Forniremo un'altra citazione: le parole "principe" e "legittimo" sono messe in discussione dagli storici moderni perché considerano inconsapevolmente gli eventi in questione attraverso il prisma distorsivo della storia Romanoviana.
"La quarta domanda [di Alexei Mikhailovich a Razin durante l'interrogatorio a quest’ultimo] fu la seguente: "Per quale motivo ti sei rivolto a Cherkasskiy come a un rappresentante della famiglia reale, e cosa ti ha dato in cambio?". . . Si riferisce a un altro Cherkasskiy, probabilmente il giovane principe Andrei, figlio del principe Kamboulat Pshimakhovich Cherkasskiy, il Murza Kabardiniano. Il Principe Andrei si convertì alla fede Ortodossa e fu imprigionato da Razin quando l'esercito di quest' ultimo conquistò Astrachan. Questo personaggio deve aver recitato la parte del Principe Aleksej e accompagnato Razin verso Nord lungo il Volga. Razin aveva fatto fare una barca speciale per lui e aveva ordinato di ricoprirla in velluto rosso. Il "principe" svolgeva la parte di un sovrano "legittimo", naturalmente contro la sua volontà; Gli abitanti delle città investite dall'ondata insurrezionale gli avrebbero giurato persino fedeltà" ([101], pag. 119).
Il nostro parere è il seguente: Stepan Timofeyevich Razin era il comandante militare del Grande Zar di tutta la Russia del clan principesco dei Cherkasskiy. La sua capitale era Astrachan. La parte Meridionale della Russia doveva essere diventata uno Stato separato dopo il Grandi Disordini dell'inizio del XVII secolo e l'usurpazione del potere da parte dei Romanov a Mosca, e aveva uno Zar proprio, Astrakhan era la sua capitale. L'identità esatta del Cherkasskiy che era Zar di Astrakhan è difficile da stabilire, visto come la storia di questo periodo è stata riscritta dai Romanov. Consentitemi di evidenziare due fatti relativi alla questione in esame.
1) È noto che il principe Grigoriy Sounchaleyevich Cherkasskiy, che era stato "un signore della guerra in Astrakhan" poco prima della guerra con Razin e fu "ucciso nel suo stesso dominio" dopo la vittoria dei Romanov, nel 1672 ([770], pag. 218).
2) Un certo Alexei Grigoryevich Cherkashenin, "ataman dei rivoltosi e fratello per giuramento di sangue di S. Razin" attivo assieme a Razin ([441], volume 2, parte 2, pagina 226). Il nome Cherkashenin potrebbe essere una versione distorta del nome Cherkasskiy.
Evidentemente, i Cherkasskiys erano un antico clan Russo. Erano considerati discendenti dei sultani Egiziani, il che si riflette nel loro stemma ([770], pag. 217; cfr. fig. 9.6). Come abbiamo dimostrato in Chron5, la dinastia medievale Egiziana dei Mamelucchi era di origine "Mongola" ("Grande" o "Russo"). Era nota anche come "Circassa", o Cosacca. È noto che "i sultani Circassi abbiano regnato in Egitto tra il 1380 e il 1517" ([99], pag. 745). Ricordiamo al lettore che Circassi era un altro nome dei Cosacchi del Dnepr in Russia ([101], pag. 27; cfr. anche [347], volume 1, pagina 253).
Il significato iniziale della parola "Circasso" oggi è quasi dimenticato. La Circassia storica si trova oggi nelle vicinanze del Caucaso settentrionale; si dice anche che "alla fine del XV secolo... il suo nome venne cancellato dalle fonti storiche" ([347], volume 3, pagina 267). Tuttavia, la parola Circasso era ampiamente utilizzata in Russia per riferirsi ai Cosacchi del Dnepr, al fine di distinguerli dagli altri Ucraini (noti come Malorossy) fino al XVIII secolo ( [347] , Volume 3, pag. 272). Persino la "Raccolta Completa delle Leggi Imperiali Russe utilizzava ancora nel 1766 il termine Circassi [per riferirsi ai Cosacchi della regione del Dnepr e della Malorossiya, conosciuta oggi come Ucraina - Aut.]" ([347], volume 3, pagina 272).
Secondo la nostra interpretazione della storia Russa, i sultani Egiziani emersi nell'epoca della Grande conquista "Mongola" (Grande Russia) e Ottomana (Ataman) devono essere nati in Circassia, o in Russia, e non nel Caucaso Settentrionale. Di conseguenza, il clan di Cherkasskiy diventerebbe Russo (Cosacco). Questo fatto doveva essere noto nel XVII secolo.
La guerra con Razin era finita con la conquista di Astrachan, che presumibilmente era stata la capitale del regno Russo Meridionale governato dall'Orda che alla fine era stato conquistato dai Romanov. “Ad Astrachan è esistito a lungo un governo ribelle, dopo la detenzione e l'esecuzione di Razin – che è durato fino al novembre 1671. La sua figura principale era V. Ous e in seguito F. Sheloudyak, dopo la morte del primo, insieme ad altri leader" ([101], pagina 94). Sheloudyak era conosciuto a Mosca come "il nuovo comandante militare di Astrakhan" ( [ 101], pag. 96). "Nell'estate del 1671 ... Sheloudyak stava tentando di attuare il piano di Razin [la conquista di Mosca - Aut.]. Aveva raggiunto Simbirsk; tuttavia, non riuscì a tradurre in realtà i piani di Razin" ([101], pag. 96).
Durante l'assedio di Simbirsk da parte dell'esercito di Astrakhan guidato da Fyodor Sheloudyak, i signori della guerra di Simbirsk "guidati da Sheremetev inviavano missive ufficiali a Sheloudyak conosciuto come pamyati; queste venivano utilizzate solo tra parti uguali, siano esse persone o istituzioni. Inoltre, questi decreti. . . si diceva fossero scritti per conto dello Zar, e la loro autenticità era confermata dal sigillo reale" ([101], pagina 101).
Il comandante in capo di Simbirsk, che si rivolgeva a Fyodor Sheloudyak come a un suo eguale, "era un boiardo, un membro della Duma di Boiardi e un rappresentante di una delle più importanti famiglie Russe" ([101], pag. 101). Secondo
Il commento di V. I. Bouganov, "Questa situazione... è tutt'altro che tipica di una rivolta contadina".
Le circostanze della conquista di Astrakhan sono estremamente oscure, così come l'intera storia della guerra contro Razin. Quest 'ultimo era stato presumibilmente catturato sul Don a causa di un tradimento. "Il corso delle indagini fu estremamente precipitoso. . . questo fatto, oltre alla rapida esecuzione, parla in modo eloquente dell'urgenza della questione dal punto di vista del governo; molti stranieri contemporanei raccontano la stessa cosa: lo Zar e i boiardi temevano possibili disordini civili a Mosca. Jacob Reutenfels, straniero e testimone oculare dell'esecuzione, scrive che lo Zar "aveva paura di una rivolta, e aveva dato ordini... che la piazza dove il criminale [Razin – Aut.] doveva essere giustiziato fosse circondata da una triplice fila dei soldati più fedeli. All'interno erano ammessi solo stranieri; a ogni incrocio della città erano presenti squadre di soldati armati" ([101], pag. 318).
I Romanov si erano impegnati a fondo per trovare e distruggere tutti i documenti del partito di Razin. Frol, il fratello minore di Razin, sosteneva che Razin avesse seppellito una brocca imbottita di documenti "su un'isola sul fiume Don, in una grande radura vicino a Prorva, sotto una salice delle capre" ( [ 101] , pag. 62). Squadroni i truppe Romanoviane hanno scavato dappertutto nell'isola senza lasciare nulla di intentato, frugando il terreno sotto ogni salice delle capre. Non hanno trovato nulla ([101]). Tuttavia, Frol era rimasto in vita a lungo, evidentemente allo scopo di avere da lui dati più espliciti su questi documenti. Bouganov riferisce che Frol "portò il mistero dei documenti di Razin con lui nella tomba. Alla fine, alcuni anni dopo, è stato giustiziato," ([101], pagina 62).
Alcuni documenti relativi alla guerra contro Razin devono essere sopravvissuti negli archivi di Kazan e Astrakhan ( [ 101] ). Tuttavia, questi archivi sono scomparsi senza lasciare traccia ([832], volume 1, pagina 53).
5. LA DISTRUZIONE DEI VECCHI LIBRI IMPERIALI DEI RANGHI DA PARTE DEI ROMANOV E LA CREAZIONE DI FALSE DOCUMENTAZIONI GENEALOGICHE PER SOSTITUIRLI
Il 12 gennaio 1682, nel regno di Fyodor Alexeyevich Romanov, è stata abolita l’antica struttura gerarchica russa ([27], pag. 40). "I libri che contevano informazioni gerarchiche sono stati bruciati" ([85], Volume 27, pagina 198). In particolare, sono stati inceneriti i famosi "Libri dei Ranghi" che nel secolo XVI contenevano i registri delle nomine agli uffici governativi in Russia.
"La vecchia struttura gerarchica era nota come mestnichestvo e governava l'ordine di nomina dei funzionari governativi di alto livello... nella Russia del XV-XVII secolo. Tale ordine si basava sulla nobiltà di nascita e sulla storia delle posizioni gerarchiche occupate dai propri antenati che avevano servito gli Zar e i Gran Principi. . . Ogni nomina di un funzionario governativo veniva effettuata in conformità con tale gerarchia e veniva esplicitamente registrata nei "Libri dei Ranghi" ([85], volume 27, pagina 198).
Come stiamo iniziando a capire, la struttura gerarchica in questione veniva applicata all'intero Grande Impero "Mongolo" della Russia – la vera e propria Orda e le province lontane, dalle isole Britanniche al Giappone. Questa struttura era nota come "una gerarchia complessa, con i discendenti di Ryurik, o i Gran Principi in cima , nonché alcuni dei Principi Lituani di Hediminovich. Di seguito i discendenti dei principi locali e le vecchie famiglie dei boiardi di Mosca, e poi i principi di domini più piccoli e di famiglie di boiardi di provincia" ( [85] , volume 27, pagina 198).
Come sappiamo oggi, la gerarchia aveva in cima i discendenti degli Zar di Vladimir e Suzdal, seguiti dai boiardi di Vladimir e Suzdal. Poi arrivavano i governanti delle terre conquistate, e poi l'aristocrazia locale. L'ordine è perfettamente naturale per un grande impero, che aveva integrato un gran numero di nuove terre.
I "Libri dei Ranghi" contenevano quindi dati estremamente preziosi relativi alla storia del Grande Impero Mongolo. E' ovvio che questi libri sarebbero stati i primi candidati all'incenerimento dopo la vittoria dei Romanov su Razin. Sono state sostituiti da nuovi, che con ogni probabilità erano dal nostro punto di vista fraudolenti. Ci sono ottime prove che confermano questa teoria.
Passiamo alla monografia di A. V. Antonov intitolata The Genealogical Records of the Late XVII Century pubblicata dall’Archivio di Stato Russo dei Documenti Antichi ([27] ). A. V. Antonov riporta quanto segue:
“La decisione di abolire la gerarchia mestnichestvo, ufficialmente registrata nella decisione del Consiglio del 12 gennaio 1682 ... è stata accompagnata da: . . un altro editto del governo, che ordinava la compilazione di nuovi registri genealogici. Questi documenti dovevano includere tutti gli strati di funzionari governativi che esistevano in quell'epoca... Tutti i lavori per la compilazione dei libri genealogici furono affidati ad una commissione genealogica. . . nominata per questo scopo specifico, che poi divenne nota come "Casa della Genealogia"... Verso la fine degli anni 1680 ... furono compilati due libri genealogici; uno di loro... è noto con il nome più recente di "Libro di Velluto"; il secondo è andato perduto" ([27], pag. 13).
Inoltre: "Le genealogie della fine del XVII secolo sono state aspramente criticate nel lavoro di R N. Petrov dal titolo "La Storia dell'Aristocrazia Russa" (San Pietroburgo, 1886). Gli oggetti principali della critica dell’autore sono le parti introduttive o le leggende familiari. Petrov considera tutte queste opere come opere di narrativa compilate da cronache e altre fonti" ([27], pagina 20).
N. P. Likhachyov ha condotto una ricerca sul "Libro di velluto" alla fine del XIX secolo. "Fu il primo a sollevare la questione delle cosiddette genealogie compilate; un gran numero di registrazioni della fine del XVII secolo rientrano in questa categoria" ( [27], pag. 28). Likhachyov aveva scoperto che i nomi "menzionati in questi registri genealogici erano spesso presi da fonti disponibili al compilatore, e poi trasformati arbitrariamente in alberi genealogici; alcuni dei nomi potevano essere del tutto fittizi" (ibid). Ad esempio, nel suo studio sulla genealogia di Golovkin Likhachyov dimostra che i compilatori "ignoravano il proprio albero genealogico; hanno utilizzato i registri del monastero di Troitse-Sergiyev e hanno fatto "gravi errori" nella distribuzione cronologica delle generazioni secondo la patronimia dei nomi registrati" ([27, pag. 28).
La falsificazione di documenti antichi sembra essere stata ampiamente utilizzata per la convalida di alberi genealogici, soprattutto se si considera che nessuno si è preoccupato di verificare la loro integrità. Secondo alcuni ricercatori, la Casa della Genealogia "non ha verificato l'autenticità dei documenti genealogici" ([27], pag. 21). Secondo A. V. Antonov, "Lo scienziato [N. P. Likhachyov – Aut.] era principalmente preoccupato per la scoperta e la critiche dei decreti falsificati e interpolati che accompagnavano i registri genealogici trasmessi ai funzionari del Parlamento. Egli considera i documenti degli Izmaylovs, dei Bedovs, dei Protasyevs e dei Chaadayev come falsi" ( [27], pag. 28). Secondo S. B. Vesselovskiy, un altro ricercatore dei registri genealogici Romanoviani risalenti alla fine del XVII secolo, "la maggior parte degli alberi genealogici furono compilati in modo arbitrario e non sulla base dei materiali genealogici accumulati di generazione in generazione" ([27], pag. 32). In altre parole, la maggior parte degli alberi genealogici Romanoviani sono stati concepiti alla fine del XVII secolo.
Secondo le osservazioni di A. A. Zimin, "la falsificazione di documenti ha raggiunto il suo culmine alla fine del XVII secolo. Zimin associa questo fatto all'attività della Camera della Genealogia. . . Zimin dimostra che tutta una serie di documenti è stata falsificata, e non solo singoli decreti" ([27], pagina 33).
Cominciando a renderci conto che la falsificazione della genealogia nell'epoca dei primi Romanov era solo una delle manifestazioni della grandiosa falsificazione e distruzione di libri e documenti che contenevano le registrazioni storiche dell'Impero "Mongolo" e della sua dinastia reale risalente a epoche che hanno preceduto la fine del secolo XVI.
A proposito, che ne è stato del secondo libro genealogico compilato contemporaneamente al "Libro di Velluto"? È mai esistito? Non si conosce nulla del suo contenuto. Inoltre, appena 60 anni dopo la sua compilazione, nel 1741, i funzionari non sono stati in grado di trovarlo: "La menzione di questa fonte [il secondo libro genealogico - Aut.] è stata notata dall'Ufficio Araldico già nel 1741. È stata inviata una richiesta speciale alla Cancelleria degli affari Araldici di Mosca" ( [27], pag. 57). Tuttavia, il secondo libro genealogico non è stato trovato a Mosca. La risposta alla richiesta è stata la seguente: "Non esistono altri documenti genealogici specifici o decreti". Un membro della cancelleria fu "mandato a Mosca con lo scopo di localizzare... il secondo libro genealogico e altri documenti dell'Ufficio Araldico. Tuttavia, né il libro né i documenti sono mai stati trovati" ([27], pag. 58).
La nostra teoria è la seguente. Il "secondo libro" mancante è lo stesso libro di velluto che esiste oggi. Bisogna ricordare che questo nome è stato coniato tempo dopo ( [27] , pag. 13). Il libro mancante (o distrutto) è il primo. Secondo un decreto del 1682, "la nuova commissione genealogica era stata creata per completare il vecchio libro genealogico e per compilarne altri quattro. . . Tuttavia, un altro decreto del 1686 menziona solo due libri di questo tipo - una versione più completa del vecchio e un altro libro di natura ausiliaria" ( [27], pag. 31). Si presume che il Libro di Velluto sia il primo libro genealogico, mentre “non si è arrivati” alla compilazione del secondo ( [27], pag. 31).
Tuttavia, l'informazione che abbiamo sulla distorsione della storia del XVI secolo da parte degli scrivani Romanoviani del XVII-XVIII secolo ci fa sospettare che il vecchio libro genealogico sia stato semplicemente distrutto e non "integrato", da qui la mancata esistenza del primo libro. Il "secondo" deve essere stato compilato da zero, e poi scaltramente presentato come la versione complementare dell'antico libro genealogico originale.
Questo sospetto spiega certe stranezze insite nel Libro Genealogico Reale del XVI secolo, che ovviamente non ha raggiunto i nostri giorni. Tuttavia, alcune allusioni e frammenti di prove possono darci un'idea di come fosse il libro. N. R Likhachyov ha cercato di ricostruire il libro genealogico reale nel XIX secolo ([27], pag. 25). Si è scoperto che il libro in questione era piuttosto peculiare dal punto di vista della storia Scaligeriana e Romanoviana. Ad esempio, la genealogia di Adashevs è stata inclusa nel libro; questi "proveniva da una indefinita [secondo gli storici Romanoviani - Aut]. Famiglia di proprietari di Kostroma. D’altro canto, le genealogie di alcuni dei clan più illustri dell’epoca [dal punto di vista Romanoviano, ancora una volta - Aut.] non erano state incluse" ([27], pag. 25).
È facile rendersi conto che non c'è nulla di strano in questo fatto. Secondo la nostra ricostruzione, Kostroma, o l'antica Khoresm, era stata una delle antiche capitali dell'Impero Mongolo. Per questo Adashev, "il proprietario che veniva da Kostroma", era diventato "indefinito". E 'molto probabile che sia stato uno dei più illustri aristocratici dell'antica Russia, o dell'Orda. Al contrario, molti dei "clan più illustri dell’epoca" sono diventati tali a causa di nient’altro che il Libro di Velluto Romanoviano, che abbiamo visto essere un falso risalente alla fine del XVII secolo. Non c'era niente di illustre in questi clan nell'epoca pre-Romanoviana. Questi "clan illustri" devono aver occupato posizioni relativamente basse nell'epoca del Grande Impero Mongolo, da cui la loro assenza dal Libro Genealogico Reale.
Facciamo la seguente osservazione sulla distruzione dei libri dei ranghi nel 1682. Secondo la nostra ricostruzione, la dinastia reale dell'Impero Russo (detta "l'Orda") è stata spazzata via dopo i Grandi Disordini del XVII secolo e la frammentazione dell'impero, allo stesso modo dei clan aristocratici più distinti. Le persone che avevano dominato la gerarchia del mestnichestvo devono essersi opposte con violenza all'ammutinamento della Riforma e aver fatto del loro meglio per preservare l'impero. Tuttavia, furono la sconfitti. L'impero fu diviso in una moltitudine di Stati indipendenti alla fine del XVI - XVII secolo; i nuovi governanti di questi paesi avevano spesso occupato posizioni basse nell'ex gerarchia imperiale.
Questo è evidente dalle genealogie dell'"aristocrazia" Russa dell'epoca Romanoviana. Tutti questi "distinti" clan, compresi gli stessi Romanov, sono di origine straniera ( [193] ). I loro antenati erano venuti al servizio della Russia nel XIV-XVI secolo partendo dai territori che sono poi diventati Germania, Inghilterra, Svezia, ecc. L'implicazione è che il potere è andato ai rappresentanti del terzo e quarto livello della gerarchia mestnichestvo dopo il colpo di stato del XVII secolo - aristocrazia provinciale delle terre conquistate durante la Grande conquista "Mongola" e Ottomano = Ataman. I predecessori dell'aristocrazia Romanoviana erano tutti stranieri, motivo per cui "una genealogia Russa sarebbe stata. . . umiliante per un funzionario statale nel XVII secolo [cioè nell'epoca Romanoviana - Aut.]" ([27], pag. 28).
Tutto ciò significa che gli antenati dei Romanov e la loro nuova aristocrazia appartenevano, nel migliore dei casi, al terzo e al quarto livello della vecchia gerarchia. Le loro origini, piuttosto umili, erano quindi registrate nei vecchi libri dei ranghi. Non c'è da meravigliarsi che i Romanov abbiano fatto del loro meglio per distruggere questi libri dopo aver preso il trono Russo.
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CAPITOLO 10
Russia e Turchia: due parti di un impero un tempo unito
La Storia: Finzione o Scienza?
Cronologia 4
di Anatoli Fomenko
1. INTRODUZIONE
Secondo la nostra ricostruzione, sia la Russia che la Turchia facevano parte fino al XVII secolo di un unico Stato conosciuto come il Grande Impero Mongolo. Vi sono riferimenti diretti a questo fatto in una serie di fonti, qv sopra. Ci sono anche molti dati che confermano questo fatto indirettamente. Ad esempio, è noto che i Cosacchi di Zaporozhye migravano liberamente tra la Russia e la Turchia, servendo sia lo Zar che il sultano non considerando questo un tradimento.
I rapporti tra Russia e Turchia devono essere peggiorati per ragioni che non hanno nulla a che fare con la religione. Prima dell'epoca Romanoviana non vi erano state persecuzioni contro i Musulmani in Russia; i Turchi non perseguitano nemmeno i Cristiani Ortodossi. Le ragioni reali sono state molto probabilmente molto diverse. Come stiamo cominciando a capire, la Turchia era la parte del Grande Impero Mongolo che non è stata conquistata nel XVII secolo, quando la rivolta della Riforma nell'Europa Occidentale e una serie di rivoluzioni di palazzo in Russia avevano portato alla distruzione e alla frammentazione del Grande Impero - Russia, o dell'Orda. I Romanov, creature dei vittoriosi rivoltosi, avevano preso il potere in Russia e cercavano naturalmente di conquistare la Turchia, un ex alleato della Russia. Non appena i Romanov si furono stabilizzati,iniziarono una serie di lunghe guerre con la Turchia. Il concetto che i due paesi si siano opposti per motivi religiosi sin da tempi immemorabili deve essere stato introdotto dai Romanoviani come base ideologica per le loro campagne contro la Turchia.
Secondo B. Kutuzov, un moderno ricercatore ([457]), il famoso scisma della chiesa Russa del XVII secolo fu il risultato del desiderio di conquistare Costantinopoli, sostenuto dallo Zar Alexei Mikhailovich Romanov. Kutuzov è del parere che lo Zar avesse deciso di avvicinare le usanze ecclesiastiche Russe dell'epoca a quelle della Grecia e di Costantinopoli per prepararsi ideologicamente alla conquista. La sua corte deve aver ritenuto necessario far assomigliare la conquista Russa di Costantinopoli alla "liberazione dei suoi concittadini credenti" ([457]). I Romanov avevano deciso di usare il metodo Occidentale per far sembrare questa guerra determinante una "crociata contro gli eretici". Tuttavia, ciò non corrispondeva né alla tradizione Russa = "Mongola" della tolleranza religiosa, né alle usanze della chiesa Russa. Le riforme religiose promosse dai Romanov avevano portato a uno scisma. La conquista di Costantinopoli, o Istanbul, fu a un fallimento.
Ricordiamo inoltre che la famosa guardia d'élite Turca del Sultano, conosciuta come i Giannizzeri, era composta per la maggior parte da Slavi Balcanici qv sopra. La credenza diffusa sulle persone imprigionate dai Turchi dall'infanzia è in qualche modo errata. Il reclutamento di un decimo della popolazione civile era una consuetudine comune in Russia; quelle reclute diventavano Cosacchi. Sembra che in Turchia esistesse una tradizione simile - "la prigionia dei bambini" non ha nulla a che fare con questo.
2. LA MEZZALUNA CON LA CROCE O UNA STELLA SUI VECCHI STEMMI DELLE CITTÀ RUSSE
La stella e la mezzaluna erano state il vecchio simbolo di Zar-Grad, o Costantinopoli. Si tratta di un fatto noto ([882], pagine 178-179). Più tardi questo simbolo si associerà all'Islam, e verrà percepito come un simbolo esclusivamente Musulmanio al giorno d'oggi. La stella e la mezzaluna hanno però decorato la gigantesca cattedrale Cristiana di S. Stefano a Vienna fino al XVII secolo. La mezzaluna è stata tolta dalla cima della cattedrale nel 1685; oggi è esposta nel Museo di Vienna (per maggiori dettagli, consultare Chron6).
La stella in una mezzaluna era una delle versioni della croce Cristiana. Le croci a forma di stella (esagonale e ottagonale) erano comuni nell'iconografia medievale - per esempio, queste stelle cruciformi si possono vedere sulle pareti della famosa cattedrale di Santa Sofia a Kiev. La croce e la mezzaluna che si vedono sulle cupole delle chiese Russe e la mezzaluna Turca con una stella crociforme sono due versioni dello stesso simbolo Cristiano, che devono essersi evolute in modo diverso in Russia e in Turchia. Dopo la frammentazione dell'impero nel XVII secolo, i simboli sono stati distribuiti di conseguenza - i Cristiani hanno conservato la croce, la stella e la mezzaluna sono stati adottati dai Musulmani, e la stella a sei punte - dai Giudei.
Questo ci porta a chiederci se il simbolo della mezzaluna sia presente ovunque nei vecchi stemmi Russi, per esempio quelli delle città Russe. La maggior parte dei lettori sarà dell'opinione che in Russia non si sia mai visto nulla del genere - in ogni caso, questi stemmi sono difficili da trovare al giorno d'oggi.
Passiamo però all’opera fondamentale ([162]) che riguarda gli stemmi delle città Russe, come indicato nell’Edizione Completa col Documenti Legislativi dell’Impero Russo tra il 1649 e il 1900. Il libro ([162]) indica la data di ratifica per ogni stemma. La maggior parte di essi riguarda l'epoca del XVII-XIX secolo; tuttavia, ci viene anche detto che la maggior parte degli stemmi risale a epochi precedenti.
Si scopre che la mezzaluna era un dettaglio comune dei vecchi stemmi Russi, spesso molto evidente. Ad esempio, gli stemmi di diverse città della regione di Chernigov sono costituiti da una mezzaluna con una croce al suo interno, spesso accompagnata anche da una stella. Ecco alcuni esempi:
1 ) La città di Borzna nella provincia di Chernigov. Lo stemma è stato ratificato il 4 giugno 1782. Vediamo una grande mezzaluna d'argento con dentro una croce d'oro di quattro punti contro un campo rosso, entrambi uguali in dimensioni. I colori possono essere stati modificati nel XVIII secolo; è possibile che sia la croce che la mezzaluna siano state una volta dorate (cfr. fig. 10.1).
2) La città di Konotop, nella provincia di Chernigov. Lo stemma è stato ratificato il 4 giugno 1782. è quasi indistinguibile dallo stemma di Borzna - vediamo ancora una volta la croce e la mezzaluna. Inoltre, accanto alla croce c'è una stella, che fa assomigliare ancora di più allo stemma ottomano con il simbolo della luna (cfr fig. 10.2).
3) La città di Zenkov, nella provincia di Poltava. Lo stemma è stato ratificato il 4 giugno 1782. Vediamo lo stesso simbolo - la croce e la mezzaluna, una che tocca l'altra, proprio come la stella ottomana che tocca la mezzaluna (cfr fig. 10.3).
4) La città di Belozersk nella provincia di Novgorod. Lo stemma è stato ratificato il 16 agosto 1781. Ancora una volta, una mezzaluna con una croce all'interno; si precisa esplicitamente che lo stemma in questione è "antico" (cfr. fig. 10.4).
5) La città di Berezna nella provincia di Chernigov. Lo stemma è stato ratificato il 4 giugno 1782. Vediamo due mezzelune e una stella insieme ad altri simboli (cfr. fig. 10.5).
6) Il vecchio stemma della provincia di Kostroma. Ancora una volta vediamo la croce e la mezzaluna - sullo stemma non c'è altro (cfr fig. 10.6). La storia di questo stemma riflette la persistente lotta sotterranea contro i resti del vecchio simbolismo del Grande Impero "Mongolo" nel XVII-XVIII secolo.
Evidentemente, la stella e la mezzaluna erano molto comuni nell'epoca dell'impero e costituivano uno dei principali simboli imperiali. Questo simbolo è sopravvissuto fino ad oggi in Turchia. Per quanto riguarda la Russia, deve essere stato combattuto nell'epoca dei Romanov, così come altre reliquie dell'impero "Mongolo".
La storia del vecchio stemma di Kostroma (mezzaluna accompagnata da una stella o da una croce) è la seguente (cfr. [162], sezione intitolata "Le stemmi delle città. Una panoramica storica", pagina XXIV). Nel 1797 l'imperatore Pavel ordinò personalmente il ripristino di questo antico stemma di Kostroma. Potrebbe aver avuto l'intenzione di restaurare l’antico Impero dell'Orda, o almeno il suo simbolismo. Tuttavia, è degno di nota il fatto che il suo ordine sia stato sabotato dai suoi stessi sudditi. Un altro ordine personale per il restauro del vecchio stemma di Kostroma è stato dato da Nicola I il 28 novembre 1834. Il vecchio stemma della provincia di Kostroma è stato ripristinato; tuttavia, è stato nuovamente abolito circa 50 anni dopo, il 5 giugno 1878. Di conseguenza, oggi non si vede una mezzaluna nello stemma di Kostroma.
Si vede chiaramente che gli ultimi resti dell’antico grande simbolismo Imperiale "Mongolo" venivano spazzati via ostinatamente in Russia. Se si dice a chiunque al giorno d'oggi il fatto che la stella Ottomano = Ataman era stati uno dei simboli chiave dell’Antica Russia, l’interlocutore probabilmente apparirà quantomeno sorpreso. Tuttavia, sarebbe più sensato sorprendersi per come i Romanov siano riusciti a distorcere la storia Russa fino a questo punto. Continuiamo.
Fig. 10.21. Stemma di Nikolayev, città della provincia di Kherson. Tratto da [162], pagina 102.
Fig. 10.22. Stemma di Gorodnya, città della provincia di Chernigov. Tratto da [162], pagina 42.
Fig. 10.23. Stemma di Vinnitsa, città della provincia di Podolsk. Tratto da [162], pagina 32.
Fig. 10.24. Stemma di Vindava, una città della provincia di Kurland. Tratto da [162], pagina 31.
Fig. 10.25. Stemma della città di Astrakhan. Tratto da [162], pagina 6.
Fig. 10.26. Stemma di Gorodishche, un villaggio della provincia di Kiev. Tratto da [162], pagina 207.
Fig. 10.27. Stemma di Derpt (Youriev), città della provincia di Lifland. Tratto da [162].
Fig. 10.28. Stemma di Novgorod-Seversk, nella provincia di Chernigiv. Tratto da [162], pagina 103.
7) La città e la provincia di Uralsk. Lo stemma è stato ratificato il 5 giugno 1878, fig. 10.7. La descrizione dello stemma ci dice quanto segue: "Su un campo verde si vedono tre colline d'argento [sembrano tumuli funerari o piramidi Egiziane - Aut.], e sopra di loro si trovano i seguenti oggetti: ua mazza dorata al centro, con striscioni dorati a sinistra e a destra incoronati da mezzaluna e punte di lancia dello stesso colore" ( [ 162] ). Si può quindi notare che le bandiere dei Cosacchi degli Urali erano incoronate da mezzaluna. A proposito, le punte di lancia che vediamo su questo stemma assomigliano molto nella loro disposizione alla solita croce o stella, che ci si dovrebbe giustamente aspettare da un simbolo Ottomano. Questo fatto è abbastanza naturale per un simbolo Ottomano = Ataman, ma è davvero sorprendente dal punto di vista della storia Romanoviana. Nel caso dei Cosacchi di Zaporozhye, la stella e la mezzaluna possono essere "spiegate" dalle loro strette relazioni con il Sultano Turco nel XVII-XVIII secolo; tuttavia, la loro presenza sulle bandiere dei Cosacchi degli Urali e Yaik è del tutto inspiegabile. Nel secolo XVII-XVIII non vi erano legami diretti tra la regione degli Urali e la Turchia. Ciò che vediamo deve essere un'antica prova delle origini Ottomano = Ataman dei Cosacchi degli Urali e Yaik, che si spiega perfettamente con la nostra ricostruzione, che sostiene che gli Ottomani erano originari della Russia o l'Orda, qv in Chron5, e non dell'Asia Minore, come la storia Scaligeriana e Romanoviana ci racconta. Sono apparsi in Asia Minore nel XV secolo, arrivando come conquistatori.
La città di Starokonstantinov nella provincia di Volynsk. Lo stemma è stato ratificato il 22 gennaio 1796.Contiene la stella e la mezzaluna nella loro forma originale. Vediamo di nuovo l'oro contro un campo rosso (cfr. fig. 10..
9) La città di Tsarev nella provincia di Astrakhan. Lo stemma è stato ratificato il 20 giugno 1846. Croce e mezzaluna; ancora oro contro il fondo rosso (cfr. fig. 10.9). Erano i colori degli striscioni del Sultano - una stella dorata e una mezzaluna contro un campo di rosso. A proposito, nella parte superiore dello stemma si vede una scimitarra e una corona; il disegno del simbolo assomiglia alla stessa stella e alla stessa mezzaluna, con la differenza che la mezzaluna si è trasformata in una scimitarra, e la stella in una corona. La corona ha sei protuberanze, proprio come i sei punti della stella. Questa sembra essere un'altra versione dello stesso simbolo.
10) La provincia di Orenburg. Lo stemma è stato ratificato l'8 dicembre 1856. Vediamo una mezzaluna dorata rivolta verso il basso contro un campo rosso con una croce dorata a sei punte sopra (vedi fig. 10.10).
11) La città di Chougouyev nella provincia di Kharkov. Lo stemma è stato ratificato il 21 settembre 1781. Essa contiene tre mezzalune d'argento contro una striscia rossa e due scimitarre (cfr. fig. 10.11). Vediamo ancora una volta la falce ben nota (tre in questo caso) accompagnata da una croce (la stella).
12) La provincia di Akmolinsk. Lo stemma è stato ratificato il 5 luglio 1878. Vediamo un'altra mezzaluna d'oro (cfr. fig. 10.12).
13) La provincia di Semirechensk. Lo stemma è stato ratificato il 5 luglio 1878. Vediamo una mezzaluna dorata rovesciata contro un campo rosso (cfr. fig. 10.13). Ricordiamo al lettore che questa provincia era abitata dai Cosacchi di Semirechensk.
14) La città di Olviopol nella provincia di Kherson. Lo stemma è stato ratificato il 6 agosto 1845. Contiene una mezzaluna contro un campo di blu, qv nella fig. 10.14.
15) La città di Marioupol nella provincia di Yekaterinoslavsk. Lo stemma è stato ratificato il 29 luglio 1811. Vediamo una mezzaluna rivolta verso il basso contro un campo nero, con una croce dorata a sei punte sopra (cfr. fig. 10.15).
16) La città di Kishinev. Lo stemma è stato ratificato il 5 luglio 1878; è anche lo stemma della provincia della Bessarabia. Contiene una mezzaluna. Inoltre, la stella tra le corna del toro assomiglia molto al simbolo della stella e della mezzaluna; è noto che le corna possono simboleggiare una mezzaluna (cfr. fig. 10.16).
17) La provincia di Tiflis. Lo stemma è stato ratificato il 5 luglio 1878. Contiene una mezzaluna e una croce nella parte superiore (cfr. fig. 10.17).
18) La città di Ismail nella provincia di Bessarabia. Lo stemma è stato ratificato il 2 aprile 1826. Vediamo una mezzaluna contro un campo di rosso e una croce in alto (cfr. fig. 10.18).
19) La città di Khotin nella provincia di Bessarabia. Lo stemma è stato ratificato il 2 aprile 1826. Contiene una mezzaluna con una croce sospesa sopra di essa (cfr. fig. 10.19).
20) Gli stemmi Polacchi e Lituani rappresentati nella tabella in [ 162]. La tabella contiene un totale di 49 stemmi (cfr. fig. 10.20). Quattro di essi contengono mezzelune nettamente visibili; vediamo un ferro di cavallo su altri quattro, forse un sostituto.
Oltre ai sopracitati stemmi contenenti una mezzaluna esplicita con croci o stelle, vi sono molti stemmi dove questo simbolo si è trasformato in altri oggetti. La mezzaluna è stata spesso sostituita da una scimitarra, o un'ancora o addirittura un incensiere, con un cuscino in basso. A volte la stella si trasforma in una corona.
21) La città di Nikolayev nella provincia di Kherson. Lo stemma è stato ratificato il 3 ottobre 1808 (cfr. fig. 10.21). Vediamo una mezzaluna trasformata in un incensiere, con una croce splendente sopra di essa. I raggi dell'alone di luce assomigliano a una stella ottagonale.
22) La città di Gorodnya nella provincia di Chernigov. Lo stemma è stato ratificato il 4 luglio 1782 (cfr. fig. 10.22). Vediamo un'ancora nera e tre stelle contro un campo rosso. L'ancora assomiglia notevolmente a una mezzaluna con una barra verticale ad essa attaccata; la cbarra e le tre stelle formano una croce. Il vecchio stemma poteva consistere originariamente di una mezzaluna e di una croce (o una stella) trasformata in un'ancora. L'ancora sembra estremamente inappropriata in questo caso, visto che l'intera provincia di Chernigov si trova a una notevole distanza dal mare. Ci sono naturalmente fiumi qui, come in ogni altra parte della Russia. Tuttavia, se fosse stato consuetudine per le città che si trovavano sui fiumi avere un'ancora sullo stemma, la maggior parte delle città Russe ancore nello stemma, il che non è. Un'ancora spesso simboleggia un porto marittimo, e la città di Gorodnya nella provincia di Chernigov chiaramente non lo è.
23) La città di Vinnitsa nella regione di Podolsk. Lo stemma è stato ratificato il 22 gennaio 1796 (cfr. fig. 10.23). Nella descrizione dello stemma troviamo quanto segue: "Una canna da pesca dorata [? - Aut.] con due estremità sporgenti su entrambi i lati" ([162]). Quello che vediamo sullo stemma è chiaramente una forma leggermente distorta della stella (croce) e della mezzaluna; ancora una volta vediamo l'oro contro un campo rosso.
Fig. 10.29. Stemma di Kovel, città nella provincia di Tl Volynsk. Tratto da [162], pagina 69.
24) La città di Vindava, nella provincia di Kurlandia. Lo stemma è stato ratificato il 1° marzo 1846 (cfr. fig. 10.24). Vediamo un corno da caccia contro un campo rosso con sopra una croce dorata. La forma dello stemma assomiglia in molto alla vecchia stella e alla mezzaluna - Evidentemente la mezzaluna si era trasformata in un corno.
25) La città di Astrakhan. Lo stemma è stato ratificato l'8 dicembre 1856 (cfr. fig. 10.25). Abbiamo già menzionato questo stemma; la forma della scimitarra curva che vediamo su di essa con una corona sospesa sopra è molto simile a quella del simbolo della stella e della mezzaluna.
Fig. 10.30. P. K. Sagaydachniy, Cosacco ataman (getman) del XVII secolo di Zaporozhye, secondo un vecchio disegno. Vediamo mezzalune Ottomano = Ataman che decorano il suo stemma e munizioni. Tratto da [770].
26) Il villaggio di Gorodishche nella provincia di Kiev. Lo stemma è stato ratificato il 4 giugno 1782 (cfr. fig. 10.26). Vediamo ancora una volta una scimitarra curva, accompagnata da una stella e non da una corona questa volta. Potrebbe essere un'altra versione del simbolo della stella e della mezzaluna?
27) La città di Derpt (ex Youriev) nella provincia di Liflandia. Lo stemma è presumibilmente molto antico (cfr. fig. 10.27). La descrizione riferisce di "una stella dorata in un cancello con una mezzaluna al di sotto" ([162], pag. 46).
28) La città di Novgorod-Seversk nella provincia di Chernigov. Ancora una volta vediamo una scimitarra curva e una stella (vedi fig. 10.28).
29) La città di Kovel nella provincia di Volynsk. Vediamo tre croci e un ferro di cavallo d'argento. quest'ultimo deve essere l'ennesima versione della mezzaluna (cfr. fig. 10.29).
Riproduciamo due antichi disegni di [770]. Nel primo (fig. 10.30) vediamo Getman (Ataman) P. K. Sagaydachniy, un aristocratico Ortodosso. Vediamo la mezzaluna Ottomao = Ataman sotto il braccio destro, Evidentemente parte delle sue munizioni. Una mezzaluna simile si può osservare sullo stemma. Nel secondo disegno (fig. 10.31) vediamo un'assemblea di Cosacchi radunati attorno allo striscione Cosacco con il simbolo della stella e della mezzaluna sulla sinistra e una croce al centro, con il sole e la luna sulla destra.
Va notato che il simbolo della stella e della mezzaluna può essere stato inizialmente rappresentato come il sole e la luna, le due principali luminarie celesti. Una stella esagonale o ottagonale avrebbe potuto trasformarsi in una croce a sei o otto punte. Gli stemmi di diverse città Ceche e Slovacche che contengono simboli simili sono riportati nella fig. 10.32. Devono essere state molto comuni in tutto il Grande Impero Mongolo.
Il simbolismo Cristiano Ottomano (Ataman) si è dimostrato estremamente resiliente e si può ancora osservare su molte decorazioni moderni e stemmi. Per esempio, la guglia dell'Università Statale di Mosca è coronata da una grande guglia che assomiglia molto alla stella e mezzaluna Ottomano = Ataman (vedi figg.). 10,33 e 10.34). Gli architetti moderni dovevano essere all'oscuro della tradizione che seguivano. Un confronto tra la guglia che sovrasta la MSU e i simboli tipici dell'impero Ottomano che si trovano in cima a molti edifici Musulmani mostra che sono identici (vedi figg.). 10.35 e 10.36).
Fig. 10.32. Alcuni vecchi stemmi cechi e slovacchi ( [998]). Vediamo l'Ottomano, o le mezzaluna dell'Ataman e le stelle sulla maggior parte di loro. La data più antica è indicata per ogni città, che si riferisce alla sua fondazione, prima menzione nelle cronache, o alla costruzione (ricostruzione) di alcuni edifici in città. Dati ricavati dall’enciclopedia ([998]).
La stessa cosa si può dire dello stemma dell'URSS (vedi fig. 10.37) e del famoso simbolo della falce e martello (cfr. fig. 10.38). In realtà sono tutte versioni diverse dell'antico simbolo Cristiano - la stella e la mezzaluna, o una mezzaluna con una croce.
Secondo gli storici, "Non vi è ancora una risposta precisa alla domanda sulle origini della mezzaluna sul fondo delle croci della chiesa, un dettaglio così evidente come intrigante. Queste croci adornate con mezzaluna si possono vedere sulle cupole della Cattedrale Blagoveshchenskiy . . . La posizione della mezzaluna viene di solito interpretata come il simbolo della supremazia del Cristianesimo sull'Islam; tuttavia, le antiche fonti letterarie non ci danno motivo di giungere a tali conclusioni, tanto più che l'uso di tali croci non ha portato alla persecuzione dei Cristiani durante il giogo Mongolo e Tartaro" ([107], pag. 166). Nella fig. 10.39 vediamo la cosiddetta "croce a fiore", popolare nell'epoca del XVI secolo, completa di stella e di mezzaluna Ottomana nel mezzo.
Fig. 10.33. Stemma in cima alla guglia dell'Università Statale di Mosca. è praticamente identico alla stella e mezzaluna Ottomane.
Stemma sulla guglia delle MSU con la stella Ottomana e la mezzaluna. Praticamente identico alla stella con mezzaluna Ottomane.
Fig. 10.35. La croce Ottomana (Ataman), o stella e mezzaluna, sulla cupola della fontana delle abluzioni nella moschea di Mohammed Ali, al Cairo. Tratto da [370], pagina 46.
Fig. 10.36. La stella e la mezzaluna Ottomane sulla moschea di Luxor in Egitto. Tratto da [2], pagina 59.
Fig. 10.37. L'emblema dello Stato dell'URSS su un rublo coniato nel 1961. Probabile una modifica della stella e della mezzaluna Ottomane. Tratto da [806], pagina 249.
Nei figg.. 10.40-10.43 vediamo croci adornate da mezzaluna che sovrastano le chiese del Cremlino a Mosca - senza dubbio variazioni dello stesso simbolo della stella e mezzaluna.
Va notato che gli ufficiali che avevano servito nella guardia di Pietro il Grande indossavano "Insegne d'oro a forma di mezzaluna sul petto e sciarpe tricolori intorno alla vita" ( [332], pag. 493). La mezzaluna Ottomana serviva ancora come parte delle insegne militari in Russia durante l'epoca di Pietro il Grande.
3. IL TITOLO RUSSO-TURCO DI ZAR MOSCOVITA ISCRITTO ALL'INTERNO DI TRE CERCHI
A quale conclusione arriveremmo se vedessimo lo stemma di uno stato moderno costantemente usato accanto allo stemma di un altro Stato (su monete, documenti ufficiali, ecc.), entrambi all'interno di una singola circonferenza? Molto probabilmente considereremmo i due Stati in questione come alleati stretti - una federazione o qualcosa di simile. Questo ci porta alla seguente osservazione fatta dal barone Sigismund Herberstein, famoso autore del XVI secolo e inviato degli Asburgo in Russia. Era un conoscitore di stemmi e titoli. Nel suo racconto sui Gran Principi Moscoviti regnanti nella sua epoca: "Hanno una vecchia tradizione di circoscrivere i loro titoli in un triplo cerchio racchiuso in un triangolo. Il cerchio superiore conteneva le parole "Nostro Signore, la Santissima Trinità [seguito da una formula ecclesiastica Cristiana standard - Aut.]. Il secondo cerchio conteneva il titolo dell'Imperatore Turco e la frase "al nostro amato fratello". All'interno del terzo era il titolo del Gran Principe di Mosca, dove veniva proclamato Zar, erede e signore dell'intera Russia Orientale e Meridionale" ([161], pag. 75).
commentatori moderni aggiungono che questo modo di trascrivere il titolo del Grande Principe di Mosca è noto solo dalla fine del XV secolo a causa degli "stretti legami con il Sultano" ([161], pag. 301). Cioè dalla conquista Ottomana di Zar-Grad e dalla frammentazione dell’Orda d’Oro negli anni 1480. Si può quindi concludere che la Russia, o l'Orda, si fosse divisa in due Stati abbastanza vicini l'uno all'altro da accompagnare sempre il titolo di un monarca con quello di un altro. Va anche notato che la formula sopra citata ovviamente sottolineava l'unità religiosa dei due Stati, la Turchia e la Russia.
4. IL MONASTERO OUSPENSKIY NEL CRIMEA. INTERPRETIAMO CORRETTAMENTE LA STORIA DEI KHAN CRIMEANI?
Lo stato dei Khan Crimeani è stato fondato nel XV secolo, l'epoca della conquista Ottomano = Ataman. La cittadella di Kyrk-Or era stata la loro prima capitale; è nota come Choufout-Kale oggigiorno (cfr. [54], pag. 37 e [164], pag. 67). Più tardi i Khan hanno trasferito la loro residenza nella vicina Bakhchisaray.
Il monastero Ortodosso di Ouspenskiy, molto famoso nel Medioevo, è stato fondato in contemporanea con lo stato dei Khan Crimeani, proprio accanto alla cittadella di Kyrk-Or (vedi fig. 10.44). "Alla fine del XV secolo, dopo la conquista della Crimea da parte della Turchia nel 1475, il Monastero Ouspenskiy divenne la residenza del Metropolita e un importante centro del Cristianesimo Ortodosso in Crimea" ( [54], pag. 38). L’idea consensuale dei Khan di Crimea come nemici della Chiesa Ortodossa fa sembrare molto strano che i Khan tollerassero l'esistenza di un Monastero Ortodosso proprio accanto alla loro capitale.
Fig. 10.38. Il simbolo dellla falce e martello, che è diventato onnipresente in Russia dopo il 1917. Si può anche considerare una modifica del simbolo della stella e della mezzaluna.
Tuttavia, Andrei Lyzlov, storico Russo del XVII secolo, riferisce quanto segue sul primo Khan di Crimea, Hadji-Girey (il XV secolo): "E così successe che Achi-Girey [Hadji-Girey – Aut.] pregava la Madonna chiedendo aiuto nella guerra che aveva intrapreso contro i suoi nemici [nel Monastero Ouspenskiy], promettendo sacrifici sontuosi e onorandone l'immagine. Aveva introdotto la seguente consuetudine: ogni volta che il suo esercito tornava vittorioso, il cavallo migliore, o due cavalli, venivano venduti per comprare la cera e fare abbastanza candele per un anno intero. I suoi eredi hanno seguito la stessa usanza per molto tempo" ([54], pag. 38). In realtà, il nome Girey può derivare dalla parola Russa "geroy" (eroe).
Fig. 10.39. Croce fiore del XVI secolo. Vediamo la mezzaluna Ottomana con una stella cruciforme. Tratto da [107], pagina 166. Fig.
10.40. Croci con mezzaluna Ottomana (Ataman) sulle cupole della cattedrale Verkosasskiy del Cremlino Moscovita. Secondo la nostra ricostruzione, il simbolo della stella e della mezzaluna era uno dei più importanti del Grande Impero "Mongolo". Tratto da [550], pagine 114-115.
Fig. 10.41. Una delle tante croci che decorano le cupole della cattedrale Verkhospasskiy del Cremlino. La parte superiore della croce assomiglia a una stella; in generale, la croce somiglia ad una stella e mezzaluna Ottomano (Ataman). Tratto da [550], pagine 114-115.
Fig. 10.42. Numerose croci somigliano alla stella e mezzaluna Ottomana sulle cupole del palazzo Teremnoy del Cremlino. Tratto da [550], pagina 122.
Fig. 10.43. Un ingrandimento della croce con una mezzaluna Ottomana (Ataman) nel palazzo Teremnoy del Cremlino. Tratto da [550], pagina 122.
Questo ricorda molto Istanbul nel XV-XVI secolo. A quanto pare, i Khan Crimeani, allo stesso modo dei sultani Ottomani = Ataman, erano ancora Ortodossi, o almeno Cristiani, e vicini alla fede Ortodossa. Il Monastero Ouspenskiy, fondato nelle immediate vicinanze della capitale, aveva mantenuto stretti legami con la Russia fino a quando i Romanov non hanno usurpato il potere: "Il Monastero Ouspenskiy è spesso menzionato nelle fonti del XVI XVII secolo; era in stretti rapporti con la Russia" ([54], pag. 38). Fyodor Ivanovich e Boris Fyodorovich Godunov, gli Zar Russi, hanno inviato decreti al monastero (ibid). Il famoso viaggiatore Turco Evlia Celebi ha visitato questi luoghi nel XVII secolo. Descrive la vecchia città di Salachik situata in fondo a una gola; il Monastero Ouspenskiy si trova su una delle pendici della stessa gola. Il monastero si trova su una roccia verticale, parzialmente scavata.
Questo è ciò che il viaggiatore Turco ci racconta di Salachik: "Si tratta di un'antica città che comprende circa 300 belle case decorate con tetti rivestiti di tegole. Tutte queste case sono costruite in pietra, con decorazioni, costruite in modo eccellente e robusto, all’antica maniera. Ci sono diverse centinaia di caverne abitate ai piedi delle colline rocciose. Queste abitazioni sono molto fresche a luglio e sono calde in inverno. Ci sono cinque appezzamenti di terra e cinque templi con cinque minareti costruiti nello stile antico". Citazione secondo [165]; cfr. anche [164], pag. 122. Dalla descrizione di Evlia Celebi riconosciamo istantaneamente il Monastero Ouspenskiy (cinque templi con minareti). Il monastero di Ouspenskiy comprendeva effettivamente cinque chiese: "all'inizio del XX secolo qui c'erano cinque chiese" ([165]). D'altra parte, la stessa descrizione riferisce molto chiaramente delle moschee con minareti frequentati da Musulmani Turchi, anche se "costruite secondo il vecchio stile". Così, il viaggiatore Turco del XVII secolo riconosceva le chiese Ortodosse come legittime moschee costruite secondo il vecchio stile. E' proprio su questo che insistiamo nella nostra ricostruzione, cioè che la religione dei Cristiani Ortodossi era molto vicina a quella degli Ottomani = Atamani.
E' ovvio che gli storici di oggi non hanno il diritto di supporre che Celebi si riferisca al Monastero Ouspenskiy, nonostante la sua descrizione sia perfettamente chiara e le implicazioni siano del tutto ovvie, nonostante il fatto che anche la natura cavernosa del luogo sia descritta in modo molto esplicito. Inoltre, il riferimento di Celebi ai "cinque appezzamenti di terra" riguarda ovviamente le cinque scogliere sulle quali è stato costruito il Monastero Ouspenskiy. Nonostante tutto ciò, gli storici hanno cercato di trovare tracce di moschee Musulmane nel significato moderno - tutto invano. Poi hanno deciso che tutti gli edifici Musulmani di Salachik erano moschee; tuttavia, ce ne sono solo due e non cinque - il mausoleo Hadji-Girey e la scuola Musulmana, e nessuno dei due assomiglia per niente a una moschea ([165]).
I lettori potrebbero interrogarsi sulle cronache e sui documenti custoditi nel monastero e sulla possibilità che possano contenere dati di interazioni tra il monastero Ortodosso e i Khan della Crimea. Visto che il monastero era stato Ortodosso, i documenti in esso contenuti devono essere stati resi noti al pubblico Russo dopo la conquista della Crimea da parte delle truppe Russe nel XVIII secolo. I monaci del monastero devono inoltre disporre di importanti informazioni sulla storia della Crimea, finora sconosciuta ai Russi.
E’ molto istruttivo conoscere il destino del monastero dopo la conquista della Crimea, quando non era ancora diventato ufficialmente parte della Russia. Questo è un perfetto esempio di come è stata scritta la storia Romanoviana.
Apprendiamo quanto segue. Subito dopo la conquista della Crimea da parte dell'esercito Russo "Il Conte Roumyantsev, comandante dell'esercito Russo in Crimea, aveva offerto al Metropolita Ignatiy e a tutti i Cristiani della Crimea di trasferirsi sulle coste del Mar Azov in Russia. . . La migrazione era stata supervisionata da A. V. Souvorov. . . Il suo esercito ha scortato una gruppo di 31.386 persone. Questa azione è costata al governo Russo 230.000 rubli" ( [54], pag. 38). Tutto ciò è accaduto nel 1778. Il monastero di Ouspenskiy era ora deserto; nessun prete era rimasto lì ( [ 54] , pag. 39). La Crimea divenne parte dell'Impero Russo dei Romanov cinque anni dopo, nel 1783. Sarebbe stato naturale aspettarsi che i Cristiani Ortodossi della Crimea, o almeno una parte di essi, tornassero nella loro patria e facessero rivivere il monastero. Questo non è mai successo. Il Monastero Ouspenskiy fu chiuso e restò chiuso per 80 anni, almeno fino al 1850. Chiunque avesse potuto ricordare qualcosa sulla storia reale di queste parti sarebbe morto in quel periodo. In altre parole, i Romanoviani hanno di fatto messo in quarantena il monastero per un lungo periodo di tempo, pur essendo questo un centro culturale della Crimea. A quanto pare, i Romanov in quel periodo erano impegnati a distruggere gli ultimi resti dell’Orda nel Sud della Crimea. Devono aver anche temuto la scoperta di documenti e libri che avrebbero potuto entrare in contraddizione con la versione Romanoviana della storia Russa e della Crimea del XV-XVII secolo.
Ottant'anni dopo, nel maggio del 1850, il Santo Sinodo emanò un decreto per far rivivere il monastero ([54], pag. 39). Il monastero è stato riaperto; ovviamente, non c’erano più gli ex residenti di questi luoghi. I documenti e i libri nascosti non furono trovati; gli altri devono essere stati distrutti.
Fig. 10.44. Il Monastero Ouspenskiy in Crimea. Un'incisione del XVIII secolo. Tratto da [165].
Questa incredibile campagna Romanoviana per l'annientamento della memoria storica fa riflettere pesantemente. Hanno distrutto i documenti, le cronache e gli affreschi nelle chiese e nei monasteri della Russia centrale, qv qui sotto. Per quanto riguarda le province lontane dell'impero, hanno semplicemente avviato migrazioni di massa dei loro ex abitanti che avrebbero potuto raccontare la verità sulla vita precedente della Russia quando era ancora nota come l'Orda. Il centro culturale Ortodosso della Crimea fu distrutto non appena hanno potuto raggiungerlo, anche prima che la Crimea diventasse parte della Russia.
Fig. 10.45. L'interno del sepolcro dei Khan di Bakhchisaray. Tratto da [505]
Tutti i preziosi documenti storici trovati sono svaniti senza lasciare traccia. Inutile dire che gli affreschi, le iscrizioni e le opere d'arte hanno subito un destino simile. Tutto è stato sventrato e distrutto. Se i Romanov sono riusciti a staccare gli affreschi dell'Arkhangelskiy e della Cattedrale Ouspenskiy del Cremlino a Mosca nel XVII secolo, sarebbe molto ingenuo pensare che avrebbero risparmiato la lontana Crimea conquistata dall'esercito Russo.
L'entità delle azioni punitive intraprese contro i resti dell'ex impero dell’Orda in generale e le superstiti prove storiche custodite nel Monastero Ortodosso Ouspenskiy in particolare, si riflette nei seguenti fatti. Dopo l'esilio dei contadini della Crimea nel 1778, "i Cristiani Ortodossi rimasti in Crimea si sono rivolti a Shagin-Girey, l'ultimo Khan di Crimea, chiedendo loro di trovare un prete. Il Khan era riuscito a persuadere Konstantin Spirandi, un prete Greco sbarcato sulla riva meridionale della Crimea, a svolgere i suoi servizi nel Monastero Ouspenskiy; gli era costato parecchi sforzi, ed era stato anche costretto a minacciare il sacerdote di carcerazione" ([165] e [54], pagina 39). Il tentativo del Khan Crimeano di salvare il Monastero Ouspenskiy fu inutile - dopo l'annessione della Crimea all'Impero Russo Ortodosso, il Monastero Ortodosso Ouspenskiy fu immediatamente chiuso per una "quarantena" di ottant'anni. Un altro fatto degno di nota è che i sepolcri dei Khan Crimeani a Bakhchisaray furono chiusi in involucri speciali (cfr. fig. 10.45). Sono incredibilmente simili ai rivestimenti intorno alle tombe degli Zar Russi nella Cattedrale Arkhangelskiy del Cremlino. Questi ultimi furono installati dai Romanov nel XVII secolo per motivi che saranno trattati in dettaglio qui di seguito. Oggi a Bakhchisaray non c'è una sola traccia di questi cassoni, per non parlare delle tombe dei Khan della Crimea. Tutto è stato completamente distrutto.
Così i Romanov hanno fatto la storia, senza fermarsi davanti a nulla.
5. COME I TURCHI CHIAMAVANO LE LORO SCIMITARRE
Jalal Assad, storico Turco, ci racconta nel suo rapporto sulla conquista di Costantinopoli: "uno dei Turchi ha usato lo scudo e la pala (una scimitarra curva con una lama larga) per arrampicarsi sul muro" ([240]), pagina 53. Così la parola Turca per scimitarra era "pala" - molto probabilmente un’antica forma della parola Russa "palka" (bastone). Ciò può servire come altro elemento di prova a conferma dell'esistenza di stretti legami tra la Russia e la Turchia nel XV secolo, l'epoca della conquista di Costantinopoli.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
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La Storia: Finzione o Scienza?
Cronologia 4
di Anatoli Fomenko
CAPITOLO 11
L'identità di Tamerlano (Timur), il famoso conquistatore
1. INTRODUZIONE
Tamerlano (o Timur), il grande conquistatore Asiatico, è un personaggio storico estremamente interessante. Riteniamo necessario discutere la storia delle sue conquiste, che è strettamente legata alla storia Russa. La nostra analisi e la ricostruzione che ne è derivata hanno ben poco in comune con la versione Romanoviana e Milleriana. Gli storici hanno da molto tempo dei problemi con Timur. Per esempio, l'accademico M. Gerasimov trovava estremamente problematico fare in modo che i risultati delle sue ricerche sul cranio di Timur si accordassero al punto di vista consensuale. Il suo lavoro è di grande interesse e ne avvieremo la discussione.
2. L'ASPETTO FISICO DI TIMUR RICOSTRUITO DA GERASIMOV PARTENDO DAL TESCHIO TROVATO NELLA SUA TOMBA.
Timur potrebbe essere Europeo?
Vediamo il libro “Tamerlano” (Mosca, "Gourash", 1992). Oltre all’autobiografia di Tamerlano e al "Codice di Timur", la rivista contiene una serie di pubblicazioni scientifiche che trattano diversi aspetti della vita e delle azioni del grande signore della guerra Asiatico. Questo libro contiene anche l'articolo dell'eminente scienziato M. Gerasimov intitolato "Un ritratto di Tamerlano" ([829], pagg. 506-514). Gerasimov è noto per aver sviluppato un metodo di ricostruzione dei ritratti scultorei in particolare dai teschi; la ricostruzione del ritratto sculturale di Tamerlano è uno dei suoi risultati più famosi.
Cosa ci dice Gerasimov delle sue ricerche sul ritratto sculturale di Tamerlano? È noto che la tomba di Timur è stata trovata nel 1941, durante gli scavi del mausoleo di Gur-Emir a Samarcanda.
Nel corso degli scavi è stata scoperta una bara di legno perfettamente identica a quelle usate oggi ([829], pag. 506). Ricordiamo al lettore che la cronologia Scaligeriana e Milleriana data la morte di Timur al 1405. Facciamo una semplice domanda. Come facciamo a sapere che il corpo trovato nel sepolcro è il cadavere di Timur, come ci ripete la storia Scaligeriana? La domanda è tutt'altro che retorica. Secondo Gerasimov, "documentare l'autenticità della tomba di Timur era uno degli obiettivi principali della spedizione. L'iscrizione sulla lapide non era bastata per risolvere il problema [?!! - Aut.] Solo uno studio dello scheletro può darci una risposta esauriente" ([829], pag. 507).
In altre parole, alcuni scienziati dubitavano del fatto che il corpo trovato nella tomba appartenesse davvero a Timur. Questo ci porta ad un'altra domanda, altrettanto importante.
Fig. 11.1. La ricostruzione da parte di Gerasimov del volto dell’uomo del mausoleo di Tamerlano a Samarcanda. Le caratteristiche sono chiaramente Europee; Gerasimov non è riuscito ad appianarle in alcun modo nonostante tutti i suoi tentativi. Tratto da [829], pagina 2.
Se l' "iscrizione sulla lapide" non è bastata a risolvere la questione, che cosa diceva? Cosa c’era scritto sul sepolcro? Perché Gerasimov si astiene dal pubblicare il testo integrale della formula funeraria? Potrebbe esserci un motivo? L'iscrizione è citata da qualche parte?
Gerasimov prosegue dicendo: "Le nazioni Orientali hanno una moltitudine di leggende sul più grande conquistatore del XV secolo. Il nome stesso dello Storpio di Ferro (Timur = Ferro in Turco) faceva tremare la lontana Cina e l'India, per non parlare dell'Asia centrale. La fama del suo potere e della sua fenomenale ricchezza aveva raggiunto l'Europa. I biografi hanno descritto le sue campagne in modo grandioso; tuttavia, si dice poco del suo aspetto fisico. Le informazioni che abbiamo sono oscure e contraddittorie" ([829], pag. 507).
Qui troviamo la contraddizione enigmatica principale che farà muovere Gerasimov tra lo Scilla del metodo scientifico e il Cariddi della storia Scaligeriana. Da un lato, è "risaputo" che Timur fosse un Mongolo, evidentemente originario del territorio della moderna Mongolia. D'altro canto, numerose fonti medievali sostengono che Timur appartenesse alla razza Europea (cfr. [829], pag. 507). Nessuno crede a queste fonti in questi giorni, si dice che siano errate. Chi oserebbe sostenere che Tamerlano il Mongolo era un Europeo?
E così Gerasimov ha il cranio di Timur a sua disposizione e ricostruisce il ritratto scultoreo sorprendendosi nello scoprire che il volto che risulta è chiaramente un volto Europeo (cfr. fig. 11.1). La faccia è convessa e non piatta. Gerasimov non può nascondere questo fatto, essendo uno scienziato, anche se deve aver cercato di far sembrare il ritratto il più possibile Mongoloide (nel significato moderno della parola). Proviamo a metterci nei panni di Gerasimov. Il suo metodo produce un ritratto perfettamente Europeo (cfr. fig. 1 1). 1 . Tuttavia, è "comunemente noto" che Timur fosse un "Mongolo" - cioè, venisse dalla lontana Mongolia. Una dichiarazione pubblica sul fatto che Timur fosse davvero un Europeo avrebbe immediatamente gettato il discredito su Gerasimov e il suo metodo che "trasforma i Mongoli in Europei". La sua reputazione di scienziato sarebbe stata incrinata. D'altra parte, Gerasimov non poteva falsificare i suoi risultati e scolpire un volto Mongolo in spregio al proprio metodo. L'unica via d'uscita era scolpire tutto ciò che il metodo consentiva (cioè un volto Europeo), ripetendo più e più volte il mantra che il ritratto "appariva Mongoloide" e ignorando l'ovvio. Gerasimov, come si può vedere, è stato costretto a fare questo. Non aveva altre opzioni.
Esaminiamo l’articolo di Gerasimov e vediamo come commenta il suo scioccante risultato per evitare la furia dei Scaligeriani.
Gerasimov mette in guardia: "Il tempo non ha conservato nessun vero ritratto di Timur. Le numerose [sic]! - Aut.] miniature Iraniane e Indiane, per la maggior parte, in larga misura si contraddicono a vicenda e datano ad un'epoca molto successiva, il che le rende inaffidabili. Anche le fonti scritte non danno molte informazioni; tuttavia, le prove che Timur appartenesse a un clan Mongolo caduto sotto l'influenza Turca possono essere considerate prove sufficienti per respingere lo studio delle miniature Iraniane e Indiane che raffigurano Timur come un tipico rappresentante della razza Indo-Europea [sic! - Aut.]" ([829], pag. 507).
Ciò ci porta alla seguente domanda: per quale motivo le suddette prove delle "origini Mongole" di Timur dovrebbero invalidare le numerose prove del suo aspetto Indo-Europeo? Soprattutto considerando il fatto che siamo ormai conspevoli che la parola "Mongolo" applicata a Timur significa che in realtà è vissuto nel Grande Impero “Mongolo”. Abbiamo già identificato quest'ultimo come l'antica Russia, o l'Orda, che aveva occupato enormi territori. Timur il Mongolo si traduce quindi come Timur il Grande, eliminando del tutto la contraddizione. Ovviamente, la parola "Mongolo" ha perso il suo significato originale e ne ha raggiunto uno nuovo oggi riferendosi alla cosiddetta "razza Mongoloide". Tuttavia, questo termine è di origine relativamente recente e deriva dalla tradizione storica esistente, che ha trasferito i "Mongoli" storici nel territorio della Mongolia moderna in Estremo Oriente.
Tuttavia, dobbiamo riconoscere l'integrità scientifica di Gerasimov. Dopo aver calmato i suoi storici censori con il passaggio sopra descritto e aver dichiarato la sua lealtà, Gerasimov riferisce con precisione quanto segue: "Lo scheletro scoperto è quello di un uomo forte, la cui altezza (circa 170 cm) è atipica per un Mongolo" ([829], pagina 507). Tuttavia, il problema principale di Gerasimov era la necessità di spiegare al lettore le caratteristiche Europee del ritratto sculturale di Tamerlano. Ha trovato la seguente soluzione:
"Nonostante la manifesta scarsa concavità della mascella superiore e la nitidezza degli zigomi nella parte frontale, ci rimane l'impressione di un volto che non è così piatto come realmente doveva essere" ( [829], pag. 510).
Questo si può tradurre così: la scultura che vediamo ha un volto Europeo (convesso, non piatto). Ma questa è un'illusione: la faccia è in realtà piatta!
Dopo aver scritto quanto sopra, Gerasimov procede istantaneamente a pagare i suoi debiti con la storia Scaligeriana: "Non è necessario essere troppo lungimiranti per vedere che il ritratto del Tamerlano è tipicamente Mongoloide - chiaramente brachicefalico, ovviamente piatto; la lunghezza e la larghezza della faccia testimoniano la stessa cosa. Tutto ciò è in perfetta corrispondenza con le prove documentali delle origini Barlassiane di Timur" ([829], pag. 511).
Tuttavia, studiamo ancora una volta la scultura di Timur (fig. 11.1). Se togliamo il cappello "Mongolo" di Gerasimov dalla testa di Timur, vedremo un volto tipicamente europeo.
Tuttavia Gerasimov non riesce a mantenere il tono "tradizionale Mongolo" per troppo tempo - una momentanea perdita di controllo gli fa scrivere quanto segue: "Tuttavia, la base evidentemente sporgente del naso e la forma della fronte superiore testimoniano il fatto che l’inclinazione della palpebra Mongola non è particolarmente manifesta" ( [829], pag. 511). Come avrebbe potuto Gerasimov dire qualcos'altro, essendo uno scienziato?
Inoltre: "Nonostante la tradizione popolare di radersi la testa, i capelli di Timur erano relativamente lunghi al momento della sua morte" ([829], pag. 513). Se Timur fosse stato un Mongolo nel senso moderno, i suoi capelli avrebbero dovuto essere neri. Cosa vediamo in realtà? Gerasimov è costretto a dirci la verità: Timur aveva i capelli di un Europeo. Scrive quanto segue:
"I capelli di Timur sono spessi e lunghi, di colore rossastro-grigio, essendo le sfumature dominanti di colore marrone scuro e rosso. Le sopracciglia sono in condizioni peggiori, ma i resti ci permettono di ricostruire la loro forma. Alcuni peli individuali ci hanno raggiunto in perfette condizioni. . . il loro colore è marrone scuro... Viene fuori che Timur aveva dei baffi lunghi invece che dei baffi stretti prescritti dalla fede Maomettana. . . La barba di Timur era corta e densa. I suoi peli sono ruvidi, quasi dritti e piuttosto spessi. il loro colore è rosso, con molte sfumature di grigio" ([829], pag. 514).
Gli storici Scaligeriani sapevano da tempo che Timur aveva i capelli rossi. Questo contraddice ovviamente la sua "origine Mongola" nel senso moderno della parola. Cosa si può fare? Hanno suggerito che Timur in realtà avesse i capelli neri, ma li avesse tinti con l'henné e quindi "sembravano capelli rossi". Tuttavia, se cerchiamo di tingere i capelli neri con l'henné, è improbabile che diventino rossi. Al giorno d’oggi, dopo la scoperta della tomba di Timur, non abbiamo bisogno di fare congetture - i capelli di Timur erano rossi. Ecco cosa ci dice Gerasimov:
"Anche uno studio preliminare sui peli sotto gli occhi dimostra che il colore rosso è naturale e non è colorato di henné come gli storici hanno suggerito" ([829], pag. 514). Questo fatto da solo invalida gli sforzi degli storici tradizionalisti per sfuggire all'ovvio.
Concludiamo con un altro strano fatto scoperto da Gerasimov: "Nonostante la vecchiaia di Timur (circa 70-72 anni), né il suo cranio né lo scheletro sembrano tali - il cranio è probabilmente appartenuto a un uomo forte e sano la cui massima età biologica era di cinquant'anni [sic! - Aut.]" ([829], pag. 513).
Ci troviamo quindi di fronte al seguente dilemma:
1) Se il cadavere nella tomba di Samarcanda appartiene davvero a Timur, quest'ultimo era un Europeo dai capelli rossi. Ciò è in perfetta sintonia con i risultati della ricostruzione di Gerasimov e con i ritratti medievali che rappresentano Timur come un Europeo dai capelli rossi.
2) Se il cadavere ritrovato nella tomba di Timur appartiene a qualcun altro, ciò compromette seriamente la versione Scaligeriana e Milleriana, che sostiene che la tomba di Timur a Samarcanda sia autentica.
Un'ultima domanda: quando ha vissuto davvero Timur? La bara sembra moderna; può davvero risalire al 1405?
3. I NOMI ARABI NELLA STORIA RUSSA
Secondo la nuova cronologia che suggeriamo, i "Mongoli" e i "Tartari" si possono in realtà identificare con i Cosacchi, o l'esercito regolare Russo, conosciuto anche come l'Orda. Sarebbe naturale supporre che "Tamerlano il Mongolo" fosse un signore della guerra Cosacco, uno Zar, un khan, un emiro o un principe.
Facciamo la seguente osservazione per evitare confusione. Fonti moderne usano nomi prelevati da fonti Turche per riferirsi alla storia "Mongola" – "pascià" , "emir" e così via; ciò lascia una "impressione Orientale" che ostacola la comprensione della questione. Sembrerebbe così che gli autori Orientali non si riferissero alla Russia. Gli storici ci dicono che "la storiografia Orientale del XV secolo, pur essendo ben informata sulla geografia e la storia dei paesi Islamici, è completamente ignorante della Russia" ([829], pagina 11).
Tuttavia, i cronisti Orientali hanno fatto numerosi riferimenti a qualche paese Asiatico col nome di "Mongolia", che secondo gli storici moderni aveva solo rapporti molto lontani con la Russia – si presume che i Mongoli avessero conquistato la Russia, da cui i nomi Tartaria e Mongolia usati dagli autori stranieri.
Immaginiamo un libro di testo sulla storia Russa del XIX secolo dove tutti i fatti sono rimasti intatti, ma i nomi delle persone, dei luoghi e i titoli siano stati sostituiti da termini simili della lingua Araba - tratti da un libro di testo Arabo sulla storia della Russia, per esempio. È improbabile che riusciremmo a riconoscere qualcosa. Questo è esattamente ciò che era successo alla storia medievale della Russia. I primi Romanov hanno distrutto tutte le fonti che hanno trovato, e la storia Russa di quell'epoca ci è giunta solo nei resoconti Occidentali e Arabi, che la citavano rispettosamente come Mongolia e Tartaria, o semplicemente come Grande Tartaria. Gli Arabi avevanoo naturalmente alterato tutti i nomi e i titoli per farli corrispondere ai loro equivalenti Arabi. Per esempio, non troviamo la parola "Mongolo" in nessuna fonte Russa - ciò che troviamo è la parola "Grande". I Khan erano conosciuti come Zar, e gli emiri come principi o murza. Se sostituiamo i nomi Turchi con i loro equivalenti Russi familiarizzandoci con la storia della "Tartaria e e della Mongolia", troveremo molto più facile capire i fatti.
4. TEMIR (TAMERLANO) E MEHMET (Maometto)
Le osservazioni di cui sopra, così come tutto ciò che già sappiamo della storia della Russia (detta "Mongolia"), ci porta a una nuova comprensione della famosa biografia di Tamerlano. La nostra ricostruzione fa in gran parte parte dell'immagine di Tamerlano la sovrapposizione di due reali figure storiche, la prima è Temir Aksak, o lo "Storpio di Ferro", della fine del XIV secolo, e la seconda è il sultano Mehmet II (Maometto II), il famoso conquistatore del XV secolo che conquistò Costantinopoli nel 1453. Questi due personaggi sono stati sovrapposti l'uno all'altro a causa dello slittamento di 90 anni insito nella storia Russa.
Ancora una volta, ricordiamo che quando parliamo di "sovrapposizione", intendiamo che la biografia scritta di un personaggio è stata integrata dai dati della biografia scritta di un altro. La fonte primaria in questo caso è la biografia di Mehmet II.
Secondo gli storici, "Timur aveva governato per procura di due khan - Souyourgatmysh (1370-1388) [Principe di Sourgout? - Aut.] e poi suo figlio, il Sultano Mahmoud-Khan (1388-1402) [il Sultano Mehmet - Aut.]. Non aveva delega da altri khan e continuò a coniare monete recanti il nome di quest’ultimo" ([829], pag. 42). Come fanno gli storici a sapere di questi "governanti per procura"? Perché non ci dicono semplicemente che i nomi dei governanti presi dalle cronache non corrispondono ai nomi delle monete? Non ci sarebbe nulla di sorprendente in questo fatto, perché un unico sovrano poteva avere una moltitudine di nomi in quell'epoca, soprattutto se avesse regnato su diverse terre di lingua diversa. E' molto probabile che non siano mai esistiti governanti per procura - ciò che abbiamo è solo una varietà di nomi tratti da monete e documenti diversi (Timur, Storpio di Ferro, Principe di Sourgout e Sultano Mehmet-Khan).
Gli storici non lo capiscono, dicendoci che i diversi nomi di Timur "mantenevano buoni rapporti" - per esempio, ci dicono che "Timur intratteneva ottimi rapporti con il Sultano Mahmoud-Khan, che lo aveva servito come eccezionale ed energico signore della guerra" ([829], pagina 42). Non c'è da meravigliarsi.
5. TEMIR = TAMERLANO = MAOMETTO II QUALE PROTOTIPO DI ALESSANDRO IL GRANDE
L’eclettica personalità di Temir = Mehmet (Mahomet o Maometto) II è servita come prototipo per la famosa biografia dell'"antico" Alessandro il Grande. La sovrapposizione di Mehmet II con Alessandro di Macedonia è stata scoperta da A. T. Fomenko e riportata in ChronI e Chron2. Alessandro il Grande è un riflesso del sovrano Ottomano Maometto II il Conquistatore e dei più vicini sultani Ottomani, suoi eredi del XV-XVI secolo d.C. e soprattutto - Solimano il Magnifico (1522-1566).
Proprio per questo motivo, una delle fonti primarie della biografia di Timur è nota come "L’Anonima Storia di Iskander", o "L’Anonima Storia di Alessandro" ([829], pag. 9). Ricordiamo al lettore che il nome Orientale di Alessandro Magno era Iskander il Bicorno. Quest 'ultimo è molto probabilmente un riferimento diretto alla mezzaluna Ottomana. Gli storici ci dicono: "L’Anonima Storia di Iskander"... è una fonte preziosa in quanto unica... Si tratta di una fonte estremamente importante per la biografia di Timur, poiché contiene una serie di fatti del tutto assenti da altre fonti" ( [829], pag. 9).
Ricordiamo anche che i romanzi medievali sulle campagne di Alessandro Magno erano largamente conosciuti nel XV secolo, o l'epoca di Mehmet (Maometto) II.
6. LA STORIA DELLE CAMPAGNE DI ALESSANDRO: IL TEMPO E LO SCOPO DELLA SUA CREAZIONE
Si potrebbe anche pensare alla possibilità di eventi relativamente recenti (che risalgono nientemeno che al XV secolo e al XVI secolo), che avrebbero potuto servire da fonte per le descrizioni delle famose "antiche" guerre di Alessandro Magno. Dopotutto, il suo nome è menzionato in molti libri che oggi si presumono antichi. La risposta è semplice: il nome effettivo di Alessandro, leggendario fondatore dell'Impero, potrebbe essere stato conosciuto prima del XV secolo (a parte l’attributo "il Macedone"). Tuttavia, le fonti del XXI secolo non contengono dettagli relativi alle sue campagne. E’ noto che descrizioni dettagliate delle conquiste di Alessandro sono apparse in Occidente solo alla fine del XV secolo, dopo la caduta di Costantinopoli, presumibilmente tradotte dal Greco.
Le circostanze della loro apparizione spiegano il fatto che la biografia di "Alessandro di Macedonia" sia stata compilata dalle biografie di Mehmet II e persino di Solimano il Magnifico. Uno dei traduttori fu il famoso cardinale Bessarione, fuggito da Bisanzio in Italia dopo la conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II nel 1453 ([455]). Bessarione aveva portato in Occidente anche l’Almagesto di Tolomeo. Si presume stesse cercando di organizzare una crociata a Bisanzio per riprendere Costantinopoli agli Ottomani. Ricordiamo al lettore che a Costantinopoli c'erano due partiti politici prima della conquista Ottomana = Ataman del 1453, quello Turco e quello Latino. Il primo era risultato vincitore; Bessarione era del partito Latino e chiedeva vendetta ([455]). Si apprende che lui e i suoi alleati esortavano i governanti Europei a iniziare una guerra contro i Turchi "paragonando i Turchi agli antichi Persiani e ai barbari Macedoni" ([1374], pag. 65). Gli Ottomani = Ataman del XV secolo sono quelli che più probabilmente si identificano con gli "antichi" Macedoni; tra l'altro, il loro esercito si era diretto verso Costantinopoli dalla penisola Balcanica, dove troviamo la Macedonia. A proposito, troviamo nelle vicinanze la città Albanese di Tirana; il suo nome è molto simile a "la città di Tiras", o "la città dei Turchi". Ricordiamo che alcune fonti del XVII secolo affermano che il nome "Turco" deriva dal nome "Tiras", qv nel [940], per esempio.
Fig. 11.2. Pagine della traduzione in latino di Demostene fatta da Bessarione. A margine vediamo le osservazioni di Bessarione; identifica gli "antichi" Persiani e i Macedoni di Alessandro Magno con gli Ottomani (Ataman) medievali del XV secolo. Tratto da [1374], pagina 65.
Esiste una copia di un libro di Bessarione — presumibilmente una traduzione in Latino di un'opera Greca di Demostene. Ci racconta, tra le altre cose, delle campagne di Alessandro Magno. Ai margini del libro troviamo le note fatte da Bessarione con inchiostro rosso, dove evidenzia "ovvi parallelismi" tra le "antiche" guerre di Alessandro e le campagne del XV secolo degli Ottomani (cfr. fig. 11.2) — in altre parole, gli eventi "antichi" che avrebbe dovuto raccontare nella sua traduzione, presumibilmente seguendo la narrazione di Demostene parola per parola, e gli eventi della sua epoca a cui aveva partecipato personalmente. Il libro di Demostene e i commenti di Bessarion sono ancora conservato negli archivi della Biblioteca Vaticana (cfr. [1374], pag. 65).
Viene in mente l' ovvia idea che Bessarione abbia semplicemente scritto lui il libro dell’antioco Demostene, o l'abbia corretto pesantemente, riferendo eventi della sua epoca e indicando i "paralleli" nella sua copia per comodità.
Riteniamo che i libri sulle campagne di Alessandro siano stati scritti nel XV-XVI secolo e siano collegati gli eventi di quell’epoca. Tuttavia, nel secolo XVI sono stati fortemente modificati dagli Europei Occidentali, i cui obiettivi erano chiaramente di natura politica, ossia l'organizzazione di una crociata contro i Turchi. I libri contenevano violente critiche alle conquiste Ottomane = Macedoni, sottolineando la natura "barbarica" di queste ultime. Successivamente, nel XVII-XVIII secolo, questi obiettivi diventarono obsoleti, e il significato iniziale di questi lavori del XV secolo sulle campagne di Alessandro venne dimenticato. Alessandro di Macedonia diventò un un eroe coraggioso dell'"antichità" ed è entrato nei libri di storia in quanto tale.
Fig. 11.3. La pagina intitolata "Trattato anti Turco di Bessarione" (Bessarion, "Oraziones et epistolae and Christianos princes contra Turcos"). In latino. Tratto da [1374], pagina 64.
La falsa concezione storica di Scaligero e Petavius già esisteva. La Macedonia è uno Stato Slavo che ancora esiste nei Balcani con lo stesso nome. La storia Scaligeriana aveva "compresso" la Macedonia facendola diventare parte dell' "antica Grecia". La storia della Macedonia medievale ha perso il suo legame cronologico con l'epoca della conquista Ottomana (il XV-XVI secolo) e ha fatto marcia indietro nel tempo, atterrando in una profonda antichità. Di conseguenza, il legame tra Alessandro di Macedonia = Maometto II = Solimano il Magnifico e gli Ottomani = Ataman è andato perso.
Dobbiamo ribadire che gli "umanisti" fuggiti nell'Europa Occidentale dalla Zar-Grad conquistata furono molto aggressivi nei loro tentativi di avviare una campagna per la liberazione di Zar-Grad dagli Ottomani. Continuavano "a rivolgersi ai principi Cristiani per unirli in una grande crociata con la missione di liberare Costantinopoli dai Turchi. Gli umanisti sono riusciti a scrivere davvero un grande numero di missive e proclami. . . nel corso di circa 50 anni o più" ([1374], pagine 63-65). Il titolo di un libro anti-Turco di Bessarion si può osservare in fig. 11.3.
7. TAMERLANO E ALESSIO COMNENO
Uno slittamento cronologico di 300 anni fa di Alessio Comneno del presunto XI secolo un riflesso di Tamerlano del XIV secolo. Temuchin come alias di Genghis-Khan dev’essere un’altra versione dei nomi Timur e Tamerlano. Questa confusione ha creato un'altro riflesso di Tamerlano dell'XI secolo conosciuto come Mahmoud Gaznavi: "le guerre senza fine condotte da Timur ci portano a confrontare questo personaggio con il conquistatore del XI secolo Mahmoud Gaznavi" ([829], pagina 44) - Mehmet il Cosacco, in altre parole. Il fatto che incontriamo il nome di Mehmet associato a Timur non è un caso, figuriamoci il soprannome "Cosacco".
8. IL SIGNIFICATO DEL NOME TIMUR
Il nome Timur era noto anche sotto forma di "Temir" ([635], pag. 230, probabilmente significa semplicemente "T-Emir", o "Principe" con il prefisso "T" che poteva stare per "Grande", nel qual caso il nome Temir si traduce come "Il Gran Principe", il noto titolo medievale in Russia. Questa osservazione è confermata dal fatto che il nome Timur non è stato applicato solo a Tamerlano, ma anche ad altri personaggi storici - ad esempio il suo predecessore, "Tugluk-Timur, Khan del Mogolistan" ([829], pag. 19).
Secondo una cronaca Russa, i predecessori di Tamerlano possono essere identificati come Ataman Cosacchi della regione di Yaik, o "Tartari": "Il padre di questo Temir era stato un capo Tartaro proveniente da oltre lo Yaik" ( [829], pag. 20). Inoltre, si presume che Temir non appartenesse al clan dei Genghisid e che la sua ascensione a una posizione di potere sia il risultato del suo matrimonio con la figlia di Kazan-Khan dei Genghisid; quest’ultimo nome si traduce come "Zar di Kazan" ([829], pag. 42).
9. LE GUERRE TRA TIMUR E TOKHTAMYSH
Tamerlano aveva conquistato moltissime terre; tuttavia, scopriamo che tutta la sua vita è stata spesa in guerre per le terre di Urus-Khan – le terre Russe, in altre parole. Le guerre di Tamerlano non sono cessate nel corso della sua vita, nonostante le sue costanti vittorie. E' curioso che non abbia mai tentato di distruggere il suo avversario numero uno, Tokhtamysh-Khan in persona, anche se l'esercito di quest'ultimo era stato messo in fuga molte volte da quello di Tamerlano. Cominciamo ora a comprendere le ragioni di questo fatto - Tokhtamysh-Khan si identifica con Dmitriy Donskoi, discendente di Augusto. Ciò fa sì che lo scontro tra Tamerlano e Tokhtamysh fosse un conflitto interno all’Orda Russa. Le persone di lignaggio reale non venivano, per usanza, assassinate. Riportiamo brevemente il famoso resoconto delle interazioni tra Timur e Tokhtamysh, che contiene alcuni commenti. "L'Orda Bianca aveva cercato di intromettersi negli affari dell’Orda d'Oro. . . I passi più radicali in questa direzione erano stati fatti da Urus-Khan" ([829], pag. 30). Il nome "Urus-Khan" si traduce come "Khan Russo". Orda Bianca doveva essere il nome della Russia Occidentale - lo Stato della Lituania, che includeva anche la Russia Bianca. Il territorio dell’Orda d'Oro era arrivato nell'Est fino a Mosca. "Urus-Khan, che aveva regnato sull’Orda Ak fino al 1377, aveva deciso che, oltre a cercare di diventare Khan di Saray, era deciso di unire entrambe le parti dell’ulus di Juchi" ([829], pagg. 30 e 31). La parola ulus deve essere strettamente legata a urus, considerando la flessione di L e R. "Ulus" deve essere stata la versione Araba, mentre quella comune in Mongolia (megalion) era "Russia", o "Russ".
"Uno degli... emiri [principi - Aut.] aveva osato opporsi a Urus-Khan nelle questioni con l’Orda d’Oro e questo aveva portato alla sua esecuzione. Il figlio Tokhtamysh era fuggito dall’Orda Ak rifugiandosi da Timur e offrendogli i suoi servizi. Questo succedeva nel 1377. . . Timur. . . inviò Tokhtamysh all’Orda Ak reclamando il trono dell’Orda Ak per Urus-Khan" ([829], pagine 30 e 31). Il nome "Orda Ak" si traduce come "Orda Bianca", un chiaro riferimento al trono della Russia Bianca.
"Tokhtamysh riuscì a conquistare il trono dell’Orda Ak solo nel 1379" ([829], pagina 31). Ricordiamo che Tokhtamysh-Khan si identifica come Dmitriy Donskoi nella nostra ricostruzione; la sua capitale era a Kostroma. Dopo aver sconfitto Mamai nella Battaglia di Kulikovo nel 1380, aveva preso il trono di Lituania, o Russia Occidentale. "Tokhtamysh approfittò del fatto che l’esercito di Mamai fosse stato fortemente indebolito dalla sconfitta nella battaglia di Kulikovo, persa nei confronti di Dmitriy Donskoi. Mise, nello stesso anno, l’esercito di Mamai in completare rotta sul fiume Kalka 1380" ([829], pagina 31).
Le relazioni tra Timur e Tokhtamysh si deteriorarono rapidamente e si conclusero con continue guerre tra di loro. Tuttavia, "le guerre tra Timur e Tokhtamysh erano tutt'altro che conquiste su larga scala - erano combattute in battaglie relativamente piccole... per gruppi di città" ([829], pag. 32). E questo è perfettamente naturale, visto che i fatti sopra descritti sono stati una vera e propria guerra civile interna alla Russia, nell'Orda.
10 . LE CITTÀ DI SAMARA E SAMARCANDA
"Timur aveva lanciato tre campagne su larga scala contro Tokhtamysh, che nel 1380 era diventato un potente khan [dopo la Battaglia di Kulikovo - Aut.] . Hanno avuto luogo nel 1389, 1391 e 1394-1395 ... Nel 1391 Timur parte da Samarcanda . . . e . . . L’enorme esercito di Timur affronta l’esercito di Tokhtamysh ... tra Samara e Chistopole" ([829], pag. 31).
La città chiamata Samarcanda in questo passaggio deve essere Samara, la vera capitale del Khan Temir Aksak. Samara era effettivamente nota come capitale dei khan; il nome stesso può essere letto come A-Ramas in arabo (invertito). Questo si traduce come "Roma", o "capitale".
Cominciamo a scoprire le strette relazioni tra Samara e la regione del Yaik (conosciuta come l'Ural di oggi) - in particolare, le due erano legate da un grande antica distesa di terra conosciuta come Nagaiskaya. Ricordiamo che Temir-Aksak era un Tartaro delle "terre al di là dello Yaik" ([829], pag. 20).
Cito ancora: "Il golfo di Samara è attraversato dal fiume Volga che fa una curva tra Samara e Chistopole ... era la consueta residenza estiva dei Khan dell’Orda d’Oro. . . Il confine meridionale del bosco era segnato da una strada molto antica, nota fino ad oggi come Nagaiskaya . . . I resti della cosiddetta "antica Nagaiskaya"
La strada, che allacciava le regioni degli Urali e del Volga, esiste ancora (non troppo lontana dal moderno tratto postale tra Samara e Orenburg, precedentemente noto come linea militare Samara)" ( [829], pagine 441 e 442).
La cronaca dice che Temir-Aksak era nato "nel paese di Samara" ([759], pag. 25). Un altro documento sopravvissuto, un editto del Khan Devlet-Kirey, è stato scritto a Samara, che è esplicitamente indicata in esso ([759], pagina 43). Il nome del Khan è scritto come Devlet-Kirey invece di Devlet-Girey. Perche' dovrebbe essere invece così? La formula è più arcaica ([759], pag. 43) ed è stata modificata dagli storici successivi per ovvie ragioni - il nome Kirey è probabilmente una forma della parola medievale Russa Kir (cfr. Sir e Zar) - il titolo usato per rivolgersi agli Zar e ai Patriarchi. Tuttavia, il nome può anche essere un derivato della parola Russa "eroe" ("geroy").
Anche il nome Devlet è di origine Russa - la parola “dovlet” era molto comune nell’Antica Russia, e si può tradurre come "governare", "guidare", "controllare", "comandare" ecc. ( [ 866] , volume 1 , pagina 288). Pertanto, il nome Devlet può essere considerato sinonimo della parola "sovrano", e quindi si può tradurre "Devlet-Kirey" come Sovrano Reale, o Nostro Signore lo Zar. A quanto pare, molti degli antichi titoli Russi sono stati dimenticati dopo l'ascesa dei Romanov, per cui, quando li incontriamo nelle cronache, non li riconosciamo come parole Russe.
11. L’ORDA NOGAI
Il famoso nome della famiglia Russa dei Nagoi deve essere strettamente collegato a quello della famosa Orda Nogai e quindi al nome delle fruste Cosacche nagaika, così come ai famosi coltelli Nogaisk, citati nei rapporti sull’omicidio del Principe Dimitriy, per esempio, un incidente associato alla famiglia dei Nagoi, i presunti utilizzatori di questi coltelli ([777]), 6).
È possibile che l’Orda Nogai sia stata fondata da Tamerlano; le sue tracce arrivano fino al XIX secolo. L'epoca di Tamerlano, il XIV secolo, fu il momento in cui "un altra Orda fu fondata sulla costa del Mar Nero - l’Orda Nogai che aveva sfidato l'autorità dei Khan del Volga" (N. I. Kostomarov. "La storia Russa come biografie delle sue figure primarie", prima edizione, capitolo IX). I separatisti Cosacchi erano comprensibilmente abbastanza in conflitto con la vecchia Orda; queste guerre sono quelle conosciute da noi come quelle combattute tra Timur e Tokhtamysh (Dmitriy Donskoi).
12 . I GOTI E LA REGIONE DEL SEMIRECHYE
Ci allontaneremo brevemente dal nostro argomento principale per parlare dei Goti e delle origini del loro nome. S. Herberstein, l'ambasciatore Austriaco del XVI secolo in Russia, menziona il fatto che a quei tempi i Polovtsy erano definiti dai Moscoviti "Goti" ( [ 161 ], pag. 165). D'altro canto, il nome Polovtsy veniva utilizzato anche per riferirsi ai Tartari o, in altre parole, ai Cosacchi. Si è scoperto che i Mongoli stanziali chiamavano i "Mongoli" nomadi Djete, o "Goti". Ciò è in eccellente concomitanza con le informazioni fornite da Herberstein - i "Mongoli" stanziali si identificano come Russi, e i "Mongoli nomadi" - come Cosacchi.
Questo è ciò che gli storici ci raccontano della "Mongolia" nell'epoca di Tamerlano, ignari del fatto che il paese che descrivono è la Russia del XIV-XVI secolo: "I Khan si stavano sempre più orientavano verso una transizione a una vita stabile nelle città, e così cercavano di conquistare le terre ricche e coltivate di Maverannakhr" ([829], pagina 15). Quest'ultimo sembra essere il nome Arabo delle terre Russe che si trovavano ad Ovest del Volga, la cui capitale è Mosca.
"La differenza tra i Mongoli di Semirechye e... . . quelli che si erano stanziati a Maverannakhr continuavano a crescere. Quelli rimasti a Semirechye. . . disprezzavano coloro che si erano insediati a Maverannakhr perdendo la purezza delle loro tradizioni nomadi. . . Questi ultimi, a loro volta, consideravano i Semirechye Chagatays dei barbari grossolani e conservatori, definendoli “Djete”. . . L’ulus Chagatay [Urus = Russia - Auth] alla fine si è diviso in due parti - Maverannakhr e Mogolistan, che comprendeva anche Kashgar [in seguito Kazan-Gorod, "Città di Kazan" - Aut.] . . . Ciò è avvenuto nel XIV secolo" ([829], pag. 15). La descrizione di cui sopra deve riferirsi alla divisione della Russia (o "Mongolia") in Regno di Mosca, conosciuto anche come Maverannakhr, e terre Cosacche nelle regioni del Volga, di Yaik, del Don e di Zaporozhye.
Il nome Semirechye deve provenire da "sem rek", o "sette fiumi", visto che i Cosacchi vivevano nelle regioni dei fiumi Volga, Don, Yaik, Dnepr, Dniester, Terek e Irtysh.
Questo spiega anche il nome dell’Ulus Djuchi, o Ulus Goto la regione Russa dei Goti nella storia della "Mongolia". L’ulus Chagatay potrebbe tradursi allo stesso modo, stando per "la terra Russa dei Cha Goti", "Cha" ("Cza"), essendo una possibile versione abbreviata della parola Zar, che fa tradurre "Chagatay" come "Lo zar dei Goti".
Anche i Tedeschi erano conosciuti come Goti, il che è un'altra indicazione dei antichi legami esistenti tra Cosacchi e Tedeschi, come anche il nome storico di PRussia.
13. GLI EVENTI DELL'EPOCA DI MEHMET II (IL SECOLO XV) RIFLESSI NELLA BIOGRAFIA DI TAMERLANO (IL SECOLO XIV)
13.1. Mehmet = Maometto
Passiamo ora alla descrizione dello strato del XV secolo nei documenti che ci parlano degli atti di Tamerlano. Questo strato è di natura primaria – è da qui che inizialmente proviene la gloria del conquistatore Tamerlano. Il prototipo di Tamerlano è molto probabilmente il famoso conquistatore del XV secolo - Mehmet (Maometto) II, il sultano Turco che prese Costantinopoli nel 1453 e ne fece la sua capitale. Lo slittamento Bizantino e Russo indietro di 90 anni sovrappone l'epoca di Mehmet II all'epoca Scaligeriana di Tamerlano.
13.2. La città di Samarcanda, la capitale di Timur, come descritta nelle cronache che raccontano gli eventi del XV secolo, e la sua vera identità
Ribadiamo come i nomi geografici migrano spesso da un luogo all'altro, facendo riferimento a città diverse in epoche diverse. Sopra abbiamo citato documenti che chiaramente usano il nome Samarcanda quando invece scrivono di Samara sul Volga. Nel XV secolo il nome aveva già guadagnato un significato diverso. Gli storici riportano quanto segue su Samarcanda, la capitale di Tamerlano (come abbiamo già sottolineato, il nome Samar(qand) è il nome invertito di Ramas (Roma) utilizzato dagli Arabi.
"Samarcanda era diventata capitale dell'enorme impero di Timur. Timur desiderava che la città fosse insuperata nella grandezza e nella bellezza; Samarcanda doveva sorpassare ogni altra capitale nota in precedenza" ( [829], pag. 44). Gli storici suggeriscono che questa sia il piccolo villaggio di Samarcanda nell'attuale Uzbekistan.
Scopriamo anche che "Ibn Arab-Shah riferisce che Timur aveva anche fondato una serie di insediamenti satellitari intorno a Samarcanda, dandogli il nome di città famose" ([829], pagina 44). Le parole "insediamenti satellite" possiamo ritenerle un commento dell'autore moderno. L'elenco delle città in questione è impressionante ed è tratto da fonti storiche: "Misr (Cairo), Dimshik (Damasco), Baghdad, Sultani e Shiraz, tre delle quali erano state capitali di califfato - Damasco era la capitale del Califfato Omayade, e le capitali dei Califfati Abbaside e Fatimide erano rispettivamente a Baghdad e Misr. L’idea di chiamare gli insediamenti come famose città era di natura politica, ovviamente per proclamare la supremazia di Samarcanda su tutti" ([829], pag. 44).
Queste "spiegazioni" piuttosto confuse ci lasciano con una strana impressione: non conosciamo altri casi in cui le periferie di una piccola città siano state chiamate come capitali famose.
Dobbiamo anche ricordare la città di Yasy, che si trovava "vicino al confine dell’impero di Timur" ([829], pagina 44). Gli storici ovviamente la collocano in Turkestan per avvicinarla a Samarcanda - ma in quelle zone non c'è una città del genere. Si sa però che la famosa città medievale di Yassy stava in Bessarabia e si trovava realmente molto vicina al confine dell'Impero Ottomano = Ataman di Mehmet II.
Il succitato frammento di documento medievale ci lascia la certezza che il nome Samarcanda, come viene utilizzato attualmente, sia un alias di Costantinopoli.
13.3. Il Sultano Mehmet-Khan identificato come il Sultano Mehmet II. Chi avrebbe potuto prendere in ostaggio Bayazid?
Abbiamo già menzionato "i Khan per procura di Timur - Souyourgatmysh". . . e poi suo figlio Mahmoud-Khan [Zar Mehmet il Sultano – Aut.] . . . Le relazioni tra il Sultano Mahmoud-Khan e Timur erano eccellenti - il primo era stato un eccellente ed energico comandante di quest'ultimo. . . il Sultano Mahmoud-Khan aveva preso parte alla Battaglia di Ankara nel 1402, prendendo prigioniero Bayazid, il Sultano Turco" ([829], pagine 42 e 479).
Così, Bayazid (forse Vassily) era stato preso in ostaggio dal Sultano Mahmoud-Khan, un riflesso fantasma di Timur; ciò fa sì che quest’ultimo si identifichi con quasi assoluta certezza come Mehmet II, il sultano Turco.
Ricordiamo la famosa pietra che porta un intaglio fatto da Timur, trovata nel territorio del moderno Kazakistan (Cossack-Stan), dove Timur si definisce "Timur, Sultano di Turan" ([829], pag. 32). Timur, Sultano della Turchia, in altre parole. La sua vecchia capitale potrebbe essere stata a Tiraspol sul Dniester, o a Tirana nell'Albania moderna. Entrambi i nomi si traducono in "Città dei Turchi".
Il fatto seguente potrebbe darci una buona idea di dove siano state realmente localizzate le terre conquistate da Timur: "L'esercito di Timur - Aut.] si è diretto verso le città di Yassy, Karaouchi, Sayram [Sarayevo]? - Aut.] ... e a Sarouk-Uzek [Siracusa]? - Aut.]" ([829], pag. 439).
Questi sono proprio i luoghi in cui gli storici individuano le campagne di Mehmet II = Sultano Mehmet-Khan l'Ottomano: "Timur non imprigionò il sultano a Samarcanda. . . lo portò invece con sé in diverse campagne" ([829], pag. 479).
14. L'ORGANIZZAZIONE DELL'ESERCITO DI TIMUR. LA SUA ORDA ERA DAVVERO "SELVAGGIA"?
Tamerlano è visto di solito come un invasore barbaro, grossolano e ignorante, che miracolosamente ottiene vittoria dopo vittoria con le sue "selvagge Orde Asiatiche", reclutate nella regione di Samarcanda, una piccola città dell'Uzbekistan moderno. Tuttavia, citiamo i seguenti dati di un lavoro fondamentale di M. I. Ivanin intitolato "L'arte della guerra e le conquiste dei Mongoli, dei Tartari e delle altre nazioni medievali nell'epoca di Genghis-Khan e di Tamerlano" (San Pietroburgo, 1875). Un capitolo di questo libro è incluso in [829], che è la fonte che abbiamo usato per la nostra ricerca. "L’esercito di Tamerlano era composto da fanteria e cavalleria. . . La fanteria. . . disponeva di cavalli per le lunghe marce; anche la cavalleria, o almeno una parte sostanziale di essa, poteva muoversi a piedi e combattere, come i dragoni di oggi. . . I cavalieri regolari e quelli d’elite indossano armature leggere e pesanti. Oltre a questo, Tamerlano aveva un corpo speciale di guardie del corpo - una guardia speciale... Inoltre, l'esercito era composto anche dai seguenti elementi:
1 ) Ingegneri e costruttori navali. . . Costruivano navi e ponti.
2) Specialisti del fuoco Greco (o gregoriano).
3) Lavoratori vari, in grado di montare macchine da assedio e di gestire le catapulte... Questa parte dell'esercito era stata perfezionata in modo molto sofisticato. Notizie degli assedi di Tamerlano dimostrano che aveva familiarità con quasi tutti i metodi utilizzati dai Greci e dai Romani. . . Aveva elefanti con guerrieri montati che lanciavano il fuoco Gregoriano contro il nemico.
4) Tamerlano aveva un corpo speciale di fanteria da alta montagna per combattere in alto sulle colline. . . L'esercito era diviso in decine, centinaia, migliaia e tumyn" ([892], pagg. 424-428). La parola Russa per tumyn è tma (diecimila, da qui il titolo di temnik citato sopra). Questa divisione in decine e centinaia fu una caratteristica delle truppe Cosacche fino al XX secolo; questa caratteristica era esclusivamente Cosacca.
Ogni gruppo di dieci, cento, mille e diecimila soldati aveva un proprio leader... Le truppe d'elite, o la cavalleria pesante, erano armate e equipaggiate con: elmetti, armatura, spade, archi e frecce. . .
I leader di ogni gruppo di dieci. . . indossava una cotta di maglia; erano armati di spade e archi... I centurioni dovevano avere.. una spada, un arco... una mazza e un bastone, nonché una cotta di maglia e un'armatura a placche . . . I soldati venivano lodati per la loro fedeltà, ed erano premiati anche con degli aumenti [si scopre che i soldati dell’Orda "Selvaggia" ricevevano un regolare stipendio - Aut.], regali, quote più grandi di trofei, ranghi più alti, titoli onorari e così via.. Tutti i reggimenti che si erano distinti venivano decorati con tamburi da battaglia, striscioni, ecc. . .
Anche nell'epoca in cui le formazioni militari erano inesistenti in quasi tutti gli eserciti, e i soldati si accalcavano in masse... L’esercito di Tamerlano aveva già la conoscenza della formazione. . . c'erano diverse file di soldati che si scontravano una di seguito all’altra... nonché una riserva fresca di truppe d'elite" ([829], pagg. 424-428).
Visto che tra i nemici di Tamerlano c'erano gli eserciti Europei, si può dire quanto segue: mentre gli eserciti Europei combattevano ancora in massa, le "selvagge orde Asiatiche di nomadi" conoscevano già le formazioni militari e avevano una buona organizzazione militare. Questo non è per niente uno scherzo - è vero. Tuttavia, bisogna sostituire le "orde selvagge" con i Russi e gli Ottomani (Ataman). Vedremo allora lo scenario familiare del XIV-XVI secolo quando gli eserciti addestrati dei Cosacchi dei "Mongoli" e degli Ottomani colonizzarono l'Europa, l'Egitto, l'Asia e gran parte dell'America, in Chron6, capitolo 14. Come abbiamo visto, non incontravano molta resistenza organizzata. "Se le truppe nemiche riuscivano a sfondare il centro della prima linea, finivano per trovarsi. . . nella posizione dell’esercito Romano alla battaglia di Canne, quando i Romani avevano fatto fuori il centro della cavalleria di Cartagine e avevano cointinuato ad avanzare in un modo troppo precipitoso e travolgente, solo per trovarsi circondati ai fianchi dalla fanteria e dalla cavalleria di Anninale, il che li aveva portati alla sconfitta nella battaglia .. . L'incidente di Canne non era stato casuale, e il suddetto ordine delle truppe permetteva di riprodurre lo scenario a piacimento" ([829], pagg. 424-428).
Non ci faremo distrarre dall'antico Annibale, ma dobbiamo sottolineare che il paragone molto pertinente tra le tattiche di Tamerlano e quelle di Annibale non è saltato fuori a caso dalla testa di M. I. Ivanin. Dobbiamo anche aggiungere che Annibale aveva anche elefanti da battaglia, che mandavano nel panico i suoi contemporanei. È anche possibile che l'antico nome Annibale sia una leggera corruzione del nome medievale Khan-Bal, o del Khan Bianco = Khan del Volga = Khan di Babilonia = Khan di Bulgaria. M. I. Ivanin ci dice: "È come se lo stesso Dio della guerra avesse insegnato questo metodo a Genghis-Khan e a Tamerlano; fu abbastanza efficace da rendere decisiva quasi ogni battaglia dell'epoca, con gli eserciti nemici messi in caotica fuga" ([829], pagine 424-428).
Tuttavia, la cronologia Scaligeriana insiste sul fatto che Genghis-Khan e Tamerlano siano separati da più di 150 anni. È possibile che gli eserciti nemici (tra cui le migliori truppe d'Europa e d’Asia) non siano riusciti né ad adottare la stessa tattica "Mongola" in tutto questo periodo, né a contrastarla con qualcosa di simile? Questo sembra molto improbabile, il che ci porta alla conclusione che le conquiste di Genghis-Khan e Tamerlano furono davvero una conquista unica, che avrebbe potuta durare decenni, ma senza una pausa, per non dare agli oppositori alcuna possibilità di recupero.
Siamo del parere che quanto precede si riferisca alla fase finale delle conquiste Ottomane e "Mongole" del XV secolo, ossia alle famose campagne di Mehmet II, che poi divenne sultano di Costantinopoli = Istanbul. Al giorno d'oggi questo personaggio è erroneamente percepito come il’"khan per procura" inferiore al Sultano Mahmoud-Khan sotto Tamerlano.
Lo stesso personaggio è servito come prototipo dell' "antico" Alessandro di Macedonia e di Annibale, allo stesso modo di Mahmoud Gaznavi (Mehmet il Cosacco) del presunto XI secolo. E' anche possibile che fosse stato un Macedone, un nativo della Macedonia Slava, e che le sue truppe fossero Cosacche - Russe, Albanesi e così via.
Ricordiamo inoltre che il "fuoco Greco" utilizzato dall’esercito di Timur era definito anche "fuoco Gregoriano" ([829], pagine 424-428). Come è facile capire, quest'ultimo nome è un riferimento a San Giorgio = Genghis-Khan = Georgiy Danilovich = Ryurik. L'arma in questione è probabilmente un alias utilizzato in artiglieria.
15 . LA QUESTIONE DELLA RELIGIONE DI TAMERLANO
Ora passiamo alla questione della confessione religiosa cui si atteneva Tamerlano. Oggi viene considerato un "intenso Musulmano"; questa opinione si basa sul fatto che fonti Musulmane continuano a chiamarlo "vero credente". Tuttavia, questo di per sé non ci dice molto - abbiamo visto la formula "quelli della vera fede" applicata dalle fonti Musulmane dell'epoca ai Russi. Per questo gli storici non riconoscono la Russia nelle sue descrizioni Arabe e sono costretti ad affermare che gli Arabi "non abbiano scritto nulla sulla Russia", nonostante le strette relazioni commerciali tra Russia e Arabi.
Riteniamo che questa concezione erronea sia il risultato del fatto che lo scisma religioso formale tra Cristianesimo Ortodosso, Islam e Cattolicesimo è stato datato ad un' antica epoca fantasma, mentre in realtà si è svolto nel XV-XVI secolo. Le contraddizioni religiose possono essersi accumulate; tuttavia, gli Arabi avrebbero potuto definire gli Ortodossi Russi "veri credenti" prima dello scisma formale, anche disapprovavano la tradizione ecclesiastica Russa, considerandola estranea alla loro cultura. Per questo il fatto che il Tamerlano sia chiamato "vero credente" in Arabo non implica che sia stato Musulmano – avrebbe potuto essere anche Ortodosso o Cattolico.
Chiediamoci anche se l'Islam, nell'epoca di Tamerlano, fosse lo stesso di oggi. Tutto questo non è per nulla chiaro, ed è molto probabilmente falso. La questione è molto complicata dal fatto che l'epoca di Tamerlano è la stessa epoca del "Grande Scisma" (il XV secolo), quando le chiese Ortodosse, Cattoliche (Latine) e Musulmane (Nestoriane) stavano compiendo i primi passi verso lo scisma.
É quindi possibile che la tradizione ecclesiastica Musulmana del tempo fosse significativamente diversa da quella moderna, e fosse vicina a quella della Chiesa Ortodossa. Ricordiamo il ben noto fatto che l'Islam nasce come ramo Nestoriano della Chiesa Ortodossa. La storia dell'Islam è piuttosto contorta in generale.
Ad ogni modo, i fatti riportati di seguito dimostrano che almeno una delle seguenti affermazioni è vera:
1) o Tamerlano non era Musulmano, o
2) le usanze Musulmane dell'epoca di Tamerlano erano diverse da quelle moderne e molto più vicine ai riti Cristiani Ortodossi.
Questo è ciò che Foma di Metsop, contemporaneo di Tamerlano, scrive nel suo libro dal titolo "Storia di Timur-Lank e dei suoi discendenti" (Tradotto dall'Armeno antico di Baku, 1957). Abbiamo naturalmente a nostra disposizione solo l'edizione del XVI XVII secolo di questo libro; la stiamo citando in base alla ristampa riportata in [829].
"Un certo uomo di nome Timur-Lanka, della fede dell’antichristo Mahmet, è apparso nella città di Samarcanda a Est" ([829], pag. 357).
"Il tiranno [Timur] ha dato ordini di mettere in prigione tutte le donne e i bambini e gettare il resto dalla torre, credenti e miscredenti. . . Un Mugri è salito su un minareto nella città di Berkri e ha iniziato a urlare ‘Salat Amat’ ad alta voce. . . Il perfido Timur si mise a riflettere e chiese della natura di quelle grida. I suoi ministri gli hanno risposto: "È il giorno del giudizio, e Ise [Cristo] sta per risorgere" ... Timur ha dato istantaneamente l'ordine di smettere di gettare le persone giù dalle mura della torre e di liberare gli altri" ([829], pagina 364).
"Lui (Timur) era a Damasco. . . e, mentre si avvicinava a Gerusalemme... le mogli dei maestri Musulmani sono andate da lui. . . e gli hanno detto: "Tu sei il pascià di questa terra, e il Signore ti ha mandato a punire coloro che si oppongono alla sua volontà. . . Tutti in questa città sono cattivi e sodomiti, specialmente i bugiardi mullah. . . chiama i nostri maestri e confermeremo tutto in loro presenza". . . E così aveva ordinato [al suo esercito]: ". . . Portatemi 700.000 teste e sistematele in sette torri. . . Se qualcuno dice che crede in Gesù, lo si lasci andare" ( [829], pag. 368). Le uniche persone che Timur decise di risparmiare erano i Cristiani!
Cristianesimo e Islam si intrecciano nel modo più strano nelle descrizioni date da Foma di Metsop. Nel primo caso Timur cattura una città (presumibilmente una città Cristiana) e ordina l'esecuzione di tutta la popolazione. Questo lo fa sembrare Musulmano. Nonostante le chiese della città siano Cristiane, il grido di disperazione viene da un minareto. È il grido di un Musulmano? Il significato delle parole che sono state urlate ad alta voce dal minareto è esplicitamente Cristiano - almeno, è così che Timur e il suo entourage lo hanno interpretato. Queste parole hanno fatto reagire Timur come fosse un Cristiano - ha ordinato di fermare l'esecuzione e liberare i prigionieri.
Di conseguenza, non è possibile capire se Timur fosse un Cristiano o un Musulmano. Nel secondo caso gli abitanti di una città Musulmana parlano di Timur come del loro pascià e lamentano l'iniquità della loro città. Questo rende Timur un Musulmano. Tuttavia, quando dà ordine pieno d’ira di punire tutta la popolazione della città, proibisce in modo assoluto di fare del male ai Cristiani, ordinando di giustiziare tutti gli altri. Avrebbe potuto aderire alla fede Cristiana, allora?
Inoltre, si scopre che le fonti Arabe sono tutt'altro che unanimi sulla religione di Timur. Alcuni autori Arabi lo chiamano "l'apostata". J. Langlais scrive quanto segue nel suo libro intitolato "La vita di Timur" (tradotto dal francese Tashkent, 1980): "Arab-Shah aveva cercato di far passare il nostro eroe come un apostata che aveva preferito la legge di Genghis-Khan a quella di Maometto - ma tutti gli storici concordano sul fatto che questo monarca fosse Musulmano, o almeno cercava di presentarsi come tale" ([829], pagg. 393-394). Langlais è quindi del parere che la conoscenza storica di Arab-Shah fosse "scarsa".
Inoltre, è risaputo che la tradizione Musulmana moderna vieta severamente l'ingestione di vino. Nonostante ciò, numerose fonti sostengono che l’esercito di Timur bevesse vino in abbondanza. Inoltre, Timur beveva anche vodka. Questo è ciò che Rui Gonzalez de Clavijo, autrice del "Diario di un viaggio alla corte di Timur a Samarcanda" (presumibilmente il 1403-1406, tradotto dall'Antico Spagnolo, San Pietroburgo, 1881) ci dice:
"Lo spazio intorno alle tende dello Zar e al padiglione era intasato da barili di vino, piazzati a distanza di un tiro di sasso l’uno dall’altro e che si estendevano per mezzo lega su questo territorio. . . Vicino al padiglione c'erano molte tende, ognuna delle quali copriva un enorme barile di vino. Queste botti erano sufficientemente grandi da contenere almeno quindici cantari di vino" ([829], pagg. 321-322).
"Quel giorno il Signore e tutta la sua gente bevevano vino; veniva anche servita della vodka per facilitare l’ebbrezza" ([829], pag. 327).
Il fatto che Tamerlano bevesse del vino è stato notato da ogni viaggiatore dell'Europa Occidentale che lo abbia incontrato. Così ne parla il signor Ivanin, che, a differenza dei contemporanei medievali, "sa" già molto bene che all'esercito di Timur non era permesso bere.
"Qui è dove Tamerlano avrebbe decorato i soldati più valorosi e avrebbe fornito loro ogni tipo di cibo, bevande e intrattenimento; le più belle donne prigioniere servivano cibo e latte acido in preziosi calici ai guerrieri". M. Ivanin commenta in modo certo ma errato la traduzione di Lacrois "parla ovunque di vino; tuttavia, Tamerlano, un devoto Maomettano, difficilmente avrebbe permesso l’ubriachezza tra le sue truppe; inoltre, dove avrebbero trovato il vino nelle steppe, e come lo avrebbe trasportato l'esercito?" ([829], pagina 424). Possiamo chiaramente vedere come i Cosacchi Russi dell’Orda non pensassero possibile astenersi dal vino.
16 . IL SEPPELLIMENTO DI TIMUR
È noto che la sepoltura di Timur fu eseguita in totale contrasto con la tradizione Musulmana ( [829] ). La tradizione Musulmana moderna vieta severamente di piangere i morti, diversamente dal Cristianesimo. Tuttavia, ci sono notizie di riti di lutto celebrati durante i funerali di Timur. Questo è ciò che V. V. Bartold ci dice nel suo articolo intitolato "La sepoltura di Timur" (Opere Raccolte). Mosca, 1964, volume 2, pagine 2, 442 e 454): "Ai principi e alle principesse era stato detto di non indossare l'abbigliamento da lutto, "come prescrivevano la tradizione Musulmana e il buon senso". Tuttavia, nonostante questa direttiva, si è scoperto che "le Zarine e i pochi Principi che le accompagnavano". . . avevano eseguito i riti di lutto comuni tra i nomadi, assistiti dalle principesse e da altre nobili donne. . . Anche i principi e i funzionari che erano in città erano in lutto, come i rappresentanti della religione islamica, come lo Sceicco Al-Islama AbdAl-Ewel. . . In questa occasione l'abito da lutto nero era indossato da tutti i cittadini e non solo dalle Zarine, dai principi e dai funzionari. . . A ciò era seguito lo stesso rito funebre compiuto per la veglia funebre del Sultano Maometto a Onik; Il tamburo da battaglia di Timur era stato trasportato dai partecipanti per la cerimonia; la pelle del tamburo era stata tagliata a brandelli per impedire al tamburo di servire un altro proprietario. . . Le decorazioni del mausoleo contraddicevano le leggi Islamiche e furono rimosse solo dopo l'arrivo di Shahroukh a Samarcanda... Shahroukh rispettava tutte le norme e i regolamenti Islamici in modo rigoroso e fu costretta a rimuovere le decorazioni pagane dal mausoleo di Timur" ( [829], pag. 493). Inoltre, questo è ciò che Bartold riporta nel suo studio sui documenti relativi al luogo di sepoltura di Timur: "Quanto sopra contraddice ciò che lo stesso autore riferisce altrove, vale a dire che la costruzione di una "tomba a forma di cupola" del Sultano Mehmet sia iniziata nel 1404 e che il corpo di Timur sia stato messo in un "edificio a forma di cupola per la sepoltura"; è più probabile che entrambe le fonti facciano riferimento alla stessa costruzione" ([829], pagg. 490-495). Tutto è perfettamente chiaro - perché i riferimenti vengono fatti a un unico edificio in quanto Timur e il Sultano Mehmet sono la stessa personalità storica.
17 . I COSTUMI DELLA CORTE DI TIMUR
Citiamo alcune testimonianze sulle cerimonie comuni e i vestiti indossati alla corte di Timur, il "selvaggio Asiatico".
"Il nipote dello Zar era vestito in modo lussuoso; il suo abbigliamento era di raso blu con ricami a forma di cerchi d’oro, con un cerchio sulla schiena, sul petto e su entrambe le maniche. Il suo cappello era abbellito da grosse perle e gemme, con in cima un rubino molto luminoso" ([829], pag. 322).
E’ facile riconoscere i vestiti in questione come l’abbigliamento cerimoniale dei re Russi, completo di ricamo a forma di cerchio e di una corona lussuosa che assomiglia al cosiddetto "cappello Monomaco".
Alcune rappresentazioni medievali degli Zar Russi dell'Orda li raffigurano vestiti in modo meno rituale; la parte più notevole di questo abbigliamento informale è il lungo cappello a forma di cono fatto di lana, qv nelle incisioni del secolo XVI sulle prime edizioni del libro di Herberstein, riprodotto ad esempio in [ 161 ].
Apprendiamo quanto segue riguardo a un altro elemento decorativo del copricapo indossato da Timur. G. Wambery scrive quanto segue nella sua "Storia del Bukhara" (Traduzione inglese pubblicata a San Pietroburgo nel 1873, vedi pagine 217-237): "L’abbigliamento cerimoniale di Timur era costituito da un’ampia tunica di seta, con un lungo cappello di lana conica decorato da un rubino oblungo in cima, perle e altre gemme. Indossava orecchini grandi e costosi, seguendo l'usanza Mongola" ([829], pagina 396). A proposito, la tradizione di indossare un orecchino è stata mantenuta in vita dai Cosacchi fino al XX secolo.
M. Ivanin naturalmente non può lasciare senza commento l’ovvia somiglianza tra le usanze della corte di Timur e quelle degli Zar Russi e disserta nel modo seguente: "È molto probabile che... le usanze cerimoniali. . . Fossero le stesse nel dominio di ogni Khan che discendesse da Genghis-Khan. Alcune di queste usanze dei principi Moscoviti sono state importate dall’Orda d’Oro ([829], pag. 436). Non c'è nulla di nuovo in queste informazioni. Tutti conoscono le origini "Mongole" delle usanze della Corte Moscovita. Tuttavia, la nostra idea di "Mongolia" che si identifica con la Russia e l’Orda, come anche con l’esercito regolare Cosacco dello Stato Russo, ci permette di avere un nuovo punto di vista su questo tema. Si scopre che le usanze degli "antichi “Mongoli" sono di origine Russa e parzialmente Bizantina. Per la maggior parte in Russia, sotto i Romanov, sono state dimenticate quando questi ultimi hanno cambiato radicalmente l'intero stile di vita Russo. Alcune usanze "Mongole" esistono ancora in Oriente; ci appaiono spesso tutt'altro che Russe, e il motivo è che ci hanno fatto dimenticare la nostra storia.
18 . TAMERLANO E IVAN III
La biografia di Tamerlano ha molte analogie con quella del Gran Principe Russo Ivan III, contemporaneo del Sultano Turco Mehmet (Maometto) II, conquistatore di Costantinopoli. Questi paralleli sono stati scoperti da M. G. Nikonova.
Va detto che le moderne fonti Russe rimangono assolutamente silenti sulla conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani = Ataman nel 1453. I pochi dati disponibili sulla reazione della Russia a questo evento indicano che molto probabilmente è stata positiva ([372]).
I Russi devono aver effettivamente partecipato all’assalto di Czar-Grad, visto che l'esercito Russo (l’Orda) era un alleato dell'esercito Ottomano "Mongolo" di quel periodo. Ricordiamo che le relazioni diplomatiche tra Mosca e Costantinopoli si erano interrotte 14 anni prima, e che il Metropolita Greco era stato costretto a fuggire dalla Russia.
E’ ovvio che non esistano documenti Russi che raccontino della conquista di Costantinopoli – in quanto devono essere stati distrutti dai primi Romanov nel XVII-XVIII secolo, e le ragioni non sono troppo difficili da capire. Quando i Romanov stavano per prendere parte alla "liberazione" di Costantinopoli dai Turchi, d’accordo con l'Occidente, il ricordo delle truppe Russe che aiutavano gli Ottomani nella conquista di Zar-Grad nel XV secolo doveva essere tutt'altro che gradito.
Tuttavia, l'epoca in cui gli Ottomani conquistarono Costantinopoli è proprio il tempo di Ivan III. Pertanto, devono esservi registrazioni biografiche parallele che riguardano lui e Mehmet = Maometto II = Tamerlano. L'esistenza di un collegamento tra Ivan III e Tamerlano (Mehmet II) è confermata indissolubilmente dai seguenti fatti.
a) Le interazioni diplomatiche tra Tamerlano e l'Europa Occidentale venivano condotte attraverso un personaggio misterioso conosciuto come "Arcivescovo Giovanni". Agiva come rappresentante di fatto di Tamerlano, interagendo con le monarchie dell’Europa Occidentale e occupandosi a suo nome della corrispondenza di Tamerlano ([829]).
b) La biografia di Genghis-Khan, che riflette in modo sostanziale quella di Tamerlano, presta molta attenzione alla figura di un certo "Vescovo Giovanni" o "Presbitero Giovanni", che era contemporaneamente sacerdote e leader di una potente nazione. Viene costantemente richiamato nelle cronache medievali. Tuttavia, gli storici non sono capaci di identificare con precisione questo personaggio. Ricordiamo inoltre che Batu-Khan, nipote di Genghis-Khan, può essere identificato come Ivan Kalita = Caliph. La vita di Ivan Kalita risale al XIV secolo, il che lo rende contemporaneo di Tamerlano.
Tuttavia, l'immagine di Ivan Kalita (Caliph) contiene anche la parte di uno strato successivo, che è tornato indietro a quest’epoca dal XV secolo a causa dello slittamento cronologico di 100 anni che caratterizza la storia Russa. Questo strato è costituito dai documenti del Gran Principe Ivan III, conosciuto anche come Ivan-Khan, qv sopra.
Questo ci porta ai seguenti collegamenti di duplicati; sono disposti in righe nella seguente tabella: Mehmet II Ivan Kalita = Tamerlano = Arcivescovo Giovanni = Caliph = Genghis-Khan = Presbitero Giovanni = Batu-Khan ("batya", "padre").
19 . CONCLUSIONI
Non insistiamo su tutto ciò che abbiamo detto precedentemente poiché la fase della nostra ricerca non è affatto definitiva. Tuttavia, esistono diversi punti focali di natura primaria, e non abbiamo motivo di dubitare della loro veridicità. Vi sono almeno sei punti:
1) L'identificazione di Yaroslav, padre di Alessandro Nevskiy, come Batu-Khan, conosciuto anche come Ivan Kalita (Caliph). Georgiy Danilovich, suo fratello maggiore, si identifica con Genghis-Khan mentre il Gran Principe Dmitriy Donskoi con Tokhtamysh-Khan.
2) La città chiamata nelle cronache Grande Novgorod è Yaroslavl sul fiume Volga.
3) Il campo di Kulikovo si identifica come il Kulishki a Mosca.
4) "Ivan il Terribile" è una "sovrapposizione" di diversi Zar.
5) Boris "Godunov" era figlio dello Zar Fyodor Ivanovich. È morto avvelenando in età relativamente precoce.
6) La storia Russa contiene un parallelismo dinastico, o uno slittamento di circa 410 anni. La storia iniziale della Russia è un riflesso fantasma o un duplicato della sua storia reale tra il 1350 e il 1600.
Queste sei dichiarazioni primarie derivano da indicazioni esplicite fornite da documenti medievali Russi. È sufficiente abbandonare la Procrusteana cronologia creata relativamente di recente da Scaligero, Miller e altri, venuti sulla loro scia, e promossa aggressivamente.
Il risultato principale della nostra ricerca è formulato nella sesta conclusione; si basa sull'applicazione di metodi empirico-statistici sviluppati da A. T. Fomenko e descritti in ChronI e Chron2.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
www.ancoraonline.it/2014/11/10/carlo-mag...-provincia-macerata/
La tomba di Carlo Magno non si troverebbe, come insegnano i libri di storia medievale, nella Cappella Palatina di Aachen in Germania, ma in Italia sotto la chiesa di San Claudio al Chienti nelle Marche in provincia di Macerata. Questa è la tesi di fondo di oltre venti anni di ricerche condotte dal salesiano don Giovanni Carnevale, professore di Latino, Greco e storia dell’arte, ed esperto di archeologia e storia medievale. Il volume “La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti”, pubblicato nel 1999 dall’editore Queen, rappresenta il cardine di questi studi. Richiamandosi a numerose fonti di epoca medievale, don Carnevale presenta quello che, a suo giudizio, sarebbe stato un clamoroso equivoco storico-archeologico, fornendo elementi che non sono prove inconfutabili, ma che meritano quantomeno di essere presi in considerazione. Aquisgrana, capitale dell’impero carolingio, non dovrebbe quindi essere identificata con Aachen, ma con una città fondata da Carlo Magno stesso nella valle del fiume Chienti, una “Nuova Roma” di cui oggi rimarrebbero solo rovine.
[...]
Da dove nasce allora l’equivoco storico? Don Carnevale attribuisce la colpa all’imperatore Federico I di Svevia, noto come il Barbarossa, che, per rilanciare l’immagine dell’Impero come autorità universale, avrebbe trafugato i resti di Carlo Magno da San Claudio, portandoli in Germania ad Aachen. Lì avrebbe fatto costruire quella che è passata alla storia come la Cappella Palatina (e che quindi risalirebbe al XII secolo), creando così il “mito” di Aachen come capitale carolingia.
[...]
È evidente che collocare la capitale dell’Impero di Carlo Magno in Italia significa alterare profondamente importanti vicende dell’Europa altomedievale. La “Nuova Roma” sarebbe finita in balia delle lotte fra i successori di Carlo ed entrata in contrasto con la Roma dei papi dove i pontefici stavano ponendo le basi per quello che sarebbe poi diventato lo Stato Pontificio. Avrebbe poi assunto di nuovo un ruolo da protagonista con gli imperatori della dinastia sassone Ottone I, Ottone II e Ottone III, salvo poi decadere in modo definitivo fino alla “Translatio Imperii” di Federico Barbarossa.
[...]
Il 2013 ha segnato una svolta importante: una serie di rilevazioni tramite georadar ha portato alla scoperta, sotto l’ingresso di San Claudio, di una cripta funeraria che corrisponde al luogo di sepoltura di Carlo Magno così come è descritto in numerosi testi medievali. I dati di questa rilevazione sono stati illustrati nel volume “Il ritrovamento della tomba e del corpo di Carlo Magno a San Claudio”
Inoltre... quanto tempo è passato tra la morte di Carlo e il ritrovamento del cadavere ad opera di Federico Barbarossa?
“...Entrammo da Carlo. Non era giacente come si usa coi corpi degli altri defunti ma seduto in trono come se fosse vivo. Aveva una corona in testa e teneva uno scettro nelle mani ricoperte da guanti che le unghie, crescendo, avevano forato. Il tugurium era coperto al di sopra da un’arcata di marmi e pietre...Ottone III lo rivestì subito con un drappo bianco, tagliò le unghie e fece pulizia intorno a lui. Le sue membra non si erano ancora putrefatte, solo la punta del naso era un po’ corrosa che [Ottone III] fece subito riparare con oro, e estrattogli un dente di bocca e richiusa l’apertura del piccolo tugurium si allontanò...”
www.thexplan.net/article/206/Seculum-Obscurum-rivelato-II/it
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
(Tradotto dal Prof. Giovanni Carnevale)
3) Gli iudices si astengano dal porre la nostra familia al proprio servizio, non li obblighino a corvées, a tagliar legna per loro o ad altri lavori né accettino alcun dono da essi, né cavallo, né bue, né maiale, né montone, né maialino da latte, né agnello, né altra cosa a meno che non si tratti di bottiglie, verdura, frutta, polli, uova
Questo passaggio ricorda le norme alimentari ebraiche, perché maiale e cavallo sono proibiti, pecora,capra emucca sono concessi, ma il testo del capitolare non dice "pecora", "capra" e "mucca", ma agnello, montone e bue, come a voler escludere proprio le femmine adulte di quelle specie, considerate kosher.
9) Vogliamo che ogni iudex tenga nel suo ministerio le misure dei moggi, dei sestari - e dei recipienti da otto sestari - e dei corbi, corrispondenti alle misure che abbiamo in Palatio.
Tutto il capitolare è rivolto agli "iudex", che evidentemente erano degli amministratori.
24) Rientra nei compiti di ciascun iudex quel che va fornito per la nostra mensa; e quanto fornirà sia buono e di ottima qualità, ben preparato, con cura e pulizia.
Quindi gli iudex si occupavano delle offerte al signore...
25) Ai primi di settembre facciano sapere se si organizzano o no pascoli collettivi.
L'anno ebraico inizia in settembre.
27) Le nostre case abbiano sempre il fuoco acceso e siano sorvegliate per garantirne la sicurezza.
Nell'antica Roma, le vergini vestali avevano il compito di tenere sempre acceso il fuoco, nel tempio di Vesta.
28) Vogliamo che ogni anno, durante la quaresima, nella domenica delle palme detta osanna, facciano recapitare, come prescritto, il ricavato delle nostre coltivazioni, dopo che ci avranno fatto conoscere per l'anno in corso a quantoammonta la produzione.
Quindi "osanna" era il termine per indicare un periodo dell'anno...
35) Vogliamo che si utilizzi la sugna delle pecore grasse e dei maiali, inoltre villa vi siano dei buoi ben ingrassati o per farne sugna sul posto o perché siano consegnati a noi.
66) Ci rendano conto delle capre, dei becchi e delle loro corna e pelli e ogni anno ci riforniscano con le loro carni grasse salate.
Dove avete già sentito questa storia?
50) l nostri ginecei siano ben strutturati, con alloggi, ambienti riscaldati, locali in cui le donne possano trascorrere le serate invernali; siano circondati da steccati ben saldi e muniti di solide porte, in modo che con tranquillità lavorino per noi.
Quindi al tempo di Carlo Magno esistevano alloggi riservati alle donne chiamati "ginecei", come nell'antica Grecia.
63) Ciascun iudex, ogni anno per Natale ci sottoponga un elenco particolareggiato, chiaro e completo, che precisi l'ammontare complessivo e particolareggiato di quanto vien prodotto dal lavoro
... magari col tempo cominciarono ad elencare anche i beni di cui avevano bisogno...
21) Ciascun iudex tenga dei vivai di pesci là dove prima già c'erano e, se possono essere ampliati, li ampli; dove prima non c'erano, ma possono esserci, ne crei di nuovi.
66) l pesci dei nostri vivai siano venduti e sostituiti con altri, in modo che ci siano sempre dei pesci; tuttavia quando noi non veniamo nelle villae siano venduti e gli iudices destinino il ricavato a nostro profitto.
... ma allora a cosa servivano i pesci?
70) Vogliamo che nell'orto sia coltivata ogni possibile pianta: il giglio, le rose, la trigonella, la balsamita, la salvia [...] Quanto agli alberi, vogliamo ci siano frutteti di vario genere: meli cotogni, noccioli, mandorli, gelsi, lauri, pini, fichi, noci, ciliegi di vari tipi. Nomi di mela: gozmaringa, geroldinga, crevedella, spiranca, dolci, acri, tutte quelle di lunga durata e quelle da consumare subito e le primaticce. Tre o quattro tipi
di pere a lunga durata, quelle dolci, quelle da cuocere, le tardive.
Lauri? Che genere di frutto fa il lauro? A quale pianta si riferiva davvero questo termine? E i pini? Li annovera tra gli alberi da frutto solo per i pinoli? O forse questo termine si riferiva a qualcos'altro?
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Contenuto: i franchi erano originari delle Marche e non erano un popolo; la geografia italica è stata trasferita a nord.
Praticamente la stessa cosa che hanno notato gli ultra-revisionisti russi:
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La Storia: Finzione o Scienza?
Cronologia 4
di Anatoli Fomenko
CAPITOLO 12
La guerra del 1773-1775 combattuta tra i Romanov e Pougachev come l'ultima guerra contro l’Orda.
La divisione degli ultimi territori tra i Romanov e i nascenti Stati Uniti d'America
1. LA CARTA DEL MONDO COME VIENE RAPPRESENTATO DAGLI AUTORI DELL'ENCICLOPEDIA BRITANNICA ALLA FINE DEL XVIII SECOLO
1.1 La carta dell'Europa come appare in una copia dell'Enciclopedia Britannica del 1771
La prima sezione di questo capitolo è composta principalmente da materiali e osservazioni che sono stati gentilmente portati alla nostra attenzione dai nostri lettori; si spiegano bene con la nostra ricostruzione.
Diamo un’occhiata all’edizione fondamentale dell’Enciclopedia Britannica che data alla fine del XVIII secolo ([1118]). Fu pubblicata nel 1771, consiste di tre grandi volumi e rappresenta la più completa raccolta di dati dai vari campi scientifici del tempo. È opportuno chiarire che la pubblicazione in questione può essere vista come l’apice delle conoscenze scientifiche del XVIII secolo. Guardiamo nella sezione geografica dell’enciclopedia. Tra le altre cose contiene cinque carte geografiche (dell’Europa, Asia, Africa, Nord America e Sud America, qv in Figg. 12.1-12.5). Queste carte geografiche sono state compilate con la massima cura, sono stati accuratamente dipinti i continenti, i fiumi, i mari, etc. Vediamo molte grandi città e paesi – gli autori della Britannica possedevano dettagliate conoscenze della
Fig. 12.1. Una mappa dell'Europa dell'Enciclopedia Britannica (edizione del XVIII secolo). Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683. Plate LXXXVIII.
12.2. Una mappa dell'Asia dell'Enciclopedia Britannica (edizione del XVIII secolo). Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683. Plate LXXXIX.
piuttosto esoterica geografia Sudamericana (vedi fig. 12.5). Vediamo il Rio delle Amazzoni per esempio che scorre nella giungla selvaggia; arrivare lì deve essere costato parecchia fatica ai cartografi. Uno può aspettarsi tranquillamente che gli autori dell’enciclopedia avessero familiarità anche maggiore con la carta dell’Europa.
Che vediamo sulla carta geografica dell’Europa? Prima di tutto diamo un’occhiata alla posizione di Novgorod sulla carta geografica della Russia. Si scopre che non esiste questa città nei pressi del fiume Volkhov cioè dove gli storici collocano la Grande Novgorod oggi. Possiamo vedere la vicina città di Pskov, il Lago Ladoga e il Fiume Volkhov. Possiamo vedere anche S. Pietroburgo. Comunque la Grande Novgorod non si trova. È noto che dovrebbe trovarsi sulle rive del Lago Ilmen. Il lago è lì ma non c’è la città. Qualcuno potrebbe suggerire che la carta geografica non avesse abbastanza spazio per contenere il nome “Grande Novgorod” -in realtà c’è più che sufficiente spazio, come si può vedere dagli ingrandimenti in Figg. 12.6 e 12.7. Manca persino il cerchietto che potrebbe rappresentare la città sulle rive del Lago Ilmen. I cartografi della Britannica non erano a conoscenza nel XVIII secolo di città significative da quelle parti.
Comunque, la città certamente meno famosa di Novgorod-Severskiy è accuratamente rappresentata sulla carta geografica come Novgorod ed è proprio dove uno dovrebbe aspettarsi di trovarla – a Sud di Smolensk (vedi Figg. 12.6 e 12.7). Questa città esiste a tutt’oggi. Esattamente nello stesso posto. Possiamo perciò pensare che i cartografi dell’Enciclopedia Britannica fossero ben consci della geografia della Russia. E tuttavia non furono capaci di localizzare nessuna Grande Novgorod sul fiume Volkhov.
Siamo dell’opinione che questo implichi una e una sola cosa. Alla fine del XVIII secolo non c’era niente di vagamente somigliante a una grande città vicino al Lago Ilmen – niente tranne pochi monasteri e distanti villaggi. Una città più o meno grande fu fondata nel tardo XVIII secolo – primi del XIX secolo e più tardi venne dichiarata “la stessa Grande Novgorod citata nelle cronache”
Fig. 12.3. Una mappa dell'Africa dell'Enciclopedia Britannica (edizione del XVIII secolo). Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683. Plate XC.
Studiamo ora la Terra Santa, o le vicinanze di Gerusalemme come sono rappresentate sulla carta geografica. L’espressione precisa “Terra Santa” può essere trovata dove uno si aspetta di trovarla oggi, sulle coste Orientali del Mediterraneo, qv in fig. 12.1. Però la città di Gerusalemme non è indicata in nessun modo a differenza di altre città meno famose come Gaza e Aleppo e le “antiche” Tiro e Sidone. Gerusalemme, stranamente, è assente; inoltre non possiamo trovare nemmeno il Fiume Giordano né il famoso Mar Morto. (vedi l’ingrandimento in fig. 12.. Ancora una volta la “mancanza di spazio” non può servire come valido argomento; c’è abbondanza di spazio sulla carta geografica.
Tutto questo è abbastanza strano dal punto di vista della storiografia Scaligeriana. La nostra ricostruzione lo rende invece perfettamente ovvio. L’Enciclopedia Britannica del 1771 fu pubblicata prima della campagna d’Egitto di Napoleone e i nomi Biblici apparvero solo successivamente (furono introdotti all’inizio del XIX secolo). Agli Europei Occidentali dei primi del XIX secolo quei nomi erano sconosciuti. Questo è piuttosto strano dal punto di vista Scaligeriano poiché ci viene detto che questi luoghi erano stati la destinazione di numerose crociate nel XI-XIV secolo e che i crociati Europei aveano visitato questi posti molte volte, come molti visitatori colti Europei. Ci sono dettagliate descrizioni di questi luoghi in numerosi diari e anche cronache scritte da viaggiatori Europei. I dintorni di “Gerusalemme nel Medio Oriente” si presume fossero ben conosciuti agli Occidentali insieme alle caratteristiche geografiche ecc. La localizzazione dei paesi e delle città nella Terra Santa – Gerusalemme in particolare – dovevano essere conosciuti perfettamente. Questo è ovvio. In ogni caso siamo testimoni che nulla di tutto ciò è avvenuto prima della fine del XVIII secolo. Gli autori dell’Enciclopedia Britannica non sapevano granché della Terra Santa sulle coste Orientali del Mediterraneo. Questo è facile da capire secondo la nostra ricostruzione. I “luoghi Biblici” hanno semplicemente sostituito i piccoli insediamenti Arabi della moderna Palestina dopo la campagna di Napoleone del XIX secolo (vedi CHRON6). Questa cartina dell’Enciclopedia Britannica evidenzia come nessun Europeo avesse visitato queste parti prima del XVIII secolo e i veri crociati avevano evidentemente preso itinerari differenti per destinazioni diverse. La prima campagna militare degli Occidentali da queste parti fu la spedizione di Napoleone.
Fig. 12.4. Mappa dell'America settentrionale dell'Enciclopedia Britannica (edizione del XVIII secolo). Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683. Plate XCI.
1.2. La carta geografica dell’Asia come viene rappresentata in una copia dell’Enciclopedia Britannica del 1771
Consideriamo la successiva carta dell’Enciclopedia (vedi fig. 12.2). È una carta dell’Asia, in particolare la Terra Santa nella moderna Palestina. Possiamo vedere Gerusalemme; eppure non c’è né il Mar Morto né il Fiume Giordano da nessuna parte (vedi fig. 12.9). È perfettamente chiaro che i compilatori di questa carta geografica conoscevano la geografia di questa parte del Medio Oriente piuttosto male. Facciamo anche caso al fatto che il sud della Siberia è diviso in Tartaria Indipendente all’Ovest e Tartaria Cinese all’Est. Quest'ultima confina con la Cina, qv in fig. 12.2. Torneremo su questo più avanti.
1.3. La carta geografica dell’Africa come viene rappresentata in una copia dell’Enciclopedia Britannica del 1771
Consideriamo la carta dell’Africa dalla stessa edizione dell’Enciclopedia ( [1118] ). Quello che immediatamente attrae la nostra attenzione è il fatto che tutto il Sud dell’Oceano Atlantico sia chiamato “Oceano Etiopico”; comunque la moderna Etiopia è chiamata Abissinia laddove il nome Etiopia copre l’Equatore. L’oceano che separa l’Africa dal Sud America è chiamato Oceano Etiopico. Si ha l’impressione che il nome Etiopia significhi qualcosa di radicalmente differente dalla moderna Etiopia. Ci chiediamo se il nome Etiopia fosse applicato anche all’America del Sud. Questo spiegherebbe perché il Sud dell'Atlantico sia chiamato Oceano Etiopico. Il nome America può essere di origine più recente, non prima del XVII secolo qv in CHRON6.
Fig. 12.5. Una mappa dell'America del Sud dell'Enciclopedia Britannica (edizione del XVIII secolo). Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683. Plate XCII.
Segnaliamo che la tavola geografica da [1118], Volume 2, pag. 683 mostra l’Etiopia come un paese Africano, e ci dice anche la sua area – piuttosto estesa, che ammonta a 1.200.000 miglia quadrate più o meno come la Cina sulla stessa tavola. Comunque è piuttosto strano che gli autori dell'Enciclopedia Britannica non sappiano né il nome della capitale Etiopica, né la sua disposizione geografica rispetto a Londra; le corrispondenti celle della tabella sono lasciate vuote. Possiamo vedere chiaramente che gli Europei del XVIII secolo avevano dei problemi con l’Etiopia.
Vediamo altri nomi interessanti sulla carta geografica dell’Africa – per esempio la città di Girge sul Nilo (a Sud del Cairo, qv in fig. 12.10). Il nome dev’essere un’altra versione di Georgia. La stessa città Africana è chiamata Iirje sulla carta dell’Asia (fig. 12.9). Il nome è probabilmente un derivato di “Youri”. Oggi troviamo qui le “incredibilmente antiche” Luxor e Tebe, la cui età si misura in molti millenni, relitti del potere supremo dei Faraoni. E persino le carte geografiche moderne hanno la città e l’oasi di Harga disegnata a 200 chilometri a Ovest di Luxor – anch’essa un possibile derivato da “Gyurgiy” o “Youri”.
Ci sono molti altri nomi sorprendenti nelle carte dell’Africa del XVIII secolo. Vediamo il nome Gorham più a Sud, a ovest delle sorgenti del Nilo, e il nome Gaoga proprio lì vicino (ripetuto due volte). I due possono significare Gourkhan (Georgiy-Khan) e Gog, o Goga – altre versioni dello stesso nome, Georgiy (fig. 12.10). Nelle carte geografiche moderne dell’Africa non si trovano più questi nomi. Comunque erano lì ancora nel XVIII secolo.
In questa regione si incontrano molte tracce del fatto che sia stata parte del Grande Impero “Mongolo” fondato nel XIV secolo dal personaggio storico conosciuto come San Giorgio o Gengis-Khan.
1.4. La carta del Nord America come viene rappresentata in una copia dell’Enciclopedia Britannica del 1771
Fig. 12.6. Frammento di una mappa dell'Europa del XVIII secolo che mostra la parte occidentale della Russia. Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683. Plate LXXXVIII.
La cosa più importante di questa carta geografica è il fatto che non contiene informazioni sul Nord-Ovest del continente Americano e sulla sua geografia. (vedi fig. 12.4). Questa parte è quella adiacente alla Russia; in particolare troviamo l’Alaska. Vediamo che gli Europei non erano a conoscenza di queste terre alla fine del XVIII secolo, sebbene le altre parti del Nord America fossero già ben conosciute. La spiegazione che offriamo con la nostra ricostruzione è che i territori in questione appartenevano ancora alla Russia, o all’Orda, ed erano ancora indipendenti dai Romanov. L’Alaska Russa era l’ultima parte di queste terre nel XIX-XX secolo. Comunque, secondo la carta, i resti del Grande Impero "Mongolo" coprivano una parte ancora maggiore di questa terra nel XVIII secolo, incluso tutto il moderno Canada fino all’Ovest dalla Baia di Hudson e una parte del Nord degli Stati Uniti (vedi fig. 12.4) . In ogni modo il nome Canada (o “Nuova Francia”, come è scritto sulla mappa) è presente anche sulla carta del XVIII secolo del Nord America. Però si applica solo alle zone intorno ai Grandi Laghi nel Sud-Est del moderno Canada - a una parte più piccola di quest’ultimo in altre parole (vedi fig. 12.4).
Se queste zone fossero state davvero abitate da “tribù selvagge di Nativi Americani”, come cercano di convincerci i moderni storici, questi territori ricchi di ogni risorsa naturale avrebbero difficilmente potuto rimanere ancora sconosciuti ai cartografi Europei della fine del XVIII secolo. Le tribù di Nativi Americani avrebbero potuto fermare le navi Europee e impedirgli la navigazione nelle acque costiere del Nord-Ovest del continente Americano al fine di disegnare la lunga linea di costa? Sembra improbabile; siamo dell’opinione che questi territori fossero ancora occupati da una forte nazione, gli ultimi resti dell’enorme Orda, o Russia, che avevano semplicemente resistito ai tentativi degli stranieri di penetrare i suoi confini. Come anche il Giappone dell’epoca.
Fig. 12.7. Frammento di una mappa dell'Europa del XVIII secolo in cui vediamo le zone del fiume Volkhov. Non vediamo da nessuna parte la città di Novgorod; tuttavia, esiste un Novgorod a sud di Smolensk — la famosa città di NovgorodSeverskiy, che esiste fino ad oggi. Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683. Plate LXXXVIII.
1.5. La Tartaria Moscovita del XVIII secolo con la sua capitale Tobolsk
La sezione “Geografia” dell’Enciclopedia Britannica del 1771 si conclude con una tabella con la lista di tutti i paesi conosciuti agli autori, indicando l’area, la capitale, da distanza da Londra e le rispettive zone temporali ([1118], pagg. 682-684; vedi Figg. 12.11 e 12.12).
Sorprende ed è degno di nota che gli autori sembrino percepire l’Impero Russo come la somma di diversi paesi e cioè la Russia, con capitale a San Pietroburgo e un’area di 1.103.458 miglia quadrate e la Tartaria Moscovita con capitale a Tobolsk e tre volte più grande con 3.050.000 miglia quadrate ([1118], Volume 2, pag. 683; vedi fig. 12.13).
Fig. 12.8. Frammento di una mappa dell'Europa del XVIII secolo con la Terra Santa. Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683. Plate LXXXVIII.
La Tartaria Moscovita è il più grande paese al mondo secondo l’Enciclopedia Britannica. Tutti gli altri paesi sono almeno tre volte più piccoli. Inoltre vediamo che la Tartaria Indipendente ha capitale a Samarcanda ([1118], Volume 2, pag. 683), e la Tartaria Cinese a Chinuan. Le loro rispettive aeree sono 778.290 e 644.000 miglia quadrate.
Cosa potrebbe indicare tutto ciò? Potrebbe significare che l’intera Siberia era rimasta indipendente dai Romanov fino alla sconfitta di Pougachev nel 1775? Effettivamente sembrano esserci diversi stati indipendenti qui, il più grande con capitale nella città Siberiana di Tobolsk. In questo caso la famosa guerra contro Pougachev non sarebbe stata una serie di azioni punitive dirette contro una “rivolta di contadini” spontanea come ci raccontano gli storici moderni Evidentemente i Romanov stavano combattendo una guerra reale contro l’ultimo regno dell’Orda ancora indipendente. A Est dell’Impero Russo. I Romanov non avevano accesso alla Siberia prima di vincere la guerra contro Pougachev; l’Orda evidentemente difendeva bene i suoi confini.
Fig. 12.9. Frammento di una mappa asiatica del XVIII secolo con la Terra Santa. Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683.
Plate LXXXIX.
A proposito, è a questo punto che i Romanov hanno cominciato a disegnare i nomi delle provincie del Grande Impero “Mongolo” sulle carte geografiche Russe, come Perm e Vyatka, a noi già molto familiari dall’antica storia Russa (vedi Chron4, Capitolo 14:20): La Perm Medievale che si può identificare con la Germania e la Medievale Vyatka che si trovava invece in Italia (il nome Vaticano è un possibile derivato - cf. Batu-Khan). Questi nomi delle antiche provincie Medievali era anche presenti sugli stemmi medievali Russi. Comunque, dopo il collasso dell’Impero, i Romanov cominciarono a distorcere e riscrivere la storia della Russia. Uno degli obiettivi era rimuovere quei nomi dalla geografia dell’Europa Occidentale e spostarli in qualche distante provincia dell’Est. Questo fu fatto immediatamente dopo la vittoria su Pougachev. Come abbiamo dimostrato i Romanov cominciarono a cambiare gli stemmi delle città Russe nella seconda metà del XVIII secolo – l’anno 1781 in particolare (vedi in Chron4, Capitolo 10:2 e Chron4, Capitolo 14:20). Questi cambiamenti furono promossi sei anni dopo la vittoria su Pougachev – l’ultimo Zar indipendente dell’Orda, o il capo militare della Tartaria Moscovita con capitale nella Siberiana Tobolsk.
Fig. 12.10. Frammento di una mappa dell'Africa del XVIII secolo con le aree del Nilo. Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683. Plate XC.
2. LA GUERRA CONTRO POUGACHEV COME ULTIMA GUERRA CONTRO L’ORDA.
La Tartaria Moscovita divisa tra i Romanov e gli Stati Uniti, che ne rivendicano i primi la Siberia e i secondi metà del continente Nord Americano
La nascita degli USA nel 1776
2.1. La grande spartizione e il suo occultamento dalla storia
2.1.1. La Tartaria Moscovita
Più sopra abbiamo ricordato l’affermazione fatta dall’Enciclopedia Britannica nel 1771 che oggi ci sembra molto strana e cioè che, alla fine del XVIII secolo, quasi tutta la Siberia costituisse una stato indipendente con capitale in Tobolsk ([11 18], Volume 2, pagg 682-684; vedi anche Figg. 12.15 e 12.16).
Fig. 12.11-12.12. Una tabella dei paesi e delle loro capitali (are, nome della capitale, distanza da Londra e differenze longitudinali. Enciclopedia Britannica, XVIII secolo. Tratto da [1118], volume 2, pagina 683.
Possiamo vedere che la Tartaria Moscovita inizia vicino alla metà del Volga, o Nizhniy Novgorod; Mosca stava vicino al confine della Tartaria Moscovita. La capitale di quest’ultima era Tobolsk, il cui nome è sottolineato e scritto “Tobol” - molto simile alla versione Biblica di Thubal, come in “Rosh, Meshech e Thubal”, (Ross, Mosca e Tobol, qv sopra). Cosa può essere diventato questo enorme stato? Questa domanda ci porta a notare una gran mole di fatti che indicano l’esistenza di una enorme nazione indipendente fino alla fine del XVIII secolo e porta a nuove interpretazioni di molti ulteriori fatti storici.
Questa nazione fu cancellata dalla storia del mondo agli inizi del XIX secolo, come non fosse mai esistita. Secondo le carte geografiche del XVIII secolo, la Tartaria Moscovita era rimasta fuori dalla portata degli Europei per la maggior parte. Comunque la situazione cambia alla fine del XVIII secolo. Uno studio delle carte geografiche dell’epoca ci dice della rapida conquista di queste terre che iniziò in quel periodo: Procedendo da due opposte direzioni contemporaneamente – l’esercito dei Romanov entrò nella Russia Siberiana, che era appartenuta all’Orda fino al Lontano Oriente mentre l’esercito degli Stati Uniti aveva accesso alla parte del Nord America del Nord-Ovest che era anch’essa appartenuta all’Orda fino a quell’epoca. Questa parte era enorme – dalla California nel Sud-Ovest fino a metà del continente a Est. La vasta “terra incognita” scomparve dalle carte del mondo nello stesso periodo in cui “Grande Tartaria” e “Tartaria Moscovita” scomparivano dalle carte della Siberia.
Cosa accadde alla fine del XVII secolo? Quello che scopriamo della storia della Russia (dell’Orda) ci restituisce una risposta a sufficienza chiara. L’ultimo conflitto militare tra l’Europa e l’Orda può essere datato al termine del XVIII secolo; i Romanov si alleano con l’Europa Occidentale. Questo ci dà un nuovo punto di vista sulla “rivolta di contadini e dei Cosacchi condotti da Pougachev” del 1773-1775.
2.1.2. La guerra tra i Romanov e “Pougachev” come guerra contro l’enorme Tartaria Moscovita
Evidentemente la famosa guerra contro Pougachev del 1773-1775 non era una serie di azioni punitive contro una “rivolta di Cosacchi e contadini” come ci raccontano oggi. È stata una guerra reale combattuta dai Romanov contro l’ultimo stato Cosacco indipendente della Russia – la Tartaria Moscovita, la cui capitale stava nella città Siberiana di Tobolsk, secondo l’edizione del 1771 dell’Enciclopedia Britannica. Per fortuna questa particolare edizione dell’Enciclopedia precede la guerra contro Pougachev di appena due anni; se la pubblicazione fosse stata ritardata di due o tre anni, sarebbe stato molto più difficile ottenere informazioni veritiere su questa questione al giorno d’oggi.
Fig. 12.13. Frammento della tabella che elenca le Tartarie e le loro capitali.. Enciclopedia Britannica, XVIII secolo. Tratto da [1118], volume 2, pagina 683.
Appare così che i Romanov ebbero accesso ai vasti territori della Siberia solo dopo la vittoria nella guerra contro Pougachev o Tobolsk (riflessa nella Bibbia come Thubal). L’Orda gli aveva precedentemente precluso ogni accesso.
Gli Stati Uniti non avevano avuto accesso alla parte Occidentale del continente Nord Americano prima di questo momento e iniziarono a colonizzarlo più rapidamente che potevano. I Romanov devono aver condotto anch’essi un’attiva espansione, poiché cercarono di insediarsi in Alaska , vicina alla Siberia. Mantenerla si dimostrò però impossibile e così furono costretti a passarla agli Americani per un pagamento simbolico. I Romanov erano stati incapaci di governare i grandi territori oltre lo Stretto di Bering; si deve immaginare che la popolazione Russa del Nord America sia stata lealmente anti-Romanoviana guardando ai Romanov come invasori Occidentali che avevano conquistato la loro terra, la Tartaria Moscovita.
Così finì la ripartizione della Tartaria Moscovita – nel XIX secolo. È affascinante come questo “banchetto dei vincitori” non sia mai passato sui libri di storia a dispetto del fatto che abbiamo piena evidenza che la divisone in questione ha avuto davvero luogo come racconteremo al lettore più avanti.
Fig. 12.14. Mappa francese dell'Eurasia che risale al XVIII secolo. In questa mappa la Tartaria Moscovita inizia dal centro del Volga, proprio accanto a Nizhniy Novgorod. Tratto da [1018].
In ogni caso l’Enciclopedia Britannica riporta l’esistenza di un altro stato “Tartaro” nel XVIII secolo – La Tartaria Indipendente con capitale Samarcanda ([1118], Volume 2, pagg. 682-684). Come vedremo, si tratta di un altro resto dell’Orda che esisteva come singolo impero nel XIV-XVI secolo. Il destino di questo stato è conosciuto, a differenza di quello della Tartaria Moscovita – i Romanov lo conquistarono a metà del XIX secolo. Ci riferiamo alla cosiddetta “Conquista dell’Asia Centrale”così come viene evasivamente chiamata nei manuali. La conquista fu molto violenta e il nome Tartaria Indipendente scomparve dalle carte per sempre. Oggi è nota a noi sotto la neutrale definizione di “Asia Centrale”. Samarcanda, la capitale della Tartaria Indipendente fu presa dalle truppe dei Romanov nel 1868 ([183] , Volume 3, pag. 309). L’intera guerra durò quattro anni (1864-1868).
2.2. Nord America sulle mappe del XVII-XVIII secolo. Gli europei erano rimasti all'oscuro della geografia dell'America Occidentale e del Sud - Ovest fino alla sconfitta di "Pougachev". La gigantesca terra incognita e la natura "insulare" della penisola Californiana.
Torniamo all’epoca del XVIII secolo e consideriamo la rappresentazione del Nord America e della Siberia sulle carte del XVIII secolo, prima della sconfitta di Pougachev nel 1773-1775. Si scopre che le parti Occidentali del continente Nord Americano sono totalmente assenti dalle carte. La geografia del Nord Ovest Americano era un mistero per i cartografi dell’epoca – non sapevano nemmeno se ci fosse o no uno stretto tra il continente Americano e la Siberia. È davvero molto strano che il governo Americano non abbia mostrato alcun interesse sui territori vicini fino alla fine del XVIII, inizio del XIX secolo, quando quando all’improvviso sviluppò un grande interesse e iniziò la rapida colonizzazione. Probabilmente questo è dovuto al fatto che il territorio in questione era diventato legalmente “terra di nessuno” e fosse necessario colonizzarlo il più velocemente possibile visto che i Romanov facevano lo stesso partendo dall’Ovest.
Diamo nuovamente un’occhiata alle carte del Nord America, incominciando con la carta dell’Enciclopedia Britannica del 1771 considerata la più avanzata della scienza geografica dell’epoca. Ancora una volta bisogna ricordare che stiamo parlando della fine del XVIII secolo, l’epoca immediatamente precedente alla guerra contro Pougachev. La carta completa è presentata in fig. 12.4.
Fig. 12.17 c’è un ingrandimento nel quale possiamo vedere l’intero Nord Ovest dell’America rappresentato come un grande spazio vuoto vicino all’oceano — la linea della costa è totalmente assente. Questo può significare solo che nessuna nave Europea si è avvicinata a queste coste prima del 1771; un singolo viaggio sarebbe stato sufficiente ai cartografi per avere un’idea anche solo rozza di come apparisse la costa. Eppure ci viene detto che l’Alaska Russa apparteneva ai Romanov in quel tempo. Se fosse così le carte Europee avrebbero naturalmente mostrato la linea di costa del Nord-Ovest Americano. Vediamo invece la dicitura “Parti non conosciute”, qv in fig. 12.17.
Diamo un'occhiata a un’altra carta Inglese, questa pubblicata precedentemente, nel 1720 o più tardi e compilata a Londra ([1160], pagg. 170-171; vedi fig. 12.18).
Ancora una volta vediamo una larga parte del continente Nord Americano disegnato come uno spazio vuoto con la legenda “parti non conosciute”. Si nota come questa carta dipinga la penisola della California come un’isola il che significa che l’Orda all’inizio del XVIII secolo – prima della “rivolta di Pougachev” aveva proibito agli Europei l’ingresso in questa parte del mondo.
Vediamo lo stesso con una carta Francese del 1688 (vedi fig. 12.19).
La penisola della California è disegnata ancora – erroneamente - sbagliando come un’isola. Cosa può significare questo? Una cosa semplice – la linea di costa del Nord America era ancora ignota per gli Europei; a loro veniva vietato l’accesso a queste terre, da cui la loro ignoranza del fatto che la penisola si unisca al continente da qualche parte più a Nord.
Fig. 12.15. Primo frammento della mappa francese del XVIII secolo. Tratto da [1018].
Un altro esempio può essere visto in fig. 12.20-12.21.
La carta geografica in questione è di origine Francese ed è al massimo del 1656 (vedi [1160], pagg. 152 e 153). Ancora vediamo lo stesso errore – la California disegnata come un’isola e l’intero Nord-Ovest è uno spazio vuoto.
Continuiamo. In Figg. 12.22 e 12.23 vediamo una carta Francese del 1634. Ancora una volta il Nord-Ovest Americano e vuoto e la California è rappresentata erroneamente come un’isola.
Si potrebbe continuare così – c’erano troppe carte disegnate così nel XVII-XVIII secolo. Si potrebbe arrivare alla seguente conclusione: le parti Occidentali del continente Nord Americano (prima della guerra con Pougachev nel 1773-1775) appartenevano alla Tartaria Moscovita, con capitale Tobolsk. Agli Europei non era consentito l’accesso. Questa circostanza si rifletteva sulle carte dell’epoca e quindi troviamo un enorme spazio vuoto e la fantasiosa isola di California di cui era nota solo la parte meridionale. Inizialmente il nome stesso “California” potrebbe aver significato “la terra del Califfo”. Ricordiamo al lettore che secondo la nostra ricostruzione Batu-Khan, il grande conquistatore conosciuto anche come Ivan Calita (Caliph) era stato il primo Califfo della Russia e dell’Orda. E uno dei fondatori del Grande “Impero “Mongolo”.
Ricordiamo che anche il Giappone medievale ebbe un comportamento analogo alla Tartaria Moscovita – essendo anche lui parte del Grande Impero ”Mongolo”. Anche il Giappone ha rifiutato l’ingresso agli stranieri fino al 1860 il che era probabilmente il risultato della politica generale dei regnanti locali. Gli Zar, o Khan di questi stati “Mongoli”, ultimi resti dell’Orda erano ostili nei confronti degli Europei, nemici del defunto Grande Impero, col quale probabilmente si identificavano ancora. Pare che ci fossero stretti legami tra il Giappone e la Tartaria Moscovita fino al XVIII secolo. Il Giappone si segregò dopo la decomposizione della Tartaria Moscovita nel 1773-1775 (la sconfitta di Pougachev).
Gli Europei (gli Olandesi) e gli Americani hanno fatto in modo di forzare il loro ingresso in Giappone alla fine del XIX secolo; l’onda del “progressivo processo di liberazione” ha raggiunto queste parti solo in quest’epoca.
Fig. 12.16. Secondo frammento della mappa francese del XVIII secolo. Tratto da [1018].
2.3. L'America del Nord sulle mappe risalenti presumibilmente al XV secolo XVI. Queste ultime contengono informazioni più corrette sull'America di quelle che si presumono successive
Ritorniamo alle carte dell’America – questa volta quelle datate al presunto XV-XVI secolo per vedere come i cartografi Europei del presunto XVI secolo hanno dipinto lo stesso Nord America. Uno potrebbe aspettarsi che la loro conoscenza dell’America in generale, lasciamo stare il continente Nord Americano, fosse ancora peggiore. E invece non è così - si ha l’impressione che i cartografi Europei del presunto XVI secolo possedessero conoscenze maggiori del Nord America e della sua geografia che non i loro colleghi del XVII-XVIII secolo. Questa sorprendente conoscenza non è in alcun modo registrata sulle rare carte individuali che saltavano fuori in anticipo sul loro tempo e poi cadevano poco dopo nell’oblio. Succede che le famose carte geografiche di Abraham Ortelius e Gerhard Mercator datate al presunto XVI secolo e usate largamente nei 200 anni successivi, secondo gli storici, dipingono l’America in modo perfetto.
Queste carte geografiche sono ben note, le presentiamo nelle figg. 12.24-12.27.
Come possiamo vedere le carte del XVI secolo sono molto meglio di quelle del XVIII secolo e molto più precise. Sono persino migliori della carta dell’Enciclopedia Britannica del 1771! Com’è possibile che gli autori dell’Enciclopedia siano diventati così ignoranti considerando le eccellenti carte pubblicate precedentemente nel XVI secolo? Ricordiamo che sia Ortelius che Mercatore hanno disegnato la California correttamente, come una penisola. Vediamo lo stesso nella carta di Ondius, del presunto 1606. La California appare disegnata correttamente (vedi Figg. 12.28 e 12.29).
È implicito che Ondius possedesse già una migliore conoscenza della geografia del Nord America all’inizio del XVII secolo. Non aveva dubbi sul fatto che la California fosse una penisola, e disegna lo Stretto di Bering correttamente. Conosce molte grandi e piccole città e molti luoghi in tutta la costa Ovest del Nord America senza spazi vuoti! E questo nel presunto anno 1606.
Ci dicono che i cartografi Europei dimenticheranno tutti i dati di cui sopra 100 anni dopo, nel XVII-XVIII secolo e si metteranno in testa una moltitudine di concezioni sbagliate come quella del paese insulare di California. Tutto ciò non è sospetto?
Fig. 12.17. Ingrandimento di un frammento della mappa dell'edizione 1771 dell'Enciclopedia Britannica con il Nord America. Vediamo un'enorme macchia bianca che copre la maggior parte del continente Nord-Americano. Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683. Plate XCI.
Inoltre, Ortelius, Mercatore, Ondius e molti altri cartografi del presunto XVI – inizio del XVII secolo conoscevano già separatamente lo stretto che separava l’America dall’Asia mentre i colti storici ci raccontano che i tardi cartografi del XVII-XVIII secolo persero le conoscenze di questi fatti e “riscoprirono” lo Stretto di Bering solo molto più tardi, come molti altri luoghi del Nord America.
Crediamo che tutto sia perfettamente chiaro – tutte queste eccellenti carte del presunto XVI secolo sono falsi fatti nel XIX secolo, l’epoca in cui i diversi volumi dell’Enciclopedia Britannica erano già stati sistemati sugli scaffali delle librerie da un po’ di tempo. Alcune parti delle carte erano disegnate alla “vecchia maniera” ma i più importanti dettagli erano stati copiati dalle carte geografiche già disponibili del XIX secolo. La grafica era ovviamente di gran lusso per renderle degne delle “antiche”.
Un più alto costo potrebbe essere stato anch’esso uno degli scopi – ci si aspetta che “antiche carte geografiche originali” trovate nei polverosi archivi Europei debbano essere più costose.
Consideriamo ora la carta del XVIII secolo della Siberia. Abbiamo già riprodotto questa carta in fig. 0.6 (Parte 1). L’intera Siberia all’Est degli Urali è chiamata Grande Tartaria. Il nome è comprensibile oggi – c’era solo un enorme stato costituito dalle precedenti parti Orientali dell’Orda, o Russia, e conosciute sotto quel nome.
Fig. 12.18. Frammento della mappa del Nord America compilata a Londra nel 1720 o più tardi ({1160]), pagina 171. Tratto da [1160], pagina 170. L'intero Nord-Ovest Americano è un enorme spazio bianco; la penisola Californiana è erroneamente disegnata come un’isola.
Citiamo ancora un’altra carta del XVIII secolo (vedi figg. 12.30, 12.31 e 12.32). È tedesca, di Norimberga, pubblicata nel 1786. Vediamo il nome Russia (Russland) curvato in modo tale da non arrivare oltre le montagne degli Urali. Avrebbe potuto essere scritto in modo diritto e sarebbe stato naturale se la Siberia fosse appartenuta ai Romanov nel XVIII secolo. Comunque la Siberia è divisa in due grandi stati, uno dei quali chiamato “Governo di Tobolsk” e l’altro “Governo di Irkutzk”. Quest’ultimo nome copre tutta la Siberia e raggiunge le Isole Sakhalin al Nord.
2.4. La guerra contro Pougachev nei resoconti Romanoviani. Gli inutili tentativi di A.S. Puškin di accedere agli archivi che contenevano materiale storico relativo alla "Guerra contro Pougachev"
Un’enorme (la più grande del mondo secondo l’edizione del 1771 dell’Enciclopedia Britannica) nazione indipendente è esistita fino alla fine del XVIII secolo con capitale in Tobolsk (la biblica Thubal) e le sue terre coprivano la Siberia e una grande parte del Nord America. Questa nazione fu conquistata dopo la vittoria su Pougachev.
Fig. 12.19. Mappa francese del Nord America compilata nel 1688. Ancora una volta, la California è erroneamente disegnata come un’isola. Tratto da [1160], pagine 152 e 153.
Vediamo dunque come viene riportata la guerra contro Pougachev nella versione Romanoviana della storia Russa: Per prima cosa gli archivi contenenti i materiali del caso relativo a Yemelyan Pougachev erano ancora considerati informazioni riservate nel 1883, secondo quanto riporta Pushkin ([709], pag. 661). Il lettore ricorderà che Pushkin scrisse una biografia di Pougachev nella quale raccolse “ogni cosa divulgata dal governo, insieme a fonti straniere contenenti riferimenti a Pougachev che mi sembrarono credibili) ([709], pag. 661). Comunque A. S. Pushkin ha solo tentato di raccogliere sufficiente materiale per una pubblicazione relativamente ridotta – la sua biografia occupa appena 36 pagine in [709].
L’autore è evidentemente conscio del fatto che il suo lavoro sia tutt’altro che completo, a dispetto dei suoi tentativi di raccogliere tutto il materiale che si potesse trovare. Dice: “i futuri storici che avranno le autorizzazioni a studiare gli archivi di Pougachev facilmente potranno espandere e correggere il mio lavoro ([709], pag. 661). L’impressione generale che riceviamo dalla storia della “rivolta” di Pougachev nella sua versione Romanoviana (nella biografia di Pushkin in particolare) è la seguente. L’esercito regolare di Caterina II (La Grande) sconfigge senza apparentemente grande sforzo la teppa di servi disorganizzati. Pougachev incomincia la sua fuga: comunque, egli “fugge”, per qualche ragione verso Mosca, Ci viene raccontato che “gli ammutinati furono sconfitti dal solo generale Ivan Ivanovich Mikhelson che inseguì la milizia di Pougachev fin sulle montagne, mettendola completamente in rotta” ([183], Volume 3, pag. 125).
Dopo questa “rotta”, però, Pougachev conquista Kazan, Più avanti: “Mikhelson si avvicinava a Kazan, Pougachev inviò le sue truppe contro di lui ma fu costretto a ritirarsi in direzione di Kazan. Un’altra battaglia fu combattuta lì; l’esercito di Pougachev fu distrutto completamente ([183], Volume 3, pag. 125). Cosa fa lo “sconfitto” Pougachev? “Pougachev attraversò il Volga e puntò su Nizhniy Novgorod con l’evidente intenzione di arrivare a Mosca. Il fatto che gli ammutinati si stessero muovendo in direzione di Mosca faceva inorridire sia Mosca che Nizhniy Novgorod. L’Imperatrice aveva deciso di guidare essa stessa l’esercito per salvare Mosca e la Russia. Comunque venne sconsigliata… A quel tempo la campagna contro i Turchi era finita; Souvorov (Generale Aleksandr Vasil'evič Suvorov) era tornato ed era stato messo a capo dell’esercito spedito contro gli ammutinati” ( [ 183], Volume 3, pag. 125). E. P. Savelyev, autore del noto lavoro storiografico sull’esercito del Don parla di “14 reggimenti del Don dell’esercito regolare mandati contro i ribelli di Pougachev” ([757], pag. 428).
Persino nella pesantemente rivista versione Romanoviana della storia è ovvio che la “repressione dell’ammutinamento” richiedeva la partecipazione dell’esercito regolare, condotto da A. V. Souvorov in persona – il comandante in capo dell’esercito Romanoviano (vedi [183], Volume 3, pag. 125). Questo è facile da comprendere – abbiamo davanti agli occhi la testimonianza di una guerra civile, non una semplice campagna punitiva contro contadini ribelli. C’erano grandi eserciti professionali da entrambe le parti completi di cavalleria e cannoni. In ogni caso le fabbriche degli Urali stavano con Pougachev, ed è noto che fabbricassero i cannoni per lui. Secondo la versione Romanoviana, i lavoratori degli Urali si “ribellarono” e si unirono a Pougachev ([183], Volume 3, pag. 125).
Fig. 12.20-12.21. Mappa francese del XVII secolo (1656 o più). L'intero nord-ovest dell'America è un enorme spazio bianco. La California è erroneamente rappresentata come un'isola. Tratto da [1160], pagine 152 e 153.
Comunque la situazione reale doveva essere diversa – le fabbriche degli Urali semplicemente appartenevano alla Tartaria Moscovita a quel tempo, il cui esercito era guidato da Pougachev. Non sorprende che le manifatture Siberiane di armi lo servissero. La versione Romanoviana della storia suggerisce che Pougachev si fosse illegittimamente proclamato Zar Pyotr Fyodorovich, o Peter III Romanov ([183], Volume 3, pag. 126; vedi anche [709], pag. 687). Pougachev, quando entrava nelle città conquistate, emetteva editti reali ([183], Volume 3, pag. 126). Quando Pougachev entrava in una città, incontrava il clero e la corporazione dei mercanti oltre alla semplice cittadinanza. Per esempio “il 27 luglio Pougachev entrò a Saransk… fu ricevuto dalla cittadinanza, dal clero e dai mercanti… Pougachev si avvicinava a Penza… la cittadinanza lo ricevette, inginocchiandosi e portando icone e pani come segno di rispetto e benvenuto” ([709], pag. 690). Più avanti: “In Saransk, Pougachev fu ricevuto dall’Archimandrita Alessandro, che portava la croce e il Vangelo; questi menzionò la Zarina Oustinia Petrovna nelle sue preghiere durante le funzioni religiose di quel giorno” ([709], pag. 690). L’Archimandrita menzionò un’altra Zarina, non Caterina II! Doveva essere la Zarina della Tartaria Moscovita.
Fig. 12.22. Mappa francese del 1633 (Carte Universelle Hydrographique). Jean Guerard. Pilote et Hydrographe a Dieppe, 1634). La California è erroneamente disegnata come un’isola. Pubblicato nel calendario "L’Art du Voyage" del 1992 pubblicato da Air France.
Pushkin arriva alle seguenti conclusioni: “I normali cittadini appoggiavano Pougachev, come anche il clero, fino agli archimandriti e agli arcivescovi” ([709], pag. 697). E’ molto probabile che il nome reale dello Zar, o Khan di Tobolsk, oggi rimanga a noi sconosciuto. Il nome Pougachev deve essere un’invenzione degli storici Romanoviani. Oppure possono aver scelto un semplice Cosacco con un nome eloquente – “Pougachev” si traduce come “pougach” o “pougalo” - “far spavento”, “spaventapasseri” ecc. Nello stesso modo i Romanov scelsero un nome che si adattava allo Zar Dmitriy Ivanovich (il cosiddetto Falso Dmitriy) – un altro “impostore” secondo la loro versione che ricevette il “soprannome” Otrepyev – che si traduce come “otrebye”, o “feccia”. Questo fu ovviamente fatto per compromettere coloro che reclamavano il trono in ogni modo possibile, facendoli sembrare “evidenti impostori”. E’ facile riconoscerlo come un semplice stratagemma psicologico utilizzato da uno scafato servizio di propaganda. Fatto sta, come riporta A. S. Pushkin che i Cosacchi Yaik che combattevano con Pougachev sostenessero che “un certo Pougachev fosse realmente stato parte della loro fazione; comunque non aveva nulla in comune con lo Zar Pietro III ( il nome Pietro III è stato ovviamente introdotto da A. S. Pushkin stesso – Aut. (Fomenko)], loro signore e comandante” ([709], pag. 694). In altre parole i Cosacchi Yaik non consideravano Pougachev, giustiziato dai Romanov, il loro comandante, riferendosi invece a un certo Zar. E’ chiaramente difficile identificare quest’ultimo utilizzando la versione Romanoviana degli eventi. I Romanov si sforzarono per far credere a tutto il mondo che non ci fossero altri Zar legittimi in Russia tranne loro. A proposito A. S. Pushkin riporta come Pougachev rispose alla domanda di Panin (Nikita Panin, diplomatico anglofilo): “Come hai osato farti chiamare Zar?” in modo evasivo, sostenendo che qualcun altro era lo Zar ([709], pag. 694).
Fig. 12.23. Frammento di una mappa francese del 1634. La penisola californiana è disegnata come un’isola.
La scena è perfettamente comprensibile – i Romanov stavano cercando di presentare la loro guerra contro la Tartaria Moscovita come semplicemente la soppressione di una ”rivolta popolare”; un semplice Cosacco venne giustiziato a Mosca a questo fine, qualcuno che si presumeva rappresentasse l’impostore così da rendere ovvio per chiunque che il Cosacco in questione non assomigliasse nemmeno lontanamente a uno Zar.
2.5. La rapida espansione del territorio governato dai Romanov dopo la vittoria su "Pougachev"
Secondo un certo numero di carte del XVIII secolo il confine della Tartaria Moscovita era molto vicino a Mosca. Questo deve aver preoccupato molto i Romanov e così Pietro il Grande prese l’unica decisione giusta in questa situazione – trasferì la capitale lontano, sulle rive paludose del Golfo di Finlandia. Qui è dove sta la nuova capitale, S. Pietroburgo, costruita per ordine di Pietro il Grande. Il posto era conveniente per i Romanov per una serie di ragioni. Primo, la nuova capitale era a una certa distanza dall’Orda, o Tartaria Moscovita, e sarebbe stata più difficile da raggiungere per quest’ultima. Inoltre, se l’Orda avesse attaccato, sarebbe stato più facile scappare all’Ovest da S. Pietroburgo piuttosto che da Mosca – si poteva salire su una barca direttamente dai portali del palazzo. I Romanov evidentemente non temevano un’invasione dall’Ovest, la storica terra d’origine della loro casata filo-Occidentale.
Fig. 12.24. Una mappa di Abraham Ortelius che pare risalga al 1579. L'America del Nord è disegnata molto più accuratamente qui rispetto a quello che vediamo sulle mappe disegnate dai cartografi della fine del XVIII secolo. La penisola californiana è disegnata correttamente. Tratto da [1009], pagina 81.
La motivazione ufficiale dei Romanov per il trasferimento della capitale a S. Pietroburgo è tutt’altro che convincente – si presume che Pietro il Grande volesse uno “sbocco verso l’Europa” per facilitare il commercio. Comunque si sarebbe potuto commerciare dalle rive del Golfo di Finlandia senza il bisogno di spostarci la capitale; un grande porto sarebbe stato sufficiente allo scopo. Perché farne la capitale?
Fig. 12.25. Un frammento della mappa di Abraham Ortelius dove la penisola Californiana è disegnata correttamente. Tratto da [1009], pagina 81.
La tesi dello “sbocco” diventa più comprensibile ora che sappiamo che i Romanov avevano usurpato il trono di Russia e avevano bisogno di uno "sbocco” per mantenere i contatti con l’Ovest e i legami familiari; avevano anche bisogno di un’opzione di fuga in caso di un azione militare ostile da parte dell’indebolito ma ancora pericoloso vicino – l'Orda o Tartaria Moscovita, il più grande stato del mondo fino al XVIII secolo, come L’Enciclopedia Britannica ricorda nel 1771 ([1118], Volume 2, pagg. 682-684).
Fig. 12.26. Una mappa di Gerhard Mercator risalente al 1595. Il Nord America è rappresentato in modo eccellente — la penisola Californiana è tracciata correttamente, e anche la costa è tracciata perfettamente, allo stesso modo i confini dell'America settentrionale e dell'Asia. Tratto da [1009], pagina 96.
Questo ci fa capire meglio perché i Romanov siano voluti fuggire dalla calda e continentale Mosca e abbiano trasferto la capitale nella fredda S. Pietroburgo sulle paludi umide della costa, periodicamente colpita da disastrose inondazioni.
Un altro interessante fatto è il seguente: la Siberia divenne una nota destinazione per i deportati dopo la vittoria dei Romanov su Pougachev – alla fine del XVIII secolo.
Fig. 12.27. Un frammento della mappa di Mercator con la penisola Californiana disegnata correttamente. Tratto da [1009], pagina 96.
Fig. 12.28. Una lussosa mappa di Jodocus Hondius risalente al 1606. Tratto da [1009], pagina 102.
Gli esiliati erano spediti alle cosiddette Solovki (definizione popolare delle Isole Solovetskiye), e al Nord in generale – non all’Est. L’esilio Siberiano divenne tradizione più tardi; in particolare, Tobolsk divenne popolar meta di esiliati nel 1790 quando A. N. Radishchev fu spedito lì ([797], pag. 1092; anche [185], pag. 467). Dopo di ciò Tobolsk divenne l’Australia Russa – praticamente ogni criminale sarebbe stato spedito qui (I Decembristi, per esempio; vedi [185], pag. 467). Comunque non ci sono tracce di esiliati a Tobolsk nella storia prima del 1790; l’enorme sistema statale di esiliati e penitenziari fu creato nel XIX secolo.
Ogni cosa si chiarisce – i Romanov non potevano esiliare nessuno in Siberia prima alla fine del XVIII secolo poiché non possedevano quella terra. La Siberia era parte della Tartaria Moscovita, l’ultimo resto dell’Orda e dello stato Russo che era stato ostile ai Romanov. Questi ultimi aveano dovuto sconfiggere “Pougachev” per aver accesso alla Siberia e alla costa del Pacifico nel lontano Est.
Come abbiamo accennato prima, i Romanov cominciarono il processo della distribuzione dei nomi delle precedenti province Russe (interi paesi una volta parti del Grande Impero “Mongolo” qv in Chron4, Capitolo 13:20) attraverso le nuove carte Russe. Inoltre, dopo la sconfitta di “Pougachev”, i Romanov incominciarono a cambiare gli stemmi delle città e provincie Russe, non prima. A. S. Pushkin conclude la sua biografia di Pougachev con le seguenti osservazioni sul risultato della guerra contro Pougachev: “Le provincie che erano troppo grandi furono divise e le comunicazioni tra le differenti parti dell’impero molto migliorate” ([709], pag. 697). Ci viene quindi detto che dopo aver soppresso “la rivolta di Pougachev”, i Romanov “improvvisamente scoprirono” che alcune delle province Russe erano troppo grandi.
Fig. 12.29. Un ingrandimento di un frammento della mappa di Jodocus Hondius, dove la penisola californiana è rappresentata correttamente. Tratto da [1009], pagina 102.
Fig. 12.30. Mappa Tedesca della Russia e della Grande Tartaria. La legenda Francese in cima alla mappa recita: Carte de l'Empire de Russie & de la Grande Tartarie dressée avec soin F. L. Gussefeld & publiée par les Herit de Homann, 1786. Parte sinistra della mappa.
Fig. 12.31. Mappa Tedesca della Russia e della Grande Tartaria. Parte destra della mappa.
E cominciarono a dividerle in parti più piccole. Ogni cosa si chiarisce – i Romanov stavano dividendo le regioni della recentemente conquistata Tartaria Moscovita. Devono averle aggiunte alle province di confine col risultato che esse crebbero in modo abnorme. Queste enormi province furono più tardi divise in parti più piccole ma senza troppa fretta.
Fig. 12.32. La legenda Tedesca sulla mappa della Russia e della Grande Tartaria, riprodotta sopra.
Inoltre si scopre che le “comunicazioni furono migliorate” dopo la vittoria su Pougachev. Perché questo? Forse perché i Romanov ebbero la possibilità di migliorare alcune strade dopo la conquista della Tartaria Moscovita – quelle che prima erano curve e convolute per tenerle lontane dall’Orda Siberiana e Americana? Strade regolari per la Siberia apparvero solo dopo la “rivolta di Pougachev”.
Nel 2000 ricevemmo una lettera da Vladimir Georgiyevich Vishnev, residente a Sverdlovsk che in relazione alla nostra analisi segnalava ciò che segue : “L’opinione degli autori che l’Asia fosse fuori dal controllo di Caterina è confermato dal fatto che nella città di Verkhotourye negli Urali a quei giorni c’era un ufficio doganale attivo. La città era il centro della regione degli Urali; le dimensioni della sua cattedrale sono simili a quelle della famosa Cattedrale Isaakiyevskiy a S. Pietroburgo. La città di Verkhotourye si è rianimata recentemente. L’ufficio doganale di Verkhotourye era famoso abbastanza da venire immortalato nel nome di una marca di vino popolare nella regione”.
La scala delle “riforme” dei Romanov che incominciò dopo la vittoria su “Pougachev” viene descritta dallo storico K. I. Mouratov nei seguenti termini: “L’editto del 1775 abolì le esistenti 20 province di Russia e ne introdusse 40 nuove [il doppio delle province in altre parole! - Aut.] . . . Il governo proibì anche solo di menzionare il nome di Pougachev. Il villaggio di Zimoveyskaya, suo luogo di nascita, fu rinominato Potyomkinskaya, e il Fiume Yaik fu chiamato Ural. I Cosacchi Yaik vennero rinominati Cosacchi degli Urali. I Cosacchi del Volga vennero sciolti così come l’esercito di Zaporozhye. L’Imperatrice diede ordine di dimenticare ogni fatto della rivolta contadina e di evitare anche di accennarvi” ([562], pag. 172).
2.6. La Novaya Zemlya disegnata correttamente (come isola) sulle carte più antiche e in modo errato (come penisola) in alcune delle più recenti
Quando i Romanov ebbero accesso alla Siberia ebbero anche l’opportunità di correggere le vecchie carte geografiche ereditate dall’epoca dell’Orda del XIV-XVI secolo. Questo monotono, graduale perfezionamento della cartografia fu un processo che si può riscontrare nello studio delle carte del XVIII secolo. Nel Febbraio e Marzo del 1999, la Private Collection Affiliate del Museo Pushkin di Mosca organizzò una mostra di carte Russe compilate nel XVII -XVIII secolo. Vi abbiamo partecipato e scoperto molti fatti interessanti.
Prendiamo per esempio la carta Olandese del 1733 chiamata “La carta della Grande Tartaria” (Magnae Tartariae Tabula. J. Covents et C. Mortier, Amsterdam, 1733), qv in fig. 12.35. L'arcipelago della Novaya Zemlya (conosciuto precedentemente come Nova Zembla) è esplicitamente e erroneamente disegnato come una penisola (fig. 12.36). I cartografi avevano certo tentato di fare la carta il più dettagliata che fosse possibile. Comunque possiamo immediatamente notare che la loro conoscenza della geografia della Siberia (la sua linea di costa ecc.) era piuttosto povera nel 1733. È abbastanza facile capire il perché. La carta era stata compilata prima della guerra con Pougachev del 1773-1775.
In più i compilatori dell’Enciclopedia Britannica del 1771 aveano appena una vaga idea della geografia della Nova Zembla. In fig. 12.37 si vede un frammento di una carta Inglese della Siberia Tratto dalla Enciclopedia Britannica (l’intera versione della carta è già stata mostrata precedentemente in fig. 12.2). È impossibile vedere se se la Nova Zembla è disegnata come un’isola o una penisola. C’è un’ombreggiatura vaga proprio sopra la legenda “Nova Zembla”, che dimostra che gli autori dell’Enciclopedia Britannica avevano un concetto non troppo chiaro della geografia reale di questa regione. (vedi fig. 12.38). In fig. 12.39 presentiamo un frammento della carta moderna che mostra la geografia corretta di questa zona.
Ancora una volta, il 1771 è precedente alla guerra contro “Pougachev”. Ai Romanov era ancora proibito entrare in Siberia e il Nordovest del continente Americano era ancora chiuso ai colonialisti Americani. Perciò i cartografi Romanoviani e i loro colleghi dell’Europa Occidentale erano ancora confusi circa la geografia del Nord Siberia e del Lontano Oriente – compreso gli esperti professionisti che avevano compilato le carte dell'Enciclopedia Britannica, un lavoro che accumulava i risultati di tutti gli ultimi avanzamenti delle avanguardie scientifiche dell’epoca. In più la Novaya Zemlya viene erroneamente disegnata come una penisola nella carta del 1730 compilata da Philip Johann Strahlenberg (vedi fig. 12.40). L”Istmo” è disegnato molto piccolo ma è tuttavia presente. (fig. 12.41).
Fig. 12.33. Un ritratto di Pougachev dipinto nel XVIII secolo sopra il ritratto dell'Imperatrice Caterina II. L'artista è sconosciuto. Conservata nel Museo di Storia di Stato a Mosca. Tratto da [331], volume 1, pagina 351.
Ci sono parecchie carte che datano alla prima metà fino alla metà del XVIII secolo. Citiamo solo esempi individuali che illustrano la comune ma erronea concezione della Novaya Zemlya come una penisola e non un’isola per i cartografi del XVIII secolo.
Cosa ci dicono le “presunte” più antiche carte del XVI-XVII secolo? Per esempio, studiamo la carta della Grande Tartaria conosciuta come la carta di Mercatore-Ondius datata al presunto 1640 – ci dicono che è precedente alla carta dell’Enciclopedia di più di cento anni. (vedi fig. 12.42). Vediamo che la carta di Mercatore-Ondius disegnia la Novaya Zemlya correttamente, come un’isola. La sua parte superiore non è disegnata (evidentemente dovuto alla scarsità di informazioni) – comunque l’isola è separata dal continente da uno stretto. È facile riconoscere come l’isola non si avvicini la costa continentale in nessun luogo. Questo è un esempio tipico.
Diamo ora un’occhiata alla carta del mondo di Rumold Mercator (vedi fig. 12.43). Gli storici moderni la datano al 1587 ([1160], pag. 100). Si presume che la carta fosse stata disegnata da Rumold, figlio del famoso cartografo Gerhard Mercator, e basata su una carta che si dice il padre abbia compilato nel 1569. ([1160], pag. 98). Cioè, la carta è stata disegnata nel 1569-1587 da Rumold e Gerhard Mercator (è quindi è presumibilmente più vecchia della già descritta carta di Mercatore-Ondius datata al presunto anno 1640). Ancora una volta vediamo Novaya Zemlya disegnta correttamente, come un’isola (vedi fig. 12.44). In più, questa “vecchia” carta di Rumold Mercator datata ai presunti anni 1569-1587 è molto migliore e più accurata della carta geografica più “recente” di Mercatore-Hondius, che si suppone del 1640. Vediamo succedere lo stesso su un’altra versione della carta ascritta a Gerhard Mercator e datata al presunto anno 1595 (vedi fig. 12.45). Novaya Zemlya è disegnata correttamente come un’isola separata dal continente da uno stretto e che non si avvicina in nessun punto.
Vediamo che la storia Scaligeriana ha una strana caratteristica, più è antica la carta più è accurata. Come si può capire dovrebbe essere il contrario nella storia reale. Antiche carte geografiche con scarsa precisione che si evolvono in una maniera più o meno regolare man mano che nuovi dati geografici vengono aggiunti. I dati più corretti che arrivano a conoscenza dei cartografi non sono più dimenticati e una volta introdotti sulle carte, rimangono lì. La precisione delle carte continua a crescere costantemente – non ci sono state epidemie né amnesie nella storia della cartografia.
Continuiamo con lo studio di una carta Francese della Grande Tartaria, datata presumibilmente alla fine del XVII secolo (vedi fig. 12.46). Ancora una volta la Novaya Zemlya è disegnata correttamente – come un’isola. Ad ogni modo anche la Corea è disegnata correttamente – come una penisola. In altre parole gli autori della carta dimostrano un’eccezionale conoscenza della geografia Siberiana e del Lontano Oriente alla fine del presunto XVII secolo.
Ci sono molti esempi di questo tipo. Pare che i cartografi del presunto XVI-XVII secolo avessero una “tradizione” nel rappresentare Novaya Zemlya e California correttamente (come isola e penisola, rispettivamente) – tuttavia i loro apprendisti e seguaci, i cartografi del XVIII secolo, hanno in seguito perso completamente questa conoscenza, “cadendo nella più profonda ignoranza in massa”.
È solo dopo la vittoria dei Romanov su Pougachev che i cartografi Europei “recuperarono” la corretta geografia, presumibilmente “tornando” alle corrette concezioni del presunto XVI secolo.
Fig. 12.34. La pagina del titolo del secondo volume dell'Enciclopedia Britannica (pubblicata nel 1771) che contiene importanti mappe geografiche dell'Eurasia, dell'Africa e dell'America. Tratto da [1118], volume 2.
Ogni cosa è perfettamente chiara. Tutte le lussuose e dettagliate carte del presunto XVI-XVII secolo sono sia falsi disegnati per sembrare “antichi” e fatti nel XVIII-XIX secolo, o autentiche carte del XVIII-XIX secolo con date errate. I cartografi del XVIII secolo non hanno mai “dimenticato” o “ricordato” alcunché – la geografia corretta della Siberia e del Lontano Oriente gli divennero noti solo dopo il 1773-1775, quando l’esercito dei Romanov incominciò l’invasione della Siberia e l’esercito degli Stati Uniti ebbe alla fine l’opportunità di conquistare il Nord-Ovest Americano. Questo portò alla creazione delle carte che sembravano come questa: Chart NW Coast of America e NE Coast of Asia. Eng. - T. Hartman. Ed. Strahan. Londra, 1782 (presentata alla mostra delle carte Russe compilata nel XVII-XVIII secolo organizzata nel 1999 dal Private Collection Affiliate of the Pushkin Museum in Moscow).
Questa carta già disegna la linea di costa della Kamchatka e il Nordovest Americano correttamente come lo stretto che separa l’America dall’Asia. Comunque non vediamo dettagli relativi alle parti più interne di entrambi i continenti, solo grandi spazi. Questo è facile da capire poiché né i Romanov né gli Americani erano riusciti a colonizzare questi territori nel 1782.
Studiamo adesso il fondamentale atlante delle antiche carte Americane compilato da Edward Van Ermen e intitolato The United States in Old Maps e Prints ([1116]). Possiamo facilmente seguire l’evoluzione delle idee che avevano i cartografi Europei sulla Costa Ovest del Nord America – in particolare sulla California. Si scopre che praticamente ogni carta del XVIII secolo contenuta nell’atlante ([1116]) definisce indiscutibilmente la California come un’isola, riferendosi alle ultime scoperte fatte dalle avanguardie della scienza geografica. Questo è un errore grave. L’ultima carta di questo tipo è datata dall’atlante al 1740 ([1116]). La successiva carta geografica è del 1837 – un secolo dopo. Questa carta del XIX secolo già disegna la California e la Costa Ovest correttamente. Il nome “Stai Uniti d’America” appare anch’esso per la prima volta. Dobbiamo segnalare il seguente fatto che consideriamo davvero piuttosto strano. L’atlante [1116]) non contiene una singola carta della Costa Occidentale del Nord America che dati all’epoca tra il 1740 e il 1837. L’intervallo è piuttosto grande – una lacuna cartografica centenaria!
Di regola veniva pubblicata una nuova carta geografica ogni dici anni. Tra il 1666 e il 1740.
2.7. La formazione degli Stati Uniti nel 1776 e l'annessione dei territori Americani della Tartaria Moscovita
Ricordiamo come e quando gli Stati Uniti d’America furono fondati. Il Encyclopaedic Dictionary ci dice “lo stato indipendente, o USA, fu fondato nel 1776, durante la guerra Nord Americana per l’Indipendenza del 1775-1783” ([797], pag. 1232). Improvvisamente comprendiamo come la fondazione degli USA stranamente coincida con la fine della guerra contro Pougachev in Russia (fu sconfitto nel 1775, qv sopra). Questo combina tutto in una differente prospettiva - la “Guerra per l’Indipendenza” in Nord America era la guerra contro gli ultimi resti Americani dell’Orda Russa, che erano stati attaccati dai Romanov dall’Ovest e dai “freedom fighters” dall’Est. Oggi ci raccontano che gli Americani hanno combattuto per l’indipendenza dal governo coloniale Britannico. In realtà è stata una guerra per le vaste terre della Tartaria Moscovita lasciata senza governo. Le truppe Americane si affrettarono verso l’Ovest e il Nord-Ovest per accaparrarsi più terra possibile. È noto che George Washington divenne il primo Presidente degli USA nel 1776 ([797], pag. 1232). Washington divenne il primo governante del territorio Americano precedentemente appartenuto all’Orda Russa. È comprensibile che il fatto stesso che ci sia stata una guerra contro l’Orda “Mongola” in America sia stato cancellato dai libri di testo della storia Americana così come la stessa esistenza della Tartaria Moscovita. La guerra tra gli Stati Uniti e i resti dell’Orda è andata avanti sull’intero continente Americano fino alla seconda metà del XIX secolo. L’Alaska è rimasta per un lungo periodo di tempo in possesso Russo e ceduto poi agli USA dai Romanov nel 1867 per un prezzo simbolico ([797], pag. 1232).
Fig. 12.35. Una mappa del 1733 (Mappa della Grande Tartaria): Magnae Tartariae Tabula. J. Covents et C. Mortier. Amsterdam, 1733. È stata allestita all'esposizione delle mappe della Russia risalenti al XVI-XVIII secolo tenutasi al museo delle collezioni private al Museo Pushkin a Mosca (febbraio 1999). Da un video del 1999.
Quanto sopra significa che gli Stati Uniti d’America furono fondati nel 1776, comprendendo il frammento Americano del Grande Impero “Mongolo” - cioè la parte Americana della Tartaria Moscovita. Questa circostanza non è mai stata registrata in alcun manuale di storia – inizialmente l’argomento è stato definito tabù e poi dimenticato del tutto. “Indipendenza dalla Corona Britannica” è diventata la versione ufficiale.
Fig. 12.36. Frammento di una mappa del 1733, dove l'isola di Novaya Zemlya viene presentata come una penisola. La mappa in questione risale all'epoca pre-Pougachev. Da un video del 1999.
2.8. Le informazioni contenute nelle vecchie mappe dell'America
Ritorniamo alle antiche carte dell’America con una lista di tutte le carte contenute nell’atlante ([1116]) dove possiamo vedere la Costa Ovest dell’America in generale e la California in particolare.
La prima carta fu compilata da Ortelius e data al presunto XVI secolo (vedi fig. 12.47). Come possiamo vedere i cartografi Europei del presunto XVI secolo si suppone fossero ben consapevoli della geografia della Costa Occidentale Americana. La California è disegnata come una penisola, il che è corretto. Vediamo anche lo Stretto di Bering chiamato sulla carta Stretto Aniano e una nave che lo attraversa ([1116], pag. 17).
Fig. 12.37. Frammento di una mappa dell'Asia dell'edizione 1771 dell'Enciclopedia Britannica. Gli autori della Britannica sono ovviamente ancora abbastanza confusi riguardo alla geografia reale di questa regione. L'isola di Novaya Zemlya è disegnata in modo davvero nebuloso — è possibile che gli autori dell'enciclopedia si riferissero alla penisola riportata in Fig. 12.38. Tratto da [1118], volume 2, pagine 682-683.
La seconda carta data al 1666, quindi la seconda metà de XVII secolo (vedi fig. 12.48). La Costa Ovest dell’America è stata dimenticata completamente e la California inaspettatamente trasformata in un’isola, il che è un errore. In più vediamo la seguente frase vicino alla California: “Questa California nel passato si pensava fosse stata parte del Continente e così su tutte le carte, ma poi si è scoperto che si trattava di un isola lunga 1700 leghe” (vedi fig. 12.49).
Ci viene insomma detto che le ricerche condotte nel XVII secolo hanno “infine provato” che la California era un’isola e non una penisola. In altre parole la vecchia informazione corretta era stata rimpiazzata da una nuova sbagliata su ogni carta come risultato dell’analisi scientifica. Tutto ciò appare molto sospetto – quello che vediamo è molto probabilmente un trucco della cronologia Scaligeriana. Gli ultimi 200 anni di documentata storia cartografica non ci mostrano simili episodi - Le carte geografiche si sono sempre evolute e mai involute. C’è anche da notare che l’intera linea di costa dell’Ovest Americano, a cominciare dalla California e andando in su è del tutto assente dalla carta del 1666 (vedi fig. 12.48).
È perfettamente chiaro che la storia delle scoperte geografiche nell’Ovest Americano è radicalmente diversa da come viene presentata oggi dagli storici moderni. L’enorme spazio vuoto sulle carte del Nord America (compreso la California “trasformata da penisola in isola”) è causato dal fatto che queste terre appartenevano all’Orda Russa e rimasero chiuse ai cartografi Europei del XVII—XVIII secolo fino alla sconfitta di “Pougachev”.
Fig. 12.38. Ingrandimento di un frammento della mappa riportato sopra. Gli autori sono chiaramente ignari della geografia di Novaya Zemlya.
Siamo testimoni dello stesso problema con la successiva carta del Nordest Americano nell’atlante ([1116] ). Questa carta è datata al 1680, qv in fig. 12.50. Dipinge erroneamente la California come un’isola. Lo Stretto di Bering è assente; le parti Centrali e Occidentali del Nord America sono coperte da un enorme spazio vuoto che si estende in profondità sull’oceano. La linea di costa settentrionale è assente anch’essa.
La successiva carta data al 1692 (vedi fig. 12.51). Stessa storia — la California è disegnata come un’isola. I cartografi Europei del XVII secolo non hanno idea della geografia del Nord-Ovest Americano. La linea di costa è assente; la presunta costa del Giappone è disegnata proprio vicino alla California, il che è evidentemente sbagliato.
La successiva carta in cui appare la California non ha una datazione esatta nell’atlante ([1116]), e si presume risalga al 1698 o anche più tardi (vedi fig. 12.52). La California è ancora un’isola. Il Nordovest Americano rimane vuoto il che significa che gli Europei non avevano avuto ancora accesso a questi luoghi.
Fig. 12.39. Una mappa moderna dell'isola di Novaya Zemlya e dei suoi dintorni. Tratto da [507], pagine 5-6.
La carta successiva con la California è del 1710 ([1116], vedi fig. 12.53). La California è ancora mal rappresentata come un’isola; vediamo la legenda “Parti incognite” scritta sopra lo spazio vuoto. Ancora nessuna linea di costa.
Quindi abbiamo la carta del 1720 ([1116], vedi fig. 12.54). La geografia della California rimane inalterata e lo spazio vuoto è ancora lì a dispetto del fatto che la Costa Orientale del Nord America, come il Centro e Sud America siano pieni di dettagli, con una grande quantità di nomi indicati sulla carta. Comunque gli Europei in generale e i loro cartografi in particolare sembrano non aver accesso al Nord Ovest dell’America per qualche mistica ragione.
Procediamo con la carta geografica del 1726 ([ 1116], vedi fig. 12.55). La geografia di California e del Nor Ovest Americano rimangono le stesse, come lo spazio vuoto. La California è ancora un’isola; lo spazio vuoto è coperto da un sontuoso disegno piuttosto imbarazzante. - alberi di palma, nativi con le pelli scure e una gioiosa festa sotto gli alberi di palma (nel Nord). Il resto del continente Americano è coperto da una moltitudine di dettagli geografici, a stento c’è spazio per contenerli tutti. Qui non vediamo banchetti o alberi di palma.
La successiva carta data al 1739 (vedi fig. 12.56). La California finalmente assume la sua naturale forma di penisola. Comunque lo spazio vuoto rimane, sebbene i suoi confini si siano mossi leggermente verso Nord. Questo ha rivelato il fatto che la California è connessa al continente segnando un grande successo nella storia della cartografia Europea e Americana.
Fig. 12.40. Frammento di una mappa del 1730 con titolo "Una nuova descrizione della geografia di Great Tartary" (Nuova descrizione geografica Tartariae magna. Philip Johann von Strahlenberg). I commentatori moderni la chiamano "una delle mappe più importanti della Siberia Russa del XVIII secolo" ([1160], pag. 216). L'isola di Novaya Zemlya viene disegnata - erroneamente - come una penisola. Tratto da [1160], pagina 217.
Infine abbiamo una carta del 1740 (12.57). La California è già una penisola: comunque lo spazio vuoto rimane e la linea di costa dopo il Nord della California rimane sconosciuta.
Stranamente la carta successiva dell'atlante ([1116]) è del 1837. Sembra piuttosto moderna; non ci sono zone vuote da nessuna parte.
Ci si potrebbe chiedere la ragione per cui questo atlante fondamentale ([1116]) non citi carte del Nord America pubblicate tra il 1740 e il 1837. Questo periodo di “silenzio geografico” coincide con la frammentazione della Tartaria Moscovita e la nascita degli USA che comprendono la sua parte Americana.
Fig. 12.41. Frammento di una mappa del 1730 con Novaya Zemlya disegnato come una penisola. Tratto da [1160], pagina 217.
Completiamo il disegno che emerge dai dati del libro di storia della cartografia ([1007]). Contiene due altre carte del Nord America assenti da [1116]. La prima viene dall’atlante dell’”antico” Tolomeo (vedi fig. 12.59). L’”antico” Tolomeo doveva essere consapevole della geografia della costa Americana. L’America è chiamata Terra Nova. Questa dev’essere una vecchia carta dell’Orda del XVI-XVII secolo, pubblicata sotto il nome di Tolomeo.
Fig. 12.42. Una mappa della Grande Tartaria apparentemente datata 1640, compilata da Mercator e Hondius (Tartaria sive Magni Chami Imperium, Mercator-Hondius, 1640. Amsterdam). Dall'esposizione delle mappe della Russia risalenti al XVI-XVIII secolo, tenuta al museo delle collezioni private al Museo Pushkin di Mosca (febbraio-marzo 1999). Da un video del 1999.
Fig. 12.43. Mappa mondiale compilata da Rumold Mercator nel presunto anno del 1587 (Rumold Mercators Orbis terrae compendiosa descrittio quam ex magna univerali Gerardi Mercatoris.. M. D. LXXXVII (1587). Questa mappa si basa sulla mappa compilata da Gerhard Mercator (il padre di Rumold) nel presunto anno del 1569 ([1160], pagina 98). Vediamo Novaya Zemlya disegnata correttamente. come isola. Tratto da [1160], pagine 97-98.
Un’altra carta del Nord America, presunta del 1593, è riprodotta in fig. 12.60. Per quanto possa sembrare strano, disegna il Nord-Ovest Americano correttamente, con lo Stretto di Bering e la California correttamente disegnata come una penisola. Il disegno è molto poco leggibile ma possiamo vedere chiaramente una penisola e non un’isola. Questo dimostra che la carta è un falso realizzato nel XVIII-XIX secolo o una vera antica carta dell’epoca del Grande Impero “Mongolo”. I cartografi imperiali del XV-XVI secolo erano naturalmente ben consapevoli della geografia del loro proprio impero e dei suoi confini: il livello tecnico della carta corrisponde in generale a quello del tardo XVI secolo.
Fig. 12.44. Frammento della mappa di Rumold Mercator risalente presumibilmente al 1587, dove vediamo che Novaya Zemlya disegnata correttamente — come isola. Vediamo le parole "Nova Zemla" sotto l'isola. Tratto da [1160], pagine 97-98.
Riproduciamo ora una antica carta Spagnola dalla collezione di A. M. Boulatov (data sconosciuta), qv in fig. 12.61. Ancora una volta, a dispetto del concetto cartografico piuttosto primitivo , la Costa Ovest del Nord America è disegnato correttamente con la California come penisola. La carta on questione è perciò o un recente falso o una vera carta dell’epoca del Grande Impero “Mongolo”.
Fig. 12.45. Frammento di un'altra mappa risalente al 1595 e attribuita a Gerhard Mercator. Novaya Zemlya è rappresentata correttamente — come isola. Tratto da [1160], pagina 94.
La storia delle carte che disegnano il Nord-Ovest Americano ci raccontano dell’esistenza di vasti territori che si estendevano per quasi metà dell’America nel XVII-XVIII secolo e che rimasero completamente ignoti ai cartografi Europei per tutto il tempo a cominciare dal XVII secolo, il declino del Grande Impero e fino alla sconfitta di “Pougachev” nel 1775, alla fine del XVIII secolo. La Tartaria Moscovita crollò; da questa terra nacquero gli USA. L’Ovest Americano doveva appartenere all’Impero dell’Orda e al suo erede, la Tartaria Moscovita, che è esistita sino al XVII-XVIII secolo.
Fig. 12.46. Una mappa francese della Grande Tartaria, presumibilmente risalente alla fine del XVII secolo. La Grande Tartarie Orientale. Anonimo. Francia (?) è stata allestita all'esposizione delle mappe della Russia risalenti al XVI-XVIII secolo tenuta al museo delle collezioni private al Museo Pushkin di Mosca (febbraio-marzo 1999). Da un video del 1999.
Fig. 12.47. Mappa di Ortelius sotto il titolo di "Tartarie sive Magni Chami Regni Typis". Considerata la prima mappa della Siberia in assoluto. Data al presunto anno 1570 ([1116], pagine 17 e 139. Rappresenta anche la costa occidentale dell'America. Tratto da [1116], mappa 6 a pagina 17.
3. IL VIAGGIO FATTO DA A.S. PUSHKIN NEL 1833 NELLA REGIONE DEGLI URALI ALLO SCOPO DI RACCOGLIERE PIÙ INFORMAZIONI PER LA BIOGRAFIA DI POUGACHEV.
Il motivo per cui i soldati di Pougachev facevano riferimento al loro quartier generale come a "Mosca"
Abbiamo già espresso l’ipotesi che il nome “Pougachev” sia un alias e non un nome reale; si può tradurre come “spavento”, “terrore” etc. Questo alias è stato inventato dagli storici Romanoviani per sostituire il nome vero che probabilmente apparteneva all’ultimo Zar o Khan della Tartaria Moscovita o al suo comandante in capo militare. Il nome di questa personalità è stato cancellato dalla storia Russa per sempre. L’ultimo capo militare dell’Orda è stato rinominato “Terrore” dalla amministrazione Romanoviana a metà del XVIII secolo; deve aver veramente terrorizzato la dinastia dei Romanov per i suoi tentativi di riunire le precedenti terre dell’Occidente che appartenevano all’Orda con la sue parte Orientale, la Tartaria Moscovita. L’idea che “Pougachev” fosse solo un alias (“Pougach”, qv sopra) è confermato da alcuni antichi documenti – è il parere, per esempio, di V. I. Dahl, amico di A. S. Pushkin e contemporaneo ([710], Volume 2, pagg. 222-223). Dobbiamo sottolineare che allora Dahl aveva il rango di “Ispettore esecutivo speciale del Governatore Generale di Orenburg”([710], Volume 2, pag. 452).
V. I. Dahl aiutò A. S. Pushkin nei tentativi di quest’ultimo di raccogliere qualsiasi informazione fosse rimasta da quelle parti relative alla “guerra contro Pougachev” ( [720] , Volume 2, pagg. 223-224 e 452). Le prove su riportate fanno si che alcuni commentatori moderni usino l’alias “Pougach” invece di “Pougachev” (vedi [710], Volume 2, pag. 453, commento 1, per esempio). Come abbiamo già indicato, avendo distrutto la Tartaria Moscovita nella violenta “guerra contro Pougachev”, i Romanov dovevano far sembrare questa guerra nient’altro che un’insurrezione su larga scala di “contadini” capeggiati da “Pougach”, un anonimo Cosacco del Don. Gli storici Romanoviani identificarono l’unico quartier generale di Pougachev nel solo “villaggio di Berdy” nella regione degli Urali ([710], Volume 2, pag. 452). Questo è piuttosto difficile – come possiamo immaginare – gli storici Romanoviani facevano del loro meglio per far apparire la guerra del 1773-1775 la più insignificante possibile dandone anche una interpretazione completamente differente. Questo ha portato, negli ultimi tendenziosi resoconti degli eventi, al trasferimento della vera capitale del Khan Russo a un villaggio sugli Urali. Questo villaggio deve essere stato uno dei numerosi quartier generali dell’Orda. Il nome B-Erdy può essere un vecchio nome dell’epoca dell’Orda (ce n’erano molti nella regione degli Urali e in Siberia come anche nella parte Europea della Russia). Il nome Berdy avrebbe potuto essere un ricordo della B-Orda ovvero l’ ”Orda Bianca” un grande e potente stato nei tempi antichi. Si presume che ai tempi di Pougachev il villaggio di Berdy fosse “alla distanza di sette verst da Orenburg”. Oggi il suo antico sito è parte della città. Durante l’assedio di Orenburg, era il quartier generale della ribellione. I soldati di Pougachev lo chiamavano Mosca [sic! - Aut.]” ([711], pag. 304).
Fig. 12.48. Mappa del Nord America del 1666. "Una nuova ed esatta mappa dell'America e delle isole che ne fanno parte, pubblicata e venduta da Thomas Ienner all'ingresso Sud della Royal Exchange di Londra. 1666. W. Hollar fecit. Tratto da [1116], mappa 15 a pagina 29.
Figura 12.49. Frammento della mappa sopra riportata con legenda.
Tratto da [1116], mappa 15 a pagina 29.
Fig. 12.50. Mappa dell'America del 1680 Nova Orbis Tabula in lucem edita a F. de Wit. Cartografo: Frederic de Wit.
Tratto da [1116], mappa 16 a pagina 30.
L’ultima prova è notevole e può essere interpretata in diversi modi. Il fatto che i soldati di Pougachev si riferissero a uno dei loro accampamenti militari (conosciuto anche come Berdy o B-Orda) come a Mosca, è in buona corrispondenza con la nostra ricostruzione secondo la quale la personalità storica conosciuta come “Pougach” o “Pougachev” era il comandante in capo dell’enorme nazione le cui terre raggiungevano la Siberia e il Nord-Ovest Americano, conosciuta come Tartaria Moscovita. Abbiamo già discusso sopra le prove che sono sopravvissute dell’esistenza di questo stato. Secondo l’edizione del 1771 dell’Enciclopedia Britannica, la capitale della Tartaria Moscovita era nella città Siberiana di Tobolsk ([1118], Volume 2, pagg. 682-684). S. Pietroburgo era, dai tempi di Pietro il Grande, la capitale della Russia Europea, il cui trono è stato usurpato dai Romanov. Lo stesso nome di Tartaria Moscovita come anche il fatto che l’esercito di Pougachev si sia riferito ai propri quartieri generali vicino a Orenburg come “Mosca”, indicano come l’Orda Siberiana e Americana avesse ancora il ricordo del fatto che la capitale della Russia una volta era stata Mosca. Cominciamo a capire che l’esercito di “Pougach” o “Pougachev”, si batteva per restaurare i precedenti confini dell’Orda e riportare la sua capitale a Mosca.
Fig. 12.51. Mappa del Nord America del 1692. Amérique Settentrionale divisée en ses principales party, scavioir les Terres Arctiques, la Canada ou Nouvelle France, le Mexique, les Isles de Terre Neuve, de Californie et Antilles ou sont distingués les uns des autres les estats comme ils sont possed és presentempement par les Francois, Castillans, Anglois, Suedois par les Estats Generaux des Province Unies ou Hollandois. N. Sanson; Ed. H. Jalliot. Tratto da [1116], mappa 18 (pagine 34-35).
Quando A. S. Pushkin arrivò agli Urali nel 1833, 58 anni dopo la fine della “Guerra di Pougachev” nel 1775, tutte le prove storiche che poteva trovare erano state palesemente alterate e ricostruite dai laboriosi funzionari Romanoviani attraverso le diverse decadi che erano ormai passate dalla fine della guerra. V. I. Dahl portò A. S. Pushkin al posto chiamato “il famoso villaggio di Berdy – quartier generale di Pougachev” ([710], Volume 2, pag. 453). A. S. Pushkin e V. I. Dahl erano entrambi convinti che gli eventi della “rivolta contadina” fossero concentrati nella regione degli Urali Meridionali. Gli storici Romanoviani avevano cercato di rendere la guerra il più insignificante possibile – la presumibilmente disorganizzata (sebbene mortale) cavalleria Bashkir di Salavat Youlayev, le miserabili (sebbene violente) schermaglie e così via – niente di serio in altre parole.
Pushkin conversò con alcune vecchie del “villaggio Berdy” che gli avevano parlato di “Pougach” o “Pougachev” ( [710], Volume 2, pag. 222). Oggi è difficile stabilire la percentuale di verità in quello che gli dissero, in contrapposizione alle leggende impiantate dai funzionari Romanoviani. Sembrerebbe che i Cosacchi locali si ricordassero ancora qualche fatto reale, anche se vagamente. Raccontarono a Pushkin delle “cupole dorate di Pougach” ([710], Volume 2, pag. 222). Questa leggenda potrebbe essere una memoria antica delle cupole dorate sul palazzo del Khan, o Zar della Tartaria Moscovita - probabilmente in Tobolsk, la precedente capitale di questa terra gigantesca (vedi [1118], Volume 2, pagg. 682-684). Comunque le vecchie carte della Siberia spesso contengono riferimenti a qualche leggendaria “Casa Dorata”.
D’altra parte è possibile che il capo militare della Tartaria Moscovita Siberiana e Americana fosse realmente accompagnato da un grandioso e lussuoso seguito; la sua visita alla regione degli Urali potrebbe essere stata accompagnata dalla costruzione di una splendida abitazione temporanea del comandante militare (o dello Zar/Khan stesso) – nel villaggio Cosacco di Berdy, per esempio. Questa temporanea residenza dello Zar si sarebbe poi riflessa in leggende che hanno raggiunto Pushkin come indistinte racconti di “cupole dorate”.
Più tardi, quando l’amministrazione dei Romanov incominciò la trasformazione dello Zar/Khan dell’Orda ovvero del
comandante militare per trasformarlo nell’”impostore” “Pougach, lo spietato selvaggio”, il leggendario ricordo di queste “cupole Dorate cominciò a suonare strano. Gli stessi storici creavano una palese dissonanza nella nuova versione della storia che stavano costruendo. L’amministrazione avrebbe dato l’ordine autoritario di dichiarare che nessuna “cupola dorata” era mai esistita e che i padri e i nonni della popolazione, semplici Cosacchi avevano scambiato ottone lucidato per oro. V. I. Dahl, riguardo alla sua conversazione con le vecchie donne di Berdy che ricordavano le “cupole Dorate” di Pougach” ci chiarisce in tutta fretta che si trattava di casette di legno coperte da fogli di ottone lucidato” ([710], Volume 2, pag. 222). Uno potrebbe pensare che Dahl ripeta la versione distorta dell’amministra- zione Romanoviana che sentì dai locali. V. I. Dahl continua dicendo quanto segue sul suo viaggio negli Urali Meridionali che fece insieme a A. S. Pushkin: “Trovammo una vecchia donna che conobbe, vide e si ricordava di Pougach. Pushkin passò l’intera giornata con lei; gli fu mostrato il luogo della casa di legno trasformata in un palazzo dorato [? - Aut.]” ([710], Volume 2, pag. 223).
Fig. 12.52. Mappa dell'America. Date dell'epoca post-1698. Novissima et Accuratissima Totis Americae Descripto, N. Visscher. Tratto da [1116], mappa 19 (pagine 36-37).
I quartieri dorati dello Zar, o Khan dell’Orda, furono dichiarati dai funzionari Romanoviani semplici casette di paese “ricoperte da fogli di ottone lucidato”. Gli storici moderni ci dicono: “Il “palazzo” di Pougachev . . . era ancora in piedi nel 1833. Una semplice casa di legno era stata decorata con stagnola dorata all’interno, da qui il riferimento alle “cupole dorate” ([711], pag. 304). Alcuni storici fanno profonde osservazioni sull’ottone lucidato mentre altri descrivono la stagnola dorata. Entrambi sembrano molto lontani dalla verità.
Si ha l’impressione che un gran numero di racconti e aneddoti siano stati creati dopo la sconfitta di Pougach”, o “Pougachev”, essendo il loro obiettivo quello di affogare la verità in una moltitudine di leggende assurde. Alcune di loro potrebbero aver riflesso eventi reali, sebbene quasi completamente dimenticati dalla memoria umana. Secondo V. I. Dahl, “Pushkin ascoltò tutto ciò con grande fervore, se non mi è concesso di esprimermi più eloquentemente. Rise assai ascoltando il seguente aneddoto: Pougach irruppe nel villaggio di Berdy… entrò in chiesa. La gente in piedi in preda al terrore, si inchinava e cadeva in ginocchio, Pougach prese un’aria dignitosa, si diresse all’altare, si sedette su di esso dicendo: ‘È passato molto tempo dall’ultima volta che mi sono seduto su un trono” incapace di distinguere tra un trono e l’altare di una chiesa nella sua rozza ignoranza. Pushkin lo definì un maiale, e rise a lungo di gusto...” ([710], Volume 2, pag. 223). L’aneddoto in questione potrebbe invece essere un riflesso distorto di fatti reali. Dopo tutto lo Zar. O Khan dell’Orda era sia il sovrano temporale che religioso, il cui trono simboleggiava i poteri dello Stato e della chiesa simultaneamente (vedi Chron6 per maggiori dettagli).
Fig. 12.53. Mappa del Nord America del 1710. H. Moll. Tratto da [1116], mappa 20, pagina 38.
Bisogna sottolineare che il ricordo di “Pougach”, o “Pougachev”, come un vero Zar (o al limite un plenipotenziario reale) e non un impostore di qualsiasi tipo, era ancora vivo all’epoca di Pushkin. La nostra ricostruzione suggerisce che questo ricordo riflettesse veramente la realtà. Questo è ciò che V. I. Dahl ci dice nel resoconto di un viaggio nei dintorni di Orenburg. Racconta di una conversazione tra lui e una vecchia donna Cosacca: ‘La vecchia davvero preparava la tovaglia nella maniera più ospitale possibile. Le chiesi se era contenta di vedere l’ospite reale; disse “Certamente! Non abbiamo più visto… nessun ospite di sangue reale qui dai tempi dello Zar Pyotr Fyodorovich stesso...” Pougachev, insomma” ([710], Volume 2, pag. 229).
C’era un tempo un “Boschetto del Khan” vicino alla città di Uralsk, precedentemente Yaik, “proprio vicino ai pozzi di carbone – e il nome esiste ancora. È associato con un antico costume dei comandanti Cosacchi che conversavano con i Khan Kazaki (cioè Cosacchi) in questo particolare boschetto. . . . un’altra leggenda era . . . che il boschetto fosse il posto dove si erano tenuti i rituali di insediamento per il Khan dell’Orda Interna, Boukey-Khan, e suo figlio Djangir. . . Pushkin visitò il boschetto e il suo nome venne spiegato in qualche modo dalle guide.” ([711], pag. 310).
Indichiamo un altro dettaglio che pensiamo abbia un certo valore. Gli storici riportano come all’imprigionamento di Pougachev fosse seguito un processo tenuto nella Stanza del Trono del Palazzo del Kremlino il 30- 31 Dicembre [1774 - Aut.]” ([563], pag. 66). Ci potremmo chiedere come mai si dovesse processare un impostore, un “semplice Cosacco”, nella Sala del Trono del Kremlino? Le necessità del rango non corrispondono. In realtà, nel nome di Pougach, o Pougachev, la cui identità perde importanza in questo caso, veniva condannata la Tartaria Moscovita stessa quindi la scelta simbolica della Sala del Trono Moscovita diventava ovvia e necessaria in modo da esaltare propriamente la celebrazione di una vittoria. I Romanov celebravano la sconfitta dell’Antica Russia, o Orda, nella antica capitale di quest’ultima!
Fig. 12.54. Mappa del Nord America del 1720. Totis Americae Settentrionalis et Meridionalis novissima Repraesentatio, quam ex singulis recentium Geographorum Tabulis Collecta luci publae accomodavit J. V. Homann. Tratto da [1116], mappa 21, pagine 40-41.
La dinastia dei Romanov ha cercato di cancellare una gran quantità di nomi che mantenevano la memoria di Pougachev. Come accennato sopra, il Fiume Yaik divenne conosciuto come Ural, e i Cosacchi Yaik vennero conosciuti da allora come i Cosacchi degli Urali. L'esercito Cosacco del Volga venne del tutto sciolto e anche l’esercito di Zaporozhye venne liquidato ([561], pag. 172). La città di Yaik fu rinominata Uralsk “per far cadere il ricordo di questi eventi nella perdizione eterna e nel più profondo silenzio”, secondo un editto del Senato ([711], pag. 307).
La posizione di Pushkin relativamente alla Guerra di Pougachev non è chiara. Il suo viaggio nella regione degli Urali era stato di carattere ufficiale; era accompagnato da V. I. Dahl, un funzionario governativo (vedi [710], Volume 2, pag. 452). A. S. Pushkin avrebbe potuto essere stato mandato negli Urali che venivano associati a Pougachev per creare un più plausibile ricordo della “versione corretta”? Era già un famoso poeta dopo tutto, e la gente gli credeva. Il fatto che pubblicasse il resoconto della guerra, presentando gli eventi in quella particolare maniera significa che lui (volontariamente o no) si atteneva agli ordini dei Romanov.
Fig. 12.55. Mappa dell'America che risale al periodo successivo al 1726. Novis Orbis sive America meridionalis et septentrionalis per sua regna, provincias e insula juxta osservazioni e descrizioni recentiss[imas] ata. M. Seutter. Tratto da [1116], mappa 27, pagine 48-49.
D’altro canto, il fatto che Pushkin avesse un genuino interesse alla biografia di “Pougach”, o “Pougachev”, può anche avere un altra origine. Secondo la versione Romanoviana della storia, Pougachev “l’impostore” presentava sé stesso come lo Zar Pietro III Fyodorovich. Ricordiamo che Pietro III, marito di Caterina la Grande, si dice fosse stato fatto uccidere da questa nel 1762 ([563], pag. 20). Evidentemente Lev Aleksandrovich Pushkin, nonno paterno di A. S. Pushkin, era nei ranghi di coloro che rimasero fedeli a Pietro III. A. S. Mylnikov riporta quanto segue: “L. A. Pushkin, Tenente Colonnello d’artiglieria, aveva invitato i soldati a rimanere fedeli al loro giuramento invece di unirsi agli ammutinati. . . molti di loro . . . furono arrestati; Lo stesso L. A. Pushkin fu punito severamente . . . e incarcerato in una torre. Non servì mai Caterina dopo essere stato liberato e morì nel 1790. È curioso che questo stesso personaggio sia il nonno paterno di A. S. Pushkin, che lo ricorda con affetto nella sua autobiografia: ‘Lev Aleksandrovich era un artigliere; rimase fedele a Pietro III nella rivoluzione di palazzo del 1762. Questo portò alla sua incarcerazione, fu liberato due anni dopo’” ([563], pag. 22).
Fig. 12.56. Mappa del Nord America del 1739. Carte d'Amérique dressée pour use du Roy. Par Guillaume Delisle, Premier géographe de sa Majesté de l Académie royale des Sciences. G. Delisle; Ed. J. Covens e C. Mortier. Tratto da [1116], mappa 34, pagina 60.
Quindi con il viaggio nella regione degli Urali nel 1833 A. S. Pushkin può aver colto l’occasione per studiare la storia dell’Imperatore Pietro III, il Signore di suo nonno, punito per la sua lealtà al monarca. Pushkin potrebbe aver avuto un suo interesse personale nel portare un po’ di luce sull’oscurità degli eventi che lo precedevano di 60 – 70 anni. Anche se A. S. Pushkin stava eseguendo un ordine dei Romanov, avrebbe potuto usare questa opportunità unica per catturare una scintilla dell’epoca di Pougachev per come era stata davvero. Dopo tutto la sua posizione di storico ufficiale imperiale avrebbe potuto aprirgli molte porte segrete.
Fig. 12.57. Mappa del Nord America del 1740. L Amérique septentrionale, dressée sur les Comments de M{rs} de PAcademie royale des Sciences & quelques autres et sur les Mémoirs les plus récens. G. Delisle; Ed. J. Covens e C. Mortier. Tratto da [1116], mappa 35, pagine 62-63.
Fig. 12.58. Una mappa del Nord America del 1837. Dal "Atlante illustrato". Società geografiche, statistiche e storiche degli Stati Uniti e dei paesi limitrofi". Mappa 4-5: Stati Uniti. T. G. Bradford. Tratto da [1116], mappa 50, pagine 86-87.
Tuttavia non troviamo traccia del fatto che Pushkin abbia potuto o meno includere nel suo libro tutti i materiali trovati nel corso del viaggio. Non sappiamo nulla della parte di dati che avrebbe potuto “offendere i Romanov” . Da quanto capiamo oggi, Pushkin ebbe un’opportunità unica di conoscere la verità sulla gigantesca Tartaria Moscovita, lo stato che si espandeva in Siberia e metà del Nord America e che fu cancellato dalla memoria dell’umanità per ordine dei Romanov. Il Senato aveva già dato il già ricordato ordine di “dimenticare tutto e mantenere il silenzio” ([711], pag. 307). La posizione dei contemporanei di Pushkin diventa comprensibile – scavare nei “posti sbagliati” avrebbe potuto essere interpretato come andare contro i desideri del Senato.
L’amministrazione Romanoviana in Siberia e nella regione degli Urali era stata energica e molto coerente nell’eseguire l’ordine del Senato. Dopo la sconfitta dell’esercito di Pougachev, un’ondata di repressioni di massa si dispiegò sui territori annessi dai Romanov. La scala di questa repressione fu così spaventosa che i locali sopravvissuti e i loro figli si affrettarono a imparare la versione “corretta” così bene da renderla l’unica. Quando A. T. Fomenko e T. N. Fomenko visitarono le città degli Urali Miass e Zlatoust nell’agosto 1999, lo staff del museo storico locale disse loro che, secondo le memorie sopravvissute e i materiali disponibili, la maggior parte degli abitanti di Zlatoust furono impiccati dall’esercito dei Romanov. Bisogna ricordare che le industrie di Zlatoust (e degli Urali Meridionali in generale) facevano i cannoni per l’esercito di Pougachev. I Romanov devono essersi ricordati che virtualmente ogni operaio delle industrie di Zlatoust stava dalla parte di Yemelyan Pougachev” ([859], pag. 104). Le due montagne che si trovano vicino all’ex villaggio di Kargalinskaya (conosciuto oggi come Kargala Tartara) e il villaggio di Sakmara ancora ne portano le tracce nei nomi eloquenti di Viselichnaya e Roublevaya (derivati dal termine Russo per “patibolo” e “decapitazione”). Secondo gli storici locali “i nomi sono associati con le azioni punitive contro gli ammutinati nel 1774, quando l’esercito reale sconfisse Pougachev nella primavera di quell’anno, facendolo fuggire in Bashkiria” ([859], pag. 97).
Quando A. S. Pushkin arrivò da queste parti 60 anni dopo la guerra contro Pougachev, i Cosacchi locali avevano paura a ricordare Pougachev e la guerra per timore di dire qualcosa di “improprio”. Il seguente episodio dalle memorie di V. I. Dahl è rivelatore. A. S. Pushkin chiede di Pougachev e dei chervontsi (moneta da tre rubli d’oro coniata nel XVIII-XIX secolo) che Pougachev diede a una delle vecchie donne Cosacche. Questo li spaventò mortalmente. Secondo V. I. Dahl, “i paesani non riuscivano a capire come mai uno straniero indagasse sul criminale impostore il cui nome veniva associato con così tante atrocità, con tanta passione…. Divennero sospettosi e temendo che le domande potessero portare a qualche nuova disgrazia su di loro spedirono una carrozza a Orenburg lo stesso giorno, con sopra la donna e i maledetti chervontsi, e denunciarono il tutto alle autorità...” ([710], Volume 2, pag. 223).
Fig. 12.59. La "geografia" di Tolomeo risalente presumibilmente al 1522 con una mappa dell’America (Strassburg, Johannes Griininger, 1522). Il lettore è citato nel libro di C. Morland e D. Banister intitolato "Antique Maps. Terza edizione, 1989, Londra, Phaidon Press Limited, pagina 301, dove troviamo una lista delle edizioni di questo libro che risale al 1477-1730, di cui 42 in tutto. Tratto da [1007], pagina 32.
Viene da pensare che, dopo la repressione, la popolazione locale avesse imparato la versione Romanoviana della guerra di Pougachev alla perfezione. Gli scienziati che fossero arrivati da queste parti per raccogliere il locale folklore avrebbero incontrato la versione Romanoviana dei manuali memorizzata dai locali con praticamente più nulla degli eventi reali.
Dobbiamo anche ricordare il seguente fatto. Si suppone che A. S. Pushkin e l’Imperatore Nicola I avessero fatto un accordo sulla censura nel 1826. Secondo i moderni commentatori “c’era stato un accordo sull’evitare di criticare il governo in cambio della possibilità di pubblicare liberamente i suoi lavori sotto la personale censura di Nicola I” ([710], Volume l,pag. 15). La conversazione tra i due riguardante la censura personale da parte dell’Imperatore sopravvisse nella memoria dei loro contemporanei.“A. O. Rosset ricorda il dialogo tra il poeta e lo Zar sulla censura. Nicola I aveva chiesto lumi sugli ultimi lavori letterari di Pushkin; il poeta replicò che poteva scrivere ben poco per via della severità dei censori. Il monarca replicò: “Bene, allora sarò io stesso il suo censore: mandi tutto quello che scrive direttamente a me” ( Y. K. Grot, pag. 288)” ([710], Volume 1, pag. 462).
Questo avvenne l’8 Settembre 1826 – prima del viaggio di Pushkin negli Urali ([710], Volume 1, pag. 461). Quindi la biografia di Pougachev scritta da Pushkin deve essere stata visionata personalmente dallo Zar come anche dagli storici Romanoviani. Si può ragionevolmente pensare che il testo di Pushkin sia stato portato a corrispondere perfettamente con la versione Romanoviana della Guerra di Pougachev.
Fig. 12.60. Mappa della costa Nord Americana Occidentale dall'atlante di Gerard de Cornelius de Jode del 1593. Tratto da [1007], pagina 60.
Fig. 12.61. Una vecchia mappa spagnola da A. Raccolta di M. Boulatov. Datazione sconosciuta. La mappa è disegnata sulla pagina strappata di un libro; ha due linee di demarcazione verticali tra la parte orientale e quella occidentale parallele ai meridiani (una delle quali si trova all'estrema sinistra della mappa). La California è una penisola. Scansionato dall'originale.
Evidentemente non ci sono documenti autentici lasciati da Pougachev o di qualcuno della sua parte. Gli storici ci mostrano oggi “il sigillo di Pougachev” e “L’editto di Pougachev”, suggerendo siano reperti autentici (vedi Figg. 12.62 e 12.63). Comunque la fotografia del sigillo non ci permette di capire nulla del testo. Come per l’“Editto di Pougachev”, che gli stessi storici riconoscono essere una copia: “Editto di Pougachev” Frammento di una copia.” ([550], pag. 171). L’originale è sopravvissuto? Crediamo proprio di no - la “copia” che ci viene offerta oggi deve essere un’edizione tendenziosa dell’originale. Lo scrivano ha probabilmente copiato l’editto e introdotto le correzioni che li funzionari Romanoviani richiedevano. Il presunto sigillo è disegnato sulla parte superiore sinistra; comunque il disegno non è molto accurato e sembra piuttosto artificioso. Vediamo qualcosa che vagamente assomiglia a una figura con un elmo, con una piuma e una visiera (?).
Nella fig. 12.64 vediamo una antica incisione del XVIII secolo intitolata “L’esecuzione di Pougachev”; vediamo l’esecuzione in massa dei Cosacchi.
Concludiamo con la fotografia della targa del Museo Khabarovsk di Storia; accompagna una vecchia carta Tratto dal “Libro Siberiano delle Carte” di S. O. Remezov (vedi fig. 12.65). La fotografia ci è stata gentilmente fornita da G. A. Khroustalev.
Fig. 12.62. "Sigillo di Pougachev". Tratto da [550], pagina 171.
Semyon Oulyanovich Remezov è un ben noto cartografo e storico Russo del XVII secolo. Il suo “Libro Siberiano delle carte” è del 1699- 1701 ([797], pag. 1114). Per quanto ne sappiamo non c’è mai stata una nuova edizione del libro. Secondo la targa del museo (vedi fig. 12.65), la carta di Remezov riporta il disegno di una grande città con campane e torri sull’estuario dell’Amur con la seguente iscrizione: “Lo Zar Alessandro di Macedonia venne in questi luoghi lasciando le campane e un deposito di armi”.
Fig. 12.63. "editto di Pougachev". Frammento di una copia ([550], pag. 171). Ci si chiede che ne è stato dell'originale, è stato distrutto? Tratto da [550], pagina 171.
Per la storia ufficiale questa frase suona assurda – la possibilità che l’”antico” Alessandro di Macedonia possa aver raggiunto l’estuario del lontano Fiume Amur in mezzo alla taiga è completamente fuori questione così come il fatto che venga associato a campane e armi da fuoco. Gli storici ufficiali paternamente lamenteranno l’ignoranza di Remezov della storia reale. Ciononostante il fatto che sia riuscito a compilare un eccellente atlante della Siberia fa pensare che le sue “fantasie storiche” andrebbero prese più seriamente. Comunque, la nostra ricostruzione rende le informazioni di Remezov ragionevoli e credibili, poiché lo Zar Alessandro di Macedonia è vissuto nel XV-XVI secolo, l’epoca della grande conquista Ottomano = Ataman. Onde di questa conquista hanno raggiunto Cina e Giappone portando alla nascita dei Samurai = Samaritani = Nativi di Samara. In Chron6 entreremo dei dettagli.
Fig. 12.64. Antica incisione del XVIII secolo che raffigura l'esecuzione di "pougachev". Disegnata in piena conformità con la versione Romanoviana. Tratto da [550], pagina 171.
È necessario ricordare il seguente fatto riguardo alla carta di Remezov. Questa carta (la quale era probabilmente basata su un precedente prototipo “Mongolo”) era appesa nel Palazzo Yekaterinhof in S. Pietroburgo. M. I. Pylyaev, storico del XIX secolo, riporta quanto segue: “C’è una grande tela con una carta della Russia Asiatica disegnata sopra; è appesa sulla parete della scalinata del piano terra come una carta da parati. La carta dev’essere un falso – è improbabile che vi si trovino fiumi con simili nomi in qualunque manuale. In più ogni orientamento è rovesciato. Il Mare Indiano e il Mare di Sabbia sono in alto, mentre il Nord, l’Oceano Artico e il Grande Oceano (illeggibile); all’Ovest troviamo la Kamchatka e il Regno di Gilyan sulle rive del fiume Amur, insieme alla seguente assurda scritta: “Lo Zar Alessandro di Macedonia venne in questi luoghi lasciando le campane e un deposito di armi”. C’è una leggenda su Pietro il Grande che si divertiva a fare battute sulla carta prendendo in giro le persone con scarse conoscenze geografiche” ([71 1:1], pag. 82).
Fig. 12.65. Foto della targa dal Museo Storico di Khabarovsk. Tratto dal "Libro Siberiano degli schizzi" di S. U. Remezov. La fotografia è stata fatta da G. A. Khroustalyov nel 1999.
Quindi una carta che rifletteva l’antica geografia e i nomi della parte Asiatica del Grande Impero “Mongolo” esisteva ancora in un palazzo durante il regno di Pietro il Grande. Comunque Pietro il Grande e la sua corte erano già cresciuti nella nuova storia Scaligeriana e Milleriana, e trattavano la carta come una curiosità e niente di più. M. I. Pylyaev, storico del XIX secolo, si riferisce anch’egli a questa carta ironicamente, completamente inconsapevole del fatto che essa probabilmente rifletteva meglio la realtà di quelle recentemente introdotte dalla geografia Scaligeriana. Oggi la carta di Remezov “Grande abbozzo dell’Intera Siberia” è in mostra nella Galleria Petrovskaya dell’Hermitage di S. Pietroburgo ([679], pag. 24).
4. Numerose città degli Urali, presumibilmente fondate nell'Età del Bronzo (Arkaim è la più famosa) come probabile resti della Tartaria Moscovita, lo stato che esisteva in Siberia e America nel XV-XVIII secolo d.c.
Un grande numero di vecchi insediamenti furono scoperti ne Sud degli Urali relativamente di recente: il più famoso è chiamato Arkaim (vedi Figg. 12.66, 12.67, 12.68 e 12.69). Gli archeologi dicono: “Le costruzioni, intatte al momento dello scavo includono due cerchi concentrici di fortificazioni e due cerchi concentrici di abitazioni. Con una piazza al centro. Il diametro delle mura della città era di 150 metri e la sua larghezza alla base di 4 – 5 metri. È fatto di frammenti di legno (circa 3 x 4 m) riempito di un misto di terra e calcare. Questi frammenti di legno erano irrobustiti da strutture di contenimento al di fuori che partivano dal fondo del fossato e arrivavano alla cima del muro (la profondità del fossato era di circa 1,5 -2,5 metri e l’altezza della parete anteriore… era di circa 3,5 metri secondo i calcoli preliminari)” ([33], pag. 24). “Il muro del cerchio interno… aveva un diametro di 84 metri e spessore di 3 – 4 metri. Meno massiccio in confronto con il muro esterno; comunque le sue dimensioni potevano anche essere maggiori” ([33], pag. 26).
Fig. 12.66. L'insediamento di Arkaim. Il diametro del muro della cittadella è di circa 150 metri ([33], pag. 24). Fotografato da un aeroplano. Tratto da [33], pagina 22.
Gli storici hanno soprannominato questi insediamenti negli Urali “proto città” ([33], pag. 9) e le hanno datate all’epoca dell’Età del Bronzo (presunto XVIII-XVI secolo a.c. - vedi [33], pag. 10). Arkaim fu scoperta nel 1987. Inoltre gli storici ci dicono: “Arkaim ha ora compagnia. Spedizioni archeologiche… hanno scoperto un grande gruppo di insediamenti simili; sono stati chiamati “La Terra degli Insediamenti” ([33], pag. ll; vedi fig. 12.70). Inoltre: “Questi insediamenti . . . si urbanizzarono prima come centri per la metallurgia o centri in cui venivano realizzati oggetti in metallo . . . La maggior parte dei ritrovamenti sono correlati comunque con la metallurgia. C’erano forni metallurgici praticamente in ogni sito a dispetto dell’area relativamente piccola dell’insediamento” ([33], pag. 31).
Gli archeologi insistono che ci fosse un sistema di fognature a Arkaim. Evidentemente, “la direzione dei canali di scolo, che si dirigevano verso le fognature, indicano che fossero parte di un complesso sistema di drenaggio” ([33], pag. 25). Questo implica un alto livello di abilità; simili conquiste caratterizzano l’ingegneria degli ultimi 300 anni.
La “grande antichità” di questi insediamenti viene data per scontata ed è stata confermata da archeologi e storici per un periodo di tempo relativamente breve. Gli scopritori erano di una diversa opinione – consideravano gli insediamenti più recenti. I. V. Ivanov, Dottore in Geografia, ci dice quanto segue: “È sorprendente che questo ritrovamento archeologico non sia stato scoperto prima. L’eccellente planimetria dell’insediamento, come si vede dalle immagini aeree, la presenza dell’oggetto nelle carte topografiche e l’eccellente condizione delle costruzioni in terra avrebbe dovuto suggerire date più recenti per il sito. La popolazione locale non ha mai mostrato alcun interesse particolare per questa cosa né ha qualche enigmatica reputazione degli stessi” ([33], pag. 9).
Fig. 12.67. Gli scavi del 1988 nel insediamento di Arkaim. Tratto da [33], pagina 23.
Quanto sopra rende la questione ovvia – i locali non considerano per nulla misteriose le rovine. Evidentemente le considerano di più recente natura. Le costruzioni sono di legno e riempite di terra e quindi il fatto che ci abbiano raggiunto in buone condizioni implica che la loro età non dev’essere tanto grande. Ci volle poco per i fanatici esaltati da ogni cosa antica per dichiararle antichissime, senza citare un solo dato fattuale che lo dimostrasse. Arkaim divenne una destinazione popolare per ogni sorta di pellegrini e turisti. I. V. Ivanov riporta che “tre o quattromila turisti visitano Arkaim ogni anno, in primavera e autunno amatori entusiasti dell’ESP, membri di sette religiose e molti altri in cerca di saggezza o addirittura di guarigione... A parte il regolare interesse dei turisti che vengono a vedere il sito e la riserva naturale, l’oggetto è diventato popolare per mistici di ogni sorta, che ascrivono ogni sorta di poteri paranormali al complesso di Arkaim” ([33], pag. 13).
Fig. 12.68. L'insediamento di Arkaim è stato ricostruito. Il diametro della parete esterna è di circa 150 metri. Disegno di L. L. Gourevich. L'insediamento medievale Turco erroneamente identificato come "l'antica Troia di Omero" nel secolo XIX ha un diametro simile — 120 x 120 metri ([443], pagine 76-77). Per maggiori informazioni sulla presunta scoperta di "Homer's Troy" da parte di Schliemann in CHRON2. La ricostruzione dell’insediamento è stata presa a partire da [33], pagina 25.
Arkaim, come molti altri vecchi insediamenti del Sud degli Urali, è costruito come una cittadella della steppa. Gli archeologi riportano quanto segue: “Gli insediamenti trovati in quest’area sono caratterizzati da massicce fortificazioni – fossati e argini con palizzate o solide pareti fatte di tronchi e cassoni. Le fortificazioni sono del tipo chiuso . . . Le aree fortificate variano in dimensioni – tra i 6.000 e i 30.000 metri quadrati. Contrafforti, torri e altre costruzioni con l’intenzione di proteggere tutte le entrate dell’insediamento come anche l’accesso all’acqua, dimostrano l’esistenza di un originale e ben sviluppato sistema di fortificazione” ([33], pag. 22). Ci viene detto anche della “sofisticata eleganza delle soluzioni tecniche” ( [33], pag. 27).
Come possiamo cominciare a capire, le rovine in questione sono molto probabilmente vecchi insediamenti costruiti come cittadelle dai Cosacchi nel XV-XVIII secolo; formavano una parte del sistema di fortificazioni militari della Tartaria Moscovita. Gli storici hanno tutto il diritto di dire che Arkaim ha un “sistema di fortificazione paragonabile a ogni cittadella medievale” ([33], pag. 25). Il fatto che la cittadella si sia preservata così bene a dispetto del fatto che si trovi nell’aperta steppa dove costruzioni di cassoni, legno e terra diventano facile preda di vento e pioggia contraddice in modo clamoroso la “presunta antichità” di questi insediamenti. Alcuni storici hanno notato questa circostanza. Secondo G. B. Zdanovich, “Nonostante l’antichità di Arkaim, che risale [presumibilmente - Aut.] a qualcosa come 3600-3700 anni fa, il contorno dell’insediamento è visibile sul terreno molto bene. Una visione a volo di uccello permette di vedere le torri di fortificazione, le rovine delle abitazioni, la piazza centrale perfettamente” ([33], pag. 24).
In fig. 12.71 vediamo il “tumulo di Bolshekaragansk (Arkaim). Tumulo 25, pozzo 24. La ricostruzione di un’antica tomba” ([33], pag. 49).
Come datano Arkaim gli archeologi? Col solito metodo – cercando analogie o legami tra i ritrovamenti del sito e altri simili oggetti appartenenti ad altre culture, anch’esse che si presumono datare a tempi immemorabili. Evidentemente “il complesso degli Urali può essere datato dalla caratteristica collezione di oggetti metallici e dai dettagli dei finimenti ossei che già conosciamo attraverso i ritrovamenti fatti nel quarto tumulo di Micene e datati al XVII-XVI secolo a.c. L’epoca corrisponde a quella di di Troilo VI, alla fine del periodo Medio-Elladico e all’inizio del periodo Miceneo nella storia della Grecia continentale” ([33], pag. 35).
Quindi gli archeologi e gli storici ritengono sufficiente trovare un certo numero di oggetti che “rassomiglino” a quelli di Troia e Micene in Arkaim e numerosi altri insediamenti negli Urali per dichiarare questi ultimi estremamente antichi. Secondo la nostra ricostruzione, l’ “antica” Troia e Micene rappresentano una cultura che non precede il XI-XIII secolo d.c. così come i vecchi insediamenti degli Urali.
Date erronee risultano da numerose “curve sinusoidali” inerenti la storia Scaligeriana. Le stesse culture del XIII – XVII secolo sono duplicate (su carta) e arbitrariamente datate a differenti epoche separate da centinaia e persino migliaia di anni. È così che gli “antichi” duplicati fantasma vengono alla luce. Gli archeologi moderni studiano la versione Scaligeriana della storia e scoprono insolite ripetizioni, o “rinascimenti” che li portano alla costruzione di involute teorie che tentano di spiegare questi strani schemi sinusoidali nell’evoluzione umana.
Fig. 12.69. Schema dell'insediamento di Arkaim. Alcuni degli artefatti scoperti durante gli scavi. Tratto da [33], pagina 32.
I loro corollari sono formulati nel seguente modo e sono evidentemente sbagliati: “L’evoluzione delle interazioni sociali non è stata per niente lineare – siamo testimoni di lunghe pause e persino movimenti all’indietro…. Gli insediamenti fortificati del Sud degli Urali ricordano le città Siberiane della Taiga che datano all’Età del Ferro; la storia della società può perciò essere vista come se possedesse una dinamica sinusoidale di cadute e riprese, dove il consolidamento sociale viene poi seguito da un ritorno alle tradizioni dei clan dei tempi andati” ([33], pag. 36).
I “misteriosi schemi sinusoidali” sono probabilmente immaginari. La nostra ricostruzione considera l’evoluzione della società umana, in genere, come lineare.
Dopo la sconfitta dell’esercito condotto da “Pougachev” della Tartaria Moscovita nel 1775, le truppe dei Romanov entrarono nel Sud degli Urali e in Siberia per la prima volta, qv sopra. Si deve pensare che le fortificazioni dei Cosacchi dell’Orda siano state distrutte e date alle fiamme. I guerrieri sopravvissuti e i residenti dovettero fuggire; le cittadelle abbandonate furono dimenticate e scoperte dagli archeologi alla fine del XX secolo. Questa è la natura di Arkaim e di simili antiche cittadelle del XV-XVIII secolo d.c.
5 . La conquista della Siberia dopo la vittoria su "Pougachev" e la traccia che ha lasciato nella storia numismatica della Russia.
La nostra ipotesi sulla guerra tra i Romanov e Pougachev è qualcosa di completamente diverso dalla soppressione di una “rivolta di contadini” come hanno sostenuto i Romanov ma piuttosto una guerra su larga scala con lo stato vicino che comprendeva la Siberia e il Nord-Ovest Nord-Americano, terminata con l’annessione della Siberia da parte dei Romanov e confermata perfettamente dalla storia numismatica della Russia.
La conquista di nuove terre che venivano unite alla Russia Romanoviana veniva normalmente riflessa nel conio delle monete durante quella stessa epoca. S. Pietroburgo iniziava subito a coniare nuove monete relativamente alla provincie recentemente annesse; in alcuni casi i Romanov avevano incominciato a coniare nuove monete mentre le truppe erano appena entrate sul suolo di un altro paese destinato all’annessione senza aspettare che il paese in questione fosse formalmente diventato una provincia della Russia Romanoviana.
Fig. 12.70. Una mappa degli insediamenti fortificati che somigliano ad Arkaim nella zona di Magnitogorsk. Come possiamo vedere, sono stati scoperti molti insediamenti di questo tipo. Essi devono riferirsi al sistema di cittadelle Cosacche della Tartaria Moscovita del secolo XV-XVIII. Tratto da [33], pagina 55.
Per esempio, durante la Guerra dei Sette Anni del 1756- 1763, l’Imperatrice Yelizaveta Petrovna aveva covato il piano di rendere la Prussia parte della Russia. Nel 1760 l’esercito Russo prese Berlino, che era stato preceduto dalla conquista della Prussia dell’Est con Konigsberg presa il 22 gennaio1758 (secondo il vecchio modo di datare: 11 gennaio); “tutti gli abitanti e i funzionari della Prussia Orientale erano stati costretti a giurare fedeltà all’Imperatrice Russa” ([85], Volume 38, pag. 477). È noto che la guerra in questione non terminò con l’annessione della Prussia; comunque i Romanov cominciarono a coniare monete d’argento per la Prussia in gran quantità già dal 1759 ([857], pagg. 371-375; vedi Figg. 12.72, 12.73 e 12.74).
Monete speciali erano state coniate dal governo Russo per la Georgia nel 1806-1833 dalle zecche di stato in Tbilisi e s. Pietroburgo ( [857] , pagg. 342-345). A parte il valore, il nome porta la legenda “kartkhuli puli”, o “Conio Giorgiano” (ibid, pag. 342).
Nel 1787, quattro anni dopo l’annessione della Crimea, speciali monete Russe vennero prodotte per quell’area – il cosiddetto “Conio della Tauride” (ibid, pag. 341; vedi fig. 12.75). E così’ via.
Il conio Siberiano occupa un posto speciale nella storia. Evidentemente i Romanov iniziarono a coniare una versione speciale di “Conio Siberiano” nel 1763, 12 anni prima della vittoria su Pougachev ([857], pagg. 335-340; vedi Figg. 12.76, 12.77 e 12.78). Smisero questo coniaggio nel 1781, 6 anni dopo l’esecuzione di Pougachev (ibid). Questo può succedere solo se la Russia ha dichiarato guerra ai suoi vicini per annetterne il territorio. Il nuovo conio per le province iniziava solo in questi casi. Il governo avrebbe cessato la stampa di moneta speciale appena gli abitanti di una data provincia si fossero abituati alla valuta Russa. Qua sotto elencheremo questi casi.
Il conio speciale Siberiano del 1763-1781 è un’ulteriore prova della nostra ricostruzione, che sostiene che la vittoria dei Romanov contro Pougachev sia stata la sconfitta militare della Tartaria Moscovita, uno stato Russo che era vicino alla Russia Romanoviana e comprendeva la Siberia come il Nordovest Americano, con capitale Tobolsk.
Fig. 12.71. La ricostruzione di un sepolcro scoperto durante gli scavi di Arkaim. La costruzione è piuttosto monumentale. Si chiama "Sepulcher di Greater Karagan".
Disegno di A. Fyodorov. Tratto da [33], pagina 49.
La monografia di V. V. Ouzdenikov intitolata “Conio Russo. 1700-1917” ([ 857] ) riserva una sezione speciale al conio della Russia Romanoviana per le provincie aggiunte di recente (“Regional e National Emissions” - vedi [857], pagg. 330-381). Tutto il conio di questo tipo [857] viene elencato qua sotto.
1) Il conio delle provincie Baltiche, la cosiddetta moneta “Livonese” d’argento, vedi fig. 12.79. Coniata per la Livo-Estonia, Livonia e Estonia. Gli anni di emissione sono 1756-1757 ([857], pagg. 330-334). Si presume che l’Estonia sia divenuta parte della Russia dopo il Trattato di Pace di Nistadt, firmato con la Svezia nel 1721. Comunque l’Estonia è rimasta per un poco, di fatto, uno stato autonomo governato dai baroni locali ( [85], Volume 49, pag. 201). Un ufficio postale era presente al confine tra la Russia e l’Estonia fino al 1782 (ibid, pag. 224).
2) Le monete Siberiane (vedi Figg. 12.76, 12.77 e 12.78). Anni d’emissione: 1763-1781 ([857], pagg. 335-340). La versione della storia Romanoviana non ci dice nulla sull’annessione della Siberia nel XVII-XVIII secolo. Si dice che la Siberia sia appartenuta alla Russia fin dall’inizio. Comunque abbiamo visto che i Romanov devono aver sconfitto il tremendo stato che andava dalla Siberia all’America del Nordovest nel 1775, rendendolo poco dopo parte dell’impero. In questo caso la data di emissione delle monete Siberiane coincide con la data della guerra tra la Tartaria Moscovita, inclusa la preparazione della guerra e alcuni anni dopo la vittoria.
3) Il Conio della Tauride, argento, vedi fig. 12.75. Anni d’emissione: 1787 ([857], pag. 341). La Crimea (precedentemente conosciuta come Tauride) divenne parte della Russia nel 1783 ([85], Volume 23, pag. 552). Quattro anni più tardi una speciale emissione di monete Crimeane ebbe luogo.
4) Il Conio della Georgia. Anni d’emissione: 1806-1833 ( [857 ] , pagg. 342-345). La Georgia fu annessa alla Russia intorno al 1801-1813 nel corso della guerra con la Persia (1804-1813) e la Turchia (1806-1812), qv in [85], Volume 13, pag. 46. Il manifesto di Alessandro I circa l’acquisizione della Georgia è del 1801 (ibid). L’acquisizione divenne permanente dopo le vittorie militari su Turchia e Persia nel 1804-1813. L’emissione di moneta Russa per la Georgia iniziò alla fine di queste guerre, nel 1806; continuò per 25 anni.
Fig. 12.72. Le "monete Prussiane" da 18-grosh sono state coniate in massa nel 1759 da Yelizaveta Petrovna per la Prussia, che avrebbe dovuto far parte della Russia dopo la vittoria della guerra dei sette anni 1756-1763. Su un lato della medaglia vediamo lo stemma prussiano (un'aquila a testa singola) e l'incisione MONETA REGNI PRUSS, o "moneta prussiana". Dall'altra parte, l'imperatrice russa Yelizaveta Petrovna presenta un profilo e le seguenti lettere: ELISAB. I. D. G.
IMP. TOT. RUSS. Prima della conio di queste monete (nel 1758) i residenti e i funzionari della Prussia Orientale avevano giurato fedeltà all’imperatrice Russa ([85], volume 38, pagina 477). Le "monete Prussiane" di valore diverso sono state coniate in grandi quantità — inizialmente a Konigsberg e successivamente a Mosca (1759-1762), qv in [857], pagine 371-372. Nel 1763, dopo la fine della guerra, divenne ovvio che la Prussia non sarebbe mai diventata una provincia Russa, e il conio della "moneta Prussiana" cessò. Tratto da [857], pagina 372.
5) Il Conio per la Polonia (vedi fig. 12.80). Anni d’emissione: 1815-1841 ([857], pagg. 346-358). La Polonia fu unita alla Russia dopo il Congresso di Vienna del 1814-1815 ([85], Volume 34, pag. 32). Nel 1815 una parte del vecchio Ducato di Varsavia “divenne il Regno di Polonia... l'imperatore Russo si dichiarò Re (Zar) di Polonia” (ibid). L’emissione di monete Russe iniziò lo stesso anno, il 1815.
Fig. 12.73. Le "monete Prussiane" da due grosh sono state coniate in massa nel 1760 da Yelizaveta Petrovna per la Prussia, che avrebbe dovuto far parte della Russia dopo la vittoria nella guerra dei sette anni 1756-1763. Su un lato della medaglia troviamo la scritta GROSSUS REGNI PRUSS, o il Grande Principato di Prussia. Il contrario rivela l'incisione che dice MONETA AR G. T. NTEA. Tratto da [857], pagina 372.
6) Il Conio per la Finlandia (fig. 12.81). Date di emissione: 1863- 1917 ( [857] , pagg. 359-367). La Finlandia fu unita alla Russia nel 1809 dopo la guerra del 1808-1809 tra Russia e Svezia ( [85], Volume 45, pag. 182). Comunque, nel 1863 il governo Russo fece un certo numero di concessioni alla Finlandia; in particolare, “una riforma della valuta fu fatta nel 1860-1865 - La Finlandia ottenne come risultato di avere una sua propria valuta” (ibid, pag. 183). Quindi, l’emissione di un conio speciale per la Finlandia avvenne all’inizio di un cambiamento di stato di questa recente provincia aggiunta.
Fig. 12.74. Monete prussiane coniate da Yelizaveta Petrovna per la Prussia come futura provincia Russa. Vediamo lo stemma Prussiano su un lato della moneta (l'aquila), e l'incisione che dice MONETA REGNI PRUSS ("Moneta Prussiana"). Dall'altra parte vediamo il profilo dell'imperatrice Russa Yelizaveta Petrovna e la lettera che dice ELISAB. I. D. G. IMP. TOT. RUSS. Dalla raccolta di T. G. Fomenko. Foto scattata nel 2000.
7) Il Conio per effettuare pagamenti in Polonia, argento (vedi fig. 12.82). Coniato sotto Pietro il Grande durante la guerra del 1707-1709 tra Russia e Svezia. Le monete hanno su una facciata con Pietro il Grande e il verso con l’aquila bicefala. La legenda dice: “Zar e Grande Principe Pietro Alexeyevich, Signore e sovrano di Tutta la Russia”. L’anno è scritto con con numerali Slavi su alcune monete e numerali arabi su altre. Il valore delle monete non viene indicato (vedi fig. 12.82 e [857], pagg. 368-369). Quindi il governo Russo dell’epoca di Pietro il Grande era dell’opinione che la iscrizione più importante per le monete Polacche dovesse essere in Russo. Pietro probabilmente aveva pensato di annettere la Polonia alla Russia – altrimenti non è chiaro perché avrebbe voluto mettere il suo profilo sulle monete Polacche. Le monete Russe per la Polonia furono coniate nel 1707-1709, quando la Polonia era stata annessa alla Svezia, il nemico della Russia in quella guerra ([85], Volume 34, pag. 28).
Fig. 12.75. Monete di argento Taurico coniate dalla Russia per la Crimea quando è diventata una provincia russa. Queste monete sono state coniate solo nel 1787 ([857], pag. 341). Quando la Crimea è diventata parte della Russia, sono state sostituite dalle normali monete Russe.Vediamo il sigillo di Caterina la Grande e la scritta che dice "Regina del Chersonese in Tauride" in Russo. Tratto da [857], pagina 341.
Le monete erano quindi state coniate per un paese conquistato da un avversario militare della Russia. Le emissioni del Conio Polacco possono essere spiegate con le speranze di un esito per cui la Polonia avrebbe potuto diventare parte della Russia. Quando la guerra finì nel 1709 e divenne chiaro non sarebbe diventata parte ella Russia, l'emissione terminò.
Fig. 12.76. Monete siberiane di 10 e 5 kopeki coniate dall'amministrazione Romanoviana nel 1777. I Romanov hanno emesso monete Siberiane tra il 1763 e il 1781 ([857], pagine 335-338). In un primo momento, sono state stampate nella zecca di San Pietroburgo (1763-1764), secondo [857], pagina 335. In seguito, la loro produzione è stata trasferita alla zecca di Kolyvanskiy. Le monete Siberiane sono state coniate fino al 1781, per cui sono state sostituite dalle normali monete Russe. Tratto da [857], pagina 339.
Chervontsi d'oro del 1716 col profilo di Pietro I, aquila bicefala e l’iscrizione Latina che dice “Sovrano di Russia per Grazia del Signore, Gran Principe di Mosca” (fig. 12.83). Il valore di questi chervontsi non è indicato da nessuna parte; comunque la dimensione e la lega standard di queste monete corrisponde di ducati Olandesi, che erano largamente usati nel commercio internazionale ([857], pag. 370). La ragione per cui il governo di Pietro avrebbe coniato queste monete non è chiaro – la monografia le mette nella categoria delle “monete usate per pagamenti all’estero” (ibid). Pietro potrebbe aver inteso usarli nei paesi Europei Occidentali che aveva intenzione di conquistare e rendere parte della Russia.
Fig. 12.77. "Monete Siberiane": due kopeki, un kopeko, un denga e una polushka. Coniati nel 1777. Tratto da [857], pagina 339.
9) Monete Prussiane, argento (Figg. 12.72, 12.73 e 12.74. Anni di emissione: 1759-1762, o la Guerra dei Sette Anni; L’epoca in cui Yelizaveta voleva fare della Prussia una provincia Russa. Il conio delle monete iniziò subito dopo il giuramento di fedeltà all’Imperatrice Russa da parte degli abitanti della Prussia Orientale nel 1758 ([85], Volume 38, pag. 477). Intendiamo produzione di massa e non campioni ( [857], pagg. 371-375).
10) Monete straniere coniate in Russia. Erano prodotte dalla zecca di S. Pietroburgo segretamente, senza l’autorizzazione dei rispettivi governi ( [857], pag. 376). Due di questi conii sono conosciuti: Copie Russe del ducato Olandese e della piastra Turca, entrambi in oro (ibid).
Fig. 12.78. Una "moneta siberiana" di dieci kopek. Coniata nel 1780. Dalla collezione di T. G. Fomenko. Foto scattata nel 2000.
11) Il Conio per la Moldavia e la Valacchia (Figg. 12.84 e 12.85). Anni d’emissione: 1771-1774 ([857], pagg. 377-381). Sebbene la Moldavia e la Valacchia, due principati del Danubio che erano precedentemente stati parte dell’Impero Turco, fossero di fatto dei protettorati Russi fin dal trattato di pace di Kyuchuk-Kainardji tra Russia e Turchia nel 1774 non si erano formalmente uniti all’impero ([85], Volume 28, pag. 87). L’acquisizione ufficiale avvenne parecchio tempo dopo, nel 1877 (ibid). Questo fatto venne riflesso nella storia numismatica. Quando la Russia si impegno per annettere i due principati Danubiani nel 1771- 1774, il governo incominciò a coniare monete per la Moldavia e la Valacchia. Quando divenne chiaro nel 1774 che unirle all’impero ufficialmente non era possibile, il conio cessò.
Fig. 12.79. Monete Russe coniate per le province Baltiche (le cosiddette "monete Livonesi"). La loro produzione scende negli anni 1756-1757 ([857], pag. 330). Vediamo l'aquila bicefala Russa con gli stemmi di Livonia e Estonia. La scritta recita: "MONETA LIVOESTONICA o conio Livonese e Estone. Altri esemplari recitano "MONETA LIVONICA ET ESTLANDIA" (857, pag. 330). Tratto da [857], pagina 332.
Possiamo perciò vedere che ogni caso di emissione di monete speciali da parte del governo Romanoviano era associato con l’acquisizione di nuove terre dei paesi vicini o almeno dei tentativi di farlo. Il conio delle monete Siberiane non può essere un’eccezione. È plausibile che la Siberia, così come l’Alaska Americana sia stata davvero annessa alla Russia Romanoviana alla fine del XVIII secolo, dopo la lunga e violenta guerra contro“Pougachev”. Entrambe erano parte di un altro stato prima di allora – un gigantesco Impero Russo ostile ai Romanov – gli ultimi resti del Grande Impero "Mongolo". La versione sbagliata della storia Russa è stata impiantata solo dopo la sconfitta dello stato Siberiano e Nord Americano della Tartaria Moscovita poiché non era rimasto più nessun oppositore.
Fig. 12.80. Moneta d'argento Russa coniata per la Polonia con il profilo dello Zar Alessandro I e la scritta "10 ZLOTYCH POLSKICH", o "dieci zloty Polacchi". Monete di varia denominazione (oro, argento e rame) sono state coniate nel 1815-1841, o nei primi decenni successivi all’annessione della Polonia alla Russia ([857], pagg. 346-358). Sono stati sostituiti dal regolare conio Russo, che era rimasto in circolazione fino alla rivoluzione del 1917. Tratto da [857], pagina 353.
Fig. 12.81. Monete russe coniate per la Finlandia, ex provincia della Russia (fino al 1917). I tagli variavano tra 1 centesimo e 20 marchi (oro, argento e rame).
Cfr. [857], pagine 359-367. Tratto da [857], pagina 380.
Fig. 12.82. Monete d'argento coniate in Russia sotto Pietro il Grande come moneta legale utilizzata in Polonia durante la guerra tra Russia e Svezia. Le monete sono state coniate tra il 1707 e il 1709, senza indicare alcuna denominazione ([857], pag. 368). L'iscrizione è in russo: "Zar e Grande Principe Pëtr Aleksej Aleksandrovic, Signore e Sovrano di Tutta la Russia". Tratto da [857], pagina 369.
Fig. 12.83. Uno chervonets Russo d’oro del 1716 con caratteri Latini. Su un lato della medaglia vediamo il profilo di Pietro il Grande; l'altro lato raffigura l'aquila bicefala Russa. La denominazione della moneta non è indicata da nessuna parte. Il titolo latino di Pietro scritto sulla moneta traduce come "Sovrano della Russia per Grazia del Signore, Gran Principe di Mosca" ([857], pag. 370). Lo scopo della conio di questa moneta da parte dell’amministrazione di Pietro resta sconosciuto ([857], pag. 370). Tratto da [857], pagina 371.
Fig. 12.84. Moneta Russa per la Moldavia e la Valacchia coniata nel 1771 durante la guerra con la Turchia, quando le truppe Russe avevano occupato le province Turche di Moldavia e Valacchia. La moneta reca una doppia indicazione di denominazione in "para" Turchi e in "denga" Russi, un para equivale a tre denga. Queste monete sono state coniate nel 1771-1774 presso la zecca privata della Sandogur, ordinate dal governo Russo ([857], pag. 377). Nel 1774 il patto di Kyuchuk-Karnadji è stato firmato con la Turchia, che ha specificato che la Moldavia e la Valacchia dovevano rimanere parte dell’impero Turco ([85], Volume 28, pagina 87). Il conio di monete Russe per la Moldavia e la Valacchia è stato interrotto lo stesso anno ([857], pag. 377). Tratto da [857], pagina 380.
Fig. 12.85. Monete Russe per la Moldavia e la Valacchia coniate nel 1773, quando il governo Romanoviano aveva intenzione di annettere queste terre alla Russia dopo la guerra con la Turchia. Questi piani non sono mai stati realizzati e il conio delle monete è stato interrotto nel 1774 ([857], pag. 377). Da un lato vediamo lo stemma della Moldavia e della Valacchia e la scritta che si traduce come "moneta di Moldavia e Valacchia". Dall'altro lato troviamo una doppia denominazione — in kopeki Russi (o "denga") e "para" Turchi. Tratto da [857], pagina 380.
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Questo è da leggere per chi si avvicina a questo argomento. Si potrebbe obiettare che esistono mappe precedenti dove invece quei toponimi sono presenti, ma, come dice il testo è logico supporre che "la pubblicazione in questione può essere vista come l’apice delle conoscenze scientifiche del XVIII secolo", quindi il sospetto è che le mappe precedenti che contraddirebbero Fomenko siano semplicemente false (o retrodatate).
Un ragionamento simile vale anche per il confronto tra il "mappa mundi" di Hans Rust (primitivissimo e con toponimi non corrispondenti agli attuali) e altre mappe quattrocentesche (più corrispondenti alle nostre).
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Torno alla teoria del sistema ottale.
Riassunto delle puntate precedenti: un autore ha proposto che fino a pochi secoli fa si contasse nel seguente modo
I = 1
V = 4
X = 8
L = 32
C = 64
D = 256.
Così mi sono messo a cercare indizi che supportassero questa ipotesi, indizi che elenco qui sotto nascosti dalla funzione Spoiler:
Gli antichi avrebbero avuto due modi di contare gli anni: dalla fondazione di Roma (753 a.C) o dalla prima olimpiade (776 a.C).
In ambo i casi, vediamo una corrispondenza tra i numeri 76 e 53. Che legame c'è tra questi due numeri?
Esistono delle teorie per cui in origine gli indoeuropei contassero in base otto. Se leggiamo LXXVI (76) in questa base, otteniamo 32+8+8+4+1 = 53
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Convertendo 753 da ottale a decimale, otteniamo 419. La differenza tra queste due date è di 335 anni. Pressappoco è lo stesso scarto che c’è tra l’anno 0 e la fondazione di Costantinopoli nel 330! Quindi possiamo identificare la fondazione di Costantinopoli nell’anno 24 del regno di Costantino (29 se fosse il 335) con un’ipotetica fondazione di Roma nell’anno 27 di Augusto, l’anno 0.
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Il numero della bestia, DCLXVI, letto in base otto è 365, numero dei giorni dell'anno: 256 +64 +32 +8 +4 +1
Come fece notare un utente, è semplicemente l'elenco delle cifre romane in ordine decrescente esclusa la M.
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1182 (inizio del regno di Andronico I) -64 = 1118 (nascita di Andronico I); -64 = 1054 (data convenzionale della supernova SN1054)
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"ACHAT" in ebraico significa 1. "ACHT" in tedesco significa 8. Nelle carte da gioco l'ASSE rappresenta un 1 ma assume anche il valore più alto. Se ipotizziamo che le figure siano state aggiunte in un secondo momento, l'asse avrebbe assunto i valori di 1 e di 8. "ASS" in inglese significa sedere e il sedere può ricordare un 3 o un 8. Le carte da gioco, quindi, potrebbero testimoniare un'epoca in cui si contava in base otto.
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Il secolo d'oro della Spagna fu un periodo cominciato con la riconquista del 1492 che portò la Spagna a divenire la principale potenza europea o, secondo un'altra definizione, l'età del prestigio culturale della Spagna il cui inizio viene fatto coincidere con l'incoronazione di Filippo II nel 1556. Ma nel 1557 la Spagna dichiara la prima di una serie di bancarotte a pochi anni l'una dall'altra: com'è possibile che un periodo così problematico venga definito "secolo d'oro"? Col sistema ottale si spiega benissimo: 1556-1492 = 64 anni, cioè il secolo della base 8.
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2) Mehmet il Conquistatore in occasione dell'assedio di Costantinopoli esclamò che non avrebbe creduto alle imprese dei romani neanche se gliele avessero previste "37 mila profeti".
Perché 37? Che numero è? Di solito quando ricorriamo ad un numero grande per esagerare usiamo un numero tondo!
37 in cifre romane è XXXVII. Letto in base otto diventa 8+8+8+4+2, cioè 30.
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La seconda guerra servile scoppiò in Sicilia nel 102 a.C. e durò fino al 98 a.C. cioè nel DCLII e DCLVI ab urbe condita. Lette in base otto,ledate AUC diventano 354 e 357. Nel 1358 nel nord della Francia scoppiò la più violenta e famosa rivolta medievale di contadini.
1066 - conquista normanna della Britannia. 66 è LXVI. Letto in base otto diventa 32+8+4+1= 45
43 d.C. - inizio della conquista romana della Britannia
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Claudio Tolomeo avrebbe misurato una differenza di 2 gradi e 40 primi tra le posizioni delle stelle rispetto all'epoca di Ipparco. Arrivò così a calcolare una velocità di precessione di 1 grado ogni 100 anni.
it.wikipedia.org/wiki/Precessione_degli_equinozi#Tolomeo
Fomenko identifica questo evento col fenomeno descritto in 2Re 20, in cui l'ombra su una scala viene fatta retrocedere di 10 gradini in cambio di 15 anni di vita www.laparola.net/testo.php?riferimento=2Re+20
Siccome il valore di precessione calcolato da Tolomeo è 9 primi ogni 15 anni, Fomenko arrotonda questo valore a 10 facendolo corrispondere ai 10 gradini biblici.
Ora, cosa succede se noi ipotizziamo che il valore calcolato da Tolomeo non fosse 9 primi ogni 15 anni, ma fosse appunto di 10?
10 primi in 15 anni sono 60 primi in 90.
Tolomeo misurò uno spostamento di 2°40' rispetto all'epoca di Ipparco, cioè 160 primi. Se 60 primi corrispondono a 90 anni, a quanti anni corrispondono 160 primi ?
60:90 = 160:X; 160x90:60 = 240 anni.
Quindi, Tolomeo riteneva che tra le sue misurazioni e quelle di Ipparco fossero trascorsi 240 anni.
Ma col valore di precessione corretto, cioè 1° ogni 72 anni, risulta che trascorsero solo 192 anni!
La domanda è: quale meccanismo ha portato a trasformare 192 anni in 240?
192 = 24 x 8
240 = 24 x 10
… il cambio dalla base 8 alla base 10
Ora un'altro. Fino al rinascimento gli italiani contavano i giorni riferendosi a date fisse chiamate idi, calende e none. E' chiaro che questo sistema sarebbe assurdo e inutilizzabile se idi, calende e none non fossero state in origine dei giorni fissi chiaramente riconoscibili ed è per questo che anche gli storici credono che inizialmente questi termini indicassero delle fasi lunari.
L'arco di tempo più ampio che occupa una fase lunare è di 14-15 giorni. Tuttavia, il conto dalle calende partiva dal diciassettesimo giorno! Cioè, il 15-09 si chiamava "17º giorno prima delle calende di ottobre" e insieme al giorno delle calende costituiva una serie di 17 giorni. Come potrebbe avere a che fare con la Luna?
Se convertiamo il numero XVII seguendo la teoria di Stepanenko otteniamo
8+4+2 = 14 giorni
... quindi perfettamente in linea con una fase lunare, per esempio "luna calante".
Inoltre, è ovvio che non possono essere passati millenni da quando gli uomini hanno smesso di riferirsi direttamente alla Luna a quando hanno abbandonato questa terminologia!
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La Storia: Finzione o Scienza?
Cronologia 4
di Anatoli Fomenko
Capitolo 13
L'Antica Russia come Stato bilingue con il Russo e il Turco come due lingue ufficiali
Le lettere considerate oggi Arabe sono state usate per trascrivere le parole Russe
1. ISCRIZIONI ARABE SU ARMI RUSSE
1.1. Perché Nikita Davydov, artigiano Russo avrebbe dovuto decorare l’elmo reale con iscrizioni Arabe?
Le armi medievali decorate con iscrizioni Arabe sono considerate oggi Orientali senza ombra di dubbio; questo implica un origine Medio Orientale (Turca o Persiana e comunque Islamica). Evidentemente si presume che se la lama d’acciaio di un’arma ha una frase del Corano scritta sopra, debba essere stata fatta da un artigiano Mussulmano dell’Oriente Islamico, dove la tradizione culturale Araba è sempre esistita da secoli. Gli artigiani Russi si presume fossero ignoranti e in generale inferiori, e la possibilità che possano aver conosciuto l’Arabo e scritto in questa lingua non è nemmeno preso in considerazione dai moderni storici. Lo spirito profondo della storia Scaligeriana e Milleriana implica che dal XVI secolo ci sia stata sempre una lunga tradizione di mutua animosità tra la Russia Ortodossa e la Turchia e Persia Mussulmane. Le tradizioni culturali e religiose si suppongono completamente differenti e persino ostili fin dall’inizio.
Tuttavia, secondo la nostra ricostruzione, Russia, Turchia e Persia sono state parte dello stesso Grande Impero "Mongolo" fino alla fine del XVI secolo. Perciò le tradizioni culturali di questi paesi devono aver avuto parecchi elementi in comune - in particolare, metodi simili nel forgiare e decorare le armi. A dispetto dello scisma religioso tra la Cristianità Ortodossa e l’Islam che incominciò nel XV secolo, le tradizioni dello stato e dell’esercito devono essere rimaste simili nel XVI-XVII secolo.
Fig. 13.1. Elmo da cerimonia Russo damascato, il cosiddetto "Elmo di Gerico" che apparteneva allo Zar Russo Alexei Mikhailovich. Conservato nella Camera degli Armamenti Moscovita. Fatto da Nikita Davydov, artigiano Russo nato a Murom ([187], pag. 163). Acciaio, oro, gemme, perle, incisione, smalto. Nikita Davydov ha messo una scritta in Arabo sulla parte superiore dell’elmo. Si è scoperto che i Russi Ortodossi erano molto inclini a decorare le loro armi con iscrizioni Arabe. Non è quindi corretto supporre che le scritte in Arabo sulle armi medievali testimonino la loro origine Orientale — è molto probabile che le armi in questione siano state realizzate in Russia. Tratto da [187], pagina 162.
Ci sono molti fatti che provano quanto detto, alcuni davvero molto evidenti nonostante la purga Romanoviana della storia Russa. Infatti gli artigiani Russi hanno continuato a decorare armi (persino armi reali) con iscrizioni Arabe fino alla metà del XVII secolo, che era già epoca Romanoviana. Devono aver ricevuto un esplicito divieto a proposito nella seconda metà del XVII secolo. Da allora sono scomparsi i simboli Arabi da ogni arma Russa – alcuni di loro potrebbero essere stati distrutti; comunque le armi reali coperte d’oro, diamanti e altre gemme forgiate dai migliori artigiani, sono sopravvissute – evidentemente per il loro grande valore materiale. Comunque la maggior parte delle armi Russo-Arabe sono state rimosse dalla pubblica vista (vedi Annex 2 a Chron7). Oggi alcune di queste “pericolose” armi vengono esibite nei musei, con fotografie ecc;
Fig. 13.2. Un frammento dell’Elmo di Gerico. La stessa incisione dorata è usata per la corona reale con la croce ottagonale Ortodossa e la scritta in Arabo che dice "Fa’ gioire i fedeli". Guardate la parte superiore dell'elmo nella fotografia. Tratto da [187], pagina 162.
tuttavia uno deve prestare molta attenzione per poter notare le iscrizioni Arabe sulle armi Russe. Le targhe nei musei non dicono normalmente nulla circa queste “stranezze”, e gli articoli sono spesso esibiti in modo tale che le iscrizioni Arabe non siano sufficientemente visibili. Y. Yeliseyev ce le ha segnalate per primo.
Fig. 13.3. Coltello damascato del Principe Andrei Staritskiy, figlio di Ivan üI. Fatto dagli artigiani Russi all'inizio del XVI secolo. Coperto di scritte in Arabo. È decorato anche con una scritta Russa recante la dicitura "Principe Ondrei Ivanovich, anno 7021" (o 1513 D.C.) Tratto da [187], pagine 150-151.
Rivolgiamoci alla fondamentale pubblicazione intitolata “L’Armeria di Stato” ([187]); contiene fotografie e descrizioni degli oggetti di valore conservati nell’Armeria di Stato del Kremlino Moscovita.
Fig. 13.4. Ingrandimento di un frammento della scritta in Arabo sul coltello di Andrei Staritskiy, un principe Russo. Tratto da [187], pagine 150-151.
Per esempio il cosiddetto “Jericho Hat”, un elmo cerimoniale indossato dagli Zar Moscoviti e fatto di acciaio di Damasco può essere visto nella fig. 13.1 ([187], pag. 162). Nel Capitolo 5 di Chron6 diamo un dettagliato resoconto delle origini dell’elmo e le ragioni per cui ha un nome biblico. Consideriamo ora più attentamente l’elmo in sé.
“La superficie d’acciaio dell’elmo è ben lucidata e coperta da un raffinato motivo intarsiato dorato. A parte questo, l’elmo è decorato con una gran varietà di gemme – diamanti, rubini e smeraldi” ( [662] , pag. 173). Si sa che il Jericho Hat è stato decorato con gemme e col motivo intarsiato nel 1621 – già in epoca Romanoviana cioè. Fu creato da Nikita Davydov di Murom – artigiano Russo (artigiano d’avanguardia dell’Armeria; vedi [187], pag. 163).
Il motivo intarsiato in oro è chiaramente modellato come la corona reale con la croce Ortodossa a otto punte. Sulla parte frontale dell’elmo vediamo un disegno a smalto raffigurante l’Arcangelo Michele; la parte superiore dell’elmo è circondata da arabeschi (vedi fig. 13.2), o frammenti di iscrizioni Arabe. L’arabesco che possiamo vedere in fotografia recita “ Va bashir al-mouminin”, o “Dona la gioia ai credenti”. È una comune frase dal Corano. Quindi, Nikita Davydov ha usato lo stesso genere di incisione dorata per i simboli Ortodossi e la citazione della frase dal Corano! Si può anche notare l’assoluta assenza di di iscrizioni Slave sull’elmo; Nikita Davydov, un artigiano Russo, ha lasciato solo iscrizioni Arabe su questo capolavoro.
Fig. 13.5. Corazza forgiata dall'artigiano Russo Grigoriy Vyatkin nel 1670 per lo Zar Alexei Mikhailovich.
Coperta di scritte in Arabo. Tratto da [187], pagina 173.
Bisogna dire che la fotografia del Jericho Hat come appare nel lussuoso catalogo ([187]) è fatta in un modo molto “politicamente corretto”. La maggior parte degli arabeschi è resa quasi invisibile da un fascio di luce riflessa; l’arabesco successivo è nell’ombra e perciò quasi illeggibile. Le iscrizioni Arabe sull’elmo Russo sono perciò difficili da notare; nel commento non vengono citate affatto. L’arabesco succitato è stato letto e tradotto da T. G. Cherniyenko, uno specialista in Arabo. Il significato degli altri arabeschi, che circondano la parte superiore dell’elmo, rimane sconosciuto.
Un altro esempio simile dalla stessa Armeria di Stato è il coltello del Principe Andrei Staritskiy, figlio di Ivan III (vedi fig. 13.3). Fu realizzato da artigiani Russi all’inizio del XVI secolo ([187], pag. 150-151). Il coltello è firmato in Russo; la legenda dice “Principe Andrei Ivanovich, anno 7021” - la traduzione della data è 1513.
Comunque la lama del coltello è anch’essa decorata con iscrizioni Arabe, realizzate con la stessa scrittura canonica Araba che troviamo praticamente in ogni arma “orientale” (vedi fig. 13.4). T. G. Cherniyenko non è stato capace di tradurre l’iscrizione poiché non contiene segni diacritici; la loro assenza fa si che ogni lettera possa essere letta in diversi modi, e un testo scritto in questo modo può essere letto solo se approssimativamente il suo contenuto è già conosciuto; altrimenti ci sono troppe interpretazioni possibili.
Tuttavia la disposizione delle lettere e l’uso delle loro differenti forme (che dipende dal fatto che la lettera sia all’inizio, in mezzo o alla fine della parola in Arabo) implica che l’iscrizione abbia un significato reale e non un semplice “motivo decorativo di lettere Arabe che imitano scritture Orientali”, come sostengono le didascalie ([187], pag. 151). Gli autori dei commenti hanno chiaramente voluto evitare che i lettori potessero pensare che gli artigiani Russi del XVI secolo avessero fatto un coltello con una scritta in Arabo come regalo per il figlio di Ivan III. Questo metodo di dichiarare “imbarazzanti” iscrizioni “illeggibili” è usato piuttosto spesso dagli storici e lo conosciamo bene. Nasconde una profonda riluttanza a leggere iscrizioni che contraddicono la versione della storia Scaligeriana e Romanoviana. Discuteremo approfonditamente di questo in Chron5.
A proposito, poiché l’iscrizione sul coltello di Andrei Staritskiy resta illeggibile, uno non può essere certo del fatto che sia Arabo. Il tipo di scrittura considerato Arabo ai nostri giorni è stato anche utilizzato in altre lingue – Turco e Persiano per esempio. Potrebbe essere stato comune anche alla lingua Russa nell’epoca del XIV-XVI secolo?
Si scopre che armi con le scritte Arabe erano costruite in altri paesi oltre alla Turchia – se possibile anche in misura maggiore. Abbiamo già visto che i Russi Ortodossi avevano il costume di decorare le armi con scritte Arabe fino alla metà del XVII secolo. Troviamo iscrizioni Arabe anche sulla sciabola del Principe Mstislavskiy, comandante militare di Ivan il Terribile ([187], pag. 207). Una delle scritte si traduce “Servirà in battaglia come robusta difesa”; troviamo anche il nome del proprietario scritto in Russo ([187], pag. 207).
Un altra cosa che si nota subito è la fotografia della lucida armatura dorata fatta nel 1670 da Grigoriy Vyatkin, “uno dei migliori artigiani e costruttori di armi e armature nella seconda metà del secolo”, per lo Zar Alexei Mikhailovich ([187], pag. 173; vedi fig. 13.5). L’armatura è completata da un elmo; i due costituiscono chiaramente un insieme, sebbene la didascalia non faccia alcun riferimento separato all’elmo. Le iscrizioni sull’elmo sono sorprendenti – tutte in Arabo, e distintamente riconoscibili come citazioni dal Corano. L’iscrizione sulla copertura del naso dice: “Non c’è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Al fondo dell’elmo c’è una decorazione con un intero verso del Corano - Sura 2, 256 (255). Tutte queste iscrizioni sono state tradotte da T. G. Cherniyenko. Sono stampate nel modo canonico della scrittura Araba e l’interpretazione non presenta alcun problema.
Sciabole “Orientali” erano possedute da Minin e Pozharskiy, famosi eroi della storia Russa (le sciabole possono davvero essere state Russe, ma decorate con iscrizioni Arabe - vedi [187], pag. 151). Come abbiamo potuto testimoniare durante la nostra visita all’Armeria di Stato nel 1998, l’iscrizione sulla sciabola di Minin non è neppure Araba – la scrittura è del tutto insolita. La targhetta della spiegazione suggerisce che sia di “origine Egiziana”. In realtà entrambe le sciabole sono molto probabilmente Russe. A Una visita all’Armeria rivela un gran numero di armi Russo-Arabe in esposizione. Sarebbe davvero interessante dare un’occhiata ai depositi; si ha l’impressione che la maggior parte delle armi Russe siano coperte da scritte “Arabe” o “Illeggibili” del Medioevo. Questa ipotesi è confermata dai materiali citati nell’Annex 2 di Chron7.
Perché le armi Russe sono decorate con iscrizioni Arabe che si presumono oggi di origine Turca o Persiana? Quando il manufatto è ovviamente Russo, si presume che l’artigiano privo di esperienza e ignorante copiasse fiduciosamente gli originali Orientali e Europei Occidentali meccanicamente, come un disegno, senza indagare sul loro reale significato, e usando frasi Arabe per adornare le armature e le armi degli Zar Russi e dei comandanti militari che le avrebbero indossate orgogliosamente inconsapevoli del significato e senza prestare alcuna attenzione ai sorrisetti riservati degli Arabi illuminati e a quelli degli ancora più illuminati Occidentali.
Quanto sopra è molto probabilmente sbagliato. La maggior parte delle armi Russe con scritte Arabe deve essere stato realizzato nel XVI e persino nel XVII secolo da artigiani Russi dell’Orda che comprendevano anche l’Ottomania (Atamania). La maggior parte di queste armi realizzate a Mosca, Tula, negli Urali furono dichiarate “Damascene”, “Orientali”, “Occidentali” e così via, il che ha portato all’idea popolare che i Russi preferissero armi straniere in quei giorni; le armi domestiche si presume fossero scarse e di “scadente qualità”, sebbene sia ovvio che ogni forte potere militare avrebbe usato armi proprie. Un altro fatto dimenticato è che molto probabilmente Damasco va identificato con TMosca (la città di Mosca scritta insieme all’articolo).
I Russi hanno anche realizzato armi adornate da iscrizioni Latine (o almeno hanno usato caratteri Romanici). È così, per esempio, nel caso della preziosa sciabola in acciaio di Damasco fatta dall’artigiano Russo Ilya Prosvit nel 1618 ([187], pagg. 156-157). C’è un’iscrizione che corre lungo l’intera lama e usa caratteri Romanici. Sfortunatamente non siamo riusciti a leggerla e interpretarla poiché la foto in [187] non è abbastanza grande da far vedere tutte le lettere (vedi figg. 13.6 e 13.7).
Ci dicono normalmente che tutte queste armi “Orientali” e “Occidentali” sono state date agli Zar Russi dai regnanti Orientali e Occidentali come regalo. Crediamo che non sia così – nei casi di cui parliamo perlomeno. Alcune armi possono evidentemente essere state ricevute come regalo; comunque bisogna dire che gli oggetti conosciuti a priori come regali o ricordi dell’Oriente non sono decorati da scritte per regola, secondo le annotazioni fornite dall’Armeria (vedi Annex 2 di Chron7). In alternativa le iscrizioni avrebbero potuto essere in Slavo o in Greco. È questo il caso del prezioso astuccio per arco portato da Istanbul dai mercanti Russi come regalo per lo Zar Alexei Mikhailovich ([187], pag. 216; vedi fig. 13., o la preziosa collana fatta per lo stesso Zar dagli artigiani di Istanbul nel 1650 ([187], pagg. 350-351; vedi fig. 13.9), o la preziosa mazza (vedi fig. 13.10) regalata allo Zar Mikhail Fyodorovich dal Sultano Murad nel 1620 ( [187] , pag. 215). I tutti i casi ricordati sopra vediamo sia iscrizioni Greche o nessuna iscrizione di alcun tipo.
Gli storici odierni cercano di convincerci che le iscrizioni Arabe sopra le armi Russe siano spiegate dal fatto che queste armi erano state ricevute dagli Zar Russi e dai guerrieri come regali dagli stranieri che parlavano e scrivevano in Arabo. Cominciamo a capire come questa spiegazione è quella più lontana dalla verità. Inoltre, si scopre che gli stessi Zar Russi donassero armi con scritte Arabe agli stranieri come regalo. Un esempio evidente di questo è il seguente. Nel 1853 Alexander Tereshchenko fece un rapporto sugli scavi a Saray davanti all’Accademia Imperiale delle Scienze riguardante “i resti del Regno Desht-Kipchak”. Questo è quello che viene scritto sul rapporto: “Una stanza speciale conosciuta come l’armeria contiene un certo numero di rare e notevoli armi Asiatiche, incluso un certo numero di sciabole ricevute come regalo dai monarchi. Ci sono armi con iscrizioni Tartare, Persiane, Arabe e Cufiche; tra di loro – la lama di una sciabola ricevuta da uno dei antenati di Djanger dallo Zar Mikhail Fyodorovich con la seguente scritta dorata in Arabo: ‘Birakhmeti ilyahi taalya nakhnul melik el azym khan ve emyr kebir Mikhail Fyodorovich mamalike kul velyata Urns’, che si traduce come ‘Noi, Mikhail Fyodorovich, Sovrano Supremo, Zar e Governatore per la Gloria di Dio’ ” ([840], pagg. 99-100). Sottolineiamo che la versione Araba del titolo di Mikhail Fyodorovich Romanov contiene la parola “khan”.
Cioè gli Zar Russi, inclusi i primi Romanov, avevano l’abitudine di regalare armi preziose ai loro sottoposti o agli stranieri, in cui avevano dato indicazioni ai loro artigiani di incidere in oro iscrizioni in Arabo.
Il passaggio precedente sulle iscrizioni in Arabo presenti sulle armi Russe non si applica solamente all’Armeria del Kremlino – un altro esempio è il museo del villaggio Alexandrovskaya (oggi città di Alexandrov), ossia, le armi e armature di un guerriero Russo esibite nella chiesa Raspyatskaya (vedi fig. 13.1 1 ). Abbiamo visitato il museo nel luglio del 1998. Gli oggetti esposti includono una maglia di ferro, un elmo e uno scudo (vedi figg. 13.12-13.20).
La targhetta con la didascalia dice che gli oggetti in questione sono di origine Russa. Infatti, vediamo l’intero elmo coperto da un disegno con animali di fantasia, uccelli e cavalieri, molto Russi nello stile e che ricordano le incisioni sulle cattedrali nella Russia di Vladimir e Suzdal. La copertura del naso dell’elmo ha una croce a quattro punte alla fine che ricorda la cupola di una chiesa con una croce sulla cima. Tutto ciò ci aiuta a identificare l’elmo come un pezzo di un’armatura Russa senza lasciare alcun dubbio sulla sua origine. Allo tesso tempo l’elmo ha una iscrizione Araba – una larga striscia che copre l’intero perimetro. La targhetta non dice nulla a proposito di questo e naturalmente non fornisce alcuna traduzione. Vicino all’elmo c’è uno scudo. Ancora una volta, c’è una scritta in Arabo su tutto il perimetro. Il resto della superficie è coperto con disegni in puro stile Russo. Abbiamo fatto diverse foto dello scudo per rappresentare più frammenti possibili dell’iscrizione Araba.
Non possiamo dire che siano armi Mussulmane nel senso moderno del termine, sapendo che i Mussulmani hanno evidentemente avuto sempre un divieto riguardo alla rappresentazione grafica di persone e animali fin dal XVIII secolo. Tuttavia il disegno di questo elmo “Russo-Arabo” contiene figure di animali e persone (anche a cavallo) – se studiamo fig. 13.12 attentamente vedremo la chiarissima immagine di un’Amazzone – una donna a cavallo che sventola una scimitarra (sulla copertura del naso a destra).
Perché gli impiegati del museo non mettono in mostra elmi medievali con iscrizioni Slave e basta? Potrebbe essere che sono veramente pochi i pezzi di quel tipo in mezzo alla maggioranza “Russo-Araba”? E se le armi in questione fossero tipiche della Russia medievale? Gli oggetti che vediamo probabilmente erano molto comuni, e invece li troviamo coperti di scritte “Arabe (o altre considerate “illeggibili”). Questo rende la questione ancora più complessa.
Vediamo lo stesso nel caso del Complesso Museale di Kolomenskoye. Abbiamo visitato i saloni del Cancello Frontale il 23 giugno 2001e visto i due antichi elmi Russi in mostra (figg. 13.20a, 13.20b e 13.20c). Le iscrizioni su entrambi sono esclusivamente in Arabo; non c’è un frammento di armatura con scritte in Slavo. Entrambe le targhette esplicative ci dicono in modo secco che gli artigiani Russi hanno copiato questi elmi dagli “Originali Orientali”. I Russi devono essere andati davvero matti per le cose Orientali visto come le copiavano in continuazione.
Quindi, la maggior parte delle iscrizioni trovate su armi medievali Russe sono incise con una scrittura che si presume oggi esclusivamente Araba. Se fate attenzione a questo fatto una volta, troverete in seguito abbondanza di simili esempi in poco tempo. Questo fatto sorprendente non collima con la versione consensuale della storia Romanoviana e Scaligeriana; solo questo è sufficiente per capire che la storia dell’epoca pre-Romanoviana è completamente differente da come ci viene presentata oggi.
1.2. Il motivo per cui Alexander Nevskiy e Ivan il Terribile indossavano elmi con scrittura Araba. La famosa "conquista Araba del mondo", come è avvenuta in realtà
Siamo stati così testimoni del fatto che gli antichi armamenti Russi in mostra nei moderni musei siano coperti da scritte Arabe per la maggior parte. Citiamo un altro esempio – il famoso elmo di Alexander Nevskiy. Non siamo riusciti a trovarlo da nessuna parte durante la visita all’Armeria del 1998 (in alternativa si può identificare col summenzionato “Jericho Hat”). Può anche essere che sia stato rimosso temporaneamente dall’esposizione; comunque non lo troviamo nemmeno nel fondamentale catalogo intitolato “L’Armeria di Stato” ([187]). Non siamo riusciti a trovarlo nemmeno negli altri cataloghi accessibili nei musei e nella storia del Kremlino di Mosca. Ci siamo imbattuti per caso nel disegno dell’elmo di Alexander Nevskiy in una piuttosto rara edizione in più volumi intitolata “Storia dell’Umanità”. Storia Globale ([336], pubblicato in Germania e che data alla fine del XIX secolo). Abbiamo quindi trovato un immagine di questo elmo nella rivista “Russkiy Dom” (edizione 7, 2000). Lo riproduciamo nella fig. 13.21; si scopre che c’è un iscrizione in Arabo sull’elmo di Alexander Nevskiy (figg. 13.22 e 13.23). Il commento del professore Tedesco è il seguente: “Elmo del Gran Principe Alexander Nevskiy, fatto di rame rosso e decorato con caratteri Arabi. Fatto in Asia e datato all’epoca delle crociate. Oggi in possesso del Kremlino di Mosca” ([336], Volume 5, pagg. 462-463, retro dell’inserto).
C’è davvero un’iscrizione in Arabo sulla punta dell’elmo che ricorda il “Jericho Hat” di Mikhail Fyodorovich in gran parte (sebbene l’interno sembri argento e non oro in questa fotografia). Uno potrebbe chiedersi se l’elmo di Alexander Nevskiy non sia lo stesso “Jericho Hat” - identificato con il precedente nel XIX secolo e si immagina sia quest’ultimo dagli storici di oggi, estremamente confusi. Potrebbero essere le due opzioni vere simultaneamente? Diremo di più su questa nostra interpretazione in Chron6.
Quindi gli storici Tedeschi del tardo XIX secolo, come i moderni storici Russi, suggeriscono che le armi e armature Russe decorate con iscrizioni Arabe siano state fatte da qualche parte in Oriente, e certamente non in Russia. I guerrieri Russi presumibilmente acquistavano o ricevevano le armi come regalo dagli Arabi. Solo in un numero limitato di casi i sapienti storici ammettono che le “armi Arabe” fossero forgiate da artigiani Russi, incluso quelli che lavoravano per l’Armeria di Stato di Mosca ([187]).
l nostra ricostruzione disegna un’immagine ben differente. Molti alfabeti sono esistiti in Russia fino al XVII secolo, quelli considerati Arabi oggi erano tra questi. L’alfabeto considerato Arabo oggi e associato col Medio Oriente era stato anche usato per le parole Russe. La produzione di massa di antiche armi Russe può aver avuto luogo solo in Russia, o l’Orda; tutte le iscrizioni trovate su quelle armi erano di artigiani Russi che usavano la scrittura Araba insieme o al posto del Cirillico che è considerato “più Slavo” oggi.
Gli storici moderni cercano di convincerci che gli “Arabi medievali” hanno tempestato la Russia con armi e armature Arabe, che sarebbero poi state orgogliosamente brandite da soldati Russi che non capivano il significato di sofisticate iscrizioni Arabe che decoravano le loro armi e quindi combattevano e morivano accompagnati da formule e preghiere del “lontano Oriente Mussulmano”. Crediamo che questo sia un evidente nonsenso – i guerrieri Russi dell’epoca erano perfettamente capaci di comprendere quello che stava scritto sulle loro armi e armature e questo era dovuto al fatto che diversi alfabeti e lingue erano usate nella Russia precedente al XVII secolo, incluso il precursore del moderno Arabo.
Sarebbe interessante che gli storici moderni si confrontassero con questo problema. La manifattura di armi “Arabe” in così grande misura dovrebbe aver lasciato numerose tracce in Arabia da dove presumibilmente venivano importate in massa in Russia nel medioevo Ma non ci sono – non sappiamo niente di altoforni, fonderie o manifattura su larga scala di armi nei deserti dell’Arabia medievale. Il contrario è vero per la Russia – è sufficiente ricordare gli Urali con le loro riserve di minerali, numerosi altoforni, manifatture di armi ecc. Sappiamo di molte città Russe e paesi che producevano armamenti pesanti nel XIV-XVI secolo - Tulae Zlatoust, per esempio. Perciò è molto probabile che le armi decorate con iscrizioni “Arabe” fossero realizzate nella Russia medievale.
Diventa subito chiaro che la “conquista Araba” che ha spazzato via molti grandi paesi nel Medio Evo non sia altro che il riflesso della stessa Grande conquista “Mongola” che ha reso vasti territori in Eurasia, Africa e America parte dell’Impero Russo, conosciuto anche come l’Orda. La parola “Araba” potrebbe derivare dalla parola “Orda” (“Orda” in Russo), considerato che i caratteri Romanici”b” e “d” erano spesso confusi tra loro; come dimostreremo in Chron5, l’orientamento delle due lettere era ancora piuttosto vago nel Medio Evo, potevano facilmente essere invertite. Considerazioni linguistiche di questo tipo non sono in nessun modo prova di nulla di per sé, tuttavia concorrono con la nostra ricostruzione assai bene
Secondo quanto ci fu “spiegato” dagli impiegati dell’Armeria di Stato nel 1998, le lame “Arabe” per le armi Russe erano forgiate dagli Arabi nella lontana Spagna e Arabia (più tardi in Turchia). Comunque le impugnature erano fatte localmente, in Russia. Comunque il fatto seguente contraddice questa “teoria” in una maniera molto ovvia. Come abbiamo ricordato sopra l’Armeria ha la sciabola di F. I. Mstislavskiy, in esposizione. Così viene descritta dagli storici moderni: “La grande sciabola era appartenuta anche a F. I. Mstislavskiy; questo è confermato dalle lettere Russe sul retro della lama. La lama è decorata con intarsi d’oro con scrittura Araba; una delle iscrizioni si può tradurre con “Servirò in battaglia come forte difesa” ([187], pag. 207). Comunque il commentatore dei sapienti storici non ci dà l’immagine completa, l’iscrizione sul retro della lama viene solo ricordata e lasciata lì. Abbiamo visto questa sciabola nel 1998 – il nome del proprietario in Russo non è solo un incisione; è stato forgiato nel metallo nel momento in cui la lama fu costruita, dai fabbri che la forgiarono (“Arabi” del lontano Oriente, a quanto ci dicono oggi). Comunque siamo dell’opinione che il nome di Mstislavskiy, il comandante militare Russo, fu scritto con caratteri Russi da artigiani Russi – gli stessi che fecero il motivo con l’intarsio d’oro con l’iscrizione “Araba” sulla lama, in piena consapevolezza del suo significato (“Servirò in battaglia come forte difesa”, qv sopra).
Alcuni di questi armamenti “Arabi” sono stati fatti in Turchia, o Ottomania, che è stata parte della Russia (o Orda) fino al XVI secolo. In fig. 13.24 vediamo l’elmo di Ivan il terribile tenuto nel Museo Reale di Stoccolma ([331], Volume 1, pag. 131). È decorato da iscrizioni con due caratteri - Cirillico e Arabo, quest’ultimo essendo di grandezza maggiore e situato sopra le lettere Russe.
Non è chiaro il perché i rappresentanti della scienza storica citino l’intera iscrizione Russa in [331] quando parlano dell’elmo di Ivan il Terribile, ma evitino di citare il suo vicino con scritte Arabe.
In Chron7, Annex 2 una quantità di materiali esclusivi, ossia l’inventario delle antiche armi Russe conservate nell’Armeria di Stato del Kremlino di Mosca. Questo inventario dimostra che le iscrizioni trovate sopra le armi Russe e considerate Arabe oggi erano tipiche e non un numero ristretto di rare eccezioni.
2. Testo Arabo sulla mitra Russa del Principe Mstislavskij
Il Monastero Troitse-Sergiyev nella città di Sergiyev Posad (Zagorsk) ospita il museo delle arti decorative della Antica Russia. Tra gli altri pezzi, esposte al museo troviamo la “Mitre fating del 1626. Oro, argento gemme e perle; smalto, motivo interno, incisione. Donato dal Principe Mstislavskiy” (vedi fig. 13.25).
Una fotografia della mitra può essere trovata nel catalogo compilato da L. M. Spirinae intitolato “I Tesori del Museo di Stato dell’Arte e della Storia” a Sergiyev Posad ([809]).
Abbiamo visitato questo museo nel 1997 e scoperto un fatto interessante. C’è una grande gemma rossa nella parte frontale della mitra, proprio sopra la croce d’oro. Questa gemma ha un’iscrizione Araba incisa; questa iscrizione è piuttosto difficile da notare poiché si deve guardare la mitra da un certo angolo – altrimenti è resa invisibile dalla brillantezza della pietra. Abbiamo chiesto alla guida dell’iscrizione sulla pietra non appena l’abbiamo notata. La guida ha confermato l’esistenza della iscrizione incisa sulla pietra ma nessuno nel museo sapeva nulla della possibile traduzione.
Ancora una volta troviamo scritte Arabe su un artefatto Russo. Il fatto che la scritta sia nella parte frontale della mitra, proprio sopra la croce, e quindi sulla fronte di chi l’avrebbe indossata, chiaramente testimonia che l’iscrizione non abbia nulla di arbitrario e debba avere avuto un significato esplicito nell’epoca della creazione della mitra.
Citiamo il famoso “Kazan Hat” come un altro esempio del fatto che il cosiddetto stile “Orientale” sia in realtà lo stile medievale Russo che originava dal cuore profondo dell’Impero Russo, precedentemente conosciuto come l’Orda. Un lussuoso elemento reale per il capo che appare “chiaramente Orientale” e comunque è fatto per Ivan il Terribile da artisti Moscoviti (vedi fig. 13.26).
3. La parola "Allah", usata dalla chiesa Russa nel XVI e perfino nel XVII secolo, accanto alle citazioni dal Corano
3.1. "Il viaggio oltre i Tre Mari" di Afanasiy Nikitin
Abbiamo già sottolineato il fatto che molte armi Russe, come anche le vesti cerimoniali degli Zar Russi e persino la mitra medievale di un vescovo Russo siano tutte adornate con iscrizioni Arabe, delle quali possono essere identificate come passaggi del Corano (vedi Chron4, Capitoli 13:1-2). Questo dovrebbe indicare senza dubbio che la storia della Russia precedente al XVII secolo sia da noi conosciuta piuttosto approssimativamente e probabilmente in modo seriamente distorto. I Romanov devono aver fatto del loro meglio per nascondere la precedente prossimità (o anche dell’unità) della fede Ortodossa e dell’Islam nell’epoca del XIV-XVI secolo. Qua sotto forniremo ulteriori esempi che lo testimoniano.
Prendiamo la famosa opera di Afanasiy Nikitin intitolata "Il viaggio oltre i Tre Mari" ( [929] ). Si sa che è stata “trovata da N. M. Karamzin nella libreria del monastero Troitse-Sergiyev come parte di un almanacco di cronache del XVI secolo che egli chiamò ‘La Cronaca Troitskaya’” ([929], pag. 131). Diverse altre copie sono state trovate da allora; ce ne sono almeno sei conosciute oggi. La copia Troitskiy è considerata la più antica; ci riferiremo proprio a questa copia che fu trovata nella libreria del più importante monastero della storia Russa.
Citiamo alcuni dei più illustrativi passaggi. Il testo inizia con le parole: “Signore Gesù Cristo, abbi pietà dell’umile Afanasiy Nikitin e possano tutti i santi pregare per me” ([929], pag. 9). Il testo era perciò scritto da un rappresentante della fede Ortodossa. Il “Viaggio” è scritto in Russo per la maggior parte; comunque, Afanasiy Nikitin scivola nel Turco o nell’Arabo con evidente facilità e quindi riprende in Russo senza alcuno sforzo. Evidentemente l’autore e il suo uditorio erano multilingue. Comunque la parte più importante è che il linguaggio Turco e Arabo venga usato da Afanasiy Nikitin in preghiere Ortodosse Russe – o Ortodosso-Islamiche, per quanto la formula possa oggi sembrarci strana.
“L’intera popolazione dell’India ha l’abitudine di radunarsi al “butkhan” ... il numero di persone azar lek vakht basket sat azare lek. C’è una grande immagine di But [Buddha] al butkhan , scavata nella roccia che ricorda Giustiniano di Zar-Grad con una spada in mano” ([929], pag. 18). Il testo di Nikitin contiene un passaggio in Persiano (“azar lek vakht basket sat azare lek”), che si traduce con “il numero di persone ammonta a un migliaio di lek, e a volte a centinaia di migliaia” ([929], pag. 177). Non ci sono ragioni ovvie per cui Nikitin debba usare il Persiano qui – non sta citando, né cercando di comunicare lo spirito locale in questa maniera. Semplicemente ci comunica le sue impressioni, scivolando occasionalmente nel Persiano (e tuttavia usando caratteri Cirillici per trascrivere le parole Persiane).
A proposito, il fatto che la statua di Budda possa brandire una spada e che ricordi l’immagine di Giustiniano, l’imperatore Bizantino ci porta a supporre che il ”Culto del Budda” indiano abbia parzialmente incorporato il culto di Batu-Khan, il grande conquistatore, da cui l’uso della parola butkhan (Batu-Khan).
Un altro passaggio Arabo è il seguente: “Il Lunedì mangiano una volta al giorno. In India kak pachektur, a uchuzeder: sikish ilarsen iki shithel; akechany ilia atyrsenyatle zhetel ber; bulara dostor: a kul karavash uchuz charfuna hub bemfuna khubesia; kapkara am chuk kichi khosh. Quindi lasciò Parvati e andò a Beder” ( [929] , pag. 19) .
Ancora un altro esempio è una delle numerose preghiere in cui Afanasiy Nikitin usa il Turco, il Persiano e Arabo insieme al Russo. “Signore Onnipotente, creatore del Cielo e della Terra! Non girare la faccia dal tuo schiavo, lasciandomi catturare dalla tristezza. Oh Signore, gira gli occhi verso di me e abbi pietà di me poiché sono una tua creatura; non lasciare che io mi perda, oh, Signore, e conducimi sul sentiero della rettitudine, sebbene ci sia poca virtù in me in questo tempo di bisogno, e io sguazzi nel male tutti i giorni, oh Signore Allah, karim Allah, rahym Allah, Karim Allah, rahymelloh; Akhalim dulimo. Ho passato 4 giorni nella terra dei basurmans [non credenti, quelli di un’altra fede - Transl.], tuttavia io rimango fedele alla fede Cristiana; solo il Signore sa quello che accadrà” ([929], pag. 24).
Nikitin scivola nel Turco e nell’Arabo-Persiano nel mezzo della preghiera usando “Allah” invece di “Dio” ecc. Si potrebbe ipotizzare che Afanasiy Nikitin usasse linguaggi stranieri per collegarsi a realtà straniere; ma anche l’esempio citato sopra dimostra che ciò non è vero. Nikitin scrive di terre straniere in Russo per la maggior parte; comunque, quando ricorda la Russia comincia a scrivere in Turco o Arabo. È sufficiente ricordare la sua preghiera per la Russia - Nikitin ci dà una lunga lista delle meraviglie che ha visto in terree diverse e conclude con un appassionato ricordo della Russia (Urus) e una preghiera per la terra Russa. Scivola nel Turco fin dall’inizio: “La terra di Podolskè ricca e rigogliosa; a Urus erye tangry saklasyn; Allah sakla, khudo sakla, budo nyada munukibit er ektur; nechik Urus yeri beglyari akai tusil; Urus yer abadan bolsyn; raste kam deret. Allah, Khudo, Bog dangry ” ([929], pag. 25). La preghiera si traduce così: “Possa il Signore proteggere la terra Russa; Grande Signore! Non c’è un’altra terra come questa nel mondo intero... ” ([929], pag. 189).
È qui che la pazienza dei moderni commentatori arriva al termine. Sentono che il lettore ha diritto a una “spiegazione” e cominciano a districarsi in questa maniera sgraziata: “La preghiera di Afanasiy Nikitin esprime il sua amore per la Russia, la sua madre terra e simultaneamente – la sua disposizione critica verso il suo regime politico che spinge l’autore a usare il Turco invece del Russo nella sua preghiera” ([929], pag. 189).
Uno potrebbe chiedersi quale relazione ci sia tra questa “spiegazione scientifica” e il fatto che la parola Dio sia Trascritta come Allah nel testo di Nikitin? Pensiamo non ce ne sia una. Vediamo che Nikitin passa dal Turco al Persiano all’Arabo spesso e con evidente facilità, in preghiere e altrove. La quantità di simili passaggi è così grande che non abbiamo l’opportunità di citarli tutti ora.
In generale bisogna dire che il libro di Nikitin irrita gli storici moderni in molti casi – loro sono della curiosa opinione che la propria conoscenza della storia medievale prevalga sulle testimonianze di Afanasiy Nikitin, un contemporaneo e testimone oculare degli eventi di cui parla. Da qui le numerose critiche all’autore.
Afanasiy Nikitin scrive parecchio sul Buddismo e sul “culto di But”. Il commento moderno è: “È impossibile che la parola “But”possa stare per ‘Buddha’; è noto che . . . il Buddismo era stato completamente sgominato in India tra il VIII e il XI secolo d.c. Nikitin non può aver trovato Buddisti, né tracce del culto Buddista, da nessuna parte nell’India del XV secolo” ([929], pag. 176).
Perciò, Nikitin intendeva “qualcosa di completamente differente”. Si presume che la sua narrativa non debba essere interpretata letteralmente, ma piuttosto nella innaturale e convoluta maniera che intendono gli storici moderni.
Segue un altro esempio. Questo è ciò che Nikitin ci dice circa i nativi dell’India: “Ho chiesto loro tutto quello che ho potuto sulla loro fede; mi hanno detto che credevano in Adamo e che Buty era l’Adamo e tutta la sua famiglia” ( [929], pagg. 17 e 60). Perciò, Afanasiy Nikitin ci dà un’indicazione diretta di come la religione Buddista sia correlata alle sue controparti Europee poiché riconosce Adamo come l’antenato di tutta l’umanità.
Il commento degli storici moderni è questo: “Le parole di Afanasiy Nikitin . . . appaiono basate sull’interpretazione errata delle... parole degli Indù che non hanno nulla che assomigli al culto di Adam” ([929], pag. 176). Ancora una volta, Nikitin viene accusato di interpretare male le parole dei nativi, laddove gli storici odierni conoscono tutto per certo diverse centinaia di anni dopo, correggendo il testimone oculare del XV secolo quanto lo ritengono opportuno. Se fossero stati presenti allora avrebbero potuto aiutarlo nell’interpretazione di ciò che lui vedeva con i suoi occhi!
Si deve anche notare come Afanasiy Nikitin non usi il termine “Gerusalemme” nel suo moderno significato. Oggi siamo abituati ad usare la parola per riferirci a una singola città; comunque, Afanasiy Nikitin è certo che Gerusalemme significhi “la principale città santa”; differenti religioni (o nazioni) avevano la loro Gerusalemme. Questo è ciò che scrive: “Loro fanno il loro pellegrinaggio al loro But [Budda - Aut.] a Pervot ogni Quaresima; è la loro Gerusalemme, chiamata Mecca dai basurmans [non credenti, quelli di un’altra fede - Transl.] e Ierusalim dai Russi [RussRim, o “La Roma Russa” - Aut.] . In India è chiamata Parvat [probabilmente un derivato della parola Slava “perviy” - “la prima”, “la più importante” ecc. - Aut.]” ([929], pag. 19).
Nikitin riporta un fatto molto interessante. Evidentemente, Gerusalemme e Mecca non erano i nomi di effettivi luoghi geografici, ma piuttosto parole in differenti lingue che significavano la stessa cosa, ossia, la città che ospita la sede sacra della religione di cui si parla, o la capitale ecclesiastica di un dato paese. Ogni paese avrebbe naturalmente dovuto avere una capitale sua propria; queste capitali avrebbero potuto essere state trasferite da altre parti nel corso del tempo.
A proposito, questa potrebbe essere stata la ragione per cui Mosca era conosciuta come Gerusalemme (o Roma Russa) alla fine del XVI secolo (ricordiamo la frequente flessione dei suoni L e R). Così viene chiamata nella Bibbia Mosca (libri di Ezra e Neemia) – direttamente e non come una qualche allegoria. Ne discuteremo approfonditamente in Chron6.
Nikitin conclude il suo libro con un prolisso passaggio in Turco e Arabo ([929], pagg. 31-32; vedi una foto di questa pagina in fig. 13.27). Usa diverse frasi dal Corano in questo passaggio come “Isa ruhollo” = “Isa Rukh Allah”, o “Gesù, lo Spirito di Allah”. Così il Corano si riferisce a Gesù Cristo ( [929] , pag. 205). Tutto questo non collima con la versione Scaligeriana e Milleriana della storia Russa, mentre coincide molto bene con la nostra ricostruzione.
I nostri avversari potrebbero affermare che il testo di Nikitin sia distorto e i passaggi Turchi inseriti da un più tardo editore. Comunque uno può chiedersi come mai venga conservato nella libreria del monastero Troitse-Sergiyev in un simile caso; inoltre, ci sono esempi di frasi Russe e Arabe mescolate in testi ecclesiastici della Chiesa Ortodossa. Citeremo il seguente esempio usando materiali di provata autenticità come prova.
3.2. Autentico antico abito Russo del XVII secolo, decorato con tre tipi di carattere - Cirillico, Arabo e una "scrittura misteriosa" che oggi sfida l'interpretazione
Come abbiamo detto prima, gli scavi del 1942 condotti nel monastero Voskresenskiy di Ouglich portarono alla scoperta di un sarcofago che conteneva i resti del monaco Simeon Oulianov. La bara data al XVII secolo. Il sito in questione di 400 anni fa è unico: i resti del monaco sono in eccellenti condizioni e anche il suo abbigliamento. Il ritrovamento fu spedito alla città principale della regione - Yaroslavl. La ragione di una simile eccellente condizione dei resti umani e degli abiti fu indagata da parte dei medici di Yaroslav. La bara è tornata a di recente; oggi, l’abbigliamento monastico di Simeon Oulianov è in mostra al museo di Ouglich – nella cosiddetta Torre del Principe Dmitriy (vedi fig. 13.28). Il vero e proprio sarcofago e la placca museale con le informazioni sul sito del seppellimento sono visibili in figg. 13.29 e 13.30.
figg. 13.31, 13.32, 13.33, 13.34, 13.35 e 13.36 riproduce il disegno e le scritte trovate sulla veste monastica Russa del XVII secolo; dobbiamo evidenziare il problema dell’autenticità del ritrovamento. Questo lo rende radicalmente differente dalla maggior parte dei pezzi in mostra nei musei delle capitali. Ci sono diverse ragioni – prima di tutto, molti degli originali del XVI-XVII secolo sono stati distrutti dalla meticolosa e implacabile selezione degli ultimi 300 anni condotta dai rappresentanti della cosiddetta “scienza storica”. In secondo luogo, molti degli originali si sono disintegrati naturalmente. Nel caso presente, abbiamo un’unica possibilità di studiare un originale recentemente portato alla luce in buone condizioni. In più esso è rimasto sottoterra per tre secoli ed è stato quindi abbastanza fortunato da sopravvivere ai pogrom dei Romanov.. È anche stato abbastanza fortunato da essere trattato da medici e non da storici.
Cosa vediamo sulla veste? Si scopre che le parole delle preghiere canoniche in Slavonico Ecclesiastico sono mescolate con parole che ci paiono impossibili da capire e interpretare. La situazione è simile a quella incontrata col libro di Nikitin. Se consideriamo le tre righe più basse dell’iscrizione in fig. 13.35, vedremo che la prima può esser eletta tranquillamente come “krestu tvoe[mu]” (“alla tua croce”). Anche l’ultima riga non è difficile da interpretare - dice “ vkresenie ” - ovviamente “voskresenie” (“risurrezione”). Queste parole sono ovviamente Slave, e scritte in Cirillico. Comunque, la riga tra le due è già di impossibile interpretazione, a dispetto del fatto che i caratteri siano Cirillici e ogni lettera sia visibile. C’è scritto PKLAEKOTR; questa potrebbe essere una parola o frase Slava in teoria, ma lo consideriamo molto improbabile.
Come per i caratteri che vediamo sopra la croce e ai suoi lati, già troviamo impossibile interpretare le parole come quelle di un linguaggio Slavo. A parte questo, la prima riga che si può vedere in fig. 13.32 ovviamente dice “Ala ala” - “Allah, Allah” invece di “Oh Signore”, in altre parole. La linea verticale alla sinistra della croce contiene anch’essa la parola “Ala”, evidentemente usata in luogo della parola Slava per Dio (“Bog”). vedi figg. 13.33, 13.34 e 13.37; la frase va dal sotto in su.
Rivolgiamoci ora ai caratteri attorno al collare della veste monastica in questione. Si legge come “topomilu . . . pomilu” (la parte centrale dei caratteri è sul retro della veste e perciò non è visibile). Le lettere M e I costituiscono un’unica lettera. La frase ovviamente si legge “ Gospodi pomilui, Gospodi pomilui”, una formula standard della Chiesa Ortodossa (“Signore pietà” ripetuto due volte). Comunque la parola “Signore” (“Gospodi”) è sostituita dalla parola “To”. Evidentemente ci confrontiamo con un’altra parola Ortodossa scomparsa per “Dio” che veniva usata nel XVII secolo.
Perciò, quando i moderni cataloghi ci dicono dei manufatti del XVI -XVII secolo, sembrano completamente in contrasto con ciò che impariamo sugli oggetti datati alla stessa epoca e scoperti in circostanze che limitano il potere della censura degli storici, in un modo assolutamente sorprendente. Ci confrontiamo con uno strano affresco storico; comunque facilmente spiegabile con la Nuova Cronologia.
A. T. Fomenko e T. N. Fomenko visitarono la Cittadella di Ouglich nell'agosto del 2001 – in particolare il cosiddetto Palazzo (o Torre) del Principe Dimitriy. Il succitato sarcofago del XVII è esposto qui, dove i resti del monaco, il suo abbigliamento e il suo “rosario” furono trovati. Abbiamo fatto le migliori fotografie possibili dei caratteri delle parti accessibili dell’abbigliamento.
Abbiamo chiesto ai dipendenti del Museo della Cittadella di Ouglichd e abbiamo scoperto che il sarcofago conteneva anche una pergamena e un’ordinazione (conferimento di sacramenti). La pergamena era in cartapecora, trovata a fianco del monaco; l’ordinazione su carta, e poggiata sul suo petto. L’ordinazione è piuttosto corta, al contrario della lunga pergamena. L’ordinazione è scritta con la stenografia del XVII secolo; la pergamena ha caratteri Cirillici. Niente di tutto ciò è menzionato in alcuna etichetta didascalica da nessuna parte nel museo. Non ci sono pubblicazioni conosciute su Ouglich e sul suo passato storico che ricordino alcuna pergamena. Abbiamo naturalmente chiesto circa il contenuto dei documenti. I rappresentanti del dipartimento di ricerca scientifica del museo ci hanno risposto piuttosto vagamente che questi documenti “probabilmente contenevano la biografia del monaco”. La pergamena era arrotolata alla antica maniera – verticale e non orizzontale (vedi in Chron6, Capitolo 2:2.2, dove dimostriamo che le vecchie pergamene erano scritte in modo tale che no potesse leggere le righe consecutivamente dal basso verso l’alto srotolando la pergamena, dall’inizio alla fine). Simili pergamene venivano tenute verticalmente; le loro parti inferiori si sarebbero srotolate gradualmente. La pergamena trovata nel sarcofago del monaco Oulianov apparteneva proprio a questo tipo.
Succede quindi che un autentico documento Russo del XVII secolo sia sopravvissuto fino ai nostri giorni. Volevamo vedere entrambi i documenti o, in ogni caso un loro disegno o copia fotografica; comunque il dipartimento di ricerca ci disse (nel 2001) niente di ciò era rimasto nella Cittadella di Ouglich. I materiali sembra siano stati passati alla branca di Ouglich dell’Archivio di Yaroslav; comunque, alla nostra richiesta all’Archivio nel 2002, ci fu detto che gli originali non erano mai stati lì. In più l'archivio era presumibilmente privo di una copia del materiale in questione. C’era una singola fotocopia conservata nel monastero Svyato-Voskresenskiy di Ouglich, dove il sarcofago era stato scoperto inizialmente. Faremo del nostro meglio per studiare la fotocopia in questione e riportare i risultati nelle pubblicazioni che seguiranno; comunque ci hanno già detto che la fotocopia “non riproduce bene l’originale”.
Allo stesso tempo gli impiegati dell’archivio sosteneva che entrambi i documenti erano ancora posseduti dal museo della Cittadella. L’Archivio reindirizza le richieste al museo e viceversa; la situazione è completamente in stallo. Non abbiamo la possibilità di studiare questi documenti. In effetti, l’archivio riporta che il museo aveva inizialmente “perso” la pergamena, ma poi l’aveva “fortunatamente ritrovata”.
In effetti, gli impiegati dell’archivio di Ouglich ci dissero nel 2002 che anche il retro della veste è decorata da un iscrizione di qualche tipo con un grande disegno e il Golgota al centro. A dispetto della buona visibilità delle lettere, il testo non aiuta l’interpretazione (come anche l’iscrizione sulla parte frontale) e viene considerata una “scrittura segreta”. Non ci sono copie di questa iscrizione comunque. In più al momento del ritrovamento del sarcofago, i resti del monaco erano coperti da un ulteriore veste cerimoniale che copriva il suddetto abbigliamento monastico, si dice sia scomparsa senza lasciar traccia e non ci sono altri dettagli.
Inoltre, come scoprimmo nel 2001, lo staff di operatori del museo di Ouglich non erano presenti allo studio della pergamena – riportano di aver partecipato alle sessioni di interpretazione “episodicamente”. Il corpo principale dei lavori fu portato avanti dagli specialisti dell’Istituto Moscovita di Storia e Archivi. A dispetto del fatto che il testo sia di origine presumibilmente Russa, necessitava tuttavia di “interpretazione”. Per quanto riguarda i risultati dell'interpretazione, essi rimangono ignoti allo staff del museo, come confessano loro stessi. Gli archivi di Ouglich mostrano la stessa ignoranza. Non c’è una singola traccia di questa ricerca nel museo di Ouglich, nell’archivio della città o nel monastero; evidentemente, la maggior parte dei materiali in questione è stata portata a Mosca.
Quindi non abbiamo mai avuto la possibilità di studiare i documenti, nemmeno una loro copia, né i risultati della loro interpretazione. Gli scritti trovati sulla veste (che è scarsamente in corrispondenza con la versione della storia Scaligeriana e Milleriana) ci porta naturalmente a pensare che la pergamena debba aver contenuto anche delle “parti illeggibili” magari resi con caratteri che non si possono leggere oggi.
Ad ogni modo non appare chiaro il perché la mostra ufficiale dei ritrovamenti non ci abbia mai informato del fatto che il sarcofago contenesse pergamene con la biografia del monaco. Perché non erano in esposizione le pergamene o almeno le loro fotografie con, magari, particolari ingranditi, disegni del testo e loro traduzioni? Dopo tutto molti visitatori del museo sarebbero interessati a vedere autentici artefatti del XVII secolo.
Vogliamo fare una considerazione generale su quest’aspetto. Molti anni di esperienza di comunicazione con gli operatori museali ci hanno fatto notare un piuttosto strano effetto. Si capisce il senso di ciò di cui si sta parlando, purché si ascolti docilmente quello che ci viene detto. Questioni neutrali (circa il tessuto della veste ecc.) normalmente portano a cortesi e istruttive risposte. Tuttavia, qualunque questione che riguardi le basi della cronologia, in un modo o in un altro (il secolo di datazione di un dato ritrovamento e specialmente documenti o altri elementi che si basino sulla datazione) possono radicalmente cambiare la situazione. Domande che vadano oltre i discorso museale standard (tipo perché le armi Russe sono decorate con caratteri e lettere che vengono considerate esclusivamente Arabe oggi, qv in Chron4, Capitolo 13:1) ottengono risposte riluttanti come regola, e molto secche. I lavoratori museali dichiarano ignoranza, mancanza di interesse personale, o fanno riferimenti ai superiori gerarchici.
Domande “Inquisitorie” portano a tensione e irritazione; insistere porta ad aggressive reazioni – nonostante gli eventi in questione appartengano ad epoche lontane e non sembrino capaci di infiammare emozioni in una maniera così profonda. Si ha come l’impressione che la vera storia archeologica del Medio Evo (sia in Russia che nell’Europa Occidentale) sia stata resa un “informazione classificata” - in cui l’unica versione che abbiamo il diritto di conoscere sia la storia consensuale di Scaligero e Miller. Potrebbe essere che i lavoratori museali siano implicitamente spinti a soffocare l’interesse pubblico nella storia e nella cronologia delle antichità esibite nei musei una volta che viene superata una certa soglia?
4. L'uso occasionale della scrittura Araba in testi Russi, nell'epoca relativamente recente del XVIII secolo. diari di viaggio di Paolo di Aleppo
Citiamo un episodio particolarmente rappresentativo della storia del XVII secolo, che chiaramente dimostra che i testi Russi erano ancora scritti in diversi alfabeti a quell’epoca.
C’è un documento moto curioso del 1656 – i diari di viaggio “tenuti dall’Arcidiacono Paolo di Aleppo, un talentuoso scrittore ecclesiastico della metà del XVII secolo, che accompagnava suo padre, Macario III, Patriarca di Antiochia, in ogni viaggio. Nel 1656 il Patriarca fece la prima visita in Russia e visitò Mosca ... Aveva accettato l’invito dello Zar Alexei Mikhailovich di visitare il monastero Sawino-Storozhevskiy, particolarmente caro al monarca ([422], pag. 94).
Paolo di Aleppo tenne un diario regolare – un dettagliato resoconto del viaggio del Patriarca insomma. Questo poteva essere prescritto dalle regole della Patriarchia a quel tempo – scrivere il più dettagliatamente possibile delle visite ufficiali fate dagli alti membri del clero. Le registrazioni che sono sopravvissute fino ad oggi sono considerate molto importanti prove di eventi storici risalenti all’epoca di Alexei Mikhailovich. Grandi frammenti del testo di Paolo vengono citati in [422] ; uno può vedere chiaramente che i suoi diari erano voluminosi e contenevano un gran numero di dettagli.
Uno potrebbe chiedersi in che lingua fossero scritti. Ogni nostro contemporaneo, cresciuto nella cronologia Scaligeriano-Milleriana considererebbe perfettamente ovvio che l’Ortodosso Paolo di Aleppo, figlio del Patriarca Ortodosso di Antiochia, scrivesse i suoi rapporti di una visita allo Zar Ortodosso Alexei Mikhailovich in Russo o in Greco – un’altra possibilità è il Latino; comunque questo già apparirebbe strano. Invece scopriamo che i diari in questine sono scritti in Arabo, nientemeno. Gli storici ci dicono: “La scrittura completamente a mano di questi testi…. Fu pubblicata dal monastero Sawino-Storozhevskiy nel 1898 e intitolata “Il viaggio Russo di Macario, Patriarca di Antiochia, intrapreso a metà del XVII secolo’” ([422], pag. 95).
Comunque, i diari ci sorprendono ancora di più. Intanto si scopre che l’autore ortodosso di un documento datato al XVII secolo facilmente scivola dall’Arabo al Russo e usa l’alfabeto Arabo per trascrivere la parte Russa del testo. Questo è ciò che apprendiamo da un commento del XIX secolo sulla conversazione registrata con lo Zar Alexei Mikhailovich ([422], pagg. 98-99) nella su menzionata pubblicazione del diario datato al 1898: “Queste parole, così come l’intera conversazione tra lo scrivano e lo Zar che segue, sono scritte in Russo e trascritte nell’alfabeto Arabo” (citato secondo [422] , pag. 99). Si scopre che il testo Russo poteva essere scritto in Russo e reso in Arabo ancora così di recente come nell’epoca di Alexei Mikhailovich. La nostra ricostruzione spiega benissimo questo fatto.
Gli storici moderni hanno notato questo fatto, che ovviamente corrisponde poco alla loro versione della storia. E tirano fuori questa “ipotesi di spiegazione”: Macario II, Patriarca di Antiochia, si dice fosse “di etnia Araba” ([422], pag. 95). Non esiste nulla di scritto che provi questa versione da nessuna parte [422]; comunque, anche se fosse vera rimane la stranezza. I diari in questione erano scritti da un membro dell’entourage del Patriarca come documenti ufficiali; il loro linguaggio avrebbe dovuto essere il linguaggio ufficiale del Patriarcato Ortodosso (sia che fosse Russo che Greco). Le origini etniche dell’autore difficilmente avrebbero interessato qualcuno – avrebbe comunque dovuto scrivere nel linguaggio del Patriarcato Ortodosso e non in quello dei suoi genitori. Il Patriarcato avrebbe ovviamente licenziatolo scrivano altrimenti. Il fatto stesso che i diari scritti da Paolo di Aleppo in Arabo e Russo (trascritto in caratteri Arabi) ci abbia raggiunto significa che è stato conservato con cura come un importante documento ufficiale – verosimilmente del Patriarcato di Antiochia.
Comunque oggi ci viene detto che i documenti di questo tipo sono scritti in Arabo perché sono di origine Islamica. Comunque il Patriarcato di Antiochia è stato uno dei più importanti centri della Chiesa Ortodossa. Evidentemente gli eventi reali del XVII secolo devono essere stati radicalmente differenti dalla loro versione moderna.
5. Numeri Arabi ricavati dai simboli alfanumerici degli Slavi e dei Greci nel secolo XV-XVI d.c.
5.1. L'invenzione della notazione posizionale: quando è successo?
Normalmente oggi si crede che il sistema di notazione posizionale sia stato inventato in India in tempi immemorabili” ( [821], pag. 88), e poi adottato dagli Arabi. Questi ultimi lo hanno poi portato nell’Europa medievale. È qui che i “numeri Arabi” agirono come catalizzatore per il rapido sviluppo della matematica e del calcolo nella seconda parte del XVI e inizio del XVII secolo. In particolare, l’anno 1585 segna l’invenzione delle frazioni decimali ([821], pag. 1 19). Secondo D. J. Struik, il famoso specialista di storia della matematica, “è stato un importante sviluppo reso possibile da l’adozione di massa della notazione Indo-Arabica. Un altro sviluppo fondamentale è stata l’invenzione dei logaritmi” ([821], pag. 120). L’invenzione dei logaritmi ebbe luogo nella prima metà del XVII secolo ([821], pagg. 120-121).
Dobbiamo sottolineare che le frazioni decimali e i logaritmi non possono essere stati inventati prima dell’introduzione del sistema di notazione decimale posizionale. In più, questa invenzione deve essere stata relativamente facile dopo l’introduzione del sistema posizionale. Infatti, consideriamo l’invenzione delle frazioni decimali. Se il sistema di notazione che usiamo è posizionale, muovendo una cifra di un posto in su rende il valore di quella stessa cifra dieci volte più grande. La cifra dell’unità occupa il posto più basso nel sistema; l’idea di di continuare la notazione ulteriormente verso il basso, sotto la cifra dell’unità, è perciò del tutto naturale. Bisogna sottostare alla stessa regola – muovere una cifra verso il basso deve rendere il valore della stessa cifra dieci volte più piccolo. L’unica cosa che richiede questa invenzione è un separatore tra interi e frazioni, ossia il punto decimale. Per esempio, la figura 16.236 usa il punto per separare due posti di interi da tre posti di frazioni. Questa invenzione difficilmente richiede centinaia di anni, come la storia Scaligeriana della scienza vorrebbe farci credere. Ed è probabile sia stata invece fatta poche decadi dopo l’invenzione dello zero e del sistema di notazione posizionale.
L’invenzione dei logaritmi decimali deve essere stata leggermente più difficile, tuttavia non sarà stato un grosso problema, poiché parte dalla notazione posizionale decimale anch’essa. Il problema è che la parte intera di un algoritmo decimale rappresenta la lunghezza di un dato numero come viene trascritto nel sistema di notazione posizionale decimale meno uno. La semplice circostanza che ne consegue è abbastanza facile da notare, e deve essere stata notata senza troppo ritardo, cioè che la moltiplicazione di due numeri risulta in generale dalla somma della loro lunghezza; di tanto in tanto, richiede la sottrazione di uno. Questo dipende dal fatto che i logaritmi di due numeri multipli si sommano. Perciò la parte intera dei logaritmi viene sommata anch’essa; la sottrazione di uno è necessaria in casi in cui le parti frazionarie dei logaritmi di numeri moltiplicati sia uguale a uno dopo la somma. Evidentemente, i matematici medievali avrebbero voluto avere una stima più precisa a partire dalle caratteristiche della lunghezza di un dato numero, così che queste caratteristiche potessero sommarsi dopo la moltiplicazione dei numeri in questione. La corretta comprensione di questa idea porta istantaneamente al concetto di logaritmo. Questo è il vero problema che John Napier quando inventò i logaritmi all’inizio del XVII secolo. La sua concezione era inizialmente un po’ sgraziata, ma non c’è voluto molto per evolverla più o meno alle stesse condizioni in cui si trova oggi ([821], pag. 121). D. J. Struik che la prima tavola dei logaritmi decimali di interi (da uno a centomila) fu pubblicata per la prima volta nel 1627 ( [821], pag. 121) — appena 13 dopo la prima pubblicazione di questo argomento da parte di John Napier ([821], pag.120-121).
Quindi, il concetto di notazione decimale posizionale non può precedere di troppo l’introduzione delle frazioni decimale e dei logaritmi. Poiché i logaritmi sono stati inventati all’inizio del XVII secolo, si può presumere con certezza che la propagazione della notazione decimale posizionale non possa precedere la metà del XVI secolo d.c. Inizialmente è stato un concetto utilizzato dagli specialisti, come matematici e esperti di calcolo e in seguito si diffuse tra editori, artisti, insegnanti ecc.
Tuttavia, ci viene detto che gli artisti Europei Occidentali, così come i rappresentanti di altre professioni che avevano poco o niente a che vedere con la matematica, usassero tranquillamente il sistema di notazione decimale posizionale nel XV secolo e persino prima, lasciamo stare gli Indiani, che si presume lo usassero nel 500 a.c. ([755], pag. 20). Comunque, la stessa storia della scienza Scaligeriana ci dice che gli “antichi” Indiani hanno poi “dimenticato” le loro straordinarie conquiste nel campo della matematica. Eppure in qualche modo sono riusciti a passarla agli Arabi prima di questa strana amnesia, che hanno, quindi, portato la torcia dell’“antica sapienza” per secoli prima di illuminare l’ignorante Europa a un certo punto del Medio Evo, quando l’India era già entrata nell’epoca buia dell’ignoranza medievale, come anche l’Europa (perlomeno per quanto riguarda la matematica). Ad ogni modo, ci dicono che “abbiamo veramente pochi dati circa lo sviluppo della matematica in Cina e India; molti pezzi di prove materiali sono scomparsi, o semplicemente non sono stati scoperti fino ad oggi” ( [755] , pag. 45).
Pensiamo che questa immagine sia falsa e innaturale. Possiamo facilmente stimare la data approssimativa di quando il sistema di notazione decimale posizionale è stato scoperto dal rapido sviluppo e propagazione di questo concetto; è iniziato alla fine del XVI secolo ([821]). Perciò, la nascita del concetto in questione deve essere datato alla metà del XVI secolo e non prima. Non ha alcun senso separare la nascita del concetto dalle sue dirette e ovvie conseguenze di centinaia d’anni e addirittura migliaia, come fa la storia Scaligeriana. Perciò, tutti gli “antichi” testi Babilonesi, Indiani, Arabici e gli altri che impiegano in sistema decimale posizionale in un modo o nell’altro non possono precedere il XVI secolo. Questa osservazione riguarda pienamente le famose tavolette cuneiformi della Mesopotamia. Ci dicono che gli “antichi Sumeri” usavano liberamente la notazione posizionale nel terzo millennio a.c. ([821], pag. 40). Si presume anche che abbiano facilmente risolto equazioni lineari e quadriche con due variabili duemila anni prima di Cristo. D. J. Struik riporta quanto segue: “I Babilonesi dell’epoca di Hammurabi controllavano perfettamente la tecnica per risolvere le equazioni quadriche. Potevano risolvere equazioni quadriche e lineari con due variabili e persino problemi con equazioni cubiche e biquadratiche” ([821], pag. 42). Nel primo millennio prima di Cristo, gli antichi “Sumeri” potevano già fare calcoli “resi alla diciassettesima unità esadecimale. Calcoli di simile complessità non erano richiesti da problemi di tassazione e nemmeno da misurazioni – nascevano dalla necessità di risolvere problemi astronomici” ([821], pag. 44).
Siamo dell’opinione che tutte queste conquiste degli “antichi” matematici Sumeri furono fatte nel XVI-XVII, o persino XVIII d.c. e non prima di Cristo. È significativo che persino John Napier, l’inventore dei logaritmi, “tentasse di evitare operazioni con le frazioni” ([755], pag. 130). Gli specialisti di storia della matematica ci dicono che normalmente che lui facesse “facilmente” queste operazioni; tuttavia, il fatto stesso che cercasse di eludere le frazioni ci dice molto – e non dovrebbe essere percepito come strano, poiché, come abbiamo visto, le frazioni decimali furono inventate nel 1585, quando John Napier (1550-1617) aveva 35 anni ([821], pag. 121). Prima di allora, le operazioni con le frazioni (non-decimali) erano scomode e piuttosto complesse. Matematici, contabili, ragionieri e astronomi che avevano vissuto in Mesopotamia nel XVI-XVIII secolo evidentemente non avevano molta carta a disposizione, da qui l’uso delle tavolette per i calcoli. Le tavolette di argilla divennero obsolete nel XVIII-XIX secolo, quando la carta divenne un articolo facilmente accessibile. Le tavolette furono scoperte circa 100 anni dopo dagli archeologi dell’Europa Occidentale e istantaneamente proclamati “antiche prove che testimoniano la grandezza della scienza Sumera”, che presumibilmente nacque nel III millennio a.c. I residenti non ebbero nulla da obiettare.
5.2. Le origini delle cifre arabe utilizzate per la notazione posizionale
D. J. Struik riporta: “I simboli utilizzati per trascrivere le cifre nella notazione posizionale sono state diverse; comunque si può distinguere tra due tipi primari – i simboli Indiani usati dagli Arabi Orientali, le cosiddette cifre gobar (o gubar) usate dagli Arabi Occidentali in Spagna. Simboli del primo tipo sono ancora usati nel mondo Arabo; anche il sistema moderno, sembra derivato dalle gobar” ([821], pag. 89).
Il problema delle origini della “notazione Araba rimane ancora un mistero per la storia della scienza Scaligeriana. Ci sono diverse teorie a proposito – quella di Vepke, per esempio, che suggerisce che i simboli siano arrivati nell’Occidente nel presunto V secolo d.c. da Alessandria grazie ai neo-Pitagorici ([821], pag. 90) . Un altra teoria è stata esposta da N. M. Boubnov; sostiene che i simboli “gobar” sono di origine Greco-Romana ( [821 ] , pag. 90). Comunque nessun sistema fa riferimento ai predecessori dei familiari numeri Arabi. Si dice siano derivati dagli antichi (come dire “dimenticati”) simboli Greco-Romani e, alternativamente, Alessandrini – anch’essi dimenticati e perciò sconosciuti.
V. V. Bobynin, il famoso ricercatore Russo di storia della matematica dice: “La storia dei nostri simboli numerici è un insieme di assunti sparpagliati da congetture arbitrarie che hanno preso consistenza assiomatica dovuta all’uso di metodi suggestivi” (citato da [989], pag. 53). Gli autori dell’Enciclopedia ( [989] ) riportano diverse teorie riguardo l’origine dei numeri Arabi, concludendo con la seguente profonda osservazione: “Perciò non abbiamo ancora nessuna valida ipotesi che spieghi in modo soddisfacente le origini dei numeri che usiamo” ([989], pag. 53).
Noi preferiamo l’ipotesi che offre la spiegazione più semplice. Una volta che l’abbiamo ponderata adeguatamente lasciando perdere i dati scolastici Scaligeriani, l’origine dei “numeri Arabi” diventa piuttosto ovvia. Identifichiamo l’immediato predecessore del sistema posizionale nel sistema di notazione semi-posizionale Greco-Slavo qui sotto; è ovvio che la versione usata era Slava e basata sul sistema stenografico Russo del XVI secolo. Tutto ciò è probabilmente accaduto nel XVI secolo, l’epoca in cui il sistema posizionale fu scoperto, qv. Sopra. Approfondiamo i dettagli qua sotto.
Il sistema usato in Russia prima dell’invenzione sistema posizionale era semi-posizionale, con tre segni diacritici esistenti per ogni simbolo decimale [782], edizione 1, pag. 16). Uno di questi segni significa cifre dell’unità, un altro per cifre decimali e il terzo stava per le centinaia, qv in fig. 13.38. Lo zero era del tutto assente.; comunque, siccome il simbolo dell’unità differiva da posto a posto, l’indicazione del posto sarebbe stata contenuta nel simbolo effettivo. Questo avrebbe permesso di realizzare tutte le operazioni aritmetiche con interi più piccoli di mille. Gli interi più grandi di mille richiedevano l’uso di simboli speciali (vedi fig. 13.38). I caratteri Cirillici sono serviti a questo scopo.
Facciano alcuni commenti circa la tabella in fig. 13.38. Per esempio la figura dell’uno avrebbe potuto essere rappresentata in tre modi:
1) La lettera A se la figura in questione stava per la cifra dell’unità.
2) La lettera I se la figura stava per le decine.
3) La lettera P se la figura stava per la cifra delle centinaia.
Per esempio 101 sarebbe stato scritto PA. Il sistema posizionale moderno utilizza lo zero per questo numero, ma non c’erano zeri nell’antico sistema di notazione semi- posizionale Slavo; comunque, proprio le lettere utilizzate dimostrano che una di loro rappresenta la cifra dell’unità e l’altra sta nel posto delle centinaia
Perciò, la trascrizione di interi tra l’1 e il 1000 avrebbe richiesto il triplo dei simboli che utilizziamo oggi. (nove se non contiamo lo zero) - 27 caratteri Cirillici con tre caratteri che prendono la parte di una cifra singola. La tabella in fig. 13.38 ordina questi 27 caratteri in tre linee; vediamo tre differenti caratteri Cirillici sotto ogni numero “Arabo”. Le altre quattro linee ripetono la prima; i caratteri sono accompagnati da simboli speciali che rappresentano i posti rimanenti (tra le migliaia e i milioni). Non viene usata nessuna lettera.
Come è successo che il sistema di cui sopra sia stato sostituito dal successore posizionale,completo di zero e altro? Questo avrebbe richiesto la selezione di nove simboli dai 27 – uno di questi per “1”, un altro per “2” e così via. I numeri Arabici derivano da caratteri alfanumerici Slavi e Greci dopo l’invenzione dello zero. La seconda lettera dell’alfabeto Slavo veniva presa al posto della seconda lettera dell’alfabeto Greco. Ed è precisamente quello che è accaduto. Come vedremo più sotto, questo ha permesso la creazione dei “numeri Arabi” usati oggi, il che rende ovvio che i loro inventori usavano la notazione semi-posizionale Greco-Slava. Inoltre, molti dei “numeri arabi” sono basati sulla versione stenografica di lettere Cirilliche come venivano usate nel XVI secolo. Questo può solo significare una cosa – gli inventori dei “numeri Arabi” conoscevano bene quelli Russi, e la scrittura stenografica del XVI secolo era qualcosa a loro familiare. Questo elimina il “grande mistero” della storia Scaligeriana, rendendo evidente l’origine dei “numeri Arabi”. Noi crediamo che siano derivati dalla versione stenografica delle “lettere numerali” Greco-Slave usate dai Russi nel XVI secolo. Inoltre, altri dettagli cdi cui parleremo inseguito dimostrano che i “numeri Arabi” erano la scrittura stenografica e non Greca – in quanto i due alfabeti sono leggermente differenti.
Consideriamo ora la tabella in fig. 13.39, trattando ogni figura separatamente.
1) La figura dell’uno. Il simbolo scelta per rappresentare la figura dell’uno è la lettera I che precedentemente stava per le dieci cifre, la più semplice delle tre. È evidenziata in fig. 13.39; la versione finale è stata la figura Indo-Arabica dell’1.
2) La figura del due. Questa figura deriva dalla B – la seconda lettera dell’alfabeto Slavo. Non esiste nell’alfabeto Greco, dove abbiamo A seguita da B, che è derivata da un inversione della B nella stenografia (vedi fig. 13.39). È così che la familiare figura del due è nata. L’autore del nuovo sistema numerico chiaramente dimostra la preferenza per l’alfabeto Slavo piuttosto che per quello Greco.
Considereremo la figura del tre più avanti, poiché il simbolo che lo rappresenta è stato scambiato con la figura del sette.
4) La figura del quattro. Questa figura viene usata in due versioni – chiusa e aperta. La prima deriva dalla lettera Slava Д, che troviamo utilizzata come la cifra dell’unità e la seconda – dalla lettera Slava У, che rappresenta il 4 nel posto delle centinaia, qv in fig. 13.39. Quest’ultima è dunque l’ovvio precursore della figura Indo-Arabica del quattro.
Ometteremo la figura del cinque, del sei e del sette per il momento, poiché la loro posizione è stata riorganizzata
La figura dell’otto. Deriva dall’Omega Slava che stava per la figura dell’otto al posto delle centinaia. La lettera è ruotata di 90 gradi, qv in fig. 13.39; è così che la figura “Indo-Arabica” dell’8 è nata.
9) La figura del nove. La cifra “Indo-Arabica” in questione si identifica come la versione non-standard del nove nel posto delle centinaia che veniva usata solo in Russia. La notazione Greco-Slava usava la lettera ц a questo proposito; comunque i Russi impiegavano anche la lettera я. La vrsione stenografica della lettera è di fatto la figura del nove con un tratto extra, che la trasforma nel numero “Indo-Arabico” che usiamo oggi (vedi fig. 13.39). Questa versione stenografica fu canonizzata durante la riforma di Pietro e usata da allora con leggere modificazioni. In fig. 13.40 riproduciamo un campione di scrittura stenografica Russa che data ai primi del XVII secolo ([791], edizione 19, nota). Quello che vediamo è la parola Russa per bandiera, znamya; la sua lettera finale è R.
Consideriamo ora le figure “Indo-Arabiche” del tre,cinque, sei e sette.
3 e 7) Tre e sette. La figura “Indo-Arabica” del 3 deriva dalla versione stenografica Russa della lettera 3, che è stata utilizzata per rappresentare il sette come cifra delle unità (vedi fig. 13.39). Vediamo la lettera e il numerale assolutamente identici! Come la figura “Indo-Arabica” del 7, deve la sua esistenza alla lettera Russa T in stenografia, che ha rappresentato il tre nella cifra delle centinaia (vedi fig. 13.41). Perciò, il simbolo usato per il 3 e 7 è stato scambiato per qualche motivo.
5 e 6) Cinque e sei. La figura “Indo-Arabica” del 5 ha origini dalla versione stenografica della lettera Russa zelo, un tempo usata per rappresentare il sei come cifra delle unità (vedi fig. 13.39). Inversamente, la figura “Indo-Arabica” del sei deriva dalla lettera Slava E nella scrittura stenografica, che una volta rappresentava la figura del cinque come cifra delle unità (effettivamente, la versione stenografica è molto vicina alla lettera E nel corsivo del moderno Russo). Gli inventori della scrittura “Indo-Arabica” hanno semplicemente utilizzato una riflesso specchiato della lettera Slava E per la figura del sei. In fig. 13.42 si vede un altro esempio di scrittura stenografica Russa del primo XVII secolo, nella quale la lettera E al termine della parola velikiye (“i grandi”) è trascritta come la figura specchiata del 6 ( [787], edizione 7). Le figure del cinque e del sei sono state anche scambiate in maniera piuttosto strana, come le figure del tre e del sette.
0) Zero. Il numero usato per lo zero è di particolare interesse per noi, poiché l’introduzione del nuovo sistema di notazione divenne possibile solo dopo l’invenzione dello zero., che sta per una cifra mancante, o uno spazio vuoto. Zero viene usato come una specie di segnaposto; il simbolo usato è molto probabilmente l’abbreviazione di una parola. Quale esattamente? Se si presume che la parola in questione sia Slava la spiegazione è piuttosto semplice. Secondo V. Dahl, la preposizione o è la forma arcaica della moderna preposizione Russa ot ([223], Volume 2, colonna 1467). Questa preposizione viene comunemente usata per riferirsi a un’assenza di qualche cosa; il dizionario etimologico ci dice che ot è “un prefisso verbale che porta il concetto di cessazione, distanza o rimozione” ( [955] , Volume 1, pag. 610). Avrebbe perciò un senso indicare l’assenza di una cifra con un simbolo che ricorda la lettera O. Evidentemente è da qui che nasce lo zero.
È anche possibile che nol, la parola Russa per “zero”, sia derivata dalle parole dell’antico Russo noli e nolno. La parola è oggi obsoleta, ma è stata usata comunemente fino al XVII secolo come un avverbio restrittivo che si può tradurre come “non prima di”, in particolare ([789], pag. 421). Gli Zero nella notazione posizionale possono anche essere visti come simboli restrittivi, che precludono alle cifre vicine l’occupazione dello spazio di quella mancante. La vecchia notazione semi-posizionale si limiterebbe a sommare tutte le cifre e omettere i posti vuoti – da cui la necessità di usare tre simboli per la trascrizione di una singola cifra per distinguere tra unità, decine e centinaia. Questo non avviene nel sistema posizionale a causa dell’uso degli zeri, che vengono utilizzati per tenere le cifre al loro proprio posto. È perciò possibile che lo zero sia stato visto inizialmente come un simbolo restrittivo, essendo il suo nome Russo (“nol”) un logico derivato dell’avverbio descrittivo nolno usato nell’Antico Russo. I due suoni sono molto simili.
A parte questo, l’antica parola Russa noli è stata usata per riferirsi a un concetto irrealizzabile, o una possibilità che non accadrà mai, come uno può facilmente vedere per esempio dalla seguente frase in Russo Antico: “pomyshlyal yesm v sebe: noli budu luchii togda, no khud yesm i bolen” ([789], pag. 420). La frase si traduce con “Ho pensato che sarei stato meglio, ma sono magro e malato”. La parola in Russo Antico “noli” usata in questo senso colpisce gli autori come un possibile antenato del nuovo nome del simbolo, “nol”. Lo zero può anche essere interpretato come simbolo di una “possibilità non realizzata”, che possiamo percepire come la mancata opportunità di utilizzare una cifra con un valore numerico esplicito al posto dello zero. Lo zero ci dice che lo spazio che occupa è privo di valore numerico che in teoria avrebbe potuto avere.
Uno può naturalmente tentare di tracciare le origini dello simbolo dello zero ( dalla parola Latina “ov”, che si può tradurre come “al posto di” ([237], pag. 684). E tuttavia ci si può chiedere se questa “antica” parola Latina possa derivare dal prefisso slavo ob , che costituisce parte della parola Russa obmen, “scambio”. Molte delle “antiche” parole Latine sono state originariamente importate dallo Slavonico come dimostriamo nel nostro Glossario dei Parallelismi (vedi Chron7).
E così, il nome della nuova cifra (“nol”, cf. le parole inglesi “null” e “nil” la parola Tedesca “Null” ecc), è molto probabilmente di origine Slavonica. Similmente i nuovi numeri “Indo-Arabici” non sono che versioni leggermente modificate di lettere di Russo Antico che erano una volta usate come numerali. La notazione posizionale è quindi una scoperta relativamente recente che difficilmente precede la fine del XVI secolo – un lontano grido di dolore dal Medio Evo, o l’epoca in cui si presume sia stato inventato nella versione fallace della cronologia Scaligeriana.
Concludiamo con la seguente osservazione. È teoricamente possibile cercare lettere che assomiglino ai numeri “Indo_Arabi” in altri alfabeti. Comunque è necessario sottolineare che antichi alfabeti scelti casualmente non sono probabilmente adatti allo scopo. La scoperta di lettere che “assomigliano a numeri” in un dato alfabeto è certamente possibile. L’obiettivo è scoprire simboli alfabetici che fossero realmente usati come numeri nel Medio Evo. A parte questo, data la natura conservativa delle indicazioni nel loro insieme, i simboli usati nella nuova notazione devono corrispondere ai rispettivi valori degli antichi “numeri alfabetici”. Pensiamo che questo sia il caso dell’alfabeto Greco-Slavo e dei numeri “Indo-Arabici”. Non ha senso considerare simboli arbitrari da altri alfabeti che non sono mai stati utilizzati come numeri.
La conclusione a cui siamo giunti, cioè che la convenzione dello zero sia della fine del XVI secolo e non prima, è in perfetta coincidenza con il seguente fatto storico, conosciuto universalmente e del tutto incomprensibile dal punto di vista Scaligeriano. Si suggerisce che lo zero sia stato inventato nella “profonda antichità”. Comunque è stato fatto notare anche nel XVI secolo, nessun matematico considerasse lo zero come una radice dell'equazione ([219], pag. 153). In più, specialisti di storia della scienza riportano come l’idea naturale di rendere la parte esatta di una data equazione uguale a zero risale al tardo XVI – inizio XVII secolo e non prima ([219], pag. 153). E poi ci viene detto che il concetto di zero sia stato introdotto diverse centinaia di anni prima: “La radice dell’equazione uguale a zero è stato un concetto alieno per la scienza matematica del Rinascimento. La forma canonica delle equazioni fu inventata dall’inglese Thomas Harriot (1580-1621) nel suo libro intitolato L’Applicazione dell’Arte Analitica” ( [219], pag. 153). Questo può solo significare una cosa, e cioè che l'espressione numerica che rappresentasse lo zero non esisteva prima della fine del XVI secolo. Difficile un’altra spiegazione.
5.3. Tracce ben visibili di sei trasformati in cinque trovate nei vecchi documenti
Consideriamo, per esempio la ben nota incisione del famoso artista medievale Albrecht Diirer (che si presume vissuto nel 1471-1528) intitolata “Melencolia” (vedi fig. 13.43; presa da [1232], numero 23). Nell’angolo in alto a destra dell’incisione vediamo il cosiddetto “quadrato magico”, quattro righe per quattro colonne. La somma dei numeri in ogni riga è uguale alla somma dei numeri contenuta in ogni colonna, cioè 34. In fig. 13.44 riproduciamo un ingrandimento del quadrato e in fig. 13.45 si vede l’ingrandimento della della prima cella della seconda riga, la quale contiene la figura di un cinque. Questa è la figura richiesta per rendere il quadrato in questione un “quadrato magico”. Comunque uno studio attento ci mostra immediatamente che la figura del cinque è una figura corretta di un sei (vedi fig. 13.45). È facile da spiegare il motivo - la figura moderna del sei inizialmente era ascritta al numero cinque e viceversa – il moderno cinque stava per il sei nel XVI secolo. Il “quadrato magico” di Durer usava inizialmente le “vecchie indicazioni”. L’alterazione avrebbe dunque portato alla perdita delle proprietà”magiche” del quadrato. L’incisione andava corretta – questo può essere stato fatto da Durer stesso, o anche da uno dei suoi apprendisti o seguaci. Questa particolare incisione porta distintamente il segno della campagna di correzione del numero del XVI-XVII secolo; comunque, simili tracce si trovano molto probabilmente anche in altri lavori o documenti.
5.4. Modifiche del XVII secolo introdotte nelle vecchie datazioni
Il fatto che i valori dei numeri “Indo-Arabici” fosse ancora in fase di fluttuazione all’inizio del XVII secolo dev’essere stato usato dagli Scaligeriani per la falsificazione dei dati appartenenti a quell’epoca. Supponiamo che un certo documento porti una data che corrisponde all’inizio del XVII scolo - 1614, per esempio, trascritto alla vecchia maniera (come 1514, cioè – il secondo simbolo deriva dalla lettera “zelo”, e stava inizialmente per sei). Il valore del numero in seguito cambia e diventa uguale a cinque. Se ci dimentichiamo il valore originale del numero in questione, la data in questione, il 1514 si trasformerà in millecinquecento e quattordici, mentre doveva essere milleseicento e quattordici. Quello che otteniamo sono cento anni in più. Questo semplice metodo permise di retrodatare una gran quantità di documenti del XVII secolo. Evidentemente, gli storici Scaligeriani del XVII-XVIII secolo hanno usato questo metodo in modo massiccio. Molti degli eventi del XVI-XVII secolo scivolarono indietro di cento anni come risultato. Di fatto siamo già a conoscenza dello scivolamento centenario inerente la storia dell’Europa, e della storia Russa in particolare.
È possibile che i valori alterati dei numeri alfabetici “Indo-Arabici” sia stato utilizzato per un fine particolare – nascondere le origini Panslavistiche dei numeri “Indo-Arabici”. Questo deve essere successo nell’epoca del declino e frammentazione del Grande Impero "Mongolo", o nella prima metà del XVII secolo, quando la “nuova storia” dei tempi antichi e recenti veniva introdotta. Discuteremo questo problema in Chron6, indicando come la creazione di nuovi linguaggi, nuove regole grammaticali erano prioritarie nell’agenda del programma di indipendenza degli stati Europei Occidentali. La distorsione deliberata del sistema di notazione utilizzato precedentemente deve essere stato uno degli sforzi cruciali dei riformisti. Tutto questo doveva servire l’obiettivo di spezzare i legami col precedente Grande Impero "Mongolo" e le sue tradizioni linguistiche e il sistema di cifre in particolare. Perciò il 5 prese il posto del 6, e il 3 - del 7. La connessione tra i numeri Slavi e le introdotti di fresco controparti Europee Occidentali divenne meno ovvio; richiede qualche sforzo per essere scoperto oggi. Senza queste manipolazioni, la connessione sarebbe stata evidente. Basta ricordare la figura del 3, identica alla lettera Slava 3.
È stato stabilito esplicitamente che quanto detto sopra non implichi che i numeri “Indo-Arabici” siano stati inventati in Russia. È possibile che i suoi inventori siano arrivati dall’Egitto o dall’Europa Occidentale originariamente, vedendo quanto era ancora unito l’Impero nel tardo XVI – primi del XVII secolo. Diverse provincie imperiali avevano giocato parti diverse in modo razionale e conveniente. Gli Zar, o Khan dell’Orda avevano sviluppato l’industria cantieristica in alcune regioni, mentre altre erano specializzate nelle scienze, belle arti, medicina e così via. Tutte le conquiste e scoperte venivano immediatamente messe in uso in tutto l’Impero “Mongolo”, mentre la corte Imperiale dell’Impero ( e il Grande Zar, Khan o Imperatore) diventava proprietario dei frutti del lavoro (fisico, intellettuale e così via). Comunque la frammentazione dell’impero portò a uno strano fenomeno circa – per esempio l’apparire di gravi competizioni interregionali (pretese di supremazia medica o scientifica di una regione sull’altra e cose simili). Niente di tutto ciò esisteva prima della caduta dell’impero – una ragione costruiva orgogliosamente cannoni, un’altra cantieristica navale ecc. Cannoni e navi erano proprietà comunale dell’Impero, costruiti in accordo con i piani generali imperiali di sviluppo decisi nella cancelleria dell’Imperatore.
Perciò ripetiamo che i numeri “Indo-Arabici” possono essere stati inventati in qualsiasi regione dell’Impero che si distinguesse per concentrazione di centri scientifici che avessero ricevuto finanziamenti addizionali dal tesoro imperiale. Comunque insistiamo sul fatto che questa invenzione sia stata il necessario gradino logico dopo l’antica tradizione Slava di trascrivere numeri come lettere, e che questa tradizione è stata l’unica che avrebbe potuto portare alla invenzione dei numeri “Indo-Arabi”. Se il luogo della loro invenzione si trova in Europa significa solo che li Europei usavano lettere Slave a un certo momento del loro passato. Se la notazione posizionale è un’invenzione Russa, gli Europei Occidentali devono aver importato i numeri Slavi, probabilmente anche riaggiustandoli in qualche modo, scambiando le rispettive posizioni del cinque e del sei, come del tre e del sette.
Il lettore potrebbe interrogarsi sull’assenza dei primi numeri “Indo-Arabi” dai primi antichi documenti Russi. Potremmo spiegarlo nella seguente maniera Evidentemente i numeri “Indo-Arabici” ebbero piena circolazione in tutta l’Europa Occidentale ( e divennero di rigore nei documenti ufficiali e simili) nel XVII secolo; la Russia incominciò a usarli in massa all’epoca di Pietro il Grande, poco dopo.
One must distinguish between the stage of the “Indo-Arabic” numerals’ invention in the late XVI - early XVII century, and the period of their propagation, which falls on the XVII century and postdates the fall of the Empire, when the Russian society had already been made culturally dependent from Western Europe by the new dynasty of the Romanovs. Thus, the new Romanovian Russia hastened to adopt the very same numerals as the ones that had started to propagate across the Western Europe a short while earlier.
Se il sistema di notazione posizionale fu inventato al massimo all’inizio del XVII secolo, e il suo uso diffuso iniziò un paio di decadi dopo, intorno alla metà dello stesso secolo, non è possibile incontrare questa notazione in nessun documento che sia precedente alla fine del XVI secolo. Quando sentiamo storie di antichi documenti con datazioni “Indo-Arabiche” come 1250, 1460 o anche 1520, scritte presumibilmente in quei giorni sereni, dovremo pensare che siano dei falsi – che possono essere in documenti di un‘epoca molto più recente o false datazioni “Indo-Arabiche” scritte su reali vecchi documenti dai falsari. Così come per le datazioni del presunto XVI secolo, alcuni di loro possono in realtà appartenere al XVII secolo, come spiegato sopra. I moderni storici intepretarono erroneamente la vecchia figura che una volta stava per il sei, sostenendo che corrisponda con la moderna figura del cinque, poiché i due simboli sembrano identici. Questo ci riporta al problema di quando i personaggi pubblici del XV-XVI secolo che oggi conosciamo hanno realmente vissuto. Per esempio ci dicono che Albrecht Durer, il famoso artista, è vissuto nel 1471-1528. Possiamo dubitarne tranquillamente, deve aver vissuto nel tardo XVI secolo, inizio del XVII secolo poiché le antiche date che cominciano con 15 appartengono invece al XVII secolo e ne vediamo in abbondanza sui suoi disegni e pitture, l’inizio del XVII secolo è la vera epoca in cui le sue famose incisioni e la carta delle stelle di Tolomeo, l’Almagesto sono state create, come il resto delle opere di Durer.
Ricordiamo che la nostra analisi dell’Almagesto dimostra che questo libro, nella sua forma moderna,sia da datare al massimo all’inizio del XVII secolo, qv in Chron3. Così come Durer la carta delle stelle dell’Almagesto è stata fatta intorno allo stesso periodo e non un secolo prima.
Ora citeremo diversi esempi di come un certo numero di importanti artisti medioevali trascrive le date sui propri dipinti e disegni. Questo renderà chiaro come questi lavori artisticvi siano stati fatti un secolo più tardi di quanto ci racconta la cronologia consensuale.
In fig. 13.46 possiamo vedere un autoritratto di Albrecht Durer ( [ 1232] , painting #1 ). Possiamo vedere la data sulla testa dell’artista abbastanza chiaramente (fig. 13.47). Oggi questa data viene interpretata come 1493; comunque, facciamo attenzione alla seconda cifra dalla sinistra, la figura del quattro. Questo simbolo potrebbe essere una leggera variazione della lettera Slava E, che un tempo stava per 5? Se questo è il caso, la data sull’autoritratto di Durer deve essere letta come 1593 – la fine del XVI secolo e non il XV, come oggi la maggior parte delle persone crede.
In fig. 13.48 vediamo un’incisione di Durer ([1232], #4). Ancora una volta vediamo una data in cima alla figura (vedi fig. 13.49). Questa data si legge oggi 1494; comunque, un più attento studio della cosiddetta “figura del quattro” rivela che quest’ultima ricorda il corsivo della lettera Slava E.; se questo fosse vero la data diventerebbe 1595 e non 1494.
Un altro dipinto di Durer in fig. 13.50 ([1232], #11). Anch’esso ha una data (vedi fig. 13.51). La data viene normalmente interpretata come 1499 – comunque, ancora una volta vediamo un derivato della lettera Slava E e non la figura del quattro. Questa lettera sta per la figura del cinque nella sua trascrizione arcaica. La reale data del disegno è perciò 1599 e non 1499.
In fig. 13.52 vediamo un’altra incisione di Durer ([1232], #12). La data è sul fondo (fig. 13.53). L’interpretazione consensuale della data è 1502 – comunque la seconda cifra sta per sei e non cinque come abbiamo già spiegato.. Doventa perciò perfettamete chiaro he la brillante tecnica di disegno di Durer sia in realtà una conquista del XVII secolo.
Ancora un’altra pittura di Albrecht Durer è riprodotta in fig. 13.54 ([1232], #16). Vediamo una data sulla testa della giovane donna (fig. 13.55). Ancora una volta dobbiamo ribadire che la data è 1606 e non 1505 poiché sappiamo che il simbolo usato per la figura del cinque una volta rappresentava il sei. A parte questo, la prima cifra è disegnata come X e non I (fig. 13.55). Questa lettera è l’iniziale del nome “Χριστός”, or “Cristo”, che conferma la nostra teoria che le prime cifre delle antiche datazioni fossero originariamente la rappresentazione della lettera I (la prima lettera del nome Iesus – scritto anche Iesu, o Hsus in Russo). La lettera è stata successivamente dichiarata una cifra, o la figura dell’uno nel posto delle migliaia. Di fatto, nel dipinto che abbiamo davanti vediamo la lettera X scritta in un modo speciale caratteristico della scrittura Cirillica.
Non bisogna pensare che Albrecht Diirer sia l’unico artista interessato dal fenomeno descritto sopra – riguarda ogni artista o scultore le cui opere siano datate al XV-XVI secolo oggi, così come le datazioni trovate negli “antichi” libri (bibbie in particolare).
In fig. 13.56 vediamo “La Decapitazione di Giovanni Battista” di Hans Fries, un dipinto tenuto nel Museo dell’Arte di di Basilea ( [ 104] , #10). In fondo al dipinto vediamo una data interpretata oggi come 1514 (vedi fig. 13.57). Tenendo in mente il valore numerico del simbolo 5, dovrenmmo interpretare la data come come 1614 o 1615. Bisogna inoltre notare il primo simbolo sulla sinistra – chiaramente la lettera I, completa di un punto sulla cima. Vediamo un altro punto davanti alla data. Quindi, la “prima cifra” è una I, o la prima lettera del Iesus (Iesu/Iisus), che corrisponde perfettamente alla nostra ricostruzione.
Il flusso di forme dei numeri “Indo-Arabici” nell’epoca del tardo XVI – inizio del XVII secolo si manifesta in modo vivido nelle opere di Lucas Cranach, il famoso artista del Medio Evo. Si presume sia nato nel 1472 e morto nel 1553 ([797], pag. 643). Per esempio, la figura del 5 (che stava per il 6) è disegnata in modo diverso da pittura a pittura. Poiché Lucas Cranach è molto probabilmente vissuto nel XVI-XVII secolo e non nel XV-XVI, queste variazioni nella trascrizione delle date indicano che le regole di trascrizione dei numerali “IndoArabici” erano ancora in formazione nel XVII secolo.
L’incisione di Cranach intitolata “Davide e Abigail” è riprodotta in fig. 13.58 ([1310], pag. 7). Nell’angolo in basso a destra vediamo il disegno di una targa con le iniziali di Lucas Cranach, un drago e la data (vedi fig. 13.59). L’interpretazione consensuale della data è 1509; quella vera è rprbabilmente 1609. Fate attenzione alla figura del 5 (o l’arcaica versione della figura del 6). La differenza tra il simbolo usato qui e la figura del moderno 5 è che il precedente è una versione specchiata dell’ultimo. Comunque, l’aspetto dell’”antico” Re Davide Biblico è di grande interesse – vediamo un tipico cavaliere medievale con armatura pesante. Inoltre vediamo il cappello e i guanti di Abigail alla sua destra a terra. Lucas Cranach, l’artista medeivale, considerava dunque naturale che l’”antica” Biblica Abigail dovesse essere rappresentata come una donna medievale con simili accessori medievali come i guanti e un cappello a falde. Continuiamo con il nostro studio di datazioni medievali sopravvissute.
La fugura del 5 è di nuovo specchiata nella data dell’incisione di Cranach intitolata “S. Giorgio” - questa trascrizione ci appare inspiegabile oggi ([1258], pag. 9; vedi fig. 13.60). Ci viene detto che la data scritta sta per 1509 – il che significa che va interpretata invece come 1609 – cioè la prima decade del XVII secolo.
La figura del 5 è nuovamente specchiata nell’incisione di Cranach che rappresenta S. Girolamo ([1310], pag. 14; vedi fig. 13.61). La targa conn la data è disegnata qui al rovescio. L’abbiamo ruotata per comodità; la data è probabilmente 1609.
Incontriamo ancora un’altra figura specchiata del 5 nell’incisione di Cranach conosciuta come “Johannes der Taufer im Wald preligend”, datata al presunto 1516 (taken from [1258] , pag. 35). Il frammento con kla data è riprodotto in fig. 13.62; si tratta probabilmente del 1616.
Comunque, le date trovate su altri lavori dello stesso Lucas Cranach utilizzano una differente trascrizione del 5, che è simile alla versione moderna. È questo il caso dell’incisione intitolata “The Espalier Tournament”, datata presumibilmente al 1509 ([1310], pagg. 8-9). Il frammento con la data è rappresentato in fig. 13.63. L’incisione dovrebbe essere in realtà datata al 1609.
Vediamo una simile trascrizione del simbolo nel ritratto di Cranach di Hans Luther, presumibilmente datato al 1527 ([1258], pag. 41). Il frammento con la data può essere visto in fig. 13.64. Siamo dell’opinione che il ritratto sia stato dipinto 100 anni dopo - nel 1627.
In fig. 13.65 riproduciamo il frammento del “Ritratto di domna” di Cranachs (Hermitage, S. Pietroburgo) che contiene la data ([1310]). La figura del 5 già appare moderna; come sappiamo, la data va letta 1626.
Nota bene. Quando guardiamo antiche incisioni del XVI-XVII secolo (disegni, cartine ecc), siamo normalmente convinti che le stampe che vediamo siano state realizzate dallo stesso artista nel XVI o XVII secolo. Comunque, questo si po' provare erroneo. Gli autori normalmente incidevano il lavoro su lastra di rame (le prime incisioni venivano fatte utilizzando il legno; comunque, il metodo è diventato presto obsoleto). La lastra di rame poteva quindi essere utilizzata per realizzare stampe. I solchi sulla lastra venivano coperti di vernice nera, e tutta la pittura eccedente veniva rimossa con cura per tenerla solo all’interno dei solchi. La lastra veniva quindi coperta con carta bagnata e uno strato di feltro sopra. La pittura veniva quindi fatta “ruotare” sotto una grossa pressione, con la carta che raggiungeva l’inchiosto sui solchi per la pressione del feltro e assorbendo quindi l’inchiostro.
Così venivano fatte le incisioni. Queste potevano essere fatte molto tempo dopo l’incisione del rame; quest’ultimo non era usa e getta e sarebbe passato da un proprietario all’altro, venendo venduto a terze parti e così via.
Stampe da vecchie incisioni avrebbero potuto essere fatte in qualsiasi epoca fino al XVIII e il XIX secolo; comunque, la tecnica di introdurre alterazioni marginali nel lavoro era relativamente semplice e facilmente si poteva cambiare la data del disegno o il nome su una carta. La parte interessata dal trattamento andava levigata, un altra incisione veniva dunque fatta al suo posto anche se magari. La procedura di rotazione avrebbe comunque permesso un contatto eccellente tra la carta e la tinta, nonostante le incisioni più profonde scavate sulla lastra dai suoi editori.
Così si sarebbero potute alterare leggermente le datazioni di “antiche incisioni famose”.
L’uso diffuso di questa tecnica è conoscenza diffusa – con carte geografiche, per esempio. L’abbiamo vista personalmente in azione all’esposizione di carte geografiche che si è tenuta nell’ottobre del 1998, alla Galleria delle Esposizioni dell’Unione di Mosca. L’abbiamo saputo dagli organizzatori dell’esposizione, specializzati nella ricerca di carte antiche. In particolare, ci furono mostrate due stampe di una antica carta fatte dalla stessa lastra di rame, prima e dopo l’applicazione delle tecniche di revisione in questione. In questo caso particolare, l’obiettivo non era un falso di qualche tipo – l’antica carta necessitava di datazione e nuovi dati geografici.
Comunque è abbastanza ovvio che la stessa cosa avrebbe potuto essere fatta per falsificare la data di una carta o un nome presente sulla stessa. Occorrerebbe un grande quantità di lavoro per cambiare la superficie dell’intera lastra in modo radicale; comunque, l’introduzione di molti aggiustamenti marginali ma decisivi non è per niente difficile.
6. Alfabeto russo prima del XVII secolo. l'iscrizione poco leggibile sulla campana della chiesa di Zvenigorod viene dichiarata un "crittogramma"
I lettori abituati alla versione Scaligeriana della storia penseranno che la scrittura Russa prima del XVII secolo fosse strettamente legata al Cirillico utilizzato oggi, von differenze arginali che non presenterebbero grossi problemi per gli specialisti. Ci vengono presentati grossi volumi che vengono presumibilmente datati al XI-XII secolo, Cronache russe risalenti a XV e così via - tutte perfettamente leggibili, con forse giusto un paio di passaggi oscuri qua e là. Ci viene detto che la scrittura Russa non ha subito drastici cambiamenti dal XI e fino al XVIII secolo.
Comunque non è così. Come vedremo più avanti, i Russi hanno usato una scrittura che ci è completamente incomprensibile oggi. Ci sono stati molti alfabeti simili in Russia, alcuni di loro sono stati usati occasionalmente nel XVII secolo. Oggi richiederebbero di essere decifrati, ma questo non sempre riesce. In più, anche nei casi in cui gli studiosi incontrano la ben nota scrittura Cirillica in fonti precedenti al XVII secolo, hanno difficoltà ad interpretarlo. Sopra abbiamo citato il caso di un’iscrizione Russa dell’inizio del XVII secolo decifrata da N. Konstantinov ([425]; vedi fig. 3.23). Citeremo un simile esempio più avanti molto indicativo.
Come diremo ai lettori più avanti, la maggior parte delle campane delle chiese Russe sono state fuse di nuovo nell’epoca dei primi Romanov. Alcune furono mutilate, con ogni incisione scalpellata via, sostituita da un’altra, e genericamente rese illeggibili in un modo o nell’altro. Oggi è difficile commentare il contenuto o lo stsile delle iscrizioni che troviano sulle campane di chiesa Russe. Comunque, alcuni di questi artefaii “eretici” o le loro copie sono sopravvissuti fino al XX secolo in assoluto sprezzo del discorso storico dominante. Conosciamo un solo caso di campana di questo tipo; è del XVII secolo, e dev’essere decorata da una copia di un iscrizione ancora più antica (oppure ci dev’essere stata un’altra ragione per l’uso di antichi alfabeti Russi). Ci riferiamo alla famosa Grande Campana di Chiesa del monastero Sawino-Storozhevskiy ([422], pagg. 176-177). La sua distruzione ebbe luogo verso la metà del XX secolo. Mostriamo una vecchia foto della campana in figg. 13.66, 13.67 and 13.68. Si presume sia stata forgiata nel 1668 da Alexander Grigoryev, il costruttore Imperiale di cannoni e campane’. La campana pesava 2125 pud e 30 grivenki (circa 35 tonnellate); la troviamo nello stemma di Zvenigorod. Distrutta nell’ottobre del 1941” ([422], pag. 176). Vediamo uno dei suoi frammenti in fig. 13.69. I resti della campana sono conservati nel Museo di Zvenigorod, situato sulle proprietà del monastero Sawino-Storozhevskiy.
Una copia disegnata dell’iscrizione trovata sulla campana di chiesa di Zvenigorod è riprodotta in fig. 13.70; presa da [808], una pubblicazione del 1929.
La seconda metà dell’iscrizione è resa in diversi alfabeti che sembrano tutti criptici oggi; le iscrizioni nei differenti alfabeti sono separate da segni di qualche tipo – aquile bicefale ecc. Sembra che questi segni appartengano al’ìalfabeto di cui fanno parte. Le prime righe dell’iscrizione sono state decifrate; comunque le ultime restano un mistero ad oggi, nonostante il fatto che le due righe siano scritte nel familiare Cirillico. . Citiamo la traduzione di questa iscrizione sotto (dopo [808]).
"Per grazia del Signore misericordioso e generoso, e della Beata Vergine Maria, e delle preghiere del reverendo Sava l'Operaio dei Miracoli, e delle promesse e degli ordini di Zar Aleksej, umile servo del Signore, e dell'amore divino e del desiderio sincero di forgiare questa campana per la casa di Nostra Signora, possa essere elogiata in questo suo giorno, per il resto dei giorni".
Va detto che la traduzione di cui sopra suggerita da M. N. Speranskiy in [808] contiene una sostanziale distorsione del testo originale. Molte delle parole sono in realtà tradotte correttamente; comunque, alcune di loro sono state sostituite da parole che aggiustano la traduzione per evitar sollevamenti di sopracciglia. Alcune delle parole che troviamo nel testo originale sono drasticamente differenti da quelle che vediamo nella trascrizione citata sopra. Alcune delle parole sono nomi e alcuni di questi nomi appartengono a divinità per noi misteriose oggi. M. N. Speranskiy ha deciso di sostituirle con qualcosa di più familiare (vedi dettagli seguenti). Questo appare essere un approccio alla “traduzione” degli antichi testi molto caratteristico degli storici in generale, e non è assolutamente la prima volta. La posizione degli storici potrebbe essere formulata così: gli antichi testi non dovrebbero essere tradotti interamente rimanendo fedeli all’originale; l’opzione di tradurre parola per parola è fuori discussione. I lettori devono essere protetti da eresie e “pericolosi” fatti. La traduzione deve essere pulita e standard per non provocare problemi con nessuno. Questa è chiaramente la chiave a una scienza storica che non crea problemi.
Altri storici “trdaucono” l’iscrizione della campana di Zvenigorod in modo differente. Consideriamo la “traduzione” fatta da Alexander Ouspenskiy nel 1904. Scrive quanto segue: “La pià grande campana . . . fu donata dallo Zar Alexei Mikhailovich. Ci sono due iscrizioni su di essa; quella in fondo (tre righe) comprende 425 simboli crittogtrafici che si traducono così: "Per grazia del Signore misericordioso e generoso, e della Beata Vergine Maria, e delle preghiere del reverendo Sava l'Operaio dei Miracoli, e delle promesse e degli ordini di Zar Aleksej, umile servo del Signore, e dell'amore divino e del desiderio sincero di realizzare questa campana per la casa di Nostra Signora, possa essere elogiata in questo giorno sacro, per il resto dei giorni, e anche in onore del reverendo Sava, il lavoratore dei Miracoli, a Zvenigorod, conosciuto anche come Storozhevskiy".
L’iscrizione superiore comprende 6 righe. In Slavo, e indica la data in cui la campana è stata forgiata: “Questa campana fu forgiata nel ... nel 7176 anno dalla Genesi, è l’anno 1667 Natività del Figlio del Signore, il 25 di settembre . . . La campana è stata realizzata cal costruttore di campane Alexander Grigoriev”.
Troviamo anche la famiglia reale dei patriarchi Ortodossi (Paisius di Alessndria, Macario di Antiochia e loasaph di Mosca e dell’intera Russia), che viveva in quell’epoca” ([943], pag. 80).
V. A. Kondrashina, uno storico moderno,suggerisce anche un’altra traduzione dell’iscrizione. Questo è quanto scrive: “È molto notevole che la prima e la seconda campana fossero decorate con il seguente pittogramma scritto dallo Zar, così come la traduzione: “un profondo inchino dallo Zar Alexei, umile peccatore, servo del Signore e della Beata Vergine Maria, insieme alla Zarina e alla loro progenie. Firmato dalla mano stessa dello Zar, sovrano di Russia e maestro di molte arti e scienze, in 12 alfabeti, maggio 7161 (1652)”. Non sappiamo se questo abbia un profondo significato sacrale, o sia da considerare lo scherzo di un uomo colto” ([294], pag. 1 17).
Va notato che gli storici sono dell’opinione che la famosa campana di chiesa di Zvenigorod sia stata forgiata in due copie, la prima datata al presunto anno 1652 e considerata perduta ( [294] , pag. 116). La seconda campana forgiata nel 1668; rimasta a Zvenigorod fino al giorno della sua distruzione nel 1941. Questa è la campana riprodotta nella foto in fig. 13.66. Uno non può fare a meno di chiedersi come possa il “crittogramma” dello Zar Alexei citato da V. A. Kondrashina strare nell’scrizione della campana di Zvenigorod, considerato che la “traduzione” di Alexander Ouspenskiy non menziona nulla del genere.
L’iscrizione della campana di Zvenigorod ha causato grandi controversie e confusione. Secondo V. A. Kondrashina, “non sappiamo nulla del destino toccato alla... prima campana di questo calibro, forgiata durante il regno dello Zar Alexei Mikhailovich. La seconda campana, del peso di 35 tonnellate e che ha reso famoso il nome del monastero Savvino-Storozhevskiy, in Russia e all’estero, apparve molto più tardi, nel 1668. Comunque noi non sappiamo il significato dell’iscrizione che adornava la prima campana; il suo autore non è altri che lo Zar Alexei Mikhailovich, e abbiamo una copia sopravvissuta che fu trovata nella sua cancelleria:
"Per grazia del Signore onnipotente e generoso, della Beata Vergine Maria, e delle preghiere del reverendo Sava, l'Operaio dei Miracoli, e delle promesse e degli ordini di Zar Aleksej, umile servo del Signore, e dell'amore divino e del desiderio sincero di forgiare questa campana per la casa di Nostra Signora, possa essere elogiata in questo suo giorno, il più benedetto, e anche in onore del reverendo Sava, l'operaio dei Miracoli, a Zvenigorod, conosciuto anche come Storozhevskiy, sotto il buon Archimandrita Hermogen e Velyamin Gorskin, del reverendo cellarium …" I nomi di tutti i monaci del convento erano elencati sotto (The names of all the monks in the friary were listed below (uno specialista della regola, sette reverendi anziani, un portatore di coppa, 23 preti, 18 diaconi e 10 semplici monaci. Lo Zar scrisse quanto segue per eliminare tutti i possibili dubbi concernenti la sua autorità: “Facsimile The Czar wrote the following in order to eliminate all possible doubts concerning his authorship: “The facsimile delloriginale a mano dello Zar”» ([294], pag. 116).
La situazione reale è molto probabilmente la seguente. Gli storici suggeriscono che un certo testo trovato nell’archivio della cancelleria reale sia la “traduzione” dell’iscrizione della campana di Zvenigorod. La datazione di questa “traduzione del crittogramma” non è chiara – potrebbe essere stata fatta dallo staff della cancelleria nell’epoca in cui gli alfabeti Russi del XVI-XVII secolo erano già stati abbondantemente dimenticati. L’interpretazione dell’iscrizione poteva già essere piuttosto problematica; perciò la “traduzione” in questione è probabilmente un’approssimazione del testo originale. Vi devono essere stati diversi tentativi di interpretazione; le traduzioni risultanti devono essere state diverse le une dalle altre. Alcune di loro hanno raggiunto la nostra epoca, e possono essere percepite come iscrizioni di due diverse campane. La leggenda delle due campane da chiesa di Zvenigorod con due iscrizioni simili, una delle quali contiene una lista dei membri della famiglia reale mentre l’altra quella dei monaci del convento devono probabilmente la loro esistenza a questo fatto.
Si ha l’impressione che gli storici di oggi siano riluttanti a decifrare l’originale dell’iscrizione della campana di Zvenigorod, e ricorrano a citazioni delle varie e approssimate “traduzioni” che sono state fatte nel XVIII-XIX secolo.
Perciò abbiamo deciso di tentare la nostra lettura dell’iscrizione della campana di Zvenigorod. Non abbiamo tentato di decifrare tutto. Comunque viene fuori che una parte dell’iscrizione citata da N. M. Speranskiy contiene un certo numero di nomi o altre parole che non possono essere tradotte oggi, che lui ha sostituito con parole più “standard”. Alcune di queste parole e nomi contengono lettere che non sono ripetute da nessuna parte del testo e perciò non possono essere lette. Siamo così giunti a questa traduzione, dove le lettere sconosciute sono sostituite da punti interrogativi. La parola”stemma” è correlata con simboli di separazione, poiché molti di loro ricordano stemmi nella forma (l’aquila bicefala incoronata nella quarta linea dalla cima e alla fine del testo, qv in fig. 13.70). Alcune delle lettere che abbiamo fuso in un unico simbolo sono rese come lettere singole tra parentesi. Il simbolo Slavo titlo viene trascritto con la tilde. L’ordine delle righe corrisponde a quello dato da N. M. Speranskiy. Bisogna ricordare che la lettera ъ stava per il suono O.
In fig. 13.71 vediamo l’originale del testo, con i moderni equivalenti Cirillici delle lettere indicati sotto. Fate attenzione a come M. N. Speranskiy e i suoi predecessori hanno tentato di trasformare questo sopra in un testo più morbido. Le ultime due righe sono piuttosto curiose poiché sono rese nel tradizionale corsivo medievale Cirillico; comunque, ogni lettera sembra venir utilizzata con un significato completamente diverso, come se l’ordine delle lettere nell’alfabeto fosse diverso da quello presente. M. N. Speranskiy non si è preoccupato di tradurre questa parte; al contrario, citiamo la nostra traduzione di questa prima metà, che fu tradotta da M. N. Polyakov, un collega matematico laureato al Dipartimento di Matematica e Meccanica MSU. La seconda parte rimane oggi illeggibile. Vediamo con molto interessante un riferimento a un certo “Dio Vavo, l’Operaio dei Miracoli”. È possibile che “Vavo” fosse usato in vece di “Sava”. La prima riga contiene una formula simile: “Il nostro Signore, il generoso Dio Gogro”. La presenza di simili nomi in un antico testo religioso Russo, che usa peraltro formule Ortodosse perfettamente standard non può non far sollevare il sopracciglio. Potrebbe essere questa la ragione per cui M. N. Speranskiy e i suoi predecessori hanno distorto la traduzione, rimpiazzando il “Dio Gogro” con la parola “Bgog”, che ovviamente si legge come “hog”, la parola Russa per “Dio” senza indicare nomi? Come risultato chi legge rimane inconsapevole del fatto che alcune formule usate dalla Chiesa Ortodossa Russa del XVI-XVII secolo fossero molto diverse dai loro moderni equivalenti, riferendosi a differenti dei con nomi diversi.
Gli storici normalmente evitano di parlare dell’antica tradizione di riferirsi ai santi Russi come a dei; comunque cis ono delle eccezioni. Per esempio, G. A. Mokeyev, l'autore del libro intitolato Mozhaysk, la Città Santa Russa ([536]), che si occupa della famosa antica figura Russa di San Nikola l'Operaio dei Miracoli, o "Nikola di Mozhaysk", intitola uno dei capitoli "Il Dio russo". Si scopre che gli stranieri si riferivano a S. Nicola in questa maniera, mentre I Russi lo chiamavano semplicemente Dio. G. A. Mokeyev ci dice quanto segue: “Il concetto di salvatore includeva anche questa figura [S. Nicola - Auth.] ... È per questa ragione che gli autori stranieri ricordavano che ‘I Cristiani Ortodossi Russi adoravano Nicola… come un dio’ (Zinoviy di Oten). Espatriati stranieri che vivevano in Russia lo chiamavano ‘Nikola the Russian God’. Testi Ecclesiastici Russi si riferiscono a S. Nicola come ‘S. Nikola il nostro possente dio’, chiamandolo anche ‘Il Dio del Mare’, ‘Il Dio dei Battellieri’ e persino ‘il Dio di tutti’ . . . si può anche ricordare lo slogan one must also mention the slogan ‘Nicola è con Noi’, che ricorda il famoso ‘Dio è con Noi’ ” ([536], pag. 12).
La spiegazione di G. A. Mokeyev è che “I Russi si riferivano alle icone come dei” ([536], pag. 12). Comunque questa spiegazione non cambia molto. Non si può ignorare il fatto che a molti dei santi Russi ci si sia riferiti come a dei prima del XVII secolo, incluso “Il Dio del Mare” Nicola (l’”antico” Poseidone potrebbe essere un suo riflesso), “Il Dio Animale” Vlasiy (o Veles, qv in [532], pag. 120), gli dei Gogr e Vav (Sava) come menzionato nella campana di Zvenigorod, e altri “Dei Russi”.
Immediatamente ci si ricorda che la Bibbia si riferisce a molti dei Siriani e Assiri quando parla dell’Assiria (Russia, o l’ Orda). Per esempio: “A quel tempo il re Ahaz mandò a chiedere soccorso ai re dell’Assiria per aiutarlo. . . offrì sacrifici agli dei di Damasco che l’avevano sconfitto: e disse, poiché gli dei del re di Siria aiutano quelli, io offrirò loro dei sacrifici, così aiuteranno anche me . . . E stabilì degli alti luoghi in ognuna delle città di Giuda per offrire dei profumi ad altri Dei” (2 Cronache 28:16, 28:23 e 28:25).
La Bibbia si riferisce ovviamente alla Russia, o Orda, del XV-XVI secolo (vedi Chron6), citando gli dei Russi (o dei Siriani nella terminologia Biblica). Vediamo che i santi della Russia erano adorati come dei fino al XVII secolo.
L’identità dello Zar Russo (“yar”) Alexei menzionato nella campana di Zvenigorod rimane ancora incerta. Potrebbe essere lo Zar Alexei Mikhailovich, come ipotizzano gli storici ([425], [808], [294], [422] e [943]). Comunque, se l’iscrizione sulla campana forgiata nel 1668 è realmente una copia della scritta di una antica campana, è possibile che il riferimento iniziale sia a un differente Zar Alexei. Gli storici non lo accettano, poiché credono che ci sia stato un solo Zar in Russia con quel nome dopo l’ascensione dei Romanov al potere, un rappresentante della loro dinastia. Abbiamo invece testimoniato l’opposto – ricordiamo che Stepan Razin era un capo militare al servizio di un certo Zar Alexei Alexei, qv in Chron4, Capitolo 9. Questo Zar era evidentemente un contemporaneo di Alexei Mikhailovich, con capitale in Astrakhan. È possibile che la campana di Zvenigorod sia stata forgiata dallo Zar Alexei dell’Orda in Astrakhan, finendo in un secondo momento a Zvenigorod. Ad ogni modo la scritta merita un attento studio. Comunque, i sapienti storici fanno una traduzione falsa e dimenticano immediatamente l’originale. Evidentemente, trovano molto più divertente fare supposizioni meno rischiose su pezzi di betulla in maniera pensosa e metodica datando arbitrariamente quei frammenti ai “primi tempi di Novgorod” a dispetto del fatto che molto probabilmente sono stati scritti nel XVI-XVIII secolo, quando la carta era ancora un lusso.
Tiriamo le somme. L’iscrizione sulla campana di Zvenigorod non è per niente un crittogramma, ma piuttosto un’iscrizione regolare che uno può aspettarsi di trovare su una camapana da chiesa, fatta per essere letta e capita da chiunque – niente che assomigli a un crittogramma insomma. Lo stesso si può dire del libro decifrato da N. Konstantinov ([425]) citato sopra. Anche questa iscrizione noncontiene nessun “segreto” messaggio.. Sottolineiamo questo perché gli storici moderni hanno inventato una teoria molto utile per trattare testi Russi di questo tipo, cioè la “teoria del crittogramma”. Si dice che i Russi abbiano sempre usato il familiare Cirillico anche nei tempi andati, come oggi. Le prove dell’opposto sono spiegate dalla teoria che in nostri antenati fossero “proni ai crittogrammi”. Per quanto ne sappiamo non c’è un solo esempio di crittogramma decifrato che vada oltre i confini di un testo regolare che si sa a priori non contenere alcun segreto. Gli esempi qui citati sono tipici. È perfettamente ovvio che la scrittura sulla campana di Zvenigorod non abbia nulla a che edere coi crittogrammi – non c’è nulla di segreto o di straordinario nel messggio.
La posizione degli storici è facile da capire – se ammettono l’esistenza di un altro alfabeto in Russia preima del XVII secolo, ci troveremmo immediatamente di fronte a una questione fondamentale: che farene dei numerosi “antichi” testi che si dice siano datati al XI-XV secolo che vengono mostrati a noi come prove a supporto della versione Scaligeriana della storia? Perché non contengono nessuno dei segni peculiari che vediamo? Gli storici hanno deciso di dichiarare tutti questi resti di antichi alfabeti Russi “crittogrammi” - enigmatici e di scarso interesse per un acuto ricercatore. I falsi del XVII-XVIII secolo furono dichiarati “autentici testi in Russo antico”, per la gioia di tutti.
Comunque diventa perfettamente ovvio che questi antichi testi Russi “illeggibili” o difficilmente leggibili richiedono uno studio più approfondito. È lì e non nelle contraffazioni del tempo dei Romanov (a volte molto audaci), che possiamo scoprire le più vivide e più pericolose informazioni veraci circa gli eventi storici del XI-XVI secolo. Filologi e ricercatori dell’antica scrittura Russa hanno un enorme campo di lavoro qui.
Concludiamo con l’osservazione che i moderni storici tengono le labbra serrate e rimangono vaghi quando sono costretti a menzionare la campana di Zvenigorod – evidentemente devono cercare diattrarre ricercatori indipendenti per timore che sopranole stranezze sopra ricordate. È molto interessante che i materiali di due conferenze scientifiche tenute nel 600° anniversario del monastero Storozhevskiy nel 1997 e 1998 non contengano un singolo riferimento alla campana di Zvenigorod, il più famoso reperto della città ([688]). Questo è molto strano – le conferenze si sono occupate sulla storia dello stesso monastero che ha ospitato la campana di Zvenigorod per circa 300 anni – troviamo questa stessa campana sullo stemma di Zvenigorod ([422], pag. 176; vedi fig. 13.72). Gli stessi storici riportano come questa campana abbia reso famos il monastero in tutta la Russia e anche all’estero ([294], pag. 116). Come è possibile che la conferenza dell’anniversario, con nient’altro che la storia del monastero in agenda abbia potuto evitare di dire una singola parola sulla campana e sulle scritte che la decorano. Come possono gli storici essere così riluttanti a studiare gli alfabeti usati in Russia prima del XVI-XVII secolo? Hanno degli scheletri negli armadi?
Andiamo avanti. La voluminosa pubblicazione dedicata alla storia del monastero Sawino-Storozhevskiy non ha trovato lo spazio per una copia del disegno dell’iscrizione che adorna la campana di Zvenigorod da nessuna parte nelle sue duecento pagine per qualche strano motivo. Tutto ciò che vediamo è una vecchia fotografia della campana, e anche piuttosto piccola ( [688] , pag. 176), e una più recente in cui vediamo il frammento della campana esibito nel museo del monastero. Non c’è una copia del disegno dell’iscrizione sulla campana da nessuna parte in [294], [422], [943] e [688], tutte pubblicazioni vendute all’interno delle proprietà del monastero nel 1999. Come è possibile? Ricordiamo che la campana ha reso famoso il monastero in Russia e all’estero (see [294], pag. 116), la troviamo persino nello stemma di Zvenigorod.
A proposito, chi ha distrutto la campana nel 1941, e in che circostanze esattamente? Non una parola su questo in [294], [422], [943] o [688]. Ci sono altri frammenti della campana a parte quello del museo? Silenzio sepolcrale. L’unico altro frammento della campana che abbiamo visto nella nostra visita al monastero nel 1999 èstato un frammento del batacchio vicino alla torre della campana (vedi fig. 13.73). Non ci sono antichi caratteri su di esso. Bisogna sottolineare come Zvenigorod non sia stata conquistata dall’esercito Tedesco nella seconda guerra mndiale, e che nessun proiettile sia caduto sul monastero in cui la campana è rimasta appesa fino al 1941 ([422], pag. 187). Perciò la distruzione di questa reliquia inestimabile non può essere attribuita ai Nazisti. “Un reggimento dell’Esercito Sovietico era alloggiato nel monastero Sawino-Storozhevskiy durante la Seconda Guerra Mondiale” ([422], pag. 190). Comunquer sembra poco probabile che l’esercito Sovietico abbia distrutto l’enorme campana di 35 tonnellate. Dopo tutto il rame non ha nulla a che vedere coi cannoni moderni – fatti di acciaio.
Il libro Antica Zvenigorod ([581]) offre la seguente versione della scomparsa della campana: “Un tentativo di rimuovere la campana per metterla al sicuro fu fatto nel 1941, mentre l’esercito Nazista si avvicinava alla città – comunque la campana si ruppe (il museo di Zvenigorod ha solo dei frammenti a sua disposizione)” ([581], pag. 186). Facciamo che sia andata così e supponiamo che gli storici e gli archeologi abbiano in effetti pianificato di rimuovere la campana e portarla in un luogo sicuro ma, accidentalmente l’abbiano rotta. Si puòsupporre che scienziati attenti avrebbero chiesto ai distratti operai di raccogliere ongi singolo pezzo della campana, caricarli su camion procurati per il caso specifico e spedirli da qualche parte per metterli al sicuro. Perché dopo la guerra non sono stati esposti tutti i frammenti? Anche una campana mutilata può essere di valore; e forse alcuni di loro avrebbero potuto essere rimessi assieme. Tutto quello che vediamo è un signolo frammento della campana, qv in fig. 13.69. Dov’è il resto? Se non c’è traccia oggi dei singoli frammenti, chi li ha distrutti e come?
Insomma, chi ha rotto la campana? Può essere che sia stata distrutta non appena le circostanze lo abbiano permesso, guerra distruzione e quant’altro? Qualcuno l’ha fatta cadere dalla torre? Chi è stato? Magari le stesse parti che hanno a lungo desiderato che questo unico reperto Russo fosse distrutto poiché rifiutava sfacciatamente di inserirsi nella storia Scaligeriana e Romanoviana, magari approfittando dell’occasione per far sparire un testimone scomodo della vera storia Russa dell’epoca dell’Orda?
Segnaliamo un altro strano fatto driguardo alla campana di Zvenigorod che ci è stato segnalato da V. N. Smolyakov. Sopra riproduciamo l’antico stemma di Zvenigorod con una campana (vedi fig. 13.72). Il libro intitolato Gli Stemmi dellImpero Russo [162]) contiene una riproduzione dello stemma a pag. 1781, eun altro vicino ad esso, una versione più recente approvata dalla corte reale nel 1883. I due sono radicalmente differenti – la descrizione dell’antico stemma (la versione del 1781) dice che la grande campana è fatta dirame e ha delle scritte in un “alfabeto sconosciuto” su di essa. Mentre nella versione del 1883, approvata dalla coirte reale e altri, non c’è traccia dei“segreti alfabeti”. All’improvviso i commentatori cominciarono a riferirsi a “argento” invece che rame: “Una campana d’argento condecorazioni dorate su scudo azzurro” ([162], pag. 56). Nessuna parola sulle lettere misteriose. Ci si può chiedere perché i Romanov abbiano voluto sostituire la campana di rame dello stemma di Zvenigorod per una d’argento, re già che c’erano rimuovendo l’iscrizione “illeggibile”?
Un’altra domanda a cui uno si sente obbligato a questo proposito è se la campana distrutta nel 1941 sia davvero la stessa Grande Campana di Zvenigorod che conosciamo dalle cronache medievali. Dopo tutto, si presume che due simili campane siano state fatte in Zvenigorod. È possibile che la prima, la Grande Campana di Zvenigorod forgiata nel presunto anno 1652, il cui destino “rimane sconosciuto”, sia stata distruttadai Romanov, che non l’accettavano per qualche ragione. La campana distrutta venne subito dichiarata scomparsa. Un’altra campana fu portata per sostuituirla nel presunto anno 1668; questa è la campana che venne distrutta nel 1941. L’“alfabeto segreto” deve essere stato “meno pericoloso” - si può pensare che esistessero certamente altre campane simili con “misteriosi alfabeti” nel XVII-XVIII secolo, così sarebbe stato possibile sostituiren una con un’altra. Comunque, anche questa “meno pericolosa” campana venne distrutta nel 1941, appena si presentò una possibilità adeguata.
V. N. Smolyakov suggerì la seguente idea sul “crittogramma” sulla campana che è parte del vecchio stemma di Zvenigorod (che equivale a una singola parola, qv in 13.72) nella lettera che ci scrisse: “Ho deciso di tentareuna traduzione dell’iscrizione usando l’“Alfabeto di Volanskiy’. Daremo una descrizione dettagliata della tabella di Volanskiy, che suggerisce di interpretare le antiche lettere Etrusche come caratteri Cirillici antichi, in Chron5: “Tutte le lettere possono essere identificate con certezza, ad eccezione della seconda che può essere letta sia come LA o AL. Nel secondo caso la parola sarebbe DALDOVKHOM, con un suono perfettamente Slavo. La parola può essere separata in due - DALDOV (cf. daldonit, che si può tradurre come ‘suonare’ or ‘battere’ - vedi il dizionario di V. Dahl, Volume 1, pag. 414) e KHOM, o KHAN - Zar. Sono dell’opinione che l’iscrizione dica “Lo Zar (Khan) delle Campane”. È ovvio che un’affidabile traduzione di una simile breve iscrizione sia un compito piuttosto difficile; comunque la versione riportata è altamente plausibile.
Segnaliamo un altro fatto interessante. Il museo del monastero Sawino-Storozhevskiy in Zvenigorod mette in mostra diversi armamenti di un antico guerriero Russo. Vediamo uno scudo Russo coperto di iscrizioni Arabe (vedi figg. 13.75 and 13.76). Spieghiamo questo fatto sopra, nella prima sezione del presente capitolo.
7. La scrittura Europea prima del XVII secolo, i cosiddetti “criptogrammi Europei”
Tracce di antichi alfabeti che devono essere stati utilizzati prima del XVII-XVIII secolo possono essere trovati anche in Europa. Simili reperti sono normalmente dichiarati illeggibili o crittogrammici, esattamente come la campana di Zvenigorod. La scrittura Etrusca è l’esempio più famoso; lo studieremo attentamente in Chron5. Comunque, a parte gli “illeggibili” testi Etruschi ci sono anche altre “misteriose iscrizioni”.
Consideriamo la scrittura sul fianco sinistro di una delle porte di ingresso della famosa cattedrale Spagnola di Santiago de Compostela visitata da A. T. Fomenko and T. N. Fomenko nel 2000 (vedi fig. 13.77).La nostra copia disegnata della scrittura è riportata in fig. 13.78. Oggi si suppone che stia per la data di fondazione della cattedrale: “Inscritta sul lato sinistro della porta [Platerias Doorway - Aut. ] ... troviamo la data della fondazione della cattedrale, che è ancora un pomo della discordia per gli scienziati moderni. Alcuni di loro sono convinti che si legga 1112 (o 1072 del calendario moderno), altri suggeriscono 1116 (1078) o anche 1141 (1103). All'inizio del XII secolo essa era interpretata come
‘ano 1078’...” ([1059], pag. 38).
È difficile stimare la correttezza dell’interpretazione suggerita dagli storici moderni. Può essere stato scritto in un alfabeto dimenticato o quasi dimenticato che era stato utilizzato nell'Europa occidentale fino al secolo XVI-XVIII (compreso); occorre condurre ulteriori ricerche in questo settore. Nella figura 13.78 (a, b, c, d, e e f) si vedono fotografie della stessa iscrizione che sono state fatte nel 2002. è ovvio che la scritta è stata "restaurata". Nella figura 13.78g vediamo la testa di una chimera, un dettaglio dell'opera d'arte della cattedrale.
Un altro esempio è il seguente. Numerosi strani segni sono stati scoperti sulle pietre nella cattedrale di San Lorenzo a Norimberga, in Germania. La scoperta di questi segni nella torre settentrionale della cattedrale, ad esempio, è avvenuta nel 1908 ([1417], pag.. Ne riproduciamo alcuni nelle figg. 13.79 e 13.80. Gli storici scrivono quanto segue: "Questi segni sulle pietre sono stati lasciati nel corso dei restauri del XVI secolo" ([1417], pag.. Si dice inoltre che gli scienziati siano impegnati a studiare i segni, ma il libro ([1417]) non indica nulla che assomigli a una traduzione. Alcuni di essi sono considerati segni particolari di corporazioni dei clan che lavoravano la pietra nel secolo XIV-XVI ( [ 1422] pag. 40).
Questa interpretazione è ovviamente possibile, ma non risolve la questione generale. I misteriosi segni del clan possono essere lettere di un alfabeto dimenticato che è stato usato almeno fino al XVI secolo; in questo caso possono essere le iniziali degli artigiani che hanno realizzato i lavori di restauro.
Si scopre che i testi canonici cristiani non sono stati scritti solo in slavo, greco e latino, ma anche in arabo, qv nella fig. 13.81.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
AVEVO GIÀ POSTATO PARECCHIE DI QUESTE COSE SINGOLARMENTE. VISTO CHE MI CI SON MESSO DI BUZZO BUONO LE RIPOSTO NELLA SEQUENZA IN CUI APPAIONO NEL VOLUME COME CAPITOLO 14. QUESTA È GROSSO MODO LA PRIMA METÀ DEL CAPITOLO. NON SONO UN TRADUTTORE PROFESSIONALE. FACCIO QUELLO CHE POSSO. A BREVE POSTERÒ LA SECONDA PARTE. INSHALLAH.
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La Storia: Finzione o Scienza?
Cronologia 4
di Anatoli Fomenko
Capitolo 14 parte prima
Dati Vari
Il presente capitolo è costituito da sezioni che integrano e sviluppano la nostra ricostruzione della storia Russa. La sequenza dei singoli argomenti è in genere di scarsa importanza e le sezioni possono essere lette in ordine casuale. Ogni singola questione menzionata qui di seguito è di per sé interessante e può servire da base per ulteriori ricerche.
1. In particolare sull'identificazione di Yaroslavl come Grande Novgorod
Abbiamo già espresso la nostra idea che la Grande Novgorod menzionata nelle cronache Russe sia identificabile come la vecchia città Russa di Yaroslavl e non come la moderna Novgorod-sul-Volkhov.
1.1. Fiume Volga e Fiume Volkhov
Fig. 14.1. Un acquerello del XIX secolo con una vista dell'alta collina situata al bivio dei fiumi Volga e Kotorosl, dove si trovava la Cittadella di Yaroslavl (distrutta nel pogrom di Novgorod). Secondo la nostra ricostruzione, può essere identificato come "Corte di Yaroslav della Grande Novgorod". In primo piano possiamo vedere una delle torri sopravvissute che una volta erano state parte delle potenti fortificazioni della Grande Novgorod, o Yaroslavl. Frammento dell'acquerello di G. P. Sabaneyev intitolato "Una visione su Yaroslavl vista da Tveritsy". Riprodotta conformemente a [996], pagg. 186-187.
La città moderna di Novgorod si trova sul fiume Volkhov. Il nome del fiume è infatti citato in alcune cronache insieme ai riferimenti alla Grande Novgorod. Tuttavia, è necessario chiedersi se ciò possa essere considerato o meno come prova del fatto che la Grande Novgorod citata dalle cronache possa davvero essere identifica come la moderna Novgorod-sul-Volkhov. La risposta è negativa. I riferimenti delle cronache al Volkhov non contraddicono l'identificazione della Grande Novgorod con Yaroslavl. Il nome Volkhov si rivela essere un'altra versione del nome Volga, che è il fiume che attraversa ancora oggi la città di Yaroslavl. A quanto pare, la "migrazione su carta" di Yaroslavl (Novgorod) dalle rive del Volga verso l'occidente realizzata da storici politicamente interessati ha portato alla duplicazione del nome Volga, che si è trasformato in Volkhov. La città di Novgorod sul Volkhov, è stata identificata come Grande Novgorod, all'inizio del XVII secolo. Ne consegue che ogni cronaca che parla della Grande Novgorod, o Jaroslavl situata sulle sponde del fiume Volkhov, è stata realizzata nel XVII secolo. Questo corollario concorda con la nostra osservazione generale secondo cui le edizioni disponibili delle cronache Russe appaiono a tutt'oggi originate nel secolo XVI-XVIII, e non prima, come.
Dobbiamo prestare attenzione a un semplice fatto, che è tuttavia di grande utilità per il ricercatore. La parola Volga veniva tradotta un tempo come "acqua" o "acquosa" e si possono ancora riconoscere le rispettive parole Russe (vlaga e vlazhniy). Un'altra parola correlata che è sempre stata tipica del dialetto del Volga e suona ancora più vicina all’effettivo nome del fiume è “ruvolgliy”, che si traduce come "bagnato" o "umido". Questa parola si può trovare nei dizionari di Dahl ( [223] e Fasmer [866] ). In generale, possiamo trovare suoi cugini in quasi tutte le lingue Slave ([866]). Pertanto, ci si dovrebbe aspettare che alcuni fiumi vengano citati con nomi simili alla parola vlaga, acqua. Fasmer cita i seguenti esempi: Fiume Hall, un tributario di Lara, Wilma, un tributario del Islam, lo stesso Volkhov nella regione di Pskov ecc. (cfr. [866]).
1.2. Estratti della storia di Jaroslavl
Già nel XVII secolo Yaroslavl era la seconda città più grande della Russia, superata solo da Mosca in termini di popolazione ([408], pagina 7).
A proposito, la terza città più grande della Russia (dopo Mosca e Yaroslavl) era Kostroma, che si trova proprio accanto a Yaroslavl ([438], pagina 97). Ricordate che, secondo la nostra ricostruzione, Kostroma (nota come la famosa Khoresm nelle fonti Arabe) faceva parte del conglomerato chiamato Grande Novgorod; le due città vicine, Kostroma e Yaroslavl, erano quindi le più grandi città Russe del XVII secolo, ad eccezione della capitale.
Le fortificazioni di Yaroslavl consistevano in una potente cittadella, nota come Cremlino, proprio come l’omonimo maggiore di Mosca ([408], pagina 122). La sua disposizione era perfetta: "Le ripide e alte sponde del Volga e del Korostlya e un profondo crepaccio nel nord hanno naturalmente trasformato questo triangolo in un'isola fortificata" ([408], pagine 2-3; cfr. figura 14.1). La difesa perimetrale era formidabile, con 20 torri da battaglia.
Questo è il luogo di un antico insediamento. Il Gran Principe Jaroslav il Saggio (la stessa personalità storica di Ivan Kalita, o Caliph, secondo la nostra ricostruzione) aveva allora fondato qui una città, dandole il suo proprio nome. Lo stesso Jaroslav è giustamente chiamato Gran Principe di Rostov (e non Kiev) nelle cronache di Yaroslavl ([408]).
Bisogna ricordare che tutta la storia di Yaroslavl fino al XVII secolo è avvolta da un impenetrabile velo di tenebre nella versione Romanoviana e Milleriana della storia. Questo non deve sorprenderci, poiché, secondo la nostra ricostruzione, l'intera antica storia di Yaroslavl è stata artificialmente rimossa dal suo reale contesto cronologico e geografico e trapiantata nel terreno paludoso della regione di Pskov, dove si trova oggi il fiume Volkhov e la città nota come Novgorod. Yaroslavl emerge piuttosto all'improvviso dall'oscurità del XVI secolo come una grande città fortificata, seconda solo alla capitale del paese per dimensioni. La sua cittadella aveva 24 torri su una diga. La maggior parte delle torri sono state demolite nel XVIII - inizio del XIX secolo ([408], pagina 123). Tuttavia, i pochi fortunati frammenti sopravvissuti ci danno un'idea di quanto la linea di difesa di Yaroslavl fosse stata potente in quell'epoca lontana.
Tra questi troviamo le torri Volzhskaya, Znamenskaya e Ouglichskaya. La torre Znamenskaya è davvero gigantesca - le sue dimensioni possono competere con le torri del Cremlino nella capitale (cfr fig. 14.2). Le dimensioni delle torri di Yaroslavl dimostrano che la città possedeva una linea di difesa che avrebbe potuto facilmente collocare l'antica Yaroslavl nella stessa categoria delle città Russe più fortificate, Mosca, Kolomna, Nizhniy Novgorod e Kazan. Tutto ciò è comprensibile per la "Grande Novgorod", antica capitale Russa.
Il famoso "Sito dello Zar" nella Cattedrale di Ouspenskiy del Cremlino di Mosca deve essere un’imitazione di un posto simile a Yaroslavl, che esiste ancora oggi. Nella fig. 14.3 si vede una fotografia del "sito del Patriarca" reale a Yaroslavl. Dal confronto con la fig. 14.4 - uno dei "siti dello Zar" nella cattedrale Ouspenskiy del Cremlino Moscovita si evidenzia la somiglianza tra i due.
Fig. 14.2. La torre Vlassyevskaya, o Znamenskaya, che in passato faceva parte delle massicce fortificazioni di Yaroslavl, è stata distrutta (secondo la nostra ricostruzione) nel pogrom di Novgorod. Vista da Ovest. Foto moderna. Riprodotta conformemente a [996], pag. 73. Nell'angolo sinistro della torre Znamenskaya si vedono chiaramente i resti di un muro di mattoni, che una volta si trovava accanto alla torre. Il muro è stato distrutto — non c'è più niente se non segni irregolari.
Il punto di vista dei Romanoviani non riesce a nascondere la stranezza del fatto che non ci siano fortificazioni militari superstiti che non siano state completamente rinnovate nel XVII secolo, nonostante il fatto che molte delle antiche chiese e monasteri siano rimaste intatti ([408]). Quale potrebbe essere il problema? Gli antichi abitanti di Yaroslavl avrebbero costruito muri del monasteroche sarebbero durati molto più a lungo delle fortificazioni militari?
Ciò si spiega probabilmente con la nostra ricostruzione, che identifica Jaroslavl come la Grande Novgorod. Tutte le fortificazioni di quest'ultima sono state demolite durante lo stesso "Pogrom di Novgorod" di cui abbiamo già parlato.
Se approfondiamo la storia delle fortificazioni intorno a Yaroslavl, ci troveremo di fronte a un numero ancora maggiore di stranezze. Vediamole. Ci è stato detto che le fortificazioni robuste che avevano protetto Yaroslavl fino al XVII secolo erano fatte di legno, il che aveva portato al loro presunto incenerimento nel 1658 ( [408], pagina 123). I muri e le torri sarebbero scomparsi tra le fiamme.
Si dice che l'incendio sia stato seguito da opere di ricostruzione - del tipo più strano immaginabile. Le tre gigantesche torri di pietra del Forte Rubleniy e tutte le 16 torri che avevano costituito il Forte Zemlyanoy sono state tutte ricostruite in pietra. Tuttavia, i muri non sono mai stati ricostruiti! ( [408] , pag. 123; vedi figg.. 14.5 e 14.6). Basta riflettere per un momento per capire l'inutilità di una tale "ricostruzione" - torri senza muri difficilmente possono essere considerate come una fortificazione, dal momento che chiunque può superare le torri – le torri hanno bisogno di muri per essere di qualche utilità per la difesa. Perché si dovrebbero costruire diciannove torri enormi e poi interrompere la ricostruzione delle fortificazioni, che è la versione che gli storici moderni insistono a diffondere?
Fig. 14.3. La principale cattedrale di Yaroslavl ha ospitato speciali predelle per lo Zar e il Patriarca, così come la cattedrale Ouspenskiy a Mosca. Al giorno d'oggi sono conservate nella chiesa di Ilya il Profeta a Yaroslavl. Queste predelle sono mostrate nella fotografia. Riprodotta conformemente a [996], pagg. 140-141.
Non è difficile capire che i muri delle fortificazioni in mattoni debbano essere costruiti nello stesso momento delle torri, essendo entrambi componenti di una singola linea di fortificazione. Le torri di mattoni o di pietra non possono essere erette separatamente dai muri, perché questo comporterebbe un indebolimento delle giunture riducendo notevolmente la capacità di una fortificazione militare.
La nostra ricostruzione fornisce una spiegazione semplice di questo fenomeno - il "pogrom di Novgorod" del secolo XVI aveva l’obiettivo di vietare lo status di città fortificata a Yaroslavl. Questo è stato facilmente ottenuto demolendo i muri. Le torri sono state mantenute come costruzioni utili che avrebbero potuto servire a diversi scopi, ma non per la difesa. In particolare, questo dimostra come le antiche fortificazioni di Yaroslavl fossero fatte di pietra o di mattoni.
Infatti, consideriamo la fotografia della Torre Vlasyevskaya di Yaroslavl, una delle sopravvissute (conosciuta anche come la Torre Znamenskaya, qv nella fig. 14.2). Nell'angolo sinistro della torre possiamo chiaramente vedere i resti di un muro di mattoni che una volta era adiacente alla torre. Il muro è stato demolito del tutto, e non rimane altro che la traccia mutilata all'angolo della torre.
Yaroslavl è stato un importante centro culturale della Russia fin dai primi giorni della sua esistenza. Nonostante si sappia poco di Yaroslavl prima del XVII secolo, si dice che all'inizio del XIII secolo "qui si aprì il primo seminario nel Nord, che possedeva quella che era considerata una biblioteca lussuosa in quell'epoca - 1000 libri in greco" ([408], pagina 5). Il famoso Slovo o polku Igoreve, che è il resoconto della campagna del principe Igor considerata uno dei principali testi storici Russi, era conservato a Yaroslavl, "dove la bibliofila Moussin-Pushkin l'ha acquistata dall'Archimandrita Ioil Bykovskiy... nel 1792" ([408], pag. 113). Poche città potevano distinguersi all'epoca con simili biblioteche. Tuttavia, lo status stesso di vecchia capitale obbligava Yaroslavl, o Novgorod, a possedere un'ampia biblioteca.
Uno studio attento della cronaca di Nikon che ci dice dell'invasione dei Tartari e dei Mongoli rivela la seguente curiosa osservazione fatta dal cronista. I Tartari e i Mongoli catturano Rostov e Yaroslavl, e poi "l'intero paese, imponendo il loro giogo su molte città" ( [408], pagina 5). Rostov e Yaroslavl sono così indicati come la culla della Grande espansione = "Mongola", il che corrisponde perfettamente alla nostra ricostruzione.
Fig. 14.4. La predella dello Zar nella cattedrale Ouspenskiy nel Cremlino Moscovita. Datata al 1551. Tratto da [637], inserto a colori alla fine del libro.
1.3. Il possibile luogo della famosa libreria posseduta un tempo da "Ivan il Terribile"
È noto che un’enorme biblioteca reale esistesse a Mosca nell’epoca di Ivan il Terribile. Poi si presume sia scomparsa senza lasciare traccia. Storici e Archeologi ancora la cercano. L’hanno cercata a Mosca, forse a Novgorod (la città moderna sul fiume Volkhov, naturalmente), e a Tver. Nessun risultato fino ad oggi. Che fine può aver fatto? Se fosse bruciata completamente, fino all’ultimo volume, si sarebbe venuto a sapere – la distruzione di una biblioteca nel Cremlino difficilmente non sarebbe stata notata.
Se fosse stata distrutta deliberatamente, qualche libro “non pericoloso”, che avrebbe potuto contenere sarebbe riapparso da qualche parte, i libri antichi sono normalmente molto costosi. Lo stesso si può dire del possibile furto della libreria, qualcuno dei libri sarebbe riapparso prima o poi sul mercato.
Il fatto che la libreria sia interamente scomparsa ci porta a pensare che possa ancora esserci, nascosta da qualche parte, che è ciò che gli storici ci dicono. Conducono le loro ricerche con grande meticolosità, senza risultati. Noi siamo dell’opinione che stiano cercando nel posto sbagliato. Precedentemente abbiamo descritto la cerimonia di insediamento dello Zar Simeone al termine dell’epoca dell’oprichnina nel dettaglio. Questo monarca aveva tentato di trasferire la capitale a Novgorod ed era intanto riuscito a trasferire là il suo tesoro. La costruzione di una potente cittadella imperiale era stata iniziata a Novgorod ([776], pag. 169).
Simeone avrebbe potuto trasferire anche la libreria reale a Novgorod? Questo spiegherebbe il fatto che ancora non sia stata trovata. Come abbiamo già detto, il nome “Grande Novgorod” apparteneva originariamente a Yaroslavl. Quando i Romanov arrivarono al potere, tolsero a Yaroslav il suo vecchio nome che venne “trasferito” a una piccola città di provincia sul Fiume Volkhov. Questo fatto venne dimenticato, e più tardi i Romanov furono convinti che la Grande Novgorod si trovasse sul fiume Volkhov – d’altra parte aveano creduto a diverse storie inventate dai loro antenati per giustificare il loro insediamento dopo la rivoluzione di palazzo.
Fig. 14.5. La città di Yaroslavl all'inizio del XVIII secolo. Il dipinto è conservato nel Museo di Storia di Yaroslavl. Le fortificazioni della città ci lasciano un'impressione strana. vediamo molte grosse torri di pietra (diverse file), ma non un muro da nessuna parte! Ci è stato detto che gli abitanti di Yaroslavl avevano costruito torri ovunque, con l'intenzione di costruire i muri più tardi, ma mai ce l'hanno fatta. Secondo la nostra ricostruzione, le potenti fortificazioni militari di Yaroslavl, comprese le mura, sono state demolite alla fine del secolo XVI durante il "pogrom di Novgorod". Le pareti sono rimaste intatte come costruzioni potenzialmente utili. La maggior parte di loro furono parzialemtne smontate intorno al XIX secolo e alla fine furono abbattute. Tuttavia, quasi tutte erano intatte nel XVIII secolo.
Dopo la fine dell’epoca di confusione nella storia dinastica dei Romanov (grossomodo il XVIII-XIX secolo), gli storici Romanoviani si ricordarono della famosa libreria di Ivan il Terribile e cominciarono a cercarla - a Novgorod-sul-Volkhov, come è naturale. È ovvio che nessuna ricerca di questo tipo sia stata fatta a Yaroslav. Vorremmo raccomandare agli archeologi di cercare la famosa libreria di “Ivan il Terribile” a Yaroslavl, dove, dopo tutto è stato trovato il famoso “Slovo o polku Igoreve” ([408], pag. 113).
Fig. 14.6. Frammento di un antico dipinto che raffigura Yaroslavl all'inizio del XVIII secolo. Possiamo vedere le torri, ma non le mura.
D’altra parte, la libreria di “Ivan il Terribile” potrebbe essere esistita a Alexandrovskaya Sloboda, un’antica capitale dell’Orda. La libreria che venne conosciuta come “Libreria di Alessandria”, e migrata nel lontano Egitto nel paradigma storico ufficiale (in Chron6 abbiamo dimostrato come l’antico Egitto sia Russia, o l’Orda, nel XIV-XVI secolo). La Libreria Egiziana di Alessandria si dice sia completamente bruciata, il che rende probabile che anche la libreria di “Ivan il Terribile”, cioè la Libreria di Alessandria, sia stata completamente bruciata, dai primi Romanov che incenerivano con grande zelo l’antica storia dell’Orda.
2 . L’identità dei Kagani
Il problema dei Kagani in generale, e il famoso “Kaganato dei Kazari” in particolare, è uno dei più intriganti e controversi problemi della antica storia Russa. Ricordiamo al lettore che la storia Romanoviana presenta il cosiddetto Kaganato dei Kazari come uno stato ostile alla Russia, che faceva si che quest’ultima, a un certo punto, pagasse addirittura un tributo ai Kagani. La sconfitta finale dei Kazari si dice sia avvenuta sotto il regno di Svlatoslav e Vladimir; la vittoria è stata davvero definitiva e ha portato alla rimozione dei Kazari dall’arena storica.
Consideriamo i titoli di Vladimir, il Gran Principe che si dice abbia sconfitto l’ ”ostile Kaganato dei Kazari” La formula “Gran Principe” utilizzata nelle cronache ha lo stesso significato che gli diamo oggi? Potrebbe essere – ma difficilmente in tutte le cronache. Apriamo il famoso “Mondo della Legge e della Grazia Divina” ([312]) del Metropolita Illarion, il primo Metropolita Russo vissuto nei presunti anni 1051-1054, secondo la cronologia Romanoviana. Come si riferisce il Metropolita al Gran Principe, suo contemporaneo e famoso eroe della generazione precedente?
Immergiamoci nell’originale Russo antico, che dice “e la parola del Signore fu tradotta in tutte le lingue e anche il Russo, sia benedetto Vladimir, il nostro Kagano, che ci ha battezzato” ( [312] , pag. 28). Perciò il Gran Principe Vladimir era anche conosciuto come il Kagano e non è qualche illetterato scrivano che lo chiama così ma il capo della Chiesa Russa.
Nel 1935 B. A. Rybakov copiò la seguente iscrizione trovata nella Cattedrale di S. Sofia in Kiev: “Dio salvi il nostro Kagano S . ..” ([752], pag. 49). La frase era incisa su uno dei pilastri nella galleria nord. (vedi fig. 14.7). L’Accademico B. A. Rybakov scrive quanto segue: “Il titolo Bizantino [‘Zar’, o ‘Cesare’ - Aut.] sostituì il titolo orientale dei Gran Principi di Kiev - i Kagani. Nello stesso tempio di S. Sofia c’era una scritta decorata così ‘il nostro Kagano S... ’ - la maiuscola S può essere l’iniziale sia di Svyatoslav Yaroslavich che di Svyatopolk Izyaslavich, probabilmente, il primo” ([752], pag. 49). Inoltre: “Il Principe di Kiev, che gli autori Orientali ... chiamavano Kagano” ( [752] , pag. 10).
Non si tratta di un tentativo di ipotizzare un personaggio delle cronache partendo da un’iniziale sopravvissuta, ma piuttosto di sottolineare il fatto sorprendente che i sovrani Ortodossi fossero conosciuti come Kagani. Secondo la nostra ricostruzione questo è perfettamente normale.
Secondo L. N. Gumilev, “i Khan hanno regnato sugli Avari, Bulgari, Ungherese e persino sui Russi; questo titolo era portato da Vladimir il Santo, Yaroslav il Saggio, e Oleg Svyatoslavich, nipote di quest’ultimo” ([211], pag. 435).
Siamo della seguente opinione: Kagano è un antico titolo Russo equivalente a quello di Zar o Khan. È ovvio che la parola Kagano sia strettamente correlata con la parola Khan, ed è una delle sue forme arcaiche.
Fig. 14.7. Frammento del libro di B. A. Rybakov con una riproduzione delle antiche lettere che aveva copiato dalla colonna della cattedrale di Santa Sofia a Kiev. Tratto da [752], pagina 49.
Siamo anche dell’opinione che la parola Kazari sia una forma arcaica della parola Cosacchi. Questa non è semplicemente una nostra ipotesi ma piuttosto un’affermazione fatta dall’Arcivescovo della Bielorussia all’inizio del XIX secolo ([423]).
Perciò il titolo “Orientale” di Kagano è molto probabilmente di origine Russa. Una volta era portato dagli Zar, o Khan del “Grande” Impero “Mongolo” Russo. Non è l’unico esempio. Bisognerebbe considerare il titolo di Califfo, attribuito a regnanti che hanno cercato di diventare capi di comunità religiose” ( [85], Volume 46, pag. 40). In altre parole re e alti prelati allo stesso tempo. Questo titolo era conosciuto piuttosto bene in Russia - come Caliph e Kalifa ( [786], Edizione 6, pag. 37). Troviamo il seguente passaggio in un racconto Russo del XVII secolo: “adorano il Papa come noi facciamo col Califfo” (ibid).
I lettori potrebbero chiedersi perché crediamo che la parola Kalifa sia di origine Russa. La risposta è la seguente. In Chron5 utilizziamo fonti medievali per dimostrare come il “misterioso” re medievale conosciuto come Giovanni il Presbitero sia la medesima personalità storica di Ivan Kalita, lo Zar Russo conosciuto anche come Batu-Khan. Non si può non notare la similarità tra le parole Kalifa e Kalita; la frequente flessione dei suoni F e T (Thomas/Foma, Theodor/Fyodor ecc.) ne fanno di fatto la stessa parola.
Questo ci porta alla seguente catena di identificazioni: Ivan Kalita = Kalifa Ivan = Califfo Ivan, Zar e Presbitero = Giovanni il Presbitero.
Non fa meraviglia che il titolo (o alias) di Ivan Kalita, ovvero Batu-Khan, sia sopravvissuto in molte parti del Grande Impero = “Mongolo” come il leader dello stato e della Chiesa. Evidentemente, Batu-Khan, o Ivan Kalita, lo è stato.
Il concetto erudito di Khan “Mongoli” (che scopriamo essere Russi) come nomadi selvaggi è una pura invenzione degli storici Romanoviani. Abbiamo citato numerosi esempi di matrimoni tra Khan “Mongoli” e principesse Bizantine. Gli storici ci dicono che raffinate principesse Bizantine lasciavano i loro lussuosi palazzi per le tende di nomadi selvaggi, mandrie di pecore, riso pilaf e bacche selvatiche. L’Orda d’Oro pare non abbia lasciato costruzioni; da questo si deduce che vivessero in fredde tende e masticassero la carne dei loro muscolosi cavalli.
Sappiamo anche di molti imperatori Bizantini sposati con le figlie dei Kagani Kazari: “Giustiniano II era sposato con la figlia di un Kagano, battezzata col nome di Teodora. Anche Tiberio II sposò la figlia di un Kagano e ritornò dalla Kazaria a Costantinopoli nel 708 con un esercito di Kazari [i Cosacchi, cioè - Aut.] . La moglie di Costantino V (741-775) era anche lei figlia di un Kagano, battezzata come Irene appena convertita al Cristianesimo... Nel IX secolo gli imperatori Bizantini formarono una guardia di corte di Kazari [Cosacchi - Aut.]. Molti dei guerrieri Kazari si distinsero e vennero promossi agli alti ranghi nell’esercito e nell’amministrazione imperiale” ([823], pag. 139).
Perciò, ci viene raccontato che i selvaggi nomadi “Mongoli” intrecciarono matrimoni dinastici con la casa reale di Bisanzio per secoli. I primi praticamente illetterati vivevano nelle steppe polverose, gli altri scrivevano poesie e trattati storici da lussuosi palazzi.
Pensiamo che questa narrazione non abbia senso. Una quantità simile di matrimoni a priori implica religione e culture comuni. Infatti è ben noto che la cultura medievale di Bisanzio era molto simile alle sue controparti Russe. Tutti i “Kazari” e “Mongoli” erano Ortodossi Russi, né selvaggi, né nomadi.
Per quanto riguarda l’Islam, sottolineiamo che lo scisma e la segregazione della tradizione Islamica, che ha portato alla sua trasformazione in una religione separata sono databili, secondo la nostra ricostruzione, a partire dal XV-XVI secolo. La fede Ortodossa e l’Islam erano precedentemente una sola religione.
È noto che l’Islam fosse inizialmente una setta di Cristiani Nestoriani. La differenza tra i rispettivi credi e rituali si è accumulata a lungo prima dello scisma. Queste due branche della Cristianità in seguito smisero di assomigliarsi. Comunque fu così almeno fino al XVII secolo.
3 . L’Orda come il consiglio dei Cosacchi (rada)
Non si può fare a meno di sottolineare la similarità ovvia tra la parola Orda e la parola “rada” che significa “consiglio” o “row” (“ordine”) in Russia e Ukraina. Un’altra parola correlata è “ rod ”, la parola Russa per “clan” o “famiglia”. Tutte queste parole condividono una singola radice e si traducono come “comunità”. Altre parole correlate sono “narod” (“gente”) e“rat” (“esercito”).
Le parole “rada” e “rod” sono state usate in Russia per molto tempo. Per esempio, un consiglio eletto come l’“Izbrannaya Rada” era attivo durante uno dei periodi che poi vennero inglobati nel regno di “Ivan il Terribile”.
In Ukraina, la parola “rada” significa “consiglio” o “riunione degli anziani”. Viene naturale assumere che le parole “orda”, “rada” e “rod” nascano dalla stessa radice Slava che si traduce come “consiglio” o “governo”.
La parola Latina ordo potrebbe anch’essa essere correlata, come la Tedesca Ordnung (“ordine”). Chi ha preso da chi dipende dalla scelta cronologica e nient'altro.
Secondo la testimonianza di Sigismund Herberstein, un autore del XVI secolo, “la parola Orda... sta per “una riunione” o “una moltitudine” nel loro linguaggio” [ Tartaro -Aut.] ([161], pag. 167).
Oggi siamo abituati a usare la parola “orda” per riferirci a una moltitudine di nomadi selvaggi. Comunque, non più tardi del XVII secolo questa parola era usata in un significato differente – un sinonimo comune delle parole “esercito” “truppa” etc.
Infatti, aprendo il Dizionario della Lingua Russa nel XVI-XVII secolo:
“Jagan il Terzo... Le sue orde Svedesi si erano abituate a considerare quel regno come il loro proprio” ([790], Edizione 13, pag. 65).
Un altro esempio: “Raccoglieva orde di Tedeschi sotto le sue insegne” (ibid).
Perciò, la parola “orda ”, era usata per riferirsi a truppe Svedesi o Tedesche. “Non sanno nulla del loro antichi costumi di servizio, né i civili, né l’Orda” ([790], Edizione 13, pag. 65).
4 . Kiev come capitale dei Goti
“Nel 1850-1852 La Comunità Reale degli Antiquari del Nord di Copenhagen... pubblicò i due volumi di ‘Antquites Russes’... questi libri contenevano saghe della Scandinavia e dell’Islanda e passaggi che avevano, in un modo o nell’altro, relazione con la storia Russa... Tra le altre famose pubblicazioni trovate in ‘Antquites Russes’ c’è la famosa ‘Hervarasaga’, che parla del figlio del... Re Heidrek di Reidhgotaland la cui capitale stava a Danpstadir (città sul Dnepr)... A. A. Kunik... suppone che ‘la città sul Dnepr sia stata per un certo periodo la capitale del regno Gotico’... L’antica canzone di Attila... menziona una parola simile - Danpar: ‘La famosa foresta vicino al Dnepr’. . . L’interpretazione corretta dei versi del ‘Hamdis-mal’ ha portato all’idea che la capitale dei Goti si trovasse da qualche parte nell’Europa Orientale, sul ‘Danpar’, che si può ragionevolmente identificare... come il Dnepr ...’
Mentre cercava di localizzare il luogo sulle rive del Dnepr dove avvenivano gli eventi del ‘Hamdis-mal’, Vigfusson presumeva che Danparstadir, l’antica città del Dnepr, fosse identificabile con Kiev... che Vigfusson considera il centro principale dell’Impero Gotico e la capitale di Ermanarico” ([364], pagg. 65-69).
Più avanti: “Anche Y. Koulakovskiy riconobbe l’esistenza di una capitale Gotica sul Dnepr. Ipotizzava che Kiev fosse già stata fondata nell’epoca di Tolomeo, indicata sulla sua carta come Metropolis [‘La madre delle città’, se facciamo una traduzione parola per parola dal Greco - Aut.]... N. Zakrevskiy (‘Descibing Kiev’, Volume 1, Mosca, 1868, pag. 6) credeva che l’Azagorium di Tolomeo (conosciuta come Zagoryetra per i locali) si potesse identificare con Kiev... F. Braun, V. S. Ikonnikov, A. I. Sobolevskiy, S. Rozhnetskiy, A. Pogodin e I. Stelletskiy hanno tutti riconosciuto Kiev come la capitale Gotica sul Dnepr. La teoria di Vigfusson che Kiev fosse la capitale dei Goti era presente sulle guide e su numerose riviste Ukraine” ([364], pagg. 71-72).
In precedenza abbiamo dimostrato come i Goti fossero identificabili con i Cosacchi. Perciò, non c’è niente di strano sul fatto che Kiev venga considerata la capitale dei Cosacchi. Questo è riconosciuto da tutti. Prestiamo attenzione al fatto che Kiev era evidentemente indicata sull’ ”antica” carta di Tolomeo. Anche questo è perfettamente normale – sarebbe sorprendente il contrario, poiché la nostra ricostruzione suggerisce che le ”antiche” carte siano databili al XIII-XVI secolo d.c.
Fig. 14.8. "Il Sarcofago di Yaroslav il Saggio" nella cattedrale di Kiev di Santa Sofia. La fotografia è stata scattata in modo tale che non è possibile vedere il lato del sarcofago con l'opera d'arte tagliata. Tratto da [663]. Foto del XX secolo.
5. La distruzione delle iscrizioni sugli antichi reperti Russi
5.1. La tomba di Yaroslav il Saggio nella Cattedrale di S. Sofia a Kiev
Secondo la nostra ipotesi, Ivan Kalita, ossia Yaroslav il Saggio, ossia Batu-Khan fu seppellito nella famosa piana delle piramidi Egiziano, il primo cimitero centrale imperiale del Grande Impero ”Mongolo” , qv in Chron5.
Comunque, è conoscenza comune che il sarcofago tradizionalmente indicato come il sarcofago di Yaroslav il Saggio si trovi nella famosa Cattedrale di S. Sofia in Kiev. Presumibilmente datato al XI secolo d.c., proprio l’epoca di Yaroslav il Saggio. Chiunque visiti la cattedrale può vederlo (figg. 14.8 e 14.9).
La natura della scritta sul sarcofago è del massimo interesse. Si scopre che semplicemente non c’è. È molto peculiare che ogni superficie del sarcofago sia in buone condizioni tranne una, uno può chiaramente vedere la scritta, l’ornamento e l’anagramma del nome di Cristo. Comunque, non c’è niente di scritto sulla superficie rimanente. Tutta la decorazione da questa parte è stato distrutta completamente – scalpellata via da qualcuno, insomma. Vediamo vaghe tracce dell’ornamento e lettere o segni di qualche cosa. Né le guide né gli scienziati che lavorano nel museo della cattedrale sanno niente sui vandali responsabili di ciò.
Cosa poteva esserci scritto? Chi avrebbe potuto danneggiare la scritta sulla tomba di Yaroslav il Saggio fino al punto di potersi vantare di averla cancellata per sempre? È probabile che lo scritto contraddicesse la versione Romanoviana della storia e pertanto sia stata trattata nel modo più spietato possibile.
Figura 14.9. Foto del XIX secolo del "Sarcofago di Yaroslav il Saggio" nella cattedrale di Santa Sofia a Kiev. Questa fotografia mostra anche solo i lati intatti del sarcofago. Tratto da [578], libro 1, pagina 253.
A proposito, si scopre che il sarcofago di Yaroslav il Saggio fu “scoperto nel XVII secolo” ([578], Libro 1, pag. 253). Questo è veramente sorprendente. Si dice che Yaroslav il Saggio sia morto nel 1054. Sono passati seicento anni. Alla fine, nel XVII secolo, seicento anni più tardi, quando i Romanov decisero che era giunto il momento di scrivere un’altra “antica” storia della Russia, i loro archeologi e storici furono lesti a trovare un sostanziale numero di “Antichità Russe”, incluso il “sarcofago di Yaroslav il Saggio” che non porta nessuna scritta. Non c’è alcun segno sopra di esso che possa far assumere si tratti davvero del sepolcro di Yaroslav il aggio, il famoso personaggio storico menzionato nelle cronache.
Vediamo gli storici al massimo della loro arbitrarietà. I Romanov avevano bisogno di “prove”, o aiuti visuali per la recente “nuova versione” scritta dell’antica storia Russa. Per esempio aveano urgente bisogno di trovare la tomba di “Yaroslav il Saggio”, che fu prontamente “trovata” (evidentemente, col metodo di prendere un vecchio sarcofago, scalpellare via la scritta che poteva contraddire la versione ufficiale, magari in Arabo, qv sopra, e dichiarare che era quello che si cercava. Le fotografie del “reperto” hanno poi subito trovato la via nei manuali scolastici. Molto più tardi, nella nostra epoca, M. Gerasimov ha fatto del suo meglio per ricostruire le sembianze del volto di Yaroslav; il risultato può essere visto in fig. 14.10.
Ripetiamo: Gli storici Romanoviani hanno scritto una favola sulla storia Russa del XVII-XVIII secolo, che da allora abbiamo accettato come vera.
Lo staff del museo a Kiev ci ha detto che diversi carro di pietre tombali, icone, libri e altri artefatti furono portati via dalla cattedrale negli anni trenta. Il loro destino e la loro destinazione rimane a tutt’oggi un mistero. Perciò, noi non sappiamo nemmeno nulla dei reperti custoditi nel museo della cattedrale negli anni venti. Non ha senso sperare in un dettagliato catalogo di quei pezzi rintracciabile e disponibile per i ricercatori.
Dobbiamo segnalare che molte strane leggende circolano sul sarcofago di “Yaroslav il Saggio “ a Kiev. Per esempio, nel 1995 le guide dicevano che il sarcofago fosse di origine Bizantina e fosse del IV secolo d.c., cioè di settecento anni precedente alla morte di Yaroslav il Saggio.
Queste osservazione delle guide hanno fatto probabilmente chiedere a molti visitatori come mai il Gran Principe Yaroslav il Saggio, uno dei più famosi regnanti di Russia, al massimo del suo splendore, si facesse seppellire in un sarcofago importato di seconda mano, sebbene un buon sarcofago, comprato nella lontana Bisanzio. Quindi i resti del precedente proprietario sarebbero stati buttati via per far posto al corpo del Gran Principe della Russia di Kiev.
Anche nella nostra epoca cinica, una simile cosa si chiama sacrilegio.
Il sepolcro doveva essere una evento di famiglia. Si possono vedere chiaramente due croci e due cuori legati insieme con un laccio. Infatti, lo staff del museo ci disse nel 1995 che gli archeologi avevano scoperto gli scheletri di un maschio e di una femmina nel sarcofago e anche lo scheletro di un bambino, probabilmente uno stretto parente (forse un figlio).
Fig. 14.10. Ricostruzione facciale dell'uomo i cui resti sono stati trovati nel "Sepolcro di Yaroslav il Saggio" a Kiev (di M. Gerasimov). Tratto da [847].
5.2. I monasteri Staro-Simonov e Bogoyavlenskiy a Mosca
A proposito, ci sono precedenti dello stesso tipo nella Cattedrale di S. Sophia - in Mosca, come abbiamo ricordato in precedenza (teniamo presente che le pietre tombali del monastero Staro-Simonov di Mosca erano state barbaramente distrutte a martellate negli anni sessanta.
Abbiamo ricordato come il monastero Staro-Simonov fosse probabilmente il luogo dell’ultimo riposo di molti guerrieri caduti nella Battaglia di Kulikovo. Inoltre, antiche descrizioni del monastero ([646] e [844]) riportano come fossero addirittura seppelliti qui molti Zar Russi e Gran Principi ([936], Volume 2, pag. 570). Sfortunatamente seppellito qui troviamo solo un nome di Zar. È Simeone Beckboulatovich ( [844], pag. 50), un co-regnante di Ivan il Terribile. Secondo la nostra ricostruzione, è uno degli Zar che più tardi vennero inglobati nella singola figura di Ivan il Terribile. Altri famosi personaggi seppelliti nel monastero Simonov sono Konstantin Dmitrievich, figlio di Dmitriy Donskoi, il Principe F. M. Mstislavskiy, principe di Cherkasskiy, Golitsyn, Souleshev, Yousoupov etc, insieme ai rappresentanti di importanti clan aristocratici: Boutourlin, Tatishchev, Rostovskiy, Basmanov, Gryaznev etc. Più avanti renderemo conto ai lettori delle sepolture della Cattedrale Arkhangelskiy nel Cremlino, dove praticamente si dice siano sepolti quasi tutti gli Zar Russi. In alcuni casi le scritte trovate sulle tombe ci appaiono dubbie.
La distruzione delle pietre tombali non è in alcun modo un’esclusiva moderna. L’archeologo L. A. Belyaev riporta quanto segue sugli scavi nel monastero Bogoyavlenskiy vicino al Cremlino: “I sarcofagi sopravvissuti sono seppelliti sotto una pila di detriti di pietra bianca con frammenti di coperchi e pietre tombali. Alcuni frammenti sono di pezzi di sarcofagi completamente distrutti - probabilmente, alla fine del XVII secolo o anche dopo” ([62], pag. 181).
5.3. Perché i Romanov ebbero bisogno di scalpellare via gli affreschi e ricoprire con strati di mattoni le antiche tombe degli Zar nelle cattedrali del Cremlino?
Ci sono tre famose cattedrali al centro del Cremlino di Mosca - l’Ouspenskiy, l’Arkhangelskiy e la Blagoveshchenskiy.
La prima delle tre è stata sempre considerata la principale cattedrale Russa: “La cattedrale Ouspenskiy occupa un posto a parte nella storia Russa... per secoli è stata un importante centro temporale ed ecclesiastico della Russia – è dove i Gran Principi venivano insediati, e i vassalli giuravano a loro fedeltà. Gli Zar e più tardi gli Imperatori ricevevano qui la benedizione mentre salivano al trono di Russia” ([553], pag. 5). La prima Cattedrale Ouspenskiy si presume sia stata fondata qui sotto Ivan Kalita e rimase qui fino al presunto 1472 (ibid, pag. 6). La cattedrale che conosciamo oggi fu eretta sotto Ivan III nel 1472-1479: “Ivan III, il Gran Principe e Sovrano di Tutta la Russia, decise di erigere una residenza che corrispondesse alla sua posizione. Il Nuovo Cremlino doveva simbolizzare la grandezza e potenza dell’Impero Russo. I lavori cominciarono con la costruzione della Cattedrale Ouspenskiy, la cui grandezza e aspetto alludevano alla maestosa omonima cattedrale di Vladimir del XII secolo” (ibid).
Secondo la nostra ricostruzione, Mosca divenne la capitale dell’intera Russia sotto il regno di Ivan il Terribile – alla fine del XVI secolo (vedi Chron6 per ulteriori dettagli). Uno slittamento cronologico di 100 sovrappone l’epoca di “Ivan il Terribile” al regno di Ivan III; perciò, molti degli eventi che datano al XVI secolo finirono nel tardo XV secolo grazie al manuale di storia Russa Scaligeriano e Milleriano, in altre parole, all’epoca di Ivan III. Questo rende ovvio il perché la fondazione di una capitale a Mosca sia stata iniziata da Ivan III, che si dice abbia costruito un nuovo Cremlino e fabbricato la sua cattedrale principale dopo quella di Vladimir, non la precedente cattedrale di Mosca che si suppone sia stata in questo posto come principale cattedrale della Russia per 250 anni. Secondo la nostra idea, la capitale della Russia era stata davvero a Vladimir fino al XVI secolo, e prima in Rostov e Kostroma (Khoresm, come riportano le fronti Arabe). Il trasferimento della capitale comportò anche il “trasferimento” della cattedrale principale – cioè, la costruzione del suo doppio a Mosca.
A questo proposito gli archeologi fanno la seguente affermazione: “Non ci sono fatti che indichino l’esistenza di una corte reale nel Cremlino prima dei lavori di costruzione del 1460” ([62], pag. 86). In particolare, “la cronaca del monastero Troitse-Sergiyev compilata negli anni sessanta e settanta del 500 non menziona per nulla la sua precedente esistenza [della corte del Cremlino]” ([62], pag. 86). In altre parole, i cronachisti del Monastero Troitse-Sergiev non sapevano nulla dell’esistenza della corte del Gran Principe sul territorio del Cremlino di Mosca prima del 1460. Questo corrisponde in modo eccellente con la nostra ricostruzione. Mosca fu fondata solo dopo la Battaglia di Kulikovo alla fine del XIV secolo, e la capitale della Russia non migrò qui fino alla seconda metà del XVI secolo.
La Cattedrale Ouspenskiy si presume sia stata la principale dell’Impero Russo a partire da Ivan III. La Cattedrale ha sempre goduto di una speciale attenzione: “In 1481 , Dioniso, il miglior artista dell’epoca, aveva dipinto l’altare a tre piani e diverse grandi icone, coadiuvato dai suoi apprendisti... e nel 1513-1515 la cattedrale fu decorata da affreschi” ([553], pag. .
Rimane qualcosa di quest’opera? Possiamo apprendere qualcosa della Russia Medievale, o l’Orda, di come fosse prima dei Romanov, se visitiamo oggi la cattedrale? Sfortunatamente no. Questo è ciò che ci viene detto: “Praticamente nulla di ciò era l’opera originaria è rimasto intatto ai nostri giorni: le cadenti icone furono sostituite da nuove… gli antichi affreschi furono scalpellati via all’inizio del XVII secolo” ([553], pag. .
Questi affreschi di Dioniso, presumibilmente “antichi”, avevano perciò 100-150 anni di età quando vennero scalpellati via. Non tanto per un affresco; anche le icone è improbabile avessero raggiunto tutte uno stato disastroso in un tempo così breve. Può essere che la cattedrale sia stata così sfortunata da lasciar trapelare qualche dato che contraddiceva la narrazione dominante, il che ha reso i suoi affreschi di breve durata. Lo stesso destino per la vicina Cattedrale Arkhangelskiy nel 1505-1508. Questo è ciò che ci viene detto: “Le decorazioni delle preti della Cattedrale Arkhangelskiy datano al 1652-1666, il regno di Alexei Mikhailovich, che diede i seguenti ordini‘... la chiesa dell’Arcangelo Michele deve essere ridecorata completamente. I vecchi affreschi devono essere scalpellati via’, poiché gli affreschi del XVI secolo datati al regno dello Zar Ivan IV erano ormai malridotti a metà del secolo XVII” ([552], pag. .
Dobbiamo notare come gli affreschi dipinti sotto i Romanov nel XVII secolo non siano mai stati scalpellati via nel XVII, XIX e XX secolo. Perché ebbero bisogno di distruggere i relativamente nuovi affreschi nel XVII secolo – capolavori dipinti dagli artisti migliori del XVI secolo?
Sottolineiamo che gli affreschi vennero davvero scalpellati via e non coperti da uno strato di nuovo materiale. In altre parole, le due più grandi cattedrali del Cremlino furono contemporaneamente soggette alla laboriosa procedura di scalpellatura dell’intonaco dalle pareti, che furono quindi ricoperte da un altro strato di intonaco che successivamente venne decorato con nuovi affreschi. Una semplice ridecorazione non avrebbe dovuto richiedere la distruzione del vecchio materiale. Nuove decorazioni murali avrebbero potuto essere sovrapposte alle vecchie, nel modo in cui ciò veniva usualmente fatto (per esempio nella vicina Cattedrale Blagoveshchenskiy, anch’essa parte dell’ensemble del Cremlino). Non sarà che i Romanov abbiano voluto eliminare ciò che era stato raffigurato sulle pareti delle cattedrali del Cremlino, durante il regno della precedente dinastia dell’Orda? Se si ridipingono nuovi affreschi sopra quelli vecchi, il vecchio strato può ancora essere visto alla rimozione dello strato superiore. Questo viene spesso fatto oggi, quando gli scienziati scoprono gli affreschi del XVI, XV o addirittura del XIV secolo. Mentre gli affreschi scalpellati via non sono più recuperabili.
Ci viene assicurato che prima che l’intonaco delle cattedrali fosse scalpellato via, “una descrizione della composizione iniziale fu fatta... per aiutare a preservare la concezione ideologica dello schema del lavoro del XVI secolo” ([552], pag. . È così che i moderni ricercatori ammettono la perdita degli antichi affreschi murali, svaniti senza lasciare traccia, lasciando intatta solo la “composizione”. I Romanov possono davvero aver mantenuto la composizione originale se questo non implicava nulla di sostanziale.
A proposito, gli affreschi della Cattedrale Blagoveshchenskiy non sono stati scalpellati via ma piuttosto ricoperti da un nuovo strato di materiale all’epoca dei primi Romanov. Scoperti di recente, hanno mostrato diverse stranezze. Per esempio gli affreschi dipingono la genealogia di Gesù Cristo che include molti Gran Principi Russi (Dmitriy Donskoi, Vassily Dmitrievich, Ivan III e Vassily III, così come un certo numero di “antichi” filosofi e poeti - Platone, Plutarco, Aristotele, Virgilio, Zeno, Tucidide ecc. Tutti loro venivano relazionati a Cristo, secondo il vecchio disegno sulle pareti della cattedrale. Questo è in perfetta corrispondenza con la nostra ricostruzione; tutta questa gente può essere davvero stata la discendenza di Augusto = Costantino il Grande, che era davvero collegato a Cristo. Includendo gli “antichi” filosofi e autori nell’“Albero genealogico di Cristo”, l’artista che dipinse i muri della Cattedrale Blagoveshchenskiy contraddiceva decisamente la cronologia Scaligeriana. Comunque, secondo noi era perfettamente nel giusto.
Evidentemente, il vecchio affresco nella Cattedrale Blagoveshchenskiy non è sembrato ai Romanov particolarmente pericoloso, e così hanno deciso di coprirlo con un nuovo strato di intonaco invece di usare lo scalpello. Cosa poteva essere stato dipinto sulle cupole e sui muri delle cattedrali Arkhangelskiy e Ouspenskiy che portasse all’ordine dello Zar Alexei Mikhailovich di distruggerli senza pietà? nìNon è credibile la spiegazione moderna di un degrado nel corso di un secolo.
Evidentemente i pezzi dell’altare delle Cattedrali Ouspenskiy e Arkhangelskiy furono sostituiti completamente nel XVII secolo ([553], pag. 34; vedi anche [552], pag. 33). A questo proposito ricordiamo che molte pietre tombali di sarcofagi hanno subito nello stesso periodo danni notevoli a Mosca ([62], pag. 81). Forse anche in questo caso perché decrepiti?
Inoltre, ricordiamo che le registrazioni genealogiche furono bruciate dai Romanov nello stesso periodo. Contenevano l’albero genealogico di ogni famiglia nobile Russa, come abbiamo già detto in precedenza. La riforma ecclesiastica del Patriarca Nikon è servita come pretesto per purgare ogni biblioteca Russa da libri che non si conformavano all’ideologia dominante. Si scopre che “antichi libri erano stati corretti” ([372], pag. 147). Oggi si presuppone che fossero solo quelli ecclesiastici; ma, sarà vero?
Fig. 14.11. Pietra tombale dell'epoca romana (XVII secolo), probabilmente replica di una vecchia lapide. Su trova accanto al sepolcro attribuito a Ivan Kalita (caliph) nella Cattedrale Arkhangelskiy del Cremlino Moscovita. E' perfettamente evidente come anche questa replica Romanoviana sia stata pesantemente modificata. Parte dell'incisione è stata distrutta, e il resto ovviamente ha subito una trasformazione, e molto rozza. Foto scattata nel 1997.
Torniamo alle cattedrali del Cremlino. Evidentemente, la Cattedrale Arkhangelskiy avrebbe potuto fornire una serie di informazioni preziose, essendo il luogo ufficiale della sepoltura di Principi Russi e Zar, inclusi i primi Romanov. Ci sono circa 50 tombe nella cattedrale oggi. Si presume che ogni Gran Principe Moscovita sia stato seppellito qui, a cominciare da Ivan Kalita. I personaggi che troviamo qui, secondo le scritte del XVII secolo sulle pietre tombali che datano all’epoca dei primi Romanov, sono:
1. Il Pio Gran Principe Ivan Danilovich (Kalita). Dobbiamo segnalare che l’epitaffio sulla sua tomba è seriamente danneggiato e brutalmente riscritto, qv in fig. 14.11.
2. Il Pio Gran Principe Simeone il Fiero.
3. Il Pio Gran Principe Ivan Ivanovich.
4. Il Pio Principe Dmitriy Donskoi.
5. Il Pio Principe Afanasiy Yaroslav Vladimirvich Donskogo (!). Il sepolcro è datato al 1426.
6. Il Pio Principe Vassily Vassilyevich (Tyomniy, or “The Dark”).
7. Il Gran Principe e Signore di Tutta la Russia Ivan III.
8. l Gran Principe e Signore di Tutta la Russia Vassily III.
9. Una cripta separata, chiusa ai visitatori che oggi contiene le tombe di “Ivan il Terribile” e dei suoi figli Ivan Ivanovich e Fyodor Ivanovich; un tempo conteneva anche il corpo di Boris Fyodorovich “Godunov”.
10. Il sarcofago del Principe Mikhail Vassilyevich Skopin-Shouyskiy è separato dagli altri; lo troviamo nella cappella laterale di Giovanni Battista. Anche in questo caso l’accesso all’aera è proibito.
11. Il sarcofago del Principe Vassily Yaroslavich si trova separato, alla sinistra dell’altare. Si dice sia del XV secolo (presunto anno 1469).
12. Il sarcofago che si impone molto esplicitamente (due volte più grande di tutti gli altri) è quello del Pio Principe Andrei Staritskiy.
13. Principe Dmitriy di Ouglich, il più giovane figlio di “Ivan il Terribile”.
14. Alexander Safay Gireyevich, Zar di Kazan (!). Sarcofago del XVI secolo.
15. Principe Pyotr, figlio di Ibreim, figlio di Mamatak, Zar di Kazan (!). Sarcofago del XVI secolo.
16. I primi Romanov - Mikhail Fyodorovich, Alexei Mikhailovich e Fyodor Alexeyevich.
“Ci sono quarantasei sarcofagi in tutto nella cattedrale” ([552], pag. 24).
La visita alla Cattedrale Arkhangelskiy è stata vietata al pubblico a lungo. È stata permessa recentemente; anche una minima familiarità col suo interno mostra un gran numero di fenomeni rimarchevoli.
A quanto appare con evidenza, le tombe che si vedono nella cattedrale oggi furono fatte con mattoni nel XVII secolo sotto i primi Romanov ([552], pag. 24). Lo stesso periodo in cui venivano scalpellati via gli antichi affreschi dalla cupola e dai muri delle cattedrali, e ricoperti con nuovi. Si presume che “i morti fossero seppelliti in sarcofagi di pietra bianca e quindi sistemati sottoterra. Nella prima metà del XVII secolo, venivano seppelliti in sarcofagi di mattoni e pietre tombali di pietra bianca... con scritte Slave. All’inizio del XX secolo, fu montato un involucro di rame e rivestimento in vetro per i sarcofagi” ([552], pagg. 25-26). vedi fig. 14.12.
Fig. 14.12. Sarcofagi bianchi della cattedrale di Arkhangelskiy. 1636-1637. Un lato di ogni sarcofago contiene il nome del defunto, le date della sua morte e della sua sepoltura, mentre l'altro lato è decorato con un ornamento floreale inciso nella pietra" ([107], pag. 118).
Perciò, le vecchie pietre tombali che ovviamente dovrebbero stare sopra i corpi dei morti furono coperte da uno strato di mattoni. Si dice che le iscrizioni delle vecchie pietre tombali siano state riprodotte con cura sulle nuove pietre tombali di mattoni fatte dai Romanov. Sfortunatamente, è difficile verificarlo oggi. L’alto e massiccio simulacro
Romanoviano fatto di mattoni copre le antiche pietre tombali completamente. Dopo aver visto la barbarica distruzione degli affreschi da parte dei Romanov, viene naturale chiedersi se le iscrizioni sulle antiche pietre siano state anch’esse scalpellate via. Sarebbe interessante verificarlo.
I moderni ricercatori scrivono che la storia della necropoli reale “contiene molti misteri”. Molte antiche tombe sono andate perdute – probabilmente lo erano già prima che questa costruzione venisse fatta all’inizio del XVI secolo. Una delle tombe scomparse data alla seconda metà del XVI secolo e appartiene al Principe Vassily, figlio di Ivan il Terribile, e Maria Temryukovna. È curioso che la maggior parte delle tombe mancanti siano per lo più quelle di bambini” ([768], pag. 88). Quanto detto mostra in modo vivido il caos delle tombe nella Cattedrale Arkhangelskiy.
Lo staff scientifico del museo ci ha detto che il sotterraneo della Cattedrale Arkhangelskiy conteneva dei sarcofagi in pietra delle Zarine Russe trasferiti là da un cimitero speciale del Cremlino, che fu distrutto già nel XX secolo, durante la costruzione dei moderni edifici. Sfortunatamente, l’accesso a questo sotterraneo è estremamente limitato. Sarebbe molto istruttivo studiare le antiche iscrizioni sopra questi sarcofagi, se qualcuno di loro è sopravvissuto (vedi la sezione successiva per maggiori dettagli).
Torniamo alla questione di come i Romanov abbiano riprodotto precisamente le antiche scritte sulle pietre tombali coperte da mattoni. Sarebbe interessante verificare quanto precisamente siano state riprodotte sugli schermi di rame con pannello di vetro, che furono introdotti dagli storici Romanoviani all’inizio del XX secolo. Questo è facile da stabilire, poiché le scritte Slave del XVII secolo possono essere viste attraverso il vetro. È necessaria una torcia, tuttavia, poiché lo schermo lascia un’ombra su molte delle iscrizioni rendendo le lettere quasi illeggibili.
Fig. 14.13. "L'interno della camera di sepoltura di Ivan il Terribile. Il sarcofago non è stato occultato da coperture successive — quelle che vediamo sono autentiche e datate al XVII secolo" ([107], pag. 116).
Per prima cosa, segnaliamo che le pietre tombali di mattoni utilizzano differenti titoli riferendosi ai principi Russi - “Pio”, “Pio Gran Principe” e così via. Solo a partire da Ivan III il titolo si trasforma in “Gran Principe e Signore di Tutta la Russia”. La differenza è difficilmente di natura arbitraria e deve riflettere le realtà politiche dell’epoca.
Comunque, più recenti iscrizioni sul rame delle coperture usano il titolo uniforme di “Gran Principe” in tutti i casi, il che può essere letto come un occulta e leggera deformazione dell’informazione.
Secondariamente, vediamo un certo numero di evidenti incongruenze. Per esempio, i Romanov scrivono quanto segue sul suddetto grande sarcofago nella cattedrale: “Nel Dicembre 7045, il giorno undicesimo, il Pio Principe Andrei Ivanovich Staritskoy morì”. La copertura in rame ha una scritta piuttosto diversa: “La tomba dei Principi Staritskiy - Vladimir (morì nel 1569) e Vassily (morì nel 1574). Perciò, non solo la legenda sui mattoni è diversa da quella che vediamo sulla più recente copertura di rame – la stessa informazione sul numero di persone contenute nella tomba è vaga. C’è una sola tomba o sono due? Chi mente, i mattoni, il rame o entrambi? Ricordiamo che queste contraddizioni sono relative a iscrizioni secondarie dell’epoca Romanoviana, poiché oggi noi non sappiamo cosa fosse scritto sulle antiche pietre tombali, coperte di mattoni completamente. A proposito, l’affresco vicino alla tomba di Andrei Staritskiy rappresenta l’Apostolo Andrea, che si dice abbia battezzato la Russia.
Il commento di uno storico moderno è il seguente: “Sulle tre tombe, solo quella di A. I. Staritskiy ha l’obbligatorio inserto in pietra bianca sulla sua parte Occidentale ma anche in questo caso questo fu rimosso al più tardi nel 1780 [come mai? - Aut.] . L’unica cosa che sappiamo oggi è che l’inserto fu scoperto durante i lavori di rinnovamento del pavimento nel 1835 vicino alla bara. . . Poi è diventato parte del muro occidentale del sepolcro che ospita Vladimir e Vassily Staritskiy” ( [768], pagg. 89-90).
Tornando agli affreschi, bisogna segnalare che quelli che si trovano nella Cattedrale Arkhangelskiy sono dedicati in gran parte alla storia Russa; ritraggono i Principi Russi, e non solo i santi. Persino gli affreschi su temi Biblici si è spesso considerato rappresentino scene della storia Russa. C’è un commento che scorre a fianco dell’affresco, che può essere considerato una versione illustrata della storia delle Dinastie Russe - sfortunatamente, nell’interpretazione Romanoviana del XVII secolo e non nella versione originale.
Per esempio, “la sezione del terzo strato del muro meridionale descrive la vittoria degli Israeliti condotti da Gideone sulle truppe di Madian. Questa scena Biblica veniva normalmente associata con la vittoria di Ivan IV sopra i regni di Kazan e Astrakan” ([552], pagg. 12-13). Potrebbe significare che la scena biblica fosse stata dipinta dai Romanov nel posto dove stava una scena che dipingeva la vittoria di Ivan IV sopra i regni di Kazan e Astrakhan, che loro stessi avevano ordinato di scalpellare via insieme all’intonaco su cui era dipinta. Poiché i visitatori erano già abituati a leggere l’affresco come la vittoria di Ivan, la nuovamente dipinta scena Biblica naturalmente veniva “associata con la vittoria di Ivan IV”. Si potrebbe anche notare il fatto che il nome Gideone ricorda “GD Joann”, una forma di “Gosudar Ioann ”, o Signore Ivan.
Alternativamente, la Bibbia potrebbe riferirsi alla storia della Russia, conosciuta anche come l’Orda a quell’epoca, nel XIV-XVI secolo. In questo caso, gli autori della Bibbia includevano una descrizione della vittoria di Dmitriy Donskoi su Mamai-Khan nel 1380 nella Bibbia come la vittoria di Gideone, Re di Israele, sulle truppe di Madian. vedi il nostro libro dal titolo “Roma Regale in Mesopotamia: tra l’Oka e il Volga”.
Figura 14.14. Uno schema che mostra la disposizione dei sepolcri ascrivibili alle Zarine Russe e alle Gran Principesse al piano terra della Cattedrale Arkhangelskiy del Cremlino Moscovita. I sepolcri sono stati trasferiti qui dal Monastero Voznesenskiy nel Cremlino ([803], volume 1, pagina 121).
Le procedure di restauro nella Cattedrale Arkhangelskiy nel 1953-1956 hanno rivelato un solo frammento pre-Romanoviano che è riuscito a rimanere intatto miracolosamente; oggi vienei datato al XVI secolo ( [552] , pagg. 22-23). L’iscrizione che conteneva non è sopravvissuta. L’affresco si trova sulla volta della cappella funeraria di Ivan IV “il Terribile”; la stessa cripta può essere vista in fig. 14.13. “Il principe morente abbraccia il figlio maggiore, che sta in piedi alla testa del suo letto. La sposa del principe è seduta ai suoi piedi insieme al figlio più giovane. . . Questa scena ricorda la descrizione delle ultime ore di Vassily III, padre di Ivan IV” ( [552] , pag. 22). Non è strano che l’affresco che dipinge Vassily III sia a una distanza considerevole dalla sua effettiva sepoltura, e dentro la cripta di Ivan IV sul soffitto?
Consideriamo la spiegazione piuttosto semplice – l’affresco dipinge la morte di “Ivan il Terribile”, o Simeone, che lascia il regno al figlio Fyodor. La giovane Zarina tiene il nipote sulle ginocchia – il futuro Zar Boris “Godunov”. Secondo la nostra ricostruzione, Simeone era il fondatore di una nuova dinastia reale in Russia; perciò la sua tomba, come quella di suo figlio e del nipote Boris furono sepolte in una cripta separata della Cattedrale Arkhangelskiy. Questa deve essere anche la ragione per cui Mikhail Skopin-Shouyskiy, morto durante il regno di Vassily Shouyskiy, sia anch’egli sepolto separatamente, nella cappella laterale di Giovanni Battista. Evidentemente, Shouyskiy preparava la cripta per la sua propria dinastia – comunque, la sua deposizione ha fatto sì che non fosse sepolto qui. I suoi resti furono portati molto più tardi dalla Polonia dai Romanov e seppelliti nella Cattedrale Arkhangelskiy.
Corollario: Siamo dell’opinione che le sepolture della Cattedrale Arkhangelskiy debbano essere studiate nuovamente con la massima attenzione. Cosa è scritto sulle antiche pietre coperte da uno strato di mattoni? Sono state scalpellate via le scritte? E ancora, cosa poteva esserci scritto sui sarcofagi delle Zarine Russe?
6 . I sarcofagi finti delle Zarine pre-Romanoviane fatti dai Romanov nel XVII secolo
Una rivista Moscovita è stata così gentile da spedirci diverse rare fotografie piuttosto sorprendenti delle cripte funerarie dove sono seppellite le Zarine Russe e il piano della loro disposizione nel sotterraneo del Cremlino Moscovita. Questo materiale ci è sembrato di estremo interesse; ci serve come base per una serie di importanti corollari. Nel dicembre 1997 abbiano visitato tutte le tombe del sotterraneo della Cattedrale Arkhangelskiy per uno studio dettagliato dei sepolcri e per un confronto col le fotografie a nostra disposizione.
Vi sono circa 56 sarcofagi in pietra nel sotterraneo; un piano della loro disposizione è mostrato nella fig. 14.14. Alcuni non hanno alcuna iscrizione (18 per la precisione). Il resto presumibilmente appartiene a donne famose di lignaggio regale seppellite qui nel XV-XVII secolo (in particolare, Zarine, le loro figlie e altre femmine legate allo Zar). Ci sono diverse tombe di fanciulli, ma non molte. I sarcofagi sono di differente tipo e ne parleremo più avanti. La maggior parte dei sarcofagi sono antropomorfi, con un posto speciale per la testa e servono effettivamente da bare - in altre parole questo tipo di sarcofago non richiede un’ulteriore cassa di legno. L’altro tipo, di origine più recente è rettangolare e contiene una bara in legno. In alcuni casi i resti di questa bara sono rimasti intatti.
Fig. 14.15. Il sarcofago di Czarina Natalya Naryshkina è stato portato via dal Convento Voznesenskiy nel 1929. Il Convento Voznesenskiy è stato demolito dopo il trasporto del sarcofago femminile nella Cattedrale Arkhangelskiy,. Tratto da [107], pagina 245.
Le informazioni circa l’identità delle persone seppellite in una tomba o nell’altra devono inizialmente essere arrivate dalle iscrizioni sulle pietre tombali. Furono raccolte nei sotterranei del monastero Arkhangelskiy dopo il trasferimento dal monastero Voznesenskiy del Cremlino, distrutto dalle autorità Sovietiche nel 1929 ([803], Volume 1, pagg. 121 e 125). Molto curiosamente, non c’è nulla di scritto su alcuni sarcofagi e ci si riferisce a loro come “senza nome” nella lista dell’inventario. L’identità dei loro occupanti è perciò sconosciuta. Se i dati sono arrivati da altre fonti, a parte le iscrizioni di cui sopra, come per esempio registrazioni tenute nel monastero Voznesenskiy, ci deve essere qualche informazione relativa ad alcune delle bare senza nome. In fig. 14.15 riproduciamo una rara fotografia dove si vede il sarcofago di Natalya Kirillovna Naryshkina portato fuori dalla cattedrale Voznesenskiy prima della demolizione di quest’ultima alla fine del 1929.
C’è una lista dei sarcofagi tenuti nel sotterraneo della Cattedrale Arkhangelskiy che contiene i nomi dei defunti, alcuni dei quali sembrano piuttosto dubbi oggi alle nostre orecchie. I numeri corrispondono alla pianta in fig. 14.14:
1. Sarcofago senza nome.
2. Sarcofago senza nome.
3. Yevdokiya, vedova di Dmitriy Donskoi, 1407.
4. Maria Borisovna, prima moglie dello Zar Ivan III, 1467, vedi fig. 14.16.
5. Sofia Vitovtivna, moglie dello Zar Vassily II, 1453, vedi fig. 14.17.
6. Sofia Palaiologos, seconda moglie dello Zar Ivan 111,1503, vedi fig. 14.18.
7. Yelena Glinskaya, seconda moglie dello Zar Vassily III, 1538, vedi fig. 14.19.
8. Anastasia Romanovna, prima moglie dello Zar Ivan IV (“Il Terribile”), 1560.
9. Maria Temryukovna, seconda moglie dello Zar Ivan IV (“Il Terribile”), conosciuta anche come Maria Cherkeshenka (“La Circassa”), vedi fig. 14.20.
10. Marfa Sobakina, terza moglie dello Zar Ivan IV (“Il Terribile”), 1571, fig. 14.21.
11. Maria Nagaya, sesta moglie dello Zar Ivan TV (“Il Terribile”), 1608.
12. Irina Godunova, moglie dello Zar Fyodor Ivanovich, 1603.
13. Yekaterina Bouynosova di Rostov, moglie dello Zar Vassily Shouyskiy, 1626.
14. Maria Vladimirvna Dolgoroukaya, prima moglie dello Zar Mikhail Fyodorovich Romanov, 1625.
15. Yevdokia Loukianovna, seconda moglie dello Zar Mikhail Fyodorovich Romanov, 1645.
16. Elder Iouliania, madre di Anastasia Romanovna, 1579.
17. Paraskyeva, figlia dello Zar Mikhail Fyodorovich, 1620.
18. Pelageya, figlia dello Zar Mikhail Fyodorovich, 1620.
19. Maria, figlia dello Zar Ivan V Alexeyevich, 1692.
20. Fyodor Ivanovich Belskiy, 1568.
21. Anna Ivanovna Belskaya, 1561.
22. Yevdokiya Fyodorovna Mstislavskaya, 1600.
23. Sarcofago senza nome.
24. Feodosiya, figlia dello Zar Fyodor Ivanovich e Irina Godunova, 1594.
25. Anastasia, figlia di Vladimir Staritskiy, 1568.
26. Sarcofago senza nome.
27. Sarcofago senza nome.
28. Anna, figlia dello Zar Alexei Mikhailovich, 1659.
29. Theodora, figlia dello Zar Alexei Mikhailovich, 1678.
30-36. Sarcofagi senza nome.
37. Sofia, figlia dello Zar Mikhail Fyodorovich, 1636.
38. Marfa, figlia dello Zar Mikhail Fyodorovich, 1632.
39. Yevdokiya, figlia dello Zar Mikhail Fyodorovich, 1637.
40. Theodosia, figlia dello Zar Ivan V Alexeyevich, 1691.
41. Anna, figlia dello Zar Vassily Shouyskiy, 1610.
42. Sarcofagi senza nome.
43. Yevdokiya, seconda moglie di Vladimir Staritskiy, 1570.
44-48. Sarcofago senza nome.
49. Yevdokiya, figlia di Vladimir Staritskiy, 1570.
50. Yefrosinya, madre di Vladimir Staritskiy, 1569, vedi fig. 14.22.
51. Maria, figlia di Vladimir Staritskiy, 1569.
52. Anna, figlia dello Zar Mikhail Fyodorovich, 1692.
53. Tatiana, figlia dello Zar Mikhail Fyodorovich, 1706.
54. Natalia Kirillovna Naryshkina, seconda moglie dello Zar Alexei Mikhailovich, madre di Pietro il Grande, 1694.
55. Agafia Semyonovna Groushetskaya, moglie dello Zar Fyodor Alexeyevich, 1681.
56. Maria Ilyinichna Miloslavskaya, prima moglie dello Zar Alexei Mikhailovich, 1669.
Fig. 14.16. Il sarcofago attribuito a Maria Borisovna, la prima moglie di Ivan III.
La disposizione generale dei sarcofagi lungo una delle pareti del sotterraneo può essere vista in fig. 14.23. È qui che presumibilmente si trovano le tombe delle famose Zarine Russe del XV-XVI secolo.
Tuttavia, l’attribuzione consensuale di alcuni sarcofagi è davvero molto dubbia. Questo concerne le tombe pre-Romanoviane; i sarcofagi Romanoviani sono tutti veri.
Notiamo le seguenti stranezze:
1) Non è per niente chiaro perché il sarcofago n. 6, qv sulla mappa in fig. 14.14 e 14.18 debba essere attribuito a Sofia Palaiologa, moglie di Ivan III. Questo è un sarcofago parzialmente distrutto; il suo coperchio è intatto, sebbene a pezzi. Non c’è alcuna iscrizione, ad eccezione della parola Sofea graffita rozzamente (vedi fig. 14.24). Può questa“iscrizione” essere sufficiente per attribuire il sarcofago alla famosa Sofia Palaiologa? Il rozzo e approssimativo carattere dell'iscrizione è enfatizzato dal suo obliquo allineamento in relazione al lato del coperchio. Il graffito è superficiale e ci vuole uno sforzo per notarlo sulla pietra. Uno sguardo veloce ci lascia con l’impressione che il coperchio sia completamente privo di scritte, ha lo stesso aspetto dei coperchi senza nome. Come potrebbe questo indecoroso, obliquo graffito tracciato con un chiodo o qualcosa di simile, essere apparso su un sarcofago reale? Inoltre, la scadente qualità di questo cosiddetto “sarcofago reale” (come anche gli altri sarcofagi pre-Romanoviani ospitati nel sotterraneo della cattedrale) quantomeno disorienta.
Fig. 14.17. Il sarcofago è stato attribuito a Sofia Vitovtovna, la moglie di Vassily II Tyomniy. Presunto XV secolo. Sul coperchio del sarcofago c'è un epitafo scolpito che si legge come "Sofia la Monaca".
2) La stessa domanda si può fare per il Sarcofago 5, qv nello schema in figg. 14. 14, 14.17 e 14.23. Questo sarcofago è ascritto oggi a Sofia Vitovtovna, la moglie di Vassily II (XV secolo). Non ci sono iscrizioni da nessuna parte sul coperchio a parte una rozza, approssimativa e obliqua iscrizione molto superficiale e probabilmente fatta con un chiodo: “Sofe[a] inoka”, o “Sofia la Monaca”, qv in fig. 14.17. In fig. 14.25 si può vedere un disegno della scritta, che è molto difficile da capire. Abbiamo usato una fotografia ad alta qualità per questo scopo, dove si potevano distinguere le lettere. Potrebbe questa semplice ed economica bara di pietra con un graffito mal disegnato sopra essere quella di una Zarina? È possibile che le due famose Zarine, Sofia Palaiologa e Sofia Vitovtovna, non abbiano avuto nemmeno una scritta incisa accuratamente sul coperchio? Ci dicono che queste famose Zarine furono seppellite cerimonialmente, con i loro parenti, l’intera corte e una gran quantità di visitatori presenti in queste primitive ed economiche bare con poche lettere graffiate sopra? Per qualche ragione, sui sarcofagi dell’epoca dei Romanov troviamo lunghi ed accurati epitaffi, incisi abilmente e profondamente nella pietra. Anche altri vecchi sarcofagi senza nome sono coperti con magnifici ornamenti incisi.
3) Inoltre, come è possibile che il nome “Sofia la Monaca” sia apparso sul sarcofago di Sofia Vitovtovna? Questo è semplicemente impossibile. Se Sofia avesse davvero preso i voti, avrebbe anche ricevuto il nuovo nome da monaca, uno diverso dal vecchio nome, Sofia. Comunque, i graffiti sul sarcofago ci dicono che Sofia era il nome monastico della morta, che può solo significare che prima di prendere i voti avesse un nome diverso da Sofia, laddove Sofia Vitovtovna era certamente chiamata Sofia. Questo implica che questo sia un truffa evidente. Questa bara non può contenere assolutamente i resti di Sofia Vitovtovna, la famosa Zarina Russa. Ci stanno mentendo.
Fig. 14.18. Il sarcofago attribuito a "Sofia Palaiologa", moglie di Ivan III. Fotografia scattata dal lato della testa.
4) Un attento studio dimostra che la stragrande maggioranza dei sarcofagi attribuiti oggi alle Zarine Russe del XV-XVI secolo non erano fatti da blocchi di pietra, ma piuttosto da frammenti sparsi tenuti insieme da barre di rame o graffe. Questa costruzione piuttosto fragile veniva poi coperta da uno strato di intonaco, per farla sembrare un sarcofago. È naturale che il trasporto di questi “sarcofagi compositi” dal monastero Voznesenskiy al sotterraneo della Cattedrale Arkhangelskiy non è stato fatto con sufficiente cura, il che ha provocato la fuoriuscita di parte dell’intonaco dal sarcofago e il seguente collasso dello stesso. Comunque, i sarcofagi Romanoviani fatti davvero di pietra non si sono frammentati come i loro corrispettivi “compositi”. Alcuni dei sarcofagi (quelli appartenuti a Sofia Palaiologa e al familiare di Staritskiy, per esempio) sono davvero in cattive condizioni – quasi completamente a pezzi, sia il coperchio che il vero e proprio sarcofago (vedi figg. 14.18, 14.23, 14.24 e 14.22). Le rotture rivelano le graffe, evidentemente di rame da come sono verdi e arrugginite. Le graffe sono servite per tenere insieme le parti di questi “sarcofagi compositi”. Alcune delle staffe sono saltate fuori e ora giacciono vicino alle ossa dei morti, qv in fig. 14.18, per esempio.
Possiamo chiaramente vedere che le bare non sono fatte di lastre di calcare intere, ma piuttosto frammenti, scarti, che può significare solo che queste bare appartengono a gente comune e non a membri di una famiglia reale del XVI secolo. È abbastanza ovvio che un vero sarcofago di pietra doveva essere costoso, pochi potevano permetterseli; un sarcofago “composito” era più facile da fare. Perciò i Romanov devono aver semplicemente usato un certo numero di sarcofagi anonimi a metà del XVII secolo, o scalpellato via le scritte da alcune bare per avere qualche prova per la loro storia falsificata. Gli autentici sarcofagi delle Zarine Russe devono semplicemente essere stati distrutti dai Romanov se erano davvero a Mosca e non nel Cimitero Reale in Egitto, Africa – Valle di Giza o la famosa Luxor. Comunque, i Romanov aveano bisogno di qualche reperto per supportare la credibilità della loro artificiale “antica storia Russa”. Vediamo come gli storici Romanoviani e gli archeologi mescolavano le loro “scoperte di successo” con presunti antichi sepolcri autentici di Yaroslav il Saggio, Vladimir il Santo e così via mentre i loro colleghi di Mosca stavano diligentemente facendo incetta di sarcofagi per la “necropoli reale del XI-XVI secolo”.
Le “ antiche bare reali” furono messe su in fretta; la loro costruzione fu ordinata dai Romanov. Bisogna dire che i sarcofagi sono stati costruiti piuttosto rozzamente – è possibile che abbiano semplicemente convertito il vecchio cimitero del monastero nel supposto antico “luogo del riposo finale delle antiche Zarine pre-Romanoviane”. I nomi delle monache sono stati scalpellati via e coperti da pietre tombali con iscrizioni fatte apposta. I vecchi sarcofagi venivano così nascosti dalle nuove pietre tombali e così gli autori dell’imbroglio non erano così attenti con le scritte sui sarcofagi, poiché questi ultimi avrebbero dovuto essere comunque messi sotto terra subito dopo. Alcuni sarcofagi sono stati lasciati senza nemmeno una scritta; in due casi, i nomi di semplici monache, incisi con qualche oggetto appuntito non sono stati cancellati abbastanza in fretta. Così poco scrupolosamente i Romanov hanno creato la falsa “necropoli reale” del Cremlino Moscovita. Si comincia a capire come non ci sia stata nessuna necropoli prima dei Romanov. I Grandi Zar (Khan) di Russia, o dell’Orda, così come le loro mogli, furono seppelliti nel cimitero imperiale – il famoso campo delle piramidi o Luxor in Egitto, Africa.
Figura 14.19. Il sarcofago ha attribuito a Yelena Glinskaya: "... la defunta Gran Principessa Yelena, moglie di Vassily Ivanovich, Gran Principe di tutta la Russia".
Fig. 14.20. Il sarcofago attribuito a Maria la Circassa, moglie di Ivan IV "Il Terribile".
In Russia venivano seppellite persone di rango inferiore. Comunque i Romanov si sono battuti per distruggere tutti i veri antichi sarcofagi che avrebbero potuto raccontare una storia alternativa della Russia pre-Romanoviana, o l’Orda e questo fin dalla loro conquista del trono, nel XVII secolo. Quello che ci viene mostrato oggi non sono “antichi reperti autentici” ma piuttosto simulacri Romanoviani o sarcofagi di gente comune, che gli storici Romanoviani hanno dichiarato reali senza preoccuparsi troppo di sciocchezze come provarlo.
Antichi sarcofagi Russi di pietra bianca sono stati utilizzati come materiale da costruzione nell’epoca Romanoviana, il che riflette l’attitudine Romanoviana verso la storia della Russia. Riflettiamo un momento su questo. Conosciamo operai edili che vandalizzerebbero un vicino cimitero per procurarsi pietre per una casa residenziale? Qualcuno dei lettori abiterebbe una simile casa? Queste azioni sono sempre state considerate un sacrilegio o segno di disprezzo e odio verso i defunti. Questo è proprio ciò che vediamo nel comportamento degli usurpatori Romanoviani. Citiamo un passaggio dal libro di L. A. Belyaev, un moderno archeologo ( [62] ). Riporta quanto segue sugli scavi condotti nella cattedrale del monastero Moscovita Bogoyavlenskiy: “Le pietre tombali datate ai primi del IV secolo [?] usate come materiale di riempimento in una delle pareti della sala da pranzo” ( [62] , pag. 297). Insomma, le antiche pietre tombali pre-Romanoviane usate come materiali da costruzione per una sala da pranzo (vedi fig. 14.26).
Dobbiamo anche prestare attenzione che la pietra tombale alla quale si riferisce L. A. Belyaev in [62] sembra proprio una pietra tombale del monastero Antico Simonov (vedi fig. 6.28), così come l’antico sarcofago di bambino del sotterraneo della Cattedrale Arkhangelskiy (vedi fig. 6.30). Sono tutti realizzati con lastre uniche di calcare coperte dello stesso tipo di profonda incisione ornamentale; questa deve essere stato l’aspetto standard delle pietre tombali pre-Romanoviane che sono state tutte distrutte e usate apertamente come materiale da costruzione.
Ritorniamo alle tombe del sotterraneo della Cattedrale Arkhangelskiy che si presume appartengano alle sepolture delle Zarine Russe. Ricordiamo al lettore che tutti i sarcofagi, ad eccezione di quelli installati nell’epoca Romanoviana, sono stati fatti di materiale economico – resti di pietra tenuti insieme da graffe coperti di intonaco. Qualcuno potrebbe dire che si tratti di un antico costume Russo e sostenere che prima dei Romanov anche gli Zar fossero seppelliti in queste bare economiche e poco sofisticate, citando la povertà Russa, rituali primitivi dei nomadi Asiatici e così via.
Fig. 14.21. Il sarcofago attribuito a Marfa Sobakina, moglie di Ivan IV "Il Terribile".
Comunque, non è vero. I numerosi resti di sarcofagi in calcare di epoca pre-Romanoviana erano tutti fatti con lastre uniche di pietra decorate con precise e accurate scritte. Si possono ancora vedere simili lastre di pietra a pezzi in molti antichi monasteri Russi. Niente intonaco. Perché mai le Zarine Russe sarebbero state seppellite in sarcofagi economici malamente intonacati? Siamo dell’opinione che si sia una sola risposta per questo – i Romanov hanno rimpiazzato i veri sarcofagi con imitazioni economiche che furono immediatamente seppellite e rimosse dalla vista di chiunque e così non fu fatto nessuno sforzo particolare per crearle. I truffatori Romanoviani non usarono lastre di calcare o incisioni, pensando che un po’ di intonaco sarebbe bastato.
5) Guardiamo ora i sarcofagi di epoca Romanoviana, a cominciare dal XVII secolo in avanti. Questi sembrano autentici. Tenete presente che ci sono due tipi di questi sarcofagi – le bare antropomorfiche di pietra con un compartimento per la testa, e i sarcofagi rettangolari di pietra con una bara di legno al loro interno. I sarcofagi in questione sono numerati 24, 28, 29, 37, 39, 40 e 52-56 in fig. 14.14. Sono tutti di epoca Romanoviana eccetto il numero 24, e si possono considerare autentici.
Uno studio più accurato rivela un dettaglio affascinante. Si scopre che tutti i sarcofagi antropomorfici Romanoviani sono datati a prima del 1632, che è la datazione che troviamo sull’ultimo di questo gruppo (numero 38). Tutti gli altri sarcofagi Romanoviani di questo tipo datano a epoche precedenti, o all’inizio del XVII secolo.
D’altro canto, tutti i sarcofagi Romanoviani del secondo tipo (rettangolari con bara all’interno) datano dal 1636 in avanti. Questo è molto interessante.
Evidentemente i rituali di inumazione sono stati variati tra il 1632 e il 1636 (almeno per quanto riguarda seppellimenti reali). Vediamo che prima del 1632 i primi Romanov aderivano al vecchio costume di seppellimento dell’Orda. Comunque, in seguito, hanno deciso improvvisamente di cambiare questa pratica e, a partire dal 1636, l’ hanno fatti in modo diverso. Questo dettaglio può essere di grande importanza; una riforma come questa avrebbe dovuto evidentemente essere un evento su larga scala, ecclesiastico e secolare. Deve aver avuto luogo a metà del XVII secolo, precisamente, nel 1632-1637.
Fig. 14.22. Il sarcofago attribuito a Staritskaya. Costituito da frammenti di oietre tombali, tenuti insieme da graffe di rame.
Fig. 14.23. Le file di sarcofagi attribuiti alle Zarine Russe al piano terra della Cattedrale Arkhangelskiy. In primo piano vediamo il sarcofago attribuito a Yelena Glinskaya, sulla destra, con il presunto sarcofago di Sofia Palaiologa. Il sarcofagi che vediamo nella fotografia sono numerati come 7-15 nello schema. Da lontano vediamo il sarcofago dell'epoca Romanoviana, molto più grande e apparentemente autentico. Sono i numeri 55-56 dello schema.
Eppure niente ci viene dette oggi su un evento pur così importante in Russia. Per esempio, il saggio di A. V. Kartashov sulla “Storia della Chiesa Russa”([372], Volume 2, pagg. 110-112) si riferisce al periodo tra il 1634 e il 1640 come all’epoca del Patriarca Ioasaf I, che deve aver preso parte e implementato la riforma. Comunque, A. V. Kartashov, famoso scienziato e autore di un lavoro fondamentale ([372]) non dice una singola parola su ciò. Ci parla di altre riforme accreditate allo stesso patriarca in modo approfondito ma non una singola parola su questa; insomma, i rituali di seppellimento, che sono molto più importanti non sono menzionati da nessuna arte.
Passiamo ad un’altra fondamentale opera in diversi volumi di Macario, Metropolita di Mosca e Kolomna, intitolato Storia della Chiesa Russa ([ 500]). Il patriarcato di Ioasaf è discusso a pagg. 314-325 del Volume 6; comunque, non una singola parola è detta sulla riforma dei seppellimenti. E tuttavia troviamo una traccia di questa riforma. Macario scrive quanto segue sul rituale di seppellimento dei preti come descritto del Libro delle Preghiere del Patriarca Filarete: “Il libro delle preghiere di Ioasaph del 1639 viene abolito come probabile eredità di ‘Yeremey, il prete eretico Bulgaro’” ([500], Volume 6, pag. 322).
Figura 14.24. Il sarcofago ha attribuito a "Sophia Palaiologa", moglie di Ivan III. Parte del coperchio vicino alla testa. Come possiamo vedere, c'è un'iscrizione superficiale e ruvida grattata sulla pietra proprio accanto al bordo. Si legge "Sophia la suora". Non c'è altra scritta da nessun’altra parte sul sarcofago. Le lettere sono state graffiate in modo talmente poco profondo che difficilmente si possono vedere nella foto. Tuttavia, possiamo chiaramente vedere che il sarcofago non è stato né scolpito da un unico blocco di pietra, né assemblato di blocchi interi di pietra. È costituito da frammenti di pietra, tenuti insieme da graffe di rame, e quindi rivestiti per rendere la superficie liscia.
Questa nostra scoperta – ossia il cambio dei rituali di seppellimento Russi intorno al 1632-1637, ci permette di mettere immediatamente in rilievo la truffa sui sarcofagi della Cattedrale Arkhangelskiy del Cremlino Moscovita. Prendiamo il sarcofago 24. È ascritto a Teodosia, figlia di Fyodor Ioannovich e Irina Godunova, qv in fig. 6.30 e nella lista di cui sopra. Il sarcofago è privo di scritte;
Fig. 14.25. La nostra copia disegnata dell'iscrizione sul coperchio del sarcofago che recita "Sofia la Monaca"; oggi la tomba è attribuita a Sophia Vitovtovna, la moglie di Vassily II Tyomniy.
Diventa ovvio perché i testi di storia Russa dell’epoca Romanoviana non menzionino la riforma dei rituali di seppellimento degli anni intorno al 1360 – una delle ragioni può essere che gli storici siano ben disposti nel datare alcuni dei sarcofagi del XVII secolo (del nuovo tipo) a più antiche epoche pre-Romanoviane. Per questo rimangono taciturni rispetto alla riforma di Ioasaf (se non è semplice ignoranza).
Fig. 14.26. Antiche lapidi pre-roromanoviane di pietra bianca decorate con incisioni e utilizzate come materiali da costruzione per la sala da pranzo del monastero di Bogoyavlenskiy a Mosca. Tratto da [62], tabella 30.
7. Nella seconda parte del XVII secolo i Romanov rimossero antiche pietre tombali dai cimiteri Russi e le distrussero o le usarono come materiale da costruzione
I lavori di scavo del 1999-2000 nel Monastero Louzhetskiy di Mozhaysk
Uno dei più antichi monasteri Russi, il convento Bogoroditse-Rozhdestvenskiy Louzhetskiy, si trova a Mozhaysk. Si presume che il convento sia stato fondato da “S. Teraponte nel 1408 su richiesta di Andrei Dmitrievich di Mozhaysk, figlio del Gran Principe Dmitriy Donskoi” ([536], pag. 100). Il monastero esiste ancora oggi, sebbene sia stato ricostruito (vedi fig. 14.27).
Nel 1999-2000, i lavori di restauro e ricostruzione del convento Louzhetskiy fecero rimuovere due metri di strato di terra. Nella fig. 14.28 mostriamo una foto del 2000 fatta nel Monastero Louzhetskiy dopo la rimozione dei due metri di terra superiori. La striscia scura sul fondo della cattedrale corrisponde allo spessore degli starati rimossi. Questi scavi nel cortile del convento rivelarono un sorprendente quadro di cui renderemo conto nella presente sezione. Siamo molto grati a Y. P. Streltsov, che ci ha segnalato il fatto di cui parleremo qui.
Fig. 14.27. Il Monastero Louzhetskiy della Natività di Nostra Signora a Mozhaysk. Vista da nord. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.28. Il Monastero Louzhetskiy a Mozhaysk. Vediamo il cortile. Nel 1999 sono stati rimossi circa due metri del terreno. Il precedente livello di terreno può essere giudicato dalla striscia scura sul fondo della cattedrale del monastero. Si può anche vedere che le finestre della cattedrale sono state alzate, tranne una finestra, che era al livello del suolo durante gli scavi. In primo piano vediamo alcuni sarcofagi del XVII-XIX secolo, dissotterrati durante gli scavi e disposti in file precise. Il livello di terreno nel cortile corrisponde ora a quello del XVII secolo. Foto scattata nel 2000.
Si scopre che estesi lavori di costruzione erano stati portati avanti nel convento nella seconda metà del XVII secolo. Le antiche pietre tombali dei cimiteri Russi erano state murate nelle fondamenta della costruzione del XVII secolo. L’utilizzo di pietre tombali è stato così enorme che si ha l’impressione che il cimitero locale sia stato completamente spogliato dalle sue. Bisogna notare che le antiche pietre tombali nascoste alla vista erano notevolmente differenti da quelle dichiarate oggi “reperti dell’Antico stile Russo”. Tutte le pietre tombali trovate nel Monastero Louzhetskiy durante i lavori di scavo sono coperte precisamente dallo stesso disegno inciso di quelle dell’Antico monastero Simonov – una croce biforcata a tre punte, qv in fig. 14.29.
Figura 14.29. Una delle antiche lapidi Russe dissotterrata dalle fondamenta del XVII secolo del Monastero Louzhetskiy durante gli scavi del 1999-2000. È stata usata come materiale da costruzione durante l'epoca dei primi Romanov. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.30. Monastero Louzhetskiy a Mozhaysk. Le fondamenta di una chiesa distrutta nel XVII secolo, con antiche lapidi Russe, usate come materiale da costruzione. Dalle scritte sulle lapidi, si deduce che siano i resti di lavori di costruzione condotti nel 1669 o più tardi. Foto scattata nel 2000.
Dopo che è stata rimossa la parte superiore del terreno dal sito vicino al muro nord del monastero della Cattedrale di Nostra Signora, furono trovate le fondamenta di una piccola chiesa. Costruita nel XVII secolo (vedi fig. 14.30). Il tempo della sua costruzione può essere indicato anche con maggior precisione come successivo al 1669. Evidentemente i costruttori avevano usato le vecchie pietre tombali insieme a alcune “nuove” lastre di pietra in alcuni casi. Non ci sono molte lastre di questo tipo, ma alcune sono presenti. Nell’estate del 2000 ne abbiamo viste due – una datata al 7159, o 1651 d.c. secondo la moderna cronologia, e l’altra del 7177, o 1669 d.c. (vedi figg. 14.31 e 14.32). Perciò i lavori di costruzione devono essere stati portati avanti dopo il 1669, poiché abbiamo trovato una pietra con questa data nelle fondazioni.
Fig. 14.31. Una lapide del XVII secolo murata nelle fondamenta della chiesa demolita del Monastero Louzhetskiy, scoperta durante gli scavi del 1999. L'epitaffio dice: "La serva di Nostro Signore, suor Taiseya, ex Tatiana Danilovna, morta il 5 gennaio dell'anno 7159". L'anno corrisponde a 1651 foto scattata nel 2000.
Fig. 14.32. Una lapide del XVII secolo murata nelle fondamenta della chiesa demolita del Monastero Louzhetskiy, scoperta durante gli scavi del 1999. L'epitaffio dice: "Il servo di Nostro Signore, Fratello Savatey Fyodorov, figlio di Poznyak, morto il 7 febbraio dell’anno 7177". L'anno corrisponde al 1669 D.C. Foto scattata nel 2000.
L’impressione generale che si ricava dopo che ci si è familiarizzati con i risultati degli scavi condotte nel Monastero Louzhetskiy è la seguente. Evidentemente nel XVII secolo le antiche pietre tombali sono state rimosse in massa dai cimiteri e usate come materiale da costruzione (in particolare, per le succitate fondamenta di una piccola chiesa del XVII secolo, che contiene diverse dozzine di pietre tombali. Molte furono spezzate per farle stare all’interno della costruzione (vedi figg. 14.3314.39). Numerosi frammenti delle antiche pietre tombali sono andati in pezzi durante gli scavi. Alcuni sono stati ripuliti dallo sporco e sistemati in una pila nel cortile del convento (vedi fig. 14.40).
Fig. 14.33. Antica pietra bianca con una croce triangolare incisa, usata come materiale da costruzione alla base della Chiesa del XVII secolo del Monastero Louzhetskiy a Mozhaysk. Le fondamenta sono state dissotterrate dopo gli scavi del 1999, foto scattata nel 2000.
Molte di queste pietre tombali portano il simbolo di una croce triforcuta; comunque, ci sono diverse eccezioni. Per esempio, uno dei frammenti trovati nel Monastero Louzhetskiy ha una croce quadriforcuta, ma la forma è diversa da quella delle croci moderne – questa ricorda l’impronta della zampa di un uccello (vedi fig. 14.41).
Figura 14.34. Lapidi di pietra bianca con croci triangolari incise. Murate nelle fondamenta di una chiesa del XVII secolo.
Monastero Louzhetskiy, Mozhaysk.
Foto scattata nel 2000.
Un altro raro esemplare ha una croce pentaforcuta. Una lastra con una simile croce fu scoperta da Y. P. Streltsov e G. V. Nosovskiy, uno degli autori, nell’estate del 2000, nelle fondazioni della scala in pietra che una volta portava al cancello della Cattedrale della Natività di Nostra Signora dalla parte Occidentale. Oggi la scala è in rovina, ed è stata sostituita da una moderna scala metallica. Comunque, una parte della fondazione è rimasta intatta. È qui che questa rara pietra tombale è stata trovata (vedi figg. 14.42 e 14.43).
Fig. 14.35. Lapide di pietra bianca con croci triangolari incise. Usata come materiale da costruzione alla base di una chiesa del XVII secolo. Monastero Louzhetskiy, Mozhaysk.
Foto scattata nel 2000.
Tutti gli affreschi della Cattedrale della natività di Nostra Signora nel monastero sono stati scalpellati via. Siamo già abituati a queste dimostrazioni di distruzione totale che abbiano già visto nelle Cattedrali del Cremlino Moscovita, qv in Chron4, Capitolo 14.5. Gli affreschi non erano né “antichi” né “rovinati” quando furono distrutti – non avevano nemmeno cento anni. Qualcosa dello stesso tipo deve essere successa nel Monastero Louzhetskiy, a Mozhaysk. Molti frammenti di intonaco scalpellato via con tracce di pittura vivida erano ammucchiati nel cortile del monastero. Furono scoperti durante gli scavi del 1999. Li abbiamo viti nell’estate del 2000 (vedi fig. 14.44). Evidentemente gli antichi affreschi delle cattedrali Russe non corrispondevano al “tunnel della realtà” degli storici Romanoviani contraddicendo la versione ufficiale della storia Russa, e perciò vennero distrutti – prima nel Cremlino Moscovita e poi in tutta la Russia.
Fig. 14.36. Lapide di pietra bianca con una croce triangolare incisa. Murata nelle fondamenta di una chiesa del XVII secolo. Monastero Louzhetskiy, Mozhaysk. Foto scattata nel 2000.
La distruzione degli affreschi sulle pareti delle antiche chiese e cattedrali Russe è piuttosto tipico. A volte gli storici cercano di dare la colpa “alle forze di intervento Polacche e Lituane che facevano scorrerie nell’epoca del Grandi Disordini”, le quali sembravano possedere una passione particolare per la distruzione delle librerie dei monasteri, per le antiche opere d’arte e qualsiasi reperto che potesse dare informazioni sulla antica storia Russa in generale. A volte ci viene raccontato che un’antica cattedrale “non è mai stata decorata” - presumibilmente c’erano abbastanza soldi per la costruzione della cattedrale ma gli affreschi non furono fatti per mancanza di fondi, così le pareti sono state semplicemente dipinte di bianco. Tuttavia, occasionalmente, come nel caso del Monastero Louzhetskiy di Mozhaysk, si ammette che gli affreschi furono distrutti dalle autorità Romanoviane. Perché questo? Nessuna spiegazione viene data dai rappresentanti della scienza storica; comunque, la nostra ricostruzione lo spiega molto bene.
Fig. 14.37. Lapide di pietra bianca con una croce triangolare incisa. Usata come materiale da costruzione alla base di una chiesa del XVII secolo. Monastero Louzhetskiy, Mozhaysk. Foto scattata nel 2000.
Fig, 14.38. Lapidi di pietra bianca con croci triangolari murate alla base di una chiesa del XVII secolo. Uno di essi aveva la scritta "7 febbraio 7191". La datazione si converte nel moderno sistema cronologico come 1683 A. D. Monastero Louzhetskiy, Mozhaysk. Foto scattata nel 2000.
Torniamo alle pietre tombali del vecchio tipo trovate nel Monastero Louzhetskiy. Le iscrizioni sono del massimo interesse – in particolare per l’opportunità di trovare iscrizioni pre-Romanoviane. Sfortunatamente, si scopre che non ci sono iscrizioni di nessun tipo (come si vede in fig. 14.29, per esempio, o ci sono delle scritte che si presumono risalenti al XVI secolo, ma appaiono contraffatte (in alternativa, sono genuine e datano all’epoca dei Romanov). Discuteremo di questo più avanti con maggiore dettaglio. Per il momento, ripetiamo che non siamo stati capaci di trovare nemmeno una singola autentica iscrizione dell’epoca pre-Romanoviana – sembra che tutte le antiche pietre tombali con simili iscrizioni siano state distrutte, o almeno soggette alla scalpellatura. Comunque, anche dopo questa procedura, le pietre silenziose devono essere sembrate una seccatura per gli storici Romanoviani, e furono portate fuori dal cimitero e seppellite sottoterra, dove nessuno avrebbe potuto vederle. Dopo la riforma religiosa (qv descritta in Chron4, Capitolo 14.6) i cimiteri Russi vennero attrezzati con un nuovo tipo di pietre tombali, il modello Romanoviano, ben diverso da quello precedente che più tardi venne opportunamente dimenticato.
Figura 14.39. Frammento di una lapide con una croce triangolare eccezionalmente grande incisa su di essa. Vediamo la parte centrale della croce, rimasta intatta. A parte questo, sul lato della lapide vediamo i resti di un ornamento che spesso si vede su altre antiche lapidi russe. Dalla muratura della Chiesa del XVII secolo al Monastero Louzhetskiy di Mozhaysk. Foto scattata nel 2000.
Comunque, più avanti vedremo che i Romanov non hanno applicato questo metodo all’improvviso. Hanno cercato inizialmente di correggere le iscrizioni su almeno alcune delle antiche pietre tombali. E quindi hanno lanciato una campagna per la cancellazione delle iscrizioni trovate su alcune antiche pietre tombali e la completa distruzione del resto. Le antiche pietre tombali o gli antichi testi furono rimpiazzati da nuovi e con nuove date pre-Romanoviane. Come vedremo nel caso del Monastero Louzhetskiy, questa sostituzione è stata fatta con così poca cura che appare evidente a un moderno ricercatore. Evidentemente, nel XVII secolo i funzionari incaricati del controllo sui lavori di sostituzione nei cimiteri Russi non erano contenti della qualità e decisero di rimuovere tutte le pietre tombali e sostituirle con una varietà completamente nuova. Questo può anche aver perseguito l’obiettivo di facilitare la sistemazione e la distruzione delle pietre tombali pre-Romanoviane con simboli “irregolari” e iscrizioni.
Fig. 14.40. Frammenti delle antiche lapidi Russe usati nella muratura del XVII secolo del Monastero Louzhetskiy a Mozhaysk. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.41. La croce a quattro punte sull'antica lapide Russa assomiglia all'impronta di un uccello o a una croce forata triangolare con un braccio in più in alto. Si distingue molto dalle croci a quattro bracci comunemente presenti sulle tombe Cristiane. Il Monastero Louzhetskiy, Mozhaysk. Foto scattata nel 2000.
Diamo un’occhiata agli epitaffi. Tutti quelli che abbiamo visto nel Monastero Louzhetskiy iniziano con le parole “Nell’anno... tal dei tali fu seppellito qui”. Perciò la data è sempre indicata all’inizio dell’epitaffio. Le antiche pietre tombali scoperte nel Monastero Louzhetskiy sembrano riferirsi al XVI secolo, ossia un’epoca pre-Romanoviana. Comunque, abbiamo trovato altre pietre tombali con la stessa dicitura con date del XVII secolo, già di epoca Romanoviana. Questo fatto non deve sorprenderci; abbiamo già segnalato che i rituali funerari, incluso il tipo di pietre tombali, furono riformati solo nella seconda metà del XVII secolo; perciò le vecchie pietre tombali erano ancora in uso nelle prime decadi della Russia dei Romanov. La tecnica e la qualità del lavoro (la croce forcata e il disegno perimetrale) sono assolutamente gli stessi nelle pietre tombali pre-Romanoviane e Romanoviane; gli intagliatori del XVII secolo erano allo stesso livello tecnico dei loro predecessori del XVI secolo, e lavoravano nella stessa maniera.
Figura 14.42. L'antica lapide Russa con una croce forcata a cinque punte scoperta nella muratura del XVII secolo del Monastero Louzhetskiy a Mozhaysk. Foto scattata nel 2000.
C’è un fatto sorprendente. Sulle pietre tombali con datazioni Romanoviane, tutte le iscrizioni sono della stessa alta qualità artigianale. Le scritte e la decorazione sono tutte scavate in profondità nella pietra da un artigiano professionale (vedi figg. 14.43, 14.45, 14.46 e 14.47). L’artigiano ha prestato attenzione all’ombreggiatura delle lettere, a cercato di usare linee di differente spessore per fare sembrare più dinamica la scrittura. La stessa tecnica è stata utilizzata nelle decorazioni della croce forcata e sull’ornamento perimetrale. Inoltre, le iscrizioni dell’epoca Romanoviana stanno sempre in posizione corretta tra le due linee superiori della croce e la decorazione perimetrale. Lo spazio di questo campo può essere differente tra due diverse pietre tombali. Viene posizionato in base ai differenti angoli delle linee diagonali e la loro distanza dal centro. È assolutamente ovvio che l’artigiano conosca perfettamente l’ampiezza dello spazio che gli necessita per l’epitaffio e lo sistemi in accordo con questo.
Figura 14.43. Lapidi della varietà intermedia — con decorazioni antiche, ma senza croci forcate. Prodotta durante l'epoca dei primi Romanov. Vediamo due epitaffi con date: "Il 6 agosto dell'anno 7149, il servo di Nostro Signore, il piccolo Andrei, figlio di Pavel Fyodorovich Klementyey, riposò in pace" a sinistra e "il 5 febbraio dell'anno 7151, il servo di Nostro Signore, l’infante Pyotr, figlio di Pavel Fyodorovich Klementyey, riposò in pace". Gli anni si convertono nel moderno sistema cronologico come nel 1641 e 1643. L'incisione è stata fatta da un incisore professionale, come lo schema ornamentale ai bordi della pietra. Gli epitaffi sono autentici. Monastero Louzetskiy di Mozhaysk. Foto scattata nel 2000.
Figura 14.44. Questo è tutto ciò che rimane degli antichi affreschi della cattedrale della Natività di Nostra Signora al Monastero Louzhetskiy. Gli affreschi venivano spalmati insieme all'intonaco nell'epoca del XVIII-XIX secolo e ammassati sulla parete meridionale del monastero, proprio accanto al cancello. Sono stati scoperti qui, dopo gli scavi del 1999, vari frammenti di macerie e di gesso. Foto scattata nel 2000.
Comunque, non è così per le pietre tombali pre-Romanoviane. La qualità della scrittura è considerevolmente inferiore a quella delle decorazioni sulla stessa pietra tombale. Al massimo, gli epitaffi sono graffiati sulla pietra con qualche stilo affilato (vedi fig. 14.48). Molte di queste iscrizioni mostrano le linee guida (fig. 14.49). Questo, naturalmente, sfigura l’epitaffio e lo rende rozzo e approssimativo, mentre la decorazione perimetrale è ancora elegante e professionale. Inoltre molte delle scritte che si dice siano del XVI secolo non corrispondono alla grandezza del campo, dimostrandosi troppo corte per esempio, in fig. 14.50 l’iscrizione dice chiaramente 7076, o 1568 d.c. vedi anche figg. 14.51 e 14.52. Abbiamo anche scoperto un epitaffio chiaramente mutilato, dove la decorazione sulla pietra è perfetta, e l’epitaffio è semplicemente graffiato sulla pietra con un rozzo stilo e in modo molto approssimato. (figg. 14.53 e 14.54). Questa iscrizione è ovviamente falsa; contiene una datazione in caratteri cirillici (7088 da Adamo) (1580 d.c.). Sembra che i falsari abbiano aggiunto una nuova iscrizione con una datazione del XVI secolo su una più antica pietra tombale.
Fig. 14.45, Lapidi nello stile antico con una croce forcata realizzata nell'epoca dei primi Romanovs. L'epitafa è la seguente: "Il 10 luglio del 7142, il servo di Nostro Signore, U... avlov ... rovich... Kle... riposò in pace". I punti indicano lettere cancellate o illeggibili. L'anno si traduce nel moderno sistema cronologico del 1634. La qualità dell'incisione è altrettanto elevata di quella dell'ornamento sul bordo. L'epitaffio è autentico. Monastero Louzhetskiy di Mozhaysk. Foto scattata nel 2000.
In generale, abbiamo notato i seguenti strani fenomeni:
a) Le pietre tombali con date appartenenti all’epoca Romanoviana hanno la scritta dell’epitaffio di alta qualità artigianale analoga a quella degli ornamenti perimetrali e della croce forcata.
Figura 14.46. Lapide al modo antico con una croce forcata realizzata nell'epoca dei Romanov (1631). Trovata rotta durante gli scavi del 1999-2000 sotto il campanile del Monastero Louzhetskiy. Riuniti i pezzi e collocata nel nuovo campanile. Foto scattata nel 2000.
b) Le pietre tombali con date che si presumono precedenti all'epoca Romanoviana sono altrettanto ricercate per quanto riguarda la croce forcata e il perimetro mentre gli epitaffi sono rozzi e scarni. È difficile non notare immediatamente il contrasto tra la scrittura e gli ornamenti.
Gli epitaffi “pre-Romanoviani” sono scarabocchiati sulla pietra in modo piuttosto primitivo – l’iscrizione non ha i bordi rettangolari scalpellati regolarmente e tutte le linee sono dello stesso spessore. In altre parole, non è stato usato un metodo professionale per incidere queste iscrizioni. Ognuno può incidere un simile epitaffio con un semplice chiodo. Alcune delle iscrizioni non sono terminate e finiscono improvvisamente, qv in figg. 14.50, 14.51 e 14.52. Comunque, il loro contenuto non è diverso dal quello dell’epoca Romanoviana. Le formule usate nel testo sono le stesse.
Figura 14.47. Scrittura su una lapide del 1631, trovata sotto la campana del Monastero Louzhetskiy: "L'anno del 7139 (1631 D.C.), nel 15 giugno, in memoria di San.... Maximovich Vaneyko, conosciuto dai monaci come "Fratello Arkadiy l'Eremita". L'incisione è autentica. Monastero Louzhetskiy, Mozhaysk. Foto scattata nel 2000.
I nostri avversari potrebbero suggerire che nel XVI secolo gli artigiani trovassero ancora difficoltà a incidere la pietra a un certo livello di accuratezza. Comunque, non possiamo essere d’accordo con questa versione, il perimetro e la croce forcata sono incisi in modo perfetto!
Fig. 14.48. Scritta su una lapide con croce forcata — evidentemente un falso. La pietra, così come l'ornamento e la croce, sono stati eseguiti da un incisore professionale. L'incisione della scritta è stata invece semplicemente graffiata sulla pietra con un oggetto affilato. Non è necessario essere degli incisori - basta un semplice chiodo. Monastero Louzhetskiy di Mozhaysk. Fotografia scattata nel 2000
Il più insistente dei nostri avversari potrebbe fare un’ulteriore riflessione, e cioè che la pratica comune di “riciclare le pietre tombali” esistesse nel XVI secolo – ovvero che la gente prendesse vecchie pietre tombali, scalpellasse via gli epitaffi, ne scrivesse di nuovi e le sistemasse su nuove tombe. Questa pratica misteriosa sarebbe cessata nel XVII secolo per qualche ragione. Riflettiamo nuovamente sulla scoperta. Ogni singola pietra tombale del monastero Louzhnetskiy che si dice datata al XVI secolo ha un rozzo epitaffio e un fine ornamento, mentre nel XVII secolo sia pietra tombale che epitaffio sono di grande qualità. Non c’è una singola pietra tombale esistente del XVI secolo con un epitaffio originale – gli unici che abbiamo a nostra disposizione sono pietre “riciclate”. Sarebbe davvero strano il contrario – qualche pietra tombale del XVI secolo avrebbero dovuto sopravvivere nella sua condizione originaria, anche se vogliamo supporre che una parte fosse usata anche una seconda volta. Invece non è così.
Figura 14.49. Incisione chiaramente contraffatta su una lapide con croce forcata. In alto a destra si vede una data che è presumibilmente graffiata, una data del XVI secolo (le lettere si riferiscono agli anni '7050 o '7080; bisogna sottrarre 5508 per ottenere una datazione moderna che cada a metà o alla fine del secolo XVI. Si vedono le grezze linee guida: tuttavia, questo non rende le lettere meno goffe. Gli ornamenti sembrano più vecchi della scritta — il tempo li ha quasi cancellati. Tuttavia, è ovvio che, a differenza dell'incisione, gli ornamenti sono stati scolpiti da un professionista. Foto del 2000, scattata nel Monastero Louzhetskiy a Mozhaysk.
Fig. 14.50. Scrittura del presunto secolo XVI su una vecchia lapide con croce forcata; ovviamente fatto da un dilettante, e ovviamente non corrisponde allo spazio adeguatamente. La data è perfettamente chiara: "Orina Grigoryeva, è morta il 1° ottobre 7076". La lettera è così datata 1568 D.C. (7076 — 5508 = 1568). È molto probabile che sia un falso. Foto del 2000, scattata nel Monastero Louzhetskiy a Mozhaysk.
La spiegazione più probabile della discrepanza tra la finezza dele decorazioni e la rozza approssimazione degli epitaffi nel caso delle pietre tombali del XVI secolo è assolutamente di un altro tipo. Ogni epitaffio su ogni pietra tombale pre-Romanoviana fu distrutto nella seconda metà del XVII secolo. I Romanov ordinarono un certo numero di repliche per rendere meno evidente l’assenza. Alcune delle vecchie pietre furono coperte con nuove iscrizioni con date contraffatte pre-Romanoviane; la formula effettivamente usata nell’epitaffio rimaneva la stessa usata poi comunemente nell’epoca Romanoviana. L’obiettivo era “provare” che non c’era stata nessuna riforma delle inumazioni, e che gli epitaffi dell’epoca pre-Romanoviana erano proprio gli stessi usati in epoca Romanoviana. Il loro contenuto, alfabeto, lingua ecc. erano presumibilmente restati gli stessi che c’erano prima dell’ascensione dei Romanov.
Fig. 14.51. Scrittura su una vecchia lapide con una croce forcata, che probabilmente risale all'epoca pre-Romanoviana. L'incisione è estremamente grezza, non professionale e non corrisponde alle dimensioni dello spazio riservato. La datazione è quasi cancellata; tuttavia, possiamo ancora leggere la seconda metà come "16"; deve aver posto la data 7016 o 7116, che si traduce come 1508 o 1608, rendendo la data pre-Romananoviana. L'intera scrittura è composta da 4 o 5 parole e occupa solo una piccola parte dello spazio disponibile. Le decorazioni al bordo e la croce forcata sono state invece scolpite in modo professionale ed accurato. La scritta è molto probabilmente un falso. Foto del 2000, scattata nel Monastero Louzhetskiy a Mozhaysk.
Fig. 14.52. Frammento della fotografia precedente con l'incisione. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.53. Scritta su una vecchia lapide, che probabilmente risale al XVI secolo. Foto del 2000, scattata nel Monastero Louzhetskiy a Mozhaysk.
Gli epitaffi contraffatti del presunto XVI secolo sono troppo rozzi, ed è facile capire perché. Nel caso di vere pietre tombali, i parenti dei deceduti avrebbero pagato il lavoro dell’artigiano e quindi sarebbero stati attenti alla qualità dello stesso. Ma se gli autori delle false iscrizioni stavano invece eseguendo gli ordini che arrivavano dalle distanti Mosca o S. Pietroburgo, avrebbero difficilmente prestato troppa attenzione ai particolari, avrebbero semplicemente inciso il testo “corretto”. Nessuno avrebbe richiesto un lavoro di qualità in questi casi. Le reali pietre tombali erano antiche e autentiche, con ornamenti e croci forcate; gli esecutori avrebbero invece semplicemente scritto rapidamente degli epitaffi. Non si parla di intagliatori professionali - non sembra plausibile che un ordine di scrivere falsi epitaffi fosse accompagnato da fondi per pagare intagliatori professionali.
Fig. 14.54. Un primo passo dell'incisione di una vecchia lapide apparentemente risalente al XVI secolo. Proprio accanto all'eccellente decorazione vediamo una lettera irregolare che sembra essere stata graffiata sulla pietra da un bambino: "7088 ... mese ...il dodicesimo giorno in memoria di ... il martire... Servo di Nostro Signore". La data si traduce nel 1580 D.C. è molto probabilmente un tipico esempio di totale negligenza tipica degli autori delle contraffazioni negli epitaffi del XVI secolo. Monastero Louzhetskiy di Mozhaysk. Foto scattata nel 2000
L’ordine successivo sarebbe stato quello di rimuovere le pietre tombali fuori moda dai cimiteri e farne altre di standard diverso, facendo finta che fosse “sempre esistito”. Le antiche pietre tombali, con sia gli autentici epitaffi dell’epoca Romanoviana sia quelle contraffatte che si presumeva dovessero fare la parte di quelle autentiche pre-Romanoviane, furono utilizzate come materiale da costruzione
Gli scavi nel Monastero Louzhetskiy rivelano tutte queste numerose distorsioni dell’antica storia Russa.
Ci confrontiamo quindi con diversi problemi di grande interesse. Cosa poteva esserci scritto sulle autentiche pietre tombali dell’epoca pre-Romanoviana? In che lingua erano gli epitaffi? - Slavonico Ecclesiastico, Arabo, Turco, o qualche altra lingua, dimenticata oggi? Sarebbe opportuno ricordare al lettore che le iscrizioni sulle armi Russe erano in Arabo fino al XVI secolo e persino nel XVII secolo, qv in Chron4, Capitolo 13. Poteva essere lo stesso con gli epitaffi Russi? È possibile che prima dei Romanov la lingua Araba fosse considerata santa in Russia , come lo Slavonico Ecclesiastico e il Greco.
Tutto questo richiede un attento studio. Senza rispondere a queste domande, non possiamo realmente ricostruire la realtà che esisteva prima dei Romanov, gli archeologi Russi hanno un enorme campo di studio.
Nel maggio del 2001 abbiamo visitato il Monastero Louzhetskiy di nuovo, dopo grossomodo un anno dalla prima visita. Cosa abbiamo visto? Si scopre che le fondazioni scoperte dell’antica chiesa di cui abbiamo già parlato avevano cambiato aspetto. Parte di diverse antiche pietre tombali del XVI-XVII secolo che precedentemente sporgevano dalle fondamenta erano state rotte e coperte di cemento. Alcuni dei frammenti sopravvissuti contenenti antiche incisioni e scritte sono così andati persi. Siamo dell’opinione che sarebbe stato meglio preservare le rovine portate alla luce nella loro condizione originaria come importanti reperti storici e farli visitare da turisti e scolaresche. Questi autentici reperti storici portati miracolosamente alla luce non sono in corrispondenza con la versione della storia ufficiale. Alcune frammenti delle singole pietre tombali che appaiono in mostra a una certa distanza dalle fondamenta rimangono intatte, ma non tutte. Non abbiamo visto molte di quelle che erano qui nel 2000.
8 . La geografia secondo una carta della Grande Tartaria datata al 1670
Fig. 14.55. Una mappa della Grande Tartaria fatta a Parigi nel presunto anno 1670. La Grande Tartarie. Par le Sr. Sanson. Una Parigi. Chez l’ Auteur aux Galleries du Louvre Avec Privilege pour Vingt Ans. 1670.
In fig. 14.55 si vede una carta realizzata a Parigi nel 1670.
Questa carta è davvero molto interessante, e corrisponde bene alla nostra ricostruzione. Cominciamo osservando che la carta in questione è quella della Grande Tartaria, o Tartaria Mongola (ricordiamo ch la parola “Mongolo” si traduce come “Grande”). Secondo la carta , la Grande Tartaria non include l’Impero Russo nel senso moderno del termine, ma invece comprende sia la Cina che l’India.
La carta, in modo piuttosto spettacolare ci dà diverse versioni dello stesso nome geografico. Per esempio il nome Moal, Mongal e Magog sono sinonimi, secondo la carta. Quindi abbiamo l’Ieka-Moal, Iagog e Gog, i quali tutti significano la stessa cosa. Effettivamente, il riflesso delle nazioni Bibliche di Gog e Magog identificate con i Goti e i Mongoli, o Cosacchi, e sopravvissuto nella storia Scaligeriana fino ad oggi, qv in Chron5. Vediamo l’India chiamata “Mogol Inde”, o la parola “Mongol” con la parola di Russo Antico significante “lontano”. In altre parole il nome si può tradurre come “Mongoli lontani” o “I Grandi lontani”
In Siberia vediamo le montagne “Alchai” chiamate anche “Montagne Belghe”. Un po’ più a Est troviamo il nome Germa, o Germania. Ciò che vediamo può riflettere un interessante processo storico. Dopo la frammentazione del Grande Impero “Mongolo” che si estendeva su gran parte dell’Eurasia, Africa e America, molti degli antichi nomi “mongoli” cominciarono a viaggiare dall’Occidente verso l’Oriente Questo processo è catturato da numerose carte compilate di fresco nell'Europa Occidentale. Si stabilì che la precedente Grande Tartaria si espandesse nei territori all’Est del Volga e niente più. Perciò, la precedente geografia del Grande Impero “Mongolo” venne compressa; gli scrivani e i cartografi dell’Europa Occidentale furono messi a lavoro per cancellare tutta la terminologia dell’Orda dal loro proprio territorio. Come risultato, alcuni dei nomi geografici imperiali “Mongolian” viaggiarono verso Est, oltre gli Urali. Infatti, la carta del 1670 che stiano studiando contiene i nomi Europei di Germa(nia) e Belgio. Naturalmente furono più tardi corrette e oggi noi non vediamo alcuna tracia di Germania o Belgio in Siberia. Tutto ciò che rimane sono Mongolia e India, molto ridotte in grandezza poiché dal XIV-XVI secolo i nomi Mongolia e India sono stati usati dagli Occidentali per riferirsi all’intera Orda o Russia. vedi Chron5 per maggiori dettagli sull’uso del nomi India per la Russia nel Medio Evo.
Torniamo alla carta del 1670, qv in fig. 14.55. Vediamo la città di Bulgar in Moscovia, proprio vicino a Kazan, sul Fiume Volga. Il fiume Don è chiamato Tana. Un’altra città il cui nome suona molto interessante è Wasilgorod, che si trova sul Fiume Volga, tra Nizhniy Novgorod e Kazan – il nome si traduce come “Città di Basilio” o “Città dello Zar”. Oggi questa città non esiste. Potrebbe essere il nome Cheboksary del XVII secolo? La radice SAR nel nome della città è realmente una delle numerose versioni della parola Zar. Il moderno Fiume Lena in Siberia è chiamato “Fiume Tartar”, dove l’intera Siberia Nord-Orientale porta il nome “Su-Moal ats Tartar”.
Possiamo perciò vedere che nel XVII secolo gli Europei Occidentali usavano ancora i nomi dell’Orda per molti luoghi sul territorio Russo; che furono successivamente cancellati dai cartografi e dagli storici Scaligeriani e Romanoviani.
9 . A. I. Soulakadzev e la sua famosa collezione di libri e cronache
Alexander Ivanovich Soulakadzev visse nel 1771-1832 ([407], pagg. 155-156). Famoso collezionista di antichi libri e cronache, incluse quelle che riguardano la storia della Russia. Negli anni ha collezionato un’enorme quantità di libri e cronache che ammonta a diverse migliaia. Alla fine della sua vita pubblicò un catalogo di libri e cronache in suo possesso. C’erano molti dibattiti infuocati sulle sue attività nel XVIII-XIX secolo. Gli storici moderni lo considerano un falsario “uno dei più noti falsificatori Russi di lavori storici, le cui attività sono riflesse in dozzine di lavori speciali… si è specializzato in propagazione su larga scala di testi contraffatti... È incredibile con che sfacciataggine ha realizzato e propagandato i suoi falsi. L’ammontare e l’ “ambito di generi” delle sue creazioni è anch’esso impressionante” ([407], pag. 155).
L’infuocato interesse dell’intellighenzia Russa del XIX ai materiali storici di Soulakadzev si combinava con vivaci accuse alla tendenza di Soulakadzev a “collezionare antiche cronache e a sfigurarle con le sue correzioni e pedici per farle sembrare più antiche”, secondo l’opinione di A. K. Vostokov del 1850 (citazione da [407], pag. 160). P. M. Stroyev scrisse quanto segue nel 1832: “Quando lui [Soulakadzev - Aut.]... era ancora vivo, ho studiato i suoi preziosi tesori di letteratura che il Conte Tolstoy intendeva acquistare a quel tempo…. Le correzioni piuttosto rozze che infestano praticamente ogni cronaca mi perseguitano ancora oggi” (citazione da [407], pagg. 160-161).
Tuttavia la situazione appare essere molto più sfaccettata di come può sembrare oggi. Gli stessi storici ammettono quanto segue: Questo giudizio duro e paternalisticamente scettico della collezione di Soulakadzev si è dimostrato ingiusto in molti casi. Durante tutta la sua vita ha cercato davvero di collezionare una quantità di preziosi stampati e manoscritti. La collezione si basava... sulla libreria e collezione di cronache di suo padre e suo nonno [si suppone che Soulakadzev sia un discendente del principe Georgiano G. M. Soulakidze - Aut.] . Questa collezione fu arricchita da oggetti acquistati, ricevuti come regalo, e anche, probabilmente, sottratti a qualche collezione ecclesiastica, secolare o qualche libreria. . . Un certo numero di documenti veramente unici finì misteriosamente a far parte di questa collezione, in particolare – La lista delle cronache che furono spedite al Sinodo alla fine del XVIII secolo per ordine di Caterina La Grande (erano negli archivi del Sinodo fino all’inizio del XIX secolo). Oggi sappiamo di una cronaca numerata col numero 4967” ([407], pag. 161).
Questo numero dimostra che la collezione di Soulakadzev includeva come minimo 4967 libri o cronache! “Su una delle cronache Soulakadzev ha scritto di essere in possesso di ‘oltre duemila cronache di differente tipo, oltre a quelle scritte su pergamena’. È difficile verificare la veridicità di questa affermazione. Oggi conosciamo il luogo in cui sono conservate più di 100 cronache che erano appartenute a Soulakadzev” ([407], pag. 161).
È stata la collezione di Soulakadzev che ci diede fonti famose come “La storia del Regno del Kazan’ in una copia del XVII secolo, la Palea Cronografica del XVI secolo, la Cronaca di A. Palitsyn [una delle fonti primarie della storia dei Grandi Disordini dell’inizio del XVII secolo - Aut.], l’edizione Meridionale del Cartografo, e un frammento della Cronaca di Nicon in una copia del XVII secolo” ([407], pag. 162). Queste fonti non sono considerate contraffatte dagli storici moderni – al contrario, vengono studiate diligentemente e utilizzate come basi per dissertazioni e monografie scientifiche. Perciò la collezione di Soulakadzev è divisa in due parti: le “fonti corrette” e le “fonti sbagliate”, o presunti falsi. Sarebbe interessante conoscere le basi di queste affermazioni.
Diciamo subito che non intendiamo fare da giudici sulla questione se Soulakadzev sia stato un falsario oppure no. Non abbiamo avuto la possibilità di studiare la storia della collezione in dettaglio,e non abbiamo avuto la possibilità di aver in mano i libri o le cronache da lui acquistate. Inoltre molte di loro si presume siano scomparse o distrutte deliberatamente come diremo più avanti. Comunque la nostra analisi della storia Russa fa si che l’intera immagine della collezione di Soulakadzev che serve come pomo della discordia tra gli storici e l’intellighenzia sia molto più chiara.
Consideriamo le argomentazioni degli storici che affermano che gran parte della collezione di Soulakadzevsia è “contraffatta” e che “imbastardisce la storia Russa”. Impariamo che questa “passione” di Soulakadzev aveva radici nell’atmosfera sociale e scientifica delle prime decadi del XIX secolo. Il secolo iniziava con molte grandi scoperte fatte nel campo della letteratura e delle ricerche scientifiche Slave e Russe: nel 1800 avvenne la prima pubblicazione di ‘Slovo o polku Igoreve’ ... I periodici pubblicavano sensazionali rivelazioni sulla libreria di Anna Yaroslavna, la runica “Cronaca del Drevlyane”, un codice Slavo del VIII secolo d.c. scoperto in Italia e così via” ([407], pagg. 163-164).
In 1807 Soulakadzev “disse a Derzhavin delle ‘Rune di Novgorod’ che aveva avuto a sua disposizione” ( [407 ] , pag. 164). Poco dopo, Soulakadzev acquistò “La Canzone degli Slavi di Boyan” o l’ “Inno a Boyan”. Questo testo si presume oggi sia uno dei falsi di Soulakadzev. Lo storico V. P. Kozlov scrive che “il presente reperto di testo ‘runico’ ostra in modo ovvio che questo agglomerato di pseudo-anacronismi derivati da radici di parole Slave molto probabilmente non ha alcun significato” (ibid).
V. Kozlov continua citando quello che probabilmente considera il “più assurdo frammento” dell’ “Inno a Boyan”, con a fianco la traduzione di Soulakadzev. Comunque, noi non ci troviamo nulla di evidentemente assurdo. Anzi, questo testo ci sembra assomigliare ai testi Etruschi che prendiamo in esame in Chron5. Il loro linguaggio, che sembra essere di origine Slava, ha un certo numero di idiosincrasie che non sono caratteristiche dell’antico linguaggio Russo a cui siamo abituati. Ci sono perciò questi autentici testi esistenti, il cui linguaggio ricorda quello dell’ “Inno a Boyan”. Questo naturalmente non implica che l’ “Inno” sia autentico; comunque uno per prima cosa dovrebbe dimostrare che è un falso. Questa prova, per esempio, non esiste da nessuna parte in [407].
Segnaliamo una certa peculiarità che riguarda il sistema di accuse contro Soulakadzev. Per esempio, il libro di V. P. Kozlov intitolato “I Misteri della Falsificazione. Manuale per professori universitari e studenti” ( [407] ) dedica un intero capitolo a Soulakadzev, che inizia con la frase “Il Khlestakov dell’archeologia Russa”. Nonostante ciò, non abbiamo trovato una singola chiara accusa di falsificazione basata su reali informazioni in nessuna delle trenta pagine occupate dal capitolo. Non c’è un singolo caso provato di truffa – tutte le accuse sono basate su vaghe pontificazioni relativamente ai presunti vizi di Soulakadzev. Il suo interesse nell’arte teatrale viene definito “fanatico” da Kozlov ([407], pag. 156), il quale suggerisce anche che Soulakadzev avrebbe inventato le sue origini dai principi Georgiani, senza preoccuparsi di darne alcun conto ( [407], pag. 155). Gli storici sono particolarmente arrabbiati relativamente al mai pubblicato lavoro teatrale di Soulakadzev intitolato “Ioann, il Condottiero Moscovita”, i cui personaggi si dice “abitino... un mondo di fantasia” ([407], pag. 158). Kozlov cita anche un’intera lista dei vizi di Soulakadzev - “curiosità non sistematica, propensione romantica alle fantasticherie accompagnate da un approccio dilettantesco, pie illusioni e la soluzione di problemi con l’aiuto di una testardaggine sicura di sé e osservazioni non supportate da reale conoscenza” ([407], pag. 155). Si va avanti così, senza traccia di prova o di un esempio.
Perché questo? Cosa potrebbe spiegare il vetriolo che ovviamente tradisce un odio innato per Soulakadzev da parte dell’autore?
È piuttosto difficile trovare una singola risposta a questa domanda. Pensiamo che la ragione sia formulata nel seguente passaggio. Evidentemente, Soulakadzev “nella sua ispirazione patriottica… dà per filo e per segno una rappresentazione della storia Slava come di una catena di campagne vittoriose degli Slavi… Cercava chiaramente le prove che rendessero gli Slavi diretti eredi dell’Antica Roma che era stata la nazione più evoluta d’Europa” ([407], pag. 168). L’analisi che facciamo in Chron5 rende il punto di vista di Soulakadzev corretto per la maggior parte – almeno la teoria circa il Grande Impero Slavo “Mongolico”, o Orda, come effettivo successore del regno di Bisanzio sorto nel XI-XIII secolo. A parte questo, in Chron7 dimostriamo che l’impero dell’Orda del XIV-XVI secolo è stato riflesso nell’ “antica” storia come l’ “antico” Impero Romano. Gli storici Romanoviani avevano già introdotto una nuova cronologia della storia antica, largamente importata dall’ Europa Occidentale, dove gli Slavi erano considerati la nazione più arretrata esistente. I primi documenti che contenevano la storia del Grande Impero “Mongolo”, erano stati distrutti nei primi duecento anni del regno dei Romanov in Russia. Le prove sopravvissute ammontavano a una collezione di cianfrusaglie, riferimenti indiretti e documenti individuali. Ma persino questo venivano visti come una minaccia dalle sentinelle ufficiali della storia Romanoviana. Soulakadzev deve aver raccolto una collezione di simili documenti individuali sopravvissuti. Poiché non era uno storico professionista, non possedeva le motivazioni né per confermare né per disapprovare la versione Romanoviana della storia. Sembrava guidato da un sincero desiderio di capire la storia dell’antica Russia e questo era senz’altro la sua maggior colpa e la ragione per accuse di insufficiente professionalità che venivano da parte degli storici Romanoviani (e perciò anche moderni). Dal loro punto di vista un professionista è uno che lavora per supportare la versione della storia Romanoviana e Scaligeriana. Chiunque si opponga a questo deve essere distrutto. La distruzione consiste nell’appiccicare etichette – quella di “malvagio truffatore” nel caso di Soulakadzev. Il nome dell’eretico collezionista può essere quindi demonizzato in ogni modo – può essere dichiarato un fanatico, un semplice amatore o un fabbricatore di miti. La scuola e i manuali scolastici possono rovinare la sua reputazione post-mortem, riferendosi al collezionista con naturalezza come un grande truffatore. Gli studenti difficilmente potranno avere un’altra opinione.
Torniamo all’ “Inno a Boyan” che si suppone Soulakadzev abbia scritto da sé. I commentatori lasciano trapelare il loro ribrezzo e sdegno su questo “lavoro pseudo-letterario”; dall’altra parte, gli stessi storici ammettono che l’Inno “inizialmente fece un profonda impressione sui contemporanei di Soulakadzev… si può chiaramente vedere dalla traduzione dell’Inno da parte di Derzhavin, come dal fatto che... [l’ ‘Inno a Boyan’ - Aut.] fu usato come fonte storica attendibile per la biografia di Boyan pubblicata dalla 'Syn Otechestva ’ (‘Figlio della Terra dei Padri’) pubblicata nel 1821” ([407], pag. 168).
Perciò, nel XIX secolo la società Russa, come gli scrittori, che erano persone di cultura e conoscitori dell’antica letteratura Russa, non avevano alcuna rimostranza da fare sull’ “Inno a Boyan”. Invece, appena poco dopo gli storici professionisti del XIX secolo “adottarono un atteggiamento di dubbio e perfino di aperto scetticismo verso l’ ‘Inno a Boyan’” ( [407], pag. 168). La “spiegazione” offerta dagli storici eruditi è la seguente: “Alcune parti… ne menavano vanto… trovando quello che loro ritenevano l’antico alfabeto Runico degli antichi Slavi… usato per scrivere l’ ‘Inno a Boyan’... Queste rune assomigliano... alle lettere dell’alfabeto Slavo molto da vicino, e perciò si arrivava alla conclusione che l’alfabeto Runico degli Slavi sia esistito prima della Cristianità e che, quando Cirillo e Metodio inventarono l’alfabeto Russo moderno, utilizzarono le rune Slave esistenti aggiungendovi alcune lettere Greche e di altra origine!” ([407], pagg. 168-169).
Come poteva essere tollerata, da parte degli storici Romanoviani e Scaligeriani, la teoria eretica (che invece avrebbe potuto essere vera) che l’alfabeto Cirillico fosse una leggera trasformazione delle rune Slave, con l’aggiunta di diversi simboli dagli alfabeti Occidentali? Dopo tutto, questo è proprio l’alfabeto che troviamo in tutta l’Europa Occidentale (anche sotto il nome di “alfabeto Etrusco”). Nel momento in cui comprendiamo gli eventi reali dietro questa cortina di fumo (qv in Chron5), diventa ovvio che i commentatori comincino a sentirsi a disagio. È un violento urto all’intero edificio della cronologia Scaligeriana. La società Russa del XIX secolo doveva possedere ancora una lontana memoria della propria storia, ossia quella de Grande Impero “Mongolo”. Comunque, gli storici Romanoviani dovevano essere stati ben consapevoli di cosa sarebbe successo, visto il loro implacabile atteggiamento. La reazione di questi venerabili dottori a simili fenomeni era sempre rapida e precisa, dimostrando una buona educazione e assoluta spietatezza. Tutti i testi Runici scritti dagli antichi Slavi furono dichiarati falsi; Soulakadzev guadagnò la reputazione di truffatore, con allegati vizi di tutti i tipi per screditare la sua collezione, che invece conteneva probabilmentee una grossa quantità di interessanti oggetti.
Possiamo dedurre questo da un singolo catalogo di libri e cronache che erano parte di questa collezione fatta dallo stesso Soulakadzev. Il nome del catalogo è piuttosto notevole: “Un inventario, o un catalogo di antichi libri, scritti a mano e stampati, molti dei quali anatemizzati dai concili ecclesiastici, e altri bruciati, anche se riguardavano solo eventi storici; molti di loro scritti su pergamena, altri su cuoio, tavolette di faggio, betulla, stoffe etc” (citato in [407], pag. 176) . Qui si trova una delle più interessanti sezioni che questo inventario conteneva: “‘Libri banditi vietati alla lettura e al possesso’, ‘Libri chiamati eretici’, ‘Letteratura apostata’ ” (ibid).
Gli storici ammettono che “ ‘L’Inventario’ conteneva diversi lavori reali di letteratura Russa e Slava i cui originali non sono mai stati visti: gli scienziati erano ansiosi di individuarli” ([4-7], pagg. 176 - 177) . Da cosa dipendeva quest’ansia? Alcuni degli scienziati avrebbero voluto leggere e studiare i libri in questione mentre altri erano dell’opinione di leggerli e distruggerli. Bisogna ammettere che, tristemente, gli ultimi abbiano avuto la meglio poiché il destino dell’enorme e senza prezzo collezione di Soulakadzev è stato tragico. Astutamente distrutta.
Secondo V. R Kozlov, “la collezione di manoscritti e libri di Soulakadzev... cessò di esistere come entità singola dopo la morte del suo collezionista. La gran parte è perduta” ([407], pagg. 161162). Gli storici dicono che è “colpa” di Soulakadzev. Evidentemente la sua colpa è di aver fatto credere alla moglie che la collezione avesse un grande valore. Perciò la moglie “ingannata dal marito” non volle separare la collezione in più parti o libri separati e intendeva inizialmente venderla a un singolo compratore. Risulta che i possibili acquirenti di Mosca e S. Pietroburgo, che erano inizialmente molto interessati all’acquisto della collezione di Soulakadzev incominciarono a boicottare la vedova” ([407], pag. 162).
“Il biografo Y. F. Berezin-Shiryaev riporta... il triste destino si compì per... la maggior parte dei manoscritti e libri. Nel dicembre del 1870 entrò in un negozio di libri nella Corte di Apraksin a S. Pietroburgo, e vide ‘una moltitudine di libri legati in enormi fasci poggiati per terra. Quasi tutti i libri avevano antiche rilegature in cuoio, e alcuni anche in cuoio di pecora bianca... Scoprii il giorno successivo che i libri che avevo visto nel negozio di Shapkin, un tempo erano appartenuti al famoso bibliofilo Soulakadzev, ed erano stati tenuti così accatastati nell’attico di qualcuno. Shapkin li aveva acquistati per poco’” ([407], pag. 162). Berezin-Shiryaev comprarono “tutti i libri stranieri che erano a disposizione di Shapkin - oltre 100 volumi, come anche un cero numero di libri in Russo” ( [407] , pag. 162). Il grande valore della collezione di Soulakadzev è confermato eloquentemente dal fatto che tra i libri sparpagliati sul pavimento del negozio di Shapkin c’erano alcune edizioni della metà del XVI secolo.
La seguente circostanza non può non attrarre la nostra attenzione – il primo acquisto di libri fu fatto da P. Y. Aktov e A. N. Kasterin, famosi collezionisti di S. Pietroburgo. Si può pensare che abbiano acquistato i libri di maggior valore della collezione. Cosa scopriamo? Proprio questi libri non sono sopravvissuti ([407], pag. 162). Kasterin, per esempio, vendeva già i libri di Soulakadzev nel 1847. Aveva distrutto i “libri proibiti” e stava vendendo tutti gli altri che era stato costretto a comprare per la presunta avarizia della vedova di Soulakadzev e di cui non aveva davvero bisogno. È curioso che i libri di Soulakadzev comprati da Shapkin e più tardi da Berezin-Shiryaev e Dourov siano rimasti intatti e integri ( [407] , pag. 173). La ragione evidente di questo è che Berezin-Shiryaev e Dourov avevano comprato i libri dopo che la collezione aveva già passato la “purga della censura” - tutte le fonti davvero pericolose erano già state distrutte.
Ad ogni modo, lo stesso Soulakadzev era incline ad accusare alcune delle fonti degli storici Scaligeriani e Romanoviani come contraffatte. Per esempio scrisse che credeva che “Le antiche canzoni di Kirsha Danilov fossero state scritte recentemente, nel XVII secolo. Non c’è nulla di antico nel loro stile o nella storia; anche i nomi sono parzialmente di fantasia e pensati in modo da assomigliare vagamente a quelli antichi” ([407], pag. 173). Gli storici non possono trattenersi dal commentare “la faccia tosta dell’autore [Soulakadzev’s - Aut.] e i suoi sorprendenti giudizi da moralista” ([407], pag. 173).
Gli storici sono molto irritati dalla ricerca di Soulakadzev sulla storia del monastero di Valaam, il cosiddetto “Opoved” (il nome si può tradurre come “resoconto” or “introduzione”). Soulakadzev dà una sinopsi di tutte le prove che riguardano il viaggio di Andrea l’Apostolo da Gerusalemme a Valaam. Vediamo la stessa situazione dell’ “Inno a Boyan”. Inizialmente la società Russa trattò la ricerca di Soulakadzev come un genuino lavoro storico. Infatti, “le quattro prime edizioni della ‘Descrizione del Monastero di Valaam? (iniziando dal 1864 fino al 1904)... utilizzarono l’ ‘Opoved’ come un lavoro genuino” ([407], pag. 175). Comunque, oggi gli storici non smettono di ripetere che le fonti di Soulakadzev utilizzate nell’ “Opoved” erano “contraffatte”. V. P. Kozlov appare piuttosto sicuro di sé nel seguente passaggio, pur non citando alcuna prova: “Soulakadzev usa fonti contraffatte per provare nel suo lavoro che Valaam fosse abitata da Slavi da tempo immemorabile e non dai Careliani e da Finnici. Si presume che gli Slavi abbiano fondato uno stato qui, dopo Novgorod, che avrebbe anche mantenuto contatti con l’imperatore Romano Caracalla” ([407], pag. 175). Anche solo questa affermazione prova Soulakadzev non aveva utilizzato alcuna fonte falsa. Secondo Chron5, Valaam era davvero appartenuta alla Grande Novgorod, o Yaroslavl, che manteneva stretti contatti con Zar-Grad, o la Nuova Roma sul Bosforo. Ci si riferiva alla vera Grande Novgorod come a Roma o Nuova Roma in un certo numero di fonti, qv in Chron5. Andrea l’Apostolo deve aver viaggiato da queste parti.
Così la nostra ricostruzione rimette parecchie cose al loro posto e mette sotto un’altra luce l’attività di Soulakadzev,e di coloro che ancora oggi fanno di tutto per far scomparire tutte le tracce della sua attività
10. Il nome del vincitore della battaglia del 1241 tra i Tartari e i Cechi
Secondo la storia Scaligeriana, in 1241 le truppe “Mongole” (o truppe del Grande Impero) invasero l’Europa Occidentale ([770], pag. 127). Comunque, si presume che, dopo aver conquistato l’Ungheria e la Polonia, non siano riusciti a farcela con la Germania e siano stati sconfitti dall’esercito del Re Ceco. Lo schema che si presenta è quello del conflitto tra il “giusto” Occidente e i “malvagi Mongoli” che avevano subito una meritata sconfitta e erano stati costretti a tornarsene in Oriente La nostra ricostruzione fa apparire la storia di questa conquista in modo sostanzialmente differente - come una serie di guerre civili che terminò con la propagazione del potere imperiale sui vasti territori di Eurasia e Africa – in particolare la Germania e il Regno Ceco. I “Tartari e Mongoli” non lasciarono questi territori. È perciò utile sapere di più sul partito vittorioso, quello che ha vinto contro il Regno Ceco che si presume segni la fine della Grande Conquista “Mongola” dell’Europa dell’Ovest. Come già sappiamo, le truppe imperiali o “Mongole” marciavano verso Ovest condotte dallo Zar o Khan conosciuto come Batu-Khan (o Batya), Yaroslave Ivan Kalita, o Ivan il Califfo, qv sopra.
Cosa scopriamo? Gli antichi documenti hanno preservato il nome del vittorioso – si scopre che questo nome è Yaroslav ([770], pag. 127). Gli storici Scaligeriani ovviamente dicono che lui non era “Mongolo” ma piuttosto un “condottiero Ceco”. Oggi, conoscendo le distorsioni della versione consensuale della storia del mondo uno può anche immaginarsi che questo personaggio fosse un “Mongolo”, il grande Batu-Khan, conosciuto anche come Gran Principe Yaroslav. Comunque, è precisamente come dovrebbe essere secondo la nostra ricostruzione poiché Yaroslav è un altro nome di Zar Batu o Batu-Khan, anche conosciuto come il Califfo Ivan. Era un condottiero Ceco ma i Cechi facevano parte dell’esercito imperiale “Mongolo”. In qualche modo gli storici moderni sono nel giusto - Yaroslav era anche il sovrano dei Cechi.
Gli eventi sono così descritti da V. D. Sipovskiy, uno storico del XIX secolo: “Nella primavera del 1241 Batu-Khan attraversò i Monti Carpazi e sconfisse il Re Ungherese e poi due altri principi Polacchi. I Tartari invasero quindi la Slesia dove sconfissero le truppe del Duca di Slesia. La strada per la Germania era aperta; comunque, il regno fu salvato dal re Ceco. La prima sconfitta dei Tartari ebbe luogo durante l’assedio di Olmutz; furono sconfitti da Yaroslav di Sternberg, comandante militare dei Cechi” ([770], pag. 127).
Ovviamente, questo passaggio è semplicemente la versione degli eventi del XVII-XIX secolo, quando la vera storia del lontano XIII-XIV secolo era già stata dimenticata o falsificata. Comunque il nome del vincitore ci ha fortunatamente raggiunto. È Yaroslav. Possiamo identificare lo stesso personaggio come Batu-Khan = Ivan Kalita, anche conosciuto come Califfo Giovanni o Presbitero Giovanni. Potrebbe essere questa la ragione per cui i Cechi e i Tedeschi non hanno ricordi del fatto di essere stati conquistati dal Grande Impero “Mongolo”, e cioè che i loro antenati erano i “Mongoli” che marciavano verso Ovest sotto le bandiere Russe e dell’Orda?
In Chron5 citiamo una serie di prove del fatto che la popolazione Tedesca fosse precedentemente costituita per la maggior parte dall’etnia Slava. Lo impariamo dai documenti storici sopravvissuti così come dalle prove fornite dai contemporanei.
11. La posizione della Mongolia visitata dal famoso viaggiatore Giovanni da Pian del Carpine
11.1. Il “corretto" libro di Giovanni da Pian del Carpine che abbiamo a nostra disposizione oggi contro il libro "sbagliato", svanito misteriosamente
In questa sezione commenteremo il famoso testo medievale di Giovanni da Pian del Carpine a proposito del suo viaggio alla corte del Grande Khan Mongolo ([656]). Giovanni da Pian del Carpine andò in Mongolia come inviato papale; il suo libro si presume sia una delle fonti primarie originali di informazione sull’Impero Mongolo nel presunto XIII secolo. In realtà, secondo la Nuova Cronologia, il libro in questione si riferisce XIV-XV secolo.
Incominciamo coll’ultimo frammento del libro di Giovanni da Pian del Carpine, il quale appare davvero molto notevole: “Assicuriamo i nostri lettori che non stiamo alterando in alcun modo il nostro racconto e che non aggiungiamo alcun fatto alla storia… Comunque, poiché gli abitanti delle terre che visitammo nel viaggio, Polonia, Boemia, Teutonia, Leodia e Campania, volevano leggere il libro il prima possibile lo copiarono prima che noi avessimo avuto la possibilità di finire di scriverlo e controllarlo... Perciò non sorprendetevi poiché il libro attuale è redatto meglio [sic! - Aut.] ([656], pag. 85).
Cosa ci dice ciò? Prima di tutto che a parte il testo di Giovanni da Pian del Carpine che abbiano a nostra disposizione ci sono altre edizioni dello stesso libro contro le quali Giovanni da Pian del Carpine (in realtà un editore del XVII secolo o di un epoca ancora più tarda che scriveva a sua nome) mette in guardia il lettore. Gli “antichi” testi sono considerati “assolutamente sbagliati” e non degni dell’attenzione del lettore. Dovremmo tutti quindi leggere la versione veritiera.
Sarebbe veramente interessante leggere le versioni più antiche del testo di Giovanni da Pian del Carpine, quelle “erronee”. Sfortunatamente questo non succederà mai – il vero testo del libro di Giovanni da Pian del Carpine deve essere stato distrutto senza lasciar tracce nel XVII secolo. Anche se per caso esistesse in qualche archivio, le possibilità di una sua pubblicazione sono praticamente nulle. Perché verrebbe immediatamente bollato come “sbagliato a priori”. Perché mai qualcuno dovrebbe pubblicare un testo “sbagliato” quando abbiamo già la copia “corretta”? In fondo non è lo stesso Giovanni da Pian del Carpine che ci avvisa con decisione a non leggere le versioni “sbagliate”?
Siamo della seguente opinione. Quella che abbiamo a disposizione oggi è un’edizione tarda del libro di Giovanni da Pian del Carpine che probabilmente è stata redatta nel XVII e addirittura XVIII secolo per far corrispondere il libro di Giovanni da Pian del Carpine alla versione Scaligeriana della storia. Qualcuno deve aver riscritto il libro originario di Giovanni da Pian del Carpine cancellando ogni singola traccia della storia reale del Grande Impero “Mongolo”, o Russia (L’Orda). La scena Europea degli eventi fu spostata nelle vicinanze del lontano Deserto del Gobi a Sud del Lago Baikal. La realtà della vita di tutti i giorni in Russia fu trasferita nelle “distanti steppe Mongoliche”. È anche possibile che l’editore, vissuto in un’epoca più recente, non capisse nemmeno molti dei riferimenti originali del testo.
11.2. Il viaggio di ritorno di Giovanni da Pian del Carpine
Come abbiamo visto, Giovanni da Pian del Carpine viaggiò lungo i seguenti paesi al ritorno dalla “Mongolia”: Polonia, Boemia, Teutonia, Leodia. A proposito, potrebbe la Leodia medievale essere identificata come l’”antica” Lidia, cioè Lituania o Italia = Latinia? Dopo tutto Giovanni da Pian del Carpine raggiunge la Campania in Italia.
È impressionante (dal punto di vista Scaligeriano) che Giovanni da Pian del Carpine non menzioni un singolo paese che stia all’Ovest della Polonia come parte del suo itinerario del ritorno dalla capitale del Gran Khan, nella zona di Caracorum. Sembra che lasci Caracorum, che i moderni storici identificano da qualche parte del Deserto del Gobi, mille miglia lontano dai confini della Polonia, e arrivi in Polonia immediatamente. Comunque Giovanni da Pian del Carpine non dice una parola sulle numerose terre che dovrebbe aver attraversato dal Deserto de Gobi fino all’Europa Occidentale.
Potrebbe averle già citate nel suo viaggio di andata e quindi non ritenere utile il citarle di nuovo? Non è questo il caso. Dopo aver raggiunto il Volga dall’Europa immediatamente arriva a Caracorum. Comunque dove dovrebbe trovarsi realmente la città? Noi siamo dell’opinione che Giovanni da Pian del Carpine non arrivò a deserti lontani – arrivò in Russia, o l’Orda, immediatamente; le sue regioni centrali iniziano proprio dopo la Polonia. Le descrizioni di Giovanni da Pian del Carpine ci servono solo a tracciare il suo viaggio verso il Volga. Quindi ci viene detto che il gruppo di viaggiatori “viaggiò velocemente” e presto raggiunse la capitale del Gran Khan. Ci viene detto che Giovanni da Pian del Carpine andò all’Est dal Volga - comunque non c’è nulla nel testo a suggerirlo. Possiamo invece pensare che sia andato al Nord, risalendo il Volga e abbia raggiunto Yaroslav sul Volga, o Grande Novgorod – cioè Caracorum o semplicemente “tsarskiye khoromy ” - “La residenza dello Zar”, Che è la più probabile origine del nome. Bisogna ricordare che nulla di simile a una città è stato mai trovato qui nel deserto del Gobi ([1078], Volume 1 , pagg. 227-228). Gli archeologi non riescono nemmeno a trovare l’equivalente di una città medievale di medie dimensioni.
11.3. La geografia della Mongolia secondo Giovanni da Pian del Carpine
I nostri oppositori potrebbero notare che Giovanni da Pian del Carpine intendesse parlare solo della terra del Khan. Vediamo la sezione intitolata “Sulla geografia della terra” (Mongolia) al principio del Capitolo 1. Giovanni da Pian del Carpine dice questo:
“La terra di cui parliamo si stende a Est in quella parte dove si presume che l’Est si connetta con il Nord. A Est [dei “Mongoli” - Aut.] si trova la terra di Cina ( [656] , pag. 31 ). Se adottiamo il punto di vista Scaligeriano, Caracorum si trova nel Deserto del Gobi o da qualche parte in quella zona, La Cina si troverà al Sud e non all’Est; questo contraddice le informazioni fornite da Giovanni da Pian del Carpine. Tuttavia se l’Abitazione dello Zar, o Caracorum può essere identificata come Yaroslav, o Grande Novgorod, ogni cosa diventa chiara – Abbiamo la Siberia a Est di Yaroslav e la Scizia o Cina. La moderna Cina si trova ancora oltre, a Est. Comunque in Chron5 dimostriamo che Cina o Scizia era il nome medievale della Russia dell’Est - probabilmente le terre oltre il Volga e gli Urali.
Andiamo avanti. Secondo Giovanni da Pian del Carpine, “la terra dei Saraceni sta a Sud” ([656], pag. 31). Se presumiamo che Caracorum si trovi nel Deserto del Gobi, troveremo al Sud la Cina, a cui non ci si può in nessun modo riferire come alla “terra dei Saraceni” che è il nome medievale del Medio Oriente, Arabia e parte dell’Africa ma non della Cina moderna. Ancora una volta una mancanza. Ma se assumiamo che Caracorum, o L’abitazione dello Zar si identifichi con Yaroslav, o Grande Novgordod , ogni cosa torna a posto. A Sud di Yaroslav abbiamo il Mar Nero, l’Arabia, il Medio Oriente e altre regioni reali del Grande Impero “Mongolo” del XIV-XVI secolo.
Più avanti Giovanni da Pian del Carpine riporta che “le terre dei Naiman stanno a Ovest” ([656], pag. 31). Se accettiamo che Caracorum sia davvero situata da qualche parte nell’ambiente polveroso del deserto del Gobi, siamo forzati a fare un’altra assunzione insieme ai moderni commentatori e cioè identificare i Naiman come “una delle più grandi tribù nomadi Mongole che conducono una esistenza nomadica sui vasti territori… adiacenti alla Valle dell’Irtysh Nero” ([656], pag. 381). Comunque questa grande tribù Mongola misteriosamente sparisce – non troviamo nulla di lontanamente rassomigliante alla “repubblica di Naimania” da nessuna parte, oggi, su questo territorio; nessuno stato di questo genere ha lasciato alcuna traccia nella storia.
Comunque, identificato Caracorum, o La Casa dello Zar, come Yaroslav o Grande Novgorod, immediatamente riconosciamo i Naiman come i famosi Normanni Europei. Si presume che i Normanni fossero residenti in Scandinavia, Germania, Francia e nel Sud d’Italia. Bisogna anche ricordare la Normandia di Francia. Come avrebbe potuto un viaggiatore medievale descrivere la posizione comparativa dei Normanni e della Russia, o Orda? I primi sarebbero stati residenti a Ovest rispetto ai secondi, che è precisamente ciò che ricaviamo da Giovanni da Pian del Carpine.
Cosa dice Giovanni da Pian del Carpine dei vicini Settentrionali dei Mongoli? La terra dei Tartari è bagnata a Nord dall’oceano” ( [656] , pag. 31 ). C’è qualche oceano che bagna il Nord della Cina? Il solo concetto è insensato. A Nord della Mongolia troviamo le grandi distese della Siberia – l’Oceano Artico dista migliaia di miglia. Ancora una volta i tentativi dei commentatori moderni di identificare la Mongolia di Giovanni da Pian del Carpine come la moderna Mongolia sono destinati all’insuccesso.
Il racconto di Giovanni da Pian del Carpine comincia ad avere senso una volta che assumiamo la Russia, o Orda, come la vera Mongolia che descriviamo. Infatti, la Russia è bagnata dall’Oceano Artico al Nord. Le terre Russe sono state abitate fino all’Oceano Artico, e l’Orda ha sempre avuto dei porti là (Arkhangelsk, per esempio). Perciò Giovanni da Pian del Carpine ha pieno diritto a dire che la Russia, o Orda, conosciuta all’Ovest come “la Terra dei Tartari” sia bagnata a Nord da un oceano.
11.4. Circa il nome dei Tartari
Il libro di Giovanni da Pian del Carpine si intitolava originariamente “Storia dei Mongoli, conosciuti come Tartari, di Giovanni da Giovanni da Pian del Carpine, Arcivescovo di Antivari” ( [656] , pag. 30). Il titolo stesso suggerisce che la parola Tartari servisse come nome “esterno” dei “Mongoli”, o i “Grandi”. Così erano conosciuti nell’Europa dell’Ovest. A volte ci si riferiva a loro come Turchi – che potrebbe derivare dal nome Tartari (dalla parola Russa "torit", che si traduce “tracciare un cammino”, “andare avanti” ecc.).
11.5. Il clima della Mongolia
Giovanni da Pian del Carpine continua a sorprenderci con la sua descrizione del clima della Mongolia, che ci lascia l’impressione di uno che non abbia mai davvero lascito la sua abitazione. L’editore del testo di Giovanni da Pian del Carpine era del tutto ignorante del clima del paese che si suppone descrivesse come testimone oculare.
Un esempio eccellente è il seguente. Giovanni da Pian del Carpine racconta la storia seguente, molto istruttiva: “Avvengono spesso pesanti grandinate… Quando siamo stati a visitare la corte ci fu una tempesta di grandine così feroce che la grandine sciolta fece annegare 160 persone proprio qui, alla corte, come apprendemmo da fonti degne di fede e molte case e proprietà vennero spazzate via” ( [656] , pag. 32). Qualcuno può immaginare tempeste di grandine che causassero alluvioni con persone affogate dallo scioglimento della grandine e che distruggesse quindi case e proprietà nel pietroso e secco Deserto del Gobi?
Il frammento diventa invece realistico una volta che togliamo il velo dell’informazione distorta dagli editori dei secoli XVII e XVIII. Si può capire che il testo riferiva di un’alluvione causata dallo straripamento di un fiume . Infatti, simili catastrofi spesso spazzano via intere città e villaggi comportando numerosi morti. Ogni cosa diventa chiara.
11.6. Il cimitero Imperiale Mongolo
Più avanti Giovanni da Pian del Carpine ci dice quanto segue a proposito dei Mongoli: “La loro terra ha due cimiteri. Uno di questi è quello degli imperatori, i principi e la nobiltà; sono portati là dovunque muoiano… e seppelliti vicino a grandi quantità di oro e argento.” ([656], pag. 39). Ci piacerebbe molto chiedere agli archeologi sulla posizione di questo cimitero “Mongolo”. Potrebbe trovarsi in Mongolia o nel Deserto del Gobi forse? Purtroppo gli archeologi non ce lo dicono. Non c’è nulla che ricordi lontanamente un cimitero imperiale con cumuli di oro e argento da nessuna parte nel Deserto del Gobi... La nostra ricostruzione invece ci permette di indicare immediatamente la posizione del cimitero (vedi Chron5 per maggiori dettagli). È piuttosto famoso – la Valle dei Morti e Luxor in Egitto. È qui che troviamo gigantesche piramidi e centinaia di tombe regali, alcune delle quali sono realmente riempite di oro, argento e gemme preziose. Ricordiamo la lussuosa tomba del Faraone Tutankhamen, per esempio e l’enorme quantità di oro usato nella sua costruzione – nessun pezzo d’argento da nessuna parte, solo oro e pietre preziose. Secondo la nostra ricostruzione, è qui che il Grande Impero “Mongolo” ha seppellito i suoi re, alcuni degli ufficiali di grado più alto e probabilmente alcuni dei parenti. I cadaveri venivano mummificati prima del loro ultimo viaggio verso l’Egitto.
11.7. Il secondo cimitero dei Mongoli
Il secondo cimitero Mongolo è anch’esso di grande interesse. Giovanni da Pian del Carpine riporta quanto segue: “Il secondo cimitero è l’ultimo riposo delle moltitudini uccise in Ungheria.” ([656], pag. 39).
Quindi ci viene detto che le vaste steppe della Mongolia nascondono un gigantesco cimitero dove moltitudini di guerrieri Mongoli sono stati seppelliti dopo la morte in Ungheria. Diamo un’occhiata alla carta per fare una stima della distanza tra l’Ungheria e la moderna Mongolia. C’è un bel po’ di strada – oltre cinquemila chilometri in linea d’aria, e molti di più viaggiando sulle strade reali. Perciò ci viene fatto credere che i corpi di migliaia di soldati Mongoli morti in Ungheria siano stati caricati su carretti e spediti nelle distanti steppe della Mongolia attraverso fiumi, foreste e colline. Quanti mesi ci sono voluti? Perché trasportare i corpi così lontano e cosa rimaneva di questi corpi dopo un simile trasporto?
Crediamo che questo quadro Scaligeriano sia completamente implausibile. I corpi dei morti possono solo aver viaggiato per un breve percorso, che significa che la Terra dei Padri dei “Mongoli” o la terra dei Tartari, confinava con l’Ungheria il che è assolutamente strano nella storia Scaligeriana. Comunque questo corrisponde alla nostra ricostruzione perfettamente. Poiché il Grande impero “Mongolo” si identifica con la Russia, o Orda e confina con l’Ungheria. È vero anche che ci sono migliaia di tumuli cimiteriali in Ukraina, per esempio, e circa tremila nella regione di Smolensk ([566], pag. 151). Sono i cosiddetti “Tumuli cimiteriali di Gnezdovo”, che si trovano a Sud di Smolensk e sono concentrati intorno al villaggio di Gnezdovo ([797], pag. 314). I tumuli cimiteriali di Gnezdovo costituiscono “il più grande gruppo di tumuli cimiteriali nelle terre Slave. Se ne contano fino a tremila oggi” ([566], pag. 151). Questi tumuli sono molto probabilmente le tombe dei guerrieri del Grande Impero “Mongolo” uccisi in Ungheria.
11.8. I cannoni dell’esercito del Presbitero Giovanni
Giovanni da Pian del Carpine o, piuttosto, l’editore del XVII-XVIII secolo che lo impersona, ci vuole far prendere per vera la seguente assurda storia. In una delle battaglie, il Presbitero Giovanni “aveva costruito immagini di rame di persone e le aveva montate a cavallo accendendo un fuoco dentro di esse; dietro le immagini di rame c’erano cavalieri che portavano mantici… Quando l’esercito arrivava al campo di battaglia questi cavalli venivano lanciati in corsa affiancati. Quando si trovavano davanti le formazioni nemiche, i cavalieri che stavano dietro mettevano qualcosa nel fuoco [sic! - Aut.] che bruciava nelle suddette effigi di rame e poi cominciavano a soffiare pesantemente con i mantici. Così invocavano il Fuoco Greco, che inceneriva persone e cavalli e l’aria diventava nera per il fumo” ([656], pag. 46).
Siamo dell’opinione che il testo originale contenesse una descrizione di cannoni di rame delle truppe “Mongole”, o l’esercito del Grande Impero. Difatti spesso i cannoni venivano decorati con figure di animali e persone, qv in Chron6, Capitolo 4: 16. La strana, favolosa descrizione che ci ritroviamo dipende dall’invenzione editoriale del XVII-XVIII secolo, il cui reale obbiettivo era cancellare tutti i riferimenti agli avvenimenti tardo medievali in Russia, o l’Orda.
vedi Chron5 per maggiori notizie sul Presbitero Giovanni.
11.9. Il linguaggio dei Mongoli
Giovanni da Pian del Carpine racconta che quando ha consegnato un’epistola papale all’imperatore dei “Mongoli”, il documento andasse tradotto. In che lingua fu tradotto? Secondo Giovanni da Pian del Carpine, “portammo l’epistola allo Zar e chiedemmo qualcuno per tradurla… insieme a loro traducemmo parola per parola in Russo, Saraceno, Tartaro; questa traduzione fu presentata a Batu che la lesse con molta attenzione prendendo nota” ([656], pag. 73).
In un’altra occasione, già alla corte dell’imperatore Mongolo, a Giovanni da Pian del Carpine e ai suoi compagni fu fatta la seguente domanda: “Ha Sua Santità il Papa traduttori che comprendano il linguaggio scritto dei Russi, dei Saraceni, dei Tartari?” ([656], pag. 80). Giovanni da Pian del Carpine rispose negativamente e così la risposta dei Mongoli fu tradotta in una lingua che il Papa potesse capire. Da questo si capisce che la missiva originale al Papa era nel “linguaggio scritto dei Russi, dei Saraceni, dei Tartari”. Questo potrebbe implicare che i tre linguaggi erano realmente un solo linguaggio? Ricordiamo l’affermazione iniziale di Giovanni da Pian del Carpine per cui i Tartari erano il nome Europeo Occidentale dei Mongoli, o i “Grandi”. Questo spiega perché lui si riferisca qui specificatamente alla lingua Tartara. Dobbiamo sottolineare come Giovanni da Pian del Carpine non dica una solo parola sulla lingua “Mongola”; tutti i Khan Mongoli sono alfabetizzati e capaci di leggere il Russo; in più non sanno nulla di un presunto linguaggio “Mongolo” - e comunque Giovanni da Pian del Carpine non lo menziona mai durante il suo viaggio in mongolia.
11.10. La vera natura delle tende Mongole che si presumono fatte di feltro bianco e rosso
Secondo Giovanni da Pian del Carpine, i Mongoli vivono nelle tende. Questo è ovvio per ognuno oggi – dopo tutto i Mongoli sono ignoranti selvaggi che non hanno mai padroneggiato l’arte dell’architettura e il cui modo di vivere era estremamente primitivo. Comunque si scopre che le tende “Mongole” erano molto particolari. Per esempio una di queste era fatta di feltro bianco e poteva ospitare “oltre duemila persone”, nientemeno ([656], 76). Una strana tenda, no? La misura è vicina a quella di uno stadio.
Fig. 14.56. Incisone che rappresenta la tenda o yurt, appartenente al Grande Khan della "Mongolia" Tali assurdità sono state disegnate sin dal XVII secolo, quando si è dimenticata la vera storia del XVI secolo — per esempio, il fatto che il Grande = Zar "Mongolo", o Khan, avesse vissuto in un palazzo di pietra bianca e pregato in enormi chiese con cupole dorate. Né i palazzi, né le cattedrali avevano ruote. Tratto da [1264], volume 1, illustrazione di copertina.
Le cerimonie inaugurali degli Imperatori Mongoli si tenevano anch’esse in tende – l’unica costruzione residenziale conosciuta dai Mongoli. Giovanni da Pian del Carpine era presente a una di queste cerimonie. Questo è quanto ci racconta: “Un’altra tenda che loro chiamavano la Tenda d’Oro fu preparata per lui in una magnifica valle tra le colline, vicino a un qualche fiume. È qui che Kouiouk si presume sia stato incoronato nel giorno dell’Assunzione di Nostra Signora... Questa tenda era piantata su pali coperti con fogli d’oro, inchiodati ai pali con chiodi d’oro” ([656], pagg. 77-78).
Comunque, non tutte le “tende” Mongole erano fatte di feltro bianco; alcune erano anche rosse. Questo è ciò che riporta Giovanni da Pian del Carpine: “Siamo arrivati in un altro posto, dove si trovava una magnifica tenda di feltro rosso fuoco” ([656], pag. 79). E ancora: “Le tre tende di cui abbiamo parlato erano enormi; altre tende di feltro bianco, molto grandi e magnifiche, appartenevano a sua moglie” ([656], pag. 79).
Cosa diceva il testo originale prima di essere edito pesantemente nel XVII-XVIII secolo?
Per quanto riguarda l’inaugurazione in una tenda di feltro bianco su pali dorati di legno e addirittura nel giorno dell’Assunzione, la situazione è perfettamente chiara. Una comparazione con la versione consensuale della storia Russa rivela che la cerimonia di inaugurazione come menzionata sopra si teneva nella Cattedrale Ouspenskiy di pietra bianca; il suo nome si traduce “Cattedrale dell’Assunzione”, che è dove gli Zar Russi venivano insediati. La cupola della costruzione era realmente coperta di fogli d’oro. Giovanni da Pian del Carpine non comprendeva il principio della loro costruzione; Non si vedevano chiodi da nessuna parte e quindi immaginò che i chiodi stessi fossero d’oro. L’errore è perfettamente comprensibile – veniva da un paese dove non c’erano cupole dorate , per cui non conosceva il principio di costruzione delle stesse e rimaneva sorpreso dal non vedere chiodi.
Facciamo anche la seguente considerazione relativamente alla parola “tenda” - “ shatyor ”. La parola Francese per “castello” è, per esempio, “chateau”; si legge sciatò, che suona molto simile alla parola “shatyor”; inoltre cf. la parola Turca “chadyr”, si traduce in modo simile ( [955] .Volume 2, pag. 405). Perciò quando sentiamo Giovanni da Pian del Carpine parlare di “tende”, l’ultima cosa ca cui pensare è una fragile costruzione di rami e stoffa, o di pelle e feltro. Crediamo che l’autore si riferisse in realtà a un castello, o palazzo, degli Zar Russi, o Khan dell’Orda, fatto di pietra bianca. Erano chiamati in modo reverente imperatori dagli Europei Occidentali. Governavano sull’intero Grande Impero “Mongolo” e non solo su alcune provincie come Francia, Germania o Inghilterra. I regnanti locali avevano il più modesto titolo di Re, Duchi e così via;comunque c’era un solo Impero e un solo Imperatore, un autocrate.
Torniamo alla descrizione delle tende Mongole e verifichiamo i riferimenti nel testo di Giovanni da Pian del Carpine. In realtà l'autore descrive costruzioni in pietra. Ci sono diverse ragioni. Una spiegazione possibile è che l’editore del XVII-XVIII secolo cercasse di enfatizzare la natura primitiva dei selvaggi del Lontano Oriente. Un’altra possibilità è che ci sia stata una trasformazione della parola Russa per “felt” (“ voylok ”), che suona in modo simile alla parola “blocco”, che potrebbe essere stata usata da Giovanni da Pian del Carpine per riferirsi sia ai mattoni rossi che ai blocchi di pietra bianca. Così gli editori XVII-XVIII secolo trasformarono palazzi di pietra bianca e palazzi di mattoni rossi in tende i feltro bianco e rosso, svolazzanti al vento e tuttavia capaci di accogliere duemila persone ([656], pag. 76). Bisogna anche ricordare che la parola “palatka” e “palata” - “tenda” e “camera”, rispettivamente, e le parole “palace”, “palacio”, “palazzo” e “palais” che ancora esistono in Inglese, Italiano, Spagnolo e Francese significano la stessa cosa. La parola in questione potrebbe essere derivata da “palata”, che è come venivano chiamate le stanze degli Zar Russi.
La vera storia del XIV-XVI secolo venne cancellata dalla memoria umana nel XVII-XVIII secolo. Come risultato, le gigantesche cattedrali “Mongole” e i palazzi con cupole dorate di Mosca e altrove furono trasferite artificialmente all’Estremo Oriente nei documenti, diventando primitive e polverose tende dei Khan, aperte a ogni vento. Per esempio, c’è un’incisione fantasiosa che presumibilmente descrive la tenda del Khan Mongolo – su ruote, guidata da una mandria di tori (vedi fig. 14.56). Che incredibile conforto e lusso!
11.11. Il trono dell’Imperatore Mongolo
Giovanni da Pian del Carpine riporta la costruzione di una “alto palco di legno [presumibilmente legno importato, poiché sarebbe dovuto arrivare da molto lontano fin nel Deserto del Gobi - Aut. ] , sul quale stava seduto l’Imperatore sul trono. Era fatto di avorio, magnificamente intagliato e adornato con oro, gemme e perle se la memoria non ci inganna” ([656], pag. 79).
È davvero curioso che il trono “Mongolo”, come il sigillo dell’imperatore “Mongolo” fosse realizzato da Kozma, artigiano Russo. Giovanni da Pian del Carpine descrive un Russo chiamato Kozma, artigiano orafo favorito dell’imperatore… Kozma ci ha mostrato un altro trono, che aveva fatto per l’imperatore prima del suo insediamento, così come anche il sigillo imperiale, sempre fatto da lui, e ci ha tradotto il testo dell’iscrizione sul sigillo” ([656], pag. 80).
Non sappiamo se qualcuno abbia trovato nel Deserto del Gobi questo lussuoso trono realizzato da un artigiano Russo. La risposta è certamente no, forse a causa di guerre, tempeste di sabbia, il passaggio di molti secoli ecc. Comunque, nessun trono nel Gobi.
Però, il trono di Ivan IV “il Terribile” esiste ancora oggi e in condizioni perfette. Si trova nell’Armeria Moscovita – la camera reale (“ tsarskiye khoromy”), o Caracorum. È coperto completamente da incisioni in avorio, qv in fig. 14.57. Il trono ci lascia l’impressione di essere interamente in avorio. Non stiamo suggerendo assolutamente che si tratti dello stesso trono dei “Mongoli”, o “Grandi”, che descrive Giovanni da Pian del Carpine. Può essere che si sia riferito a un trono simile; comunque ci dà la prova di un costume tipico Russo, o dell’Orda, di utilizzare l’avorio per decorare i troni. Almeno uno di questi troni ha raggiunto la nostra epoca.
La contro-argomentazione degli storici eruditi ci è nota. Corre lungo la discendenza degli Zar che importarono i loro costumi dalle distanti terre Orientali della Mongolia, tendendo per mentalità servile a emulare le abitudini dei loro conquistatori, i selvaggi e crudeli Khan “Mongoli” anche dopo che il soffocante gioco era stato eliminato. Comunque la domanda di fondo rimane – com’è che non c’è traccia di quanto descritto da Giovanni da Pian del Carpine nella zona del Deserto del Gobi, presunto centro dell’Impero “Mongolo” e invece c’è una gran quantità di queste tracce in Russia?
Fig. 14.57. Il trono attribuito a Ivan IV "Il Terribile". Mantenuto nell'Armeria del Cremlino Moscovita. A proposito, questo trono "era attribuito a Ivan III" ([96], pagina 56, ill. 35). Tutto è perfettamente chiaro — secondo la nostra ricostruzione, Ivan III è per lo più una copis fantasma di Ivan IV, per cui gli storici confondono regolarmente le identità dei "due Ivan". Tratto da [187], pagina 365.
11.12. I prelati nell’entourage dell’Imperatore “Mongolo”
Giovanni da Pian del Carpine usa spesso la parola “chierici” nel suo racconto. È curioso che in quasi tutti i casi vengano citati come “chierici Russi” o “chierici Cristiani” ([656], pag. 81).
Vediamo quindi l’Imperatore “Mongolo” circondato da chierici Cristiani. Questo contraddice totalmente la storia Scaligeriana ed è assolutamente normale nella nostra narrazione. Il Grande Zar o Zar “Mongolo” (conosciuto anche come Khan) della Russia (o Orda) era di fatto circondato naturalmente da preti Ortodossi Russi.
Quando Giovanni da Pian del Carpine e i suoi compagni stavano lasciando la corte “Mongola”, la madre dell’Imperatore donò a ognuno di loro un cappotto di pelliccia di volpe. Giovanni da Pian del Carpine fa l’affermazione soddisfatta che la pelliccia “stava all’esterno”. ([656], pag. 82).
Ancora una volta è facile riconoscere i costumi della corte Russa. Persino nel XVI secolo gli inviati stranieri erano molto orgogliosi delle pellicce e di altri indumenti cerimoniali che ricevevano come regali dallo Zar. Questi regali erano considerati segni speciali della simpatia regale. Per esempio, l’ambasciatore Austriaco, il Barone Sigismund Von Herberstein, aveva un ritratto di sé stesso vestito con abiti Russi ricevuti in regalo dallo Zar ([161], pag. 283). Evidentemente di questo si sentiva onorato (vedi fig. 14.58). In fig. 14.59 riproduciamo un altro ritratto di Herberstein, che indossa vesti regalategli dal “Sultano Turco” ([90], pag. 48).
Fig. 14.58. "L'inviato imperiale S. Herberstein, con un lussuoso abbigliamento Russo, ricevuto come regalo da Vassily III. Incisione del XVI secolo" ([550], pag. 82).
11.13. L’adorazione “Mongola” dell’effige di Gengis Khan
Giovanni da Pian del Carpine racconta che i “Mongoli” adoravano un effige di Genghis-Khan ([656], pag. 36). Questo corrisponde alla nostra ricostruzione, che suggerisce che Gengis Khan fosse conosciuto anche come San Giorgio. I Russi sono conosciuti come adoratori dell’icona di San Giorgio (conosciuto come “Il Vittorioso”). Ci sono molte versioni di monete con questa effige. Sia dell’icona che delle immagini di Gengis-Khan non esiste una singola traccia nella versione Scaligeriana della Mongolia – così come non ce n’è di lussuosi troni d’avorio, tende di feltro, pali dorati ecc. Siamo dell’opinione che molte di queste cose esistano oggi - è la localizzazione della capitale imperiale “Mongola” che che è sbagliata. Sta sul fiume Volga, molto lontano dal Deserto del Gobi, ed è conosciuta come Yaroslav o Grande Novgorod e poi si è trasferita a Mosca.
12 . Note di un Giannizzero medievale Turco scritte in Cirillico
Il libro che stiamo studiando è estremamente interessante. È intitolato “Note di un Giannizzero”. Scritto da Konstantin Mikhailovich da Ostrovitsa ([424]). Prima di tutto consideriamo la fine del libro. Si conclude con la seguente frase: “Questa cronaca fu inizialmente realizzata in lettere Russe nell’anno 1400 d.c.” ( [424] , pag. 1 16). La copia Polacca suona così: “Tha Kroynikapyszana naprzod litera Ryska latha Narodzenia Bozego 1400" ([424], pag. 29).
Questa frase ovviamente irrita notevolmente i moderni commentatori poiché “è noto a tutti” che nessuna lettera Russa venisse usata fuori dalla Russia - si presume che ognuno usasse l’alfabeto Romano. A. I. Rogov commenta quindi così: “La frase stessa contiene un gran numero di errori per quanto riguarda la corretta ortografia della lingua Polacca. La natura di queste ‘lettere Russe’ resta misteriosa. È possibile che l’autore implichi l’uso dell’alfabeto Cirillico – forse Serbo” ([424], pag. 29). Non è affascinante? Un commentatore moderno che scrive in Russo trova misteriosa la natura delle lettere Russe.
Fig. 14.59. "Sigismund Herberstein indossa l'abbigliamento che gli è stato regalato dal sultano Turco. 1559. Xilografia del libro "Una biografia del Barone Herberstein per i suoi grati discendenti". Vienna, 1560" ([90], pag. 48).
Si presume che il linguaggio dell’originale sia sconosciuto ([424], pag. 9). Comunque, poiché i commentatori moderni non possono ignorare completamente il riferimento alle “lettere Russe” cautamente considerano l’ipotesi che Konstantin avrebbe potuto forse scrivere “in Antico Serbo o Slavo Ecclesiastico – dopo tutto, i numerosi Cristiani Ortodossi che erano residenti nel Gran Principato di Lituania usavano un simile linguaggio come dialetto, e probabilmente erano capaci di capire il linguaggio delle ‘Note’... Bisogna essere ugualmente cauti circa la prova che ci dà M. Malinovsky, che riferisce dell’esistenza di una copia in Cirillico delle ‘Note’ Nella Biblioteca Derechin o Sapeg, riferendo le parole di Jan Zakrevski, un insegnante di ginnasio di Vilna. Bisogna ricordare che alfabeti e lingue sono stati utilizzati in modo molto eclettico nel Gran Principato di Lituania fino al limite di usare l’alfabeto Arabo in libri Bielorussi [sic! - Aut.]” ([424], pag. 31).
Il fatto che certi libri Bielorussi fossero scritti in Arabo è notevole e la nostra ricostruzione lo spiega bene.
Le “Note di un Giannizzero” furono tradotte in Ceco sotto il titolo seguente, interessante per la nostra ricerca: “Questi fatti e cronache furono descritti e compilati da un Serbo, o un Raz (Russo) dell’ex Regno di Raz, conosciuto anche come Regno Serbo, di nome Konstantin, figlio di Mikhail Konstantinovich da Ostrovitsa, portato alla corte di Mehmed, il Sultano Turco, dai Turchi e dai Giannizzeri. Era conosciuto come il Ketaya di Zvechay in Turco mentre alla corte del Re Francese era conosciuto come Charles” ([424], pag. 30).
È perciò ovvio che Raz, l’antico nome dei Serbi, coincida con quello dei Russi (Russ). L’antico nome del Regno Serbo si rivela essere il Regno Russo. Questo fa sì che l’autore delle “Note” sia un Serbo. Inoltre, i Turchi lo chiamavano “Ketaya” - Cinese, come già sappiamo, Scita (Kitian). Konstantin era perciò un Russo, o un Serbo Scita. Quindi ovviamente scriveva in lingua Russa e usava l’alfabeto Cirillico. Ogni cosa viene così spiegata.
I moderni commentatori ci dicono che la data “1400” è sbagliata è deve essere sostituita da 1500 ([424], pag. 29). L’errore dei 100 anni ci è ben noto e ha avuto effetti visibili sulla storia Russa e dell’Europa Occidentale.
Gli storici sono confusi da molti dei fatti descritti nelle “Note”. Credono che il testo contenga un gran numero di contraddizioni. Da una parte, Konstantin odia i Turchi; dall’altra, spesso li descrive favorevolmente. E inoltre sembra essere un Cristiano (vedi [424] , pag. 14). “Il libro [Note di un Giannizzero - Aut.] non dice una parola sulla conversione dell’autore all’Islam. Al contrario - Konstantin enfatizza la forza della sua fede Cristiana. Questo è ovviamente il massimo nell’introduzione e nel quarto capitolo delle ‘Note’ ” ([424], pag. 15).
E ancora Konstantin ha grande familiarità con l’Islam – per esperienza personale e non riferita da qualcuno. I moderni commentatori fanno la seguente confusa rimostranza: “Avrebbe lui potuto visitare le moschee così liberamente senza essere Musulmano egli stesso? In più Konstantin racconta di avere conoscenze di prima mano dei riti Musulmani – come la danza dei Dervisci, per esempio, che normalmente proibiscono l’accesso a quelli che non sono del loro credo e addirittura ai Musulmani che non sono iniziali al culto dei Dervisci. Persino i dervisci ‘rinati’ non potevano assistere. Infine è impossibile immaginare che il Sultano mettesse un Cristiano a capo della guarnigione in una fortezza importante - Zvechay in Bosnia, facendolo comandante di cinquanta giannizzeri e trenta soldati regolari Turchi” ([424], pag. 15).
Ciò che sembra strano dal punto di vista Scaligeriano diventa naturale e persino inevitabile nel quadro della nostra ricostruzione. Le discrepanze tra Cristianità e Islam non erano così grandi nell’epoca descritta dall’autore quanto si crede oggi, lo scisma diventerà profondo solo più tardi.
Le Note di un Giannizzero contraddicono molto spesso la storia Scaligeriana consensuale. I moderni commentatori sono costretti a segnalare le contraddizioni e naturalmente non le interpretano a favore di Konstantin. Viene accusato di fare errori, di essere confuso e “ignorante della vera storia”. Molti di questi passaggi sono citati più avanti.
“L’autore incolla diversi personaggi in uno, Murad II (che è falsamente chiamato Murad III), come il Sultano Solimano, Musa e Maometto I (vedi Capitolo XIX, esempio 1). Questo spiega i numerosi errori nelle biografie dei Sultani Turchi, come anche dei despoti e sovrani di Serbia e Bosnia, confondendo il sultano Murad con Orkhan (Capitolo XIII), chiamando Urosh I il primo re dei Serbi invece di Stefano il Primo Incoronato (Capitolo XV)... Questa è la stessa ragione per cui l’autore può confondere la data di fondazione di una città per la data di costruzione delle fortificazioni (Capitolo XVII, commento 7). C’è anche un certo numero di abbagli geografici scandalosi come quando afferma che il fiume Eufrate si riversa nel Mar Nero ( (Capitolo XXXII)” ([424], pag. 26).
Comunque vediamo che il primo re Russo è stato Urosh - cioè, “un Rosh” o “un Russo”. Questo è perfettamente naturale dal nostro punto di vista.
Per quanto riguarda lo “scandaloso” riversarsi dell’Eufrate nel Mar Nero basta dire che è scandaloso solo dal punto di vista Scaligeriano – bisogna ricordare che Eufrate è l’antico nome di Prut, un tributario del Danubio che si riversa nel Mar Nero. I suoni F e P erano spesso soggetti a flessione e così Prut e Eufrate possono essere due diverse versioni dello stesso nome .
13 . La cripta dei Godunov nel Monastero Troitse-Sergiev. Il Monastero Ipatyevskiy a Kostroma
La cripta dei Godunov si trova nella città di Zagorsk, conosciuta anche come Sergiev Posad. Comprende quattro tombe (vedi fig. 14.60); la cripta è piuttosto modesta. Si presume che lo stesso Boris Godunov sia seppellito qui. Nel 1997 una guida ci disse che i sarcofagi erano inizialmente coperti da una pietra tombale che stavano per terra, con i sarcofagi sotto. Ai primi del XVIII secolo questo luogo di sepoltura fu afflitto dallo stesso disastro che colpì le tombe degli altri Zar Russi nella Cattedrale Arkhangelskiy del Cremlino a Mosca - ossia, il sito di sepoltura fu sottratto alla vista da un massiccio parallelepipedo di mattoni. Si suppone che le quattro pietre tombali siano state rimosse e che adesso facciano parte della nuova parete posteriore che sale verticalmente. Oggi si può ancora vedere la parte superiore di quattro piccolissime pietre tombali; la parte inferiore è sotto il suolo e perciò gli epitaffi sono illeggibili (vedi figg. 14.61, 14.62 e 14.63). Comunque gli epitaffi saranno verosimilmente danneggiati; inoltre le pietre tombali sono molto piccole, niente che ricordi un massiccio coperchio di sarcofago. Cosa c’era scritto sull’autentico coperchio dei sarcofagi che presumibilmente sono stati seppelliti sotto la costruzione Romanoviana? Saranno ancora intatti?
Fig. 14.60. Il sepolcro che viene dichiarato essere l'ultimo luogo di riposo della famiglia Godunov. Monastero Troitse-Sergiyev, città di Sergiyev Posad (Zagorsk). Presa a partire dal [304], volume 3, pag. 248.
Questa sepoltura è piuttosto bizzarra da diversi punti di vista. Oggi la “Cripta dei Godunov” si trova fuori dalla Cattedrale Ouspenskiy, a una distanza considerevole dalle mura della Cattedrale. La guida ci ha spiegato che inizialmente la cripta era parte del suolo della cattedrale e “misteriosamente finì” lontano dalla stessa dopo la supposta ricostruzione della Cattedrale Ouspenskiy. I nostri oppositori possono provare ad accusare la guida di essersi sbagliata – questo è possibile ma improbabile poiché le guide, in posti come il monastero Troitse-Sergiyev sono di regola specialisti qualificati. Non siamo riusciti a verificare l’informazione con nessuna fonte scritta.
Questo implica che la cattedrale si sia “contratta” o “spostata”. Inoltre il piano terra della cattedrale Ouspenskiy si trova notevolmente più in alto della “cripta dei Godunov”. Per entrar nella cattedrale Ouspenskiy oggi, bisogna salire una scalone piuttosto lungo. Come può essere successo che la “Cripta dei Godunov” situata inizialmente al piano terra della Cattedrale possa essere affondata di alcuni metri e comunque sia rimasta sopra il terreno?
Fig. 14.61. Le prime due lapidi del presunto sepolcro dei Godunovs. Foto scattata nel 1997.
Figs. 14.62 e 14.63. La terza e quarta lapide del presunto sepolcro dei Godunov. Fotografie scattate nel 1997.
Siamo dell’opinione che tutte queste siano fantasiose interpretazioni del XVIII secolo, quando i Romanov rimuovevano le tracce di qualche losca attività intorno alla cripta dei Godunov. La nostra ipotesi è semplice – sicuramente la cattedrale non si è ridotta o spostata; è nelle sue condizioni iniziali, a parte alcune modifiche secondarie. Per quanto riguarda la vera cripta che si trovava all’interno della cattedrale e che apparteneva ai Godunov o a qualcun altro, è stata evidentemente distrutta dai Romanov o coperta da un muro cosicché fosse nascosta alla vista. Quindi fu costruito un simulacro “La Cripta dei Godunov” su un pezzo di terra vicino non al livello del piano terra della cattedrale a causa di irregolarità del terreno. Può darsi che ci sia anche qualcuno seppellito lì per far sembrare “reale” la cripta cosicché, se qualche ricercatore intraprendesse qui delle ricerche certamente troverebbe “le vere ossa dei Godunov”.
Fig. 14.63a. Scritta su una lapide dell'epoca Godunoviana; le sue condizioni sono davvero molto scadenti. La Cattedrale Troitskiy del Monastero di Ipatyevskiy a Kostroma. Fotografia scattata da T. N. Fomenko nell'agosto 2001.
Nell’agosto 2001 A. T. Fomenko e T. N. Fomenko visitarono il monastero Ipatyevskiy di Kostroma. Secondo la versione ufficiale raccontata dalla guida, il monastero era appartenuto inizialmente ai Godunov, e i Romanov ne entrarono in possesso solo dopo i Grandi Disordini, quando il tentativo di usurpazione era ormai stato coronato da successo, rendendolo il loro proprio luogo sacro dinastico. Ed è anche questa la ragione per la costruzione del complesso memoriale disegnato per commemorare il 300mo anno della dinastia Romanov, completato con 18 immagini in bronzo degli Zar che hanno fatto parte della dinastia. Questo memoriale non è mai stato eretto sebbene un gran numero di prove di fusione siano state realizzate. Molti rappresentanti dei Godunov sono stati seppelliti nel Monastero Ipatyevskiy - sedici maschi; in più ci sono anche le donne seppellite qui. Comunque le guide moderne ci dicono che nel XVII secolo la cattedrale principale del Monastero Ipatyevskiy “improvvisamente esplose” - si presume che la polvere da sparo sia stata seppellita a lungo nelle fondamenta e che la gigantesca cattedrale sia esplosa per la criminale negligenza di qualcuno. I Romanov hanno eretto sullo stesso sito una nuova cattedrale in segno di deferenza. Questa è la versione ufficiale che le guide raccontano ai visitatori, anche cercando di far passare l’idea che i Godunov stessi siano da ritenere responsabili per aver lasciato la polvere da sparo nel sotterraneo. L’esplosione che distrusse la cattedrale molti decenni dopo, sotto i Romanov, dev’essere senz’altro stata accidentale. In generale si cerca di evitare che i visitatori facciano troppi sforzi per capire ala verità – è passato così tanto tempo.
Oggi ci sono meno di una dozzina di tombe rimaste nel monastero Ipatyevskiy dell’epoca dei Godunov. Alcune non sono attribuite a nessuno in particolare poiché gli epitaffi delle pietre tombali rotte sono danneggiati in molti casi oltre ogni leggibilità (vedi figg. 14.63a, 14.63b e 14.63c. È interessante che uno dei sarcofagi in pietra sia antropomorfo, con la forma di un corpo umano (vedi fig. 14.63d) – la stessa forma usata in Egitto. Comunque non ci sono iscrizioni sul sarcofago, anche il coperchio è mancante.
Fig. 14.63b. Letteratura semicancellata su una lapide dell'epoca Godunoviana. La Cattedrale Troitskiy del Monastero di Ipatyevskiy a Kostroma. Fotografia scattata da T. N. Fomenko nell'agosto 2001.
Fig. 14.63c. Lapide dell'epoca Godunoviana. Senza decorazione; neanche una lettera è sopravvissuta. Cattedrale Troitskiy del Monastero di Ipatyevskiy a Kostroma. Foto scattata dagli autori nell'agosto 2001.
Questo fatto collima perfettamente con la serie di altre “stranezze” che accompagnano l’intera storia della “restaurazione” Romanoviana e i “lavori di rinnovamento” fatti sulle antiche cattedrali Russe nel XVII secolo. Più sopra, nel Capitolo 14:5 di Chron4, abbiamo ricordato le chiese Moscovite completamente sfigurate dai Romanov – questa devastazione non risparmiò nemmeno le cattedrali del Cremlino Moscovita. Come possiamo vedere, un simile processo ha avuto luogo in altre città Russe. Alcune delle cattedrali “Mongole” che datano all’epoca dell’Orda furono fatte saltare in aria – si suppone accidentalmente. Nuove cattedrali venivano costruite sui medesimi siti, si dice per emulare i predecessori. La consapevolezza che i Romanov abbiano compiuto una distruzione su larga scala e una campagna di falsificazione, rimpiazzando la storia del Grande Impero “Mongolo” con la falsificazione prodotta da Miller e Scaligero, è oggi solo agli albori. Evidentemente per realizzare la “storia corretta” necessitavano prima di tutto barilotti di polvere da sparo. Un simile disastro accadde sui resti di autentici reperti dell’epoca dell’Orda negli anni trenta del novecento (il tempo in cui gli storici eruditi usavano la dinamite).
Figura 14.63d. Sarcofago di pietra antropomorfo dell'epoca Godunoviana. Cattedrale Troitskiy del Monastero di Ipatyevskiy a Kostroma. Questi sarcofagi assomigliano molto a quelli scoperti in Egitto. Foto scattata dagli autori nell'agosto 2001.
A proposito, è molto spettacolare il modo in cui l’esplosione della cattedrale dei Godunov è stata riportata dalla guida ufficiale del museo della “Cripta dei Boiardi Godunov nel monastero Ipatyevskiy di Kostroma” appesa alla parete della cripta nell’agosto 2001. Diceva così: “Nel 1650-1652 la Cattedrale Troitskiy fu ricostruita ancora più grande”. La distruzione con l’esplosivo si è trasformata in “ricostruzione”.
Possiamo percepire nuovamente il solito limite temporale che abbiamo già incontrato – l’epoca del XVII secolo che separa l’epoca Romanoviana dalla storia antica della Russia e dell’Orda. È molto difficile penetrare la barriera del XVII secolo, poiché molti pochi reperti archeologici che datavano al XVI secolo e anche prima sono sopravvissuti. Antiche cattedrali imperiali e costruzioni sono state distrutte in gran parte delle precedenti colonie Occidentali dell’Impero. Comunque, i riformatori che arrivarono al potere nel XVII-XVIII secolo nell’Europa Occidentale decisero di mantenere l’antico aspetto dei templi “Mongoli” semplicemente dichiarando che erano antichissimi e fatti da loro, qv in Chron4, Capitolo 14:6. Oggi i visitatori dall’estero si lamentano per la mancanza i artefatti storici in Russia – non ci deve essere mai stato niente di monumentale qui, a parte l’illuminata, antica Europa.
14 . La localizzazione moderna di Astrakhan non è la stessa dell’antica Astrakhan Tartara, che i Romanov sembrano aver raso al suolo
Figura 14.64. Una visione della cittadella di Astrachan e della Gorade Byeliy su un'antica incisione del XVII secolo a partire dal libro di A. Oleario. Presa a partire da [190], pagina 91; cfr. anche [615].
Consideriamo la costruzione della città nello Stato Moscovita del XVI-XVII secolo ([190]). In particolare, questo libro riferisce della storia di Astrakhan. Scopriamo un fatto sorprendente sconosciuto al grande pubblico. L’antica città di Astrakhan (prima conosciuta come Tsitrakhan Tartara) è stata un’importante città commerciale sulla riva destra del Volga ([190], pag. 87). “Nel XV secolo la localizzazione della città all’incrocio di rotte commerciali nautiche e strade per le carovane fecero crescere Astrakhan che divenne un centro di grande rilevanza” ([190], pag. 87). La città moderna di Astrakhan, supposta
Fig. 14.65. Mappa assegnata al cartografo russo Ivan Kirillov dal titolo "La Mappa Generale dell'Impero Russo" Viene presentata oggi come un'originale del 1734. Tratto da [1160], pagina 217.
erede dell’Astrakhan Tartara, si presume stia nello stesso posto del predecessore storico. E invece no. La moderna Astrakhan sta nove verst (10 km) più giù sul Volga; inoltre si trova sulla riva sinistra del fiume e non sulla destra. Come mai? Quand’è che i Tartari la spostarono dall’altra parte del Volga trasformandola nella Russa Astrakhan, e come accadde? La storia di questo spostamento è assolutamente sorprendente e rivela alcuni fatti storici interessanti.
Si presume che nel 1556 le truppe Russe abbiano preso d’assalto la città Tartara di Astrakhan. La versione Romanoviana della storia Russa suggerisce che Astrakhan fu quindi unita al Regno di Mosca. Si presume che il capo militare I. S. Cheremisinov “avesse difficoltà a controllare una città che si trovava al centro di un’aperta steppa” ([190], pag. 87). Ci si può chiedere come avessero fatto i Tartari, che avevano tenuto la città per secoli. Cheremisinov fece accordi con le autorità Moscovite per trasferire la città dalla posizione attuale all’altra sponda del Volga e nove verst più giù. Nel 1558 lì fu eretta una cittadella, e una nuova città fu, relativamente in poco tempo, costruita intorno e chiamata anche lei Astrakhan. Più avanti viene detto che dopo che Cheremisinov si era sistemato sul nuovo sito, “diede ordine perché l’intera Tsitrakhan Tartara fosse demolita” ([190], pag. 87).
E così, semplicemente, la città Astrakhan Tartara fu demolita. Il nome fu utilizzato per riferirsi a una nuova città costruita in un altro luogo. Ci si potrebbe chiedere se questi eventi potrebbero davvero essere avvenuti nel XVI secolo e non nel XVII quando i Romanov stavano riscrivendo la storia e distruggendo tutti quelli che si identificavano con l’Orda in un modo o nell’altro. L’episodio di Astrakhan rivela la scala delle loro attività – come vediamo non sono solo gli affreschi nelle antiche cattedrali del Cremlino che furono distrutti, i Romanov distruggevano intere città senza fermarsi davanti a nulla.
15 . Le ragioni per cui l’amministrazione Romanoviana avrebbe distrutto centinaia di carte compilate dal cartografo Russo Ivan Kirillov.
Ci si può domandare se il nome di Ivan Kirillov, cartografo Russo del XVIII secolo, sia oggi conosciuto da qualcuno. È molto improbabile. Comunque, è molto opportuno citarlo qui, per via di certi fatti piuttosto inaspettati che riguardano sia lui che la storia della Russia. Il destino delle carte compilate da Ivan Kirillov è piuttosto illustrativo e solo oggi possiamo cominciare a comprenderne il reale significato. Utilizzeremo i riferimenti a Kirillov contenuti nel volume fondamentale ( [ 1459] ).
Questo libro descrive 282 carte medievali dall’esposizione del 1952 (Baltimore Museum of Art, USA), molte delle quali sono state anche fotografate.
Tra le altre, esposta alla mostra, c’era una carta Russa di Ivan Kirillov: “Imperii Russici tabula generalis quo ad fieri potuit accuratissime descripta opera e studio Inoannis Kyrillow. Supremi Senatus Imperii Russici Primi Secretarii Petropoli. Anno MDCCXXXIV. S. Pietroburgo, 1734”.
È notevole che la carta in questione non sia riprodotta da nessuna parte in [1459]. Questo fatto da solo potrebbe non essere di grande rilievo poiché il libro ([1459] ) non riproduce tutte le carte che descrive - solo 59 di 282 sono corredate di fotografie. Tuttavia la storia di questa carta è così strana che la sua assenza da [1459] diventa notevole; una simile carta sarebbe stata assolutamente da pubblicare. Spiegheremo il perché.
Gli autori Americani e gli organizzatori della mostra riportano i seguenti fatti sorprendenti circa la carta in questione: “Questa è la prima carta generale della Russia che sia stata incisa e stampata, ma evidentemente bandita. Ivan Kirillov... fece carriera nella Cancelleria di Stato, dove occupava la posizione di esperto in ricognizione terrestre [topografica]. Quando Pietro il Grande decise di compilare una mappa esaustiva dei suoi domini, mise Kirillov a capo del progetto. Quest’ultimo scoprì presto che il personale che lo circondava era stato reclutato all’estero (Francia e Germania) per quanto riguarda le conoscenze di astronomia e l’abilità di applicarla a descrizioni geodesiche. A causa della resistenza del governo che i suoi piani invariabilmente incontravano e al fatto che le autorità favorivano chiaramente gli stranieri, Kirillov aveva dovuto essere particolarmente insistente sulla compilazione e pubblicazione di una dettagliata serie di carte. Il lavoro completo conteneva tre volumi di 120 pagine ciascuno e includeva la suddetta carta generale dell’impero. L’Accademia Imperiale bandì l’atlante di Kirillov, facendo misteriosamente sparire le lastre da stampa e pubblicando un proprio atlante nel 1745. . . Solo due copie dell’atlante di Kirillov sono conosciute, e una di loro con difetti. Tutte le stampe fatte dalle lastre originali sono estremamente rare” ([1459], pag. 174).
Nella sezione successiva gli autori di [1459] descrivono l’atlante pubblicato dall’Accademia Imperiale, facendo il seguente soddisfatto commento: “Sebbene questo atlante non sia il primo atlante Russo venuto alla luce, era molto più esaustivo e scientificamente accurato dell’atlante di Ivan Kirillov” ([1459], pag. 175). Questo “Atlante ufficiale Romanoviano” fu pubblicato nel 1745, undici anni dopo di quello di Kirillov – più di un decennio di duro lavoro.
Fig. 14.66. Frammento della "Mappa Generale dell'Impero Russo" (attribuita a Ivan Kirillov), un'immagine ravvicinata. Tuttavia, tutti i nomi sulla mappa sono in latino e non in russo. Tratto da [1160], pagina 217.
Non abbiamo visto tutte le Mappe sopravvissute di Ivan Kirillov, e perciò non possiamo giudicare la loro qualità o le “inaccuratezze scientifiche” che si presume vi siano contenute. La maliziosa espressione “inaccuratezze” molto probabilmente indica che l’atlante di Kirillov aveva conservato qualche traccia geografica del Grande Impero “Mongolo”, che avrebbe ostacolato gli storici Romanoviani nell’erigere il loro edificio di “storia autorizzata” . Questa strana distruzione porta ad alcune riflessioni. Ad ogni modo, è ovvio che le 360 carte fatte da Ivan Kirillov devono aver realmente irritato i cartografi stranieri e quelli imperiali dei Romanov, poiché il suo intero volume di lavoro è stato cancellato. Stavano forse cancellando le ultime tracce della Russia e dell’Orda?
Le ragioni sono perfettamente chiare – Le carte avevano descritto esplicitamente la Tartaria Moscovita con capitale in Tobolsk, e i Romanov devono aver voluto eliminare ogni possibilità di pubblicazione delle stesse. Secondo la ricostruzione la gigantesca Tartaria Moscovita era rimasta uno stato Russo indipendente, erede dell’Orda fino alla sconfitta di “Pougachev” e, oltretutto, uno stato ostile.
Si potrebbe segnalare come Ivan Kirillov non fosse affatto un oscuro cartografo. Occupava la posizione di Segretario Capo del Senato ( [90] , pag. 172), uno dei più alti uffici dell’amministrazione Romanoviana.
Gli storici riportano che nel 1727 “I. K. Kirillov divenne Segretario Capo del Senato e Segretario della Commissione per il Commercio, diventando perciò uno dei principali funzionari di governo in Russia... Possedeva conoscenze approfondite di geografia, matematica, fisica, storia e astronomia” ([90], pag. 202). Si può pensare che la decisione di distruggere il lavoro di tutta la sua vita, una collezione di 360 carte, abbia richiesto un ordine diretto della corte imperiale. Non si tratta certo di un caso di “negligenza” - i Romanov dovevano essere realmente turbati per qualcosa poiché sono arrivati a distruggere persino le lastre da stampa.
L’autore moderno di [90] fa un accenno di passaggio alle 360 carte di Kirillov e al suo Atlante quando ci dice dei lavori Russi di geografia; comunque, per qualche ragione si dimentica totalmente di dire che queste carte sono state distrutte dai Romanov a centinaia e fa solo la prudente osservazione che “Kirillov intendeva pubblicare, o almeno preparare per la pubblicazione, 37 o più carte, 28 delle quali hanno raggiunto i nostri giorni” ([90], pag. 202). È ignaro della distruzione, riluttante a citarla o cerca di far credere che Kirillov “si è sforzato” di compilare queste carte , ma non è vissuto abbastanza.
Solo alcune copie stampate delle carte dell’Atlante di Kirillov sono sopravvissute, per puro caso; comunque diventa assolutamente impossibile oggi capire se siano davvero autentiche.
L’unica carta che possiamo vedere oggi ha il nome orgoglioso di “Mappa Generale dell’Impero Russo” e si presume sia l’originale del 1734 ( [ 1 160], pag. 217); vedi fig. 14.65). Dubitiamo dell’autenticità per la semplice ragione che tutti i nomi della carta sono in Latino, qv in fig. 14.66 (a parte le note esplicative in alto a sinistra e in basso a sinistra, che sono entrambe in Russo).
I nostri oppositori potrebbero suggerire che i Russi hanno sempre posseduto una mentalità servile, da ciò il costume di utilizzare il Latino per le carte dell’Impero Russo disegnate per gli Imperatori Russi, che si dice avessero un grande timore dell’illuminata Europa e disprezzassero la loro lingua. Infatti, dopo l’usurpazione del trono Russo da parte della dinastia filo-Occidentale dei Romanov nel XVII secolo, la Russia cadde sotto una pesante influenza straniera (vedi i dettagli in Chron7). D’altra parte la carta del mondo compilata dal cartografo Russo Vassily Kiprianov era stata fatta anch’essa per Pietro il Grande, e tutti i nomi su di essa erano in Russo ( [90], pag. 206-207). È quindi molto difficile che la Carta Generale dell’Impero Russo di Kirillov sia stata fatta in Latino – il cartografo deve aver usato la lingua Russa; comunque i falsari di un epoca più recente che hanno distrutto la carta autentica di Kirillov per nascondere tutte le tracce della loro attività criminale hanno semplicemente preso qualche carta Occidentale in Latino e hanno dichiarato che l’avesse realizzata Kirillov.
Bisogna notare che lo stato della Tartaria Moscovita è completamente assente dalla Carta Generale dell’Impero Russo con nomi Latini presumibilmente creata da Ivan Kirillov nel 1734 – non c’è questo nome sulla carta da nessuna parte (vedi fig. 14.65). Tuttavia, la carta compilata dai cartografi dell’Encyclopaedia Britannica nel 1771, 37 anni dopo la “Carta di Kirillov” non solo contiene una carta della Tartaria Moscovita con capitale in Tobolsk, ma dichiara anche che questo sia il più grande stato al mondo. ([1118], Volume 2, pag. 683).
16 . Gli abitanti di Novgorod portavano le trecce senza riguardo al sesso
La famosa icona intitolata “Gente di Novgorod che prega” datata al XV secolo rappresenta un gran numero di persone di Novgorod, maschi e femmine, vestite con i tradizionali abiti Russi. È piuttosto spettacolare il fatto che tutti loro portino i capelli riuniti in trecce (vedi fig. 14.67 and 14.68). Gli uomini sono disegnati con barba e capelli a trecce; si vedono anche i nomi delle persone.
Questa icona ci dice inequivocabilmente che uomini e donne Russi portavano le trecce.
Figura 14.67. Frammento di una vecchia icona russa che ritrae la gente di Novgorod. Indossano tutti i capelli in trecce. Tratto da [636], risguardo.
Fig. 14.68. frammento dell'icona ingrandito. Ioakov e Stefan di Novgorod, con i capelli intrecciati. I loro nomi sono scritti sull'icona. Tratto da [636], risguardo.
17 . Il testamento di Pietro il Grande
Il testamento di Pietro il Grande non è sopravvissuto. Comunque, un documento chiamato “Il testamento di Pietro” era piuttosto ben conosciuto ed è stato pubblicato più volte in Europa Occidentale. Contiene il “Piano per Conquistare l’Europa e il Mondo Intero” E oggi si crede sia un evidente falso ([407], pag. 79). È descritto, ad esempio, approfonditamente in [407 ]. Comunque, l’opinione che sia un documento falso non è condivisa da tutti - secondo [407], alcuni ricercatori dell’Europa Occidentale (Francia, Polonia e Ungheria in particolare) non hanno alcun dubbio sull’autenticità dello stesso. “La popolarità del ‘Testamento’ all’estero contrasta con il totale silenzio tenuto dagli scienziati Russi” ([407], pag. 82). “Una sinossi del ‘Testamento’ apparve solo nel 1875... Nel 1877 apparve la prima vasta ricerca pubblicata per provare che il ‘Testamento’ Era un falso… Al momento il ‘Testamento’ viene visto dai più come una curiosità” ([407], pagg. 82, 84 e 85).
Nonostante ciò, molti diplomatici dell’Europa Occidentale hanno creduto che il ‘Testamento’ Fosse un documento genuino. In più, è noto che la “leggenda del misterioso piano di espansione globale covato dalla Russia risale al Regno di Pietro il Grande” ( [407], pag. 87).
F. Colson, storico Francese, scrisse nel 1841: “All’inizio del XVIII secolo Pietro il Grande smise di guardare la carta del mondo ed esclamò: Il Signore ha fatto solo la Russia!” È allora che concepì il grandioso piano che più tardi venne conosciuto come il suo testamento” ([407], pag. 82).
È naturale che la versione Scaligeriana e Romanoviana moderna vede queste pretese di Pietro I come ridicole - dopo tutto, non stava l’ignorante Russia emergendo da secoli di oscurità medievale e prendendo lezioni di vera guerra dagli Occidentali – gli Svedesi per esempio e anche in modo brutale. E poi improvvisamente si scopre che “Il Signore ha fatto solo la Russia”. Come ha potuto Pietro venir fuori con una simile sciocchezza? Le considerazioni generali della storiografia Scaligeriana rendono tutto ciò “un ovvio falso”.
Comunque, la nostra ricostruzione fa si che l’idea di Pietro non appaia così strana.
Dopo tutto, un secolo prima la Russia, o Orda, aveva davvero regnato sui paesi che Pietro desiderava conquistare nel suo testamento, autentico o no che sia. Sarebbe bizzarro che nessuno dei pensieri evocati nel testamento non sia mai passato per la testa di Pietro. I Romanov intendevano rendere più sicura la loro posizione nel centro del precedente Grande Impero Mongolo alla fine del XVII secolo, sebbene su territorio relativamente piccolo. Era ovvio che considerassero il passo successivo la restaurazione dei precedenti confini dell’Impero, proprio come ogni regnante che prenda il controllo di un impero precedentemente mondiale, loro naturalmente desideravano regnare su quei territori.
Questo non implica che il ‘Testamento’ attribuito a Pietro sia genuino; comunque, l’idea evocata là dentro era davvero vitale per Pietro e non semplicemente l’invenzione di un imbroglione dei tempi andati. Sarà per questo che Pietro aveva ordinato di tradurre un libro di Mauro Orbini intitolato “Sull’espansione Slava...” che oggi viene semplicemente chiamato “Regno degli Slavi” ( [617], pag. 93). Una traduzione Russa ridotta di questo lavoro fu edita a San Pietroburgo nel 1722. Il libro di Orbini parla della Grande Conquista “Mongola” dell’Europa e dell’Asia da parte degli Slavi, qv in Chron5.
18. La fondazione della maggior parte delle capitali Europee: una cronologia
18.1. La nostra ricostruzione: la maggior parte delle capitali Euroasiatiche fu fondata dopo la Grande conquista “Mongola” del XIV secolo
Secondo la storia Scaligeriana, molte delle moderne città, prime fra tutte le capitali delle nazioni, furono fondate come insediamenti coloniali dell’ “antico” Impero Romano migliaia di anni fa. Questo sembrerebbe perfettamente naturale – le autorità imperiali fondarono le proprie basi militari in lande selvagge; una guarnigione militare sarebbe dunque arrivata seguita poi dai rappresentanti imperiali e dall’amministrazione locale. Questi insediamenti sarebbero poi cresciuti e sarebbero divenuti più grandi e importanti; ognuno si sarebbe abituato alla propria posizione di potere e così automaticamente sarebbero divenute capitali di nuovi stati venuti alla luce come entità autonome dopo la frammentazione dell’Impero.
Secondo la Nuova Cronologia l’immagine è corretta per grandi linee ma richiede una concreta messa a punto cronologica. Come si comincia a capire, la vera colonizzazione dell’Europa incominciò con la Grande conquista “Mongola” e oltre. Il centro del nuovo Grande Impero “Mongolo” era nella Russia di Vladimir e Suzdal, le cui capitali erano state a Yaroslav = Grande Novgorod, Kostroma, Vladimir e Suzdal in momenti diversi; Mosca divenne capitale solo nella seconda metà del XVI secolo, qv in Chron6. Perciò il passaggio di cui sopra della “colonizzazione dell’Europa, dell’Asia e di parte dell’Africa da parte degli Antichi Romani” va applicato all’epoca che va dal XIV al XV secolo, cioè a quando il Grande impero “Mongolo” creò un sistema di rotte commerciali che connettevano il centro dell’impero con le provincie lontane come la Cina, l’India, la Spagna, la Francia, l’Egitto. Le “antiche colonie Romane” dell’Orda furono fondate nello stesso periodo, nel XIV-XV secolo. Alcune di loro divennero capitali di stati indipendenti che divennero indipendenti dal Grande Impero “Mongolo” del XVII secolo.
Comunque, se la colonizzazione dell’Europa, Asia, Africa da parte dei “Romani”, o dell’Orda, ebbe luogo in un’epoca relativamente recente e fu pianificata, la distribuzione di questei centri coloniali deve aver avuto una qualche regolarità. Proviamo a immaginare cosa avrebbe fatto uno Zar o un Khan per organizzare un governo di qualche tipo su vasti territori che erano stati conquistati rapidamente e efficacemente. Per esempio, alcuni di loro non erano assolutamente sviluppati secondo il libro i Mauro Orbini, ([617]; vedi anche Chron5).
Figura 14.69. La disposizione delle capitali locali rispetto alla capitale imperiale. Tale disposizione concentrica di centri provinciali collegati tra loro per vie commerciali dovrebbe essere perfettamente naturale per un impero fondato su un vasto territorio che prima era disabitato.
Perciò Orbini sostiene che l’esercito degli Slavi arrivò inizialmente in Olanda, questa era priva di popolazione ([617]). È molto probabile che i centri locali dovessero essere distribuiti all’interno delle rotte commerciali imperiali; questo processo non poteva essere casuale e doveva rifarsi a uno schema di qualche tipo – un insediamento ogni mille verst, per esempio. Il terreno avrebbe naturalmente ostacolato talvolta l’applicazione dello schema ma sarebbe comunque stato compatibile con quello.
Perché sarebbe stato introdotto questo schema? Prima di tutto perché avrebbe portato ordine nei commerci, con i corrieri postali e i vari servizi di trasporto. Il Khan avrebbe saputo il tempo approssimativamente che sarebbe intercorso tra l’emissione di un suo decreto dal centro dell’Impero e il suo arrivo alle regioni limitrofe. Grandi distanze sarebbero state misurate per unità fisse – migliaia di verst, per esempio (1 verst = 1,06 km). I più vicini centri coloniali sarebbero stati a mille verst, i successivi a duemila verst dalla capitale e così via.
Questo sarebbe stato uno schema di espansione naturale per un impero che intendeva conquistare un grande ammontare di territorio in un periodo di tempo relativamente breve. È così che l’ “antica Roma” nella storiografia Scaligeriana si deve essere comportata e così anche ha fatto il Grande impero “Mongolo”. L’Impero avrebbe creato una rete di luoghi sulla carta geografica; capitali locali sarebbero nate all’intersezione delle linee della rete, qv in fig. 14.69. È naturale che nel corso del tempo alcune siano state sostituite da nuove capitali, costruite più recentemente, in posti diversi e per considerazioni differenti. In più lo schema sarebbe stato, ovviamente, condizionato dalla geografia – mari, montagne, fiumi, paludi ecc. Costruire una rete di strade sl terreno reale non sempre si conforma allo schema ideale.
Nonostante ciò è interessante verificare se sono rimaste tracce diquesto schema ancora oggi. Se l’ipotesi sopra esposta è corretta, molte delle moderne capitali devono formare dei cerchi intorno all’antico centro (vedi fig. 14.69). La localizzazione di questo centro ci dirà anche dove si trovava la capitale dell’Impero che ha colonizzato l’intera Eurasia. Magari la Roma italiana? Solo i calcoli possono stabilirlo. Noi incominceremo da un’altra parte.
18.2. Una notevole tavola medievale delle distanze tra Mosca e varie capitali
Il libro intitolato “Ancient Engraved Maps and Plans of the XV-XVIII secolo” contiene un interessante capitolo intitolato “Tavola delle distanze tra Mosca e varie Capitali” . Questa tabella viene normalmente associata al nome di Andrei Andreyevich Vinius (1641-1717), che ebbe un ruolo importante nel periodo di transizione dal tardo XVII secolo al primo XVIII secolo. Suo padre, Andrei Vinius, un Olandese… arrivò in Russia durante il regno di Mikhail Fyodorovich... da giovane Andrei Andreyevich Vinius roicoprì il ruolo di traduttore dall’Olandese pe il ministero degli Affari Esteri… È qui che compilò diversi almanacchi di lavori secolari e ecclesiastici e disegnò carte... Vinius organizzò il sistema postale Russo, divenne il Primo Ministro delle Comunicazioni, occupando questa posizione… per oltre un quarto di secolo” ([90], pag. 167). Vinius era perciò un importante funzionario ufficiale. Sotto Pietro il Grande, “Vinius aveva la carica di Ministro delle Apoteche e degli Affari Esteri, e nel 1697 fu messo a capo del Ministero degli Affari Siberiani” ([90], pag. 168).
Fig. 14.70. Tabella delle distanze tra Mosca e le diverse capitali (nonché altre città importanti). Compilato da A. A. Vinius nel XVII secolo — probabilmente sulla base di una vecchia tabella delle distanze tra la capitale dell'Impero Mongolo e le capitali locali degli stati ad esso subordinati, un documento distrutto dai Romanov. Tratto da [90], pagina 167.
Dobbiamo immediatamente segnalare che Vinius lavorò e visse nell’epoca del declino e frammentazione del Grande Impero “Mongolo”. Rappresentava il sangue nuovo che rimpiazzava i ministri deposti che si rifacevano alla vecchia dinastia; molti dei nuovi arrivati erano stranieri. Vinius e quelli come lui presero le cariche che erano state dei ministri del Grande Impero “Mongolo” (nel suo caso particolare era Ministro degli Affari Esteri).
Evidentemente Vinius compilò una tabella delle distanze tra Mosca e le varie capitali come capo del Ministero. Comunque si potrebbe pensare che fosse stato il primo ad avere l’idea di compilare questa tavola. Il suo titolo era: “Riassunto delle distanze tra le Capitali di Stati Gloriosi, Marittimi e Continentali, incluse Isole e Stretti, compilato in Accordo con l’Antica Descrizione Alfabetica delle Distanze Marittime e Altre Distanze entro lo Stato Russo, Misurate dalla Capitale” ([90], pag. 166).
Il titolo stesso del libro implica che si sia basato su un lavoro precedente – un libro tenuto nel Ministero degli Affari Esteri, che deve essere stato usato a Mosca molto tempo prima di Vinius. Inutile dire che questo libro non esiste più – o almeno non ne conosciamo traccia ( [90] , pag. 166). È probabile che sia stato incenerito come molti altri documenti del Grande Impero "Mongolo" dopo l’usurpazione del potere da parte dei Romanov, o la vittoria dell’ammutinamento della Riforma nell’Europa Occidentale, dove si stava riscrivendo e cancellando ogni traccia dell’Impero dell’Orda.
Fig. 14.71. Frammento della tabella di Vinius che raffigura la "Città del Messico", che è tuttavia denominata nientemeno che capitale del Regno Svedese.. Tratto da [90], pagina 167.
Il nome di questo vecchio libro imperiale che non è sopravvissuto fino ai giorni nostri rimarrà per noi un mistero; comunque, nella versione di Vinius, si presume si chiamasse “Descrizione Alfabetica delle Distanze Marittime e Altre Distanze entro lo Stato Russo, Misurate dalla Capitale” ( [90], pagg. 166-167). Citiamo la tavola in fig. 14.70.
Fig. 14.72. Frammento della tabella di Vinius che raffigura Stoccolma, detta anche capitale del Regno sSvedese. Si presume quindi che la Svezia abbia avuto due capitali per qualche motivo. Tratto da [90], pagina 167.
A giudicare dal titolo di questa tabella Vinius prese i suoi disegni da questo antico libro, che indicava le distanze da Mosca, Parigi, Baghdad, Vienna e Madrid ma anche da Messico ([90], pagg. 167 e 169). Si potrebbe supporre che questo implichi che le antiche fonti Russe considerassero Messico parte dell’Impero Russo? Gli storici moderni Scaligeriani e Romanoviani lo riterrebbero naturalmente assurdo; comunque non c’è nulla di assurdo all’interno della nostra ricostruzione (vedi Chron6). Al contrario l’opposto sarebbe curioso e cioè che che la distanza tra Mosca e Messico non fosse sulla tavola. Dopo tutto anche il Messico doveva essere raggiungibile per i decreti che dovevano arrivare ai rappresentati locali dell’Orda e permettere lo scambio di corrispondenza diplomatica.
Fig. 14.73. Frammento della tabella di Vinius con la descrizione della città di Toledo: "La grande città di Toledo, dove l'Oceano si unisce al Mar Bianco tra le terre spagnole e la Francia". Il Mediterraneo è esplicitamente chiamato Mar Bianco — troviamo la Spagna all'incrocio tra l'Atlantico (l'Oceano) e il Mediterraneo. Tratto da [90], pagina 167.
Il riferimento a Messico nelle antiche fonti dell’Orda turbò parecchio Vinius. Come poteva il Messico in America appartenere alla Russia? Che relazioni commerciali potevano esserci tra la Russia e il lontano Messico del XVI secolo? Questo già non era accettabile per la versione Scaligeriana e Romanoviana che si stava creando a quel tempo. Vinius decise di pubblicare il testo. Evidentemente la cosa più semplice sarebbe stato cancellare Messico dalla lista ma Vinius decise di lasciarla com’era per qualche ragione aggiungendo solo (probabilmente sostituendo il testo precedente) che Messcio era la capitale del “Regno Svedese”, qv in fig. 14.71. Comunque gli Svedesi avevano già la loro capitale a Stoccolma (vedi fig. 14.72). Questo è noto a tutti; naturalmente anche l’antico libro dell’epoca dell’Orda citava Stoccolma come capitale del Regno Svedese. La tabella di Vinius finì per avere due capitali della Svezia – Stoccolma e Messico. Crediamo che questo sia segno di elaborazioni tendenziose di alcuni personaggi come Vinius che cercavano di cancellare tutti i riferimenti al Grande Impero "Mongolo". Questo operazione non sempre aveva successo.
Un’altra eco della precedente geografia imperiale dei “Mongoli” presentata dalla tabella delle distanze è la seguente: la tavola di Vinius si riferisce al Mediterraneo come il Mare Bianco. Perciò la descrizione di Toledo in Spagna contiene il seguente passaggio: “La grande città di Toledo alla congiunzione dell’Oceano con il Mare Bianco...” che può significare solo che il Mare Bianco era un altro nome per il Mare Mediterraneo nei tempi antichi. Questa identificazione è confermata anche in un altro punto della tabella nel quale palesemente si localizza l’isola di Cipro nel Mare Bianco. È piuttosto interessante che il Mar Egeo, che fa parte del Mediterraneo, sia conosciuto come “Byalo More” (Il Mare Bianco) in Bulgaro. Bagna le coste della Penisola Balcanica ovvero, probabilmente, la terra del Khan Bianco (“Byeliy Khan"). Inoltre ricordiamo che “Ak Sha”, o “Zar Bianco”, è il titolo Turco standard per lo Zar Russo.
Ancora una volta vediamo che l’antica geografia imperiale dell’Orda utilizzata nel XIV-XVI secolo di tanto in tanto era significativamente differente da quella introdotta nell’epoca Scaligeriana e Romanoviana del XVII-XVIII secolo. Questa è un’altra traccia lasciata dall’editore tendenzioso la cui attenzione non risparmiava né la storia antica, né la geografia.
Comunque, il fatto che troviamo più sorprendente è il seguente. La tavola di Vinius elenca le distanze tra Mosca e le succitate città e capitali; le distanze sono “date lungo le più importanti antiche strade commerciali” ([90], pag. 168). Perciò, tutte le distanze indicate nella tabella sono date in accordo con le vecchie strade commerciali che non erano sempre diritte, sebbene fossero normalmente disegnate e costruite per essere il più corte possibile ossia diritte. Tutte le distanze della tabella sono date con una soglia di approssimazione di 100 verst. Le indicazioni in verst della tabella hanno valori di 4100, 6300, 2500, 2700, 2900 ecc. Perciò una distribuzione casuale dovrebbe portare alla divisione in figure divisibili per un migliaio più o meno nel rapporto 1/10. La tabella contiene un totale di 56 distanze; perciò una distribuzione casuale dovrebbe far risultare cinque o sei città le cui distanze fossero divisibili per mille. Qual’è il risultato nella tabella di Vinius?
Si scopre che 22 figure su 56 contenute nella tabella sono divisibili per mille - quasi la metà. Questo è impossibile da spiegare se le distanze sono causali; questo fatto da solo rivela l’esistenza di uno schema nel posizionamento delle capitali. Si scopre che quasi la metà delle antiche grandi città Europee, incluse le capitali, sono posizionate a distanze divisibili per mille verst da Mosca.
Crediamo che questo confermi la nostra ipotesi che molte delle grandi città e capitali d’Europa e d’Asia furono fondate nel XIV secolo, costituendo la griglia di comunicazione del Grande Impero "Mongolo", o Orda, il cui centro si trovava intorno alle città di Vladimir o Suzdal.
Facciamo un elenco dei valori delle distanze il cui valore indicato nella tabella di Vinius sia divisibile per mille; questi valori corrispondono alle distanze radiali dal centro che si trova a Mosca.
1) Alessandria, 4000 verst.
2) Amsterdam, 3000 verst (via Arkhangelsk).
3) Antwerp, 3000 verst (via Riga).
4) Bar (Berne? Barcellona? Beirut?), 3000 verst.
5) Varsavia, 1000 verst.
6) Vienna, 3000 verst (via Riga).
7) Venezia, 3000 verst (via Arkhangelsk, marittime).
Amburgo, 2000 verst (via Riga).
9) Georgia, 3000 verst.
10) Ginevra, 4000 verst.
11) Gerusalemme, 4000 verst. Non c’è l’indicazione di alcuna nazione di cui possa essere stata capitale la città.
12) L’isola di Candia nel Mare Bianco o Mediterraneo, 2000 verst. A proposito, il nome Candiano era incluso nella tide formulae degli Zar Russi ([162], pag. VII; anche [193], pag. 239).
13) Konigsberg, o “La Città dello Zar nella Terra dei Prussiani”, 2000 verst (via Riga).
14) Lahore in Pakistan, 5000 verst. Il nome Pakistan potrebbe derivare da “pegiy stan", o residenza dell’Orda Variopinta (Motley Horde) , qv in Chron5.
15) Londra, 3000 verst (via Arkhangelsk).
16) Lubecca, 2000 verst (via Pskov).
17) Madrid, 4000 verst.
18) Parigi, 4000 verst.
19) Città dello Stretto (probabilmente Copenhagen, proprio sopra diversi stretti), 3000 verst.
20) Stoccolma, 2000 verst.
21) Zar-Grad (Costantinopoli), 2000 verst.
22) Stettino sull’Oder, 2000 verst.
18.3. Il cerchio delle capitali Europee e il suo centro
I nostri oppositori potrebbero voler suggerire che questi calcoli di Vinius e dei suoi predecessori siano obsoleti e che oggi niente del genere possa trovarsi su una carta. Le vecchie vie commerciali si suppone siano state dimenticate e la loro posizione sconosciuta. È impossibile verificare Vinius figuriamoci la sua antica fonte. In più, Vinius aveva introdotto alcune sue correzioni come piazzare Messico in Svezia… che tipo strano.
Figura 14.74. Disposizione centrica delle capitali europee moderne rispetto al centro — la città russa di Vladimir. È ovvio che la maggior parte delle capitali si trova in prossimità dei due cerchi concentrici il cui centro si trova nella città di Vladimir. Il raggio dei cerchi è di circa 1800 e 2400 km, rispettivamente.
Consideriamo quindi con un moderno mappamondo – un mappamondo e non una carta piatta che distorce le vere distanze. Segniamo quindi le moderne capitali Europee e Asiatiche sul globo: Amman, Amsterdam, Ankara, Atene, Baghdad, Beirut, Belgrado, Berlino, Berna, Bratislava, BRussels, Budapest, Bucharest, Copenhagen, Damasco, Dublino, Ginevra, Helsinki, Istanbul, Gerusalemme, Kabul, Lisbona, London, Luxembourg, Madrid, Moscow, Nicosia, Oslo, Paris, Prague, Rome, Sofia, Stockholm, Tehran, Tirana, Vienna e Varsavia. Ora selezioniamo un punto a caso sul globo e lo sostituiremo misurando le distanze tra questo punto e le 37 capitali. Ci ritroveremo con 37 numeri. Sottolineiamo che le distanze vanno prese su un globo, il modello della superficie tellurica reale e non una carta piatta che le distorcerebbe.
Vediamo se il punto che abbiamo selezionato può essere il centro di qualche circonferenza che incroci approssimativamente le città menzionate (vedi fig. 14.69). Se non funziona sceglieremo un altro punto e poi un altro fino ad esaurire tutti i punti del globo. È perfettamente naturale che se la distribuzione delle capitali sul globo è caotica, nessun punto può essere centrale rispetto a esse. Comunque, se la fondazione delle capitali ha avuto luogo in accordo con la nostra ricostruzione ci deve essere un punto centrale. Dove sarà? Nella Roma Italiana come sarebbe naturale per la versione Scaligeriana della storia? Istanbul nell’Impero Bizantino che sarebbe il precedente conquistatore dell’Eurasia? O sarebbe nella Russia di Vladimir e Suzdal come suggerisce la nostra ricostruzione?
La risposta ha richiesto l’utilizzo di alcuni semplici, anche se voluminosi, calcoli. Il lavoro è stato fatto da A. Y. Ryabtsev.
La risposta è la seguente. In effetti c’è un punto centrale che può essere considerato il centro delle due circonferenze sulle quali troviamo quasi tutte le capitali elencate sopra. Questo punto è la città di Vladimir in Russia. Questo può anche spiegare il suo piuttosto sonoro nome che si traduce come “Sovrana del mondo”?
Il lavoro è stato realizzato da A. Y. Ryabtsev, un cartografo professionista di Mosca. Dobbiamo anche ringraziarlo per averci segnalato questo piuttosto strano effetto che si manifesta nella disposizione delle capitali Europee. A. Y. Ryabtsev vi si è imbattuto nel corso della sua attività professionale che non ha nulla a che vedere con la storia antica.
Figura 14.75. Istogramma di frequenza per le distanze tra Vladimir e le capitali dell'Europa e dell'Asia.
Consideriamo ora i risultati effettivi più nel dettaglio. In fig. 14.74 si vede la carta geografica dell’Europa in uno speciale formato che non distorce le distanze tra il punto centrale della carta e gli altri punti presi in considerazione. Vediamo la città di Vladimir al centro della “Circonferenza delle Capitali Europee” e cioè nel punto assegnatogli dai calcoli. La prima circonferenza è la più impressionante (vedi fig. 14.74). Abbraccia Oslo, Berlino, Praga, Vienna, Bratislava, Belgrado, Sofia, Istanbul e Ankara con grande precisione con Budapest e Copenhagen vicino. La seconda circonferenza non è meno impressionante ma la maggior parte comprende distanze marittime. Queste sono le città che troviamo nella seconda circonferenza o vicino ad essa: Londra, Parigi, Amsterdam, Brussels, Lussemburgo, Berna, Ginevra, Roma, Atene, Nicosia, Beirut, Damasco, Baghdad e Tehran.
Stocolma, Helsinki, Varsavia, Tirana, Bucarest, Dublino e Gerusalemme non sono su alcuna di queste circonferenze; Madrid e Kabul potrebbero appartenere alla circonferenza successiva essendo posizionata alla distanza maggiore da Vladimir.
Costruiamo un istogramma di frequenze per le distanze tra Vladimir e le succitate capitali utilizzando l’asse orizzontale per rappresentare la distanza mentre le linee verticali corrisponderanno alla frequenza statistica di una data distanza. Abbiamo distribuito la scala delle distanze su frammenti di 50 km. E quindi usato tre punti di avanzamento per levigare l’istogramma. Il risultato è rappresentato in fig. 14.75.
Due picchi evidenti dell’istogramma rendono ovvio il fatto che ci sono due tipiche distanze tra la città di Vladimir e le capitali Europee che equivale a circa 1800 e 2000 chilometri. In altre parole la distanza tra la città di Vladimir e una capitale Europea a caso è molto vicina a 1800 o 2400. Ci sono delle eccezioni ma la tendenza generale è quella descritta.
Potremmo avere una figurazione simile sostituendo Vladimir con qualche altro luogo geografico - Roma in Italia o Atene in Grecia per esempio? La risposta è negativa. In figg. 14.76 e 14.77 citiamo simili istogrammi per tutte le succitate capitali viste come possibili centri; l’istogramma di Mosca è il più similee si può spiegare con la vicinanza alla città di Vladimir. Comunque in questo caso i picchi sono peggiori rispetto a quelli di Vladimir. Quello di Mosca e peggiore e quello delle altre capitali ancora peggio.
Il risultato al quale siamo giunti dimostra che la disposizione della maggior parte delle capitali Europee e Asiatiche può riflettere un certo antico ordine di costruzione o disposizione concentrica della maggior parte delle capitali Europee e Asiatiche intorno a un certo centro, la città Russa di Vladimir. Il cui nome si traduce come “Sovrana del mondo”. Questa disposizione potrebbe essere casuale; comunque, la nostra ricostruzione spiega i cerchi concentrici delle capitali perfettamente. Ripetiamo che ciò potrebbe essere dovuto alla rapida conquista delle nuove terre e alla costruzione di nuovi insediamenti dei “Mongoli” nel XIV secolo. Il centro di questi cerchi era l’area di Vladinir e Suzdal in Russia. È possibile che prima della conquista ci fossero diverse culle di civilizzazione non paragonabili all’enorme spazio occupato dal gigantesco Impero Euroasiatico con le sue comunicazioni, governo centralizzato e regnanti potenti. Cerchi concentrici di insediamenti più tardi divennero capitali locali emerse in ogni punto focale del futuro sistema di comunicazione più o meno a uguali distanze dal centro.
Naturalmente quanto sopra non è altro che la nostra ricostruzione basata sul suddetto esperimento di calcolo. Comunque il buon senso ci dice che quello che abbiamo scoperto sembra sensato – è quindi possibile che la ricostruzione corrisponda alla realtà.
19. Come la figura di S. Giorgio finì sullo stemma della Russia
Oggi si suppone normalmente che la figura di S. Giorgio che si trova sugli stemmi e sulle monete Russe datate al XII-XIV secolo rappresenti un certo santo Bizantino di nome Giorgio. Comunque, secondo la nostra ricostruzione, S. Giorgio (conosciuto in Russia come “S. Giorgio il Vittorioso)” è lo Zar Russo, o Khan, di nome Georgiy Danilovich, che ha governato ai primi del XIV secolo e ha iniziato la Grande conquista “Mongola”. Anche conosciuto come Genghis-Khan. In che epoca questa conoscenza si è persa e perché crediamo che S. Giorgio sia di origine Bizantina? Si scopre che la risposta è già nota agli storici. Successe nel XVIII secolo, sotto Pietro il Grande, e prima non era così. Lo storico Vsevolod Karpov, per esempio, riporta che “il cavaliere che combatte il drago che appare negli stemmi del XIII-XIV secolo... va certamente interpretato... come una rappresentazione dello Zar, o Gran Principe nei documenti ufficiali dell’epoca” ([253], pag. 66). L’autore si riferisce alla Russia.
Più avanti: “Questo è esattamente lo stesso modo in cui vediamo dipinto Ivan III [come S. Giorgio “Il Vittorioso” Aut.] su uno dei primi artefatti conosciuti che porta le insegne ufficiali dello stato Russo – un sigillo a due facce di ceralacca sul decreto del 1497. L’iscrizione sul sigillo recita ‘Gran Principe Ivan, Signore di Tutta la Russia per Grazia del Signore’” ( [253] , pag. 65).
Si scopre che il cavaliere armato che appare sulle monete Russe si presume rappresenti il Gran Principe stesso nel XV-XVI secolo: “Sotto il Gran Principe Vassily Ivanovich le monete portano l’immagine del Gran Principe a cavallo che impugna una spada; Il Gran Principe Ivan Vassilyevich introdusse il costume di ritrarre il cavaliere con una lancia, da cui il nome delle monete - kopeks [kopeiki in Russo; derivato dalla parola “lancia” - “ kopyo ” - Trad.]” ([253], pag. 66).
Figs. 14.76 e 14.77. Istogramma di frequenza per le distanze tra ciascuna capitale Europea o Asiatica e tutte le altre capitali.
È anche per questo che S. Giorgio viene spesso dipinto senza barba. Si scopre che lo Zar Ivan IV “Il Terribile” salì al trono molto giovane. Secondo V. Karpov, “è significativo che sui primi kopeki il sovrano rappresentato in questa maniera militare sia davvero un ragazzo incoronato in quel periodo, che sarebbe stato conosciuto come Ivan il Terribile molto più tardi. Era dipinto senza barba nelle prime monete – fu solo quando Ivan IV raggiunse i 20 anni che al cavaliere sulle monete spuntò la barba.” ([253, pag. 66).
Da quando, allora, i Principi Russi hanno dipinto S. Giorgio il Vittorioso? L’articolo dello storico V. Karpov dà la seguente risposta alla domanda, che corrisponde perfettamente alla nostra ricostruzione. Scrive quanto segue: “I sigilli del Principe Youri Danilovich sono un sorprendente esempio di questa trasformazione. Ha governato a Novgorod per quattro anni, tra il 1318 e il 1322. Circa una dozzina di suoi sigilli ci sono noti; nella maggior parte dei casi, il santo cavaliere è armato di spada. Comunque, il Principe deve essere stato un uomo molto vanitoso poiché introdusse in seguito nuovi sigilli che ritraevano un “cavaliere incoronato” o il Principe stesso. È significativo che il retro del sigillo conservasse il suo significato originario” ([253], pag. 65).
In altre parole ci viene detto che il Gran Principe Youri (o Georgiy) Danilovich è la stessa persona di S. Giorgio il Vittorioso, che è esattamente quello che sosteniamo. La debole “teoria” circa la supposta vanità di Youri, o Georgiy Danilovich nasce dal fatto che gli storici hanno dimenticalo il significato originario del simbolismo contenuto nello stemma Russo. Quando è stato dimenticato? La risposta è abbastanza nota agli storici – è successi sotto Pietro il Grande: “Non molto tempo dopo, nel XVIII secolo, questa ambiguità venne rimossa dall’interpretazione della figura vittoriosa sul simbolo di stato della Russia. La commissione araldica fondata da Pietro il Grande dispose che la figura a cavallo sullo stemma rappresentasse S. Giorgio il Vittorioso… nell’epoca di Anna Ioannovna, la figura a cavallo con lancia che uno vede comunemente sullo stemma Russo divenne comunemente S. Giorgio il Vittorioso” ([253], pag. 66).
C’è una certa contraddizione qui. I commentatori moderni non riescono a capire che S. Giorgio il Vittorioso non è stato un antico santo Bizantino ma piuttosto uno de primi Zar Russi, o Khan. Il calendario ecclesiastico si riferisce a lui come il Santo Gran Principe Georgiy Vsevolodovich, che è un duplicato fantasma di Georgiy Danilovich spostato nel XIII secolo dagli storici Romanoviani, che è anche il posto dove hanno spostato la Grande conquista “Mongola” del XIV secolo. Il ricordo della reale identità di S. Giorgio è rimasto vivo in Russia fino al XVII secolo; comunque, questo ricordo è cominciato a scomparire dopo l’epoca dei primi Romanov che lanciarono la loro massiccia campagna per l’obliterazione della storia Russa a partire dalle più antiche epoche quando era ancora presente un Grande Impero “Mongolo”.
Questo portò alla formazione di una strana contraddizione nell’epoca di Pietro il Grande. Le persone erano confuse circa l’identità della figura disegnta sullo stemma della Russia. Da una parte ognuno lo conosceva come S. Giorgio; dall’altra si supponeva rappresentasse un Gran Principe Russo, e anche questo era conoscenza comune. Dopo la distorsione Romanoviana della storia, la combinazione dei due divenne impossibile, e bisognava fare una scelta. Questa fu fatta prontamente – venne fuori il decreto che proclamava che lo stemma della Russia rappresentava un antico santo Bizantino che non aveva alcuna relazione con gli Zar Russi. Questo è il periodo che confonde i commentatori e tracce di questa confusione rimangono ancora oggi. Ripetiamo – suggeriamo una totale eliminazione del problema con l’identificazione di S. Giorgio il Vittorioso con lo Zar Russo Georgiy, conosciuto anche come Youri Danilovich o Genghis-Khan.
Il fatto che i commentatori moderni abbiano avuto un problema reale con l’identità di S. Giorgio viene menzionato esplicitamente da V. Karpov: “Specialisti di storia ecclesiastica come anche teologi hanno provato in tutti i modi ‘a gettare un po’ di luce sulle oscure origini della leggenda’ [di S. Giorgio il Vittorioso e il drago - Aut. ] , come gli storici e i critici letterari del precedente secolo, A. Kirpichnikov, racconta. Infine trovano una figura che si adatta - Giorgio, Vescovo di Alessandria messo a morte dai pagani nella seconda metà del IV secolo. Comunque gli storici considerano sospetto questo candidato. Altre versioni sono state suggerite e rifiutate; non è stato mai trovato alcun reale predecessore storico di S. Giorgio. Uccisore del Drago” ([253], pag. 73). La famosa agiografia di S. Giorgio non ha alcuna relazione con la leggenda di S. Giorgio e il serpente; le indicazioni storiche date in questa agiografia sfuggono alla comprensione ([253], pag. 73).
La nostra ricostruzione rende la situazione più o meno chiara. L’arbitraria distinzione tra S. Giorgio il Vittorioso e il Grande Zar o Khan del XIV secolo conosciuto come Georgiy, o Youri Danilovich, portò alla necessità di cercare questo personaggio nell’antica storia di Bisanzio. Comunque, niente è stato trovato fino a oggi. Questo a creato un “problema scientifico” che non è ancora “risolto”. Comunque, la famosa “Leggenda di S. Giorgio e il serpente” (o il drago) sostiene che S. Giorgio abbia battezzato la misteriosa terra di Lathia: “Giorgio... accompagnato dall’Arcivescovo di Alessandria, così dice la leggenda, ‘battezzò lo Zar, i suoi funzionari, e l’intera popolazione, circa 240,000 persone, in quindici giorni’... Questa leggenda esprime stranamente il ricordo ecclesiastico e popolare di tutti i miracoli realizzati da questo santo e martire, come peraltro il resto della sua biografia in generale” ( [253], pag. 72).
Anche la posizione della misteriosa Lathia rimane sconosciuta ai moderni commentatori. Potremmo dargli un paio di suggerimenti. Bisogna ricordare la comune flessione tra R e L – i due suoni sono spesso confusi tra loro; i bambini spesso sostituiscono la R con la L, trovando più facile pronunciarla. In alcune lingue la L è del tutto assente, e comunemente sostituita - in Giappone per esempio.
La misteriosa Lathia si identifica facilmente con la Russia. La storia Russa contiene un parallelismo tra l’epoca di Vladimir Krasnoye Solnyshko (soprannome che si traduce con “Il Sole Rosso”), che battezzò la Russia nel presunto X secolo d.c. e quella di Youri, o Georgiy Danilovich, noto come Genghis-Khan, qv sopra - nel XIV secolo. Non stiamo dicendo assolutamente che la Russia sia stata battezzata ai primi del XIV secolo. Secondo i nostri risultati, il primo battesimo della Russia è da accreditare ad Andronico, o Cristo e data alla fine del XII secolo, qv nel nostro libro intitolato “Il Re degli Slavi”. Quindi abbiamo scoperto che l’intero Grande Impero “Mongolo” fu battezzato la seconda volta da Dmitriy Donskoi alla fine del XIV secolo, dopo la Battaglia di Kulikovo, qv in “Il Battesimo della Russia”. Comunque, le rispettive biografie di Genghis-Khan, o Youri, ovvero Georgiy Danilovich, e Vladimir Krasnoye Solnyshko senza dubbio contengono un parallelismo, qv sopra. Questo può aver portato al riflesso del Battesimo della Russia nella leggenda di Giorgio e il Drago. Un’analisi più dettagliata del culto medievale comune di S. Giorgio si trova in Chron5.
20. IL REALE SIGNIFICATO DELLE ISCRIZIONI SUL ANTICO STEMMA “MONGOLO” DELLA RUSSIA. COME I ROMANOV HANNO TENTATO DI NASCONDERLO
20.1. Quello che sappiamo sulla storia dello stemma nazionale Russo
Utilizziamo la collezione di emblemi e stemmi cui ci siamo già riferiti nel presente volume ([162]). Il libro riporta quanto segue: “Lo stemma nazionale Russo… è costituito da un’aquila bicefala nera con tre corone sopra la testa e uno scettro e un globo tra gli artigli. Sul petto dell’aquila vediamo lo stemma di Mosca…. E sulle sue ali – quelli dei Regni e dei Grandi Principati” ([162], pag. 27).
Lo stemma Imperiale Russo è stato sottoposto a molte trasformazioni negli anni. Per esempio: “Le ali delle aquile erano inizialmente ripiegate; comunque molti stemmi del Falso Dmitry rappresentano l’aquila con le ali spiegate. Il lavoro artigianale è dell’Europa Occidentale. Lo stemma di Mosca che si vede sul petto dell’aquila è stato introdotto nell’epoca di Alexei Mikhailovich, così come le tre corone, il globo e lo scettro... C’erano due corone nell’epoca prima di Mikhail Fyodorovich, normalmente divise dalla croce Russa a sei punte. . .
Era costume (specialmente nelle monete del XVIII secolo) rappresentare l’aquila senza lo stemma di Mosca; il globo e lo scettro tra gli artigli dell’aquila erano talvolta sostituiti da una spada, un ramo di alloro o un altro emblema. . .
Fig. 14.78. Il Grande Sigillo di Stato Russo del XVI secolo. Presumibilmente, il sigillo di Ivan il Terribile. presa a partire da [568], pagina 160; cfr. anche [162], pagina VIII, malata. 23.
L’aquila bicefala su molti lavori artigianali del XVI-XVII secolo non è sola, ma piuttosto in compagnia da quattro figure – un leone, un unicorno un dragon e un grifone. L’uso di dipingere lo stemma di Mosca o un cavaliere che trafigge il drago con una lancia è di origine più recente” ([162], pag. 28).
Sappiamo di diverse varianti possibili dello stemma nazionale Russo – con l’aquila con ali ripiegate o spiegate ecc. Bisogna ricordarlo quando si analizza l’ “antica” e medievale rappresentazione del simbolo.
Verso la fine del XIX secolo, lo stemma nazionale Russo, ratificato per l’ultima volta nel 1882, raggiunge la seguente forma: L’aquila bicefala è coronata con tre corone e stringe tra gli artigli uno scettro e un globo; c’è uno scudo con raffigurato S. Giorgio sul suo petto – lo stemma di Mosca. Lo scudo principale è circondato da nove altri scudi con i seguenti stemmi:
1) Regno di Kazan,
2) Regno di Astrakhan,
3) Regno di Polonia,
4) Regno di Siberia,
5) Regno di Crimea in Tauride,
6) Regno di Georgia,
7) Gran Principato di Kiev, Vladimir e Novgorod,
Gran Principato di Finlandia,
9) Stemma dei Romanov.
Sotto troviamo lo stemma che si riferisce alle seguenti città e provincie Russe:
10) Pskov; 11) Smolensk; 12) Tver; 13) Yougoria; 14) Nizhniy Novgorod; 15) Ryazan; 16) Rostov, 17) Yaroslavl; 18) Byeloozero; 19) Oudorsk; 20) Volynsk; 21) Podolsk; 22) Chernigov; 23) Lithuania; 24) Byelostok; 25) Samogit; 26) Polotsk; 27) Vitebsk; 28) Mstislavsk; 29) Estland; 30) Lifland; 31) Kurland and Semigalsk; 32) Karelia; 33) Permia; 34) Vyatka; 35) Bulgaria; 36) Obdorsk; 37) Kondia; 38) Turkistan.
20.2. Lo stemma nazionale dell’Impero Russo o Orda, nel XVI secolo
Come abbiamo accennato prima lo stemma nazionale Russo è stato soggetto a variazioni che lo hanno cambiato nei secoli. Perciò sarebbe davvero molto interessante verificare come veniva rappresentato nel XVI-XVII secolo, o prima dell’epoca del XVI secolo nel Grande Impero "Mongolo", e anche nella frammentazione del XVII secolo. Secondo [162], ci sono quattro antiche versioni di questo antico simbolo imperiale ancora esistenti databili al XVI-XVII secolo, e cioè:
1 ) Il Sigillo di Stato di Ivan il Terribile. Qui vediamo 12 sigilli, o stmmi, che circondano l’aquila bicefala imperiale ([162], pag. VIII, e [568], pag. 161; vedi anche fig. 14.78). A parte i 12 sigilli indicanti il nome, vediamo al di sopra la croce Ortodossa a otto punte con la legenda “L’albero che diede l’antica stirpe”. In fig. 14.79 vediamo il retro del sigillo di Ivan il Terribile ( [568], pag. 163). Una reale riproduzione del simbolo si può vedere in fig. 14.80.
2) Lo stemma del trono di Mikhail Fyodorovich. Gli stemmi extra che vediamo appartengono alle 12 province imperiali.
3) Lo stemma su un piatto d’argento appartenuto allo Zar Alexei Mikhailovich. Qui già vediamo lo stemma delle 16 province.
4) Lo stemma imperiale rappresentato sul diario di un certo Korb, che accompagnò l’inviato Austriaco degli Asburgo a Mosca nel 1698-1699 in missione per negoziare la guerra contro la Turchia. Qui già vediamo 32 stemmi oltre a quello di Mosca, qv in fig. 14.81. Bisogna notare come lo stemma che appartiene alle medesime province imperiali nei due stemmi Imperiali che vediamo in figg. 14.78 and 14.81 sono spesso completamente differenti. Evidentemente, “l’aspetto degli stemmi locali divenne più o meno rigido a metà del XVII secolo... verso la fine del secolo i numerosi stemmi delle province presero la forma finale” ([162], pag. VIII, sezione intitolata “Stemmi delle città e dei paesi della Russia. Una recensione storica”). Possiamo chiaramente vedere che gli antichi stemmi potevano essere significativamente differenti dalla loro forma moderna. Si scopre che furono anche modificati tendenziosamente nell’epoca dei Romanov.
Figura 14.79. Il rovescio del sigillo reale Russo di "Ivan il Terribile". Tratto da [568], pagina 163.
Passiamo ora allo stemma nazionale dell’Impero Russo o Orda nella sua versione del XVI secolo, o lo stemma che troviamo sul sigillo di stato di Ivan il Terribile (vedi fig. 14.78). Questo stemma è presumibilmente il più antico dei quattro elencati sopra. Consideriamo le 12 province che vediamo intorno all’aquila in questa versione perché sono estremamente interessanti per ogni ricerctore. Scopriamo che queste province sono elencate nello stemma imperiale “Mongolo” nel seguente ordine (andiamo dall’alto verso il basso alternando tra gli stemmi elencati a sinistra e quelli a destra - vedi [162], pag. VIII):
“Ivan Vassilyevich, Signore di Tutta la Russia, Zar e Gran Principe di Vladimir, Mosca, e Novgorod;
Zar di Kazan;
Zar di Astrakhan;
Feudatario di Pskov;
Gran Principe di Smolensk;
Gran Principe di Tver;
Gran Principe di Yougoria;
Gran Principe di Permia;
Gran Principe di Vyatka;
Gran Principe di Bulgaria etc;
Feudatario e Gran Principe della Piccola Novgorod;
Feudatario e Gran Principe di Chernigov” (vedi fig. 14.82).
Fig. 14.80. Un'immagine del Grande Sigillo di Stato Russo attribuito a "Ivan il Terribile". Tratto da [550], pagina 93.
Dobbiamo immediatamente segnalare i due maggiori Grandi Principati che divennero indipendenti dall’Impero Russo sotto i Romanov - Bulgaria (vedi figg. 14.83 and 14.84) e Yougoria, o Ugoria (vedi figg. 14.85 e 14.86), entrambi Gran Principati. Esistono ancora oggi; il rprimo ha mantenuto il suo nome laddove Yougra, o Yougoria (Ugoria) è l’antica parola Russa per Ungheria. Ricordiamo che gli Ungheresi del Danubio come molta altre genti parlano lingue Ugro-Finniche, e si riferiscono a una stessa nazione Ugrica ([797], pag. 1368). Sebbene le nazioni Ugro-Finniche siano sparse su tutta l’Eurasia la storia del Medio Evo conosce un’unica nazione Ugrica abbastanza vasta e di grande potenza militare e cioè l’Ungheria. Perciò questo paese sembra essere rappresentato nello stemma imperiale Russo a datare dal XVI secolo come uno dei Grandi Principati inclusi nel Grande Impero "Mongolo". Ricordiamo che troviamo anche la Bulgaria, che era anch’essa un tempo un Gran Principato del Grande Impero "Mongolo"secondo lo stemma dell’Impero del XVI secolo, qv in fig. 14.78.
Fig. 14.81. Grande sigillo dello Stato dellImpero Russo risalente alla fine del XVII secolo. Il disegno è tratto dal diario di Korb, che aveva accompagnato l'inviato degli Hasburgo a Mosca nel 1698-1699. I sigilli che vediamo sulle ali dell'aquila appartengono alle seguenti città e province, da sinistra a destra: Kiev (Kiovia), Novgorod (Novogradia), Astrakhan (Astrakan), Mosca (Moscou), Siberia (Siberia), Kazan (Casan) e Vladimir (Volodimiria). I sigilli che si vedono nell'ovale sono i seguenti (disposti in senso orario): Pskov (Plesco), Tver (Tweria), Podolsk (Podolia), Perm (Permia), Bulgaria (Bologna), Chernigov (Czernichow), Polotsk (Polotskij), Yaroslavl (Ijaroslafskij), Oudoria (Oudoria), Condia (Condinia), Mstislav] (Mstislafskij), Iveria (Iweria), Kabardinia (Cabardinia), Cherkassian e Gorian lands (Car Kaskij & Iugoria), Kartalinia (Car talinensium), Svezia (Scweia), Vitebsk (Vitepskij), Obdoria (Obdoria), Byeloozero (Bieloserskij), Rostov (Rostofskij), la terra di Novgorod-Nizovsk (qui non abbiamo letto la leggenda), Vyatka (Vijatskij), Yougoria (Ugoria), Volynsk (Volinia) e Smolensk (Smolensco). Tratto da [162], pagina XI (disegno), pagine VI-VII (legende interpretate).
Prima di procedere oltre sottolineiamo che l’intero Grande Impero "Mongolo" si presume fosse diviso in 12 regni, o distretti, che dovevano essere i più grandi e importanti. È probabile che siano riflessi nella Bibbia con le 12 tribù di Israele, qv in Chron6 . Proprio queste 12 tribù di Israele, o Eserciti Teomachisti, si erano stanziati in giro per il mondo dopo la conquista della nuova “terra promessa” ovvero il Sud e l’Ovest d’Europa, Africa, Asia e America. Come risultato tutti questi territori divennero parti dell’Impero che divenne molto più centralizzato dal XV secolo in avanti.
Naturalmente alcuni dei regni o province elencati sopra appartenevano inizialmente alla Russia o Orda come la Grande Novgorod il cui stemma è perfettamente e correttamente unito a quello di Mosca e Vladimir, o i Regni di Kazan e Astrakhan, il Gran Principato di Smolensk e così via.
Comunque non si può non rispondere a una domanda fondamentale che deve essere fatta a questo proposito. Secondo la nostra ricostruzione il Grande Impero "Mongolo" includeva le terre del Sud e Ovest Europa specialmente dopo la seconda conquista Ottomana = Ataman del XV secolo, come Constantinopoli, che cadde nelle mani degli Ottomani (gli Ataman). Questo significa parti dell’Asia Minore, Egitto e parecchi paesi vicini.
Fig. 14.82. Scrittadal sigillo di Ivan il Terribile che risale al XVI secolo. Sistemato da M. I. Grinchouk.
Li vediamo più nello stemma Imperiale Russo del XVI secolo? C’è una contraddizione tra i fatti reali e la nostra ricostruzione? No – al contrario vedremo un certo numero di fatti interessanti più avanti che confermano la correttezza della nostra ricostruzione.
20.3. La Grande Permia ricordata nelle Cronache Russe e rappresentata nello stemma che data al XVI secolo. La vera localizzazione di Permia
Facciamoci una semplice domanda. Può essere che tutti i nomi che troviamo negli stemmi Russi o “Mongoli” del XVI secolo significhino lo stesso che significavano allora? Abbiamo già ricordato Bulgaria e Yougra, che gli storici Romanoviani non sanno localizzare da nessuna parte sulle carte del XVI secolo laddove noi immediatamente le abbiamo indicate come Bulgaria e Ungheria.
Fig. 14.83. Lo stemma Bulgaro del sigillo di Ivan il Terribile. Tratto da [568], pagina 160.
Figura 14.84. Stemma Bulgaro sul sigillo di Stato dell'Impero Russo. Tratto da [162], pagina XI.
Figura 14.85. Lo stemma Yougoriano (Ungherese) sul sigillo di Ivan il Terribile. Tratto da [568], pagina 160.
Figura 14.86. Stemma di Yougoria (Ungheria) sul sigillo di Stato dell'Impero Russo. Tratto da [162], pagina XI
Figura 14.87. Lo stemma di Perm = Germania e Austria sul sigillo di Ivan il Terribile. Tratto da [568], pagina 160.
Fig. 14.88. Lo stemma di Perm = Germania e Austria sul sigillo di Stato dell'Impero Russo. Tratto da [162], pagina XI.
C’è ben altro. Ci sono diversi esempi più luminosi. Due altri Grandi Principati del XVI secolo rappresentati nell’antico stemma Russo e cioè Permia e Vyatka appaiono solo nelle carte dell’Impero Russo Romanoviano alla fine del XVIII secolo – lo stesso anno, nel 1781. Prima di tutto non ci sono mai state aree con quei nomi a Est del Volga, che è dove gli storici Romanoviani le collocano oggi.
Cominciamo con Permia (vedi figg. 14.87 e 14.88). Le antiche cronache Russe la menzionano molto spesso, raccontando del sua grande potenziale militare e grande ricchezza. Molti autori Scandinavi e Europei Occidentali si riferiscono alla stessa terra sotto il nome di Biarmia. L’opinione che Permia e Biarmia siano la stessa cosa è stata ventilata già da molti commentatori sebbene non sia considerato con un consenso generale (vedi la critica [523], per esempio, a pagg. 197-200). Y. A. Melnikova riassume in questo modo: “Secondo questi dati Biarmia è un ricco paese i cui abitanti sono in possesso di enormi quantità di argento e preziose decorazioni. Comunque i Vichinghi non sono sempre capaci di portarsi via il bottino poiché i Biarmiani sono piuttosto combattivi e capaci di resistere agli aggressori” (ibid, pag. 198). I moderni storici non riescono a trovare un’unica opinione sulla localizzazione della famosa Biarmia, o Permia, da nessuna parte sulla mappa Scaligeriana dell’Europa medievale. Un interminabile dibattito scientifico sul tema può essere letto, per esempio, su [523] (pagg. 197-200).
Torniamo alle cronache Russe. Si presume che la terra di Permia fu conquistata divenendo parte della Russia solo nel XV secolo. Questo lo fa coincidere con la conquista Ottomano = “Ataman”. Gli storici di oggi cercano anche di convincerci che Permia fosse il nome che le cronache Russe usavano per il “territorio ad Ovest degli Urali, lungo i fiumi Kama, Vychegda e Pechora popolati dai Komi (a cui ci si riferisce come Permia, i Permiayaks o gli Ziriani nelle cronache)” ([85], Volume 32, pag. 511). La Grande Permia si presume perciò fosse una distante provincia imperiale che si trovava nella landa selvaggia che si trova per la maggior parte tra gli Urali e il Volga. Come vedremo sotto, questa affermazione fatta dagli Storici Romanoviani non ha alcun riscontro e risulta essere una delle “attività Romanoviane” nella creazione di una “storia autorizzata”della Russia.
Inoltre, secondo le cronache Russe, la terra di Permia confinava con la Yougra, o Ungheria. Viene riportato quanto segue:
“I nativi di Novgorod, che mandavano carovane commerciali e eserciti nella terra di Yougra… facevano pagare un contributo ai Komi [la nazione di Permia nell’originale poiché le cronache non si riferiscono ai Komi da altre parti - Aut.]. Dal XIII secolo in avanti la terra di Permia è nella lista dei domini di Novgorod; la gente di Novgorod utilizzava i suoi capi militari e l’aristocrazia locale per la raccolta dei tributi. I principi locali esistevano ancora e mantenevano un certo grado di indipendenza... la terra fu battezzata Cristiana da Stefano di Permia (Che aveva… fondato la Diocesi di Permia nel 1383 e compilato un alfabeto per lo Ziriano)” ( [85] , Volume 31, pag. 511).
“Nel 1434 Novgorod fu costretta a dare parte dei tributi raccolti dalla Terra di Permia a Mosca... Nel 1472 la Grande Permia... diventa una provincia di Mosca... i principi locali diventavano così vassalli del Gran Principe” ([85], Volume 32, pag. 511).
Perciò viene detto che la Terra di Permia aveva principi propri fino al XV secolo, che erano di fatto indipendenti e aveva il suo proprio vescovo e il suo proprio alfabeto. Lo stesso nome (Grande Permia) indicava il fatto che questa provincia dell’Impero fosse in qualche modo speciale – non si può proprio dire che ogni provincia dell’Impero “Mongolo” sia stata conosciuta come “La Grande”.
Vediamo cosa potrebbe aver indotto gli storici Romanoviani a dichiarare che le terre adiacenti al Fiume Kama e popolate dai Komi siano da identificare come la Grande Permia come riferito nelle cronache. Sottolineiamo inoltre la similarità tra i nomi “Komi” e “Kama”.
Dobbiamo incominciare con l’osservazione che i gruppi etnici a cui ci si riferisce oggi come Komi, i moderni abitanti dei territori adiacenti al Fiume Kama non si riferivano a loro stessi come Permiayaki, né Ziriani. Si scopre che entrambi i nomi gli furono dati dai Romanov, evidentemente presi dalle cronache Russe, come il nome della città di Permia – semplicemente un villaggio fino al 1781, conosciuto precedentemente come Yegoshikha e non Permia, qv sotto. Persino il villaggio fu fondato nel XVII secolo. Come hanno fatto i funzionari Romanoviani a identificare la famosa Grande Permia del XIV-XVI secolo, descritta estesamente nelle cronache Russe con il villaggio di Yegoshikha, fondato nel XVII secolo? Perché lo rinominarono Permia? Perché gli ignari abitanti del luogo ricevettero il nome importante di Permiayaki e Ziriani? Che ne è stato del famoso Alfabeto Permiano inventato da Stefano di Permia? Dopo tutto la nazione Komi non fu alfabetizzata fino alla rivoluzione del 1917 come viene detto chiaramente nell’enciclopedia. (vedi [85], Volume 22, pag. 146).
Secondo un’altra fonte ([485], pag. 232), nel XVII secolo i Komi utilizzarono un alfabeto basato sul Cirillico e non quello introdotto da Stefano di Permia.
Più avanti troviamo: “I Komi (che si riferiscono a sé stessi come Komi o Komiyas) erano conosciuti come Ziriani nella Russia Zarista [Romanoviana, ovviamente - Aut.] Russia. La popolazione dei Komi era formata da 226,300 individui secondo i dati del 1926” ([85], Volume 22, pag. 138).
“La nazione dei Komi non ha conosciuto il commercio a lungo... nel XVII secolo c’erano solo due grandi insediamenti nell’intera regione, Yarensk e Touria, e solo un villaggio per i commerci – Touglim… Il commercio non si sviluppò fino al XVII secolo; nel XVIII secolo prosperò e presero avvio numerosi mercati locali” ([85], Volume 22, pag. 142).
“Prima della rivoluzione non c’era stampa nazionale nella terra dei Komi” ( [85] , Volume 22, pag. 146). Non c’era nemmeno la stampa in Russia. È solo dopo la rivoluzione del 1917 che “una struttura poligrafica fu creata in Komi per la produzione di libri, riviste, giornali in Russo e nel linguaggio Komi” ([85], Volume 22, pag. 146).
“Il fondatore della letteratura Komi è… il poeta ed educatore I. A. Kouratov (1839-75)” ([85], Volume 22, pag. 146). Comunque Kouratov scriveva in Russo ([85], Volume 22, pag. 147). Il perché è facile da capire in quanto la nazione Komi non possedeva letteratura all’epoca.
“Il linguaggio dei Komi e degli Ziriani, conosciuto anche come linguaggio Komi è parlato dal gruppo etnico conosciuto come Komi (precedentemente Ziriani)… Ci sono circa 220,000 persone che lo usano e la cui varietà letteraria si è formata… dopo la rivoluzione, sulla base del dialetto di Syktyvkar e Vychegda, che ricorda gli altri dialetti dei Komi e degli Ziriani parlati nell’area” ( [85] .Volume 22, pag. 149).
Abbiamo quindi familiarizzato con i dati riguardanti la nazione dei Komi che si presume fossero gli Ziriani secondo quanto raccontato dalle cronache dei Romanov. Un altro gruppo etnico dei Komi collegato a questi faceva la parte dei Permiayaki. In entrambi i casi la popolazione locale non si è mai preoccupata di imparare i nomi ricevuti dai Romanov e ha continuato a riferirsi a se stessa come i Komi.
“I Komi Permiayaki (che chiamano se stessi Komi e anche “Komi-Mort”, “Komi Man”, e “Komi-Otir”, “Gente Komi”, erano conosciuti come Permiayaki in Russia prima della rivoluzione [sotto i Romanov - Aut.]... Secondo i dati del 1926, la popolazione Komi era di 149,400 individui. Il linguaggio e la cultura dei Komi Permiayaki sono molto simili a quelli dei Komi Ziriani... I Komi Permiayaki sono stati influenzati dalla cultura Russa dal XIV secolo o forse anche prima” ([85], Volume 22, pag. 150).
Dagli inizi del XX secolo, “I Komi Permiayaki sono stati una nazione minoritaria... fino a perdere completamente la propria identità nazionale… Durante il periodo del regime Sovietico il linguaggio letterario e l’alfabeto vennero creati.” (ibid). “La lingua dei Komi Permiayaki... è parlata da circa 149,000 individui. La versione letteraria della lingua venne alla luce… dopo la rivoluzione, basandosi su un dialetto inventato” (ibid, pag. 153).
Oggi ci viene detto che sia stato molto difficile rendere i Komi Permiayaki parte dello Stato Russo. Infatti, “il territorio dei Komi Permiayaki (cui ci si riferisce come Grande Permia’ nelle fonti Russe) divenne parte della Russia nel XV secolo” (ibid, pag. 1 50). In altre parole, secondo l’interpretazione Romanoviana delle cronache Russe, la Russia dell’Orda era riuscita a conquistare i Permiayaki aspramente resistenti o Komi, nell’epoca della Conquista Ottomano = Ataman facendo diventare le loro desolate terre parte dell’Impero. Dopo di ciò lo “Stemma di Permia”fu incluso tra i 12 stemmi che corrispondevano alle principali provincie dello stemma Russo – con una grande cerimonia si può supporre. L’orgoglioso titolo di “Gran Principe di Permia” si supponeva ereditato dagli Zar, o Khan, di Vladimir, Mosca e Novgorod dall’ipotetico sovrano del lontano villaggio di Yegoshikha (a essere precisi nemmeno il villaggio esisteva fino al XVII secolo, come già detto). Non ci sono tracce del nome Permia da nessuna parte in quest’area fino al XVIII secolo.
Questo è ciò che sappiamo della moderna città di Permia: il precedente villaggio ricevette questo orgoglioso nome nel XVIII secolo e questo deve essere stato il più grande insediamento che i Romanov abbiano trovato qui – nemmeno una cittadina!
“La città fu fondata sul sito del precedente villaggio di Yegoshikha, la cui fondazione data all’inizio del XVII secolo. Nel 1723 fu costruito qui un impianto per lavorare il rame e il villaggio vicino fu rinominato Permia nel 1781 e divenne il centro della provincia di Permia” (ibid, pag. 154).
Il nome “Permiayaki” non prese piede dopo la caduta dei Romanov. Gli abitanti locali ancora si ricordavano il nome precedente di Komi (o gente dell’area di Kama). L’Encyclopaedia Sovietica definisce Permiayaki come “un nome obsoleto dei Komi-Permiayaki, un gruppo etnico” ([85], Volume 32, pag. 517).
Perciò, la popolazione locale non si identifica col nome “Permiayaki” e preferisce chiamarsi “Komi”. La città di Permia fu “fabbricata” fuori dal villaggio di Yegoshikha alla fine del XVIII secolo. Perché avrebbe dovuto la Grande Permia delle cronache identificarsi con le terre Komi oggigiorno? È probabile che non sia così – i moderni Komi-Permiayaki secondo i Romanov rappresentavano un’altra nazione. Il motivo di un simile scambio è ovvio – nascondere il significato che realmente aveva il nome Grande Permia nel XVI secolo quando era ancora una provincia del Grande Impero Russo “Mongolo”.
Ora possiamo formulare la nostra ricostruzione. La vera Grande Permia medievale riflessa dalle cronache risulta essere la Germania del Sud (senza la Prussia), l’Austria e il Nord Italia.
L’antica città di Parma esisteva già nel Nord d’Italia; il suo nome suona molto simile a Permia. Come per Vienna, la capitale d’Austria troviamo qui la Cattedrale di Santo Stefano – una delle più grandi d’Europa. Il nome stesso di Germania (GRM senza le vocali) è una possibile versione del nome BJRMA (Biarma), da noi conosciuta attraverso le fonti Scandinave medievali ([523], pag. 197). Come abbiamo già detto, Biarma e Permia sono probabilmente la stessa cosa. Ricordiamo al lettore che il nome Germania veniva anche trascritto come “Jermanie” nel Medio Evo ( [517]; vedi Chron5 per maggiori dettagli). Perciò B-Jarma, o Biarma, e Jermanie (Germania) devono essere versioni dello stesso nome.
Questo spiega perché l’alfabeto di S. Stefano (Stepan) sia scomparso dalla storia Romanoviana del villaggio di Yegoshikha senza lasciare traccia. Non è che i Komi da oltre il Volga, più tardi soprannominati Permiayaki, avessero avuto difficoltà a impararlo e a mantenerlo ma piuttosto S. Stefano lo aveva inventato e insegnato da un’altra parte - ossia, Austria, Germania e Nord Italia ed è per questo che rimane nella memoria grata della popolazione locale. L'enorme Cattedrale di S. Stefano a Vienna fu costruita in suo onore. Perciò S. Stefano e Stepan deve aver insegnato il suo alfabeto agli Europei nel XIV secolo che è realmente un epoca antica nella nostra ricostruzione. Dobbiamo anche notare che sembra essere stato il primo Vescovo di Permia da cui il titolo - “Stefano della Grande Permia” ([936], Volume 2, pag. 635).
A proposito, potrebbe Stefano, o Stepan, aver inventato l’alfabeto Romano, che si sarebbe poi propagato attraverso molti altri paesi dell’Europa Occidentale utilizzato dal Latino, stimato linguaggio dei medici, raffinata letteratura e Catechismo e quindi dichiarato “antichissimo” nel XVII secolo e attribuito a grandi autori come Tito Livio come loro linguaggio nativo? Di fatto, questi ultimi appaiono essere vissuti nel XVI-XVII secolo d.c. Lo stesso si può dire di Giulio Cesare – un famoso imperatore Romano “Antico” la cui vita non precede il XII secolo d.c.
L’identificazione della Grande Permia come descritta nelle cronache come Germania medievale rende una delle storie di Karamazin, precedentemente ritenuta piuttosto strana, perfettamente plausibile e ovvia. Karamazin seguiva alcune antiche fonti ed evidentemente non riuscì a capire che erano relative al periodo. Riporta il seguente fatto sorprendente: “L’espansione Mongola continuò e gli invasori aveano raggiunto Permia attraverso la Bulgaria di Kazan; molti dei Permiayaki fuggirono spaventati verso la Norvegia” ([362], Volume 4, Capitolo 2, Colonna 58). Anche un solo veloce sguardo alla cartina è sufficiente per capire quanto sia improbabile tutto ciò considerando la Grande Permia come la città moderna sulle rive del Kama. Scappare in America partendo da lì sarebbe altrettanto facile; comunque, identificando la Grande Permia come Germania ogni cosa diventa chiara – i rifugiati dalla Germania avrebbero potuto attraversare uno degli stretti che separavano la Germania e la Scandinavia e finire in Svezia o Norvegia.
20.4. La terra di Vyatka descritta nelle cronache Russe e rappresentata negli stemmi dell’Orda del XVI secolo. La reale posizione di Vyatka
Nello stemma Russo del XVI secolo, Vyatka viene subito dopo Permia (vedi figg. 14.89 and 14.90). Inoltre le cronache Russe riferiscono che Yougra, Permia e Vyatka sono aree confinanti e questo è il motivo per cui gli storici Romanoviani le raggrumarono tutte grossomodo nella stessa area mentre cercavano di cancellare ogni traccia della Grande Conquista “Mongola” dell’Europa Occiedentale tra il Volga e gli Urali dalla storia documentata e dalla memoria umana – e quest’area sono le boscose lande selvagge tra il Volga e gli Urali. Poiché abbiamo già identificato ciò che veniva descritto nelle antiche cronache come Grande Permia come Austria, Germania del Sud e Italia del Nord, la storica Vyatka doveva essere lì vicino. E infatti è così. Comunque, prima di dimostrarlo, domandiamoci come mai la città Russa che si trova tra il Volga e gli Urali oggi porti questo nome glorioso.
Secondo l’Enciclopedia Sovietica, “Vyatka... fu fondata dagli abitanti di Novgorod alla fine del XII secolo come città di Khlynov... nel XV-XVII secolo Khlynov, o Vyatka, era stata un importante centro commerciale. Dopo l’introduzione della reggenza di Vyatka nel 1781 , Klynov fu rinominata Vyatka” ([85, Volume 9, pag. 584). E così scopriamo che la città di Vyatka non è mai esistita tra il Volga e gli Urali – la città di cui si parla era conosciuta come Khlynov, e nominata piuttosto spesso delle cronache Russe. Il nome Vyatka è un’innovazione del XVIII secolo; Evidentemente il fiume che scorre da queste parti incominciò a essere conosciuto come Fiume Vyatka nello stesso periodo, sebbene avrebbe potuto essere naturalmente conosciuto con quel nome prima (il nome si traduce “ramo” o “tributario”) , specialmente considerando come i suoni YA e YE siano in costante flusso come è tipico della struttura dei dialetti e delle lingue Slave. La parola “vetka” è davvero un nome adatto a un fiume e ci sono effettivamente fiumi chiamati Vetka, Vetlouga etc.
Figura 14.89. Lo stemma di Vyatka = Spagna e Italia sul sigillo di Ivan il Terribile. Tratto da [568], pagina 160.
Fig. 14.90. Lo stemma di Vyatka = Spagna e Italia sul sigillo di Stato dell'Impero Russo. Tratto da [162], pagina XI.
Questo va bene ma che connessione c’è con la storica terra di Wyatka descritta dalle cronache?
Anche lì l’enciclopedia riporta come “la terra di Vyatka sia l’area superiore del Vyatka (e parzialmente anche del Medio Vyatka) popolata dagli Udmurti e dai Mari e fondata dalle genti di Novgorod alla fine del XII secolo. La principale città di Vyatka era stata Khlynov e le altre città principali Kotelnich, Nikoulitsyn, Orlov e Slobodskoi. Nel 1489 la Terra di Vyatka fu unita al Principato di Moscovia. Alla fine del XVIII secolo Vyatka divenne parte della provincia di Vyatskaya” (ibid).
“Prima della Rivoluzione... Vyatka era stata un centro regionale essendo le sue industrie principali piccole attività artigiane… I reperti architettonici sopravvissuti comprendono la Cattedrale Ouspenskiy (1689), case classiche del tardo XVIII – inizio XIX secolo, un portale, due padiglioni e una recinzione in ferro del parco cittadino fatta dall’architetto A. L. Vitberg, che visse a Vyatka in esilio degli anni 1835-40” ([85], Volume 21, pag. 114). Perciò i reperti storici sono scarsi e sporadici in questa regione.
C’è qualche reperto che si possa far risalire alle guerre medievali che le cronache descrivono come le famose “Guerre contro la terra di Vyatka” da qualche parte nella moderna regione di Vyatka? Niente del genere – Da quanto si può vedere la prima costruzione di Khlynov, più tardi chiamata “Vyatka”, è una cattedrale della fine del XVII secolo.
Come nel caso della strorica Terra di Permia dobbiamo cercare il candidato più probabile il cui stemma abbia adornato le Insegne dell’Orda o Impero Russo nel XVI secolo. È abbastanza facile.
Figura 14.91. Mappa della Svizzera attribuita all'"antico" Tolomeo. Dalla geografia di Tolomeo. Tratto da [1353], mappa 33.
Poiché ci stiamo preoccupando degli eventi del XV-XVI secolo d.c., atterriamo nell’ “antichità” come suggerisce la nostra ricostruzione. È perciò perfettamente naturale per noi rivolgersi al famoso “antico” trattato di Strabone. Quest’opera gigantesca è una collezione di molti dati che si riferiscono alla geografia dei paesi dell’ “Età Classica” o il XIV-XVI secolo d.c. come si inizia a capire oggi.
Rivolgiamoci all’indice geografico nella edizione fondamentale dell’opera di Strabone ([819]). Questo è quanto ci dice: “Betica, una regione dell’Iberia; Betius, una città in Iberia; Betius, o Betis (conosciuta oggi sotto il nome di Guadalquivir) – un fiume in Iberia” ([819], pagg. 853-854). Iberia si identifica con la Spagna il che ci conduce alla conclusione che la terra storica di Vyatka descritta nelle cronache sia la Spagna medievale del XIV-XVI secolo.
In più, lo stesso indice geografico contiene una voce a proposito di “Vatica, una città in Campagna” ([829], pagg. 852 e 856). È anche conosciuta come Bagli (ibid). Dobbiamo ricordare al lettore che B e V sono spesso soggette a flessione e che il suono V in molte parole e nomi Slavi diventa B nella versione Occidentalizzata. Campania si trova nell’Italia Centrale come il Vaticano, il cui nome contiene le consonanti radice VTK. Perciò il Vaticano “Mongolo” in Italia è il candidato ideale per il centro di Vyatka descritto nelle cronache e il cui stemma era incluso nell’insegna Imperiale Russa (o “Mongola”) del XVI secolo.
A parte la regione di Betica (o Vyatka), Strabone cita la Vettonia come parte dell’Iberia ([819], pag. 856). Un altro nome medievale che consegue un nuovo significato è quello di Helvetia Prima, che vediamo nelle carte medievali dell’Europa Occidentale come la carta della Geografia di Tolomeo, per esempio ([ 1353], vedi fig. 14.91). Il paese che vediamo nella carta è la Svizzera. Il nome Helvetia contiene una radice cirtualmente identica a “Vyatka”, laddove “Prima” deve essere in relazione con Permia in qualche modo. Il nome stesso di Helvetia potrebbe semplicemente significare “Vyatka Gallica” - dopo tutto, vediamo la legenda “Helvetica” sopra le monete Svizzere anche al giorno d’oggi. Vetica Gallica, o Vyatka Gallica forse? La Sizzera si trova tra l’Austria (a cui ci si riferisce come Permia nelle cronache), Francia (Gallia nelle cronache) e Italia = Vatican = Vyatka.
Figura 14.92. Sigillo di Tver = Zar-Grad sul sigillo di Ivan il Terribile. Tratto da [568], pagina 160.
Figura 14.93. Sigillo di Tver = Zar-Grad sul sigillo di Stato dell'Impero Russo.
Tratto da [162], pagina XI.
Figura 14.94. Sigillo di Pskov = Prussia sul sigillo di Ivan il Terribile. Tratto da [568], pagina 160.
Figura 14.95. Sigillo di Pskov = Prussia sul sigillo di Stato dell'Impero Russo.
Tratto da [162], pagina XI.
Nel XV-XVI secolo, questi nomi “Mongoli” si riferivano a grandi territori nell’Europa Occidentale che erano stati parte del Grande Impero "Mongolo". Comunque i cartografi e gli storici Romanoviani li hanno successivamente riattribuiti alle parti più spopolate della Russia mentre riscrivevano la loro “autorizzata” storia della Russia medievale. I gruppi etnici locali, conosciuti come Komi erano ancora analfabeti nel XVII secolo, e perciò non notarono un drastico cambiamento della parte da loro giocata nella storia antica, come le grandi gesta attribuite ai loro antenati. Gli Occidentali erano felici di potersi disfare dei nomi che possedevano una spiacevole connotazione per loro nell’epoca Romanoviana e i nomi di Permia e Vyatka sulle insegne della Russia cessarono finalmente di imbarazzare gli storici Romanoviani come i loro colleghi dell’Europa Occidentale.
20.5. Tver nelle cronache Russe e come è rappresentato nelle insegne Russe del XVI secolo
Incontriamo il nome Tver sullo stemma ufficiale del Grande Impero "Mongolo" del XVI secolo (qv in figg. 14.92 e 14.93). A quale città si riferisce? Secondo la nostra ricostruzione la città storica di Tver si identifica con Zar-Grad, or Costantinopoli sul Bosforo - Tiberiade, in altre parole. vedi Chron6, Capitolo 4 per un resoconto più dettagliato.
Per il momento ricordiamo semplicemente che gli stessi storici riconoscono che “Tver è stata un tempo considerata come fosse la nuova Costantinopoli” ([748], pag. 478).
Più tardi, quando gli storici Romanoviani ebbero iniziato la loro campagna per una “nuova” storia, spostarono il nome Tver dal Bosforo al Nord della Russia il che ha reso lo stemma del XVI secolo più accettabile per loro e per i loro colleghi Occidentali.
Ricordiamo ai lettori che la città moderna di Tver non ha tracce di antiche fortificazioni, cittadelle, camere reali o qualsiasi altra costruzione che possa datarsi a prima del XVII secolo, il che dovrebbe suggerirci che la città è sempre stata parte della Russia, localizzata centinaia di miglia lontano dalla linea del fronte più vicino e priva di importanza strategica. In particolare questo significa che la moderna città di Tver non è mai stata la capitale di alcuna nazione indipendente conquistata dall’Impero.
20.6. Pskov = Pleskov = Prussia sulle insegne della Russia, o Orda, nel XVI secolo
È noto che la città di Pskov era nota un tempo anche come Pleskov – per esempio, Karamzin lo riporta in [362], Libro 4, colonna 384, indice geografico. Comunque abbiamo già ripetuto diverse volte che i suoni L e R spesso si confondono tra loro, e Pleskov può quindi significare Preskov, o Prussia. Perciò, la Prussia Occidentale Europea veniva rappresentata nelle insegne Russe del XVI secolo come una delle sue regioni, una tribù Israelita (“Theomachista”) esistente come parte del Grande Impero "Mongolo" (vedi figg. 14.94 e 14.95). Questo fatto si spiega perfettamente con la nostra ricostruzione.
20.7. La disposizione dei 12 regni (tribù) visti sulle insegne Russe del XVI secolo nella carta geografica dell’Europa
Indichiamo i dodici regni o provincie che vediamo sulla faccia frontale delle insegne ufficiali del Grande Impero "Mongolo" risalenti al XVI secolo.
In Chron6 sottolineiamo le connessioni tra queste 12 regni e le famose dodici tribù o colonne di Israele menzionate nella Bibbia. Terminiamo col diagramma che si vede in fig. 14.96. Grandi punti numerati corrispondono alle capitali reali dei dodici regni o tribù che si trovano intorno all’aquila bicefala imperiale dell’Orda, o Russia. La numerazione corrisponde al loro ordine nello stemma del sigillo.
1) La Grande Novgorod incluso Vladimir e Mosca, o la Russia di Vladimir e Suzdal.
2) Il Regno di Kazan.
3) Il Regno di Astrakhan.
4) La terra di Pskov = Prussia, Germania del Nord e Centrale.
5) Il Gran Principato di Smolensk.
6) Il Gran Principato di Tver, o Tiberia, con capitale in Zar-Grad, o Costantinopoli, sul Bosforo.
7) Il Gran Principato di Yougra = Ungheria.
Il Gran Principato di Permia = Germania e Austria.
9) Il Gran Principato di Vyatka = Spagna e Vaticano.
10) Il Gran Principato di Bulgaria.
11) The Land of Nizovsk = Nizhniy Novgorod.
12) La Terra di Chernigov.
Fig. 14.96 mostra i regni dell’Orda (o le Dodici Tribù Bibliche) raggruppate in modo particolare ad eccezione delle ultime due aggiunte allo stemma dopo l’ “etc”.
Il primo gruppo sono i regni del Volga, cioè la Grande Novgorod, Kazan e Astrakhan.
Il secondo gruppo è la Russia dell’Ovest: Pskov, o Pleskov (Prussia) e Smolensk = Russia Bianca o Russia Blu.
Il terzo gruppo è l’Europa Occidentale e Meridionale - Zar-Grad, o Costantinopoli, Ungheria, Austria, Spagna, Italia e Bulgaria.
Il quarto gruppo è composto da due ulteriori principati Russi - Nizhniy Novgorod e Chernigov.
Perciò lo stemma ufficiale del XVI secolo della Russia o Orda , riflette realmente una grande parte del Grande Impero “Mongolo”. Le uniche terre mancanti sono quelle poco sviluppate nel Lontano Est, inclusi i territori Americani qv in Chron6. Quanto detto è in buona corrispondenza con la nostra ricostruzione.
20.8. Lo stemma Romanoviano dal diario di Korb
Nella fig 14.81 rappresentiamo lo stato degli stemmi che datano all’epoca Romanoviana che già appartengono alla fine del XVII secolo (vedi [162], pag. XI, sezione intitolata “Stemmi delle Città Russe: Una Descrizione Storica”). Qui vediamo alcuni altri stemmi da confrontare con lo stemma imperiale “Mongolo” del XVI secolo.
In particolare vediamo alcuni misteriosi regni e principati - Udoriano, Condiano e Obdorano.
A parte questo vediamo i principati di Iberia e Cartalina. Quest’ultimo probabilmente corrisponde alla Georgia mentre il primo corrisponde alla Spagna.
Non stiamo in alcun modo dicendo che la Spagna fosse ancora parte dell’Impero Russo alla fine del XVII secolo, il fatto è che i Romanov hanno adottato il vecchio stemma dell’epoca dell’Orda che conteneva le insegne di tutte le lontane provincie che la Russia aveva posseduto come Orda nel XV-XVI secolo.
Questo stemma “Mongolo” è probabilmente più dettagliato di quello di cui abbiamo parlato nella precedente sezione.
È questo il motivo per cui vediamo famosi regni come quello di Sveia o Svezia, qv in fig. 14.97. Poi abbiamo il Regno Iberico o Spagna, qv in fig. 14.98, seguito dal Regno di Yougoria Yougoria o Ungheria, quindi Bulgaria, ed infine Permia o Austria.
Figura 14.96. La disposizione delle dodici capitali dei regni, che si trovano sul lato anteriore del sigillo di Stato della Russia (l'Orda) risalente al secolo XVI. Tutti questi regni facevano parte del Grande = Impero Mongolo nel XVI secolo. La nostra ricostruzione.
Figura 14.97. Sigillo Svedese (Sveia) sul sigillo di Stato dell'Impero Russo risalente al XVII secolo. Tratto da [162], pagina XI.
Figura 14.98. Sigillo di Iberia (Spagna) sul sigillo di Stato dell'Impero Russo risalente al XVII secolo. Tratto da [162], pagina XI.
Ritorniamo ai tre nuovi nomi dello stemma “Mongolo” - il principato o regno Oudoriano, il Condiano e l'Obdorano Torniamo di nuovo a Strabone, l’ “antico” autore che deve essere vissuto nel XVI-XVII secolo da quanto possiamo capire oggi.
20.9. Le isole Britanniche = Inghilterra o l’isola di Creta come isola Cantiana sullo stemma Russo o dell'Orda
Iniziamo col regno Candiano (vedi fig. 14.99). Pare che Cantius fosse l’antico nome del Kent, il famoso regno medievale sul territorio Inglese ( [819], pag. 876). È qui che arriviamo se attraversiamo il Canale della Manica venendo dal continente – Kent può essere identificato come il “Cancello per l’Inghilterra”.
Come abbiamo già ricordato nella sezione sulla fondazione delle capitali Europee e sulla loro cronologia, le fonti Russe hanno mantenuto la memoria di una certa Isola Candiana presumibilmente situata o nel Mediterraneo o nell'Oceano Atlantico fino al XVII secolo. Evidentemente, il Mediterraneo e l'Atlantico erano considerati di tanto in tanto a quell’epoca un singolo corpo d’acqua. Questo implica che l’Isola Candiana sia semplicemente la Britannia (Isola di Cantius, o Isola del Kent).
È possibile che nel XV-XVI secolo ci si riferisse all’intera Britannia come Cantius da parte dei Khan “Mongoli” o Zar del Grande Impero. A proposito, l’Arcivescovo di Canterbury, o Kent, viene ancora considerato capo della Chiesa di Inghilterra - perciò le fonti ecclesiastiche Russe possono ancora riferirsi all’intera Britannia come Kent, o Candius, nell’epoca dell’Orda che cominciò quindi ad essere riprodotta nello stemma del Grande Impero "Mongolo".
Citiamo brevemente una voce dell’enciclopedia sul Kent: “Canterbury è una città nel Sud-Est dell’Inghilterra (Contea del Kent)... Dopo la conquista Anglo-Sassone della Britannia la città divenne capitale del Regno Kentish. Alla fine del VI secolo d.c. fu fondata la più antica abbazia del paese e fu nominato un vescovo.
Kent divenne la residenza dell’Arcivescovo di Canterbury intorno a questo periodo – capo della Chiesa Cattolica fino al XVI secolo e capo della Chiesa di Inghilterra da allora. Lo stile Gotico Inglese è largamente rappresentato nell’architettura di Canterbury” ([85], Volume 20, pag. 528).
Perciò abbiamo architetture Gotiche nel Kent. Per l’identità dei Goti, in Chron6 diamo un resoconto dettagliato del perché crediamo fossero Cosacchi.
Figura 14.99. Sigillo del Regno di Candia (Inghilterra o Isola di Creta) sul sigillo di Stato dell'Impero Russo. Tratto da [162], pagina XI.
E più avanti: “Kent è una contea in Gran Bretagna, nel Sud-Est dell’Inghilterra vicino allo stretto di Calais… Storicamente è stato popolato dai Beiges (i Volgari o i Bulgari? - Aut.]. Nel I secolo d.c. il Kent fu conquistato dai Romani. La regione del Kent fu la parte più romanizzata della Britannia come provincia Romana. A metà del V secolo fu conquistata dalla tribù Germanica degli Utes che fondarono il loro regno qui. Negli anni 780 il Kent è stato parte del Regno Anglo-Sassone di Mercia e poi Wessex (dal IX secolo in avanti). Dopo il battesimo dei re Kentiani nel 597, il Kent divenne la più importante roccaforte del Cattolicesimo nel paese” ( [85] , Volume 20, pag. 527).
Fig. 14.100. Frammento di una mappa della Grecia risalente al XVIII secolo. La mappa è stata prodotta ad Amsterdam. L'anno della sua compilazione non è indicato da nessuna parte sulla mappa. Carte de la Gréce. Par G. de I’Isle de P Academie R. des Sciences et I. Geog. du Roy. Un Amsterdam Chez R. E I. Ottens Geographes.
È possibile che il nome Utes si riferisca in realtà sempre ai Goti dove Mercia è semplicemente un “paese marino” o l’intera Gran Bretagna. Il Wessex potrebbe essere un derivato di “Messex” poiché gli scribi spesso confondevano la W e la M. La doppia S ha spesso rappresentato il suono SH nei testi medievali il che farebbe leggere la parola Messex esattamente come Meshech, il nome del leggendario patriarca biblico associato con il regno Moscovita. Questo fatto è ben conosciuto e ne relazioniamo in Chron5 e Chron6.
Fig. 14.101. Frammento di una mappa della Grecia risalente al XVIII secolo: un frammento che mostra l'Isola di Creta, che qui si chiama "Candie".
Comunque, l’isola di Candia può essere trovata nel Mediterraneo (anticamente conosciuto come Mar Bianco) in un certo numero di carte antiche – si tratta dell'isola di Creta. È con questo nome con cui ci si riferisce nella carta chiamata “Turchia in Europa” datata al 1714 e compilata da John Senex con informazioni ricevute dalle Società Reali di Parigi e Londra. Una delle copie della carta è conservata nell’archivio del Museo di Belgrado in Serbia; è qui che A. T. Fomenko la vide nel 1997. L’isola di Creta è chiamata Candia in questa carta, così come la capitale dell’isola. Il nome Creta è del tutto assente
Fig. 14.102. Stemma dell'Obdora (città o regione di Betica in Spagna) in alternativa, Abdera in Tracia (Francia) sul sigillo di Stato dell'Impero Russo risalente al XVII secolo. Tratto da [162], pagina XI.
Fig. 14.103. Sigillo di Oudora (le terre adiacenti al fiume Oder in Germania e in Polonia) sullo stemma statale dell'Impero Russo risalente al XVII secolo. Tratto da [162], pagina XI.
Sottolineiamo che al Mediterraneo ci si riferiva esplicitamente come al Mar Bianco in alcune fonti medievali. Per esempio nel “Note di un Giannizzero”, presumibilmente scritto nel XV secolo da un giannizzero di Ostrovitsa chiamato Konstantin Mikhailovich ([424]). Queste note sono chiamate anche “Cronache Turche”.
20.10. Obdora nello stemma Russo e l’ “antica” Abdera nella Betica in Spagna
Gli storici Romanoviani dichiarano che il principato di Obdora rappresentato sullo stemma Romanoviano, qv in fig. 14.102, è una qualche area nel Nord-Est della Russia, dove si presume siano localizzati i principati medievali di Permia, Vyatka e Candia ( [ 162] , pag. 29, articolo intitolato “Stemmi Territoriali: Basi di Araldica”.
Abbiamo già visto Permia, Vyatka e Candia, che possiamo identificare come ben conosciuti paesi dell’Europa Occidentale.
Comunque, in questo caso, la misteriosa Obdora “Mongola” deve trovarsi da qualche parte nell’Ovest o Sud dell’Europa. Riferiamoci ancora all’ “antico” Strabone.
Troviamo numerosi citazioni della città di Abdera in Betica, o Spagna. Troviamo anche Abderes in Tracia ( [819] , pag. 837). In questo caso la misteriosa Obdora dello stemma dello stato Russo o “Mongolo” viene identificata come una città o un’intera provincia in Spagna o Tracia – o magari Francia, se ricordiamo che fu chiamata Tracia in un certo periodo.
Fig. 14.104. Sigillo dell'Impero Russo nel 1882-1917. Tratto da [622], pagina 542. Cfr. anche [134], pag. 132.
20.11. Il misterioso principato di Oudora sullo stemma Russo e il Fiume Odra in Germania
Gli storici Romanoviani non riescono a indicare il Principato di Oudora da nessuna parte nelle insegne della Russia medievale (vedi fig. 14.103).
Nel sigillo del diario di Korb (fig. 14.81) il suo stemma può essere visto tra quelli di Yaroslavl e Condia.
Nello stemma Imperiale l’insegna di Oudora è vicina a quella di Pskov e Smolensk sul terzo scudo nella fila in cima con sei scudi (vedi fig. 14.104).
In fondo vediamo lo stemma Oudorano; Pskov è al centro, e Smolensk sulla sinistra.
Tutto ciò ci porta a suggerire che le terre “Mongole” di cui parliamo siano territori adiacenti il Fiume Odra, dove troviamo il confine tra Polonia e Germania oggi.
20.12. La nostra ricostruzione
Fig. 14.105. Mappa dell'Europa pubblicata in Gran Bretagna nel 1877. Parte sinistra della mappa. La Russia è dipinta come un polpo respingente che allunga i suoi tentacoli verso le nazioni civili dell'Europa e dell'Asia, intenzionate a divorarle. Come ci rendiamo conto oggi, questa paura della Russia da parte dell'Europa Occidentale risale a molto tempo indietro nella storia. Presa dall'atlante "Arte della cartografia" ([1160], pagg. 337-338).
Fig. 14.106. Mappa dell'Europa pubblicata in Gran Bretagna nel 1877. Parte destra della mappa che raffigura la "Russia mostruosa". Secondo il commento, "Il polpo — Russia — smemorata per la ferita ricevuta in Crimea, sta allungando i suoi tentacoli in tutte le direzioni... [in riferimento alla guerra in Crimea combattuta nel bel mezzo del XIX secolo — Auth.]". Tratto da [1160], pagine 337-338.
Formuliamo la nostra idea che espandiamo ulteriormente in Chron6.
1) Nella seconda metà del XVI secolo una ribellione incominciò in Europa; è da noi conosciuta oggi come la Riforma. La rivolta fu più politica che ecclesiastica e il suo obiettivo era l’indipendenza dal dominio del Grande Impero “Mongolo”.
2) Lo Zar, o Khan dell’Orda che regnava nell’epoca di questi eventi drammatici viene riflesso in molte cronache sotto diversi nomi, come Ivan il Terribile, Carlo V (o semplicemente “il Quinto Re” o Nabucodonosor, Re di Assiria e Babilonia come descritto nella Bibbia.
3) Il grande Zar o Khan della Russia (Orda) non cercò di mantenere l’integrità del Grande Impero “Mongolo” nel XVI secolo. Grandi disordini incominciarono nel suo centro, come raccontano i libri di Ester e Giuditta. Come risultato l’Impero si frammentò. Nel XVII secolo l’Europa divenne indipendente dall’Impero. Comunque questo non era sufficiente poiché i riformatori erano consapevoli che i disordini non potevano essere permanenti e che l’Impero poteva tentare una nuova espansione. Per prevenire questo avevano bisogno di mettere un cuneo tra le parti più potenti del precedente Impero - Russia, o Orda e l’Impero Ottomano (Ataman). Questo fu fatto dalla dinastia filo Occidentale dei Romanov che iniziò una serie di guerre contro la Turchia. I governanti Occidentali Europei che erano appena divenuti indipendenti e facevano del loro meglio per mantenere l’indipendenza, poterono riprendere fiato.
4) I diritti delle nuove dinastie appena arrivate al potere con la riforma avevano bisogno di giustificazioni. Questo, come anche l’euforia per la liberazione dal gioco Scita fu la prima causa della riscrittura della storia – questo processo non fu molto pubblicizzato ma avanzò nella maniera più spedita immaginabile nell’Europa Occidentale del XVI-XVII secolo. I Romanov incominciarono un processo simile in Russia. Perciò la storia fu divisa in due parti, prima e dopo il XVII secolo. Il primo venne distorto al massimo; la motivazione primaria era liberarsi da ogni traccia del Grande Impero "Mongolo" della Russia e dell’Orda. L’euforia per la liberazione dal Grande Impero "Mongolo" era enorme e permeava l’intera Europa Occidentale con alcuni echi emergenti nel XIX secolo. Un dettaglio minore ma esplicativo è la carta d’Europa pubblicata in Inghilterra nel 1877 qv in figg. 14.105 e 14.106. La carta è conservata nel British museum; una sua riproduzione fu inclusa nell’Atlante fondamentale intitolato “L’Arte della Cartografia” ([1160], pagg. 337-338). la Russia viene rappresentata come un gigantesco e repellente Kraken che si allunga sull’Europa; tutti gli altri paesi sono rappresentati in modo più piacevole. La tradizione agitprop può essere rintracciata in alcuni stereotipi Occidentali medievali a noi noti come la Cronaca di Matteo di Parigi, per esempio ([1268]; vedi Chron4, Capitolo 18:17). Matteo utilizza tutto il suo peso per dichiarare che “i Mongoli e i Tartari bevono solo acqua quando non trovano sangue fresco” ( [722], pag. 240).
Fig. 14.107. Sigillo di Yaroslavl sul sigillo di stato della Russia risalente al XVII secolo. Un orso con un protasano, o la mezzaluna Ottomana su un palo lungo. Il diario di Korb. Tratto da [162].
Fig. 14.108. Lo stemma Byeloozero sul sigillo di Stato Russo risalente al XVII secolo. Una mezzaluna Ottomana con una croce (o una stella). Il diario di Korb. Tratto da [162].
5) Una campagna su larga scala per correggere le cronache antiche iniziò nel XVII secolo, quando le nuove “autorizzate” versioni della storia rimpiazzavano le vecchie. Le cronache più evidentemente “eretiche” venivano distrutte così come le versioni più radicali della Bibbia mentre altre venivano riscritte. Lavori letterari freschi di stampa vennero dichiarati “antichi” e quindi di grande autorità. Eventi spiacevoli e imbarazzanti vennero datati a epoche fantomatiche del passato remoto e alcuni dei loro termini chiave vennero alterati nel significato come “Cattolicesimo”, “Impero”, “La Riforma” ecc. Gli eventi precedenti il XVII secolo vennero largamente rimaneggiati dagli editori del XVII-XVIII secolo e sono estremamente difficili da ricostruire oggi.
21 . L’ANTICO STEMMA DI YAROSLAV RAPPRESENTANTE UN ORSO CON UNA ASTA COSACCA CON SULLA CIMA UNA MEZZALUNA OTTOMANA.
Queste aste erano considerate simbolo di potere in tutta Europa fino al XVII secolo
Abbiamo già visto la mezzaluna Ottomana, ossia Ataman su molti antichi stemmi. Questo non è oggi perfettamente compresnibile a causa della riforma storica e geografica lanciata dai Romanov alla fine del XVIII secolo. Gli usurpatori istigarono una seconda ondata di ridenominazione di massa relativa in particolare a stemmi cittadini e regionali. Come risultato la mezzaluna Ottomana (Ataman) svanì dagli stemmi Russi. Abbiamo già parlato della prima ondata di di ridenominazioni che aveva afflitto la storia Russa del XVII secolo. Evidentemente non era stata sufficiente e così i Romanov decisero di ottimizzare la storia Russa rifinendola in qualche modo. Bisogna fare attenzione al fatto che numerosi stemmi sono stati introdotti intorno al 1781 e spesso modificati anche drasticamente come si può vedere sopra nella sezione degli stemmi delle città Russe (Chron4, Capitolo 10:2; anche [ 162] ). Bisogna anche notare la scomparsa della mezzaluna Ottomana (Ataman) dallo stemma di Kostroma.
Quanto sopra non può non farci chiedere dello stemma di Yaroslav ricostruito nella cornice della nostra teoria. Oggi l’orso tiene un’asta con mazza sulla sua spalla ma bisogna ricordare che questa versione dell’insegna fu introdotta solo nella seconda metà del XVIII secolo e cioè nel 1777 ([409], pag. 10). Un disegno più vecchio dello stemma di Yaroslav ci è noto dall’ “Almanacco Nazionale” compilato nel 1672. “Lo stemma della città di Yaroslavl… disegna un orso eretto che tiene un protasan sulla spalla destra” ([409], pag. 9). Nel 1692 questo disegno fu usato nel realizzare il sigillo del principato accompagnato dalla legenda “Sigillo Reale del Principato di Yaroslav”. Gli storici dichiarano che questa versione dello stemma di Yaroslavl sia del XVII secolo; comunque ammettono che il disegno sia basato su una tradizione popolare tracciabile fino alla fondazione di Yaroslavl ([409]). Vedremo brevemente perché gli storici siano così riluttanti a riconoscere la versione dello stemma col protasan come più antica del XVII secolo.
Cos’è in realtà il protasan? Diamo un’occhiata a un antico disegno dello stemma di Yaroslav preso da il “Grande Sigillo di Stato” che data al XVII secolo ([162], pag. XI; vedi fig. 14.81). Il disegno proviene dal diario di Korb da noi ben conosciuto. Possiamo vedere l’orso che tiene un’asta con sulla cima una mezzaluna (vedi fig. 14.107). Un protasan è perciò come una lancia dove la punta è rimpiazzata da una mezzaluna. In più si scopre che l’asta del protasan era normalmente decorata in qualche modo: “Dipinta e tappezzata con argento o velluto” ( [85], Volume 35, pag. 111). E così, secondo la costruzione di cui sopra, i protasan erano assolutamente identici ai bunchuk Cosacchi che erano anch'essi adornati e avevano mezzelune sulle punte. Il bunchuk si presume essere stato un simbolo puramente Turco ai giorni nostri – comunque lo si trova sullo stemma dei Cosacchi Yaik, per esempio (vedi fig. 10.7). Conseguentemente il bunchuk era stato il simbolo di stato dell’intero Grande Impero “Mongolo” e non già della sua parte precedente Ottomana. In più scopriamo che i bunchuk con mezzelune, o protasan, erano utilizzati come simbolo di potere fino a IX-VIII secolo. Scopriamo che: “il protasan era usato come un’arma… utilizzato dalle guardie del corpo dei signori feudali nell’Europa Occidentale fino al XVII secolo. In Russia, i protasan erano utilizzati dalle guardie del corpo nel XVII secolo, e nel XVIII secolo il protasan si trasformò in un’arma cerimoniale portata dagli ufficiali di alto rango perdendo la sua utilità di arma da combattimento” ( [85] , Volume 35, pag. 111).
Tutto ciò corrisponde perfettamente alla nostra ricostruzione. I bunchuk Ottomani o Ataman con mezzaluna simbolizzavano davvero il potere reale del Grande Impero "Mongolo", attraverso i suoi vasti territori che avevano a un certo punto incluso l’Europa Occidentale. È ovvio che l’orso sullo stemma di Yaroslav doveva inizialmente tenere un protasan, o bunchuk Cosacco che terminava con una mezzaluna Ottomana. La machiavellica trasformazione del protasan in un ascia ebbe luogo sotto i Romanov e piuttosto tardi – già nel XVIII secolo. La ragione per cui lo fecero è in piena vista – gli usurpatori metodicamente distruggevano ogni prova della conquista Ottomano – Ataman lanciata dall’Orda o Russia, che era ancora visibile a quel tempo.
Effettivamente il Grande Sigillo di Stato del diario di Korb contiene ancora una mezzaluna Ottomana (Ataman) che può essere trovata nello stemma di Byeloozero (vedi fig. 14.108). Quest’ultima è una storica città Russa situata a Nord di Yaroslavl. Quello che vediamo è una costellazione di antiche insegne con mezzelune intorno a Yaroslav – l’attuale città di Yaroslavl ne ha una sulla sua insegna, come i suoi vicini come Kostroma e Byeloozero.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
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La Storia: Finzione o Scienza?
Cronologia 4
di Anatoli Fomenko
Capitolo 14 parte seconda
Dati Vari
22 . L’"ANTICO “OLIMPO" E LA RUSSIA COME ORDA NEL XIV-XVI SECOLO
22.1. Kronos e altri dei dell’Olimpo nell’Europa Occidentale
Poiché la maggior parte di noi già conosce la mitologia Classica fin da bambino o adolescente è stato instillato nelle nostre teste che gli dei dell’antica Grecia siano presumibilmente vissuti in tempi immemorabili sulla montagna dell’Olimpo in Grecia. I rappresentanti del pantheon in questione sono i protagonisti o partecipano a un gran numero di poemi o leggende dichiarate oggi “antiche” - Kronos, Zeus, Atena, Afrodite e molti altri potenti dei anticamente venerati dai Greci.
Fig. 14.109. Ritratto medievale di Papa Innocenzo III (o Ivan Calita (Caliph), conosciuto anche come Batu-Khan, secondo la nostra ricostruzione) sull’affresco di Raffaello intitolato "Disputa". Notare le caratteristiche Slave del Papa. Tratto da [713], pagine 334337. Cfr. anche [402], pag. 125.
Rivolgiamoci alla “Storia” di Giovanni Malalas, un importante storico Bizantino del Medio Evo ([938], [338] e [503]). Evidentemente Malalas è dell’opinione che Kronos, Zeus e altri “antichi dei Greci abbiano iniziato le loro carriere divine come primi re dell’Assiria o primi Zar di Russia come possiamo capire oggi – cioè gli Zar Russi del XIV secolo: Ivan Kalita, o Caliph, Georgiy Danilovich e i loro numerosi discendenti.
Questo è ciò che Giovanni Malalas riporta: “La stessa tribù di Shem che era al governo della Siria, Persia e molte altre terre Orientali traccia le sue origini fino al primo figlio di Noè, un gigante chiamato Kronos, chiamato perciò Damius da suo padre... Aveva una forza formidabile che lo rese famoso ancora prima di diventare re... E governò sull’Assiria per molti anni... impietoso e senza paura, in battaglia non aveva pietà” ([338], pag. 24; anche [503], pagg. 195-196).
Malalas continua riferendo che la moglie di Kronos era conosciuta col nome di Semiramide o Area o Ira/Irene. I figli di Kronos furono chiamati Zeus, Nin e Ira ([338], pag. 24; anche [503], pag. 196). Vediamo numerosi riferimenti allo stesso nome femminile di Irene, o Ira. Zeus era anche conosciuto come Pik e Diy ([503], pag. 196). Il figlio ed erede di Zeus, o Pik, era conosciuto come Velon ([338], pag. 25). Secondo la nostra ricostruzione i primi Zar Assiri erano stati i Khan, o gli Zar dell’Orda o antica Russia; vissero nel XIV secolo. In particolare, Ivan Kalita = Caliph, anche conosciuto come Batu-Khan, viene riflesso in numerose cronache come Kronos, il Dio dell’Olimpo.
Torniamo al nome Diy, che apparteneva al dio dell’Olimpo Zeus secondo Malalas come anche al re Assiro ([503], pag. 196). Non conosciamo alcun nome di questo tipo oggi ma c’è una prova che suggerisce che un tempo è stato usato, almeno in Russia. Bisogna ricordare il grande villaggio che ancora esiste vicino a Yaroslavl chiamato Diyevo Gorodishche (che si traduce come insediamento di Diy); si presume sia stato fondato nel XV secolo (vedi [409] , pag. 66) . Il villaggio era inizialmente un insediamento fortificato. Possiamo perciò vedere come il nome Diy non sia stato inventato dall’autore Bizantino Malalas e che se ne possono trovare ancora tracce nella toponomastica Russa. A parte questo, il nome “Diy” potrebbe derivare dalla parola Russa “deyu”, che si traduce come “io faccio”, “io creo” etc. La parola “theos”, o “deos” (“dio”) ha un’origine simile essendo il creatore del mondo.
Giovanni Malalas dà un approfondito resoconto della campagna Occidentale lanciata da Kronos, cioè Ivan Kalita, cioè Batu-Khan e ci descrive un certo numero di dettagli importanti: “Kronos lasciò suo figlio Pik in Assiria con sua moglie Area, anche conosciuta come Semiramide e si mise in marcia con un enorme esercito verso le terre Occidentali che non avevano re per governarle… mentre Botiu rimase all’Est governando da lì sull’intera terra” ([338], pag. 25). La parola “Botiu” ci colpisce inizialmente come strana ma è molto probabilmente una variazione del nome Batu che i commentatori non hanno riconosciuto come tale.
Perciò, secondo Malalas, Kronos, Re dell’Assiria, anche conosciuto come Ivan Kalita e Batu-Khan, che venne trasformato nel Dio Olimpico Kronos in molte “antiche” leggende e poemi, non tornò dalla sua campagna poiché aveva fondato una nuova capitale nell’Ovest. Evidentemente, durante i primi anni, quando le comunicazioni non erano ancora sufficientemente sviluppate lo Zar Russo o Khan aveva difficoltà a governare le distanti provincie dell’Ovest dalla sua capitale sul Volga, la Grande Novgorod. Giovanni Malalas specifica che la capitale Occidentale di Kronos, Re dell’Assiria, era in Italia ([338], pag. 26; anche [503], pag. 196). Questo rende istantaneamente chiaro perché la residenza del seggio Santo sia chiamato Vaticano - anche N. A. Morozov ricorda che il nome Vaticano si traduce come “Batu-Khan” ([547]).
Ci sentiamo obbligati a ricordare ai lettori che la cronologia Scaligeriana sposta la campagna di Batu-Khan = Ivan Kalita = Kronos l’Assiro al XIII secolo, con un errore di 100 anni. Una volta che si osservi la storia del Vaticano nel XIII secolo, scopriamo il fatto più sorprendente – proprio all’inizio del XIII secolo Papa Innocenzo appare nell’arena storica – il nome si può tradurre come Ivan-Khan! Viene riportato che fosse un regnante secolare dell’intera Europa oltre a essere il Santo Pontefice (vedi fig. 14.109). L’intera Europa doveva semplicemente pagargli dei tributi: “Innocenzo era una persona estremamente ambiziosa e vanesia... Innocenzo III riuscì a guadagnare il controllo non solo sull’episcopato ma anche sui regnanti secolari. Divenne il sovrano di vasti territori in Europa – i re di Scandinavia, Portogallo, Aragona e Inghilterra, come i regnanti di Serbia e Bulgaria, lo riconobbero come loro sovrano e gli versarono grandi tributi. Altri paesi pagarono anche le tasse di S. Pietro [ancora una volta una tassa che andava a Innocenzo (Ivan Kalita) Aut.], ed erano costretti a subire le ingerenze del papa nei loro affari di stato... Egli era assistito da un struttura fiscale e amministrativa di agenti perfettamente organizzata. Il Concilio Curiale e i legati spediti in ogni paese d’Europa controllavano l’esecuzione degli ordini del Papa” ([492], pag. 124).
Riflettiamo su nome “Concilio curiale”. La parola Latina “curia” significa una confederazione di dieci clan ( [85], Volume 24, pag. 99). La parola Russa kuren, usata storicamente dai Cosacchi, significa la stessa cosa e suona anche simile il che rende la parola Latina probabilmente derivata da questa. La concreta “antica” divisione della popolazione Romana in curie deve essere stata introdotta dopo la Grande Conquista “Mongola” dell’Europa nel XIV secolo, e da nessun altro se non Ivan Kalita = Batu-Khan l’Assiro = Papa Innocenzo.
Si scopre anche come Ivan-Khan, o Innocente, sia stato “l’ideatore della Quarta Crociata [che portò alla caduta di Costantinopoli - Aut.], alla fondazione dell’Impero Latino sul territorio Bizantino e alle università di Parigi e Oxford. Gli emergenti nuovi ordini monastici iniziarono una nuova era nella Cristianità medievale. Anche la trasformazione della capitale apostolica [o Vaticano, ossia la casa di Batu-Khan - Aut.]... in uno dei più potenti poteri finanziari in Europa va attribuito a Papa Innocenzo III” ([402], pag. 125). Ricordiamo al lettore che, secondo la nostra ricostruzione, la parola Ordine (Ordo) deriva dalla parola Russa “Orda”.
La nostra ricostruzione dà una nuova prospettiva alle imprese del Papa. Esse arrivarono nel corso della Grande Conquista “Mongola” dell’Europa da parte di Batu-Khan = Kronos l’Assiro = Papa Innocenzo. Vediamo l’introduzione di una nuova organizzazione di clan - la curia o kureni, la fondazione del Vaticano o residenza di Batu-Khan in Italia – la sua capitale Occidentale, i lavori statali di costruzione in tutta l’Europa e così via.
È anche molto probabile che Innocenzo III = Ivan Kalita non sia stato seppellito a Mosca ma piuttosto in Egitto, qv fig. 14.110.
A proposito non si può non notare che il tipo fisico, nel ritratto di Papa Innocenzo III, qv in fig. 14.109, sia molto diverso da quello dei Papi successivi, ovviamente suoi successori. Gli zigomi di Innocenzo III sono tipicamente Slavi e ha una lunga barba.
Comunque ritorniamo alla descrizione della Grande Conquista “Mongola” come ci viene restituita dalla Cronaca di Giovanni Malalas, che riferisce che dopo che le truppe di Kronos avevano lasciato l’Assiria per marciare a Occidente, suo figlio Zeus era rimasto al comando per gli affari a casa. Questa immagine storica è stata successivamente trasformata nella leggendaria immagine dello Zeus Dio dell’Olimpo. Il suo duplicato nella versione Russa della storia si chiama Simeone il Fiero – figlio di Ivan Kalita. Qualche tempo dopo Simeone, o Zeus, raggiunse il padre a Ovest e vi rimase a regnare. Il trono Assiro, o Russo, passò a Nin, secondo figlio di Kronos.
Il nome Nin sembra essere una leggera corruzione di Ioann/Ivan/Giovanni. Malalas si deve riferire a Ivan Ivanovich Krasniy (“Il Rosso”), il secondo figlio di Ivan Kalita = Kronos l’Assiro = Batu-Khan, che davvero ascese al trono dopo la “misteriosa scomparsa” di Simeone il Fiero (secondo gli storici istruiti morì di peste). Secondo Malalas Simeone il fiero (cioè Zeus, cioè Pik) non morì di nessuna peste essendo andato in Italia a governare come successore del padre per molti anni ( [338], pag. 26; vedi anche [503], pag. 196).
Malalas descrive l’Europa Occidentale dell’epoca come una terra selvaggia e poco coltivata senza tante città o paesi: “Non c’erano ne’ città ne’ fortificazioni nelle terre Occidentali – solo alcuni nomadi discendenti di Jafet che vivevano qua e là.” ([338], pag. 28). Pare che in molte parti dell’Europa Occidentale le persone mantenessero un livello di vita molto primitivo, non costruivano città né costruivano fortificazioni di qualche tipo. Malalas è perciò dell’opinione che Kron l’Assiro (che evidentemente si identifica con Batu-Khan, o Ivan Kalita), non ebbe difficoltà a conquistare le terre Occidentali.
Fig. 14.110. Un'altra foto della lapide realizzata nel XVII secolo come replica, trovata nel "Sepolcro di Ivan Kalita" nella Cattedrale Arkhangelskiy del Cremlino a Mosca. Abbiamo fatto questa fotografia nell'aprile 2002, con luce diversa rispetto a un'altra foto della stessa lapide che riproduciamo sotto, nella fig. 14.11. E' chiaro che anche l'iscrizione sulla replica Romanoviana non ha evitato l'attenzione dei censori. L'autentico sepolcro di Ivan Kalita (Caliph), conosciuto anche come Batu-Khan, è molto probabilmente situato nel cimitero reale "Mongolo" in Egitto, nella Piana delle Piramidi, o a Luxor.
Troviamo anche un’interessante riferimento all’ “antico” Diodoro fatto da Malalas – riguarda il luogo di sepoltura di Zeus (Simone il Fiero?) sull’Isola di Creta. Fu seppellito in un tempio eretto precisamente per quello scopo:
“E suo figlio eresse un tempio in ricordo di suo padre e lo adagiarono in una bara nell’Isola di Creta; il sepolcro esiste ancora oggi” ( [338] , pag. 29; anche [503], pag. 196).
È possibile che alcuni resti della tomba di Zeus, o Simeone, siano sopravvissuti fino a noi. Questo problema necessita di un ulteriore studio.
Diventa chiaro perché l’Isola di Creta fosse conosciuta come Candia, il nome di cui abbiamo parlato prima. È stata presente in alcune carte fino al XIX secolo - vedi la carta in fig. 14.101, per esempio. La ragione potrebbe essere che il nome Candia derivi da Khan Diy. Secondo Malalas, questo nome era posseduto da Zeus, o Simeone il Fiero, un Gran Principe Russo. Il vecchio nome dell’isola implica che Zeus o Diy sia stato Khan il che corrisponde perfettamente alla nostra ricostruzione.
Malalas menziona anche altri discendenti del Re Assiro Kronos = Ivan Kalita (Caliph), come Ermes etc. Tutti questi antichi “dei Greci” erano un tempo stati principi di Persia o Assiria secondo Malalas, o Zar Russi (Gran Khan) nella nostra ricostruzione. Hanno regnato in Italia, Egitto e altri paesi che sono stati sotto il dominio dell’Assiria, o Russia, nel XIV-XVI secolo ([503], pag. 196).
La nostra ricostruzione rende tutto perfettamente chiaro. Malalas ci parla del primi Zar del Grande Impero "Mongolo", che dominarono la Russia, o Orda (anche conosciuta come la Biblica Assiria) fin dal XIV secolo. È naturale che gli abitanti di tutte le terre possedute dall’Orda abbiano guardato ai Khan come possenti signori e sovrani. Più tardi, in Grecia e altri paesi caldi sulle coste del Mediterraneo, il ricordo dei precedenti sovrani Assiri, Russi fu trasformato in miti e possenti dei che abitavano nel lontano monte Olimpo, altro e nebbioso da cui lanciavano i loro fulmini (cannonate) facendo tremare di paura i ribelli. Potevano anche occasionalmente visitare i loro adoratori in forma mortale, prendere concubine mortali e generare semidei. Questi ultimi avrebbero conseguentemente regnato per conto degli “autentici dei Greci” nella magnifica “antica” Ellade, Italia, Gallia, Egitto e così via.
Sottolineiamo anche come il nome Ira, o Irene (Irina) fosse molto comune tra i primi re Assiri (successivamente deificati). È possibile che ci sia una connessione col Tempio di S. Irene in Costantinopoli.
22.2. Il nome Irina riflesso nella toponimia storica del Grande Impero “Mongolo”
Il più antico tempo in Zar-Grad era conosciuto come il tempio di S. Irene, qv in Chron6. Il nome Ira o Irene, ovviamente si è riflesso nella toponimia delle regioni che sono entrate direttamente in relazione col Grande Impero "Mongolo" - Irlanda, Iran (Persia) e così via. Ricordiamo al lettore che, secondo la nostra ricostruzione, il nome Persia è una versione del nome Prussia, o Russia Bianca. Dobbiamo anche sottolineare il fatto che la moglie di Yaroslav il Saggio era chiamata Irina ([404], pag. 264). La nostra ricostruzione identifica Yaroslav con Batu-Khan, Ivan Kalita e Ivan Caliph. Crediamo che sia per questo che il nome della moglie è stato immortalato nei nomi dei posti che fecero parte del Grande Impero "Mongolo".
E poi c’è un altro fatto sorprendente. Si scopre che il nome Irina era posseduto dalla madre del Biblico Re Salomone, o dalla moglie del Biblico Re Davide. Prendiamo la famosa Bibbia Gennadiyevskaya, che si presume del 1499 (più precisamente, la fotocopia che fu pubblicata nel 1992 - vedi [745]). Nelle prime righe del Vangelo secondo Matteo leggiamo che “il Re Davide generò Salomone da Irina” ([745], Volume 7, pag. 15; vedi figg. 14.111 e 14.112). Potrebbe essere questa Irina quella rappresentata nel mosaico di Hagia Sophia in Zar-Grad che riproduciamo in fig. 14.113? Sarebbe naturale poiché, secondo la nostra ricostruzione, il Biblico Re Salomone si identifica con il famoso Sultano Ottomano o Ataman Solimano il Magnifico conosciuto anche come il “restauratore” di Hagia Sophia nel secolo XVI secolo. Secondo la nostra ricostruzione non “restaurò” alcunché – costruì il tempio (vedi Chron6, Capitolo 12).
Fig. 14.111. La prima pagina del Vangelo secondo Matteo della Bibbia Guennadievskaya risalente al 1499. Tratto da [745], volume 7, pagina 15.
Questo frammento della Bibbia Gennadiyevskaya deve veramente essere sembrato eretico al meticoloso editore del XVII secolo che ha fatto del suo meglio perché il nome Irina contrastasse il meno possibile con i vicini nomi di Davide e Salomone.
Fig. 14.112. Fotografia delle prime righe del Vangelo secondo Matthew nella Bibbia Gennadievskaya, presumibilmente datata 1499. La moglie di Davide e la madre di Solomone si chiamano esplicitamente Irina. Tratto da [745], volume 7, pagina 15.
Come si può vedere in fig. 14. 112, il piccolo cerchio di una O è stato messo davanti alla prima lettera del nome trasformando il suono da I a OU. Antichi testi Russi come la Bibbia Gennadiyevskaya, usavano trascrivere la lettera U o come la Greca scritta a mano γ o con la combinazione di due lettere, O e U (ογ ). La lettera che corrisponde al suono I si chiamata “izhitsa” (y) e assomiglia molto a una γ; comunque bisogna che sia preceduta da una O per essere letta “OU”. La lettera mancante fu gioiosamente aggiunta dall’editore. Sottolineiamo che si tratta evidentemente di un pedice più tardo poiché la “presunta lettera oy” non si scrive in questa strana maniera da nessun’altra parte nella Bibbia Gennadiyevskaya. In più ci sono due tratti sopra l’izhitsa (vedi fig. 14.112), un segno diacritico che si usa solo per il segno I e non è mai usato nella combinazione con l’ “oy”.
Fig. 14.113. Imperatrice Irina. Mosaico della cattedrale di Hagia Sophia. È la la moglie di Davide e la madre del Solomone Biblico (Solimano il Magnifico), secondo la Bibbia di Gennadievskaya? Tratto da [1123], pagina 36.
Cosa dice la traduzione Sinodale? È possibile che abbia preservato il nome Irina? Ovviamente no – la traduzione moderna è piuttosto obliqua e dice così: “Avendo Davide generato Salomone da uno dei parenti di Uriah” (Matteo 1:6). vedi fig. 14.114 per l’originale Slavonico Ecclesiastico.
Gli editori qui si sono spinti anche oltre avendo trasformato Irina in un’anonima parente di Uriah, un maschio. Evidentemente non ritenevano che l’antico testo della Bibbia Gennadiyevskaya sarebbe circolato in molte mani e hanno pensato che nessuno si sarebbe preso la briga di decifrare il vero nome. È così che la storia antica fu “emendata” - in modo rapido e furtivo; più tardi gli “emendamenti” vennero dati per presenti nel testo originale.
La citazione di cui sopra è Tratto dalla genealogia di Gesù Cristo secondo quanto troviamo all’inizio del Vangelo di Matteo. Questa genealogia lega anche i Vangeli all’Antico Testamento cronologicamente, mettendo questi alla fine della storia Biblica. Un altro fatto che va menzionato in relazione a questo è che il passaggio genealogico da Matteo non è stato incluso nella lista delle “letture Evangeliche” contenute nella Bibbia Gennadiyevskaya. Questo significa che questa parte del Vangelo non è mai stata letta ad alta voce nelle chiese medievali e poteva quindi essere purgata dal cosiddetto Vangelo Aprakos utilizzato per la lettura durante il servizio. Il “passaggio cronologico” è perciò probabilmente apocrifo e introdotto dagli storici Scaligeriani e Romanoviani che può anche spiegare perché viene sillabato come Ииcyc il nome di Cristo, con due lettere и, cioè la sillabazione introdotta dopo la riforma di Nikon a metà del XVII secolo. Viene sillabato come Иcyc in ogni altro passaggio – cioè alla vecchia maniera (vedi [745] ).
Fig. 14.114. Citazione dalla Bibbia di Ostrog (Matthew 1, 6).
Corollario: È probabile che la prima pagina del Vangelo secondo Matteo della Bibbia Gennadiyevskaya sia stato rimpiazzato da un altro scritto nel XVII secolo per corrispondere alla cronologia storica Romanoviana e Scaligeriana.
23 . LA STORIA DEL MONDO SECONDO ALCUNI AUTORI TEDESCHI DEL XVII-XVIII SECOLO. Il libro di Johannes Heinrich Driemel
Vorremmo portare all’attenzione del lettore un libro estremamente interessante del XVIII secolo. Ci è stato segnalato da Y. A. Yeliseyev, che è anche stato così gentile da copiare alcuni passaggi per noi.
Il libro in questione fu scritto da Johannes Heinrich Driemel (o Drümel) pubblicato a Norimberga nel 1744. Una traduzione Russa arrivò a S. Pietroburgo nel 1785 con il seguente titolo: “Una storica dimostrazione esemplare della genealogia dei Russi come prima nazione dopo il diluvio”. Una copia di questo libro è conservata nella Libreria Nazionale di Russia dove è stata scoperta da Y. A. Yeliseyev.
Il contenuto di questo libro piuttosto piccolo in Tedesco può essere riassunto così: La storia del mondo incomincia con il Regno Assiro, che Driemel identifica anche con il Regno degli Sciti, o Cosacchi, o Gog e Magog o il Regno Russo. Il Biblico Nimrod era di discendenza Scita o Russa. Queste sono le parole esatte che Driemel utilizza! Nel XIII secolo i Russi, conosciuti come Tartari all’Ovest, invasero l’Europa Occidentale. Il ricordo di questa invasione è ancora vivo, per esempio, nei toponimi della Germania. Driemel cita il nome di Monte Risen come esempio e spiega che il nome si traduce Monte Russo.
Driemel conclude nella seguente maniera: “La parola Ris è Scita senza dubbio… La parola Ris si dice sia Tedesca ma può anche essere Scita. I Tedeschi e gli Sciti hanno molti nomi comuni ed erano un tempo fratelli. È per questo che i Russi sono conosciuti come anche come Risi, i Giganti, gli Sciti, i Sachiani, i Curdi e gli Araratiani” ([261], pag. 46-47).
Il fatto che Driemel identifichi i Russi come Tartari e in modo assolutamente disinvolto sembra sorprendente per un lettore moderno ma sembrava perfettamente naturale per un cittadino di Norimberga del XVIII secolo che non doveva cercare alcuna prova a supporto. Lo considera assiomatico!
Bisogna considerare che il libro di Driemel è stato scritto prima della diffusione della teoria dell’ “orrendo giogo dei Mongoli e dei Tartari che invasero la Russia” pensata dagli “eminenti scienziati Russi” Bayer e Schlezer. Driemel non era semplicemente a conoscenza della loro grande scoperta, e aderiva semplicemente al vecchio modo Tedesco di pensare che i Russi e i Tartari fossero due nomi della stessa nazione.
Per le origini storiche del nome Biblico Nimrod, Driemel già deve portare le prove poiché la versione Scaligeriana della storia Biblica era già ampiamente utilizzata nell’Europa Occidentale.
Procediamo con alcune citazioni del libro di Driemel che parlano da sole.
Driemel comincia con riferimenti ad “antichi” autori che provano che la prima nazione dopo il diluvio siano stati i Curdi il cui nome può essere messo in relazione con la parola “Orda” e “gordiy” (“orgoglioso”). Cosa glielo fa pensare?Evidentemente Driemel riconosce che il moderno Kurdistan sia parte dell’Assiria, e ogni cronista medievale sapeva che il Regno d’Assiria fu il primo ad essere fondato. Come abbiamo cercato di dimostrare nel presente libro, il vero significato di questa affermazione è che l’Impero “Mongolo” o Grande o Russo = Assiro sia stato il primo impero a diffondersi nel mondo. Le ulteriori elaborazioni di Driemel di fatto confermano la nostra ricostruzione poiché più avanti identifica l’Assiria Biblica come gli Sciti e la Russia. Comunque Driemel segue l’erronea geografia Scaligeriana e non capisce che la Biblica Assiria è davvero la Russia o Orda. Per questo traccia le origini dei Russi fino agli abitanti della moderna Mesopotamia o Assiria.
Driemel riporta quanto segue: “La parte a Nord di questa terra [Kurdistan - Aut.], che comprende la maggior parte dell’Assiria, è chiamata Adiabene. . . È menzionata da Strabone nel nono libro della sua “Geografia” dove dice che gli abitanti di questa terra sono chiamati Sacopodi o Sac… Tolomeo nelle sue “Tavole Asiatiche” cita la Scizia Saca come il posto dove Noè si era fermato... Solino scrive nel Libro XLIX che i Persiani erano inizialmente conosciuti come Korsaks, nome che si traduce come “Cordian Sacs” ([261], pagg. 26-27). Driemel commenta queste citazioni dall’ “antico” autore nella maniera più straordinaria: “Questi potrebbero essere gli antenati dei Cosacchi” ([261] , pag. 27). Perciò Driemel identifica apertamente gli Sciti e gli “antichi” Sachi come Cosacchi.
Driemel continua così: “I Sachi sono il gruppo etnico principale in Scizia (Strabone, Geografia Libro XI)... I Sachi si identificano con gli Sciti ovunque (da Isidoro nel “Caratteri” e da Ariano nel ‘Racconto delle Campagne di Alessandro’, Libro 3)” ([261], pag. 29). Driemel commenta così: “Il nome Scita si traduce come ‘cacciatore’... la parola ‘cacciatore’ si traduce con ‘gigante’ nella Bibbia Greca; altre nazioni usano la parola ‘Scita’… Perciò le parole “Cacciatore”, “Curdo”, “Gigante” e “Scita” sono sinonimi… la Bibbia si riferisce ai ‘Cacciatori’ come a una nazione” ([261], pag. 30). Driemel prova perciò che il Re Biblico Nimrod, il fondatore del primo regno sulla faccia della terra dopo il diluvio, era uno Scita. Questa ultima parola è erroneamente tradotta come “cacciatore” nella versione moderna della Bibbia. Driemel più avanti identifica gli Sciti come Russi.
“I nomi di Gog e Magog sono originariamente Sciti anch’essi” ([261], pag. 33). Il commento di Driemel sul passaggio di Ezechiele che cita Gog e Magog è il seguente: “I 70 Traduttori traducono come segue: ‘Rivolgi la tua faccia verso Gog, Principe di Rosh, Meshech e Thubal’… Poiché Magog si traduce come ‘Rosh’, che è il nome di una nazione che i traduttori conoscevano, essi [Gog e Magog - Aut.] erano Sciti poiché le nazioni di Magog, Meshech, Thubal, Homer e Farhaman erano Scite – le prime nazioni del Nord (Mosè, Libro I, Capitolo X 2.3), la maggior parte delle quali era conosciuta come Sciti nell'epoca di cui ci parla questa profezia… Giuseppe Flavio, storico Giudeo, stabilisce esplicitamente che Gog e Magog siano Sciti (Libro VII, Capitolo 1)... Stromberg, vissuto presso i discendenti degli Sciti, una fonte molto affidabile, scrive in ‘Descrizione di Europa e Asia’ (pag. 42), che gli Sciti si riferiscono a sé stessi come Goug e Gioug, e che l'affisso Ma sta per Oriente; e così, Gog e Gioug sono la stessa cosa e Magog è il nome degli Sciti Orientali” ([261], pagg. 34-36).
Dopo questo Driemel prova (citando numerosi autori “antichi” e medievali, come al solito) che gli Sciti possono essere identificati con i Persiani, citando una voce da un’enciclopedia medievale: Proprio dopo la voce “Magic” leggiamo che i Persiani sono conosciuti come Magog e Nagouzei [un riferimento a Nogaisk? - Aut.] dai loro vicini… L’Assiria Superiore è la terra di origine degli Sciti. La Persia si trova a Est... Comunque nessun’altra nazione rappresenta gli Sciti dell’Est meglio dei Persiani… Ci si riferisce a Hodollogomor, Re di Elim o Persia (Genesi, Capitolo XIV) come al Re degli Sciti (vedi i suoi commenti alla Genesi, Capitolo X) - perciò, Gog, Magog e Giug sono tutti nomi degli Sciti” ([261], pagg. 37-38).
Si potrebbe pensare che le nazioni in questione siano Orientali come origini e abbiano sempre abitato il territorio della moderna Persia. Questo non contraddice di molto la storia Scaligeriana; comunque Driemel va avanti provando che i Russi e i Tedeschi siano entrambi di discendenza Scita. Simili affermazioni ovviamente suonano stravaganti per quanto riguarda la storia consensuale (e considerato che vengono da un autore Tedesco), ma concorrono perfettamente con la nostra ricostruzione secondo la quale la Biblica Assiria conosciuta anche come Persia e la terra di Gog e Magog si identificano con la Russia medievale, o Orda, mentre i Tedeschi è probabile che siano i discendenti degli Slavi arrivati dalla Russia, o Orda, durante la Grande Conquista “Mongola”.
Continuiamo con le citazioni di Driemel: “Gli avi dei Tedeschi erano conosciuti come Sciti (Plinio, ‘Storia Naturale’, Libro IV, Capitolo 25), i Geti, gli Alemanni Celtici, i Franchi e i Tedeschi... ‘Jafet’ tradotto come ‘gigante’, che è anche la parola utilizzata nella Cronaca Sarmaziana, laddove la Cronaca di Alessandria dice ‘Sciti’... Le Genti Germaniche (Gudlingian, Libro 1) traducono il termine Greco ‘gigante’ in Tedesco come ‘Riesen’ ... la Scrittura Sacra si riferisce a genti di altezza eccezionale, forza e coraggio come i Nephaim, Emim e Eand…. Le cronache Norvegesi e Danesi riferiscono che i Risi sono una nazione Baltica che ha firmato un trattato di pace con i Normanni” ([261], pagg. 39 e 42).
Driemel quindi ci dice direttamente che “i Risi sono i Russi” ( [261 ], pag. 43). “Il nome Russia è in Latino laddove i Greci usano la parola ‘Ross’ (che è indicata dagli autori Greci come una Nazione Scita; nel X-XIII secolo, Kedren scrisse quanto segue nella sua ‘Breve Storia’ (pag. 453): ‘I Ross sono una tribù Scita che occupa la parte Nord della Tauride). Chiamano sé stessi Reis (Russi)’... i Tedeschi pronunciano il nome come ‘ Riesen ’” ( [261 ] , pagg. 42-43).
“E perciò mi chiedo – qual’è l’origine del Monte Reisen, da dove partì il nome per arrivare fino alle colline tra la Boemia e la Slesia? L’unica ragione possibile credo sia che i Tartari, conosciuti anche come Rises e Russi purtroppo abbiano invaso la Slesia come una forza ostile nel XIII secolo” ([261], pag. 45).
È così che Driemel con naturalezza si riferisce all’invasione dei Mongoli e dei Tartari, chiamandola conquista Russa e ovviamente non consapevole di quanto comprometta il patto fatto tra gli storici successivi sul non dover mai ricordare che i Russi erano stati un tempo conosciuti come Tartari o che l’Orda avesse colonizzato l’Ovest.
Anche più avanti: “Gli scrittori di tutte le epoche riconoscono i Ris, i Ross o i Reis come una nazione Scita (Kedren)” ([261], pag. 46).
È così che un autore Tedesco dei primi del XVIII secolo vedeva la storia globale. Gli esperti dei moderni libri di testo tratteranno naturalmente le informazioni di cui sopra come evidenti sciocchezze e si chiederanno come sia possibile che un autore così ignorante come Driemel possa aver scritto un libro e abbia potuto vederlo pubblicato. In effetti, in Chron5 spieghiamo (riferendoci a A. D. Chertkov) che c’erano molti libri simili pubblicati in Germania. Sarebbe molto interessante analizzarli tutti. Non lo abbiamo fatto, utilizzando un solo esempio – il libro di Driemel, che esiste anche nella traduzione Russa. Come possiamo vedere molti Tedeschi ricordavano ancora il reale svolgimento della storia del mondo ai primi del XVIII secolo, sebbene in modo vago.
24 . L’AQUILA BICEFALA IMPERIALE E LE POSSIBILI ORIGINI DEL SIMBOLO
Nel 1997 fu pubblicato il libro di G. V. Vilinbakhov intitolato "Lo Stemma Nazionale Russo: 500 Anni" ([134]). L’autore parla della storia dello stemma Russo – l’aquila bicefala, ritenendo perfettamente naturale che i Russi mancassero dell’immaginazione necessaria per inventare il simbolo da soli e lo avessero adottato da qualche altro. Tre possibili fonti vengono citate – Bisanzio, Europa Occidentale e Orda d’Oro ([134], pag. 23). Evidentemente “la figura dell’aquila nel conio dell’Orda d’Oro sembra che sia di origine Orientale e non di importazione Bizantina come alcuni dei ricercatori suggerivano. V. I. Savva venne fuori con la teoria che l’aquila bicefala sul conio dei Juchid rappresentasse lo stemma del Khan dell’Orda d’Oro” ([134], pag. 23). Quest’idea corrisponde con la nostra ricostruzione secondo la quale l’aquila bicefala dell’Orda d’Oro era un simbolo Russo utilizzato dall’Orda fin dagli inizi.
Fig. 14.115. Uno degli stemmi dell’ "Ehrenpforte" di Dürer. I raggi della mezzaluna Ottomana che emette luce assomigliano alle ali aperte di un'aquila. Tratto da [1067], pagina 30.
Dobbiamo anche ricordare che il sigillo di Ivan III è molto simile a quello di Ivan IV, che è precisamente come deve essere secondo la nostra ricostruzione. Entrambi i sigilli hanno semplicemente iscritto il nome Ivan; ovviamente non ci sono “numeri” (vedi figg. 7.6 and 7.8, e anche Chron4, Capitolo 7.7).
Il libro di Vilinbakhov ci parla anche delle bandiere Russe che evidentemente rappresentavano il “simbolo del sole con la mezzaluna” ( [ 134] , pag. 31). È molto probabile che almeno in alcune di queste ci fosse il simbolo della stella con la mezzaluna, a noi familiare per via dell’Impero Ottomano = Ataman. È strano che la casa editrice dell’album ([134])per qualche ragione non riproduca una singola fotografia o almeno il disegno di qualcuna di queste bandiere. Sarà dovuto forse all’esplicita rappresentazione della stella con la mezzaluna? Bisogna anche dire che il “simbolo del sole con la mezzaluna” accompagnava un tempo l’aquila bicefala imperiale ( [ 134], pag. 31): “La composizione che consisteva in un aquila bicefala coronata col sole e la luna ai lati era stata un tempo sulla cima delle bandiere donate al Principe Gregorio Cherkasskiy di Astrakhan dallo Zar Alessio Mikhailovich nel 1662. Una simile bandiera venne ricevuta dal Principe Boulat Cherkasskiy nel 1675. Su alcune delle bandiere il sole e la luna possono stare alla destra e alla sinistra della croce sul Golgotha [sic! - Aut.]; possiamo riferirci anche a un’incisione simile del tardo XVII – primi del XVIII secolo intitolata ‘Nostra Signora e il Crocifisso’, dove le luminarie celesti sono dipinte ai due lati del Cristo crocifisso” ([134], pag. 31).
Fig. 14.116. Una delle creazioni dell’ "Ehrenpforte" di Dürer. L'aquila bicefala è probabilmente una versione della stella e della mezzaluna, o la combinazione della croce e della mezzaluna (croce Cristiana ottagonale o esagonale). Tratto da [1067], pagina 30.
Tutto ciò indica che i simboli Ottomani = Ataman erano ancora piuttosto comuni nel tardo XVII – primi del XVIII secolo.
Riflettiamo ora sulle ragioni per cui il simbolo imperiale è un uccello a due teste – dopo tutto un simile fenomeno in natura è estremamente raro ed è un’anormalità. È perfettamente ovvio che nel caso dell’aquila imperiale bicefala la scelta del simbolo venne dettata da considerazioni speciali di qualche tipo che non avevano nulla in comune con la biologia. Quali erano queste ragioni? Sebbene il problema non abbia per noi un’importanza capitale, è piuttosto curioso di per sé. Esprimiamo dunque la nostra ipotesi a proposito.
Fig. 14.117. Sigillo con due aquile (croci o mezzaluna). Le ali aperte formano la mezzaluna. Tratto da [1067], pagina 298.
Rivolgiamoci alle piuttosto affascinanti e rare incisioni di Albrecht Durer comprese nel suo famoso “Arco di trionfo di Massimiliano I” - il cosiddetto “Ehrenpforte” ([1067]). In fig. 14.115 vediamo un dettaglio di queste incisioni che mostrano uno stemma disegnato da Durer. È perfettamente ovvio che si veda qui una mezzaluna con raggi splendenti da entrambi i lati che sembrano sorprendentemente le ali sollevate dell’uccello formato dalla mezzaluna. Qui non c’è la testa – comunque appare ovvio che la famosa aquila bicefala debba davvero essere una differente rappresesntazione della solito simbolo con la stella (o croce) e la mezzaluna. Le due teste dell’aquila con le schiene rivolte l’una contro l’altra può essere visto come un altra versione del simbolo della stella con la croce che poggia sulla mezzaluna o le ali dell’aquila. Perciò l’aquila bicefala con le ali aperte è ancora una versione della croce Cristiana (con sei o otto punte) o la mezzaluna con stella Ottomana. Tutte a rappresentare in fondo la stessa cosa.
Fig. 14.118. Quattro stemmi (aquile) di "Ehrenpforte" di Dürer. Vediamo una mezzaluna sul petto dell'aquila. Tratto da [1067], pagina 16.
In fig. 14.116 riproduciamo un altro stemma dall’ “Ehrenpforte” di Durer che disegna un aquila bicefala le cui ali formano ovviamente una mezzaluna laddove il corpo e le due teste sono posizionalte come parti della croce. Quello che abbiamo davanti è perciò ancora un altra versione della croce Cristiana a sei o otto punte. Diventa anche chiaro il perché la versione iniziale dell’aquila abbia le ali sollevate – rappresentando la mezzaluna. Le ali chiuse sono un modificazione introdotta più tardi quando il significato iniziale del simbolo era ormai percepito vagamente, più tardi divenne per sempre dimenticato. Le ali dell’aquila devono essere state chiuse nell’epoca della Riforma così da allontatnarla il più possibile dall’associazione con la croce Cristiana o con la stella con mezzaluna Ottomana.
Fig. 14.119. Sigillo con due aquile (simbolo della stella e della mezzaluna) dall’Ehrenpforte di Dürer. Tratto da [1067], pagina 24.
Fig. 14.119. Sigillo con due aquile (simbolo della stella e della mezzaluna) dall’Ehrenpforte di Dürer. Tratto da [1067], pagina 24.
Fig. 14.121. Sigillo con l’aquila (simbolo della stella e della mezzaluna, o croce Cristiana) dall "Ehrenpforte" di Dürer. Tratto da [1067], pagina 25.
Fig. 14.122. Forma perfettamente ovvia di un'aquila (croce con mezzaluna). Tratto da [1067], pagina 3
In fig. 14.117 un’altro stemma tratto da [1067], pag. 298. Qui vediamo due aquile, ognuna con una sola testa, con le ali sollevate che ovviamente rappresentano stella e mezzaluna (o croci Cristiane).
In fig. 14. 118 vediamo quattro aquile araldiche con le ali aperte che rappresentano ovviamente mezzelune ([1067], pag. 16). Qui le mezzelune, sulle ali, sono disegnate sul corpo dell’aquila. Vediamo lo stesso con lo stemma riprodotto in figg. 14.1 19-14.122. Quest’effetto è evidentissimo in fig. 14.122, dove la mezzaluna è palese e immediatamente riconoscibile.
25 . LA GENEALOGIA DEI GRAN PRINCIPI DI MOSCA RISCRITTA NEL XVII SECOLO
Sembra che le genealogia del Gran Principi Moscoviti sia stata riscritta nientemeno che nel XVII secolo ([134], pag. 37). Questo è ciò che sappiamo sulla materia: Intorno al 1673 l’Imperatore Leopoldo I mandò un esperto di araldica, uno Slavo di nome Lavrentiy Khourelich (o Kourelich), a Mosca su richiesta dello Zar [Alexei Mikhailovich - Aut.]. Nel 1673 Lavrentiy Khourelich scrisse un trattato intitolato “Genealogia dei più Santi e Venerati Gran Principi di Mosca et al. . .” La “Genealogia” fu spedita a Mosca da Vienna nel 1674 personalmente dall’autore che l’aveva affidata a questo fine a Paul Menesius ; fu registrata tra i documenti del Posolskiy Prikaz [Servizio Reale per le Relazioni Estere - Transl.] A parte le reali genealogie degli Zar Russi, da Vladimir Svyatoslavich a Alessio Mikhailovich e la descrizione dei legami familiari tra gli Zar e i monarchi di nove altri paesi, il lavoro di Khourelich contiene ritratti di Zar e Gran Principi” ([134], pag. 37).
Perciò gli stessi storici ci dicono che una qualche nuova genealogia degli Zar Russi e Gran Principi era stata scitta a Vienna nella seconda metà del XVII secolo e poi inviata allo Zar a Mosca, evidentemente come manuale di riferimento per la “versione autorizzata” della storia – magari quella che avrebbe dovuto poi essere obbligatoriamente seguita?
A proposito, la “Genealogia” (a cui ci si riferisce comunemente come al Libro Titolare) non è mai stata pubblicata – è ancora tenuta in un archivio, in attesa di venir distrutta in un altra “casuale conflagraziane”.
26. SUL BATTESIMO DELLA RUSSIA
I lettori moderni sono probabilmente a conoscenza della storia del battesimo della Russia dalla Povest Vremennyh Let ([716] and [715]). Quest’ultima è una fonte che risale ai primi del XVIII secolo, come dimostriamo nel Capitolo 1 di Chron4. Secondo questa cronaca, l’unico battesimo della Russia ebbe luogo sotto il Principe Vladimir nel 986-989 d.c. Inviati da differenti paesi presumibilmente arrivarono a Vladimir nel 986 offrendo la conversione alla nuova fede ( [716] e [715], pagg. 65-66), In questo modo iniziò la preparazione al battesimo. Il battesimo effettivo avvenne nel 989 secondo la Povest Vremennyh Let ([715], pagg. 84-85). La gerarchia ecclesiastica Cristiana non esisteva prima d’allora; quando apparve consisteva inizialmente di prelati forestieri che arrivavano dalla Grecia. Il primo metropolita Russo si dice sia apparso diverse decadi dopo, sotto Yaroslav il Saggio, ed è anche il tempo in cui la letteratura ecclesiastica fu tradotta dal Greco allo Slavo. Questa è la versione Romanoviana del battesimo della Russia – quella creata nel XVII-XVIII secolo. Questa è anche la versione ufficiale, quella a cui siamo abituati.
Ma vediamo come il battesimo in Russia, senza dubbio un evento importante nella storia ecclesiastica Russa, fu descritto nella letteratura canonica ecclesiastica dei primi del XVII secolo. Consideriamo la Grande Catechesi, pubblicata a Mosca sotto lo Zar Mikhail Fyodorovich Romanov e il Patriarca Filarete nel 1627 ([86]). Questo libro contiene una sezione speciale del battesimo in Russia ( [86], fogli 27-29). La versione contenuta è parecchio in contrasto con quella cui siamo abituati. Secondo la Grande Catechesi la Russia fu battezzata quattro volte. La prima dall’apostolo Andrea, la seconda da Fozio, Patriarca di Zar-Grad “durante il regno del Grande Re Basilio di Macedonia e Ryurik, Gran Principe di Russia con Askold e Dir regnanti a Kiev” ( [86] , foglio 28, retro). La Grande Catechesi non indica nessuna data per altri battesimi – tutto ciò ai primi del XVII secolo!
Fig. 14.123. Pagina di una vecchia edizione dell' "Apostolo" del presunto XIV secolo. Un esempio dello stile di scrittura "ustav", in cui le lettere di Y e LI sono praticamente identiche l'una all'altra. Tratto da [745], volume 8, pagina 197.
Al contrario dei primi due, il terzo battesimo della Russia viene datato nella Catechesi. Si dice sia avvenuto sotto la Gran Principessa Olga nell’anno 6463 da Adamo o intorno al 955 d.c. Eviteremo di discutere sul perché la Catechesi insiste a convertire questa data nella cronologia ac/dc in un modo piuttosto diverso (il libro insiste sul 963 d.c.). Questo può essere spiegato dalla scarsa correlazione tra l’ “era di Adamo” e la cronologia a.c./d.c. che era ancora, a quel tempi, in uno stato fluido.
Il quarto battesimo della Russia è quello famoso sotto il Principe Vladimir. La Grande Catechesi lo data al 6497, che è grossomodo il 989 d.c. Questo è ciò che leggiamo: “E così egli ordinò a tutto il popolo della Russia di battezzarsi con il Santo Patriarca nell’anno 6496 - Nikola Khrusovert, o Cicinius, o Sergiy, Arcivescovo di Novgorod, sotto Mikhail, il Metropolita di Kiev” ([86], foglio 29).
La descrizione suona oggi alquanto strana. Noi “sappiamo” che la Russia era stata pagana prima del battesimo e che non esisteva alcuna gerarchia ecclesiastica prima che il Principe Vladimir convocasse i primi membri del clero Cristiano dall’estero. E tuttavia la Catechesi del XVII secolo sostiene che il battesimo sia avvenuto nell’epoca di Sergiy, Arcivescovo di Novgorod, e Mikhail, Metropolita di Kiev, il che significa che due gerarchie ecclesiastiche almeno esistevano - a Novgorod e a Kiev. Comunque, come ci si può aspettare, la versione della storia Scaligeriana e Romanoviana non sa nulla di alcun arcivescovo a Novgorod o metropoliti di Kiev sotto Vladimir. Oggi ci viene detto che tutto questo sono “fantasie medievali” “fantasia della Catechesi” nel caso in questione.
C’è anche un’altra questione. È possibile che la gente del XVII secolo non sapesse nulla del battesimo della Russia? Non avevano mai letto la Povest Vremennyh Let? Bisogna pensare che anche se gli autori della Catechesi non avevano dati precisi sull’evento il resto della popolazione, quelli che aveano usato la Catechesi come un aiuto alla lettura, avrebbero dovuto saperne anche meno. Perciò gli storici più recenti sarebbero stati i primi a scoprire la “verità sul battesimo della Russia” - Bayer, Miller e Schlezer, che avevano “letto di questo fatto” nella Povest Vremennyh Let. Quest’opera era evidentemente sconosciuta ai loro predecessori nel XVII secolo per la semplice ragione che la versione di questa cronaca non era ancora stata scritta; essa prese le sue caratteristiche Romanoviane e Milleriane nel XVIII secolo, qv in Chron4, Capitolo 1. La storia del battesimo della Russia nella sua versione consensuale non può che datare alla fine del XVII secolo, poiché era vista in una luce totalmente diversa all’inizio del XVII secolo.
Comunque ritorniamo alla Grande Catechesi che rivela molti altri risultati curiosi a cominciare dalla data del battesimo. Secondo la nostra ricerca, l’epoca in cui la Russia fu battezzata venne sovrapposta tra il XI e il XV secolo (vedi le tabelle cronologiche in figg. 2.4 e 2.5 in Chron4, Capitolo 2). Ricordiamo che il XV secolo è la famosa epoca del Grande Scisma. Secondo la Nuova Cronologia è a questo punto che la Chiesa Cristiana si divise in diversi rami separati tra loro. È per questo che il problema della scelta confessionale è stato una questione dolente per le autorità secolari del XV secolo. Teniamo presente che il battesimo della Russia sotto il Principe Vladimir fu descritto nella Povest Vremennyh Let come una scelta di fede e non un semplice battesimo ( [86] ). Questo spiega i diversi battesimi della Russia che sembrerebbero strani davvero se guardiamo al battesimo come la conversione dei pagani alla Cristianità – non vediamo nulla di simile nella storia di nessun altro paese. Chi c’era ancora da battezzare? Comunque, se vediamo i successivi battesimi della Russia come scelte confessionali fatte durante scismi religiosi, il quadro diventa perfettamente chiaro.
Un’altra cosa che smette di sembrare strana è il modo in cui vengono elencati i patriarchi – il battesimo si suppone sia stato realizzato o da Nikola Khrusovert, o Cicinius, o Sergiy. Se questi hanno tutti preso parte al battesimo di un paese pagano perché l’ “o”? “e” sarebbe stato più appropriato. Se non hanno preso parte al battesimo perché menzionarli? Se invece il battesimo della Russia deve essere visto come una scelta confessionale ogni cosa comincia a sembrare normale – differenti patriarchi avrebbero rappresentato differenti rami e l’indicazione di una scelta confessionale avrebbe anche contenuto i nomi dei suoi più importanti patriarchi. Avrebbero potuto essere diversi; l’uso dell’ “o” diventa giustificato se assumiamo che tutti loro fossero accettati generalmente – ognuno di loro avrebbe potuto soprintendere la “scelta confessionale” con lo stesso risultato. Perciò la congiunzione “o” è usata dal Grande Catechismo per suggerire l’atmosfera di uno scisma ecclesiastico.
Fig. 14.124. Frammento dell'illustrazione precedente. Viene evidenziata una delle lettere Ц in alto, così come le tre lettere Y in basso. E' del tutto evidente che la forma delle due lettere è identica.
Consideriamo ora il modo in cui è trascritta la data del battesimo nell’originale - “seimila УЧЗ”. Contiene la lellera У Slava che sta per “400”. Comunque in molti testi antichi la lettera in questione è virtualmente indistinguibile da Ц, qv in fig. 14.123. La differenza tra le due è veramente minima (vedi fig. 14.124). È così che queste due lettere venivano scritte in molti testi antichi – copiandosi l’un l’altra. Esempi di quanto siano simili le due lettere abbondano nelle illustrazioni [745].
Comunque, quando queste due lettere compaiono davvero nei testi, la lettera У dovrebbe di regola essere accompagnata dalla lettera O - in altre parole il suono OU veniva trascritto con due lettere. Perciò la similarità tra le lettere У e Ц non portava normalmente ad alcuna confusione nella interpretazione del testo narrativo. Comunque, quando venivano usate come numeri le lettere diventavano immediatamente molto ambigue perché non c’era alcun “O” addizionale vicino alla Y e la similarità tra le forme delle due lettere diventava problematica. Entrambe le lettere si riferivano anche al posto delle centinaia, il che avrebbe potuto portare a un errore occasionale di 500 anni nella datazione. Il fatto è che la lettera Ц stava per 900, laddove У significava 400. Nel caso che quest’ultima venisse confusa con la precedente la data scritta nella cifra avrebbe immediatamente guadagnato 500 anni extra nella datazione. Sono casi numerosi poiché è facile confoderle. Perciò, se un a certa data Slava ha la lettera У nel posto delle centinaia, la stessa data può essere trascritta con Ц nell’antico originale con la possibilità di un errore cronologico di 500 anni nella nuova copia.
Questa è la situazione che abbiamo con le date del battesimo della Russia. La data in questione è 6497 da Adamo e si trascrive con l’uso della lettera У, che sta per 400. Se l lettera in questione fosse stata Ц , la data sarebbe diventata 6997 da Adamo, o 1489 d.c. Perciò è possibile che il documento antico originale avesse datato il battesimo della Russia al 1489 invece che al 989, che è la data a cui siamo abituati oggi. Il battesimo è perciò datato alla fine del XV secolo, mentre il precedente battesimo della Russia indetto da Olga slitta alla metà del XV secolo.
Comunque è lo stesso secolo in cui cade la più grande riforma della Chiesa Russa, direttamente in connessione con lo scisma religioso, il famoso Concilio di Firenze del fallito tentativo per un unione religiosa. La storia è ben nota a tutti e raccontata in numerosi libri di testo di storia ecclesiastica. Oggi questa riforma ci viene presentata come un importante momento della storia della Chiesa Russa ma non proprio uno cruciale. Comunque i contemporanei di questo evento scrissero alcuni libri interesanti sull’argomento. A. V. Kartashov riporta quanto segue: “Simeone di Suzdal nel suo ‘Racconto’ paragona Vassily Vassilyevich non solo al suo predecessore S. Vladimir, ma anche a Costantino, il grande Zar e ‘padre fondatore dellla fede Ortodossa considerato al livello degli Apostoli nei ranghi della Chiesa” ( [372] , pag. 374). Vassily Vassilyevich è il Gran Principe Vassily II Tyomniy, vissuto nel XV secolo. Evidentemente, la Povest Vremennyh Let descrive proprio quest’epoca come quella dell’ultimo battesimo della Russia sotto il Principe Vladimir. Ricordiamo anche al lettore che il nome di battesimo di Vladimir il Santo era Vassily, com’è noto - vedi la Grande Catechesi, per esempio ([86], pag. 29).
Comunque è naturale cercare di capire l’identità di Nikola Khrusovert, Cicinius e Sergiy, Arcivescovo di Novgorod, la cui fede era stata scelta per il battesimo della Russia. Nessun arcivescovo con questo nome esiste da nessuna parte nell’epoca del X secolo, che è l’epoca in cui i libri di testo Milleriani e Romanoviani lo mettono. Infatti – che gerarchia Ortodossa poteva esserci nella Novgorod pagana “prima del battesimo”?
Comunque, guardiamo al XV secolo e cerchiamo i caratteri di cui sopra là. Li troviamo; e sono piuttosto famosi.
Nikola Khrusovert è meglio conosciuto come il famoso Nicolaus Chryppfs Cusano, vissuto nel 1401-1464 ( [936], Volume 2, pag. 212). È conosciuto come il “più grande umanista Tedesco… teologo, matematico e figura pubblica, ecclesiastica e secolare” ( [936], Volume 2, pag. 212). Il soprannome di Cusano si presume derivi dal villaggio di Cusa dove era nato ( [936] , Volume 2, pag. 212). Ci sembra strano che sia stato chiamato col nome di un villaggio di cui nessuno ha mai sentito parlare piuttosto che dal nome della provincia da cui proviene. Crediamo che il suo nome si debba tradurre come “nativo di Kazan” - una famosa città del XV secolo.
Diventano chiare anche le origini del nome Khrusovert come ricordato anche dalla Grande Catechesi. Nicola Cusano portava anche il nome Chryppfs, qv sopra, che poteva essere letto come “Khrus” in Russo Antico. Ma da dove arriva la parola “vert” e cosa significa? La seguente spiegazione è possibile. A quanto pare Nicola Cusano aveva scritto un trattato nientedimeno che sulla rotazione terrestre - “cento anni prima di Copernico”, come si ritiene generalmente ( [936] , Volume 2, pag. 212). In questo caso la parola “vert” potrebbe riferirsi alla sua scoperta (cf. la parola Russa “vertef”, “rotare”, quella Latina “verto” - “Io giro”. Perciò il nome Khrusovert può stare per “Khrus, lo scopritore della rotazione tellurica” - o anche “il Cristiano che ha scoperto la rotazione della Terra”. Probabilmente khrus + vert potevano stare per “converte alla Cristianità”, visto anche che la Grande Catechesi lo nomina tra i padri fondatori della Cristianità Ortodossa. Il soprannome Khrus avrebbe potuto stare per “Cristiano” ed essere derivato dal nome di Cristo, o Horus. Come cominciamo a comprendere il Gran Principe Vladimir (Vassily) deve aver battezzato al Russia mentre Khrusovert era ancora vivo o appena dopo la sua morte.
A questo punto chi poteva essere il personaggio di Cicinius? È l’attivista ecclesiastico ricordato per secondo nella Grande Catechesi. L’enciclopedia della Cristianità ([936]) non cita alcun personaggio noto nel XV secolo con quel nome. Comunque abbiamo trovato Zosima, uno dei più famosi santi Russi e il fondtore del famoso Monastero Solovki. Zosima morì nel 1478 ([936], Volume 1, pag. 562). Potrebbe essere lui la persona citata nella Grande Catechesi come Cicinius? Inoltre si scopre che Gerontiy, il Metropolita di Mosca, è morto nel 1489, che è proprio l’anno del battesimo e il suo successore è stato il Metropolita Zosima ([372], Volume 1, pag. 387). La biografia del Metropolita Zosima è complessa e molto contorta; la sua intera esistenza fu spesa nell’atmosfera di un acceso scisma ecclesiastico. I dettagli non sono molto noti ([936], Volume 1, pag. 562). é possibile che Cicinius dell’epoca del battesimo della Russia citato nella Catechesi sia Zosima, il Metropolita Moscovita della fine del XV secolo.
Cosa possiamo dire di Sergiy, l’Arcivescovo di Novgorod, che è anche citato tra gli artefici effettivi del battesimo della Russia secondo la Grande Catechesi? C’è solo una persona che può adattarsi a quel ruolo - Sergiy di Radonezh. Sebbene la sua morte sia datata alla fine del XIV secolo oggi, fu canonizzato nel 1452 ([936], Volume 2, pag. 553) – proprio l’epoca del “quarto battesimo della Russia” sotto il Principe Vladimir, o Vassily. La vita di Sergiy cade nell’epoca dello scisma ecclesiastico che, secondo la nostra ricostruzione, già germogliava all’inizio del XV secolo.
A proposito, per tornare a Nicola Cusano (probabilmente, Nicola Khrusovert) – bisogna segnalare che “nel 1453, essendo stato profondamente impressionato dalla presa di Costantinopoli da parte dei Turchi, pubblicò un trattato… dove sottolineava ...la possibilità di un accordo Cristiano tra tutte le nazioni. Dopo pubblicò un lavoro intitolato... ‘Riordinare il Corano’... che intendeva mettere in risalto gli stretti legami esistenti tra Islam e Cristianità” ([936], Volume 2, pag. 212). Questo dimostra la sua disposizione positiva verso gli Ottomani, o Ataman, e suggerisce le sue connessioni con la Russia medievale o l’Orda. Ricordiamo che la conquista Ottomana = Ataman era stata lanciata dalla Russia, o l’Orda, secondo la nostra ricostruzione.
27 . COME SI RIFLETTE NELLA STORIA DELLA SCRITTURA A MANO RUSSA LA FALSIFICAZIONE ROMANOVIANA DI DOCUMENTI
Sopra abbiamo a lungo trattato della falsificazione globale degli antichi documenti Russi che ebbe luogo nell’epoca dei primi Romanov (a incominciare cioè dalla metà del XVII secolo). Riflettiamo su come questo enorme imbroglio debba aver colpito la storia della scrittura a mano Russa. Gli stili della scrittura a mano sono soggetti a cambiamenti nel corso del tempo; questo può influenzare grandemente la maniera in cui certe lettere o combinazioni di lettere sono scritte. Il risultato è che i testo scritto con una scrittura arcaica e poco comune sia spesso molto difficile da leggere – a causa del fatto che alcune lettere sono quantomeno impossibili da riconoscere.
Comunque, immaginiamo che a un certo punto della storia tutti i documenti delle epoche precedenti fossero scritti di nuovo e venissero distrutti gli originali. Questo ci lascerebbe in una situazione in cui tutti gli “antichi” documenti falsificati sono scitti più o meno con lo stesso stile di scrittura - quello utilizzato nell’epoca della falsificazione. Questo è lo stile che hanno imparato fin da bambini gli scribi del tardo XVII secolo. Non importa quanto duramente abbiano tentato di far sembrare “antica” la scrittura, la maniera di scrivere adottata nell’infanzia deve aver lasciato traccia in un modo o nell’altro. Perciò il lettore moderno non dovrebbe avere grandi problemi a leggere gli “antichi” testi (falsificati e modificati”. È sufficiente leggere due o tre di questi “antichi documenti” per abituarsi al tipo di scrittura. Il resto degli “antichi documenti” non dovrebbe presentare alcuna difficoltà, poiché la forma delle lettere e la maniera di scrivere dovrebbero rimanere più o meno costanti.
Fig. 14.125. Pagina dell’ "Almanacco di Svyatoslav" presumibilmente datato al 1076. Tratto da [782], numero 1.
Questo è precisamente quello che vediamo succedere con la storia della scrittura a mano Russa. Tutti gli “antichi” testi presumibilmente datati all’epoca pre-Romanoviana possono essere letti senza troppi problemi. Se puoi leggere un testo datato presumibilmente al XVI secolo, sarà ugualmente facile leggere testi che risalgono presumibilmente al XI e al XII secolo ecc. Lo stesso si può dire per i testi che datano alla seconda metà del XVII secolo. Sembra come se i testi scritti a mano della prima metà del XVII secolo siano l’unica eccezione, a dispetto del fatto che la scrittura a mano del presunto XVI secolo sia normalmente molto più accessibile. Ci riferiamo naturalmente esclusivamente a reperti pubblicati – non c’è modo di sapere cosa sia nascosto negli archivi chiusi.
Fig. 14.126. Una pagina del "Nomocanon di Ryazan", presumibilmente datato al 1284. Tratto da [782], numero 1.
Fig. 14.127. Un'atto d’acquisto su pergamena, presumibilmente risalente al XV secolo. Tratto da [788], numero 8.
E così accade qualcosa di strano nella scrittura a mano Russa nella prima metà del XVII secolo, o l’epoca dei primi Romanov, che inizia intorno agli inizi del XVII secolo e arriva fino al 1630. La scrittura a mano di questi documenti è drasticamente differente da ogni altra scrittura a mano di qualunque altro periodo storico. Per qualche misteriosa ragione è nell’epoca che va grossomodo dal 1613 al 1630 che appare una scrittura a mano di difficile lettura e in alcuni casi impossibile da decifrare. Questo è dovuto principalmente alla bizzarra forma della maggior parte delle lettere che spessoa assomigliano alla scrittura Araba piuttosto che a caratteri Slavi. In realtà le lettere sono Slave – è solo la loro forma che troviamo inconsueta oggi. Questo effetto è davvero di grande interesse e si manifesta in modo vivido nella serie di reperti di scittura a mano Russa riprodotta nella edizione multi-volume intitolata Il Dizionario del Linguaggio Russo del XI-XVII secolo ([782]-[791]). Ventitré volumi del dizionario sono stati pubblicati a tutt’oggi. Ognuno di loro contiene due differenti esempi dell’antica scrittura a mano riprodotta nella pagina del titolo. Abbiamo scelto dodici reperti di scrittura a mano – documenti che riguardano il commercio per la gran parte, qv in fig. 14.125 - 14. 140. Segnaliamo che i reperti che non riproduciamo qui sono tutti scritti con una calligrafia perfetta che sarebbe facile da decifrare per qualsiasi lettore moderno a dispetto del fatto che diversi secoli sono passati dall’epoca in questione.
Fig. 14.127. Un'atto d’acquisto su pergamena, presumibilmente risalente al XV secolo. Tratto da [788], numero 8.
La nostra raccomandazione ai lettori che hanno familiarità con l’alfabeto Cirillico è di provare a leggere davvero questi reperti e poi stimare quali siano i più difficili da leggere. Questi sono indubitabilmente i reperti di scrittura a mano che datano al 1613-1614 e dal 1629. Questo fatto può essere ovviamente spiegato in diversi modi – comunque la nostra ricostruzione lo fa sembrare perfettamente naturale. In più sarebbe strano se le cose stessero diversamente. Di fatto durante la campagna di falsificazione dei Romanov che cade nella seconda metà del XVII secolo, gli scrivani comprensibilmente lasciavano i documenti dei Romanov stessi intatti – quelli che riguardavano l’epoca in cui la loro dinastia era già al potere. Dopo tutto questi documenti già cadevano nella categoria “autorizzata”, e non abbisognavano di correzioni al contrario della maggior parte dei documenti precedenti che venivano o distrutti o modificati in modo tendenzioso. La modifica era comunque fatta nella seconda metà del XVII secolo, e gli scrivani ovviamente scrivevano nel loro modo normale, che si può datare alla seconda metà del XVII secolo. D’altra parte i primissimi documenti dei Romanov erano scritti da scrivani che erano stati allevati e educati nell’epoca pre-Romanoviana e così la loro scrittura era drasticamente differnte da quella introdotta nella seconda metà del XVII secolo,come si può vedere oggi. Perciò la misteriosa scrittura a mano era comune in Russia, o Orda intorno alla fine del XVI secolo; i documenti dei primi Romanov hanno piuttosto fortunosamente conservato alcuni esemplari.
Fig. 14.129. Ingrandimento di un frammento di un atto d’acquisto su pergamena che si presume risalga alla XIV — inizio XV secolo.
Dobbiamo notare che abbiamo cercato di legger un documento Russo scritto a mano datato al 1613-1614, e un frammento di un altro documento Russo datato al 1629, qv in fig. 14.133 e 14.134, ma ci è costato molto sforzo e parecchio tempo per abituarci alla forma idiosincratica delle lettere, al modo particolare di fare gli inserti e le abbreviazioni e le diverse versioni di una stessa lettera.
Fig. 14.130. Pagina dalla "Cronaca di Avraamka" apparentemente datata dal XV-XVI secolo. Tratto da [784], numero 3.
Citiamo l’inizio di un documento datato 1613-1614.
“Materiali di discussione, Nell’anno pkb (centoventiduesimo), il quattrodicesimo giorno di Dicembre, il Principe Timofei, figlio del Principe Ivan Obolenskiy, arrivò con urgenza dall’Orda di Varkharchinskaya per rappresentare i Lituani e i Circassi.”
Fig. 14.131. Pagina di un libro intitolato "Guardia", risalente al secolo XVI. Tratto da [783], numero 2.
Fig. 14.132. Pagina dei "Libri parlanti" apparentemente risalenti alla fine del XVI - XVII secolo. Tratto da [783], numero 2..
Fig. 14.133. Documento dell'Archivio Stroganov. Datato all’ “anno 122", che si converte in scala cronologica moderna come 1613-1614. Tratto da [787], numero 7.
Fig. 14.134, Frammento dell'illustrazione precedente: un ingrandimento. Tratto da [787], numero 7.
Fig. 14.135. Pagina dal cronaca di Putivl del 1629. Tratto da [791], numero 19.
Fig. 14.136. Frammento dell'illustrazione precedente: un ingrandimento. Tratto da [791], numero 19.
Fig. 14.137. Missiva autentica inviata dallo Zar Fyodor Alexeyevich Romanov al Patriarca Moscovita Ioakim intorno al 1676-1682 D.C. Tratto da [785], numero 5.
Un dettaglio curioso è che l’anno 122 “da Adamo” è indicato sensa il millennio (il sette nel posto delle migliaia è stato omesso). Questo anno corrisponde al 1614 d.c. nella scala cronologica moderna poiché 7122 = 5508 + 1614. Questa “abbreviazione millenaria” veniva utilizzata negli antichi documenti come regola. Non c’è confusione cronologica nel caso presente – comunque, se il documento riguarda eventi non comuni uno può facilmente “estendere” la storia Russa nel lontano passato datandola al 614 invece che al 1614, per esempio.
Fig. 14.138. "La lettera inviata da Olfyorka a A. I. Bezobrazov". XVII secolo. Tratto da [785], numero 5.
Fig. 14.139. Pagina da un libro delle erbe del XVII secolo. Tratto da [791], numero 19.
Un’altra osservazione interessante è la seguente. Ci si riferisce alle truppe Lituane e Circasse come l’Orda; la parola Russa usata è “gorda” e non la più comune “orda”. Questa versione può fare, per esempio, un po’ di luce sull’etimologia della parola inglese Horde. La parola “horror” potrebbe aver un’origine simile – è così che l’Orda si è riflessa nel addolcito suono Latino “antico” (vedi [237] , pag. 480). Come per i Russi, la parola “ gordiy ”, o “fiero”, è molto probabilmente derivata dalla parola “gorda”.
Fig. 14.140. Frammento di pagina da un libro delle erbe del XVII secolo. Tratto da [791], numero 19.
Torniamo comunque allo stile dell’antica scrittura a mano Russa e ricordiamo il fatto che molte delle antiche monete trovate in Russia hanno iscrizioni illeggibili dichiarate Arabe (vedi Chron5, Capitolo 2). L’origine Araba di queste lettere può essere stimata solo dalla forma delle lettere, che davvero parrebbe Araba. Comunque, cercare di leggere le scritte come testo Arabo è risultato vano e questo è il motivo per cui sono state inizialmente dichiarate illeggibili. Comunque, la scrittura a mano del tardo XVI – primi del XVII secolo, che spesso, alla vista, assomiglia fortemente all’Arabo ci porta a pensare che queste “illeggibili iscrizioni” sulle monete siano Russe. I caratteri inconsueti dichiarati Arabi oggi devono essere antiche lettere Russe del XIV-XVI secolo, ora completamente dimenticate. Oltretutto le iscrizioni sulle monete sono molto più difficili da leggere di quelle dei testi su carta. Nel caso precedente c’è sempre una frase breve o una singola parola; inoltre, l’uso di abbreviazioni era una regola nel conio. Se la forma delle lettere è inconsueta l’iscrizione è completamente illeggibile.
Assistiamo così a una bizzarra tendenza. Cronache Russe, libri e opere d’arte che si presume datassero a epoche remote sono state di fatto ricevute dalle mani degli storici del XVII-XVIII secolo scritte in un Russo perfettamente leggibile. Questo rende molto curioso che quando viene disseppellito un autentico reperto Russo, e per autentico intendiamo che ha fortunosamente evitato le grinfie degli editori Romanoviani, vediamo un quadro completamente differente. La decifratura di simili iscrizioni porta sempre a grandi complicazioni (letterealmente bisogna decifrarle) e gli ostacoli che i ricercatori trovano sono spesso insormontabili. Cominciamo a capire che questa caratteristica è tipica di reperti che sono realmente di epoche pre-Romanoviani e in certi casi anche dell’epoca dei primi Romanov – la distruzione della tradizione della vecchia Orda ha richiesto del tempo dopo tutto, e così persino nel caso di reperti Romanoviani può capitare di incontrare scrittura nello stile antico. Questo, in particolare, riguarda le lontane province. Davvero, le antiche tradizioni muoiono a fatica.
28 . UN ESEMPIO DI UN DOCUMENTO RUSSO EVIDENTEMENTE CONTRAFFATTO. UN DECRETO REALE DI IVAN IL TERRIBILE
Più sopra abbiamo trattato a lungo della falsificazione di antichi documenti Russi nell’epoca dei Romanov. È un fatto comunemente noto che i documenti Russi dell’epoca pre-Romnoviana o sono svaniti o ci hanno raggiunti come copie del XVII secolo, realizzate sotto i Romanov. È noto chenel XVII secolo molti ministeri compilassero libri di copie tratti da antichi documenti. Queste “copie” esistono ancora mentre gli originali sono misteriosamente scomparsi. Si pensa che i funzionari Romanoviani abbiano diligentemente copiato tutti gli antichi documenti e le copie in questione sono perciò considerate genuine copie letterali degli originali perduti. Comunque, tutto quello che siamo riusciti a trovare ci fa dubitare fortemente che la campagna di copiatura dei primi Romanov sia stata condotta col nobile obiettivo di conservare le fragili pergamene per la posterità. È più probabile che sia stato l’opposto, distruzione degli originali rimpiazzati da copie rielaborate alla bisogna.
Tuttavia certi documenti, in particolare diversi decreti di Zar e Gran Principi si presume ci abbiano raggiunto nella loro forma originale. Siamo dell’opinione che sia necessario condurre un nuovo e meticoloso studio dei presumibilmente autentici documenti pre-Romanoviani Russi per scvoprire se davvero sono stati conservati nella loro forma originale.
I documenti che ci vengono mostrati oggi potrebbero essere dei falsi Romanoviani? Il sospetto che una simile attività abbia davvero avuto luogo è confermato dal seguente esempio illuminante. Gli inserti a colori alla fine di [638] contengono una fotografia del sigillo reale di stato dello Zar Ivan IV Il Terribile allegato a “un decreto che data a un epoca più tarda”, secono il commento degli storici eruditi ( [638] ; vedi fig. 14.141). Secondo [638], tquesto decreto è conservato nel Archivio di Stato Centrale degli Antichi Documenti ( [638], pag. 568).
Fig. 14.141. Un decreto dello "Zar Ivan Vassilyevich (il Terribile)", evidentemente falso. Il sigillo apposto sulla carta è stato ovviamente prelevato da un altro documento insieme al pezzo di carta a cui è allegato e incollato al presente documento. Il decreto è conservato nell'Archivio Nazionale Centrale degli Antichi Atti di Mosca, ricavato dalla sezione cin inserti colori alla fine di [638].
Descriviamo i sigilli ufficiali dello stato utilizzati all’epoca. Diversi fori venivano fatti nella parte inferiore del documento e uniti con un pezzo di filo le cui estremità erano poi cucite assieme e sigillate con la cera, piombo o qualche altro materiale. Il sigillo stesso non avrebbe potuto essere incollato su un altro documento senza venire danneggiato. È decisivo che i buchi per il filo fossero fatti nel documento stesso e non in un foglio separato di qualche tipo che avrebbe potuto facilmente essere rimosso e incollato su un altro documento.
Cosa vediamo nella fotografia del decreto reale sigillato col sigillo dello Zar Ivan Vassilyevich “Il Terribile” (preso da [638])? Il sigillo è ovviamente attaccato a un qualche pezzo di carta di pergamena che a sua volta è incollato alla parte inferiore del sigillo, qv in figg. 14.141 e 14.142. Per cui sia il sigillo che il filo sono stati tolti da qualche documento e incollati su un altro. Questo è evidentemente un oggetto contraffatto.
Fig. 14.142. Frammento di un decreto attribuito allo Zar Ivan Vassilyevich "Il Terribile". E' ovviamente un falso. il sigillo è incollato al decreto insieme a un pezzo di carta estranea.
La prima riga del documento dice che fu emesso dal Gran Principe Ivan Vassilyevich. Questo, come anche il fatto che gli storici ammettono che il decreto data a “un’epoca più tarda”, ci dice chiaramente che si tratta di un falso poiché “Ivan il Terribile” è stato l’ultimo Zar Russo chiamato Ivan Vassilyevich.
29 . A DISPETTO DI TUTTI I LORO TENTATIVI GLI STORICI NON SONO MAI RIUSCITI A NASCONDERE IL FATTO CHE GLI ZAR MOSCOVITI AVEVANO IL TITOLO DI GRANDE IMPERATORE
Sebbene i libri di testo scolastici non scrivano nulla a proposito, gli storici sanno che nel XVI secolo, nell’Europa dell’Est ci si riferiva agli Zar Russi come ai Grandi Imperatori. Questo viene riportato da Karamzin, per esempio ([362], Volume 8, colonna 146). La nostra ricostruzione corrisponde poiché lo Zar Russo o Khan era il sovrano dell’intero Grande Impero "Mongolo", che includeva l’Europa dell’Est in particolare. É per questo motivo che i re dei paesi dell’Europa Occidentale gli riconoscevano questo titolo superiore chiamandolo Imperatore. La parola aveva origine nell’Europa Occidentale; viene usata per riferirsi a un sovrano supremo e signore dei sovrani delle province imperiali come re, duchi ecc.
Il fatto che i sovrani dell’Europa Occidentale avessero un tempo utilizzato il titolo di “Grande Imperatore” per riferirsi allo Zar Russo ci è noto da documenti del XVI secolo. Questo irrita assai gli eruditi storici poiché contraddice l’mmagine dell’ “arretrata e selvaggia Russia” da loro disegnata – un paese che aveva ripetutamente fatto del suo meglio per raggiungere il livello illuminato dell’Europa Occidentale senza riuscirci. Comunque, rimane il fatto e gli storici sono costretti a darne una spiegazione di qualche tipo. Hanno trovato una soluzione semplice presentando il fatto come una forma di confusione o di scherzo. L’implicazione è che i potenti monarchi dell’Europa Occidentale trattavano con paternalismo il loro selvaggio vicino Orientale chiamandolo “Grande Imperatore” nascondendo il sorriso, usando il termine come un equivalente delle perline di vetro che i navigatori dell’Ovest scambiavano con l’oro e altri preziosi, nelle loro interazioni con i selvaggi ignoranti, felici di farsi truffare. È così che gli storici presentano il fatto che i monarchi Europei chiamassero lo Zar Russo, o Khan, Grande Imperatore.
Non è difficile capire gli storici – non hanno altre opinioni. Osserviamo come Karamzin tenta di risolvere il problema. Questo è ciò che scrive raccontandoci del ritorno dell’inviato Russo Iosif Nepeya di Vologda dalla Britannia: “Ivan il Terribile aveva molto gradito le gentili lettere di Maria e Filippo che lo chiamavano Grande Imperatore; avendo saputo da Nepeya che gli Inglesi lo avevano trattato con grande reverenza e simpatia, come anche la corte e la gente, Ivan aveva dato il benvenuto agli Inglesi in Russia... In altre parole, le nostre relazioni con la Britannia, basate su mutui benefici e evitando pericolose competizioni politiche… servivano come prova della saggezza dello Zar… facendo ancora più splendido il suo regno” ([362], Volume 8, Capitolo 5, column 146).
Karamzin ha fatto davvero del suo meglio. Lo Zar “era contento” del fatto che gli Inglesi lo chiamassero Grande Imperatore, implicndo che lui fosse sorpreso di essere chiamato così, e utilizza la cosa come prova della sua saggezza, mostrando la lettera dalla Britannia ai suoi boiardi così che anche loro vedessero com’era saggio lo Zar – riconosciuto per tale dagli illuminati Bretoni, nientedimeno. Implica anche che l’autorità dei raffinati inglesi facesse apparire ancora più splendido il trono barbarico Russo agli occhi dei selvaggi Russi.
Dobbiamo affermare qui che Karamzin sta di fatto prendendo parte a un imbroglio poiché capisce in modo completamente distorto la prova dell’antico documento che l’Inghilterra fosse subordinata al Grande Impero "Mongolo" e al suo Zar, o Khan, nel XVI secolo. Rovescia il tutto presentandoci uno scenario di fantasia in cui i sovrani dell’Europa Occidentale usano con disinvoltura un titolo così serio come quello di Grande imperatore in missive ufficiali per benefici a breve termine.
Quanto sopra rivela anche la posizione della capitale, o la residenza del Grande Imperatore – Mosca. La parola Imperatore si riferisce al sovrano di un impero e c’era un solo Grande Impero all’epoca - il Grande Impero "Mongolo". Un singolo impero implica un singolo imperatore - lo Zar, o Khan di Russia, anche conosciuta come l’Orda. Fonti Russe si riferiscono all’Impero come Regno di Russia, intitolando il suo sovrano come Gran Principe di Tutta la Russia. Il Principato di Moscovia era il cuore dell’Impero ma non certo tutto l’Impero. C’era una distinzione tra i due termini che si riflette anche nei documenti del XVII secolo – il famoso Codice del Concilio del 1649, per esempio (vedi Chron5).
Durante l’epoca dei Grandi Disordini in Russia, quando l’impero si era già disgregato, il trono passò a Dmitriy Ivanovich, accusato erroneamente oggi di essere un impostore, qv sopra. I documenti dell’epoca, cioè l’archivio diplomatico Polacco, ha salvato le parole seguenti che si riferiscono all’ambasciatore Polacco. Le citiamo dal testo di Karamzin, che deve aver fatto del suo meglio per nasconderne i rozzi contorni. Dmitriy dice quanto segue: “Non sono semplicemente un Principe, uno Zar e un signore; sono il Grande Imperatore del mio vasto dominio. Questo titolo mi è stato dato dal Signore stesso e non è una semplice parola come i titoli degli altri re: né gli Assiri né i Medi né i Cesari Romani hanno posseduto il diritto di intitolarsi così… non mi chiama Imperatore ogni Monarca Europeo?” ([362], Volume 11, Capitolo 4, colonna 155).
Il passaggio di cui sopra ci dice che lo Zar Russo era il Grande Imperatore stabilendo in modo chiaro che nessun altro monarca poteva reclamare diritti su quel titolo. Sappiamo anche che il suo dominio Europeo era vasto e che ogni monarca Euopeo si rivolgeva a lui chiamandolo Grande Imperatore.
Tutto ciò corripsonde perfettamente alla nostra ricostruzione secondo la quale il Grande Impero "Mongolo" è esistito fino ai primi del XVII secolo. Lo Zar Dmitriy, il Khan, naturalmente cercava di mantenere il titolo di Grande Imperatore nel suo precedente significto. Comunque la frammentazione dell’Impero era già iniziata e i monarchi locali ammutinati (inclusi i Polacchi) lottavano per l’indipendenza dai vecchi sovrani dell’Orda a Mosca.
30 . LA REAZIONE DELLA NOBILTÀ RUSSA ALL’INTRODUZIONE DELLA VERSIONE SCALIGERIANA DELLA ”ANTICA” STORIA NEL XVIII SECOLO
R. K. Almayev è stato così gentile da segnalarci un certo numero di fatti curiosi contenuti nell’articolo di V. V. Dementyeva intitolato “La ‘Storia Romana’ di Charles Rolain letta da un nobiluomo Russo” pubblicata in un periodico sientifico intitolato “Vestnik Drevney Istorii” (“Il Corriere della Storia Antica”, [238]).
V. V. Dementyeva ci dice quanto segue: “La collezione dell’Archivio di Stato dell’Oblast di Yaroslavl Oblast include il manoscritto intitolato ‘Una Critica al Nuovo Libro del 1761 sulle Origini di Roma e sugli Atti di questa Nazione delle Monarchie’. Contiene 47 pagine in cui anche il retro è coperto di scritte, cioè 94 pagg.. . . Il retro dell’ultimo foglio dice: ‘Critica di Pyotr Nikiforovdella famiglia Krekshin. 30 Settembre 1762, S. Pietroburgo’” ([238], pag. 117). Il numero dell’articolo della cronaca nell’Archivio di Stato dell’Oblast di Yaroslavl è il 43 (431); vedi [238],
P. N. Krekshin (1684-1763) era un importante funzionario governativo dell’epoca di Pietro il Grande. In particolare egli “teneva il giornale di Pietro il Grande e aveva classificato le carte dello Zar dopo la morte di Pietro” ( [238], pag. 1 19). Aveva fatto anche la supervisione dei lavori a Kronstadt ([238], pag. 117). “Krekshin pensionato nel 1726, dopo la morte di Pietro, e cominciò a scrivere i suoi lavori di storia, principalmente di storia Russa” ([238], pag. 118). Le opere storiche di P. N. Krekshin furono utilizzate da famosi storici Russi come V. O. Klyuchevskiy, I. I. Boltin, M. M. Shcherbatov e V. N. Tatishchev ( [238], pag. 118).
Dopo la morte di Krekshin, l’Imperatrice Caterina la Grande chiese “di vedere alcune di queste cronache, come anche le carte che erano appartenute a Krekshin, che aveva studiato con grande interesse; decise di tenere alcune di queste a sua disposizione” ( [238] , pag. 119).
Tutto ciò dimostra come Krekshin fosse una figura piuttosto prominente in quell’epoca e i suoi lavori storici erano seguito con grande interesse. L’intero archivio di Krekshin fu comprato nel 1791, dopo la sua morte, dal conte A. I. Moussin-Pushkin, un famoso collezionista” ([238], pag. 118).
Cosa scrive Krekshin nella sua critica dl “Nuovo Libro del 1761 sulle origini di Roma”? Bisogna sottolineare che il libro di C. Rolain, uno storico Francese, fu uno dei primi libri sulla nuova storia Scaligeriana pubblicati in Russia. Viene riportato come “i lavori di Rolain e Crevier erano stati i primi libri di testo sulla storia antica” ( [238] , pag. 119).
V. V. Dementyeva ci dice più avanti che “i primi disaccordi tra P. N. Krekshin e C. Rolain avevano riguardato l’affermazione di quest ultimo sulla invincibilità di Roma… La critica cita una grande quantità di fonti – Giuseppe Flavio, Plinio, Tacito, Ovidio, Plutarco Strabone e Erodoto come anche la ‘Cronaca Babilonese’ di Beros e così via. . . Quale nazione aveva conquistato Roma facendo tremare i suoi eserciti e imperatori? Krekshin... afferma che i Romani erano sempre stati sconfitti dagli Slavi, o Russi. Le sue postulazioni sono le seguneti:
‘ Gli Slavi sono conosciuti come Moscoviti (dopo il Principe Mosokh)’,
‘ I Russi (‘chiamati così dopo il ‘Principe Ross’),
‘ La stessa nazione è conosciuta come Sciti, chiamti così dopo il Principe Skip’
‘ Sotto il principe Sarmat erano conosciuti come Sarmati’,
‘ La stessa nazione è conosciuta come i Goti (dopo il Principe Gott)’,
‘ I Vandali sono la stessa nazione’,
‘ Come i Varangiani’ ,
‘anche altri nomi venivano usati e tutti questi nomi venivano identificati come la Nazione Slava Russa come descritta sopra’,
‘Il rendiconto delle sconfitte di Roma è il seguente: ‘Nel regno di Cesare Augusto, i Goti Slavi devastarono le province vicine dell’Impero Romano’,
‘Attila, Zar degli Unni, conosciuto come Flagello di Dio, dalla terra di Russia. . .’,
‘Odoacre, lo Zar Russo, prese controllo dell’Italia’ ecc” ([238], pag. 120).
Di base, P. N. Krekshin conferma pienamente la nostra ricostruzione storica, sia Russa che internazionale, a dispetto del fatto che egli usa date Scaligeriane erronee. Comunque Krekshin non ha familiarità con la versione Milleriana e Romanoviana della storia Russa, poiché la sua critica era ancora nel suo farsi in quel periodo. La storia Milleriana e Romanoviana vieta decisamente ogni accenno al fatto che l’ “antica” Roma , o Russia come Orda nel XIV-XVI secolo, era esistita simultaneamente con il Regno Moscovita dei Russi nel Medio Evo. Comunque questa regola non si applica a Krekshin, a dispetto del fatto che gli fosse già stata insegnata la cronologia Scaligeriana; è per questo che la storia Russa viene allungata nella remota “antichità”.
Tutto ciò potrebbe essere visto come nient’altro che un’opinione personale di Krekshin – una pia illusione, un’incapacità di afferrare alcuni dettagli e così via? Dopo tutto l’opinione delle persone varia. Non è così - V. V. Dementyeva riporta il fatto più sorprendente. Evidentemente, “La conoscenza di Krekshin della storia antica corrisponde al livello generale di conoscenza dell’epoca. . . gli studi antichi come disciplina della scienza storica Russa storica sono iniziati solo dalla fine del XVIII secolo” ([238], pag. 121). Evidentemente gli studi sono stati condotti anche prima ma non erano abbatanza “scientifici”. È evidente che il termine “scientifico” viene usato dagli storici moderni come riferimento ai lavori della scuola Milleriana e Scaligeriana.
V. V. Dementyeva si chiede retoricamente se la critica di Krekshin “riflettesse il livello di conoscenza storica della metà del XVIII secolo”, e risponde che “certamente lo era” ([238], pag. 121). In altre parole, le idee di Krekshin erano generalmente condivise dalle parti più colte della società Russa.
Vediamo che fino alla fine del XVIII secolo, i Russi avevano aderito alla versione della storia Russa riportata da Krekshin. Questo è in perfetta concorrenza con la nostra ricostruzione. È solo dalla fine del XVIII secolo che la versione Scaligeriana e Milleriana divenne consensuale anche in Russia e anche dopo un certo sforzo a quanto pare.
Oggi la versione Milleriana e Romanoviana del XVIII secolo è già trattata come l’unica possibile – sia presume sia esistita da tempo immemorabile come un comune e ovvio sistema cronologico. É evidente che ogni frammento di informazione che la contraddice è automaticamente dichiarata assurda.
Comunque la storia è una scienza storica e non c’è spazio per il dogma. Ogni postulato scientifico richiede prove, o almeno una convalida se il problema è troppo complesso. Se la società Russa avesse avuto una nozione completamente differente della storia a metà del XVIII secolo, che argomentazione avrebbero portato gli storici moderni per provare che i Russi del XVIII secolo avevano “completamente sbagliato” a capire la loro stessa storia? Il presunto “concetto assurdo della storia Russa” cui aderirono i Russi colti nel XVIII secolo appare veramente poco plausibile.
La ricerca cronologica moderna ci porta ad un’altra ricostruzione delle dispute dimenticate del XVIII secolo, vinte dalla scuola Scaligeriana e Milleriana. Comunque, oggi si scopre che che la versione consensuale contiene enormi contraddizioni – ci sono errori dappertutto. Dall’altra parte si scopre che il concetto Russo di storia nella sua forma del XVII-XVIII secolo, che era stato brutalmente soppresso per introdurre la storia Scaligeriana, è spesso corretto.
31 . VIOLENTA OPPOSIZIONE INCONTRATA DAI PROPONENTI DELLA VERSIONE DELLA STORIA ROMANOVIANA E MILLERIANA NEL XVIII SECOLO. LOMONOSOV E MILLER
Nel Capitolo 1 di Chron4 sottolineiamo il fatto sorprendente che la versione consensuale della storia Russa sia stata creata nel XVIII secolo, ed esclusivamente da stranieri – cioè i Tedeschi Miller, Bayer, Schlezer ecc. Uno si può naturalmente chiedere che ne è stato degli scienziati Russi e che parte abbiano preso in questo processo. Come è stato possibile che la parte istruita della società Russa abbia permesso una simile evidente intrusione in una faccenda così importante per la scienza e la cultura della Russia come la sua stessa storia? Uno straniero dovrebbe aver avuto ovviamente maggiori difficoltà a studiare la storia Russa di un Russo.
Sarà perciò utile rimuovere il velo dalla quasi dimenticata storia dei violenti conflitti tra gli accademici del XVIII secolo impegnati nello studio della storia Russa. Prendiamo un libro di M. T. Belyavskiy intitolato ‘M. V. Lomonosov e la Fondazione dell’Università di Mosca’ pubblicato dalla Università di Stato di Mosca nel 1955 per commemorare il suo 200° anniversario e difficile da trovare di questi tempi ( [60] ). Si scopre che la battaglia per la storia della Russia è stata una delle più importanti nel corso delle lotta per il diritto della società Russa ad avere nel XVIII secolo una propria scienza, che si trovava in un pericolo mortale. Gli scienziati Russi erano guidati da M. V. Lomonosov (vedi fig. 14.143). I loro oppositori stranieri impazienti di sopprimere la scuola scientifica Russa e con il supporto diretto della corte imperiale Romanoviana, erano guidati dallo storico Miller, il cui ritratto è visibile nel Capitolo 1 di ChronI.
Fig. 14.143. Un ritratto di Mikhail Vassilyevich Lomonosov. Tratto da [60], pagina 3.
Nel 1749-1750 Lomonosov si oppose alla versione della storia Russa che veniva preparata da Miller e Bayer alla luce del sole ([60], pag. 60). Criticò le appena pubblicate dissertazioni di Miller intitolate “Sulle Origini della Nazione Russa e del suo Nome”. Lomonosov fece il seguente corrosivo commento a proposito dei lavori di Miller sulla storia della Russia: “Credo che assomiglia parecchio a un sacerdote pagano che va in trance bruciando erbe intossicanti e girando intorno su una gamba sola facendo oscure, inintelligibili, sospette e assolutamente assurde interpretazioni” (citazione secondo [60], pag. 60). È così che una guerra senza limiti per la storia della Russia ebbe inizio.
“Questo è il tempo in cui problemi storici diventano altrettanto importanti per Lomonosov dei suoi naturali studi scientifici. In più, negli anni 1750 gli studi umanistici diventarono la croce degli studi di Lomonosov, con un enfasi sulla storia. È persino costretto di abbandonare le sue responsabilità come professore di chimica… nella sua corrispondenza con Shouvalov si riferisce al suo lavoro intitolato ‘Sugli Impostori e Ammutinati Tra i Reali Tiratori Scelti’, ‘Sullo stato degli affari in Russia durante il regno dello Zar Mikhail Fyodorovich’, ‘Un breve resoconto degli atti dello Zar’ [Pietro il Grande - M. B.] e ‘Note sugli atti del Monarca’. Comunque, ne’ questi lavori ne’ i numerosi documenti che Lomonosov intendeva pubblicare come appendici, ne’ i materiali delle ricerche preliminari, ne’ i manoscritti della seconda e terza parte del primo volume [del lavoro di Lomonosov sotto il titolo di ‘L’Antica Storia della Russia’ - Aut.] sono arrivati fino a noi. Sono stati confiscati e sono scomparsi senza lasciare traccia” ([60], pag. 63).
La prima parte di ‘Antica Storia della Russia’ venne nonostante ciò pubblicata, comunque la storia della sua pubblicazione è bizzarra al massimo: “La pubblicazione venne rallentata in diversi modi. Cominciò nel 1758; tuttavia il libro uscì solo dopo la morte di Lomonosov” ([60], pag. 63). Almeno sette anni dopo, nientemeno, poiché Lomonosov morì nel 1765. Considerando i violenti conflitti intorno al problema, è probabile che il libro uscito sotto il nome di Lomonosov abbia poco in comune col lavoro originale. Nel migliore dei casi fu pesantemente corretto e purgato se non riscritto di nuovo. Questo è ciò che probabilmente è accaduto poiché è accaduto così anche per i lavori dello storico Russo Tatishchev nello stesso periodo, qv in Chron4, Capitolo 1 . In quel caso i lavori furono pubblicati da Miller dopo la morte di Tatishchev e basati su misteriosi “appunti” di quest’ultimo. L’originale del lavoro di Tatishchev scomparve senza lasciare traccia. Chi avrebbe potuto impedire al vittorioso Miller di pubblicare una versione distorta dei lavori di Lomonosov se i Romanov gli avevano dato il controllo totale sulla storia Russa? Si può dire che lo stesso metodo del pubblicare “amorevolmente” i lavori di un oppositore dopo la sua morte è molto caratteristico per le battaglie combattute sulla storia Russa in quell’epoca, e per niente un’astratta questione accademica. I Romanov avevano bisogno di una versione distorta della storia Russa, come anche i monarchi dell’Europa Occidentale. La pubblicazione dei lavori di Tatishchev e Lomonosov sulla storia Russa conosciuti oggi è molto probabilmente un falso, qv avanti.
Torniamo ai primi stadi dell’opposizione tra Lomonosov e Miller. Gli storici Tedeschi decisero di espellere Lomonosov e i suoi sostenitori dall’Accademia delle Scienze. Questa ‘attività scientifica’ fu condotta sia in Russia che all’estero poiché Lomonosov era conosciuto internazionalmente. Tutti i modi possibili furono utilizzati per compromettere la reputazione dello scienziato e i suoi lavori – non solo quelli storici ma anche quelli riguardanti le scienze naturali, dove la sua autorità era immensa (in particolare, Lomonosov era stato membro di numerose accademie straniere – l’Accademia di Svezia dal 1756 e l’Accademia di Bologna dal 1764” ( [60], pag. 94).
“In Germania Miller istigava discorsi pubblici contro le scoperte fatte da Lomonosov, chiedendo che quest’ultimo venisse espulso dall’Accademia” ( [60] , pag. 61 ). Non ebbe successo; comunque, gli oppositori di Lomonosov brigarono perché Schlezer fosse nominato Accademico della Storia Russa ([60], pag. 64). “Schlezer avrebbe definito Lomonosov... un ‘ignorante totale che non sapeva nulla tranne quello che stava scritto nelle sue cronache’” ([60], pag. 64). Lomonosov fu accusato, nientemeno, di essere esperto di cronache Russe!
“A dispetto delle obiezioni di Lomonosov, Caterina II nominò Schlezer Accademico. Non solo così lui ottenne il pieno controllo su tutti i documenti tenuti nell’Accademia, ma aveva anche il diritto di richiedere qualsiasi documento avesse voluto per la libreria Imperiale e altre istituzioni. Un altro diritto che spettava a Schlezer era quello di presentare direttamente a Caterina i suoi lavori… dopo questa nomina, Lomonosov scrisse quanto segue in un amaro e rabbioso “memorandum” che accidentalmente sfuggì alla confisca: ‘Non c’è più nulla da salvare. Il pazzo Schlezer ha accesso a ogni cosa. Non c’è più nulla di segreto nella Libreria Nazionale Russa’” ([60], pag. 65).
Miller e la sua cerchia avevano il pieno controllo sia dell’Università di S. Pietroburgo sia del ginnasio che preparava gli studenti universitari. Alla presidenza del Ginnasio andarono Miller, Bayer e Fisher ([60], pag. 77). “Gli insegnanti del ginnasio non parlano Russo… gli studenti non parlano Tedesco. Tutti gli studi venivano condotti esclusivamente in Latino. Nei suoi trent’anni di esistenza (1726-1755), il Ginnasio non ha preparato un singolo studente universitario” (ibid). Questo ha portato alla affermazione che “l’unica soluzione fosse quella di portare gli studenti in Germania poiché si presume che i Russi fossero incapaci di imparare” (ibid). Davvero – un paese selvaggio e illetterato.
“Lomonosov si trovò nel mezzo della battaglia... A. K. Nartov, un importante ingegnere Russo che aveva lavorato all’Accademia, presentò una protesta ufficiale al Senato, firmato anche da studenti Russi, traduttori e lavoratori della cancelleria e anche dall’astronomo Delisle. Il loro obiettivo era cristallino – impedire che l’Accademia delle Scienze Russa fosse Russa solo nominalmente... La commissione riunita dal Senato per studiare le accuse fatte dai docenti finì per avere il Principe Yousoupov come presidente… La commissione decise che A. Nartov, I. V. Gorlitskiy, P. Shishkaryov, V. Nosov, A. Polyakov, M. Kovrin, Lebedev e i loro sostenitori non erano altro che... ‘hoi polloi (una teppa) abbastanza sfacciata da ribellarsi contro i propri superiori’” ([60], pag. 82).
Bisogna dire che A. K. Nartov era un importante specialista nel suo campo - “creatore del primo supporto meccanico, un invenzione che avrebbe rivoluzionato l’ingegneria” ([60], pag. 83). “A. K. Nartov era un importante ingegnere Russo e inventore. Il suo nome è associato con le più rivoluzionarie invenzioni dell’ingegneria civile e militare… nel 1741 Nartov inventò una batteria di cannoni ad alta velocità che è conservata nel Museo Storico dell’Artiglieria di S. Pietroburgo. Consiste di 44 piccoli mortai… I mortai avrebbero sparato l’uno dopo l’altro appena il fuoco di una traccia o cavo di polvere da sparo accesa avesse raggiunto la miccia” ([264], Libro 2, pag. 700).
Un ritratto di A K. Nartov è visibile in fig. 14.144, e il suo cannone ad alta velocità in fig. 14.145.
Gli scienziati Russi scrisse al Senato: “Abbiamo provato le accuse per i primi otto punti e proveremo anche le rimanenti trenta se avremo accesso agli archivi” ( [60] , pag. 82). “Comunque… furono arrestati per ‘ostinata resistenza’ e ‘insulto alla commissione’. Alcuni di loro furono incatenati e incarcerati rifiutandosi di ritrattare le accuse dopo due anni in quelle condizioni. Il verdetto della commissione fu nient'altro che un atrocità insopportabile - Schumacher e Taubert furono decorati, Gorlitskiy fu giustiziato, Grekov, Polyakov e Nosov furono brutalmente frustati ed esiliati in Siberia, mentre Popov, Shishkaryov e altri rimasero agli arresti fino alla soluzione della questione da parte del successivo presidente dell’Accademia.
Formalmente, Lomonosov non fu incluso nel gruppo degli scienziati che avevano firmato una protesta contro Schumacher; comunque, il suo comportamento durante il processo dimostra che Miller si sbagliava di poco con l’affermazione che ‘il professore aggiunto Lomonosov fosse tra i miscredenti che avevano firmato la protesta contro il membro del Consiglio Schumacher e istigato la creazione di un comitato per l’azione penale’. Lamanskiy, che sostenne che la protesta fosse stata scritta da Lomonosov per la maggior parte, affermava qualcosa di probabilmente vero. Lomonosov restò un appassionato sostenitore di Nartov per tutto il periodo in cui la commissione fu attiva... È questa la ragione per i suoi scontri violenti con alcuni dei più operosi leccapiedi di Schumacher come Winzheim, Truscott e Miller, come anche l’intera conferenza accademica… la commissione era furiosa per il comportamento di Lomonosov e lo arrestò... Il rapporto della commissione che fu presentato a Yelizaveta a stento cita Schumacher; i suoi leitmotiv sono l’ ‘ignoranza e incapacità’ di Nartov e il ‘comportamento offensivo’ di Lomonosov. La commissione dichiarò che Lomonosov doveva essere punito con la morte, o almeno frustato, annullati i suoi diritti e confiscate le sue proprietà per ‘numerosi scortesi, disonoratili e vili atti contro l’accademia, la commissione e la terra Tedesca’. Lomonosov attese il verdetto per sette mesi, sotto arresto... L’editto di Yelizaveta lo considerò colpevole; comunque fu ‘dispensato dalla punizione’ per ‘imparare la lezione’. Tuttavia il suo salario fu dimezzato e fu costretto a chiedere scusa ai professori per la sua ‘mostruosa sfacciataggine’... Miller scrisse una sarcastica ‘Nota di Apologia’, che Lomonosov fu costretto a leggere e firmare in pubblico. . . Questa fu la prima e unica volta in cui Lomonosov fu costretto a ritrattare le sue posizioni in pubblico” ([60], pagg. 82-84).
Fig. 14.144. A. K. Nartov, intorno al 1725. Tratto da [264], libro 2, pagina 699.
La lotta continuò fino alla morte di Lomonosov. “Grazie agli sforzi di Lomonosov, molti accademici Russi e professori aggiunti apparvero nell’Accademia” ([60], pag. 90). comunque, “nel 1763, dopo la delazione fatta da Taubert, Miller, Schtelin, Epinous et al, Catherine espulse totalmente Lomonosov dall’Accademia” ([60], pag. 94). Comunque, l’editto sulla sua espulsione fu presto revocato per la popolarità di Lomonosov in Russia e il riconoscimento del suo lavoro da parte di accademici stranieri (ibid). Tuttavia Lomonosov fu sollevato dall’incarico di capo del Dipartimento di Geografia e rimpiazzato da Miller. Ci fu anche un tentativo di “trasferire tutti i materiali di Lomonosov sul linguaggio e la storia a Schlezer” (ibid).
Quest’ultimo frammento di informazione è davvero è molto significativo. Se ci sono stati tentativi di entrare in possesso degli archivi di Lemonosov da vivo, il destino di questa unica collezione dopo la sua morte deve essere stato sigillato. Come ci si può aspettare, l’archivio di Lomonosov fu immediatamente confiscato alla sua morte e scomparve senza lasciare traccia. “L’archivio di Lomonosov, confiscato da Caterina II, è perso per sempre. Il giorno dopo la sua morte la libreria di Lomonosov e tutte le sue carte furono raccolte dal Conte Orlov per ordine di Caterina e trasferite a palazzo da dove sparirono nel nulla” ([60], pag. 20). Una lettera di Taubert a Miller è sopravvissuta, nella quale “Taubert riporta la morte di Lomonosov senza nascondere la sua gioia e dicendo anche: ‘Il giorno successivo alla sua morte il Conte Orlov ordinò di sigillare le porte del suo studio. Sicuramente contiene carte che si vuole evitare cadano nelle mani sbagliate’” (ibid).
Fig. 14.145. Il cannone a batteria a scarica rapida di A. K. Nartov. Tratto da [264], libro 2, pagina 700.
Evidentemente, Miller e Schlezer, i “creatori della storia Russa” cercarono di mettere le mani sugli archivi di Lomonosov. Il risultato, naturalmente, fu che gli archivi scomparvero. Comunque, sette anni dopo, il lavoro di Lomonosov sulla storia Russa venne pubblicato – ovviamente sotto il controllo totale di Miller e Schlezer, e solo il primo volume, che deve essere stato riscritto da Miller nella giusta maniera. Gli altri volumi sono “scomparsi” - evidentemente erano troppo complessi da processare. Così successe che il “lavoro di Lomonosov sulla storia” che abbiamo a nostra disposizione oggi è, stranamente e misteriosamente completamente corrispondente alla versione della storia di Miller. C’è da chiedersi perché Lomonosov avesse bisogno di discutere con Miller con una simile passione e per così tanti anni accusandolo di falsificare la storia Russa ( [ 60 ] , pag. 62 ) , quando è completamente d'accordo con Miller in ogni passo del libro che si presume abbia pubblicato lui stesso, ossequientemente d'accordo con lui per tutto il testo.
La nostra opinione è questa. Il libro che venne pubblicato a nome di Lomonosov non ha nulla in comune con quello da lui realmente scritto. Bisogna pensare che Miller ebbe un gran piacere a riscrivere il primo volume dopo la morte di Lomonosov - “preparandolo diligentemente per la pubblicazione”, e distruggendo il resto. Si potrebbe pensare ci fossero numerosi fatti raccontati nell’originale – qualcosa che ne’ Miller, ne’ Schlezer, ne’ alcun altro “storico Russo” avrebbe sopportato di veder pubblicare.
32. “LA STORIA DELLA RUSSIA” DI LOMONOSOV: IL PROBLEMA DELL’AUTENTICITÀ. LOMONOSOV O MILLER?
A. T. Fomenko, N. S. Kellin E G. V. Nosovskiy
Più sopra abbiamo ventilato l’ipotesi che il testo conosciuto come “L’Antica Storia della Russia” oggi attribuito a Mikhail Vassilyevich Lomonosov, pubblicato diversi anni dopo la sua morte sia o un falso completo o una versione sostanzialmente distorta del lavoro di V. Lomonosov sulla storia Russa. Abbiamo anche presunto che l’autore della falsificazione possa essere identificato personalmente come G. F. Miller, o uno dei suoi assistenti che rispondeva ai suoi ordini.
È stato segnalato come il manoscritto su “L’Antica Storia della Russia”, che avrebbe potuto servire come prova della sua autenticità, non è sopravvissuto ([493]). Sette anni dopo la morte di M. V. Lomonosov, la sua opera sulla storia Russa fu finalmente pubblicata, ma solo il primo volume – i resto si è perso. La pubblicazione è probabilmente stata supervisionata da Miller, il che ci conduce al sospetto che si tratti di un falso. Primo, “L’Antica Storia della Russia” di Lomonosov è miracolosamente in perfetta corrispondenza con la versione Milleriana della storia. Secondariamente, la scomparsa del secondo volume e del resto è piuttosto indicativo – è improbabile che le discrepanze tra la versione di Lomonosov e quella di Miller cominciassero a manifestarsi dal secondo volume in avanti. Si ha il sospetto che Miller abbia prodotto una versione falsificata del primo volume e distruggesse il resto con la possibile motivazione di ridurre la quantità di lavoro che implicava il falso.
L’ipotesi che “L’Antica Storia della Russia” di Lomonosov sia un falso viene verificata nel presente lavoro con l’uso del metodo di invarianza autoriale scoperto e sviluppato da V. R Fomenko e T. G. Fomenko, qv in Annex 3 a Chron2. Questi sono i risultati.
1) Abbiamo confrontato il valore di invarianza autoriale de “L’Antica Storia della Russia” con quello dei lavori di Lomonosov i cui originali autentici sono ancora disponibili. Il risultato conferma l’ipotesi che “L’Antica Storia della Russia” attribuito a Lomonosov oggi sia un falso. L’ipotesi può dunque ritenersi provata.
2) Abbiamo anche confrontato i valori di invarianza autoriale per “L’Antica Storia della Russia” e il testo di G. F. Miller ( [529] ). Questo fatto conferma la supposizione che Miller abbia preso parte alla falsificazione, sebbene non lo provi in modo definitivo.
Ci troviamo dunque davanti al seguente problema. È vero che il libro pubblicato sotto il nome di Lomonosov e intitolato “L’Antica Storia della Russia” è sostanzialmente differente dal vero originale di Lomonosov? Se si, chi è responsabile della falsificazione?
La soluzione di questo problema può essere affrontata con l’uso del metodo sviluppato in [893] e [METH2]:2, pagg. 743-778. Il metodo permette di verificare, in qualche modo, l’autore del testo e si basa sull’algoritmo di invarianza autoriale scoperto da V. R Fomenko e T. G. Fomenko, qv in Chron2, Annex 3. L’invariante si può definire come la frequenza della funzione dell’utilizzo delle parole. Il calcolo di questa frequenza ci dà la possibilità di rivelare la presenza di un plagio e trovare gli autori che utilizzano uno stile simile.
Spieghiamo brevemente ai lettori a cosa ci riferiamo in questo momento. L’ “invarianza autoriale” dei lavori letterari può essere uno strumento utile per la soluzione di problemi di attribuzione letteraria. Sotto il nome di invariante autoriale intendiamo un parametro numerico relativo al testo in questione il cui valore può caratterizzare inequivocabilmente il testo di un singolo autore o un piccolo gruppo di autori, ma cambia significativamente in casi di testi scritti da differenti gruppi di autori. È auspicabile avere un gran numero di gruppi simili e avere meno autori “simili” in un singolo gruppo in confronto con la somma totale dello studio.
Esperimenti numerici dimostrano che la scoperta di caratteristiche numeriche che permettano di distinguere tra testi di differenti autori senza ambiguità è un compito tutt’altro che facile. Il fatto è che la creazione di un testo narrativo è condizionata anche da fattori che possono essere controllati coscientemente. Per esempio la frequenza d’uso di parole rare o straniere caratteristiche di un certo autore può riflettere in parte la sua erudizione; comunque questo è un fattore che può essere facilmente controllato dall’autore il che rende questa caratteristica inutilizzabile come invariante autoriale ([893]; vedi anche [METH2]:2, pagg. 743-778, e Chron2, Annex 3).
Alcune delle complicazioni nascono dal fatto che molte caratteristiche numeriche del testo sono estremamente sensibili ai cambiamenti di stile nel lavoro dello stesso autore, cioè, si riferiscono a differenti valori del testo scritto dallo stesso autore in differenti periodi. Perciò la stima di una tecnica caratteristica di un dato autore è piuttosto complessa, specialmente se vogliamo stimare questo parametro individuale quantitativamente.
La caratteristica che cerchiamo deve soddisfare le seguenti condizioni:
1 ) Devono essere molto “generiche” per risultare oltre il controllo cosciente di un autore – in altre parole la caratteristica deve manifestarsi come un “parametro inconscio”.
2) Deve essere stabile per ogni autore, che significa che ci può essere solo una piccola deviazione da qualche valore medio, che rimane lo stesso, fluttuando molto poco da testo a testo.
3) Deve essere applicabile per distinguere tra i diversi gruppi di autori – in altre parole abbiamo bisogno differenti gruppi di autori tra i quali le differenze tra i valori di questa caratteristica siano più grandi che quelli trovati nei testi di un singolo autore.
Dopo che V. R. Fomenko e T. G. Fomenko hanno condotto un ampio esperimento di calcolo, è risultato che il parametro numerico di testi che soddisfano le condizioni di cui sopra è la relativa è la frequenza dell’uso relativo di tutte le parole funzionali del testo – preposizioni, congiunzioni e particelle grammaticali, qv in figg. 14.146-14.149 ([893] e [909]). Procedendo lungo il testo utilizzando 16,000 campioni di parole, l’uso delle parole funzionali si rivela essere più o meno costante per tutti i lavori di un dato autore. In altre parole, la curva che rappresenta l’evoluzione di detta frequenza diventa quasi una linea orizzontale. Valori minimi e massimi sono stati presi da ogni autore dello studio; perciò il parametro in questione è utile per distinguere tra vari autori. Per questo è stato chiamato invariante autoriale. Può essere utilizzato per attribuzione di testi anonimi come anche scoprire plagi – sebbene con un certo grado di cautela poiché alcuni autori possono avere valori invarianti simili (Fonvizin e Tolstoy, per esempio). Inoltre, affidabili conclusioni statistiche richiedono l’uso di voluminosi lavori.
L’ultima condizione si incontra nel caso di Lomonosov e Miller. Entrambi hanno lavori che possono essere utilizzati per molti consecutivi campioni di 16.000 parole. I requisiti di applicabilità sono perciò presenti nei due autori. La nostra applicazione del metodo dell’invariante autoriale è stata nel presente caso la seguente:
Passo 1. Abbiamo considerato tutti i lavori disponibili di M. V. Lomonosov, i cui manoscritti autentici scritti con la sua grafia sono tuttora disponibili. Di questi abbiamo selezionato quelli che contengono la quantità richiesta di parole nel testo.
Passo 2. Abbiamo calcolato l’invariante autoriale per M. V. Lomonosov, o l’evoluzione percentuale delle parole funzionali con il metodo spiegato in [893], [909], [METH2]:2, pagg. 743-778,e Chron2, Annex 3.
Passo 3. Successivamente abbiamo calcolato l’invariante autoriale di “L’Antica Storia della Russia” oggi attribuita a Lomonosov. Il volume di testo è sufficiente per i calcoli dell’invariante autoriale.
Passo 4. Abbiamo studiato tutti i lavori disponibili di G. F. Miller. Abbiamo preso solo quelli con un sufficiente volume di testo in Russo.
Passo 5. Il metodo su riportato è stato quindi utilizzato per calcolare l’invariante autoriale di G. F. Miller, o l’evoluzione della percentuale di parole funzione.
Passo 6. Infine abbiamo comparato i valori delle invarianti raccolte con i nostri calcoli.
Abbiamo utilizzato i seguenti testi di G. F. Miller come pubblicati da [529]:
1) “On Reverend Nestor, the First Russian Chronicler, his chronicles and his successors”.
2) “A Proposal to Correct the Errors of the Foreign Authors Writing about Russia”.
3) “A Description of Maritime Voyages into the East Sea and the Arctic Ocean Made by the Russians”.
4) “News about the Latest Maritime Voyages into the Arctic vedi and the Kamchatka Sea, Starting with 1743, or the End of the Second Expedition to Kamchatka. From the reign history of the Great Empress Catherine the Second”.
5) “On the [Russian] Nobility”.
6) “ [A Description of towns and cities in the Muscovite province]”.
7) “Biography and Reign History of Fyodor Alexeyevich”.
“ [Project to create a historical department of the Academy]”.
9) “Important Things and Difficulties Encountered in the Compilation of the Russian History”.
10) “An Instruction to the Translator Andreyan Doubrovskiy”.
11) “Selected Correspondence”.
Solo i testi 3-7 hanno un volume sufficiente di parole di più di 16,000 parole. In più bisogna escludere i testi che non erano originariamente scritti in Russo e che possono essere stati tradotti da qualcuno diverso da Miller. Questo riguarda il lavoro #6; la descrizione di Kolomna è fatta in Tedesco, inoltre il lavoro #6 contiene molte tabelle che complicano i calcoli. I lavori 3 e 4 contengono un gran numero di dati numerici, che complicano anch’essi i calcoli. Il testo #7 contiene molte tabelle e numeri; in più lo abbiamo riportato in differenti formati che è anch’essa una complicazione tecnica. Anche questo testo è stato scartato.
Abbiamo perciò basato la ricerca sul teso #5. Il suo volume è di oltre 16.000 parole. Abbiamo escluso la parte del libro che consiste di una moltitudine di tabelle, cioè pagg. 197-206. I materiali da noi processati perciò corrispondono a pagg. 180-197 (inizio del testo prima delle tabelle, e pagg. 206-225 (fine del testo dopo le tabelle). La numerazione delle pagine è data secondo [529].
Il risultato della ricerca è il seguente: l’invariante autoriale di Miller è uguale al 28 per cento.
Dobbiamo fare la seguente importante affermazione. Questo valore di invariante è eccezionalmente grande, qv in fig. 14.149. È la più grande di tutte le invarianti calcolate per gli autori i cui testi sono stati analizzati in [893] e [909] - vedi Chron3, Annex 3.
Ora calcoliamo l’invariante autoriale di M. V. Lomonosov. Abbiamo studiato i seguenti lavori dell'autore:
1) “A Description of the Marksmen’s Mutinies and the Reign of Zarina Sofia.
2) “A Brief Account of the Academic Chancellery’s History in the Words of the Wise and the Deeds - from the beginning of the present corpus and until our day”.
3) “The Ancient History of Russia from the Origins of the Russian Nation to the Death of Great Prince Yaroslav I in 1054, Written by Mikhail Lomonosov, State Council Member, Professor of Chemistry and Member of the Imperial Academy of Sciences in St. Petersburg and the Swedish Royal Academy of Sciences”.
Ci sono altri 44 testi di M. V. Lomonosov pubblicati in [493], ma non li abbiamo presi in considerazione per varie ragioni – quelli elencati sopra come testi di Miller, come anche il fatto che un terzo sono scritti in versi e non in prosa. Sottolineiamo che l’invariante autoriale può essere applicata con sicurezza solo alla prosa. Il rifiuto di molti altri testi è spiegato dal fatto che gli originali non sono sopravvissuti fino ad oggi come è il caso de “L’Antica Storia della Russia” con cui abbiamo a che fare adesso e quindi non si può essere certi della loro attribuzione a M. V. Lomonosov. Come risultato siamo arrivati a considerare il lavoro #2, che corrisponde a tutte le condizioni richieste.
Il risultato dei calcoli è il seguente: La variante autoriale di Lomonosov nel lavoro #2 è del 20-21 per cento. È un valore veramente basso per la variante autoriale e corrisponde alla soglia più bassa di questo valore considerati tutti gli autori che abbiamo trattato (vedi fig. 14.149).
Vediamo qualcosa di totalmente diverso nel caso de "L'Antica Storia della Russia" (lavoro #3). La variante autoriale si è dimostrata estremamente instabile in questo caso – in alcuni esempi è del 27 per cento mentre in altri e del 25 per cento. Non ci sono discrepanze così evidenti nel caso di ogni altro testo dello stesso autore. L’invariante autoriale per "L'Antica Storia della Russia" varia sporadicamente tra il 24 e il 27 per cento.
La forte fluttuazione della invariante autoriale che vediamo implica che il lavoro #2 e il lavoro #3 elencati sotto il nome di Lomonosov appartengono a differenti autori. Comunque, nel caso del lavoro #2, la paternità di Lomonosov è indiscutibile poiché ancora esiste come manoscritto con la grafia propria di Lomonosov. Questo implica che "L'Antica Storia della Russia" non è stato scritto da M. V. Lomonosov. Inoltre i valori dell’invariante autoriale de "L'Antica Storia della Russia" ascritti a Lomonosov sono in corrispondenza perfetta con i valori scoperti per G. F. Miller. A rigor di termini questo non è ancora sufficiente per provare che la Storia di Lomonosov sia stata falsificata da Miller stesso poiché differenti autori possono mostrare simili o identici valori dell’invariante ([893]). Noi abbiamo provato solo che il lavoro è un falso.
Fig. 14.146. Il comportamento del parametro — percentuale di parola funzione per campioni di 2000 parole. Si vedono le curve che ne risultano essere caotiche.
Fig. 14.147. Il comportamento del parametro — percentuale di parola funzione per campioni di 4000 parole. Le curve rimangono caotiche, ma c'è una tendenza a diventare più pari.
Fig. 14.148. Il comportamento del parametro — percentuale di parola funzione per campioni di 8000 parole. Le curve si intersecano ancora occasionalmente, ma stanno diventando sempre più uniformi.
Fig. 14.149. Il comportamento del parametro — percentuale di parola funzione per campioni di 16000 parole. Le curve si trasformano in linee più o meno rette, il che significa che il parametro si è stabilizzato, con differenze significative tra il suo valore per autori diversi. Il parametro è quindi "buono", è un'autorevole invariante e può essere utilizzato per distinguere autori diversi.
Comunque, risultati precedenti rendono Miller un candidato molto valido per la falsificazione del lavoro di Lomonosov sulla storia della Russia ancor più considerando che i valori invarianti dei testi di Miller e quelli de "L'Antica Storia della Russia" attribuita a Lomonosov sono molto rari tra gli autori Russi, qv in Chron2, Annex 3. Questo fa si che la corrispondenza tra i valori di Miller e quelli dell’ipotetico falsificatore della “Storia Antica” di Lomonosov rendano Miller il più evidente sospettato.
L’innaturale aberrazione del valore d’invariante de “L’Antica Storia” si può quindi spiegare in maniera semplice. Il falsificatore ha utilizzato i testi originali di Lomonosov come base. Evidentemente, la distorsione dell’originale nel processo di riscrittura è stata variabile e questo ha prodotto le erratiche fluttuazioni dell’invariante e l’anormalità dell’oscillazione.
Sottolineiamo che i valori di invarianza autoriale per "L'Antica Storia della Russia" sono drammaticamente differenti da quelli che ritroviamo nei lavori autentici di Lomonosov cioè l’oscillazione della fluttuazione è del 3-4 per cento, laddove normalmente rientra entro i limiti dell’uno per cento nei testo dello stesso autore ( [803] ). È quindi ovvio che la versione pubblicata de "L'Antica Storia della Russia" contiene molto poco del testo originale – è per la maggior parte un falso.
Corollario 1. Si è scoperto che l’invariante autoriale de "L'Antica Storia della Russia" conferma la nostra ipotesi sul fatto che il testo originale di Lomonosov sia stato distorto per la gran parte – virtualmente riscritto di nuovo prima della pubblicazione che ebbe luogo sette anni dopo la morte di M. V. Lomonosov.
Corollario 2. Abbiamo scoperto che l’invariante autoriale de "L'Antica Storia della Russia" è molto vicina a quella dei lavori di G. F. Miller, il primo sospettato per la falsificazione del libro. Questo non prova ancora che la “Storia” di Lomonosov sia stata falsificata da Miller – conosciamo a priori testi scritti da differenti autori le cui invarianti autoriali sono tuttavia simili tra loro (I. S. Tourgenev e L. N. Tolstoy, per esempio, qv in [893] e [909]). Comunque, nel caso presente data la lunga e dura lotta tra Lomonosov e Miller, la scoperta di simili invarianti autoriali nel testo di Miller e ne "L'Antica Storia della Russia" indica che molto probabilmente non è altri che G. F. Miller che ha modificato radicalmente o completamente riscritto la “Storia” di M. V. Lomonosov.
33 . TESTIMONI STRANIERI DEL XVI SECOLO LOCALIZZANO LA GRANDE NOVGOROD SUL FIUME VOLGA
La nostra ricostruzione come descritta precedentemente suggerisce che la Grande Novgorod come descritta nelle cronache Russe si può identificare o come la città di Yaroslavl sul Volga, o come un gruppo di famose città Russe intorno a Yaroslavl. A. I. Karagodov e V. P. Cherepanov della Università di Stato di Scienze Tecniche di Saratov, ci hanno segnalato alcune prove dirette della nostra ricostruzione sopravvissute nei testi medievali del XVI secolo. Evidentemente, Taube e Kruse, i presunti testimoni oculari degli eventi che ebbero luogo all’epoca dell’oprichnina, fanno un riferimento diretto al fatto che la Grande Novgorod stava sul Fiume Volga. Citiamo un passaggio da [117]: “Cronisti esteri e storici dell’epoca [il presunto XVI secolo - Aut.] dipinsero un orribile e repulsiva immagine dell’Oprichnina e del suo creatore [Ivan il Terribile - Aut.]. Comunque, ci si può davvero fidare della testimonianza di Taube e Kruse? Nel loro racconto degli omicidi di Novgorod collocano la città sulle rive del Volga come testimoni oculari di quegli eventi” ([117], pag. 287).
Vediamo che l’autore, uno storico della scuola Scaligeriana, sollecita il lettore a non fidarsi di Taube e Kruse, citando la loro affermazione su la Grande Novgorod collocata sulle rive del Volga, il che naturalmente contraddice la storia Scaligeriana e Romanoviana. Tuttavia questo rapporto do Taube e Kruse coincide perfettamente con la nostra ricostruzione. È fortunatamente sfuggito alla attenzione degli editori Romanoviani nel XVII-XVIII secolo, i quali erano particolarmente diligenti nei loro tentativi di rimuovere ogni prova reale dagli annali della storia Russa.
Comunque non si ha ragione di dubitare della competenza di Taube e Kruse i quali erano ben consapevoli di ciò che scrivevano. Non erano solo dei testimoni oculari degli eventi che ebbero luogo a Novgorod sul Volga. Si scopre che erano diventati membri dell’Oprichnina per volontà di Ivan IV: “Lo Zar non solo proteggeva i dissidenti, ma addirittura avvicinavo molti di loro a sé. Rese... I. Taube e E. Kruse membri dell’Oprichnina” ([775], pagg. 281-282). Si può presumere che Taube e Kruse conoscessero bene la posizione della Novgorod distrutta da Ivan IV (“Il Terribile”).
34. ALEXANDROVSKAYA SLOBODA COME CAPITALE DELLA RUSSIA, O ORDA, NEL XVI SECOLO
In Chron6 dimostriamo che il Cremlino di Mosca come anche altre costruzioni di Mosca come capitale furono effettuate come minimo nella seconda metà del XVI secolo. Abbiamo datato la fondazione del Cremlino a Mosca all’epoca dell’Oprichnina, identificando la costruzione della città come la famosa fondazione della capitale di Ivan nell’epoca dell’Oprichnina. Abbiamo presupposto che la processione reale si fermasse solo temporaneamente nella famosa Alexandrovskaya Sloboda nella rotta da Suzdal a Mosca. Dobbiamo anche ricordare al lettore che la Biblica città di Souza si può molto probabilmente identificare con Suzdal, qv in Chron6. Uno studio ulteriore del problema ha rivelato il fatto che il quadro fosse persino di interesse maggiore per noi come ricercatori.
Si presuppone che Alexandrovskaya Sloboda (la moderna città di Alexandrov nell’Oblast di Vladimir) sia stata la capitale della Russia nel vero e proprio senso della parola per 20 anni, a cominciare con l’inizio dell’epoca dell’Oprichnina nel 1563 ([12], pag. 17). Questo sembra essere vero. Fonti riportano come complessi di lussuosi palazzi con un cero numero di costruzioni secondarie erano stati eretti in Alexandrovskaya Sloboda: “La corte dello Zar a Sloboda includeva il palazzo dello Zar e della nobiltà come anche le sue costruzioni ausiliarie, il giardino reale, un sistema unico di laghi e chiuse che venivano utilizzati per riempire il fossato d’acqua. Servizi di Stato di ogni tipo erano attivi in Alexandrovskaya Sloboda, incluso la Duma dell’Oprichnina, la corte reale, uffici diplomatici e il Ministero degli Affari Esteri” ([11], pag. 7). Evidentemente, “i migliori artisti di icone e costruttori vivevano e lavoravano qui; costruirono un magnifico agglomerato di palazzi e templi secondi in splendore solo al Cremlino di Mosca” ([11], pag. 5). Come possiamo capire oggi, le cose sembrano esser accadute in un ordine diverso – la capitale Alexandrovskaya Sloboda era precedente al Cremlino, che fu costruito a sua immagine qualche tempo dopo, nel XVI secolo.
Alexandrovskaya Sloboda era il posto in cui lo Zar incontrava gli inviati stranieri; questo fatto rimase riflesso nelle memorie di Ulfeldt, l’Ambasciatore Danese, nel XVII secolo: “Impressioni su Alexandrovskaya Sloboda e sullo Zar Russo (il “crudele Faraone”) si riflettevano nel libro dell’Ambasciatore intitolato ‘Un Viaggio in Russia di Jacob Ulfeldt, Inviato Danese’” ([11], pag. 9). A proposito, il fatto che l’Ambasciatore Danese chiamasse lo Zar Russo Faraone non è una mera comparazione letteraria – lo Zar era davvero il Faraone d’Egitto descritto nella Bibbia; alcune parti della Bibbia furono scritte in questa epoca, qv in Chron6. Le cronache dell’epoca sembra che usassero il termine “Alessandria d’Egitto” per riferirsi alla sua capitale Alexandrovskaya Sloboda. Il ricordo della Libreria di Alessandria sembra della stessa epoca riferendosi alla Libreria di Alexandrovskaya Sloboda, o la famosa libreria di Ivan il Terribile ([11], pag. 6) . In questo caso la scomparsa della famosa “antica” Libreria di Alessandria in un incendio potrebbe essere un riflesso leggendario della reale distruzione di Alexandrovskaya Sloboda da parte dei Romanov all’epoca del XVII secolo: “Durante i Grandi Disordini” il complesso del palazzo fu distrutto e saccheggiato” ([11], pag. 11). Oggi il territorio di Alexandrovskaya Sloboda è occupato dal convento Svyato-Ouspenskiy.
A proposito, si presume che il “principe Ivan [il figlio di Ivan “Il Terribile” - Aut.] sia morto in Alexandrovskaya Sloboda dopo una ferita mortale inflittagli dallo Zar in un impeto di rabbia” ([12], pag. 16). Si presume inoltre che “lo Zar partisse da Alexandrovskaya Sloboda in seguito alla morte del suo figlio più grande” ([11], pag. 1 1 ). È anche possibile che alcuni degli eventi riflessi nel libro Biblico di Esther abbiano avuto luogo proprio qui in Alexandrovskaya Sloboda, nel XVI secolo, qv in Chron6.
Gli storici moderni si confrontano con la necessità di spiegare perché la capitale della Russia fosse Alexandrovskaya Sloboda e non a Mosca. Scrivono quanto segue: “Un altro paradosso è che la Corte dell’Oprichnina a Mosca, costruita nei primi mesi che seguirono il Febbraio del 1565… fosse in generale associata con la capitale dell’Oprichnina, o Alexandrovskaya Sloboda. Tutte le funzioni governative furono concentrate in Alexandrovskaya Sloboda verso l’autunno del 1565… a cominciare dal 1568, gli scrivani reali e le case editrici furono concentrate qui” ([12], pag. 16; anche [11], pag. 6). A parte la pubblicazione di libri, questo era anche il posto dove costruivano le campane” ([11]). E così via. Gli storici “spiegano” questo suggerendo che Ivan il Terribile fosse un tiranno eccentrico che aveva deciso di trasferire la corte in Alexandrovskaya Sloboda da Mosca. Siamo di diversa opinione, che può essere esposta così. La costruzione di una capitale a Mosca non era ancora iniziata a quel tempo. Agli albori dell’epoca dell’Oprichnina la capitale reale della Russia e il quartier generale dello Zar, o Khan, venne spostato in Alexandrovskaya Sloboda da Suzdal, o Biblica Souza e rimase là per circa 15 anni. È probabile che un nuovo spostamento della capitale fosse iniziato col Khan Ivan Simeone alla fine del XVI secolo, dopo la sconfitta dell’Oprichnina, per spostarla di altri cento chilometri verso Ovest. Così è stata costruita Mosca.
I disordini ricominciarono all’inizio del XVII secolo. Mosca venne incendiata e il Cremlino Moscovita passò di mano diverse volte. Si presume che Mosca fu rasa al suolo. Perciò Mosca fu rasa al suolo o perlomeno quasi completamente distrutta al termine dei Grandi Disordini, durante l’epoca dell’interregno e delle guerre civili dei primi del XVII secolo, proprio prima dell’ascesa dei Romanov. Questo deve aver portato alla distruzione del Cremlino Moscovita. Secondo I. A. Zabelin, persino alla fine del regno di Mikhail Romanov, nel 1645, “l’intero Cremlino era in rovina; diversi strati di mattoni mancavano dalle mura della cittadella e alcune delle torri avevano le pareti scavate con le bianche pietre sparse a terra. Le cupole di alcune torri erano in uno stato deplorevole o del tutto crollate”. La ricostruzione del Cremlino iniziò ([284], pag. 165).
35 . L’ISCRIZIONE CONTRAFFATTA COL NOME DEL MONARCA SUL PRESUNTO RITRATTO DI IVAN IL TERRIBILE DATATO AL XVII SECOLO
Abbiamo incontrato in molte occasioni delle contraffazioni in documenti storici Russi datati al XVI secolo o addirittura dei falsi assoluti. La nostra esperienza con la datazione dei materiali storici ci ha lasciato con la sensazione che sia molto difficile trovare artefatti autentici del XV-XVI secolo sopravvissuti alla censura dei Romanov sia tra i documenti che tra gli oggetti esibiti nei musei. Questa censura ha lasciato un segno sugli oggetti presenti nei musei di Alexandrovskaya Sloboda datati in particolare al XVI secolo. Tra gli altri oggetti del museo della Chiesa Pokrovskaya (XVI-XVII secolo) e della Sala da Pranzo (XVI secolo), qv in figg. 14.150, 14.151 e 14.152) vediamo un ritratto reale (fig. 14.153). Si presume rappresenti lo Zar Ivan Vassilyevich “Il Terribile”. Gli storici moderni datano il ritratto alla fine del XVII o inizio del XVIII secolo ([11], pag. 4). È spesso chiamato un “parsuna unico del XVII secolo” ([11], pag. 9). Perciò, quello che abbiamo a disposizione è una immagine molto rara di un autocrate Russo.
Fig. 14.151. La Chiesa Pokrovskaya del XVI-XVII secolo e la Sala da Pranzo del XVI secolo in Alexandrovskaya Sloboda.
Alla base del ritratto troviamo un’iscrizione che sembra suggerire che lo Zar in questione sia davvero Ivan Vassilyevich. Comunque, la fotografia del ritratto citato nell’album ([11], pag. 4) lascia fuori l’iscrizione per qualche ragione – vediamo solo la prima riga e una parte della seconda. C’è forse qualche ragione per far ciò? Diamo un’occhiata all’edizione fondamentale che ci parla del museo di Alexandrovskaya Sloboda in dettaglio ([1373]). La primissima pagina del libro contiene una riproduzione di questo ritratto; la maggior parte dell’iscrizione è lasciata fuori – vediamo solo una vaga traccia della prima riga e nient’altro.
Fig. 14.152. La cupola della Chiesa Pokrovskaya, Tratto da [1373], pagg. 68-69.
Questo dettaglio, da solo, non sarebbe stato degno della nostra attenzione se non fosse per il fatto che l’iscrizione in sé è del massimo interesse. Lo abbiamo capito solo visitando il museo di Alexandrovskaya Sloboda. Abbiamo fotografato l’intera iscrizione, che si può vedere in figg. 14.154 e 14.155. Come possiamo vedere il ritratto porta la seguente dicitura: “Ivan Vassilyevich, Zar e Gran Principe di Russia, saggio e coraggioso sovrano. Lo Zar conquistò tre regni - Astrakhan, Siberia e la Terra dei Kazari, rendendoli parti del suo dominio; ha anche sconfitto i nemici Svedesi e recuperato gran parte della terra Russa. Il primo ad essere incoronato e...”
Qui il testo finisce brutalmente; vediamo degli strani scarabocchi invece del resto della frase. L’iscrizione è davvero interessante.
Fig. 14.153. Ritratto reale esposto nel museo della chiesa di Pokrovskaya e nella Sala Luminosa del XVI secolo ad Alexandrovskaya Sloboda. Presumibilmente un ritratto di Ivan Vassilyevich "Il Terribile". Tratto da [11].
Per prima cosa il regno di Kazan è chiamato la Terra dei Kazari, che concorre perfettamente con la nostra ricostruzione secondo la quale il famoso “antico regno dei Kazari” è identificabile come il regno medievale di Kazan del XV-XVI secolo.
Secondariamente, si dice che lo Zar ha “recuperato gran parte della terra Russa” dagli Svedesi. Questo dovrebbe suonare piuttosto curioso se seguiamo la storia Scaligeriana e Milleriana. Se lo Zar Russo ha confitto gli Svedesi perché dovrebbe significare che ha “recuperato gran parte della terra Russa”? Dopo tutto ci è stato insegnato che l’Europa Occidentale, inclusi gli Svedesi, non è mai stata parte della Russia o governata da Zar Russi. La nostra ricostruzione rende tutto chiaro – l’iscrizione si riferisce agli eventi del XVI secolo, quando lo Zar o Khan Russo (o Assiro, secondo la nostra ricostruzione) descritto nella Bibbia come Nebuchadnezzar, riuscì a sopprimere parzialmente l’ammutinamento nelle terre Occidentali del Grande Impero "Mongolo", ristabilendo il suo dominio su questi territori.
Fig. 14.154. La legenda sotto il ritratto di "Ivan Vassilyevich" al museo della chiesa di Pokrovskaya e nella sala da pranzo del XVI secolo. Foto scattata dagli autori nel 1998.
È anche ovvio che l’iscrizione non fosse gradita per qualche motivo agli editori della storia Romanoviana. Lo strano scarabocchio alla fine della frase ovviamente sostituisce la parte dell’antico testo cancellata. L’ultima riga del testo è probabilmente più corta di quella precedente e al centro, con spazi vuoti a destra e sinistra. La frase “Il primo ad essere incoronato e...” finisce chiaramente in un modo brusco; la congiunzione “e” indica che era seguita da qualche frase che è stata brutalmente cancellata e rimpiazzata da uno scarabocchio senza significato che ha lo scopo di far apparire il testo più simmetrico ovviamente per nascondere le alterazioni.
Fig. 14.155. Frammento della legenda sotto il ritratto di "Ivan Vassilyevich": ingrandimento. La legenda è stata evidentemente alterata. Qui c’era scritto qualcosa di diverso.
Comunque, il fatto più interessante è che il nome dello Zar è un falso. Ritorniamo alla prima riga. Guardando più da vicino la fotografia (fig. 14.155). Vediamo chiaramente una seminascosta frase sotto le parole “Ivan, Gran Principe di Russia”, che si può vedere particolarmente bene nello spazio vuoto tra le parole “Ivan” e “Russia”. Qualcos’altro stava scritto qui – un altro nome o titolo. Forse, “Khan Simeone”. Comunque è difficile ricostruire la scritta cancellata. Non siamo riusciti a farlo nonostante abbiamo passato parecchio tempo al museo. Ci vuole una lente di ingrandimento, condizioni di laboratorio ecc. Occorre anche una competenza particolare per analizzare lo strato di vernice sopravvissuto.
Fig. 14.156. Ritratto di Aleksej Mikhailovich Romanov, nella Chiesa Raspyatskaya di Alexandrovskaya Sloboda.
Il ritratto di “Ivan Vassilyevich” che abbiamo a nostra disposizione ha evidenti tracce di falsificazione. L’iscrizione antica è stata cancellata e rimpiazzata da un’altra. Potrebbe essere stato manomesso anche il vero ritratto dello Zar?
Deve essere questa la ragione per cui i compilatori dell’album ([11]) e l’autore del libro ([1373]) decisero di lasciare l’ “imbarazzante iscrizione” fuori e non includerla nelle fotografie del famoso ritratto – per evitare che i lettori si facessero domande non necessarie.
Ci sono altre stranezze intorno a questo ritratto. La persona rappresentata si presume sia Ivan il Terribile; ha delle caratteristiche distintive come un rientro sull’attaccatura del naso, qv in fig. 14.153. Comunque, vediamo un altro ritratto esposto nella vicina Chiesa Raspyatskaya, dello Zar Alexei Mikhailovich Romanov, qv in fig. 14.156. Vediamo che anche questo ha un rientro sull’attaccatura del naso; in generale sembra che le facce dei due ritratti siano sorprendentemente simili. Il ritratto di “Ivan il Terribile” della Chiesa Ouspenskaya potrebbe essere in realtà quello dello Zar Alexei Mikhailovich datato a un epoca più tarda, che gli storici Romanoviani del XVII o del XVIII secolo decisero di usare per realizzare il ritratto dello “Zar Ivan il Terribile”, che sarebbe servito per rimpiazzare l’autentico antico ritratto dello Zar o Khan del XVI secolo. È possibile che abbiano semplicemente preso un ritratto di Alexei Mikhailovich, cancellata la scritta alla base e sostituito il nome con quello di Ivan Vassilyevich, cancellando un certo numero di parole e frasi “imbarazzanti” mentre erano al lavoro. Come abbiamo potuto constatare non si sono preoccupati di fare le cose con cura – invece di pensare a qualche testo plausibile da mettere alla fine dell’iscrizione, i falsari hanno semplicemente cancellato alcune “parole pericolose” rimpiazzandole con scarabocchi senza significato pensando fossero sufficienti allo scopo.
Evidentemente poche persone facevano attenzione a simili fenomeni nell’epoca dei primi Romanov e anche meno osavano indagare sulla scrittura precedente o sulla ragione per cui lo Zar avesse improvvisamente cambiato nome. Tutto quello che capiamo oggi è che una simile indiscrezione sarebbe difficilmente stata vista come lodevole all’epoca.
36 . ISCRIZIONE SULLA STOLA DI UNA CASULA ORNAMENTALE DEL XVI SECOLO CON IL NOME CONTRAFFATTO DI UNO ZAR RUSSO
Il museo della Chiesa Ouspenskaya in Alexandrovskaya Sloboda ha in esposizione la cosiddetta “stola di casula” (ricamo del 1596. vedi [11], pag. 34, e [1373], pag. 114; anche fig. 14.158). Il ricamo rappresenta la scena Evangelica di Gesù Cristo che somministra la comunione con pane e vino ai suoi apostoli ([11], pag. 35). È circoscritto da una scrittura di filo dorato e argentato (vedi la striscia rettangolare in fig. 14.158). L’intera iscrizione viene presentata in sei fotografie (figg. 14.159-14.163).
Dice quanto segue: “L’anno ЗРД (7104, o 1596), il regno dello Zar e Gran Principe [???] Ivanovich e Zarina Irina, alla figlia del Principe Afanasiy Andreyevich Nogayev, Principessa Euphimia”.
L’intera iscrizione è in perfette condizioni ad eccezione del nome dello Zar che è scomparso.
Le tracce che rimangono ci conducono alla convinzione che il reperto sia caduto in mano ai falsari. Qualcuno ha fatto il tentativo di lasciare delle false tracce del nome “Fyodor”, comunque il risultato non è per nulla plausibile. La prima parte del nome è abbozzata piuttosto rozzamente con una coppia di punti individuali; le lettere alla fine del nome hanno una forma strana e sembrano alterate. Questo riguarda la penultima lettera, P, e particolarmente l’ultima lettera, A. Le due lettere precedenti sono totalmente mancanti, rimpiazzate da una strana chiazza (vedi fig. 14.160). Oggi non si può più immaginare la scritta originale.
Fig. 14.157. La Chiesa Ouspenskaya in Alexandrovskaya Sloboda (la moderna città di Alexandrov). Cfr. anche [11].
Com’è che questo “implacabile tempo” sceglie di cancellare il nome di uno Zar Russo del XVI secolo lasciando il resto intatto? Potrebbero gli editori Romanoviani del XVIII secolo aver lavorato al suo posto?
Fig. 14.158. L'abito monastico del 1596, un frammento. Museo della Chiesa di Ouspenskaya ad Alexandrovskaya Sloboda. Tratto da [11].
Fig. 14.161. Prosecuzione della scritta sulla veste. Foto scattata nel 1998.
Fig. 14.159. Frammento di scritta sulla veste. Inizio. Fotografie scattate dagli autori nel 1998.
Fig. 14.162. Prosecuzione della scritta sulla veste. Foto scattata nel 1998.
Fig. 14.160. Prosecuzione della scritta sulla veste. Il nome dello Zar Russo è un'ovvia falsificazione; per il resto, la scritta è in buone condizioni. Foto scattata nel 1998.
Fig. 14.163. Finale della scritta sulla veste. Foto scattata nel 1998.
A proposito, la scritta è evidentemente in contrasto con la storia Russa raccontata nei libri di testo Romanoviani e Milleriani oggi. Ci si riferisce alla Principessa Euphimia menzionata nel testo come alla figlia del Principe Afanasiy Andreyevich Nogayev. Comunque, l’unica Principessa Euphimia conosciuta nella storia Romanoviana del periodo si presume sia la figlia di Vladimir Sergeyevich Staritskiy e Yedvokia Nagaya (qv nell'indice alfabetico dei principi e principesse Russe in [404]).
Comunque, l’iscrizione sulla casula dice Afanasiy invece di Vladimir. Inoltre il soprannome Nagoy (Nagaya è la sua forma femminile) - o, piuttosto, Nogayev, è portata dallo stesso Vladimir (o Afanasiy?) Andreyevich, e non da sua moglie, come gli storici Romanoviani cercano di suggerire oggi. L’impressione è di confusione totale. L’epoca in questione è piuttosto recente – la fine del XVI secolo; dovremmo conoscerla nei dettagli secondo la storiografia Romanoviana.
A proposito, la sostituzione di Nogayey con Nagoy non è in alcun modo innocua come appare a prima vista. Il nome Nogayev ricorda la famosa Orda Nogaiskaya, i cui ultimi resti furono distrutti dai Romanov nel XVIII secolo (il Conte Souvorov era il comandante di quell’esercito), laddove il nome “Nagoy” non conduce a simili “associazioni pericolose”.
Questa dev’essere la ragione per cui gli editori dei Romanov hanno rimpiazzato Nogayev con Nagoy, desiderando nascondere la relazione esistente tra gli Zar Russi e l’Orda Nogaiskaya.
37. SORPRENDENTI SCENE BIBLICHE RUSSE IN AFFRESCHI DEL XVI SECOLO MIRACOLOSAMENTE SOPRAVVISSUTE NELLA CHIESA POKROVSKAYA DI ALEXANDROVSKAYA SLOBODA
Ora considereremo la sorprendente opera d’arte della Chiesa Pokrovskaya. La cupola nelle sue moderne condizioni può essere vista in figg. 14.150, 14.151 e 14.152. In fig. 14.164 si vede la ricostruzione fatta dagli storici moderni della cupola com’era nel XVI secolo. Ci riferiremo alla pubblicazione scientifica che contiene l’articolo dal titolo “Il programma dell’opera d’arte della Chiesa Pokrovskaya di Alexandrovskaya Sloboda” di V. D. Sarabyanov, come anche a “Lo Stile dell’Opera d’Arte della Chiesa Pokrovskaya (Inizialmente Troitskaya) di Alexandrovskaya Sloboda” di V. M. Sorokatiy ( [ 12] ) nella nostra analisi dell’opera.
Secondo V. D. Sarabyanov, “l’opera sulla cupola della Chiesa Pokrovskaya (inizialmente Troitskaya) di Alexandrovksaya Sloboda, che data all’epoca di Ivan il Terribile, è del massimo interesse per noi – non solo perché data al periodo che ci ha lasciato ben pochi preziosi lavori di arte monumentale ma anche per l’unicità del programma iconografico” ([12], pag. 39). Inoltre scopriamo che “è l’unico esempio di una chiesa Russa del XVI secolo con un opera a tema” ([11], pag. 21). Segnaliamo come questa davvero sorprendente opera d’arte sia sopravvissuta per puro caso, essendo invisibile sotto gli strati successivi. Per questo motivo è stata così fortunata da sfuggire agli editori storici Romanoviani del XVII-XVIII secolo. Se fosse stata scoperta allora sarebbe stata o distrutta o falsificata – lo abbiamo visto succedere diverse volte. L’opera fu scoperta solo nel XX secolo - nel 1925 (vedi [12], pag. 55). Le sue condizioni sono piuttosto precarie. Gli storici moderni sottolineano “le cattive condizioni dell’opera, come anche il fatto che le pareti sono a grande distanza da chi guarda... Comunque bisogna sottolineare la grande rarità dell’opera e del ruolo che gioca nella stima corretta dell’arte del XVI secolo” ([12], pag. 54).
Gli storici datano quest’opera intorno al 1570 circa ([12], pag. 55). L’opera si deteriora piuttosto rapidamente.
V. M. Sorokatiy segnala che “per fortuna abbiamo un’unica fonte a nostra disposizione, una che riflette la condizione originale dell’opera appena scoperta – incompleta e con numerosi difetti ma in molto maggior dettaglio di quello che possiamo vedere oggi. Mi riferisco alle fotografie del 1926, senza le quali nessuna valutazione completa sarebbe possibile” (ibid).
Non si può fare a meno di farsi domande sull’insensata maniera in cui gli storici istruiti trattano quest’opera del XVI secolo che miracolosamente ha raggiunto i nostri giorni. Secondo V. D. Sarabyanov, “l’opera della Chiesa Pokrovskay scoperta all’inizio degli anni ‘20 , sfortunatamente non è stata preservata nella maniera migliore; il deterioramento sostanziale dei livelli di intonaco e pittura negli anni passati dalla scoperta rendono la ricostruzione dei dettagli e l’identificazione dei santi estremamente difficile – quasi impossibile” ([12], pag. 41).
Fig. 14.164. La ricostruzione della cupola della chiesa di Pokrovskaya (in origine Troitskaya) di Alexandrovskaya Sloboda, come era nel secolo XVI. Tratto da [12], pagina 80, fotografia 2.
Non siamo riusciti a studiare gli affreschi nel luglio 1998, poiché la chiesa resta chiusa ai visitatori del museo.
Fig. 14.165. La visione generale dell'opera sulla cupola della chiesa di Pokrovskaya (Troitskaya). Condizione moderna. Tratto da [12], pagina 80, fotografia 4.
Fig. 14.166. Decorazione della cupola della Chiesa Pokrovskaya: frammento. Tratto da [12], pagina 80, foto 7.
Fig. 14.167. Decorazione della cupola della Chiesa Pokrovskaya: frammento. Tratto da [12], pagina 80, foto 8 e 9.
Fig. 14.168. Frammento dell'opera sulla cupola del vestibolo della Cattedrale Blagoveshchenskiy nel Cremlino Moscovita, del secolo XVI. Secondo il disegno di V. V. Souslov fatto all'inizio del XX secolo. Tratto da [107], pagina 148.
In fig. 14.165 si vedono le condizioni attuali dell’opera. Frammenti di affresco sono riprodotti in figg. 14.166 e 14.167. L’idea generale dell’opera è la seguente. Il dio Sabaoth è al centro, circondato dagli arcangeli seguiti dagli evangelisti e da personaggi Biblici insieme a principi Russi. Per esempio “a destra di S. Vladimir vediamo la legenda ‘Vladimir il Grande’ vediamo anche le parole ‘Gleb il Principe Giusto’ vicino a S. Gleb” ([12], pag. 53).
È importante che l’opera non sia una mera ed eclettica collezione di personaggi ma piuttosto un resoconto del cosiddetto “Albero di Gesù” ovvero l’albero genealogico di Gesù Cristo. Sarabyanov segnala che la decorazione in questione “è un’interpretazione del motivo simbolico e decorativo dell’albero molto comune nell’arte medievale. Nell’arte Bizantina del XIII-XIV secolo questo motivo era fondamentalmente usato nelle composizioni intitolate “L’Albero di Gesù”, che serviva a rappresentare e glorificare la genealogia di Gesù Cristo…. Questa composizione trionfale… serviva come base per collocare un tema locale conosciuto come ‘La Vite di Nemanich’, che deificava la dinastia reale Serba e proclamare le origini divine del potere reale… Questa iconografia fu introdotta nell’opera dell’altare laterale Pokhvalskiy della Cattedrale Ouspenskiy nel Cremlino di Mosca, del 1482 [la data è evidentemente sbagliata - Aut.] e divenne largamente popolare nella seconda metà del XVI secolo. Il vero ‘Albero di Gesù’ era tra le composizioni incluse nella decorazione della Cattedrale Blagoveshchenskiy nel 1405 [anche questa data risulta sbagliata - Aut.] da Teofano il Greco ed è ripetuta nel lavoro del 1547-1551, occupando tutte le cupole e una parte sostanziale delle pareti della galleria. . . Nel contesto dell’intero lavoro che riguarda apertamente la glorificazione della dinastia regnante Russa, l’ ‘Albero di Gesù’ è senza dubbio sullo stesso tema, servendo a veicolare lo stesso concetto del potere reale come di origini divine ma in modo più sottile de ‘La Vite di Nemanich’ e riferendosi al primo Zar Russo che venne incoronato poco dopo la creazione di quest’opera.” ([12], pag. 46).
Perciò l’opera della Chiesa Pokrovskaya dipinge diverse generazioni di personaggi Biblici e Zar Russi come un’ininterrotta sequenza – un albero genealogico. Al centro della composizione vediamo il dio Sabaoth e non Gesù Cristo ([12], pag. 52). Per i personaggi Biblici – vediamo Adamo ed Eva, un personaggio che si potrebbe identificare come Cyph, il terzo figlio di Abramo, Abele, Noè “che si può identificare inequivocabilmente dall’arca che tiene nelle mani” ([12], pag. 42). Vicino ci sono Abramo, Isacco, Giacobbe e i “dodici figli ovvero i dodici patriarchi delle tribù di Israele. Sono tutti vestiti con abiti principeschi con lussuosi scialli decorati, decorazioni sulle maniche e sui bordi” ([12], pagg. 42-43). L’ “Albero” include anche dodici profeti Biblici, probabilmente Aronne, Isaia, Daniele, Samuele e Zaccaria come anche il Re Davide e il Re Salomone. Alcune delle figure non possono essere identificate facilmente con nessun personaggio famoso ([12], pagg. 42-43).
Infine, “il sesto cerchio dell’opera... dipinge i santi del Nuovo Testamento, principalmente martiri e principi Russi” ([12], pag. 43). In particolare vediamo S. Jacob Perskiy, S. Mina, il principe Russo Vladimir, Boris e Gleb, e così via. Gli artisti del XVI secolo dipinsero i personaggi Biblici e i principi Russi come contemporanei, o rappresentativi della stessa epoca. Gli storici scrivono quanto segue sul Principe Vladimir, per esempio: “La sua figura si trova al di sopra… della linea principale della gerarchia che corrisponde evidentemente ai ritratti dei patriarchi del Vecchio Testamento - Cyph e Davide il Profeta... La concezione del Regno Moscovita come la nazione scelta e benedetta su cui vigila il Signore stesso, è illustrata in una maniera evidente – la grazia divina che scende dai cieli e viene distribuita equamente… tra lo Zar patriarca, Davide… e il Principe Vladimir che vediamo nello stesso ramo… il Principe Vladimir è paragonato ai re santi del Vecchio Testamento mentre vengono omesse intere generazioni di re Cristiani” ([12], pag. 49).
Gli storici moderni ci dicono che la cronologia globale rappresentata nell’opera sulla cupola della Chiesa Pokrovskaya è molto strana secondo la versione Scaligeriana. Personaggi separati fra loro da centinaia di anni e persino millenni nella cornice della storia Scaligeriana venivano dipinti dagli artisti del XVI secolo o come contemporanei o comunque rappresentativi della stessa epoca. Analogamente, la cronologia riflessa nell’opera è in perfetta corrispondenza con la nostra ricostruzione secondo la quale i personaggi Biblici e i principi Moscoviti del XIV-XVI secolo non sono semplicemente contemporanei ma anche spesso come alias diversi di una stessa personalità storica. In altre parole, le cronache Russe li descrivono come principi Moscoviti laddove la Bibbia ne parla come di Mosè, Nebuchadnezzar, il Re d’Assiria e così via.
La Cattedrale Blagoveshchenskiy del Cremlino Moscovita si presenta con un’immagine altrettanto sorprendente. Anche qui abbiamo l’ “Albero genealogico di Gesù’ dipinto sulle cupole delle gallerie” ([107], pag. 147). Gli storici fanno il commento perfettamente giustificato che l’analisi degli affreschi della Chiesa Pokrovskaya verrà aiutato dalla “comparazione dell’opera in questione con le più importanti opere d’arte Moscovite del XVI secolo, cioè, gli affreschi della Cattedrale Blagoveshchenskiy del Cremlino Moscovita” ([12], pag. 60).
Il disegno di una copia dei famosi murali della Cattedrale Blagoveshchenskiy fatto ai primi del XX secolo è riprodotto in fig. 14.168. Anche qui vediamo i Principi Russi vicino ai personaggi Biblici del Vecchio Testamento. Inoltre sono dipinti nella stessa sequenza cronologica come “Virgilio, il poeta Romano che indossa un cappello a falda, Anassagora, il filosofo Greco e Omero, il famoso poeta ceco... È piuttosto insolito che si possano vedere diversi Principi Russi vicino ai caratteri suddetti - Daniil Aleksandrovich, Dmitriy Donskoi e Vassily I. Questo sembra essere l’albero genealogico dei sovrani Moscoviti intrecciati nell’albero di Cristo… Il tema dinastico è rappresentato nel contesto della storia mondiale” ([107], pagg. 148-149).
Oggi una simile opera medievale è vista come puramente simbolica. Gli storici cercano di convincerci che gli artisti medievali confondevano le epoche ed erano ignoranti della cronologia. È più che naturale che gli storici moderni, cresciuti nella cronologia sbagliata di Scaligero e Petavio riterranno assurda l’attribuzione di Virgilio, Anassagora, Omero, Dmitriy Donskoi e gli altri Gran Principi della Russia alla stessa epoca storica. Comunque, la nostra ricostruzione fornisce una eccellente spiegazione alla cronologia medievale, che palesemente dimostrata nell'opera della Cattedrale Blagoveshchenskiy poiché, secondo i risultati della nostra ricerca, tutti questi “antichi” personaggi sono davvero vissuti nell’epoca del XIII-XVI secolo. Gli artisti medievali che dipinsero gli affreschi della Chiesa Pokrovskaya di Alexandrovskaya Sloboda erano ben consapevoli di questo fatto, come gli autori del più recente affresco della Cattedrale Blagoveshchenskiy del Cremlino Moscovita.
Inoltre, gli affreschi sopravvissuti del XVI secolo disegnano un’immagine del mondo medievale che è completamente in contrasto con quella riflessa nei manuali di storia moderni. Gli affreschi del XVI secolo riflettono la posizione suprema del Grande Impero "Mongolo" nel mondo medievale.
V. D. Sarabyanov riferendosi agli affreschi della Chiesa Pokrovskaya scrive così: “L’idea teocratica che lo Zar Moscoviti fossero scelti da Dio viene presentata come qualcosa che non richiede nessun tipo di prova – un assioma ideologico accettato da tutti come la verità… È perfettamente ovvio che l’opera sia pensata in primo luogo con l'idea che i sovrano Russi e la Russia stessa siano stati scelti dal Signore; nel contesto del processo storico globale, il paese era visto come l’ultimo stato veramente Cristiano… Quello che vediamo nell’opera è il famoso complesso di idee che divenne la teoria di “Mosca come Terza Roma” e la dottrina ufficiale” ([12], pag. 49).
Siamo dell’opinione che questa dottrina divenne una “teoria“ solo nei lavori degli storici Scaligeriani e Romanoviani, a cominciare dal XVII-XVIII secolo. Nel XIV-XVI secolo era stata la realtà – non una teoria. Il Grande Impero "Mongolo", anche conosciuto come Assiria, o Russia, copriva enormi territori – dall’America alla Cina attraverso l’Europa, sotto il potere dello Zar o Khan Assiro (Russo), qv in Chron6.
La Bibbia descrive il suo potere in modo piuttosto magniloquente: «Punirà il frutto orgoglioso del cuore del re d'Assiria e ciò di cui si gloria l'alterigia dei suoi occhi. Poiché ha detto: «Con la forza della mia mano ho agito e con la mia saggezza, perché sono attento; ho rimosso i confini dei popoli e ho saccheggiato i loro tesori, ho abbattuto come un gigante coloro che sedevano sul trono. La mia mano ha scovato, come in un nido, la ricchezza dei popoli. Come si raccolgono le uova abbandonate, così ho raccolto tutta la terra. Non vi fu battito d'ala, e neppure becco aperto o pigolìo».” (Isaia 10:13-14).
Perciò, gli autori degli affreschi di Alexandrovskaya Sloboda e nel Cremlino Moscovita erano perfettamente nel giusto nel sottolineare il ruolo di Mosca e il posto nella storia del mondo del XIV-XVI secolo come quello della Terza Roma.
38. LE RAGIONI PER CUI I PALAZZI MEGALITICI E TEMPLI SONO PIÙ COMUNI PER I PAESI DEL SUD CHE PER QUELLI CON UN CLIMA TEMPERATO
Nel Medio Evo le costruzioni residenziali, i palazzi e i templi in Russia erano piuttosto piccoli. C'erano parecchie costruzioni in pietra e legno ma le dimensioni di ogni costruzione erano piuttosto contenute.
La megalomania delle costruzioni non era caratteristica, all’epoca, della Russia.
D’altra parte, costruzioni gigantesche di pietra erano spesso costruite nelle parti a Sud del Grande Impero "Mongolo" – grandi tempi di pietra, per esempio. Quale è la ragione per questa diversità architettonica? Ci devono esser diverse spiegazioni; crediamo che la ragione primaria sia la seguente. Le abitazioni dei paesi con clima temperato che erano situate a una certa distanza dal mare o dagli oceani devono aver avuto difficoltà a mantenere temperature calde all’interno di grandi costruzioni durante inverni freddi e nevosi. I materiali da costruzione non hanno nulla a che vedere con questo – è solo che un grande volume di aria dentro una costruzione enorme richiede più strutture per il riscaldamento e più carburante.
Comunque, al Sud, dove il clima è più caldo e gli inverni con sono così freddi come al Nord, i problemi di riscaldamento non erano così acuti. Al contrario, calde estati richiedevano la costruzione di grandi edifici, fatti di pietra, con larghe pareti, che rimanessero fresche all’interno anche durante il caldo estivo. Questo è il motivo per cui vediamo giganteschi templi medievali di pietra in Turchia ed Egitto, per esempio. È qui che gli edifici chiamati megalitici sono prosperati. Le costruzioni in Russia erano parecchio più piccole, le costruzioni residenziali erano normalmente costruite in legno poiché conserva il caldo più della pietra.
Lo sviluppo della tecnologia e dell’industria resero queste condizioni obsolete – grandi costruzioni di pietra e cemento sono apparse in Russia e paesi con lo stesso clima o addirittura più freddi, laddove al Sud si è cominciato ad usare il condizionamento dell’aria.
39. UNA CROCE CON SCRITTA SLAVA COME REGALO AL PATRIARCA DI GERUSALEMME DA CARLOMAGNO
In figg. 14.169 e 14.170 vediamo la “Croce di Gerusalemme”, conservata nel tesoro della Cattedrale Hildesheim. Le sue dimensioni sono le seguenti: 11 per 10 per 2 centimetri ([292]).
Fig. 14.169. La "Croce di Gerusalemme" (un dittico) della sacrestia della cattedrale di Hildesheim. Vediamo sulla fotografia la parte esterna. La leggenda dice che si tratta di un regalo del Patriarca di Gerusalemme a Carlomagno. C'è una scritta Slava sulla croce. Presa a partire da [292].
L’opera in questione è molto famosa: “Tra le eccezionali opere d’arte della Cattedrale di Hildesheim c’è un’opera che non è caratterizzato ne’ dalla finezza del lavoro ne’ dal grande valore dei materiali usati nella manifattura. Tuttavia è considerata un oggetto sacro assai antico. È la cosiddetta “Croce di Gerusalemme” con reliquie sante” ([292], pag. 7). Secondo la tradizione la Croce di Gerusalemme fu ricevuta come regalo dalla Diocesi di Hildesheim dal suo fondatore, l'imperatore Luigi il Pio nella prima metà del presunto IX secolo d.c. “Il primo ricercatore che ha studiato la croce, I. M. Kratz, presume sia di origine Greca e la data al VIII secolo,segnalando che è diventata parte del tesoro reale quando Carlomagno, il padre di Luigi era ancora regnante. La croce era tra gli oggetti sacri ricevuti da lui nel 799 da Giovanni V, il Patriarca di Gerusalemme” ([292], pag. 7).
Bisogna dire che gli storici hanno immediatamente riscontrato dei problemi con quest'opera poiché né la croce stessa, né l’antica tradizione che la circonda, corrisponde alla storia Scaligeriana. L’autore dell’articolo ([292]), N. Myasoyedov, uno storico, scrive quanto segue: “A dispetto del fatto che è impossibile collegare il nome di Giovanni V con quello di Carlomagno cronologicamente visto che il primo morì nel 745 quando Carlo aveva ancora quattro anni, l’opinione di Kratz circa le origini cronologiche della croce non aveva incontrato alcuna obiezione ed era condivisa da molti autori Tedeschi” ([292], pag. 7). Quello che riscontriamo qui è la contraddizione tra la cronologia Scaligeriana e la prova storica Medioevale che è sopravvissuta in molti documenti tedeschi. L’implicazione è che il Patriarca di Gerusalemme sia morto nel 745 e abbia dato la croce a Carlomagno nel 799, cinquant’anni dopo la propria morte.
Comunque, il dettaglio più importante è il seguente. La cosa più strana (per quanto riguarda al storia Scaligeriana) è che il Patriarca di Gerusalemme diede a Carlomagno una croce coperta da scritte Slave. Gli Scaligeriani naturalmente trovano questo assolutamente scandaloso. Comunque la nostra ricostruzione lo fa sembrare perfettamente naturale – inoltre ogni altro tipo di scrittura sulla croce ricevuta da Carlomagno dal Patriarca di Gerusalemme (per esempio la scrittura Romana) apparirebbe a noi molto strano.
Fig. 14.170. Decorazione sul retro della parte posteriore del dittico (la "Croce di Gerusalemme" di Charlemagne). La scritta è Russa. Non c’è decorazione sulla faccia frontale della parte posteriore. Presa a partire da [292].
Ci sono iscrizioni Slave sui lati e sul retro della croce. La parte frontale della croce, che è ciò che i visitatori vedono normalmente, non ha iscrizioni, il che deve essere la ragione per cui gli storici notarono le scritte solo nel XX secolo ([292], pag. . Istantaneamente proclamarono la croce un falso dovuto alle origini Russe che gli precludono la possibilità di essere una “Croce di Gerusalemme”. Comunque, N. Myasoyedov, l’autore dell’articolo in [292], ci dice a pag. 8 che quando visitò Hildesheim nel 1914, la croce era già conosciuta come la “Croce di Gerusalemme”, a dispetto delle proteste degli storici eruditi e del fatto che le scritte su di essa fossero Slave.
La nostra ricostruzione rende il quadro perfettamente chiaro. Lo Slavonico era una delle lingue ufficiali utilizzate nel Grande Impero "Mongolo". Iscrizioni Slave sono state trovate dovunque nel vasto territorio dell’Impero. Carlomagno, o semplicemente “Il Grande Re”, è molto probabilmente stato uno degli Zar, o Khan, che hanno governato sull’Impero nell'epoca del XV-XVI secolo, durante la conquista Ottomana dell’Europa, o persino più tardi.
Citiamo la descrizione della croce data in [292],
“La cosiddetta “Croce di Gerusalemme” è in realtà un contenitore per reliquie sacre. . . È fatta in argento dorato... La croce avrebbe dovuto essere indossata sul petto. Le reliquie sacre che stavano inizialmente al suo interno sono elencate nelle iscrizioni trovate intorno al ritratto di Costantino e Elena: ‘Questa è una Croce Santa; il drappo funebre di S. Daniele, il drappo funebre di S. Pelagia e S. Savva, il drappo funebre di S. Lazzaro, Nostra Signora e il Signore, il drappo funebre di Costantino e Elena, e il drappo funebre di Giovanni il Battista” ([292], pagg. 9-10).
Le scritte sui lati della croce dicono: “Il Signore aiuti il suo servo e tutti coloro che glorificano la Cristianità ora e in futuro e tutti i buoni Cristiani, amen” ([292], pag. 14).
Inoltre, le immagini sulla croce hanno scritte Slave. Myasoyedov segnala che il linguaggio delle iscrizioni è “caratterizzato da molti tratti che sono tipicamente Russi” ([292], pag. 13).
40. I RE FRANCESI MEDIEVALI FACEVANO I LORO GIURAMENTI SU UN LIBRO SACRO IN SLAVONICO ECCLESIASTICO
Questo importante fatto ci è stato segnalato da A. K. Boulygin. Si scopre che i sovrani Francesi nel Medio Evo usassero un libro sacro scritto in Slavonico Ecclesiastico per i loro giuramenti. Questo fatto, piuttosto sorprendente dal punto di vista Scaligeriano, è normalmente omesso dai manuali Francesi di storia, come anche da quelli Russi. Comunque, è noto agli scienziati: “Qui [nella città di Rheims - Aut.] i monarchi Francesi facevano i loro giuramenti su un libro sacro, che era in realtà un testo liturgico in Slavonico Ecclesiastico – il cosiddetto ‘Frammenti di Rheims’” ( [474] , pagg. 64-65).
La nostra ricostruzione rende perfettamente chiara l’immagine. I monarchi Medievali Francesi erano ancora rappresentanti locali del Grande Impero "Mongolo", e naturalmente facevano i loro giuramenti utilizzando un libro in Slavonico Ecclesiastico, che deve essere stato nascosto al pubblico nel XVII secolo o anche più tardi, quando il linguaggio imperiale (lo Slavonico Ecclesiastico) venne infine bandito dalla Francia (e, ex post, dalla storia Francese), per essere rimpiazzato dal recentemente introdotto “Sacro Latino”.
Lo stesso processo aveva riguardato altri paesi dell’Europa Occidentale.
41 . IL FAMOSO UNNO ATTILA COME CONTEMPORANEO DEL RINOMATO PRINCIPE RUSSO VLADIMIR, SECONDO LE PROVE DEI LIBRI MEDIEVALI TEDESCHI. QUESTO È VIRTUALMENTE IMPOSSIBILE NELLA CRONOLOGIA SCALIGERIANA
Le cronache Medievali Tedesche conosciute generalmente come saghe possono sicuramente dirci molto sulla storia della Russia. L’immagine che dipingono è radicalmente differente da quella riflessa nei libri di testo. Per esempio, la famosa “Saga di Tidrek” (evidentemente, Teodorico, ovvero Federico) ci racconta eventi che ebbero luogo in Russia e nella terra dei Grandi (Wilkinus, Velcinus, Wiltinus etc; cf. il Russo “ Velikiy ”, o “grande”), qv in [126], pag. 11. I “Grandi” identificati come i “Mongoli”. Gli eventi in questione ebbero luogo nei vasti territori tra la Spagna e le “terre Orientali”. Le città Russe di Smolensk, Kiev, Polotsk e Souza (Suzdal?) vengono menzionate frequentemente, qv in [126], pag. 7, e in [167], Accanto ai protagonisti (i konungs, o i Khan) troviamo il Principe Russo Vladimir e Attila, capitano degli Unni, citati come contemporanei. Vediamo la conquista della Russia da parte dei “Grandi” (Velcinus, o i “Wiltin”). Il termine “Russia” deve essere usato anche per riferirsi ad alcuni paesi dell’Europa Occidentale - P-Russia, per esempio.
Ricordiamo al lettore che, secondo la cronologia Scaligeriana, il Principe Vladimir è vissuto nel presunto X secolo d. c., laddove la vita di Attila, Re degli Unni, viene datata al V secolo d. c. Sono perciò separati da qualcosa come cinquecento anni. Un altra personalità storica che viene menzionata come loro contemporanea è Tidrik il Konung – molto probabilmente, Teodorico il Goto, vissuto nel V-VI secolo d. c., secondo la cronologia Scaligeriana. Il nome Tidrik (Teodorico = Federico) è presente proprio nel titolo del libro ([126]).
Possiamo perciò vedere come gli autori Tedeschi medievali fossero dell’opinione che diversi eroi dell’ “antichità” le cui epoche sono separate da secoli nella cronologia Scaligeriana, fossero contemporanei.
Citiamo il frammento che descrive la conquista delle terre Occidentali da parte dei “Grandi”:
“C’era un konung [o un khan - Aut.] conosciuto come Wilkin [o il Grande - Aut.] , valente e vittorioso. Aveva conquistato una terra conosciuta come la terra dei Wilkin [i Grandi - Aut.], radendola al suolo. Questa terra è chiamata Switjod [la terra santa, cf. la parola Russa “Svyatoi”, che si traduce come “santa” - Aut.] e Gautland [terra dei Goti – Aut.]... Il dominio di Wilkin il konung [il Gran Khan - Aut.] era così grande come la terra che portava il suo nome... Avendo regnato su questa terra per un certo periodo, Wilkon il konung [il Gran Khan - Aut.] riunì le sue truppe e si diresse verso la Polonia, accompagnato da una gran moltitudine di cavalieri e combattenti... molte battaglie furono combattute lì. Quindi fu affrontato dall’esercito del konung Gertnit, che aveva regnato sulla Russia… e gran parte della Grecia e Ungheria, essendo il sovrano di quasi tutto il Regno Orientale… insieme a suo fratello Girdir. Combatterono molte violente battaglie. Wilking il konung [il Gran Khan - Aut.] sconfisse ogni volta i Russi, distruggendo la Polonia e tutti gli altri regni... fino al mare salato… Quindi il suo esercito si voltò verso la Russia, conquistando molte grandi città, incluso Smolensk e Polotsk” ( [ 126] , pag. 134).
Se sostituiamo la parola “konung” con “Khan” e così via, finiamo per avere il resoconto della conquista “Mongola” e delle guerre civili combattute all’interno dell’impero.
Questo è quello che scopriamo di Attila e Vladimir: “E così successe che Tidrik [Teodorico, o Federico - Aut.] convocò Attila il konung [il khan - Aut. ] per parlare con lui e disse: ‘Ricordi la grande sciagura che subisti in Russia dal konung Voldemar? [ Khan Vladimir - Aut. ] … vorresti vendicarti di lui o lascerai perdere?’ Attila rispose: ‘È certo che non voglio lasciar perdere, se mi prometti aiuto... ’ Quindi Attila il konung dette ordine in tutte le parti del suo regno perché ogni uomo valido desideroso di aiutare il suo konung si unisse a lui nella battaglia. Non ci volle molto per radunare un esercito di diecimila cavalieri... E prima di lasciare la terra degli Unni egli aveva ventimila cavalieri al suo fianco e molti altri combattenti. Si rivolse verso la Polonia e la Russia incenerendo città e castelli ovunque. E così Attila e il suo esercito arrivarono alla città di Polotsk. Le fortificazioni della città erano formidabili; non sapevano come fare per conquistarla – la città aveva possenti mura di pietra, grandi torri, fossati larghi e profondi” ([126], pagg. 183-184). La capitale di Attila è chiamata Souza - probabilmente, Suzdal in Russia ( [126], pagg. 180 e 182).
Vediamo riferimenti a Attila, Vladimir, Polonia e alla città Russa di Polotsk. Questa prova contenuta in testi medievali è conforme alla nostra ricostruzione. I testi in questione ci dicevano la verità e descrivevano la realtà medievale nel XIV-XVI secolo, e non “antichi” eventi del V-VI secolo.
Concludiamo con l’osservazione che nelle saghe Tedesche non c’erano semplici leggende ma piuttosto reali cronache e opere voluminose. Come si può vedere esse necessitano di uno studio più particolareggiato.
42. LA TUGHRA COME SEGNO DI AUTENTICITÀ USATA NEI DOCUMENTI REGALI DEL MEDIO EVO
Nella sezione presente faremo una serie di considerazioni a riguardo della stima di autenticità dei documenti reali medievali. Si presume che alcuni dei decreti reali pre-Romanoviani ci abbiano raggiunto come originali – per esempio, i decreti di Ivan III, Vassily III, Vassily I, Simeone il Fiero, Ivan il Rosso, Ivan Kalita ecc ([794] e [330:1]). vedi figg. 14.171-14.176. Per esempio, il museo del Monastero Rila in Bulgaria possiede in mostra le missive originali di Ivan IV spedite a questo monastero se dobbiamo credere al cartello che li accompagna (vedi fig. 14.177).
Indaghiamo i metodi di protezione dai falsi utilizzati in questi documenti. È perfettamente chiaro che importanti documenti scritti nella cancelleria dello Zar, o Khan, e di ogni altro sovrano dovessero avere un efficace sistema di protezione dai falsi. Oggi utilizziamo filigrane e segni speciali che troviamo sulle banconote – carte speciali e così via. Altrimenti importanti documenti di stato potrebbero essere falsificati.
Che sistemi di protezione venivano utilizzati dagli Zar Russi Medievali, o Khan, prima dei Romanov? Se dobbiamo credere ai documenti che ci vengono presentati oggi come “originali reali” non c’erano sistemi a parte il sigillo. Comunque i sigilli sono abbastanza facili da falsificare; se qualcuno ha il timbro di un sigillo a disposizione non è difficile riprodurne una replica che sarà impossibile distinguere dall’originale.
Consideriamo ora il sistema di protezione utilizzato nei documenti editi dal sultano dell’Impero Ottomano. Si vede che tutte le lettere e decreti del sultano sono marcati dalla cosiddetta tughra che è un complesso simbolo grafico che assomiglia a una firma, posto all’inizio del documento. La tughra del sultano poteva occupare una parte significativa della pergamena. Per esempio, in fig. 14.178 si vede un documento con la tughra del Sultano Solimano il Magnifico. La tughra occupa la maggior parte della pagina; il testo in sé è una singola riga.
Dobbiamo segnalare che un documento del sultano è esibito vicino alla missiva di Ivan IV nel museo del Monastero di Rila. G. V. Nosovskiy lo vide nel 1998. Circa due terzi della pergamena sono occupati dalla tughra del sultano. È ovvio che fare a mano una tughra contraffatta, che è una firma estremamente complessa, è davvero un’impresa difficile. Anche se uno ha una copia della tughra a sua disposizione, realizzare una sua rappresentazione esatta è quasi impossibile. Richiede lunghi periodi di allenamento speciale come anche la decifrazione del complesso sistema di simboli usato nella firma. L’aspetto della firma dipende dall’ordine e dalla direzione delle sue linee complesse, tracciate con un calamo; questo incide sullo spessore delle linee – varia da posto a posto. In generale, gli scrivani del sultano avevano un gran numero di metodi segreti che impiegavano per proteggere i documenti dai falsi. Chiunque avesse tentato di riprodurre la firma senza le conoscenze dei segreti avrebbe ottenuto un disegno che sarebbe stato riconosciuto immediatamente come un falso dagli esperti funzionari del sultano (o khan).
Un altro esempio di una simile tughra può essere visto in fig. 14.179 ([1465], pag. 55). Vediamo la tughra, o firma, del Sultano Maometto II. Vediamo un testo in piccoli caratteri a sinistra della tughra, in fondo. Un altro esempio complesso di tughra del Sultano Maometto II si può vedere in fig. 14.180; viene da un decreto emesso da Maometto II.
In fig. 14.181 vediamo una missiva spedita allo Zar Mikhail Fyodorovich Romanov nel 1631 dal Sultano Amourat IV. In cima alla missiva vediamo la tughra del sultano tracciata in oro.
Le tughra erano utilizzate da altri sovrani oltre ai sultani Ottomani. Nei documenti ufficiali del XVII secolo emessi dai sovrani indipendenti dell’Europa Occidentale vediamo sempre disegni complessi nello stesso spazio – differenti versioni delle tughra. Per esempio, in fig. 14.182 vediamo un’autorizzazione spedita allo Zar Mikhail Fyodorovich Romanov da Cristiano IV, Re di Danimarca, conservato nell’Archivio Nazionale dei Documenti Antichi ([855:1], pag. 246). Possiamo chiaramente vedere la tughra in cima al documento. Un’altra missiva, di più tarda origine, spedita da un altro Re Danese allo Zar Pietro il Grande nel 1697, si può vedere in fig. 14. 183. Anche questa ha una tughra distintiva in cima all’angolo sinistro.
Perciò, i re Danesi del XVII secolo utilizzavano la tughra per rendere sicuri i loro documenti contro i falsi, come anche i sultani Ottomani. Altri monarchi Europei facevano lo stesso. Per esempio, la missiva del 1633 spedita allo Zar Mikhail Fyodorovich dai senatori Svedesi per informarlo della morte di Gustavo Adolfo Re di Svezia e l’incoronazione di sua figlia Christina, ha una grande e complessa tughra, qv in fig. 14.184. Un’altra tughra può essere vista chiaramente nella missiva spedita da Federico Ludovico, Duca di Schleswig-Holstein allo Zar Pietro il Grande nel 1697, qv in fig. 14.185. La missiva spedita a Pietro il Grande dai sovrani di Amburgo, qv in fig. 14.186, ha anch’essa una tughra. Perciò persino i sovrani di Amburgo utilizzavano la tughra per proteggere i loro documenti. Comunque, i Gran Principi di Russia dell’epoca pre-Romanoviana si dice non utilizzassero nulla del genere. Almeno, gli “originali” dei documenti scritti dai Gran Principi di Russia dimostrano che nessuna tughra è stata utilizzata, qv in fig. 14.171-14.176.
Fig. 14.171. Il presunto autentico testamento del Gran Principe Ivan Kalita. Approssimativamente datato al 1339. Non c'è nessun tughra. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 23.
In fig. 14.187 vediamo una missiva spedita allo Zar Alexei Mikhailovich da Federico Guglielmo, Principe Elettore del Brandeburgo. Ancora una volta possiamo chiaramente vedere una tughra in cima al documento. Segnaliamo che questo documento, come gli altri citati in precedenza, datano all’epoca del XVII secolo; questi documenti sono autentici, diversamente da quelli dell’epoca del XV-XVI secolo, che sono stati distrutti dopo la dissoluzione dell’Impero o sono stati sostituiti da falsi.
I nostri oppositori potrebbero suggerire che i Russi non abbiano mai usato tughra, essendo una nazione arretrata con funzionari di governo inesperti e che le tughra sono un’invenzione Turca o Ottomana utilizzata dagli Occidentali, al contrario dei Russi, che utilizzavano solo sigilli. Comunque questo non è vero. Torniamo ai documenti dei primi Romanov e vedremo istantaneamente che tutti i documenti reali dell’epoca avevano complessi sigilli nella loro parte alta – tughra, in altre parole, sebbene il loro stile differisca da quello della controparte Ottomana.
Fig. 14.172. Il presunto testamento autentico del Gran Principe Simeone il Fiero. Datato intorno al 1353 ([330:1], pag. 24). Niente tughra. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Preso da [330:1], pagina 24).
Fig. 14.173. Il presunto autentico testamento del Gran Principe Vassily Vassilyevich. Datato dal 1461-1462 ({30:1], pagina 27). Non vediamo alcun tughra. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 27.
Fig. 14.174. Il presunto certificato di donazione del Gran Principe Ivan III Vassilyevich. Datato al 1504 ({330:1], pagina 28). Niente tughra. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 28.
Fig. 14.175. Il presunto autentico testamento del Gran Principe Ivan III Vassilyevich. Datato intorno al 1504 ([330:1], pag. 29). Niente tughra. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 29.
Fig. 14.176. Il presunto autentico testamento del Gran Principe Vassily III Ivanovich che conferma il precedente testamento e lo status del Monastero Novodevichiy. Datato intorno al 1523. Niente tughra. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 31.
Fig. 14.177. Il presunto autentico decreto dello Zar Russo Ivan IV "Il Terribile" conservato nel museo del Monastero di Rila in Bulgaria. Niente tughra. Foto scattata nel 1998.
Fig. 14.178. Documento con la tughra del Sultano Solimano il Magnifico. La tughra occupa quasi l'intero documento, il cui testo effettivo è una semplice riga nella parte inferiore della pagina. Tratto da [1206], pagina 55.
Per esempio, consideriamo un certificato di concessione emesso da Mikhail Romanov nel 1624 conservato nel museo del Monastero Panfnoutievskiy nella città di Borovsk vicino a Mosca, qv in figg. 14.188 e 14.189. In cima al documento vediamo un’enorme tughra, complessa e raffinata; occupa una gran parte della pagina.
Fig. 14.179. Una complessa tughra usata dal Sultano Mahmoud II come firma. Tratto da [1465], pagina 55.
Fig. 14.180. Decreto del Sultano Mahmoud II — completo di tughra. Tratto da [855:1], pagina 27.
Un altro documento dello Zar Mikhail Fyodorovich Romanov (una missiva spedita al Principe D. M. Pozharskiy) è conservato nell’Archivio Nazionale dei Documenti Antichi di Mosca. È riprodotto in fig. 14.190. Vediamo una complessa tughra nella parte superiore del documento. In fig. 14. 191 vediamo un altro certificato di concessione spedito al Monastero Iversk di Valday dallo Zar Alexei Mikhailovich Romanov nel 1657. Anch’esso porta una complessa tughra come un simile certificato inviato dallo stesso Zar al Monastero Novodevichiy, qv in fig. 14.192. Una ancora più complessa tughra con dettagli d’oro si può vedere in un certificato di concessione emesso da Pietro il Grande, qv in fig. 14.193.
Le tughra erano caratteristiche per tutte le missive e decreti scritti dagli Zar. In figg. 14.194 e 14.195 vediamo una fotografia dell’editto reale datato al 1705 ed emesso a nome di Pietro il Grande, conservato nel museo di Alexandrovskaya Sloboda. In figg. 14.196 e 14.197 vediamo le fotografie di un altro decreto reale datato al 1718, anch’esso emesso a nome di Pietro il Grande. Entrambi i decreti hanno complesse tughra al loro inizio.
E così, è possibile che i documenti reali Russi non avessero sistema di protezione dai falsi prima del XVII secolo e dell’epoca dei Romanov? Come poteva essere possibile che gli Zar e i Khan Russi lasciassero i loro documenti non protetti, soprattutto vedendo che i sultani dell’Impero Ottomano del XVI secolo avevano sempre usato le tughra nei loro documenti? Evidentemente, la tughra era un elemento caratteristico solo dei documenti reali; i decreti emessi da altre parti non utilizzavano tughra, come G. V. Nosovskiy seppe nel 1998 dagli scienziati che lavoravano nel dipartimento dei documenti della cancelleria Ottomana della Libreria di Cirillo e Mefodio a Sofia, in Bulgaria. Loro sostengono che solo un gruppo ristretto di comandanti giannizzeri ha usato qualcosa di simile alla tughra – comunque, i loro sigilli erano assai meno complessi; inoltre non erano piazzati all’inizio del documento dove era sempre piazzata la tughra del sultano occupando gran parte della pagina o della pergamena.
Fig. 14.181. Missiva inviata dal Sultano Amourat IV allo Czar Mikhail Fyodorovich in risposta all'attacco ad Azov da parte dei Cosacchi del Don. Vediamo una tughra lussuosa. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 246.
Fig. 14.182. Missiva inviata da Christian IV, re di Danimarca, allo Czar Mikhail Fyodorovich Romanov nel 1631 per la nomina di Maltupel a inviato in Russia. tughra complessa. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 246.
Questa stranezza, ossia l’assenza di tughra o di simili protezioni dei documenti reali dell’epoca pre-Romanoviana e il fatto che esse “fossero per la prima volta introdotte” sotto i Romanov nel XVII secolo, si spiega immediatamente con la nostra ricostruzione. È molto più probabile che simili tughra fossero obbligatorie e presenti in ogni documento ufficiale emesso nella Russia medievale, o Orda. Comunque, la maggior parte dei documenti autentici che datavano a quell'epoca furono distrutti dai Romanov e rimpiazzati da falsi. É praticamente impossibile riprodurre una tughra nella sua complessità; perciò i Romanov decisero di utilizzare, ovviamente, un metodo più semplice. Fecero degli “originali” contraffatti degli antichi documenti senza alcuna tughra utilizzando semplicemente i sigilli, più facili da realizzare poiché i timbri e probabilmente i veri sigilli erano nella loro piena disponibilità. I calligrafi qualificati impiegati dai Khan erano morti durante i Grandi Disordini e la tradizione aveva cessato di esistere. Le tughra Romanoviane appaiono essere molto più semplici di quelle utilizzate dalla vecchia dinastia.
Fig. 14.183. Missiva inviata da Christian V, re di Danimarca, allo Zar Pietro il Grande con la promessa di sostenere i Curdi Sassoni nella loro lotta per il trono Polacco. 1697. tughra complessa. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 249.
Evidentemente, alcune autentiche tughra pre-Romanoviane del Grande Impero Mongolo sono tuttavia riuscite a sopravvivere fino ad oggi. Per esempio, ci sono due strane antiche pergamene esibite al Museo Gutenberg (Mainz, Germania). A. T. Fomenko e T. N. Fomenko le hanno notate mentre visitavano il museo nel 1998. L’intero spazio di entrambe le pergamene è occupato da un’enorme lettera J o I, qv in figg. 14.198 e 14.199. Le rimanenti parti della pergamena sono mancanti. Il lussuoso lavoro è molto simile alle tughra dei sultani; il fatto che entrambi i sigilli abbiano la forma della lettera I (o J) ci porta alla supposizione che essa dovesse essere la prima lettera del nome Ivan o Giovanni. Questo simbolo potrebbe essere la tughra Russa dello Zar Ivan il Terribile? La datazione della tughra (1597, a quanto affermato dallo staff del museo) appartiene all’epoca in cui il Grande Impero "Mongolo" esisteva ancora come entità singola; perciò i decreti reali con tughra avrebbero ancora potuto raggiungere le nazioni Occidentali in quei giorni.
Fig. 14.184. Missiva inviata dai senatori Svedesi allo Zar Mikhail Fyodorovich in seguito alla scomparsa di Gustavo Adolfo, Re di Svezia, e dell’incoronazione come regina di sua figlia Christine. 1633. Tughra complessa. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 251.
Fig. 14.185, Missiva inviata da Federico Ludovico, Duca di Schleswig-Holstein a Pietro il Grande, con la richiesta di essere il padrino del suo neonato. 1697. Tughra lussuosa. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 252.
Fig. 14.186. Missiva inviata dagli Anziani di Amburgo allo Zar Pietro il Grande. 1702-1705. Vediamo una splendida tughra. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 252.
Fig. 14.187. Missiva inviata da Federico Guglielmo, Principe Elettore del Brandeburgo, allo Zar Alexei Mikhailovich. 1656. Archivio di Stato degli Atti Antichi. tughra complessa. Tratto da [330:1], pagina 242.
Fig. 14.188. Una tughra molto complessa ed elaborata all'inizio di un documento rilasciato dallo Zar Mikhail Romanov. Conservata nel museo del Monastero Pafnoutievskiy, Borovsk, vicino a Mosca. La placca esplicativa del museo parla di un "certificato di proprietà della terra inviato dallo Zar Mikhail Fyodorovich al Monastero Pafnoutiev in sostituzione dei documenti inceneriti nell'incendio del 1610. 1624." Fotografia di T. N. Fomenko e A. T. Fomenko nel maggio 1999.
Fig. 14.189. Ingrandimento di un frammento del documento rilasciato da Mikhail Romanov nel 1624. Possiamo vedere chiaramente una tughra molto elaborata. La complessità di questa "firma" ha protetto il documento dalla falsificazione. Foto scattata al Monastero Pafnoutievskiy nel maggio 1999. Tali tughre sono state solitamente disegnate su documenti autentici rilasciati dagli Zar Russi e dai Sultani Ottomani nel XVI secolo. I Turchi hanno mantenuto questa tradizione per molto tempo. D'altro canto, non vediamo alcuna tughra nelle falsificazioni del XVII XVIII secolo che ci sono state presentate come documenti autentici rilasciati dagli Zar Russi nel XVI-XVIII secolo. Era troppo complesso copiare un modello di questo tipo. I falsari si sono accontentati della falsificazione dei sigilli, che richiedeva meno abilità e meno fatica da parte loro.
Fig. 14.190. Missiva inviata da Czar Mikhail Fyodorovich al Principe D. M. Pozharskiy conferma la proprietà dei suoi posssedimenti. Tughra complessa. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 305.
Fig. 14.191 Certificato di proprietà spedito dallo Zar Alexei Mikhailovich al Monastero Iverskiy di Valdai. 1657 d.c.. Tughra complessa. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 305.
Fig. 14.192. Certificato di proprietà inviato al monastero Novodevichiy dallo Zar Fyodor Alexeyevich. Tughra complessa. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 41.
Fig. 14.193. Permesso dato da Pietro il Grande a I. Ides per la pubblicazione del suo libro sulla missione diplomatica in Cina. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tughra sofisticata e lussuosa. Tratto da [330:1], pagina 248.
L'effettivo testo dei decreti è stato naturalmente distrutto durante l’ammutinamento della Riforma del XVII secolo; Comunque le tughra sono state salvate per la loro bellezza. L’arte di produrle doveva già essere stata dimenticata.
Quest’opera ci colpisce come il candidato ideale per il ruolo di tughra. Se assumiamo che le lettere siano semplici lavori di arte calligrafica non è chiaro perché una sola lettera dovrebbe occupare l’intero foglio. Naturalmente le prime righe del Capitolo sarebbero spesso iniziate con una lettera calligrafica; comunque, questo disegno indica ovviamente qualcos’altro. Facciamo attenzione anche al fatto che la lettera J è disegnata su una pergamena; questo ci porta a pensare che fosse stata un importante documento di stato. Nel XVI secolo, i documenti dei Khan dell’Orda si presentavano ancora come pergamene.
Fig. 14.194. Autentico decreto dell'epoca Romanoviana esposto nel museo di Alexandrovskaya Sloboda, nei pressi di Mosca. Le fotografie sono state scattate dagli autori del libro nel 1998. Vediamo un decreto reale ufficiale firmato da Pietro il Grande. completo di tughra.
Figura 14.196. Autentico editto reale del 1718 esposto nel museo di Alexandrovskaya Sloboda. La fotografia è stata scattata dagli autori del libro nel 1998. Vediamo una tughra complessa all'inizio del documento.
Figs. 14.198 e 14.199. Una pergamena del 1597 proveniente dal Museo Gutenberg di Mainz, Germania. La leggenda dice "Kalligraphische Initiale ‘J. 1597. GM/GS 96,61". Da una registrazione video fatta da T. N. Fomenko e A. T. Fomenko nel 1998. Parti superiori e inferiori della lussuosa tughra modellata come la lettera "J".
Fig. 14.195. Ingrandimento di un frammento del decreto risalente al 1705 e esposto nella fotografia precedente. La tughra reale è perfettamente visibile. Non è molto complessa in questo caso; si deve presumere che la Royal Chancellery abbia usato diversi tipi di tughra — Più semplici per i documenti regolari e più complessi per i documenti di maggiore importanza. È ovvio che più complessa è una tughra, meglio protegge un documento dalla falsificazione.
Figura 14.197. Ingrandimento dell'editto del 1718, qv nella foto precedente. Vediamo la complessa tughra reale che protegge il documento dalla falsificazione.
Fig. 14.200. Il presunto autentico patto del 1608 firmato tra Vassily Shouyskiy, lo Zar Russo, e Sigismondo III, Re di Polonia, che negoziava una tregua di tre anni. In realtà è molto probabile che si tratti di un falso dell'epoca Romanoviana. Non vediamo alcun tughra. Archivio di Stato degli Atti Antichi. Tratto da [330:1], pagina 249.
Abbiamo un’idea completamente diversa degli “originali” antichi decreti dell’epoca pre-Romanoviana esibite oggi nei musei. Non hanno tughra e perciò nemmeno modo per proteggerli dalla falsificazione. Come abbiamo detto prima, applicare un sigillo a un documento contraffatto non era un operazione così difficile. Si poteva scrivere il testo e attaccarci il sigillo e un pezzo di filo usando sia il timbro del sigillo o il sigillo stesso e quindi mettere il risultante “autentico documento Russo” nei caveau degli archivi per conservarlo. È così che l’ “autentico testamento di Ivan Kalita” è venuto alla luce – non uno, ma ben tre ( [794] ). E così via.
Concludiamo con un riferimento al presunto autentico patto di cessate il fuoco firmato tra il re Polacco Sigismondo III e Vassily Shouyskiy, lo Zar Russo, datato al 1608, o epoca pre-Romanoviana, qv in fig. 14.200. Oggi è tenuto nell’Archivio Nazionale dei Documenti Antichi a Mosca come un prezioso reperto storico ( [330: 1 ] , pag. 249). Comunque non c’è nulla sopra di lontanamente somigliante a una tughra. Crediamo che sia un falso come la maggior parte dei decreti ed editti che oggi ci vengono mostrati, che si presume siano stati emessi dagli Zar Russi dell’epoca pre-Romanoviana. Tutti sono probabilmente dei falsi prodotti per ordine dei Romanov per distorcere l’immagine dell’antica storia Russa.
43. L’ “ANTICO” ACHILLE COME LEADER DEI MIRMIDONI – O, SECONDO IL CRONISTA GIOVANNI MALALAS, LEADER DEGLI UNNI E DEI BULGARI
Secondo la storia Scaligeriana i Mirmidoni erano una misteriosa “antica” tribù che ha cessato di esistere da ere. Il loro condottiero era il leggendario eroe Achille che aveva combattuto sotto le mura dell’ “antica” Troia. Questo è quanto un dizionario mitologico moderno ci dice circa i pensieri degli storici Scaligeriani sulla materia: “I Mirmidoni… erano una nazione Tessalica su cui regnava Achille. Lo accompagnarono a Troia. I Mirmidoni provenivano dall’Isola Egina [terra degli Unni? - Aut.] , dove Zeus trasformò le formiche in persone, come dice la leggenda; da qui il nome [murmex = formica]” ([432], pag. 121).
Comunque, sembra che i cronisti medievali fossero di opinione completamente diversa sull’argomento. Loro conoscevano molto bene la vera identità dei Mirmidoni che non è per nulla una questione di formiche. Naturalmente gli storici moderni diranno che non bisogna in alcun modo dar credito alle “favole medievali” - le formiche sono molto meglio. Tuttavia, vediamo cosa dice il cronista medievale Giovanni Malalas sulla questione. Si riferisce ad “Achille e ai suoi guerrieri allora conosciuti come Mirmidoni – come ai moderni Bulgari e Unni” ([338], pag. 122).
A proposito, il nome Mirmidone non ha probabilmente alcuna relazione con le formiche, che è ciò che implicano gli storici Scaligeriani ma si riferisce invece al Mare di Marmara (il Don Marmoreo o il Danubio Marmoreo). Ricordiamo che la parola Don indicava ”fiume” o “acqua” , qv in Chron5. I Bulgari e gli Unni, o Ungheresi, ancora oggi popolano le vicinanze del Danubio e del Mar di Marmara.
Questo è un ulteriore prova dell’estensione a cui arriva la distorsione della realtà medievale da parte della erronea storiografia Scaligeriana. Secondo la nostra ricostruzione, la guerra di Troia fu combattuta alle mura di Costantinopoli, in quanto unico importante evento del XIII-XIV secolo d. c. Ovviamente tra i partecipanti c’erano i Bulgari e gli Ungheresi o Unni, qv in Chron5.
44 . IL TEREM RUSSO E L’ HAREM ORIENTALE COME DUE DIFFERENTI NOMI PER LA STESSA COSA
La parola Harem è è ben conosciuta; si presume sia derivata dalla parola Araba haram, che significa “vietato”, e si riferisce alle stanze riservate alle femmine di una costruzione Musulmana ([797], pag. 276). L’harem di un Sultano Turco era il posto dove le femmine della famiglia vivevano – la madre, le sorelle e le mogli. Gli Harem erano presidiati dagli eunuchi ([1259], pag. 20). Nessuno straniero aveva accesso all’harem. L’harem del Sultano aveva una sala del trono “dove il Sultano si intratteneva coi suoi più stretti e fidati amici” ([1465], pag. 87). Uscire dall’harem era del tutto proibito alle donne o almeno molto limitato. A parte i sultani, tutti i Turchi influenti mantenevano un harem. L’harem poteva essere parte di una costruzione residenziale o una costruzione separata dove le donne vivevano recluse.
Anche gli imperatori Bizantini avevano harem femminili. Per esempio, “Todulfo riferisce al costume Bizantino di tenere sorvegliate le donne” ( [336] , Volume 5, pag. 63).
Figura 14.201. Il palazzo Teremnoy (harem) del Cremlino Moscovita. Tratto da [85], volume 42, pagine 298-299.
Si scopre che gli harem esistevano nell’antica Russia ed erano chiamati grossomodo nello stesso modo – c’è la parola Russa “terem” conosciuta ad ogni Russo. La definizione enciclopedica è la seguente: “una sezione residenziale di una ricca abitazione con un alto tetto. Alcuni terem erano costruiti separatamente – con sotterranei, cancelli ecc, connessi al resto della costruzione con passaggi speciali. Il terem era una parte importante del palazzo Russo, e il più delle volte utilizzato per ospitare donne che vi vivevano segregate” ([85], Volume 42, pag. 298). Perciò il terem Russo viene utilizzato per gli stessi scopi dell’harem in Turchia o altrove in Oriente. Le due parole differiscono solo per la prima lettera; inoltre la lettera Russa I è solo parzialmente differente dalla lettera T e, se scritta con poca cura può essere facilmente confusa.
Inoltre la parola terem è simile alla parola Russa per “prigione” - “tyurma”, foneticamente e semanticamente “una casa sorvegliata”. Questo corrisponde perfettamente col significato della parola Araba “harem”, che si presume sia stata usata per riferirsi a qualcosa di proibito e chiuso ( [ 1259] , pag. 20). A proposito, troviamo una citazione da un cronografo Russo ne “Storia di Mosca” di I. Zabelin, dove il Palazzo Teremnoy è chiamato Tyuremniy (“palazzo prigione” nella traduzione moderna): “E così costruì una magnifica stanza nella sua corte per Alexei, suo figlio (il Palazzo Tyuremniy)” ([284], pag. 164).
Fig. 14.202. Il lussuoso "Golden Grate" che custodisce una delle tre entrate del palazzo Teremnoy del Cremlino. Fotografia scattata dagli autori del libro nel 2000.
Non bisogna pensare che i terem o harem siano esistiti solo nella “Russia antidiluviana”. L’ultimo Palazzo Terem reale fu costruito come parte del Cremlino Moscovita nel 1635-1636, sotto i primi Romanov ed esiste a tutt’oggi ( [85] , Volume 42, pag. 298) . Comunque, tutte le opere sulle pareti e sulle cupole del terem del Cremlino, o harem, furono rimpiazzate nel XIX secolo, cioè nel 1837 ( [85] , Volume 42, pag. 298). Evidentemente, la vecchia opera fu distrutta per evitare domande imbarazzanti. Le camere residenziali del palazzo “erano situate al quarto piano e consistevano di quattro camere adiacenti – il salone, l’ingresso, la sala del trono e la camera da letto. Il quinto piano aveva uno spazioso e luminoso ‘attico’, o terem. Aveva alte cupole dorate e era circondato da un terrazzo aperto” ( [85] , Volume 42, pag. 298). La descrizione di cui sopra rende ovvia la funzione del terem del Cremlino, o harem – le donne della famiglia reale vivevano qui ed era anche utilizzato dallo Zar per intrattenere i suoi amici intimi. Sottolineiamo che una delle sale era la sala del trono similmente all’harem del sultano Turco, qv in fig. 14.201.
Fig. 14.203. Scala che arriva al quarto piano dell'harem reale (Palazzo Teremnoy) del Cremlino Moscovita. Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Nel Febbraio del 2000 ci siamo organizzati per vistare il Palazzo Terem del Cremlino Moscovita. Abbiamo appreso una serie di cose da uno degli esperti che lavora al Cremlino, una guida professionale; questi fatti corroborano molto bene l’immagine di cui sopra. In primo luogo, la storia del palazzo e dello scopo della sua costruzione si presume siano piuttosto vaghi oggi – diversi storici non hanno ancora raggiunto alcuna spiegazione comune al problema. Alcuni dicono che i piani superiori del Palazzo Terem avessero ospitato lo “studio dello Zar”, laddove altri insistono che fossero occupati dai bambini. Questo suona abbastanza strano; è possibile che lo Zar firmasse carte, conferisse con i boiari e si prendesse cura dei propri affari in una “situazione informale”, giocando nel frattempo coi bambini? Questo è molto improbabile. Crediamo che non ci sia mai stato nessuno “studio” qui – i piani superiori del palazzo ospitavano l’harem, i bambini e altri. Bisogna anche ricordare un altro fatto riportato dagli storici a questo proposito e cioè che il “primo futuro imperatore , Pietro il Grande, nacque nella notte del 30 Maggio 1672 nel Palazzo Terem del Cremlino Moscovita” ([332], pag. 491). Ogni cosa va a posto – Pietro il Grande nacque in un harem il che è perfettamente naturale.
Si scopre che entrare nel Palazzo Terem non era per niente facile – c’erano diversi anelli di guardie intorno; persino i collaboratori più stretti dello Zar dovevano passare diversi controlli prima di entrare. Questo sembra curioso per uno “studio” ma molto più naturale per un harem. Di base, lo Zar era l’unico maschio che poteva entrarvi liberamente; da qui le numerose guardie, che proteggevano le mogli dello Zar e i bambini, futuri eredi al trono.
Fig. 14.204. Lussuosi interni della camera interna del palazzo Teremnoy (Harem). Sui muri e sulle cupole vediamo un ornamento floreale, l'oro, e il mitico uccello fenice. È da segnalare il numero significativo di temi ecclesiastici. Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
È anche piuttosto curioso che l’entrata alla parte più antica del palazzo fosse chiusa dalla cosiddetta “Grata Dorata”. Una parte della grata che serrava una delle entrate, può essere vista in fig. 14.202. Ovviamente la grata che vediamo oggi non è quella del XVI secolo; l’antica grata pre-Romanoviana era d’oro puro, qv in Chron5 – evidentemente per sottolineare lo status speciale di questa parte del palazzo.
Fig. 14.205. Entrata della camera reale — una stanza lontana del palazzo Teremnoy (Harem) del Cremlino. C’è un letto. Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Fig. 14.206 Finestre di vetro macchiate al quarto piano del palazzo Teremnoy (Harem) del Cremlino Moscovita. Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Dopo aver oltrepassato la “grata dorata”, possiamo vedere l’altare della chiesa privata dello Zar sulla nostra destra e una scala che porta al quarto piano del Palazzo Terem (o il vero e proprio harem) alla nostra sinistra, qv in fig. 14.203. Le pareti sono coperte esclusivamente con ornamenti floreali; ricordano la Cattedrale di S. Basilio, qv in Chron 6. La guida ci ha detto che questi affreschi datano al XIX secolo; gli antichi affreschi sono stati completamente distrutti – scalpellati via molto probabilmente, a dispetto del fatto che non fossero così vecchi, datando originariamente al XVII secolo.
Fig. 14.207. Camera interna del Palazzo Teremnoy (Harem) del Cremlino Moscovita. Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
La guida ci ha detto poi che lo scopo delle stanze del quarto piano non è per niente chiaro oggi. Entrando in queste stanze notiamo subito la loro natura privata, qv in figg. 14.204 e 14.205, incluso le vetrate colorate che creano una ricercata soffice luce, qv in figg. 14.206, 14.207 e 14.208. Ci sono anche le caldaie riccamente decorate, qv in figg. 14.209 e 14.210.
Fig. 14. 2008. Camera interna del Palazzo Teremnoy (Harem) del Cremlino Moscovita. Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Una delle stanze centrali è occupata da un grande letto (vedi fig. 14.211). La guida ci ha sorpreso suggerendo che fosse messo lì “per errore”. Si scopre che gli storici di oggi sono dell’opinione che i loro predecessori, i restauratori del XIX secolo, abbiano “equivocato” lo scopo del Palazzo Terem e messo qui un letto per qualche bizzarra ragione. La guida ci ha detto che il letto è stato messo qui, o restaurato, da un archeologo di nome Richter. Ci è stato detto che Richter ha fatto un errore poiché nessuna stanza da letto reale è mai stata qui. Questo è stato sottolineato diverse volte. Si ha l’impressione che diverse tracce dell’harem rimangano ancora in questa parte di palazzo; comunque, le numerose riforme Romanoviane della storia Russa hanno reso assurdo il fatto che il Cremlino Moscovita abbia un tempo ospitato un harem. Comunque, talvolta gli storici rilevano certe discrepanze tra la realtà e i moderni manuali di storia o le trovano in antichi testi e quindi spiegano ai visitatori che i restauratori del XIX secolo “sbagliavano”.
Fig. 14.2009. Un caminetto di lusso nelle camere interne del palazzo Teremnoy (Harem) del Cremlino Moscovita. Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Abbiamo notato uno stemma molto particolare nel Palazzo Terem del Cremlino Moscovita, all’interno della decorazione che circonda una delle finestre insieme ad altri stemmi, qv in fig. 14.212. C’è una vetrata colorata alla sua sinistra e lo stemma di Smolensk sopra. In fig. 14.212 vediamo un’aquila bicefala con una croce rossa sul petto. Oggi ci viene suggerito di associare simili croci ai “Crociati Occidentali Europei” esclusivamente del presunto XI -XIV secolo. Comunque, vediamo questo simbolo su uno stemma Russo come anche una scritta molto particolare che dice “Godynskoy”. La prima lettera è coperta di pittura bianca, qv in fig. 14.213, questo lascia apparire la parola “odynskoy”. Comunque, persino la scritta originale è spostata a sinistra in uno strano modo ed evidentemente realizzata sopra qualche antica scritta , oggi completamente illeggibile.
Fig. 14.210. Un altro caminetto inclinato nelle camere interne del palazzo Teremnoy (Harem) del Muscovite Kremlin.
Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
Evidentemente, gli harem sono esistiti in Russia fino all’epoca di Pietro il Grande, o XVIII secolo. Pietro ha scatenato una veemente campagna contro le abitudini Russe degli harem. Gli storici Tedeschi del tardo XIX secolo riportano quanto segue: “Pietro si è anche immischiato nelle tradizioni che riguardavano la famiglia e la vita sociale. Non tollerava terem femminili o l’antica abitudine di coprire il viso. Sosteneva che le donne non dovevano essere recluse alla maniera Asiatica ma fossero libere di girare liberamente come le loro controparti Europee” ( [336] , Volume 5, pag. 569). A proposito, il passaggio di cui sopra ci informa del fatto che nella Russia medievale o Orda, le donne coprivano il viso o portavano veli di qualche tipo.
Fig. 14.211. Il letto che secondo Richter era stato "fuori luogo", un archeologo del XIX secolo. Il palazzo del Teremnoy (Harem) del Cremlino Moscovita. Fotografia scattata dagli autori nel 2000.
La versione Milleriana e Romanoviana della storia Russa naturalmente esclude la presenza di harem in Russia; non ci è mai stato detto nulla dl genere. Comunque vediamo che le due parti del precedente Grande Impero "Mongolo" (Russia, o Orda, e la Turchia Ottomana) avevano anche quest’aspetto in comune.
Fig. 14.212. Rivestimento di fianco a una finestra sul quarto piano del palazzo Teremnoy (Harem) del Cremlino. Vediamo la parola GODYNSKOY con la prima lettera ridipinta per qualche motivo. La fotografia è stata fatta dagli autori nel 2000.
Fig. 14.213. Ingrandimento della fotografia precedente con la dicitura (G)ODYNSKOY. L'incisione è stata ovviamente spostata a sinistra — c'era qualcos'altro scritto qui in origine. Vediamo tracce distinte di altre lettere. La fotografia è stata scattata dagli autori nel 2000.
45. NOMI PARTICOLARI IN ANTICHE CARTE DELLA RUSSIA CHE CONTRADDICONO LA VERSIONE SCALIGERIANA DELLA STORIA
In fig. 14.214 riproduciamo un’antica mappa della Russia dalla Cosmografia Globale di Sebastiano Munster, datata presumibilmente al 1544 ([450], pag. 325). Nella parte destra della carta, tra lo Yaik e l’Ob, vediamo il disegno di diverse tende e la scritta “kosaki orda”, o Orda Cosacca (fig. 14.215). Perciò, l’antica carta ci dice direttamente che le truppe Cosacche erano precedentemente conosciute come Orde che è precisamente quello che sosteniamo nella nostra ricostruzione della storia Russa.
Figura 14.214. Una mappa medievale della Russia risalente al XVI secolo.
In fig. 14.216 vediamo un’altra carta della Russia, presumibilmente datata al XVI secolo. Il centro della carta ci dice che il paese disegnato sia “la Tartaria, alias Scizia” ( Tartaria , olim Scizia), qv in fig. 14.217. Questo è un riferimento diretto al fatto che la Tartaria e la Scizia fossero all'epoca sinonimi. Ne abbiamo accennato diverse volte riferendoci agli autori antichi. Qui vediamo un riferimento diretto a questo fatto in una carta antica. Il nome Tartaria, o Scizia, si applica alla Russia e a nessun’altra terra. Dobbiamo segnalare anche il fatto che vediamo le parole “Sarmatia Asiatica” a Est del Volga - Sarmatia Asiatica, in altre parole. Perciò la Russia era anche conosciuta come Sarmazia. Lo citiamo anche in Chron5.
Fig. 14.215, Frammento della mappa della Russia con la scritta "Cosacchi. Orda".
Ancora, il Caucaso del Nord è chiamato Albania. Le carte moderne non ci dicono nulla del genere – l’unica Albania conosciuta oggi è nella Penisola Balcanica. Comunque nelle carte antiche l'Albania viene posizionata differentemente.
Figura 14.216. Una mappa medievale della Russia risalente al XVI secolo. Da notare che lo Stretto moderno di Kerch tra il Mar Azov e il Mar Nero si chiama Bosforo per qualche ragione (trascritto come Bosphor), proprio come lo stretto dove troviamo Istanbul, o Costantinopoli. È quindi possibile che alcune leggende di Troia si applichino alla penisola di Crimea e a Tauris (Troia). I cronisti potrebbero aver confuso i due stretti con un nome simile l'uno con l'altro.
Fig. 14.217. Frammento di una mappa della Russia con la scritta "Tartary, alias Scythia". Tratto da [267], pagina 325.
46 . LA SETTA RUSSA DEI SUBBOTNIKI ERA DELL’OPINIONE CHE LE BIBLICA ASSIRIA, L’EGITTO E BABILONIA SI IDENTIFICASSERO CON LA RUSSIA MEDIEVALE.
La sezione presente contiene un’osservazione fatta dai nostri lettori che corrisponde bene alla nostra ricostruzione.
“Note su Gerusalemme”, un articolo di S. Doudakov pubblicato in Russia nella rivista “Ebrei e Slavi”, #8, “Oh, Gerusalemme!”, Pisa-Gerusalemme, 1999, contiene un riferimento al libro di T. I. Boutkevich dal titolo ‘Una Panoramica sulla Russa Settaria pubblicato in Kharkov nel 1910 ([108]). Alle pagg. 394-395 T. I. Boutkevich scrive di una setta Russa conosciuta come subbotniki (“la gente del Sabato”). Doudakov fornisce le informazioni di Boutkevich nella maniera seguente: “Essi credevano che la loro patria fosse la Palestina e non la Russia. Si riferivano alla Russia come Assur, leggendo il nome Russia da destra verso sinistra, al modo Ebreo... Ogni cosa che dice la Bibbia su Babilonia, Assiria e Egitto, i subbotniki pensavano fosse riferito alla Russia” (pag. 286 dell’articolo di Doudakov).
Questo fatto è spiegato perfettamente bene nella nostra ricostruzione, secondo la quale il nome Assiria viene utilizzato nella Bibbia per riferirsi alla Russia, o Orda, nel Medio Evo, come anche i nomi Egitto e Babilonia, qv in Chron6. Perciò vediamo che i gruppi religiosi con un idea più corretta del significato originale di certi testi Biblici esistevano in Russia fino alla fine del XIX secolo, identificando la Russia con la Biblica Assiria, Egitto e Babilonia. Questi ricordi erano piuttosto vaghi ma il fatto che esistessero dice molto. È possibile che simili gruppi religiosi esistano ancora oggi.
Bisogna dire che la voluminosa pubblicazione enciclopedica intitolata Cristianità ( [936] ) non dice una singola parola su questa interessante ed estremamente importante credenza dei subbotniki nella voce corrispondente e cioè che identificassero l’Assiria Biblica, l’Egitto e Babilonia con la Russia medievale.
Più avanti viene riportato come i subbotniki appartenessero alla stessa tradizione degli “Ebrei eretici” ([936], Volume 2, pagg. 653-654), o al famoso “Giudaismo Russo” del XV-XVI secolo, che ha svolto una parte importante nella storia Russa del XVI secolo, qv in Chron6. C’è stato un periodo in cui i rappresentanti di questa confessione sono arrivati al potere nella corte Russa dello Zar, o Khan. Secondo la nostra ipotesi la Bibbia, nel moderno significato del termine, fu creata in quel periodo e con la loro collaborazione attiva (cioè la prima versione del moderno canone Biblico). Non sorprende perciò che i loro seguaci ricordassero di più sul significato originale dei termini Biblici di ogni altro gruppo.
L’enciclopedia Cristianità ci fornisce solo questa misera informazione sulle tradizioni dei subbotniki: “Secondo le ultime ricerche, alcuni subbotniki seguivano la legge di Mosé ma rifiutavano di venerare il Talmud e leggevano le loro preghiere in Russo Slavonico Ecclesiastico; in altre regioni (le province di Irkutsk e Pyatigorsk, per esempio) indossavano un vestiario Russo e aderivano in generale ai costumi Russi” ([936], Volume 2, pag. 654).
Fig. 14.218. Una tipica chiesa russa del XVII secolo. Questa è la chiesa Nikolskaya del monastero Nikolo-Ouleymenskiy nei pressi di Ouglich. Vediamo il muro orientale della chiesa. Si presume che la maggior parte delle chiese russe del secolo XIXVI fossero state così.
Figura 14.219. Una tipica chiesa russa del XVII secolo. Vediamo la vista a nord-ovest della chiesa di Nikolskaya, il monastero Nikolo Ouleymenskiy, Ouglich. La maggior parte delle chiese Russe del XII-XVI secolo avrebbero dovuto essere costruite nello stesso modo di questa.
I moderni dukhobori (letteralmente “guerrieri dello spirito”) sono considerati come un altro ramo della Chiesa Giudaica Russa del XV-XVI secolo. L’enciclopedia Cristianità ci dice quanto segue: “I dukhobori rappresentano una tradizione molto antica; sono associati agli strigolniki, gli ‘Eretici Judaici’, Bashkin e Feodosiy Kosoi” ( [936] , Volume 1 , pag. 495). Ricordiamo al lettore che sia Bashkin che Feodosiy Kosoi erano membri importanti della Chiesa Giudaica Russa nel XVI secolo. Secondo la nostra ipotesi, la Chiesa Riformista Giudaica Russa in Russia era strettamente legata alla Chiesa Luterana Riformista dell’Ovest – probabilmente, fino al limite di essere uno dei suoi rami, qv in Chron6.
Comunque, secondo la nostra ricostruzione, l’epoca del XVI secolo, cioè quando la setta dei dukhobori nacque, viene riflesso nella Bibbia come il famoso regno del Re “Assiro” Nebuchadnezzar, qv in Chron6. È significativo che la tradizione dei dukhobori corrisponda all’affermazione da noi fatta - cioè, si scopre che “i dukhobori stessi tracciano la loro tradizione fino ai ‘tre giovani - Ananiah, Azariah e Misael’” ([936], Volume 1, pag. 495). Sono personaggi Biblici identificati come contemporanei del Re Nebuchadnezzar, il che li fa risalire al XVI secolo secondo la Nuova Cronologia – precisamente l’epoca di Bashkin e Feodosiy Kosoi, i padri fondatori della tradizione dukhobori. Secondo la nostra ricostruzione, il Biblico Re Assiro Nebuchadnezzar può essere identificato come uno degli Zar che hanno governato la Russia, o Orda, durante l’epoca di Ivan il Terribile. Per metterla in modo più semplice, Nebuchadnezzar può essere identificato come Ivan il Terribile.
Ed è ancora più interessante che alcuni ricercatori che hanno studiato la tradizione dei dukhobori, abbiano identificato uno dei “tre giovani Biblici” come Bashkin, vissuto nel XVI secolo ([936], Volume 1, pag. 495). Che lo renderebbe infatti un contemporaneo di Ivan il Terribile (o Nebuchadnezzar), come vogliamo sottolineare.
47. LE ANTICHE CATTEDRALI DELL’EUROPA OCCIDENTALE HANNO PRESERVATO LO STILE DELLE CHIESE RUSSE DEL XV-XVI SECOLO
Oggi ci viene detto che le tipiche chiese antiche Russe erano nel XV-XVI secolo come oggi - cioè, costruzioni di forma cubica con un tetto quasi piatto con sulla cima diversi cilindri che sostengono volte dorate e un parte d’altare semicircolare sulla parte Est (vedi figg. 14.218 e 14.219). Questo stile è radicalmente differente dalle chiese dell’Europa Occidentale – allungate costruzioni con alti tetti a falde, con sulla cima, normalmente una o più guglie. La famosa Cattedrale gotica di Colonia è il più tipico esempio (vedi fig. 14.220).
Si presume che simili chiese siano state costruite in Europa da tempi immemorabili, laddove le chiese Russe hanno sempre avuto l’aspetto di oggi – le costruzioni “cubiche” che conosciamo oggi. Ci riferiamo alle chiese Russe che oggi si presume datino al XII-XVI secolo.
Comunque, risulta che le chiese costruite in Russia nel XV, e, molto probabilmente, anche nel XVI secolo, apparissero esattamente come costruzioni allungate con alti tetti a falda; si ha l’impressione che questo stile gotico fosse prevalente in Russia nel XV-XVI secolo. Le chiese “cubiche a cui siamo abituati devono essere state prevalentemente costruite nel XVII secolo.
Questo sospetto ci è sorto inizialmente dopo aver studiato l'architettura tipica delle chiese di Ouglich, una famosa città Russa. Diamo un’occhiata alla guida scritta da by N. F. Lavrov ([461]). Descrive tutte le chiese di Ouglich nel modo in cui erano nel 1869. Risulta che fossero fondamentalmente ricostruite o costruite ex novo nel XVII secolo non prima del XVII secolo con una sola eccezione. Lo stile architettonico dei queste chiese ci appare perfettamente normale – il loro elemento principale è il su menzionato “cubo” o le sue modificazioni del XVIII-XIX secolo. L’unica eccezione è la famosa Chiesa di S. Alexei, chiamata come il Metropolita di Mosca, nel Convento dei frati Alexeyevskiy a Ouglich. Si presume che dati al XV secolo - cioè, 1482; si dice anche che abbia conservato la sua forma originale ([461], pag. 110). In figg. 14.222 e 14.223 si vedono due fotografie moderne di questa chiesa. È una costruzione allungata con un alto tetto a falde; ci sono tre alte guglie sulla parte dell’altare ad Est (comunque possono essere state costruite più tardi). L’entrata della chiesa è situata sulla parte a Nord e porta direttamente al secondo piano. Non si può fare a meno di notare che questa antica chiesa Russa del XV secolo ricorda fortemente la Cattedrale Gotica di Colonia, qv in fig. 14.220.
Ci si potrebbe chiedere quale è stato il destino delle chiese costruite nel XVI secolo. È possibile che i residenti di Ouglich si siano astenuti dal costruire chiese per più di un secolo? O queste chiese si sono “disintegrate” da sé? Stranamente ci sono parecchie chiese del XVII secolo a Ouglich. Bisogna segnalare che la chiesa del XV secolo di S. Alexei è una cattedrale enorme, una delle chiese più grandi a Ouglich oggi. Avendo costruito una simile cattedrale nel XV secolo, la gente di Ouglich deve aver costruito qualcosa anche nel XVI secolo. Si ha l'impressione che quasi ogni chiesa di Ouglich sia stata ricostruita nel XVII secolo. La Chiesa di S. Alexei deve essere sopravvissuta per miracolo; perciò essa appare fuori contesto tra le chiese che si dice rappresentino lo stile architettonico tipico dell’antica Russia. Bisogna sottolineare che tutte queste chiese “tipicamente Russe” sono state costruite come minimo nel XVII secolo.
Fig. 14.220. La cattedrale gotica di Colonia così come appare oggi. Colonia, Germania. Foto di [1017], fotografia 3.
Fig. 14.222. Chiesa del metropolita Alexei a Ouglich. Vista da sud-est. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.225. La Chiesa della Presentazione, il Monastero Nikolo-Ouleimenskiy, Ouglich. Vista orientale. Un blocco quadrato più recente, sovrastato da un cilindro e caratterizzato anche da una parte semicircolare dell'altare, è stato aggiunto al vecchio edificio in un'epoca successiva. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.221. Chiesa del metropolita Alexei a Ouglich. Vista meridionale. L'unica chiesa di Ouglich che è sopravvissuta all'epoca del XV-XVI secolo. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.223. Chiesa del metropolita Alexei a Ouglich. Vista occidentale. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.224. La Chiesa della pPesentazione, il Monastero Nikolo-Ouleimenskiy di Ouglich. Vista nord. L’entrata della Chiesa è attraverso un portico alto che porta direttamente al primo piano. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.226. La Chiesa della Presentazione, il Monastero Nikolo-Ouleimenskiy, Ouglich. Vista da sud-est. Foto scattata nel 2000.
Questa osservazione è confermata da un altro esempio. Guardiamo l’architettura del famoso Monastero Russo Nikolo-Ouleymenskiy vicino a Ouglich. Ci sono due chiese qui – la più antica è la Chiesa della Presentazione (vedi figg. 14.224, 14.225 e 14.226). L’altra è di origine più recente e d è conosciuta come la Chiesa Nikolskaya (vedi sopra, in figg. 14.218 e 14.219). Quest’ultima sembra già una chiesa “tipica” Russa. Comunque, la più antica chiesa della Presentazione è ancora una volta una costruzione allungata con un tetto a falde. Più tardi è stata completata con un campanile e una costruzione cubica a Est; comunque, queste modificazioni già datano al XVII secolo. La parte principale della chiesa assomiglia più alle cattedrali gotiche dell’Europa Occidentale più che ai cubi Greci con cilindri e volte (il tipo più recente è derivato dalle basiliche come l’Hagia Sofia di Costantinopoli = Zar-Grad = Gerusalemme).
Fig. 14.227. La cattedrale gotica di Pietro e Paolo a Yaroslavl, costruita nel vecchio stile russo dell'orda. Vediamo una guglia, tetto a due falde e un'entrata al primo piano. Tratto da [996], pagina 159.
Fig. 14.228. Un'altra fotografia della cattedrale gotica di Pietro e Paolo a Yaroslavl. E 'proprio questo lo stile in cui l'Europa Occidentale ha costruito le proprie cattedrali, partendo dall'=Orda, o "Mongolia". Preso da [116], malato. 341.
Non affermiamo che nessuna chiesa del tipo Greco è stata costruita in Russia nel XV secolo; ci interessa sapere se possono essere considerate costruzioni ecclesiastiche tipiche Russe ai tempi dell’Orda. I fatti citati sopra ci fanno dubitare di questo; si ha l’impressione che nel XVII secolo la stragrande maggioranza delle chiese Russe siano state ricostruite alla maniera “Greca” sotto la spinta dei Riformisti. In più, questi ultimi affermarono che le chiese Russe erano sempre state così, il che è un'evidente bugia come si può capire oggi.
In alcune regioni della Russia, le cattedrali gotiche furono costruite fino al XVIII secolo – come la famosa Chiesa di Pietro e Paolo a Yaroslavl, che data al 1736-1744, qv in figg. 14.227 e 14.228. La moschea del villaggio di Poyiseyevo nella regione di Aktanysh nel Tartarstan è costruita nello stesso modo (vedi fig. 14.229). Comunque, l’antico stile gotico delle chiese Russe e le Moschee Tartare fu più tardi dimenticato sotto i Romanov.
Fig. 14.229. Una moschea nel villaggio di Poiseyevo, Tartarstan. È costruito in stile gotico. Fotografia conservata nei fondi del Museo Nazionale Unito del Tartarstan. Tratto da [6], pagina 21.
Comunque non c’era questa “onda architettonica Greca” nell’Europa del XVII secolo, dove le chiese erano costruite nel vecchio stile Imperiale del Grande Impero "Mongolo". Persino la parola Duomo, che viene ancora usata per riferirsi alle più grandi cattedrali dell’Europa Occidentale, è ovviamente derivata dalla parola “ dom ”, che si traduce come “una casa”. Nello stesso modo, la parola “gotico” deriva dalla parola “Goto” - l’antico sinonimo per la parola “Cosacco”. Questa è l’architettura che fu portata nell’Europa Occidentale dalle truppe Cosacche del Grande Impero "Mongolo" nel XIV-XV secolo (vedi Chron5 per maggiori dettagli).
Fig. 14.230. Vecchio edificio del nuovo Monastero Simonov a Mosca. La costruzione era probabilmente una vecchia chiesa Russa con un tetto a falde, poi convertita in essiccatoio peril grano. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.231. Vecchio edificio del nuovo Monastero Simonov a Mosca. La torre, o colonna, integrata nel muro dell'edificio e tipica delle cattedrali dell'Europa occidentale, è perfettamente visibile. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.232. Vecchio edificio del nuovo Monastero Simonov a Mosca. Vista generale. Foto scattata nel 2000.
In Russia, comunque, l’antico stile Imperiale delle chiese cadde in disgrazia; simili chiese vennero o distrutte e ricostruite ex novo o vennero sfigurate da costruzioni aggiuntive. Alternativamente, le costruzioni furono convertite per scopi non ecclesiastici, come la gigantesca costruzione, molto alta e con tetto a falde, che è parte del Monastero Simonov a Mosca, qv in figg. 14.230, 14.231 e 14.232. Nel XIX secolo venne utilizzato come essiccatore di granaglie. L’architettura di questa costruzione ricorda molto da vicino quella delle antiche Chiese Russe. È perciò molto probabile che sia stata la vecchia chiesa del Monastero Simonov. La sua grandezza e altezza possono competere con quelle della cattedrale dello stesso monastero, che dev’essere di origine più tarda. L’entrata alla vecchia costruzione sta al nord e sembra un alto portale. Il vecchio portale non esiste più ed è stato rimpiazzato da una costruzione metallica moderna, qv in fig. 14.231. Sottolineiamo che questa costruzione non porta segni di ricostruzioni che distorcano la sua architettura originale – non ha nemmeno alcuna guglia. Evidentemente, così apparivano le antiche chiese nel XV-XVI secolo.
Fig. 14.232. Vecchio edificio al nuovo Monastero Simonov a Mosca. Vista generale. Foto scattata nel 200
Fig. 14.233. Antica Chiesa Russa nel villaggio di Bykovo. Oggi è classificato come "pseudo-Gotico". A quanto pare, alcune delle chiese costruite secondo il vecchio stile dell'orda sono sopravvissute in piccoli villaggi e cittadine Russi. Tratto da [311], illustrazioni alla fine del libro.
Fig. 14.234. La cattedrale principale di Mozhaysk (la nuova Cattedrale Nikolskiy) è stata costruita in stile Gotico. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.235. La vecchia chiesa del Monastero Louzhetskiy di Mozhaysk. Sembra quasi una cattedrale Gotica. Foto scattata nel 2000.
Fig. 14.237. Moschea a Staroye Ibraykino. Repubblica del Tartarstan. Questa forma è caratteristica anche delle cattedrali Gotiche dell'Europa Occidentale. Tratto da [760:1], pagina 22.
Fig. 14.236. Moschea a Starye Kiyazly. Repubblica del Tartarstan. Le cattedrali Gotiche Occidentali hanno una forma simile. Tratto da [760:1], pagina 23.
Sottolineiamo una caratteristica distintiva dell’antica chiesa del Nuovo Monastero Simonov, che è anche tipica per molte chiese Occidentali Europee. Ci riferiamo all’alta colonna di forma semicircolare nell’angolo della costruzione, che parzialmente si sporge all’esterno, qv in figg. 14.230, 14.231 e 14.232. Simili colonne a forma di torre, che occasionalmente ricordano i minareti, si possono vedere nella Cattedrale di S. Cecilia nella città francese di Albi. Anche questa cattedrale ha una forma allungata; La sua fotografia può essere vista in Chron6.
Bisogna dire che alcuni dei moderni specialisti di storia dell’architettura hanno notato le poche chiese Russe costruite nello stile Gotico. Comunque, la pressione della cronologia Milleriana e Scaligeriana, che ha cercato di distorcere una gran quantità di fatti storici, gli ha fatto pensare che occasionalmente, alcuni architetti Russi “abbiano usato elementi Gotici della moda Occidentale Europea nelle loro costruzioni pseudo-Gotiche... In un certo numero di casi vediamo intricate “decorazioni Gotiche” scolpite o incise nella pietra bianca” ([311], pag. 29). M. Ilyin, un rinomato esperto di storia dell’architettura, afferma che “la composizione è basata su antichi prototipi Russi, modificati secondo le specifiche dell’architettura pseudo-Gotica” ([311], pag. 29). Inoltre, viene sottolineato come alcuni architetti Russi abbiano “padroneggiato completamente… l’intero arsenale delle forme pseudo-Gotiche” ( [311] , pag. 21 ). Ilyin cita la “famosa chiesa in Bykov” come un tipico esempio nella stessa pagina, chiamandola “un capolavoro”. Viene sottolineato come “sebbene la parte occidentale del tempio sia stata ricostruita nella prima metà del XIX secolo, ha giocato una parte importante nello stile pseudo-Gotico Russo” ([311], pag. 32).
Fig. 14.238. Moschea a Stariy Bagryazh-Yelkhov. Repubblica del Tartarstan. Le cattedrali Gotiche Occidentali hanno una forma simile. Tratto da [760:1], pagina 46.
Fig. 14.239, Moschea ad Asan-Yelg. Repubblica del Tartarstan. Le cattedrali Gotiche Occidentali hanno una forma simile. Tratto da [760:1], pagina 231.
Fig. 14.240. Moschea a Nizhnyaya Oshma. Repubblica del Tartarstan. Le cattedrali Gotiche Occidentali hanno una forma simile. Tratto da [760:1], pagina 264.
Fig. 14.241. Cupola a spirale della Clementskirche tedesca a Mayen, vicino Bonn. Tratto dall'opuscolo consegnato ai visitatori della chiesa attuale.
Fig. 14.242. Le cupole a spirale della Cattedrale di San Basilio il Benedetto a Mosca. Tratto da [549], pagina 35.
Come cominciamo a vedere, tutti questi passaggi richiedono la rimozione della parte “pseudo”; bisogna anche ricordare il fatto che lo stile in questione caratterizza l’architettura della Russia Gotica, o Cosacca, anche conosciuta come Orda. Perciò, lo stile Gotico deve essere stato importato nell’Occidente dall’ Est, e non il contrario come si presume oggi nella storia ufficiale.
Riproduciamo una fotografia della chiesa di Bykovo in fig. 14.233. é perfettamente ovvio che il suo stile sia lo stesso delle antiche chiese Gotiche Russe elencate sopra. È come se in grandi città Russe tutte queste costruzioni, che portavano il segno dell’antico stile Imperiale, siano state ricostruite sotto i Romanov, laddove in piccole città e villaggi alcune tracce dell’antica tradizione siano sopravvissute. Persino nel XVII-XVIII secolo alcuni architetti hanno continuato a costruire chiese nell’antico stile Russo – Gotico o Cosacco.
Anche la cattedrale principale dell’antica città Russa di Mozhaysk è costruita nello stile Gotico e – la Nuova Cattedrale Nikolskiy della Cittadella Mozhaysk, qv in fig. 14.234. Questa cattedrale fu costruita nel 1814 da Alexei Nikitich Bakaryov, l’architetto della Spedizione Architettonica del Cremlino Moscovita ([536], pagg. 124 e 80).
L’architettura della cattedrale è classificata come “pseudo-Gotica” ([536], pag. 80). Deve esserci stata una buona ragione se nel 1806 Bakaryov costruì la Torre Nikolskaya del Cremlino Moscovita, la quale ha a lungo ospitato l’icona di Mozhaysk di S. Nicola l’Uomo dei Miracoli, nello stesso stile Gotico. Evidentemente il ricordo delle antiche chiese Russe era stato mantenuto a lungo vivo a Mozhaysk.
Un’altra antica chiesa di forma allungata può essere vista nel Monastero Louzhetskiy di Mozhaysk, qv in fig. 14.235. Deve aver assomigliato ad una cattedrale Gotica inizialmente, ricostruita nel nuovo stile nel XVII secolo. In particolare, una chiesa cubica sormontata da una cupola Greca fu aggiunta alla sua parte est; è chiaramente visibile in fig. 14.235. In più, gli scavi del 1999-2000, che hanno scoperto strati del XVII secolo del Monastero Louzhetskiy hanno rivelato il fatto che antiche pietre cimiteriali mutilate del XVI - inizio XVII secolo erano state utilizzate come pietre per le fondazioni delle pareti e negli angoli di questa aggiunta più tarda.
L’antico stile dell’Orda è stato conservato nella costruzione di molte moschee precedenti al XIX secolo. Per esempio, in figg. 14.236 - 14.240 riproduciamo fotografie di alcune delle moschee nel Tartarstan. È perfettamente ovvio che l'architettura sia virtualmente la stessa delle cattedrali Gotiche nell’Europa Occidentale. Bisogna segnalare, secondo [ 760: 1 ] , che ci sono molte Moschee così in Tartarstan; includiamo le foto solo di alcune.
Ogni cosa diventa perfettamente chiara. I Romanov hanno tentato di abbandonare gli antichi costumi Russi, cambiando lo stile architettonico delle chiese Russe e rimpiazzando le pietre tombali nei cimiteri Russi. Le antiche chiese Gotiche furono o demolite o ricostruite, le pietre tombali distrutte o utilizzate come materiale da costruzione. Questo ha cambiato radicalmente l’aspetto dei cimiteri Russi e dei monasteri. Quindi si è dichiarato che erano “sempre stati così”, e che gli antichi costumi Russi erano gli stessi introdotti sotto i Romanov.
Torniamo al lavoro di M. Ilyin. Procede indicando ulteriori parallelismi tra le cattedrali Gotiche dell’Europa Occidentale e le antiche chiese Russe: “Ero sorpreso dalle similitudini tra una chiesa Gotica Ceca e la Cattedrale Ouspenskiy a Mosca, che mi ha fatto interrogare sulla natura di questo collegamento e le ragioni retrostanti. Ovviamente, difficilmente si può parlare di un collegamento diretto tra le chiese Ceche e la cattedrale Moscovita” ([311], pag. 97) . Ilyin è ovviamente confuso dall’errata cronologia Scaligeriana e Milleriana. Più avanti scrive: “È ovvio che queste similarità riflettono qualche tendenza generale che era caratteristica per l’intera Europa medievale. In altre parole, le caratteristiche spaziali della cattedrale Ouspenskiy sono in relazione con gli spazi Gotici delle cattedrali Occidentali” (ibid). Oggi comprendiamo le ragioni dietro queste similarità che vengono notate dai moderni specialisti di storia dell’architettura. L’Europa Occidentale era parte del Grande Impero "Mongolo" fino al XVII secolo; lo stile Gotico (Cosacco) era prevalente in tutto l’impero.
In fig. 14.241 vediamo la chiesa Tedesca di Mayen, una cittadina vicino a Bonn. È chiamata Clementskirche; la sua cupola ha una forma molto pittoresca, con alte guglie a volute. La chiesa è stata pesantemente danneggiata nel 1941 - 1945; comunque è stata ricostruita in pieno accordo con i disegni sopravvissuti. Si presume che la costruzione della Clementskirche iniziò nel 1000, e che la chiesa sia stata ricostruita diverse volte nel XIV secolo e anche dopo. L’inusuale forma a spirale della cupola è stata notata da molti specialisti di storia dell’architettura. Si presume che questa cupola sia stata costruita tra il 1350 e il 1360. Le ragioni per cui gli architetti medievali hanno scelto questa particolare forma appaiono cancellate dalla memoria. La brochure sulla storia della chiesa suggerisce la seguente divertente leggenda per spiegare questa particolarità architettonica. A quanto pare gli abitanti della città avevano chiesto al diavolo di costruirgli una taverna. I progetti che gli avevano dato erano comunque quelli di una chiesa. Il non troppo brillante diavolo acconsentì ma fu sorpreso di vedere una chiesa invece di una taverna quando finì il lavoro. In uno scatto di rabbia prese una delle guglie e la attorcigliò in una spirale; rimase così fino ad oggi. La brochure viene data ad ogni visitatore della chiesa, ed anche a A. T. Fomenko e T. N. Fomenko nel giugno 2000. I moderni commentatori e le guide omettono normalmente la leggenda sul cornuto furfante, rimpiazzandola con una più seria che coinvolge un uragano che colpì la città e attorcigliò la guglia che era prima diritta e così è rimasta da allora, restando intatta nonostante l'uragano. Crediamo che complesse discussioni scientifiche che riguardano il diavolo e i forti venti che soffiano in Germania siano proprio irrilevanti.
In realtà, quello che vediamo è un altro esempio dell’antica architettura Russa del XIV-XVI secolo. È sufficiente comparare la cupola della Clementskirche Tedesca alle cupole a spirale della Cattedrale di S. Basilio a Mosca, qv in fig. 14.242, per capire che entrambe furono costruite nello stesso stile architettonico. Le cupole a spirale della Cattedrale di S. Basilio assomigliano molto ai turbanti Ottomano = Ataman. Evidentemente, simili chiese furono costruite sia in Russia che nell’Europa Occidentale intorno al XIV-XVI secolo, dopo la colonizzazione di quest’ultima nell’epoca della Grande conquista “Mongola”. Anche la Clementskirche mostra una cupola simile a un turbante Ottomano.
Minareti che terminano con cupole a spirale esistono anche in Oriente – per esempio, “il minareto a spirale della Moschea di Abu-Dulaf a Samarra ( 860/6 1)” ([1210], pag. 105), come anche il minareto a spirale di Uc Serefeli Cami a Edirne ([1210], pag. 546).
Questo può fare un po’ di luce sulla leggenda del diavolo, che si presume abbia avuto parte nella costruzione della Clementskirche. Come abbiamo già detto, ogni cosa collegata al Grande Impero "Mongolo" fu proclamata cattiva e “satanica” durante l’epoca della Riforma in Europa Occidentale, inclusa l’architettura dell’Orda, o degli Ataman, caratteristica per un certo numero di chiese che furono più tardi dichiarate costruite dal “diavolo”. La leggenda divenne più tardi parte della tradizione popolare.
Facciamo un breve sommario. Siamo messi di fronte ancora con un’altra traccia della riforma su larga scala degli antichi costumi Russi e stili architettonici che ebbe luogo nel XVII secolo. I nuovi costumi e stili introdotti dai Romanov furono più tardi dichiarati “tipici dell’antica Russia”. Da questo è risultato un concetto totalmente distorto della storia Russa prima del XVII secolo. La maggior parte delle supposte tradizioni Russe in architettura, letteratura, riti funerari ecc. furono introdotte nel XVII secolo, o epoca dei primi Romanov. Un’altra ondata di cambiamento passò sulla Russia sotto Pietro il Grande. Oggi si presume che Pietro abbia cambiato i costumi Russi per quelli Occidentali in generale e Tedeschi in particolare. Nella maggior parte dei casi, questi “antichi costumi Russi” sono stati introdotti dai suoi predecessori – i primi Romanov. Molto poco si sa sugli autentici costumi dell’antica Russia – quello che ci rimane sono smarriti pezzetti di informazione raccolti con parecchio sforzi.
48. GLI ORGANI DELLE CATTEDRALI DELL’EUROPA OCCIDENTALE HANNO PRESERVATO L’ANTICA CULTURA MUSICALE RUSSA (ORDA) DEL XV-XVI SECOLO
Le cattedrali dell’Europa Occidentale differiscono dalle moschee e dalle chiese Russe per molte cose una delle quali è che le prime sono equipaggiate di organi che vengono suonati durante il servizio religioso. Si presume che simili strumenti non siano mai esistiti in Russia. Tuttavia, questa opinione popolare è molto probabilmente sbagliata. Gli organi esistevano in Russia. È anche possibile che simili strumenti musicali venissero suonati nelle chiese del Grande Impero "Mongolo" nel XIV-XVI secolo. Come racconteremo al lettore nella sezione presente, gli organi erano ampiamente popolari nell’antica Russia. Furono probabilmente proibiti da Pietro il Grande; forse - dai suoi predecessori, i primi Romanov, nel corso della loro guerra agli antichi costumi Russi, che si èdimostrata di grande successo. Questo è quanto riportano gli storici:
Nel 1700 Cornelius de Bruin (Brun) arrivò a Mosca dall’Europa Occidentale “Nel 1711 un libro intitolato ‘Viaggio verso la Persia e l’India attraverso la Moscovia’ del viaggiatore Olandese Cornelius de Bruin venne pubblicato ad Amsterdam. Parecchi anni dopo, la sorprendente opera fu tradotta in quasi ogni lingua Europea” ([537:1], pag. 52). N. M. Moleva, Dottore in Storia, ci dà il seguente breve sommario delle impressioni del viaggiatore: “Case lussuose. Abbondanza di piatti d’oro e di argento. Vestiti splendidi” ([537:1], pag. 32). De Bruin stesso riporta quanto segue: “Due giganteschi leopardi stavano lì [nell’abitazione di Lefort sul Fiume Yaouza - Aut.], con le zampe distese, sdraiati sugli scudi con lo stemma, tutto questo fatto di argento puro; e anche un globo d’argento sulle spalle di Atlante, fatto dello stesso metallo. A parte questo, c’erano molti grandi boccali e altri recipienti, tutti in argento” (citazione secondo [537:1], pag. 56).
“Dovrebbero esserci stata musica e anche spettacoli teatrali a corte. Cornelius de Bruin non li menziona da nessuna parte. Comunque, l'adolescente cantante italiano, Filippo Balatri, che era a Mosca nello stesso periodo, fu sorpreso nello scoprire che c’erano organi di costruzione originale in molte case; comunque, essi erano nascosti negli armadi per qualche ragione. Più tardi venne a sapere che gli organi erano stati banditi da Pietro il Grande come un antico costume Russo. Il matrimonio del giullare Shanskiy vicino a Kozhukhov nel 1697 deve essere stata l’ultima celebrazione Moscovita con 27 organi” ( [537:1], pag. 32).
La costruzione degli organi Russi non è descritta da nessuna parte; sappiamo solo che erano “costruzioni originali”. Ricordiamo al lettore che l’organo è uno strumento pneumatico fornito di mantice con tubi metallici che producono suoni quando l’aria viene compressa al loro interno. Il prototipo dell’organo dev’essere stato la cornamusa. C’erano anche piccoli organi a mano che producevano suoni alla rotazione di un rullo. Con qualche melodia intagliata sopra( [223] , Volume 2, colonna 1787). È così che è costruito l’organo da strada, per esempio. Comunque, ulteriori osservazioni del De Bruin rivelano che in alcuni casi (probabilmente la maggior parte), gli strumenti in questione erano grandi organi pneumatici.
“La musica è maestosa. De Bruin la sente dovunque - oboi, corni Francesi e timpani vengono suonati nelle sfilate cerimoniali e militari; intere orchestre di diversi strumenti, inclusi gli organi all’Arco di Trionfo. Si sente musica per le strade e dentro le case; inoltre egli è impressionato dalla sorprendente limpidezza dei cori. Non c’era festa in Moscovia senza di loro” ([537:1], pag. 55).
È probabile che le orchestre che suonavano nelle piazze fossero accompagnate da grandi organi con canne e mantici.
Il famoso compositore Vivaldi aveva pianificato un viaggio a Mosca in cerca di impiego permanente. Il viaggio non ebbe mai luogo; comunque, il suo allievo Verocagli, compositore e violinista, si trasferì di fatto a Mosca ([537:1], pag. 64). Tuttavia, la versione Romanoviana della storia cerca di convincerci che la cultura musicale dell’antica Russia fosse così primitiva da poter essere considerata inesistente – danze barbariche intorno a fuochi fumosi, canzoni popolari primitive, normalmente di carattere osceno, tamburini, corni chiassosi, flauti sfiancati e grida ubriache – un urlo lontano dalla raffinata Versailles, tutta merletti e violini.
N. M. Moleva segnala correttamente che “la decade nera di Biron e il regno di Pietro il Grande, privo di musica, sono una verità che si trova solo sui libri”.
Comunque, nel XVII secolo c’erano organi in tutta Mosca – e non solo Mosca, come riporta De Bruins; nessun lavoro sulla storia della musica lo ricordava fino a poco tempo fa. Corni Francesi e oboi erano gli strumenti favoriti tra i musicanti di strada dell’epoca e non solo tra i loro colleghi alla corte dello Zar. Pubblicazioni accademiche menzionano solo il gusli (un arpa popolare orizzontale) e corni di legno. Comunque, c‘era un’intera scuola sussidiata dallo stato di suonatori di tromba a Mosca a metà dello stesso secolo; questo fatto si riflette nel nome del vicolo Troubnikovskiy a Mosca [la parola Russa per “tromba” è “ truba ” - Trad.], laddove ogni libro di riferimento scritto in accordo con la versione Romanoviana della storia racconta che solo i musicisti stranieri che arrivavano in Russia dall’Europa Occidentale potevano suonare quegli strumenti, a parte i dilettanti.
Tutto questo diventa evidente solo di recente (il libro di N. M. Moleva fu pubblicato nel 1997), quando dozzine di documenti contenenti le prove di cui sopra furono scoperti negli archivi. Questo ci porta ad un’altra domanda. Che ne è stato di questa cultura altamente sviluppata, di questo bisogno di musica che non era sentito alla corte reale che aveva aderito al medesimo protocollo Europeo, ma dall’intera nazione? Che inimmaginabile cataclisma può averli spazzati via da almeno mezzo secolo di storia Russa? L’episodio con Vivaldi e Verocagli potrebbe davvero significare che la situazione reale differiva da quella descritta in tutti i trattati generali sulla cultura Russa? vedi [537:1], pagg. 65-66.
Fortunatamente, “sono rimaste documenti civili. Pochi storici hanno l’energia richiesta per lavorarci, lasciamo stare gli specialisti in storia delle belle arti. Troppo faticoso smistare centinaia di migliaia di nomi senza un volto… Comunque non c’è altra scelta.
I registri raccontano molto. Per esempio, scopriamo che alla fondazione di S. Pietroburgo risultavano assenti gli organisti nei ranghi dei musicisti indipendenti. C'erano organisti a Mosca, ma non a S. Pietroburgo. La moda e i gusti privati di Pietro il Grande ne sono responsabili. In più, l’officina dell’antico organo del Cremlino e del clavicordo, che funzionava in modo eccellente, fu distrutta nell’incendio del 1701. Nessuno si preoccupò di ricostruirla – Pietro aveva altri piani per il Cremlino. Nessuna nuova officina fu fondata da allora. Anche il numero di musicisti tra i proprietari terrieri Moscoviti era diminuito – probabilmente a causa della disoccupazione e quindi della povertà Questo si può verificare facilmente da altri registri civili – la vendita e acquisto di registrazioni. Tutte queste transazioni erano registrate meticolosamente e soggette a tassazione. Scopriamo che gli organisti erano occupati a cercare mezzi di sussistenza alternativi” ([537:1], pagg. 67-68).
Comunque, risulta che alcune città dell’Europa Occidentale costruissero organi e li esportassero in Russia fino ai primi del XVIII secolo ( [537: 1 ], pagg. 72-73). Questa è evidentemente un’altra traccia dell'antica tradizione dell’Impero”Mongolo”, le cui differenti regioni si specializzavano nella produzione di vari prodotti industriali per l’Impero del XV-XVI secolo. Per esempio, alcuni degli organi a canne per i centri musicali dell’Impero erano prodotti nell’Europa Occidentale. In particolare, “Theophilus Anzey Volkmar era l’organista della ‘chiesa principale nella parte antica di Danzica - S. Caterina, e anche un intermediario incaricato della vendita e acquisto degli strumenti più costosi, divenuti scarsi in quel periodo – organi e clavicordi. Questo è stato riportato dal ‘Vedomosti di S. Pietroburgo’ nel 1729... Perché l’organista Polacco guardava alla Russia come prospettiva di mercato per i suoi strumenti? Per mancanza di esperienza o sperando nella fortuna cieca? Non è così – I Libri del Magistrato di Città di Gdansk che datano ai tardi anni 20 del 1700 e primi del 1730 testimoniano l’opposto. Volkmar era un mediatore esperto e alcune delle sue vendite più importanti avvenivano in Russia. Avvisi sul giornale di S. Pietroburgo raccoglievano i frutti a dispetto dell’alto costo degli strumenti offerti” ([537:1], pagg. 72-73).
Sottolineiamo un altro importante dettaglio. “Infine, una prova sostanziale delle nostre vaghe e timide supposizioni – materiali di archivio contenenti la lista degli impiegati di corte per il 1731. C’erano più di 90 suonatori di strumenti - sorprendente! Il gruppo dei cordofoni includeva più di 30 suonatori, sei trombe e altrettanti corni Francesi, per non menzionare gli oboi e i timpani… Questa era senza dubbio una orchestra sinfonica, e grande, persino per gli standard moderni – l’orchestra del Teatro Bolshoi ha qualcosa come 120 musicisti oggi... Tutto questo 70 anni prima di quanto si intende generalmente nella storia della musica Russa!
In questo caso, è credibile la voce che l’abate Veneziano Vivaldi fosse stato pronto ad accettare l’offerta di viaggio a Mosca, e che l’unica ragione per cui non lo fece mai era la sua età e il suo abito da abate?… Non ci sono state decadi ‘vuote’ e nessuna età oscura della cultura. La grande… tradizione della cultura musicale Russa aveva portato nuovi frutti nel nuovo secolo” ([537:1], pagg. 81-82).
A proposito, bisogna notare che le fisarmoniche sono ancora molto popolari in Russia. La loro storia si presume dati ai primi del XIX secolo come minimo ( [797] , pag. 276). Comunque, la fisarmonica è costruita in modo simile all’organo – aria compressa dai mantici viene nelle canne dello strumento, che produce suoni suoni diversi. La fisarmonica (armonium) e l’organo potrebbero essere due varianti dello stesso strumento. La fisarmonica è piccola e portabile; può essere utilizzata in festival popolari, laddove i più grandi organi vengono installati in chiese e grandi costruzioni. Le parole “armonium” e “organo” possono essere simili data la frequente flessione tra M e N. La parola “armonium” è virtualmente identica all’antica parola Russa “garniy”, che sta per “buono” o “magnifico”, ed è ancora utilizzato in Ukraino (vedi [223], Volume 1, colonna 848). La parola garniy può essere stata usata in Russia per riferirsi a uno strumento dal dolce suono. Potrebbe la parola “organo” avere la stessa radice? I mantici esistevano in Russia da parecchio tempo, poiché erano largamente utilizzati dai fabbri e dai lavoratori metallurgici. La costruzione dell’organo può anche essersi basata sulle trombe militari e i corni da caccia, anch’essi largamente utilizzati in Russia. L’Orda, o esercito Russo, ha spesso usato le trombe militari come viene ricordato, per esempio, nella “Storia della Battaglia di Kulikovo qv sopra.
La cosiddetta “musica da corno” è esistita ancora in Russia sotto i Romanov per qualche tempo. Molti musicisti soffiano in grandi corni, montati su speciali costruzioni di supporto ([711:1], pagg. 73 - 74). Parlando strettamente, le orchestre di corni erano basate sullo stesso principio dell’organo a canne, essendo la differenza che i musicisti stessi soffiavano dentro le canne, senza l’uso di mantici. Simili “organi” erano utili data la loro mobilità. “La musica dei corni era così forte che, senza vento, il suono si poteva sentire chiaramente nel raggio di 7 verst. Nelle sale da ballo i suonatori di corno di solito accompagnavano l’orchestra… I contemporanei riferiscono che questa musica era molto impressionante… L’impressione era simile a quella dell’organo a canne… La musica per corno è esistita in Russia fino al 1812” ([711:1], pagg. 75-76).
Perciò, secondo le testimonianze del XVII secolo, la musica per organo era largamente popolare nell’antica Russia. Comunque, i Romanov la bandirono nella loro guerra contro il retaggio culturale dell’Impero dell’Orda ed introdussero un nuovo stile di cultura musicale.
Gli organi sono stati messi fuorilegge probabilmente sotto i primi Romanov, durante la riforma della chiesa Russa all’inizio del XVII secolo. Comunque, l’antica cultura musicale dell’Orda deve essere stata così resiliente che ci sono volute decadi per cancellarla completamente. Abbiamo visto che Pietro il Grande era già impegnato a bandire gli organi dalle case private, dove erano stati conservati. Come risultato, il servizio ecclesiastico perse così gli strumenti che accompagnavano la parte vocale. I contemporanei di Pietro il Grande osservavano che “lo Zar [Pietro – Aut.] era deliziato da numeri vocali senza accompagnamento - a cappella” ([537:1], pag. 32). Ogni cosa si spiega perfettamente – la tradizione “a cappella” nasce dall’abbandono degli organi, per il piacere di Pietro. Vediamo che nella Russia Romanoviana gli organi e le fisarmoniche erano stati rimossi dalla cultura musicale ufficiale. Le fisarmoniche, o armonium, erano stati dichiarati uno strumento popolare dall’inizio del XIX secolo. Comunque, nel Ovest le cattedrali Gotiche, un tempo moschee, e gli organi dentro di esse, sono sopravvissuti fino ai giorni nostri, diventando a posteriori assolutamente Occidentali.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Da qui parte una nuova sezione del volume IV.
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La Storia: Finzione o Scienza?
Cronologia 4
di Anatoli Fomenko
Capitolo 15
Parte II. LA NUOVA CRONOLOGIA E L’IDEA DELLA STORIA BRITANNICA. INGHILTERRA E RUSSIA (ORDA)
Introduzione
La seconda parte del nostro libro riguarda l’analisi della versione Scaligeriana della cronologia “antica” e medievale della Britannia.
Il risultato della nostra ricerca dimostra che la storia Britannica è stata molto probabilmente estesa arbitrariamente dai cronologisti medievali del XVI-XVII secolo, e anche in modo pesante. La storia realmente documentata dell’Inghilterra è parecchio più breve; lo stesso succede alla storia reale di tutti gli altri paesi.
Gli eventi Britannici “antichi” e medievali descritti dalle fonti storiche che hanno raggiunto i nostri giorni devono essere trasposte dall’ “antichità” all’epoca che inizia col X-XI secolo d.c. Molti di questi eventi appaiono reali ma appartengono alla storia di Bisanzio o del Grande Impero "Mongolo" nell’epoca del XI-XVI secolo.
Inoltre, la nuova idea di storia che proponiamo rende la posizione dell’Inghilterra tra i paesi Occidentali Europeo del XVI secolo assai più importante di quanto si intenda normalmente.
Cominciamo a comprendere perché i re medievali Inglesi elencavano un certo numero di paesi continentali Europei oltre l’Inghilterra come appartenenti a loro – la Francia, per esempio, come è noto, e anche la Spagna, secondo un certo numero di fonti: “Regina d’Inghilterra, Francia e Iberia = Spagna (?)” ([639], pag. 122).
La ricostruzione della storia Inglese che suggeriamo corrisponde bene con un simile “accorciamento della storia” di un certo numero di altri paesi - Italia, Grecia, Egitto, ecc, qv in altre precedenti pubblicazioni sul tema. Ulteriori ricerche possono naturalmente introdurre un certo numero di alterazioni nella storia dell’Inghilterra ma senza intaccare l’idea principale, come esposto più avanti.
Capitolo 15
Un breve schema della storia Inglese nella versione Scaligeriana
1. LE PIÙ ANTICHE CRONACHE INGLESI
1.1. LA CRONACA ANGLO-SASSONE
Crediamo che i lettori siano più o meno a conoscenza della versione Scaligeriana della storia Romana e Bizantina – almeno entro i confini medi del corso universitario. D'altra parte, siamo consapevoli del fatto che la versione Scaligeriana dell’ “antica” storia Inglese non sia così ben conosciuta da tutti. Perciò, nel presente paragrafo forniremo una breve descrizione della struttura del manuale di testo Scaligeriano sull’ “antica” storia dell'Inghilterra.
Potremmo naturalmente riferirci a qualche libro di testo del XX secolo; comunque, tutti questi sono testi di natura secondaria, cioè, resoconti di precedenti libri di storia Inglese – spesso di qualità scarsa. Siamo maggiormente interessati ai documenti medievali del XVI-XVII secolo, sui quali sono basati quei libri di testo. Queste cronache sono cronologicamente più vicine al periodo in cui la versione Scaligeriana della cronologia globale fu creata e solidificata, il XVI-XVII secolo, il che le rende molto più preziose per quanto riguarda la storia reale riferita, nonostante il fatto che questi testi siano stati pesantemente ritoccati dagli storici Scaligeriani.
Le principali cronache che abbiamo scelto come base per la nostra analisi sono le seguenti: la famosa Cronaca Anglo-Sassone ([1442] ), la Storia dei Britanni di Nennio ([577]) e il libro con lo stesso titolo scritto da Goffredo Monmutensis ([155] ). In fig. 15.1 riproduciamo una fotografia di una pagina dal manoscritto del libro di Nennio. Crediamo che questo manoscritto sia databile al massimo al XVII secolo d.c.
Il lavoro sopra menzionato serve di fatto come base per supportare l’intera concezione moderna della storia Inglese “antica” e medievale. Ripetiamo che questa concezione dipende strettamente dalla cronologia Scaligeriana. Una cronologia alterata altererà radicalmente la nostra percezione delle cronache.
Infine, abbiamo anche utilizzato le famose Tabelle Cronologiche di J. Blair ([76]), compilate nel tardo XVIII – primi del XIX secolo, e che comprendono tutte le principali epoche storiche come venivano percepite dai cronisti Europei alla fine del XVIII secolo.
Si presume che la cosiddetta leggendaria storia d’Inghilterra cominci con la Guerra Troiana, o il presunto XII-XIII secolo a.c. Il millennio che si presume sia intercorso tra la Guerra di Troia e l’epoca di Giulio Cesare, il supposto I secolo d.c., viene normalmente conosciuto come “epoca buia”. Nella versione cronologica di Scaligero e Petavio, creata nel XVI-XVII secolo e utilizzata come base per ogni libro di testo moderno sulla storia “antica” e medievale, la storia documentata dell’Inghilterra incomincia con l’anno 60 a.c., che si presume sia l’anno in cui le Isole Britanniche furono conquistate da Giulio Cesare. Gli storici stessi riconoscono il fatto che la prima prova scritta data circa al 1 d.c., o il regno di Ottaviano Augusto. La cronaca Anglo-Sassone inizia nello stesso anno – il presunto primo anno della nuova era ([1442], pag. 4).
Fig. 15.1. Foto di una pagina dell'"Historia Brittonum" di Nennius. Presa da [155], pagina 220.
Infatti la Cronaca Anglo-Sassone è una collazione di diversi manoscritti separati, cioè:
Manoscritto A – La Cronaca Parker, che copre l’epoca tra il presunto 60 a.c. e il 1070 d.c.
Manoscritto B - La Cronaca di Abigdon I, che copre l’epoca dei presunti anni 1-977 d.c.
Manoscritto C - La Cronaca di Abigdon II, che copre l’epoca dei presunti anni 60 a.c. e 1066 d.c.
Manoscritto D – La Cronaca Worcester, che copre l’epoca dei presunti anni 1-1079 d.c. È seguita da un addendum che si presume datare al XII secolo; copre i presunti anni 1080-1130 d.c.
Manoscritto E – La Cronaca Laud (Peterborough), che copre i presunti anni 1-1153 d.c.
Manoscritto F – L’Epitome Bilingue di Canterbury, che copre i presunti anni 1-1058 d.c.
Fig. 15.2. Datazione Scaligeriana degli eventi descritti dai famosi cronisti medievali Inglesi — Galfridus Monemutensis e Nennius. Cfr. [577] e [155].
Gli storici credono che tutte queste cronache siano duplicati di un singolo originale. In altre parole, si presume che esse coprano la stessa sequenza di eventi, differendo solo per la quantità di dettagli contenuta. Questo è il motivo per cui venivano sistemate parallelamente l’une alle altre in [1442], il che è molto utile e dà l’opportunità di comparare differenti rapporti su eventi che datano allo stesso anno, È possibile che tutti i manoscritti sopra riportati siano diverse versioni delle stesse cronache o differenti copie. La Cronaca Anglo-Sassone copre l’epoca tra il presunto anno 60 a.c. e il XII secolo d.c. Il Manoscritto E termina all’improvviso con la descrizione di eventi che si presume siano avvenuti nel 1153 d.c. La storia Scaligeriana ci assicura che tutte queste cronache sono state scritte intorno al XI-XII secolo d.c. Comunque, uno studio critico dimostra che questa è solo un’ipotesi basata sulla cronologia Scaligeriana, presumibilmente conosciuta a priori. Per esempio il Manoscritto A esiste solo in due “copie”, entrambe create nel XVI secolo d.c. ([1442], pag. xxxiii). Una copia precedente del manoscritto (l’originale di entrambe) si dice sia stato distrutto in un incendio. La storia di tutti gli altri manoscritti compresi nella Cronaca Anglo-Sassone è riportata in [1442] – e anche in modo piuttosto vago. Per esempio, apprendiamo che non c’è una ragione particolare perché fossero datati come è stato fatto.
Si ha l’impressione che gli storici abbiano impiegato il seguente metodo per datare le cronache in questione: se le cronache terminano con la narrazione di eventi del presunto XI-XII secolo, le copie esistenti di queste copie devono risalire alla stessa epoca. Comunque, questa “semplice considerazione” implica che gli eventi descritti nelle cronache siano datati correttamente. Altrimenti la datazione delle cronache cambia automaticamente.
Dobbiamo segnalare che i problemi nella ricostruzione delle origini reali delle Antiche cronache Inglesi sono ben conosciuti, e gli storici Inglesi ne parlano apertamente. Per esempio, lo storico Dom David Knowles si è sentito obbligato a fare la seguente affermazione: “Il problema dell’origine e delle rispettive dipendenze tra le differenti versioni [della Cronaca Anglo-Sassone] è così complesso che ogni tipo di discussione sul tema implica l’uso di matematica avanzata” ( [ 1442] , pag. xxxi; vedi anche Commento 1 alla fine di Parte 2). Dobbiamo aggiungere che lo storico ha segnalato, forse involontariamente, una valida considerazione. La ricerca scientifica moderna nel campo della cronologia è impossibile senza l’uso della matematica.
Fig. 15.3. Parallelismo tra la storia medievale dell'Inghilterra e quella di Bisanzio, scoperto nel corso della nostra ricerca con l'applicazione di metodi formali matematici e statistici.
G. N. Garmonsway riporta più avanti che ogni analisi moderna della Cronaca Anglo-Sassone è invariabilmente basata sulla revisione della sua pubblicazione iniziale (Giovanni Earle, 1865) fatta da Charles Plummer nel 1892-1899. Secondo la cauta osservazione di Garmonsway, i manoscritti A e E sono “associati” ai nomi di figure del XVI secolo, cioè, l'Arcivescovo Parker (1504-1575) e l’Arcivescovo Laud (1573-1645). Risulta che gli altri manoscritti della Cronaca “erano appartenuti a Sir Robert Cotton ( 1571-1631), e sono attualmente parte della collezione di manoscritti Cotton conservata nel British Museum” ([1442], pag. xxxi; vedi Commento 2).
Perciò, arriviamo all’ipotesi che i manoscritti della Cronaca Anglo-Sassone che abbiamo a nostra disposizione oggi siano stati scritti davvero nel XV-XVI secolo come minimo. Perché oggi sono datati al XI-XII secolo?
Fig. 15.4. Dipinto dal Museo del Vaticano. Datato approssimativamente al 1425 A. D. Vediamo. l'Annunciazione, che è consensualmente datata al presunto I secolo D.C., ma l'ambientazione e i vestiti sono ovviamente medievali. Presa da [713], pagina 96.
Come ricordato precedentemente, la risposta può essere molto semplice. La Cronaca termina la sua narrazione con gli eventi del XI-XII secolo secondo la datazione Scaligeriana, da qui la presunzione che gli autori della Cronaca siano vissuti nel XI-XII secolo. Comunque, in primo luogo, gli eventi del XI-XII secolo possono benissimo essere stati descritti da un autore più tardo, vissuto nel XV, XVI o anche nel XVII secolo. Secondariamente, la datazione Scaligeriana della Cronaca dipende dalle date degli eventi di cui tratta. Se risultasse che questi eventi sono in realtà avvenuti in un’epoca diversa, la datazione del testo che abbiamo oggi dovrebbe anch’essa essere modificata.
Il fatto che queste cronache usino datazioni a.c. / d.c. dice già molto sulla loro origine più tarda. È conoscenza comune, persino tra gli Scaligeriani, che la cronologia fu introdotta nel tardo Medio Evo ([76]). Più avanti citeremo un certo numero di fatti che provano che gli autori della Cronaca Anglo-Sassone erano già familiari con la versione Scaligeriana della cronologia globale dell’antichità. Questa versione fu creata nel XV-XVII secolo d.c., il che è un’ulteriore prova del fatto che la versione della Cronaca da noi conosciuta oggi sia di origine piuttosto tarda.
Perché i ricercatori fanno così tanta attenzione alla Cronaca Anglo-Sassone per la ricostruzione della storia Inglese? La spiegazione è molto semplice. La cronaca in questione si presume sia il primo testo storico scritto in Inglese e che utilizzi la cronologia degli “Anni di Grazia” (vedi [1442], pag. xxiv; anche Commento 3). Dobbiamo fare il seguente commento per quanto riguarda la trascrizione delle date utilizzate nella Cronaca Anglo-Sassone: Si presume che la datazione “Anno Domini” fosse conosciuta come “Anni dall’Incarnazione di Nostro Signore” nell’Inghilterra medievale; Un’altra presunzione è che questo fosse equivalente a “Anni di Grazia”. Questa supposta equivalenza delle due antiche ere richiede un’analisi speciale e noi ce ne occuperemo più avanti. Per il momento segnaliamo la similarità fonetica tra le parole “Grazia” e Grecia.
È possibile che gli “Anni di Grazia” si traducesse realmente come gli “Anni di Grecia”, implicando una cronologia che è in qualche modo collegata alla Grecia o alla fede Greca. È anche possibile che la parola “Grazia”. “Grecia” e “Cristo” siano tutte in qualche modo collegate. L’associazione oggi potrebbe essersi persa. Se questo si provasse vero, la fede Greca sarebbe un altro alias per la religione Cristiana. Ricordiamo al lettore che, secondo la nostra ricostruzione, Cristo è vissuto a Zar-Grad sul Bosforo, capitale Bizantina; questo è il posto dove fu anche crocifisso, qv nella tabella qua sotto ([517]).
Facciamo subito un chiarimento: non consideriamo paralleli linguistici e fonetici come prove di nulla fuori dal contesto. Possono solo servire come considerazioni ausiliarie, diventano significativi dentro un parallelismo, o una sovrapposizione che copra un periodo di diversi secoli. Quando simili nomi si manifestano simultaneamente in entrambe le correnti che vengono rigidamente confrontate, si può considerare credibile anche il parallelo.
La Cronaca Anglo-Sassone è scritta in un linguaggio piuttosto arido. È separata in capitoli che corrispondono ad anni individuali. Va da sé che ci sono vuoti e omissioni. Si presume che la Cronaca Anglo-Sassone descriva gli eventi che ebbero luogo tra il I secolo d.c. e il XI-XII secolo d.c. (vedi figg. 15.2 e 15.3). L’asciuttezza del testo e la mancanza di abbellimenti letterari potrebbe indicare che il documento in questione sia davvero importante – probabilmente edito nel XVII secolo, ma basato tuttavia su antiche prove. La correttezza delle datazioni degli eventi di cui la Cronaca parla come “Anni di Grazia” , riferite dai cronisti più tardi del XVII-XVIII secolo è un problema completamente differente.
1.2. “Storia dei Brit" di Nennio
Questa cronaca è relativamente breve, di 24 pagg. da [577]. Più di 30 manoscritti di questo lavoro sono conosciuti oggi [577]. I moderni commentatori riportano: “I primi manoscritti datano tra il IX e il X secolo d.c., e gli ultimi – intorno al XIII o anche XIV secolo. L’autore di alcuni manoscritti pare essere Gildas. Nennio è spesso menzionato come autore dell’opera. Quello che abbiamo a nostra disposizione è probabilmente una compilazione… Il testo originale non è sopravvissuto, ma abbiamo una traduzione Irlandese del XI secolo” ([577], pag. 269). Il testo è dato in concordanza con la pubblicazione intitolata “Nennio e la Storia dei Britanni” (Paris, 1934). Alcuni dei manoscritti si concludono con pagine dagli “Annali di Cambria”, un manoscritto che si presume datare intorno al 954 d.c. Il lavoro di Nennio non ha una separazione annuale e nessuna indicazione cronologica di alcun tipo, ad eccezione dei seguenti due frammenti. All’inizio della cronaca c’è una breve tabella intitolata “Sulle Sei Ere del Mondo”, che indica intervalli tra un certo numero di eventi Biblici negli anni – in accordo con la versione di Scaligero e Petavio, il che è da sottolineare. Il Capitolo 16 contiene una “validazione cronologica” con intervalli approssimati tra certi eventi della storia Inglese, caratterizzata da un’estrema brevità.
Perciò, l’autore del testo è incerto e nessun originale è sopravvissuto. La traduzione data al XI secolo. Lo stesso testo non contiene una scala cronologica indipendente, il che rende il problema se i manoscritti della Cronaca Anglo-Sassone siano datati correttamente ancora più decisiva. A proposito, il testo di Nennio è scritto in una maniera letteraria libera, con molti abbellimenti retorici. Questo fatto da solo tradisce che il testo appartenga a una ben sviluppata tradizione letteraria che ha richiesto tempo ed esperienza. È una possibile indicazione dell’origine tarda della cronaca - il XVI-XVII o anche il XVIII secolo.
Si presume che Nennio descriva eventi distribuiti attraverso l’intervallo storico che inizia dalla Guerra di Troia (il presunto XII o XIII secolo a.c.) e termina con l’ IX o il X secolo d.c. Gli storici Scaligeriani hanno allungato il piuttosto conciso testo di Nennio sul gigantesco intervallo di duemila anni. Questo ha portato a grandi lacune nella datazione vista dal punto di vista Scaligeriano. In figg. 15.2 e 15.3 forniamo una schematica rappresentazione dell’epoca presumibilmente descritta da Nennio come una linea punteggiata. Se dobbiamo credere alla cronologia Scaligeriana, Nennio sbrigativamente omette interi secoli creando enormi vuoti senza nemmeno darci peso e continua con la sua narrazione imperturbato.
1.3. "La Storia dei Britanni" di Goffredo di Monmouth
La cronaca in questione si presume dati intorno agli anni 1130 o 1140 ([155], pag. 196). Goffredo si dice abbia basato il lavoro sul testo di Nennio, ripetendo in parte gli errori” di quest’ultimo ([155], pag. 231, commenti al Capitolo 17; anche pag. 244).
Fig. 15.5. Dipinto di Piero della Francesca, artista medievale italiano (presumibilmente risalente al 1420-1492 D.C.). Il titolo è il seguente: "Battaglia tra l'imperatore Costantino e Massenzio". Famoso tema "antico" della storia dell'antico Impero Romano (il presunto IV secolo d.C.). I personaggi e l’ambientazione risultano medievali. Tratto da [16], pagina 39.
Il libro di Goffredo è un’opera voluminosa che comprende qualcosa come 130 pagg. da [155]. A differenza della Cronaca Anglo-Sassone, il testo non contiene alcuna divisione cronologica annuale.
Il linguaggio di Goffredo è di alto livello con un gran numero di abbellimenti retorici e assai moraleggiante. Si presume persino che Goffredo non sia stato solo uno storico ma anche un poeta. Il suo libro davvero sembra sostituire quello di Nennio, che è esattamente quello che sostiene la tradizione Inglese. Si dice anche che Goffredo abbia basato il suo lavoro sulla “Storia Ecclesiastica degli Angeli” di S. Beda il Venerabile ([155], pag. 244).
È da notare che gli storici moderni segnalino “L’orientamento chiaramente manifestato di Goffredo verso l’antica tradizione” ([155], pag. 207). Egli non solo si riferisce agli “antichi” temi ma emula anche lo stile degli “antichi” autori ([155], pag. 207). È come se Goffredo mentre scriveva il libro fosse completamente immerso nell’atmosfera dell’ “antichità”. Gli specialisti moderni presumono che Goffredo abbia preso in prestito alcune delle sue storie da “antichi” autori - Stacius, per esempio, senza menzionarlo apertamente ([155], pag. 236).
I commentatori moderni scrivono che il lavoro di Goffredo fosse estremamente popolare nel Medio Evo: “Ci sono circa duecento [sic! - Aut.] copie della “Storia” esistenti… fatte negli scriptoria tra il XII e il XV secolo, che è quando apparve la prima edizione stampata” ( [ 155] , pag. 228). La prima edizione stampata apparve a Parigi nel presunto anno 1508 – cioè come minimo nel XVI secolo.
Fig. 15.6. Frammento del dipinto di Piero della Francesca intitolato "Battaglia dell'imperatore Costantino e Massenzio". L'antico cavaliere Romano sembra un tipico cavaliere medievale del XV-XVI secolo con un'armatura pesante che copre tutto il corpo. Presa da [16], pagina 39.
In figg. 15.2 e 15.3 forniamo una rappresentazione schematica dell’epoca storica presumibilmente descritta da Nennio secondo la datazione Scaligeriana. Essa copre virtualmente lo stesso intervallo storico del lavoro di Nennio, tra la Guerra di Troia del presunto XII o XIII secolo a.c. e il presunto VIII secolo d.c. Sebbene il libro di Goffredo sia molto più dettagliato di quello di Nennio, non può tuttavia coprire completamente tutto questo lungo periodo, e contiene enormi lacune. Comunque, Goffredo non sembra notarlo – va avanti con la sua narrazione senza problemi e senza troppa fretta, senza accorgersi che, secondo gli Scaligeriani, salta intere epoche storiche.
1.4. Molte altre “antiche” cronache Inglesi
Abbiamo utilizzato altre cronache Inglesi del presunto IX-XIII secolo nella nostra ricerca, comprese quelle collezionate da V. I. Matouzova nella sua compilazione intitolata Le Fonti Medievali Inglesi ([517]). Ci asterremo da dare le caratteristiche in dettaglio di queste cronache. Invece, presenteremo al lettore una più notevole tabella che abbiamo compilato in concordanza con i materiali collezionati nel libro della Matouzova, che sono basati sulle sue analisi delle cronache Inglesi (vedi la sezione seguente).
1.5. I nomi delle città, dei gruppi etnici e dei paesi conosciuti da noi oggi riflessi nelle cronache medievali Inglesi.
Alcuni dei lettori potrebbero pensare che le cronache medievali si riferiscano a Londra come Londra, Kiev come Kiev, Russia come Russia e così via. Questo succede occasionalmente in testi relativamente recenti che datano al XVIII-XIX secolo. Comunque, questa è un’eccezione piuttosto che la regola per le prime, primordiali cronache del XV-XVI secolo. Le antiche cronache spesso usano nomi completamente differenti; in questo caso c’è bisogno di una ricerca particolare che è spesso tutt’altro che semplice, per cercare di capire la reale identità dei nomi in questione. I testi medievali spesso utilizzano nomi molto diversi per riferirsi agli stessi paesi e nazioni che normalmente non hanno nulla in comune con i nomi che utilizziamo oggi. In altre parole, i nomi delle antiche città e nazioni conosciuti da noi oggi sono quelli resi immortali dalla storia Scaligeriana nel XVII-XVIII secolo.
Comunque, risulta che su queste materie altre opinioni fossero piuttosto comuni nel Medio Evo e spesso differiscono in modo drastico da quelle consensuali. Sarebbe molto interessante vedere come le fonti medievali Inglesi si riferivano alle città e nazioni che noi pensiamo oggi familiari. Evidentemente, gli autori medievali hanno spesso aderito a concezioni completamente differenti della storia antica e medievale. È proprio per questa ragione che gli storici moderni spesso accusano i cronisti medievali di ignoranza, di confondere differenti epoche storiche, incollare l’ “antichità” al Medio Evo e così via. Forniamo diversi esempi tipici di come gli artisti medievali vedevano l’ “antichità” in figg. 15.4-15.7. È perfettamente ovvio che l’ “antichità” nel loro resoconto è l’epoca medievale del XIV-XVI secolo.
La tabella da noi compilata mostra i nomi geografici utilizzati nelle antiche cronache Inglesi al posto dei loro supposti equivalenti moderni. L’identificazione di questi nomi medievali è stata fatta da V. I. Matouzova ([517]).
TABELLA DEI NOMI E LORO EQUIVALENZE MEDIEVALI (In accordo con le antiche cronache Inglesi)
Il Mare d’Azov = Laghi Meotici, Meotedisc fen, Maeotidi lacus, palude Meotica, palus Maeotis, paludes Maeotis, paludes Maeotidae e Paluz Meotidienes.
Alania = Valana, Alania, Valves, Polovtsy [sic! - vedi sotto] e Albania.
Albanesi = Liubene, Albani, Alania, Albione = Britannia e Albania sulle rive del Maar Caspio (moderno Iran?); anche Albania com provincia della Grand Asia, bagnata dal Mar Caspio a Est [sic!] e dall’Oceano Artico al Nord.
Amazzonia = Maegda Land, Maegda londe e Amazonia.
Bulgari = Wlgari, Bulgari, Bougreis e Bulgari del Volga.
Fiume Bug = Armilla.
I Vandali = Wandali, Slavi Baltici.
Ungheria = Hungaria, Hunia, Ungaria e Ungaria Minore.
Bisanzio = Grecia o Graecia; Constantinopoli = Constantinopolis.
I Valacchi = Coralli, Blachi, Ilac, Blac, e i Turchi [sic! - vedi sotto].
Valacchia = Balchia.
Volga = Ethilia, o Ithil.
I Galli = Galichi.
La Russia Galitsk e Volynsk - Galacia, Gallacia e Galicia.
Germania = Gothia, Mesia, Theutonia, Germania, Allemania e Jermaine.
L’Oceano Hiberniano = Il Canale Inglese e l’Oceano Hibernico.
Hibernia = Irlanda [sic!]
Gothia = Germania, Isola Gotland, Scandinavia e Tauris.
I Daci = Danes, Dani, Daneis, Daciani, Deni [abitanti della Regione del Danubio?].
Danimarca = Denemearc, Dacia, Dania e Desemone.
I Dani = Daci, Dani, Norddene e Denen.
Lo Stretto dei Dardanelli = Stretto di S. Giorgio (branchium Sancti Georgii).
Lo Stretto di Derbent = Cancello di Alessandro, Alexandres herga, Porta ferrea Alexandri e claustra Alexandri.
Dnepr = Aper.
I Dogi = i Russi, qv sotto.
Don = Danai, Thanais e Tanais.
L’antica Russia = Susie, Russie, Ruissie, Rusia, Russia, Ruthenia, Rutenia, Ruthia, Ruthena, Ruscia, Russcia, Russya e Rosie.
Danubio - Danubius, Hister, Danuvius, Damaius, Deinphirus, Don, Danai e Thanais.
Il Cancello di Ferro (vedi Derbent).
Irlanda = Hibernia o Hybernia.
Iceland = Ysolandia.
Caucaso = Tauris, beorg Taurus e Caucasus.
Mar Caspio = Caspia garsecge e mare Caspium.
Cassaria = Khazaria [sic! - vedi sotto].
Kiev = Chyo [sic!], Cleva [sic!] e Riona [sic!].
I Cinesi = Cathaii.
I Coralli = Valachi, qv sopra, e Turks, qv sotto.
Mar Rosso = mare Rubrum.
Il Canale Ingtlese = Hibernicum occeanum.
Marburg = Merseburg.
Moesia = Germania, qv sopra.
Narva = Armilla.
I Tedeschi = Germanici, Germani, Teutonici, Theutonici e Allemanni.
L’Olanda = Friesia, Frisia e Frise.
I Normanni = Nordmenn.
Oceano = garsecg, Oceano, Oceanus, Occeanus e Ocean.
I Pechenegi = Getae.
I Polovtsy = Planeti, Captac, Cumani, Comanii, Alani, Values e Valani.
Prussia = Prutenia [sic! - P-Ruthenia = PRussia].
I Prussiani = Prateni, Pruteni, Pructeni, Prusceni, Praceni e Pruceni.
Riona = Kiev, qv sopra.
I Rugi = Russi e Slavi Baltici, qv sotto.
Le Montagne Ruhr = Rithean, o Montagne Ural (Hyperboree).
I Russi = Russii, Dogi [sic!], Rugi [sic!], Rutheni [sic!] e Rusceni.
I Ruteni = Russi, qv sopra.
Oceano Artico = Oceano Scita, Sciffia garsecg, Occeanus Septentrionalis emare Scythium.
Sithia = Scizia, qv sotto.
Gli Scandinavi = i Goti (Gothi).
Scizia = Sithia.
Gli Sciti = Scithes, Scythae, Cit [sic!], Scithia, Scizia, Sice [sic!] e Barbaria (barbari).
Gli Slavi Baltici, o Sclavi = Winedas, Wandali e Roge.
Taurus = Caucasus, qv sopra.
Tauris = Gothia [sic!].
Tanais = Don, qv sopra.
I Tartari (e i Mongoli) = Tartareori, gens Tartarins, Tartari, Tartariti, Tartarii, Tattari, Tatari, Tartarei e Thartarei.
Mar Tirreno = mare Tyrene.
I Turchi = Coralli, Thurki, Turci, Blachi, Ilac e Blac [sic!].
I Monti Urali = Riffeng beorgum, montes Riph(a)eis, Hyperborei montes.
Francia = Gallia.
Friesia = Olanda, qv sopra.
Fig. 15.7. Frammento del dipinto di Piero della Francesca intitolato "Battaglia dell'imperatore Eraclio e Cosroe (presumibilmente datato 1420-1492). Si dice che il soggetto sia datato al VII secolo d.C. ciò che vediamo è un gruppo di cavalieri medievali che indossano un'armatura pesante; hanno sulla testa caschi con visiere. Presa da [16], pagina 43.
Khazaria = Cassaria e Cessaria [sic!].
I Kazari = Chazari.
Chyo = Kiev, qv sopra.
Il Mar Nero - Euxinus, Pontius, mare Ponticum, il Grande Mare, o mare, e Majus.
Sczia = Scotia e Gutlonde.
Genghis-Khan = Cingis, Churchitan, Zingiton, Chirkam, Cliyram, Gurgatan, Cecarcarus, Inghischam, Tharsis [sic!], David [sic!] and Presbyter Johannes [sic!].
Yaroslav Vladimirvich il Saggio, Gran Principe di Kiev = Malesclodus, Malescoldus, Julius Clodius e Jurius Georgius.
Abbiamo qualcosa da dire sull’identità di Yaroslav il Saggio. Come possiamo vedere, le cronache medievali Inglesi si riferiscono a lui come Malescoldus. Comunque, M. P. Alexeyev cita altri nomi di questo monarca utilizzati nella tradizione storiografica dell’Europa occidentale in [14]. Uno di questi nomi è Jurisdoht; contiene ovviamente il nome Youri (Juris, o Jurius). Un altro nome di Yaroslav è Julius Claudius, o Juliusclodius, nientemeno. Questo è il nome che Guglielmo di Jumieges, un cronista della Normandia del presunto XII secolo, utlizza per riferirsi a Yaroslav il Saggio. L’autore Inglese Orderico Vitale utilizza lo stesso nome per Yaroslav - Julius Claudius ([14]).
Questo è ciò che troviamo scritto in alcuni antichi testi Inglesi: “Fuggì nel Regno dei Dogi, che noi preferiamo chiamare Russia. Quando Malescoldus, il re di questo paese, scoprì chi era, lo ricevette con tutti gli onori” ([1068] and [1010]). L’originale Latino dice: “Aufugit ad regnum Dogorum, quod nos melius vocamus Russiam. Quern rex terrae Malescoldus nomine, ut cognovit quis esset, honeste retinuit” ([1068]).
Ora immaginiamo lo stesso testo senza il commento del cronista che il Regno dei Dogi fosse di fatto la Russia. Si leggerebbe così: “Fuggì nel Regno dei Dogi. Quando Malescoldus, il re di questo paese, scoprì chi era, lo ricevette con tutti gli onori”
Poiché siamo abituati alla versione Scaligeriana della storia, interpreteremo probabilmente questo passaggio come una descrizione di eventi Inglesi, pensando i Dogi come qualche nazione in Inghilterra e Scozia e Malescoldus – il re di Scozia e Inghilterra. Questa interpretazione inizialmente ci potrebbe apparire perfettamente logica. In realtà, la cronaca Inglese usa il nome Dogi per riferirsi ai Russi.
Ci si confronta con un altro problema di grande interesse. Chi erano i famosi re Scozzesi che portavano il nome di Malcolm? Abbiamo Malcolm I (presunti anni 943-958), Malcolm II (presunti anni 1004-1034), e Malcolm III (presunti anni 1057-1093). Potrebbero questi nomi nascondere l’identità degli Zar Sciti (Khan) o dei loro rappresentanti nell’epoca dell’Impero “Mongolo”?
Il glossario di sinonimi, o duplicati, presentato qui, si dimostrerà estremamente utile nella nostra analisi della storia Inglese.
2 . LA CRONOLOGIA SCALIGERIANA DELLA STORIA INGLESE
2.1. Scozia e Inghilterra: due correnti dinastiche parallele
In figg. 15.2 e 15.3 vediamo uno schema approssimativo della storia Inglese nella sua versione consensuale. Inizia con il presunto I secolo d.c. o la conquista della Britannia da parte di Giulio Cesare. Le cronache Inglesi continuano con quello che di fatto è un resoconto della storia Scaligeriana di Roma, occasionalmente menzionando questo o quell’altro imperatore Romano che visita l’Inghilterra. Secondo queste cronache, nessun monarca indipendente è esistito ancora nell’epoca dei presunti 1-400 d.c. (le isole Britanniche sembra siano parte del Grande Impero "Mongolo" per i primi quattro secoli, o nel XIII-XVI secolo d.c.). Al fine di semplificare, considereremo la cronologia Scaligeriana della Britannia come appare nel lavoro di J. Blair datato alla fine del XVIII secolo ( [76] ). Le “correzioni” fatte dagli storici del XIX-XX secolo non modificano il quadro generale e sono perciò poco importanti per noi. Utilizziamo le virgolette attorno alla parola “correzioni” per indicare che alterazioni minori di un quadro evidentemente errato non hanno alcun senso.
Nel presunto V secolo d.c. Roma perde potere sulla Britannia e i primi monarchi indipendenti cominciano a emergere. Da questo momento in avanti, la storia Inglese viene divisa in due – la storia dell’Inghilterra e la storia della Scozia.
In altre parole, il presunto V secolo d.c. segna la nascita di due correnti dinastiche – quella Inglese e quella Scozzese. Entrambe le correnti sembrano muoversi parallelamente lungo la linea del tempo fondendosi nel 1603 e incominciando la corrente dinastica singola della Gran Bretagna.
Nel presunto anno 404 d.c. Fergus I, Re di Scozia, fonda una lunga dinastia di sovrani Scozzesi, che continua ininterrottamente fino al 1603 d.c. Nel 1603, sotto Jacob I (1603-1625), nasce il Regno Unito di Gran Bretagna. Bisogna notare che la sequenza di sovrani Scozzesi è ben ordinata e non ha virtualmente alcun co-regnante. La dinastia reale di Scozia copre l’intero intervallo di 1200 anni tra i presunti anni 404 e 1603 in modo uniforme e senza sovrapposizioni. Questo è un esempio di “storia ben scritta” dove ogni re occupa uno spazio separato sull’asse del tempo (vedi le linee punteggiate in figg. 15.2 and 15.3).
La vera storia Inglese appare completamente differente.
2.2. La storia Inglese dei presunti anni 1-445 d.c. L’Inghilterra come colonia Romana
Il periodo tra il presunto anno 60 a.c. e i primi anni della nuova era è considerato l’epoca della conquista della Britannia, iniziata dalle truppe Romane di Giulio Cesare (vedi fig. 15.3).
Il periodo tra il presunto I secolo d.c. e il 445 d.c. è considerato l’epoca in cui i Romani dominano l’Inghilterra, che viene governata dagli imperatori Romani “a distanza”. Non ci sono monarchi Inglesi indipendenti o governatori locali. Questo periodo della storia Inglese nel rendiconto della “Cronaca Anglo-Sassone” è fondamentalmente un resoconto della storia imperiale Romana tra il presunto I secolo d.c. e la metà del V secolo d.c. nella versione Scaligeriana.
Nella sezione che copre gli eventi del presunto anno 409 d.c., la “Cronaca” riporta che i Romani furono sconfitti dai Goti, fuggirono dall’Inghilterra e non vi regnarono mai più ( [ 1 442, pag. 1 1 ) . vedi Commento 4.
2.3. L’epoca tra i presunti anni 445 e 830 d.c. Sei regni e la loro unificazione
Incominciando con il presunto anno 445, molti regni emergono in Inghilterra, ognuno di loro possiede una corrente dinastica sua propria. Ci riferiamo ai seguenti sei regni (eptarchie):
Brittany = Britannia,
Sassoni = Kent,
Sussex = South Sassoni,
Wessex = West Sassoni,
Essex = East Sassoni,
Mercia = Mercia.
Questi sei regni coesistono fino al presunto anno 828 d.c., che è quando si fondono in un singolo regno di Inghilterra nel corso di una guerra. Questo accade sotto Egbert, che diventa il primo sovrano dell’Inghilterra Unita. Secondo [76] e [64], il periodo 830 d.c. circa può essere chiamato la fine dell’eptarchia: “Sotto Egbert, Re del Wessex, tutti i regni Anglo-Sassoni si uniscono in un unico stato del primo periodo feudale” ([334], pag. 172).
2.4. L’epoca dei presunti anni 830-1040 d.c. finisce con la conquista Danese e il declino dell’Impero Danese
Iniziando con il presunto anno 830, le cronache Inglesi si riferiscono ad una sola corrente dinastica di sovrani nel regno unito di Inghilterra.
I presunti anni 1016-1040 segnano uno spartiacque nella storia d’Inghilterra. Nel 1016, Knut (Canuto il Grande, Re dei Dani) conquista l’Inghilterra e diventa re d’Inghilterra, Danimarca e Norvegia. Un antico ritratto di Canuto il Grande e della sua sposa Emma può essere visto in fig. 15.8.
Si riporta come il regno fosse piuttosto instabile. Dopo la morte di Canuto nel presunto anno 1035, l’Impero Danese crolla. Nel presunto anno 1042, il trono Inglese viene ripreso da Edoardo il Confessore, un rappresentante dell’antica dinastia Anglo-Sassone (1042-1066). Un antico ritratto di lui si può vedere in fig. 15.9. In fig. 15.3 segnaliamo 1040 come uno dei più importanti punti di rottura nella storia Scaligeriana d’Inghilterra.
Fig. 15.8. Canuto il Grande Re di Danimarca (e, più tardi, d'Inghilterra) presumibilmente regnante nel 1016-1035. Lui e sua moglie Emma stanno mettendo una croce sull'altare: "Canuto accetta il titolo Greco di Basileus dopo essere stato battezzato Cristiano" ({328], pagina 119). Presa da [328], pagina 119.
Fig. 15.9. "Il sigillo di Edoardo il Confessore. Vediamo la stessa legenda da entrambe le parti: Sigilium Edwardi Anglorum Basilei. Il titolo era portato anche dai suoi predecessori, Ethelstan (946-955) ed Edgardo (925-940)" ([328], pag. 119). Presa da [328], pagina 119.
2.5. L’epoca dei presunti anni 1040-1066 d.c. Il regno dell’antica dinastia Anglo-Sassone e la sua fine
Il regno di Edoardo il Confessore termina nel 1066, che è un altro noto punto di rottura. Secondo la cronologia Scaligeriana, i seguenti eventi importanti accaddero in quell’anno – la morte di Edoardo il Confessore, la conquista Normanna dell’Inghilterra da parte di Guglielmo I il Conquistatore ( il Bastardo), e la famosa Battaglia di Hastings, nella quale Guglielmo sconfigge il re Anglo-Sassone Aroldo e diventa Guglielmo I, Re d’Inghilterra (1066-1087). Questa importante data (1066) è anche segnalata in fig. 15.3.
2.6. L’epoca tra i presunti anni 1066 e 1327 d.c. La dinastia Normanna seguita dalla dinastia degli Angiò. I due Edoardo
Quest’epoca inizia con il regno Normanno. L’intera prima parte del periodo storico tra i presunti anni 1066 e 1327 riguarda il regno della dinastia Normanna ( [64], pag. 357) – i presunti anni 1066-1153 (o 1154). La dinastia degli Angiò arriva al potere subito dopo e regna tra i presunti anni 1154 e 1272 ([64], pag. 357). Nel 1263-1267 una guerra civile scoppia in Inghilterra ([334], pag. 260). Alla fine del XIII – inizio del XIV secolo, una monarchia oligarchica emerge in Inghilterra sotto due re della nuova dinastia - Edoardo I (1272-1307) e Edoardo II (1307-1327). La fine di quest’epoca è segnata da guerre di conquista con il Galles, la Scozia e l’Irlanda. La guerra finisce nel 1314, con il partito vittorioso degli Scot. Secondo la nostra valutazione, quest’epoca (gli inizi del XIV secolo) fu l’epoca della Grande conquista “Mongola”. In Chron5 dimostriamo che questa conquista ha raggiunto anche l’Inghilterra. Perciò, il fatto che la nuova dinastia sia arrivata al potere in Inghilterra intorno a questo periodo è perfettamente naturale. Bisogna anche notare che i primi tre re di questa dinastia portano tutti il nome di Edoardo; il nome suona simile alla parola “Orda”.
2.7. L’epoca tra il 1327 e il 1602
Questo periodo inizia con il regno di Edoardo III (1327-1377), e finisce con la formazione della Gran Bretagna come risultato dell’unificazione tra Inghilterra e Scozia. Il seguente periodo (1600 e oltre) non sarà considerato nella presente analisi poiché non ha rilevanza per la nostra analisi dell’ “antica” storia Inglese.
Sommario: Abbiamo perciò scoperto che la storia Scaligeriana dell’Inghilterra contiene un cero numero di importanti punti di rottura, che forniscono una divisione naturale di questa storia in diverse epoche storiche. Testimonieremo che questa divisione sia tutt’altro che casuale e si spieghi con l’esistenza di duplicati fantasma e slittamenti cronologici all’interno della storia Inglese.
NB: Bisogna segnalare che la Ruthenia o Ruthia come alias della Russia sono perfettamente comprensibili – derivano dalle parole Russe per “esercito” (“ orda ” o “rat”), come anche “rada”, o “consiglio”.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.