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Nuova Cronologia
IL PROBLEMA DEI SECOLI BUI
di Anatoly Fomenko
Libro 4 della serie “History: Fiction or Science?”
6.4. Studiosi di antiche religioni commentano le strane similitudini tra i culti dell’ “antichità” e quelli del Medio Evo
Le “antiche” leggende Greche raccontavano che l’ “antico” Dio Dioniso (fig. 7.84) aveva realizzato il miracolo di trasformare l’acqua in vino ([743], pag. 198). Esperti di storia delle religioni hanno notato che questo era perfettamente analogo al famoso miracolo evangelico della trasformazione dell’acqua in vino di Gesù Cristo a Cana in Galilea. Potrebbe la Galilea riferirsi alla “Gallia” o Francia e Cana alla ben nota città di Cannes? Saintyves scriveva che “dopo questo, nessuno può non vedere le origini del miracolo matrimoniale della Cana di Galilea… fin dal culto Dionisiaco e durante l’età del culto Cristiano, l’acqua non ha mai smesso di trasformarsi in vino il 9 gennaio” (citato in [743], pag. 259).
Fig. 7.84. Una presunta “antica” scultura dell’ “antico” dio Dioniso. La scultura è molto probabilmente medievale e data al XIV-XVI secolo. Tratto da [304], Volume 1, pag. 102.
Una gran mole di letteratura scientifica è dedicata ai paralleli tra le leggende dell’ “antico” Budda Indiano e Gesù Cristo. La biografia di Budda non solo include i principali miti evangelici, come l’immacolata concezione, il miracolo della nascita, la Candelora ecc, ma anche dettagli più precisi – il battesimo, la tentazione nel deserto e così via. Liste di simili paralleli possono essere viste nei lavori di Drews, Frazer, Saintyves, Rumyantsev, ecc. N. V. Rumyantsev scriveva quanto segue come riassunto della sua ricerca: “Un intera carovana di sofferenze, morte e resurrezione di antichi dei è passata di fronte ai nostri occhi; abbiamo visto la loro mitologia, studiato le loro feste e i loro riti. Comunque, a dispetto del fatto che abbiano nomi differenti, caratteristiche mitologiche individuali, diversi paesi di origine o specializzazioni, si sente chiaramente la presenza di qualcosa che li unisce tutti. Anche gli antichi avevano sottolineato questo fatto… . Infatti, se guardiamo gli ultimi secoli prima di Cristo e i primi secoli della nuova Era vediamo un quadro molto particolare. Tutte le divinità che abbiamo elencato con tutti i loro attributi sembrano miscelarsi tra loro, spesso fino a diventare indistinguibili. Osiride, Tammuz, Attis, Dioniso e un gruppo d’altri sembrano aver formato una qualche gestalt comune, trasformandosi in un una divinità sincretica che regna suprema sopra l’intero territorio dello stato Romano… le divinità si sono trasformate in una singola eclettica, ma di fatto unificata, figura di salvatore. Questa intensa fusione avvenne durante l’epoca dell’Impero Romano, e riguardò in particolare Roma stessa.” ([743], pagg. 44-45) Concludiamo con un dibattito su un altro problema per noi di grande interesse. N. A. Morozov dedicò una particolare attenzione ai frammenti evangelici dove “le nostre traduzioni parlano della crocifissione di Cristo. Io evidenzio “le nostre traduzioni” in particolare, poiché l'originale testo Greco dei Vangeli utilizza la parola stavros invece di “croce” e il verbo stavroo invece di ‘crocifissione”. Comunque, stavros si usa in riferimento a un palo e non a una croce” ([544], Volume 1, pag. 84). N. A. Morozov suggerisce la traduzione “esecuzione al palo” invece di crocifissione – cioè essere legato al palo. La trasformazione semantica della parola Greca per “palo” ( stavros) avvenne nella traduzione Latina della Bibbia dove, secondo Morozov: “La parola crux, o croce, fu utilizzata invece del Greco stavros, e il risultato di questa trasformazione ha influenzato l’interpretazione dell’originale parola Greca stavros. La traduzione Slava è effettivamente più precisa, poiché dice che Gesù fu “legato a un albero”… Cercando una possibile soluzione al mio dubbio, ho deciso di seguire il testo Slavonico Ecclesiastico e tradurre la parola Greca stavros come “palo”, e il verbo “stavroo” come “giustiziato al palo”, poiché non viene riportato alcun dettaglio dell’esecuzione.” ([544], Volume 1, pag. 85) In fig. 7.85 si vede un’antica miniatura tratta dalla Grande Cronaca Francese intitolata “Re Hildebert e Lotario assediano Saragozza e la Morte per lapidazione inflitta dai Franchi al Principe Romano Belisar [Belisario – A. F]” ([1485], pag. 156). Vediamo l’esecuzione di Belisario (il Grande Zar?). Fu legato a un palo e lapidato a morte (vedi fig. 7.86).
Fig. 7.85. Un’antica miniatura da un libro datato presumibilmente alla metà del XV secolo e intitolato Le Grandi Cronache di Francia. Rappresenta l’esecuzione del Principe Belisario [il nome ha qualche somiglianza con Velikiy Czar, che sta per “il Grande Zar” in Russo]. Legato a un palo e lapidato a morte. Tratto da [1485], ill. 186.
Fig. 7.86. Un ingrandimento della miniatura che rappresenta la lapidazione del Principe Belisario (il Grande Zar?). Tratto da [1485], ill. 186. Rivolgiamoci ora ai presunti “antichi” miti pagani Greci. Ercole è uno dei protagonisti dell’ “antica” mitologia Greca. Drews segnala come “Ercole che trasporta colonne era un simbolo molto sfruttato nell’antichità… Inoltre, il significato mistico riferito a quelle colonne è lo stesso della croce di Cristo. Possiamo vedere Dio piegato sotto… il peso delle colonne e riconoscerlo come il Salvatore del Nuovo Testamento” ([259], pag. 49). Perciò, l’immagine dell’ “antico” Ercole piegato sotto il peso delle colonne cruciformi è probabilmente un’immagine medievale di Cristo che porta la croce soffrendo sotto il gran peso. Vedi le immagini medievali di Tintoretto in fig 7.87, per esempio [1472], o quelle di Marco Palmezzano datato presumibilmente al XVI secolo, vedi fig. 7.88 ([713], ill. 129).
Fig. 7.87. Gesù Cristo che porta la sua croce sul Golgota. Dipinto di Tintoretto (XVI secolo )(frammento). Tratto da [1472], No. 27.
Fig. 7.88. Gesù Cristo con la croce. Dipinto del XVI secolo dell’artista Marco Palmezzano. Tratto da [713], ill. 129. A. Drews continua, dicendoci: “La croce con due braccia è nella Cristianità sia il simbolo della nuova vita che di tutte le cose divine… come entrambe le colonne dei culti praticati a Tiro o Libici relativi a Eracle, Shamash, o Simone… . Uno dei disegni ritrae Cristo che porta entrambe le colonne in modo da formare una croce inclinata.” ([259], pag. 49) L’ “antico” Ercole che porta una croce è presente nella storia Scaligeriana come un altro riflesso fantasma di Gesù Cristo. Ci stiamo riferendo al “medievale Imperatore Eraclio” che, scopriamo, viene spesso ritratto come portatore di croce, nello scenario nientemeno che di Gerusalemme. Il nome Eracle e Eraclio sono praticamente identici. Questo ci fa ricordare che Gesù era spesso chiamato Horus, da cui origina l’ “antico” nome egiziano Horus (vedi Chron6, Ch. 3). In fig. 7.89 vediamo un dipinto di Michael Wohlgemut creato nei presunti 1485- 1490. Il moderno commento è il seguente: “Il Re Eraclio a Gerusalemme… abbiamo una rappresentazione simultanea del re che si avvicina ai cancelli della città a cavallo… e poi scalzo che porta una croce” ([1425], pag. . Un ingrandimento in fig. 7.90. Il Re Eraclio viene anche dipinto scalzo mentre porta una croce in un’antica immagine che si può vedere in fig. 7.91.
Fig. 7.89 Il frammento di un dipinto di Michael Wolgemut nell’ala destra dell’ Altare di Caterina (1485-1490). Secondo gli storici, viene rappresentato il re Eraclio (o Eracle) ([1425], pag. . Si avvicina a Gerusalemme su un cavallo e poi viene rappresentato ai cancelli di Gerusalemme scalzo e con addosso solo una camicia mentre porta una grossa croce. Tratto da [1425], pag. 8.
Fig. 7.90. Un ingrandimento che rappresenta il re Eraclio = Eracle che porta una grossa croce vicino alla città di Gerusalemme. Tratto da [1425], pag. 8.
Fig. 7.91. Un antica immagine del re Eraclio = Eracle che porta una croce vicino a Gerusalemme. “Il Re Eraclio scalzo ai cancelli della città”. Tratto da [1427], pag. 103. vedi anche [1425], pag. 9.
Il crocifisso che si vede nella Cattedrale di Colonia viene chiamato “Il crocifisso di Gero,” vedi Chron6, Capitolo 3. Segnaliamo che la “Tomba di Cristo” che si trova sul Monte Beykos vicino a Istanbul è anche chiamata “Tomba” o “Luogo di riposo di Eracle” ([240], pagg. 76-77). Dettagli su Chron6. Molto probabilmente l’ “antico” Eracle, come anche il re medievale Eraclio, sono duplicati fantasma del Cristo = Horus del XI secolo. Entrambe le antiche immagini del re Eraclio lo mostrano mentre porta una croce a forma di T, che dev’essere la forma originale della croce Cristiana. In fig. 7.92 vediamo un’antica scultura da Palmira, la cosiddetta “Triade Divina di Palmira” che si presume databile al 150 A.C. ([1237]). I personaggi che osserviamo, comunque, sono chiaramente santi Cristiani. Due di loro hanno aureole Cristiane sulle loro teste. Inoltre, il santo sulla sinistra ha una mezzaluna Ottomana dietro la sua testa. Bisognerebbe sottolineare il fatto che il braccio destro di ogni statua è stato spezzato, ma il resto della scultura è in buone condizioni. È possibile che le mani destre fossero sollevate nel segno della benedizione Cristiana? È possibile che qualche devoto Scaligeriano abbia distrutto le loro dita sollevate nel familiare gesto Cristiano per eliminare questa evidente reliquia medievale dall’ “antichità”.
Fig. 7.92. Un’ “antica” scultura a Palmira, la cosiddetta “Triade Divina di Palmira” datata presumibilmente al 150 A.C. È molto probabile che rappresenti in realtà santi Cristiani con aureola. Uno di loro ha una mezzaluna Ottomana sulla testa. Tratto da [1237].
Questa sequenza di fatti prova che la Cristianità e l’ “antico” simbolismo condividono la stessa origine Medievale che può essere tracciato fino al XI-XIII secolo D.C. In fig. 7.93 vediamo un ritrovamento archeologico dall’Iran datato presumibilmente al XIII- XII secolo A.C. ([1237]). Si trova al momento al Louvre e viene considerata un’ “antica” immagine di qualche “mostro di fantasia”. Comunque, un osservatore non prevenuto riconoscerà immediatamente l’aquila bicefala, un ben noto simbolo imperiale nel Medio Evo.
Fig. 7.93. Un’ “antica” effige trovata in Iran e datata presumibilmente al XIII-XII secolo A.C. Ci viene detto che sia l’effige di qualche “mostro preistorico di fantasia”. È tuttavia difficile non riconoscere il ben noto simbolo medievale imperiale dell’aquila bicefala. Tratto da [1237].
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In questi giorni, non ricordo il motivo di partenza, ho recuperato dalla libreria il suo classico "Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza" e dopo la lettura di Fomenko mi ha molto impressionato la quantità di dati che potrebbero tornare utili a chiarire ulteriormente il problema della cronologia e in particolare del "prima" della scrittura.
Jaynes non mette in dubbio la cronologia Scaligeriana. Era uno psicologo e vedeva nella Bibbia, nell'Iliade e nell'Odissea un tipo di pensiero "bicamerale". In soldoni, i personaggi di questi libri non riflettono su sé stessi, non hanno quella che noi chiamiamo coscienza del sé ma rispondono semplicemente ai comandi e agli stimoli degli dei. Questi comandi arriverebbero dall'area di Wernicke nell'emisfero destro (il contrario per i mancini), quell'area del cervello che viene più o meno considerata un inutile doppione della sua parte speculare sinistra. Mi fermo qui per non farla troppo lunga, si trova qualcosa in rete di più preciso.
Se l'ipotesi di Fomenko è corretta e la storia scritta dell'umanità inizia intorno all'anno mille potrebbe essere che nel periodo precedente la società umana fosse organizzata con questa mente bicamerale in cui voci che venivano identificate come quelle degli dei dicevano in modo autoritario agli uomini cosa fare. Jaynes fa anche esempi in cui l'attività dell'uomo è impegnata in complesse operazioni senza che vi sia una coscienza attiva di quello che si sta facendo (per es guidare un'auto ecc) e quindi non esclude la formazione di società complesse per questo insieme di "comandi divini" che potevano essere la somma delle esperienze di quella società. Mi fermo qui. Sto rileggendo il testo. Eventualmente ne accennerò ancora. Già che vi sono aggiungo il carico da novanta, Jaynes mi perdoni. Le società complesse come quelle delle termiti o delle api compiono azioni che sono inspiegabili se non facendo intervenire il generico "istinto". Anche loro potrebbero ricevere stimoli di un tipo analogo alle "voci degli dei".
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via...
aggredire una donna... :laugh: :laugh:
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di Anatoly Fomenko
Libro 4 della serie “History: Fiction or Science?”
6.5. Mosé, Aronne e la loro sorella, la Vergine Maria nelle pagine del Corano
Come appare dalla suddivisone del “Manuale di storia Scaligeriana” in una somma di quattro cronache più brevi, abbiamo diverse opzioni per datare l’era dell’Egira Mussulmana, che oggi viene datata al 622 D.C. Tutte sostituiscono la versione Scaligeriana. N. A. Morozov cita un gran numero di eccezionali stranezze per quanto riguarda la storia Mussulmana come per quella Cristiana. Facciamo un esempio. La cronologia del Corano è spesso radicalmente diversa dalla cronologia Scaligeriana della Bibbia. Il Corano sostiene che Aronne (Ario?) sia stato nientemeno che lo zio del Gesù evangelico. Maria, la madre di Gesù, viene dichiarata sorella di Mosé e Aronne. Perciò, secondo il Corano, questi personaggi del Vecchio Testamento appartengono alla generazione che è immediatamente precedente a Gesù Cristo. Naturalmente, questo è in contraddizione evidente con la cronologia Scaligeriana, essendovi una discrepanza di diversi secoli. Però, corrisponde bene con la nostra cronologia abbreviata. Rivolgiamoci alla 19a sura del Corano ([427], pag. 239). Il commentatore del Corano I. B. Krachkovsky scrive che questa è la più antica Sura che cita simili personaggi evangelici come… Maria e Gesù...” ([427], pag. 560). La 19a Sura si riferisce alla nascita di Gesù, figlio di Maria, nella seguente maniera: “O Maria, tu che hai compiuto opere di cui non si era mai sentito parlare! O sorella di Harun [Aronne – A. F.]…” ([427], la 19th Sura, 28(7); 29(28), pagg. 240-241). Il commento a questo frammento è il seguente: “la sorella di Mosé e Aronne è la madre di Gesù” ([427], pag. 561, No. 17).
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di Anatoly Fomenko
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6.6. Il XII secolo evidente periodo della vita di San Marco. La storia della Cattedrale di San Marco a Venezia
La gigantesca cattedrale Veneziana di San Marco è realmente una gemma architettonica che adorna la città. È anche una delle più popolari costruzioni medievali in Italia. La sua storia diventa particolarmente affascinante per illuminare la nuova cronologia abbreviata. Incominciamo ricordando al lettore la storia ufficiale di San Marco come viene riportata nei libri intitolati Basilica di San Marco ([1265]) e Venezia ([1467]). Questo è ciò che apprendiamo [1265]:“La Basilica di San Marco è oggetto di adorazione da parte dei Veneziani poiché simboleggia la loro storica unità. È senza dubbio il principale simbolo di Venezia e attrae i visitatori da ogni dove per l’unicità delle sue bellezze e il suo splendore orientale. La Basilica di San Marco è stata una cappella ducale fino alla fine del XVIII secolo e ha perciò assorbito la storia secolare ed ecclesiastica della repubblica Veneziana. Dal 1807, quando la chiesa fu trasformata nella cattedrale della città sostituendo la chiesa di San Pietro di Castello in questo ruolo, divenne la Mecca non solo per i Veneziani, ma anche per i visitatori nel mondo. Il suo vescovo porta l’antico titolo di Patriarca. La costruzione iniziale della Chiesa di San Marco avvenne... dopo l’828 D.C., quando il corpo di San Marco venne salvato dalla profanazione e spedito da Alessandria su una nave da alcuni Veneziani”. ([1265], pag. 7). La storia si sviluppa in questo modo: oggi San Marco si suppone sia stato il primo dei quattro evangelisti canonici ([765]). Il suo Vangelo – Il Vangelo secondo Marco – si presume sia il più antico, scritto intorno al 50 D.C. per l’insistenza sia di San Pietro che della comunità Cristiana. Tempo dopo Marco ritornò ad Alessandria, in Egitto, dove morì il 25 aprile nel presunto anno 68 D.C. ([1265], pag. 26). La cronologia Scaligeriana contiene un vuoto di informazioni di molti secoli per quanto riguarda San Marco, il cui nome si suppone ricompaia dall’oblio nel IX secolo D.C. – un millennio più tardi, in altre parole. Il suo corpo si suppone sia stato segretamente spedito nella Venezia Italiana da Alessandria in Egitto. La leggenda canonica è la seguente ([1265]): due commercianti Veneziani fecero una visita a una chiesa Cristiana di Alessandra consacrata a San Marco che ospitava il suo ossario. Qualche monaco, e anche il priore, si lamentarono con loro per le continue profanazioni inflitte alla chiesa dai Mussulmani che cercavano di convertire tutte le chiese Cristiane in moschee. I commercianti Veneziani estrassero il corpo di San Marco e lo contrabbandarono fuori da Alessandria in un cesto con ortaggi e carne di maiale. Dopo in viaggio per mare pieno di gravi pericoli, la reliquia salvata arrivò a Venezia, dove iniziò immediatamente la costruzione di un nuovo tempio come santuario per San Marco. Tutti gli episodi di questo rapimento vengono illustrati con intarsi che coprono le pareti della cattedrale Veneziana. La prima chiesa di San Marco venne quindi costruita dopo il presunto anno 828 D.C. come santuario per il suo corpo “miracolosamente salvato” da Alessandria. Comunque, purtroppo, non ci sono tracce della prima chiesa di San Marco da nessuna parte. Gli storici dicono: “C’è un gran numero di ipotesi differenti concernenti la forma di questa chiesa originale, tutte basate su un numero molto esiguo di ritrovamenti archeologici” ([1265], pag. 7). La prima Basilica di San Marco si suppone sia bruciata nel presunto anno 976. Secondo [1265], pag. 7, “fu immediatamente ricostruita.” Come risultato la seconda Basilica di San Marco fu costruita a Venezia, si suppone alla fine del X secolo. Anch’essa fu distrutta ([1265]). Perciò, intorno al presunto 1063, il doge Domenico Contarini iniziò la costruzione di una nuova chiesa più grande sul sito della seconda basilica. Si presume che questa terza basilica fosse costruita al modo della Basilica dei Dodici Apostoli di Costantinopoli. Qui incominciano le stranezza, coperte dal mistero. Vedete voi, citiamo letteralmente: “La riscoperta [sic! – A. F.] del corpo di San Marco è l’ultimo episodio della leggenda Veneziana. Durante la ricostruzione della terza basilica, l’ossario fu nascosto così bene [?! – A. F.] che parecchi anni dopo, dopo la morte del doge, nessuno aveva idea sulla sua possibile localizzazione. Fu solo nel 1094, dopo parecchi giorni di preghiere appassionate del doge Vitali Falier, il Patriarca, e l’intera popolazione, che la sacra reliquia [il corpo di San Marco – A. F.] si manifestò da sé miracolosamente da dentro una colonna [sic! – A. F.]”. ([1265], pag. 67). Questo evento miracoloso viene anche rappresentato negli intarsi della Cattedrale di San Marco. Sotto si può vedere il famoso dipinto che lo descrive opera dell’artista del XVI secolo, Tintoretto. Allora, ci stanno dicendo chiaramente in un modo insensato che i Veneziani del XI secolo erigevano la gigantesca cattedrale di San Marco senza avere la più pallida idea del posto in cui si trovava la sacra reliquia che era la ragione principale per la costruzione della cattedrale. E per tutto il tempo, il corpo di San Marco l’evangelista era proprio lì, sul luogo della costruzione! Evidentemente la cattedrale venne eretta prima; dopo di ciò la perdita della sacra reliquia venne improvvisamente notata e la sua ricerca fu lunga e infruttuosa. Ci vollero le preghiere ferventi del doge, del Patriarca e dell’intera popolazione di Venezia per far si che il corpo dell’evangelista si manifestasse dentro una colonna di pietra (?). Tirato fuori con la massima cautela (significa che la colonna in pietra venne distrutta?) e solennemente seppellito vicino all’altare. È lì che giace, fono ad oggi, il corpo di San Marco, oggetto centrale dell’adorazione nella cattedrale. La cronologia Scaligeriana di questo evento da noi riportato viene mostrata in fig. 7.94. È notevole che l’importante artista del XVI secolo Tintoretto avesse un’idea del tutto diversa della storia del seppellimento di San Marco nella cattedrale. Il suo famoso dipinto su questo soggetto si può vedere in fig. 7.95 ([1472]). Da sottolineare che San Marco non ricorda una mummia disseccata neanche un po’, assomigliando a un uomo appena morto e che sta per essere seppellito, q.v. nel lato sinistro del dipinto. Secondo l’opinione prevalente nel XVI secolo, San Marco evangelista fu seppellito nella cattedrale costruita specificatamente per questo scopo nel presunto XI secolo in modo appropriato per una persona che era appena morta e richiedeva grandi onori. Come si può vedere, non c’è stato nessun “vagabondaggio millenario del corpo di San Marco” nella percezione del Tintoretto.
Fig. 7.94. La cronologia Scaligeriana degli eventi in relazione al seppellimento dell’evangelista Marco a Venezia.
Fig. 7.95. Un dipinto del XVI secolo di Tintoretto intitolato “La scoperta del corpo di San Marco”. Potrebbe aver avuto un altro titolo in un certo periodo tipo “Il seppellimento di San Marco”. Tratto da [1472], ill. 17.
Evidentemente, la bizzarra leggenda del “pellegrinaggio del corpo di Marco” è stato il prodotto di sforzi degli storici più tardi per indagare in profondità gli eventi reali del XII secolo e farli coincidere con l’erronea cronologia Scaligeriana. Questo è ciò che pensiamo sia realmente accaduto. Marco, il primo evangelista, visse nel XII secolo D.C. e morì nella seconda metà di quel secolo. Fu seppellito per la prima e ultima volta nella Cattedrale di San Marco, eretta in suo onore. Questa opulenta inumazione, che ebbe luogo nel presunto anno 1094 (più probabilmente intorno al 1194) col doge, il patriarca, e l’intera città presente, fu più tardi erroneamente interpretato come la riscoperta del suo corpo, poiché la cronologia Scaligeriana aveva già fatto slittare il periodo della vita di San Marco nel I secolo D.C. Non c’è stata ne’ una scomparsa misteriosa ne’ miracolose riscoperte. Queste leggende datano a un età più tarda, quando gli storici cercarono di far coincidere la cronologia Scaligeriana con i documenti che esplicitamente indicano il XII secolo come periodo della vita e dell’attività di San Marco. La cattedrale di San Marco ovviamente assunse la forma attuale parecchio tempo dopo il XII secolo. Quando guardiamo questa cattedrale oggi vediamo una costruzione finta nel XVI secolo. Sulle sue pareti vediamo intarsi che illustrano la leggenda piuttosto fantasiosa del destino della città. Persino entro il paradigma cronologico Scaligeriano, la costruzione della cattedrale continuò anche nel XIII secolo, quando venne adornata con un gruppo scultoreo equino presumibilmente portato via dall’ippodromo di Costantinopoli di Bisanzio ([1467], pag. 39). È difficile definire con precisione l’esatto luogo in cui risiedette San Marco. Avrebbe potuto essere l’Asia Minore o Costantinopoli, come sostiene la storia Scaligeriana, e non l’Italia. Ma, ad ogni modo, il periodo della sua vita cade all’interno del XII secolo D.C. e non prima. L’idea che San Marco abbia potuto vivere a Venezia per qualche tempo è indirettamente sostenuta dal fatto che “per molti secoli la città venne associata col simbolo del leone alato che la tradizione Cristiana ascrive a San Marco evangelista. Le bandiere Veneziane, le chiese, palazzi e navi, come anche le terre conquistate dai Veneziani portano tutte il sigillo del leone alato” ([1265], pag. 27). È comunque possibile che l’Italia ricevesse i “diritti d’autore” per San Marco semplicemente come risultato di un transfer cronologico e geografico di eventi Bizantini di Costantinopoli (sulla carta, naturalmente). Questa conclusione si adatta alla nostra ipotesi che Gesù Cristo sia vissuto nel XII secolo D.C.. Marco, l’evangelista, è vissuto nello stesso secolo es è morto alla fine dello stesso. L’implicazione è che gli altri tre evangelisti – Luca, Matteo e Giovanni – non possono aver vissuto prima del XII secolo, poiché hanno scritto i vangeli dopo Marco, secondo la storia Scaligeriana. Sarebbe davvero molto interessante anche trovare le vere tombe dei tre evangelisti.
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di Anatoly Fomenko
Libro 4 della serie “History: Fiction or Science?”
7. L’ “antico” Egitto e il Medio Evo
7.1. Il bizzarro grafico delle datazioni nei testi in demotico
Abbiamo dato un dettagliato resoconto della storia Egiziana in Chron5. Attualmente ci limiteremo a diverse brevi annotazioni introduttive. Come già riportato in Chron1, Capitolo 1, la cronologia Scaligeriana dell’Egitto contiene vuoti giganteschi e, in realtà, consiste di frammenti assortiti, collegati tra loro in una maniera arbitraria o del tutto indipendenti. [1069] Contiene una lista completa di tutti i testi demotici datati nel 1966. Va da sé che certi testi Egiziani non possono essere datati esattamente. Ci asterremo dal considerarli qui e ci orienteremo invece su quelli descritti in [1069]. È estremamente istruttivo osservare la loro distribuzione sull’asse della storia Scaligeriana. Il risultato può essere visto in fig. 7.96. Il risultante grafico è veramente degno di nota.
Fig. 7.96. Distribuzione della quantità per documenti Egiziani in demotico compilata utilizzando i dati tratti da [1069]. L’attenzione si rivolge immediatamente verso strani intervalli all’inizio e alla fine del Secondo Impero Romano, come anche a una mancanza sospetta di simili documenti relativamente all’epoca del Terzo Impero Romano.
Per prima cosa, si vede che la maggior parte dei testi Egiziani in demotico cade nell’epoca del Secondo Impero Romano presumibilmente coprendo il periodo del I-III secolo D.C. È significativo che gli intervalli nel grafico corrispondano alla struttura del Secondo Impero Romano. Alcuni di loro sono datati a epoche precedenti, ma sono separati dal Secondo Impero Romano da uno strano vuoto a metà del presunto I secolo D.C. Secondariamente, il grafico in fig. 7.96 mostra l’assenza completa di documenti demotici datati nell’epoca del Terzo Impero Romano. La cronologia Scaligeriana dei testi demotici si rivela perciò una raccolta di diversi documenti in cui le relazioni sono piuttosto improbabili e fantasiose. Questi gruppi sono separati da vuoti i cui confini coincidono in modo particolare con i punti di rottura tra i duplicati dinastici che abbiamo scoperto con l’aiuto di metodi completamente diversi – basati sull’analisi statistica, qv in Chron1, Capitolo 5. Dunque, lo schema cronologico risulta essere una corrispondente riduzione dell’ “antica” cronologia Egiziana.
7.2. Gli enigmatici “periodi di revival” nella storia dell’ “antico “ Egitto
In Chron1, Capitolo 1, abbiamo già descritto come la cronologia Egiziana sia la più giovane tra le discipline storiche. La sua formazione è basata sulla esistente cronologia Scaligeriana di Roma e della Grecia, e dipende perciò da essa fin dall’inizio. Gli egittologi che iniziarono la compilazione della cronologia Egiziana non possedevano criteri oggettivi per la verifica delle loro ipotesi. Questo porta a grosse discrepanze tra le “differenti cronologie” dell’Egitto, che ammontano a 2-3 millenni, q.v. in Chron1, Capitolo 1. Le poche liste dinastiche che sono sopravvissute fin ad oggi, di tanto in tanto indicano la durata del regno di alcuni faraoni, ma spesso ci si riferisce ai faraoni con differenti nomi; in più, questi numeri cambiano drasticamente da lista a lista. Per esempio, Eusebio dà 26 anni di durata al regno di Amenmesse (seconda versione), come indicato in [544], laddove Africano dà 5 anni. Le durate differiscono tra loro di un fattore cinque. Eusebio indica 40 anni per Amenope (in entrambe le versioni), Africano indica 20, e Ophis solo 8. E così via. Tuttavia tutti questi dati possono fornire ancora almeno le basi per qualche speculazione, nonostante le ovvie e numerose distorsioni, e non fa meraviglia che gli Egittologi del XIX secolo abbiano tentato di utilizzare questi numeri per la costruzione di scale cronologiche. Comunque li loro calcoli erano afflitti da discrepanze di diversi millenni, come abbiamo visto sopra, per non parlare del concetto stesso errato della “storia allungata” Scaligeriana”. Comunque, per la maggior parte delle dinastie Egiziane, la durata dei regni dei faraoni rimane un completo mistero ([99], pagg. 725-730). L’intera sesta dinastia può essere citata come esempio (secondo Brugsch). Non ci sono dati cronologici per la maggior parte dei suoi faraoni, il che fa si che Brugsgh decida di assegnare una durata dei regni di 33.3 anni per ogni faraone di questa dinastia, contando 3 faraoni per secolo. Le sue datazioni della sesta dinastia sono come segue:
Userkaf – ha regnato dal 3300 A.C. in avanti,
Teti – dal 3266 A.C.,
Pepy I (Meryre) – dal 3233 A.C.,
Merenre – dal 3200 A.C.,
Neferkaf – dal 3166 A.C.,
Merenre Zafemzaf – dal 3133 A.C. (vedi [99], pag. 725).
Inoltre, Brugsh ha utilizzato esattamente lo stesso principio – numeri che terminavano con 00, 33, e 66, per la “datazione” di ogni dinastia a iniziare dalla prima e terminando con la ventiquattresima inclusa. Solo i faraoni delle ultime sette dinastie (su trenta!) hanno potuto godere di una qualche eterogeneità nella datazione dei loro regni ([99], pagg. 725-730). Questo “metodo di datazione” è così ridicolo che ci si sente imbarazzati a discuterne oggi. Nonostante ciò questo è proprio il metodo, con poche modificazioni più tarde, che la versione consensuale della cronologia Egiziana ha utilizzato. Le datazioni di Brugsch non sono nemmeno state rivedute. Vedi [1447], pag. 254, per esempio. La storia dinastica dell’Egitto è tutto fuorché continua. Alcuni degli intervalli che contiene ingoiano intere dinastie ([99] e [544], Volume 6). Allo stesso tempo, i ricercatori della “antica” storia Egiziana hanno notato che ha una sorprendente natura ciclica. La storia Scaligeriana dell’Egitto mostra uno strano “effetto rinascimento”, molto simile alla sua cugina Europea. Questo effetto ci è già noto – costantemente incontriamo duplicati fantasma degli stessi eventi medievali gettati nel lontano passato. Chantepie de la Saussaye, per citarne uno, scrive: “Se ci voltiamo alle età più tarde della storia Egiziana, saremo sorpresi di scoprire che la cultura Sais è l’immagine sputata della cultura dell’epoca delle piramidi. I testi utilizzati 3000 anni fa [sic! – A. F.] tornano di nuovo in circolazione, e ritorna l’antica moda di decorare le tombe”. ([966], pag. 99) H. Brugsch segnala quanto segue: “Come ha giustamente notato Mariett-Bey, i nomi tipici della dodicesima e specialmente della undicesima ritornano nei monumenti della diciottesima dinastia nella stessa forma precedente e sepolture simili con ornamentazione identica erano utilizzati in entrambi i periodi. Quello che abbiamo davanti è un enigma storico che purtroppo non abbiamo attualmente i mezzi per risolvere”. ([99], pag. 99) Gli egittologi trovano iscrizioni che si riferiscono a faraoni e re divisi da millenni nella cronologia Scaligeriana, che coesistono fianco a fianco sulle pareti dei templi Egiziani. Per cercare di trovare una qualche spiegazione, gli Egittologi hanno immaginato la seguente ipotesi: “I templi, costruiti recentemente dai sovrani Tolemaici e decorati dai Romani, sono tutti stati costruiti sui siti di antichi santuari; tutte le antiche iscrizioni trovate sulle pareti del tempio furono meticolosamente e devotamente copiate sulle pareti del nuovo tempio,” questo suggerisce Brugsch in [99], pag. 145. La pratica di copiare iscrizioni antiche e illeggibili dalle pareti di un antico tempio non è mai stata riscontrata in nessun altro periodo storico reale. Bisogna pensare che un simile nonsense non sia accaduto nemmeno nell’ “antico” Egitto. Tutte queste ripetizioni e rinascimenti hanno ricevuto una legittimazione e hanno guadagnato il titolo di “restaurazioni.” Ci viene raccontato, per esempio, che la diciannovesima dinastia era stata seguita da una restaurazione quando “l’Egitto… ritornò all’antica epoca della costruzione delle piramidi, che venne concepita come un’età degna di essere imitata. Gli antichi testi religiosi vengono resuscitati, sebbene la capacità degli Egiziani di capirli si suppone fosse limitata. I riti funerari della quarta dinastia vengono ripresi ancora una volta. Le loro piramidi sono restaurate; gli antichi titoli dei re che erano rimasti in completa oscurità per oltre un millennio vengono celebrati quotidianamente ancora una volta. L’arte ritorna alla solida, realistica maniera dell’Antico Regno” ([966], pag. 166). È ovvio che gli storici Scaligeriani debbano cercare una qualche spiegazione per queste bizzarre “ricorrenze di massa” di antichi riti, non riuscendo a riconoscerli come il prodotto del sistema di datazione erroneo che utilizzano. La “spiegazione” offerta dagli storici è il presunto estremo conservatorismo degli Egiziani. È scritto che “la restaurazione Sais può essere considerata come il periodo più significativo della storia della cultura Egiziana, e fornisce l’illustrazione migliore di quanto fosse conservativo lo spirito nazionale Egiziano” ([966], pag. 166). Questo è quello che ha da dire B. A. Turayev circa le “restaurazioni”: “I tentativi che abbiamo fatto per revisionare tutti i testi ufficiali che utilizzassero un linguaggio arcaico difficilmente comprensibile da molti… i dimenticati ranghi e gli uffici vengono resuscitati, le iscrizioni fatte durante quell’epoca, persino quelle private, possono essere prese per quelle fatte durante l’epoca dell’Antico Regno [sic! – A. F.]… . Il più tipico fenomeno è l’apparizione delle immagini sui lavori agricoli, scene pastorali, ecc., sulle pareti dei sepolcri che ci erano già familiari all’epoca dell’Antico Regno.” ([853], Volume 2, pagg. 102-103) Tutto ciò dopo duemila anni? Immaginate di dover scrivere una lettera a un amico utilizzando il linguaggio del I secolo A.C. Sembra una cosa molto difficile anche se uno lo volesse fare. La nuova cronologia elimina la necessità di inventare simili assurde spiegazioni. Evidentemente, non ci sono stati “rinascimenti globali” su una simile scala. N. A. Morozov ci fornisce un’analisi consecutiva di tutte e trenta le dinastie dei faraoni Egiziani. Arriva alla conclusione che praticamente quasi tutte le dinastie che precedono il IV secolo D.C. siano duplicati fantasma di diverse dinastie medievali. Eviteremo di citare qui le sue speculazioni. Non è sulle conclusioni di Morozov che la nostra ricerca si basa fondamentalmente, ma, piuttosto, la nostra ricerca matematica e statistica, qv nella bibliografia delle nostre pubblicazioni. La nostra ricerca ha mostrato come, tra le altre cose, N. A. Morozov era veramente lontano dal concludere la sua ricerca. Si era fermato a un’epoca troppo prematura – l’inizio del IV secolo D.C. – avendo aderito all’opinione erronea che la seguente epoca Egiziana non andasse rivista. E si sbagliava. Evidentemente, l’intero “Manuale Scaligeriano della Storia Egiziana” che precede il X-XII secolo D.C. è compilato con falsi duplicati della storia medievale dell’Egitto del XIII-XVII secolo D.C., come anche la storia del XIV-XVII secolo del Grande = impero Mongolo, qv in Chron5. Inoltre, la biblica “Terra d’Egitto” non chiaramente ha nulla a che vedere col territorio del moderno Egitto, poiché gli eventi Biblici Egiziani evidentemente ebbero luogo in posti assolutamente diversi. Vedi Chron6 per i dettagli.
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IL PROBLEMA DEI SECOLI BUI
di Anatoly Fomenko
Libro 4 della serie “History: Fiction or Science?”
7.3. Gli antichi Ittiti e i medievali Goti
È noto che gli “antichi Ittiti” vennero “scoperti” non prima del 1880, quando il professor Archibald Sayce fece una conferenza proclamando l’esistenza de “l’antica nazione degli Ittiti,” e basando la sua ricerca sull’analisi della Bibbia, q.v. in [291], pag. 21. Sayce guadagnò così il titolo di inventore degli Ittiti ([291]). Gli studi Biblici di Archibald Sayce e William Wright li portarono alla conclusione che gli “Ittiti” vivessero a nord della Terra Promessa Biblica. Essendo cresciuto nella storia Scaligeriana e aderendo all’erronea opinione che la Terra Promessa fosse situata nel territorio della odierna Palestina, Sayce e Wright confinarono gli “antichi Ittiti” in Asia Minore, che si trova a nord della Palestina. Però oggi cominciamo a capire che la Terra Promessa Biblica copre vasti territori nell’Europa del Sud e nelle terre Mediterranee, q.v. sopra in Chron6. Comunque, in questo caso, gli “Ittiti” sarebbero vissuti nell’Europa Meridionale nelle terre popolate dai Goti. Quello che vediamo qui è la sovrapposizione degli “antichi Ittiti” sui Goti medievali. Si possono così vedere le radici dell’errore di Sayce e Wright. Essi suggerirono di cercare reperti Ittiti nell’Asia Minore, che era il luogo della localizzazione sbagliata Scaligeriana del XVII secolo degli eventi Biblici, e non in Europa che era il posto dove si sarebbe dovuto cercarli poiché questi “Ittiti” era già perfettamente conosciuti col nome di Goti. Gli studi “Ittiti” furono condotti nello stesso modo della precedente ricerca Biblica, con gli archeologi che andavano in Asia Minore in cerca di rovine e trovando parecchio materiale da riferire agli “Ittiti.” In questo modo un altro errore della cronologia Scaligeriana venne “provato archeologicamente.”
8. Problemi relativi alla cronologia Scaligeriana dell’India
La storia Scaligeriana dell’Est è strettamente collegata alla storia dell’Europa e dell’Egitto come viene presentata da Scaligero e Petavio. Perciò, tutte le possibili alterazioni della cronologia Europea riguardano automaticamente la cronologia dell’ “antica” India. Facciamo un breve riassunto della cronologia Scaligeriana dell’India. Lo storico N. Gousseva scrive che “la scienza storica ha tali problemi in India che i ricercatori della storia antica di altri paesi e popoli non possono nemmeno immaginare [questa confessione fu fatta nel 1968 – A. F.]. La principale difficoltà è l’assoluta mancanza di monumenti datati” ([433], pag. 5). Evidentemente, tutti i principali “punti di riferimento cronologico” nella storia Indiana sono il prodotto di un’età più recente, e dipendono direttamente dalla precedente cronologia Scaligeriana di Roma, Grecia, e Egitto. Da qui l’ovvia necessità della revisione della storia Scaligeriana dell’India. Lo storico D. Kosambi riporta: “Non c’è praticamente nulla di quello che conosciamo come letteratura storica in India… tutto quello che abbiamo è una vaga tradizione orale e un numero molto ristretto di dati documentali, che sono quindi di maggior valore per noi di quelli ricevuti da leggende e miti. Questa tradizione non ci dà l’opportunità di ricostruire i nomi di tutti i sovrani. I magri resti in nostro possesso sono così nebulosi che non ci sono date prima del periodo Mussulmano [prima del VIII secolo D.C. – A. F.] che possono essere considerate precise… i lavori dei cronisti di corte non sono arrivati fino a noi; solo Cashmere e Camba possono essere visti in qualche modo come eccezioni… tutto ciò ha fatto dire a qualche serio e famoso scienziato che l’India non ha una storia propria” . ([433], pagg. 19-20). Per esempio, questo è ciò che dicono gli storici sull’ “antica” cultura della Valle dell’Indo: “ Oggi non possono ancora essere decifrati i memoriali scritti della cultura Indu… non un singolo ritrovamento può essere associato con una persona reale o un episodio storico. Non conosciamo nemmeno il linguaggio che veniva parlato dagli abitanti della Valle dell’Indo”. ([433], pagg. 65-66). Ci viene detto che la cronologia Scaligeriana dell’ “antica” India contiene vuoti di più di 600 anni ([433], pagg. 65-66). Come l’ “antica” Europa Scaligeriana, l’India “improvvisamente” scivola indietro nella barbarie intorno all’inizio della nuova era, e quindi “riprende” la sua ascensione alla “posizione di importanza” medievale; la quale è simile in modo sospetto al destino della cultura dell’ “antica” Europa, che si presume dimenticata da tutti e recuperata nuovamente nel Medio Evo. Il VII secolo D.C. è il periodo di questo presunto “rinascimento” piuttosto graduale della cultura Indiana Began, basata sulla cultura Ariana (probabilmente l’ideologia Cristiano-Ariana). I famosi “antichi” “ariani” Indiani possono evidentemente essere identificati come i Cristiani ariani del XII-XIV secolo, secondo la nostra ricostruzione. I misteriosi Ariani cominciarono a infestare l’età antidiluviana grazie alla cronologia Scaligeriana. Inoltre, si scopre che ([433]) i testi che riguardano il culto di Krishna in India sono di origine relativamente recente. Gli specialisti di storia delle religioni hanno da lungo tempo confermato l’esistenza di un vasto numero di paralleli tra Krishna e Cristo ([544], Volume 4). Questo è il motivo per cui certe affermazioni fatte dagli storici ultimi puzzano d’ambiguità, come “la completa biografia di Krishna non fu completata fino al XII secolo D.C. ” ([433], pag. 122). È possibile che il culto Indiano di Krishna non sia altro che il culto di Gesù, portato in India dai missionari Cristiani del XII-XIV secolo. Si presume che il dio Krishna venga citato nella Bibbia ([519], Volume 4, pag. 17). Secondo alcune fonti Indiane, il dio “Krishna” si può praticamente identificare con Cristo ([519], Volume 4). Gli autori medievali talvolta localizzano l’India in Africa o Italia (!). vedi altri dettagli In Chron5. Dobbiamo segnalare un altro fatto parecchio bizzarro della storia Scaligeriana a questo proposito. Si presume che l’ “antico” Alessandro il Grande abbia raggiunto l’India e sconfitto il re Indiano Porus, conquistando molte terre Indiane ([433]). Si potrebbe pensare che un evento di questo calibro potesse almeno lasciare qualche traccia nella storia Indiana. Tuttavia, non sembra questo il caso. “L’invasione… sembra non sia stata notata dalla tradizione Indiana, sebbene qualche storico straniero la consideri l’unico evento su larga scala dell’antica storia dell’India” ([433], pag. 143). Viene da farsi la domanda ovvia se l’India dei manoscritti medievali sia lo stesso paese della moderna India. Potrebbe darsi che sia un paese del tutto diverso quello che Alessandro ha Conquistato? Ci viene detto più avanti che molti problemi vitali concernenti l’ “antica” storia dell’India sono basati su manoscritti trovati non prima del XX secolo. Si scopre, per esempio, che “la principale fonte di conoscenza per quanto riguarda il sistema di governo dell’India e la politica dello stato nell’epoca dell’ascensione di Maghadhi è il libro Arthashastra – il libro… trovato solo nel 1905, dopo molti secoli di completo oblio” ([433], pag. 146). Si scopre che questo libro è fondamentalmente la versione Indiana della famosa opera medievale di Machiavelli. Comunque, in questo caso l’ “antico Arthashastra Indiano” non potrebbe essere stato scritto prima del Rinascimento. Questo può essere accaduto nel XVII-XVIII secolo, o anche nel XIX. La storia Scaligeriana dell’India ricorda la sua cugina Europea perché ripiombò nella barbarie all’inizio della nuova era, e dovette “riprendere” la sua “lunga ascesa alle vette della civilizzazione” ([433]). Ci viene anche detto che “l’unica rilevante iscrizione in Sanscrito fu trovata a Ghirnar e datata grossomodo al 150 D.C.” ([433], pag. 172). Comunque, immediatamente scopriamo che il culmine della letteratura Sanscrita in India iniziò intorno al XI secolo D.C. Questo è probabilmente il risultato dello slittamento cronologico di mille anni che già conosciamo bene. A proposito, potrebbe la parola “Sanscrito” stare per “Santo Scritto,” o Sacra Scrittura? La storia Scaligeriana dell’India medievale contiene anche un gran numero di vuoti cronologici centenari, ed è confusa e caotica. “L’apatia dei Bramini a qualunque cosa di reale nel passato e nel presente … ha cancellato la storia dell’India dalla memoria umana… per ricostruire la storia e le realtà … dell’antica India … dobbiamo riferirci ai resoconti dei geografi Greci e viaggiatori Arabi … non c’è una singola fonte Indiana che possa equiparare in valore i resoconti degli stranieri”. ([433], pag. 180). Perciò, la storia Scaligeriana dell’India dipende completamente dalla cronologia consensuale di Roma e della Grecia e dovrà quindi essere ricostruita. Gli storici caratterizzano la storia dinastica dell’India nello stesso modo: “I nomi individuali dei Re sono oscurati dalla pittoresca nebbia delle leggende. Non abbiamo nulla che possa lontanamente assomigliare alle cronache di palazzo” ([433], pag. 192). Non riusciamo a vedere la pittoresca nebbia storica. Potrebbe risiedere nella libertà che concede alla fantasia di ognuno? Il famoso Mahabharata, una collezione di “antiche” epopee Indiane, viene relegato a una distante epoca A.C. dagli storici Scaligeriani. Dall’altro lato, il lavoro si suppone basato sulle “antiche” epopee Greche. Un gran numero di paralleli tra il Mahabharata e i poemi di Omero furono scoperti un po’ di tempo fa ([519]). Gli storici affermano che gli Indiani stavano “riformulando Omero” ([520], pag. 13). Se questo è il caso, la datazione del Mahabharata diventa completamente dipendente dalle datazioni del poema scritto dall’ “antico” Omero. Abbiamo già dimostrato che gli eventi occorsi nell’ “antica” Grecia erano in realtà probabilmente medievali, cioè, datati al XIII-XVI secolo D.C. Una più approfondita analisi del Mahabharata, il grande corpo del testo epico, in linea con quanto visto per la nuova Cronologia, viene realizzata nel nostro nuovo libro intitolato “La Cronologia dell’India. La Geografia di Tolomeo’. L’ ‘Atlante’ di Ortelius, 2003.
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sulla mente bicamerale: in realtà l'Odissea, che viene scritta dopo l'Iliade presenta introspezioni, inganni e altre manifestazioni della coscienza in formazione, però ancora non è ben definito lo spazio della coscienza e queste azioni vengono comunque collegate a luoghi del corpo (cuore, stomaco, membra, fegato ecc.) segnalando il momento di passaggio in cui gli dei sono sempre meno presenti nel dare ordini e gli individui cominciano a dover "fare da sé" e questo sarebbe avvenuto nella fase precedente alla coscienza in cui il ragionamento astratto, la proiezione nel futuro diventeranno realmente quelli che conosciamo ora.
Nella Bibbia, un esempio di mente bicamerale è quello di Amos, un pastore analfabeta del deserto, attribuito dalla datazione ufficiale all' VIII secolo a.C..L'esempio di coscienza è invece l'Ecclesiaste, dove il personaggio riflette in profondità sul senso delle cose, nel presunto II secolo a.C.
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www.jaks.sk/dokumenty/fomenko/04-Dark%20...ence%20Book%204-.pdf
9. L’artificiale allungamento della storia antica è stato deliberato?
Secondo i risultati ottenuti dai nuovi metodi di datazione, virtualmente tutti gli antichi documenti che hanno raggiunto la nostra era sono copie da antichi originali, che si presumono perduti. Questi originali erano stati scritti per riflettere gli eventi correnti del XI-XVI secolo D.C., e non con l’intento di confondere i futuri storici. Pare che i primi documenti semplicemente non siano riusciti a raggiungere i nostri giorni. Comunque la grande maggioranza degli originali del XI-XVI secolo, o furono distrutti, o soggetti a correzioni tendenziose nel XVI-XVII secolo, durante la creazione della cronologia Scaligeriana. Qualsiasi misera prova genuina di antichità sia sfuggita una simile correzione (o riscrittura secondo la verace cronologia Scaligeriana) è stata dichiarata un falso o una creazione di autori ignoranti. In Chron5 e Chron6 diamo esempi di come la nostra cronologia riveduta prosciolga diversi antichi documenti dall’accusa di falso, come la famosa Donazione di Costantino, la Donazione di Alessandro il Grande, e così via. In altre parole, molti dei documenti dichiarati oggi contraffatti si scoprono essere originali, concordando pienamente con la Nuova Cronologia. Così è il caso dei “Privilegi” concessi alla medievale Casa Ducale d’Austria da parte di Cesare e Nerone (vedi Chron1, capitolo 1). La nostra opinione è che quasi tutti gli eventi descritti nelle antiche cronache ebbero realmente luogo. La vera questione è quella della loro esatta localizzazione e collocazione temporale. E questo è esattamente il punto in cui inizia la confusione geografica e cronologica, aiutata dalle deliberate distorsioni dei cronologisti Scaligeriani, che ha portato all’ “allungamento della storia.” Comunque, il ruolo principale fu molto probabilmente causato dalla tendenziosa “correzione della storia” del XVI-XVII secolo.
Sommario.
1. La maggior parte dei documenti che ah raggiunto la nostra epoca – quelli che si riferiscono a eventi precedenti il XVI secolo – sono basati su antichi originali. Comunque, quasi tutti questi ultimi passarono per le mani degli editori tendenziosi del XVI-XVII secolo. Le loro letture e interpretazioni sono ambigue, e un’alterata cronologia conduce ad altre prospettive.
2. Alcuni errori cronologici furono accidentali. Lo slittamento millenario della vita di Gesù Cristo dal XII secolo D.C. al I potrebbe essere un esempio di un simile errore.
3. Alcune delle distorsioni della storia medievale precedenti il XVI secolo D.C. furono deliberate e rappresentano evidenti falsificazioni. Forniremo maggiori dettagli in Chron5, Chron6 e Chron7.
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di Anatoly Fomenko e Gleb Nosovskiy.
www.jaks.sk/dokumenty/fomenko/03-The%20A...ence%20Book%203-.pdf
Parte Prima
1. Il metodo di ricerca proposto.
Cerchiamo di datare antichi reperti contenenti simbolismo astronomico o astrologico nella seguente maniera: studieremo riferimenti astrologici contenuti in un ceto numero di antichi documenti con l’aiuto del sistema medievale di simboli astrologici. Molti libri medievali sull’astrologia, per esempio, identificano i pianeti con carri o con cavalli che trascinano questi carri attraverso la sfera celeste. Le traiettorie planetarie veniva probabilmente percepite come balzi equini. Il nostro metodo ruota intorno alla comparazione del testo studiato con altri testi medievali simili che contengono sia simboli astrologici che le loro interpretazioni in termini a noi comprensibili. In altre parole, proponiamo di leggere antiche documentazioni astrologiche con l’aiuto di un “dizionario” astrologico medievale, uno che identifichi carri o cavalli con i pianeti. Naturalmente, l’applicabilità del metodo verrà verificata in questo modo solo se l’uso di un simile dizionario ci potrà aiutare per ottenere risultati comprensibili che possano essere confermati da altre procedure indipendenti di datazione applicabili ad antichi documenti. N. A. Morozov è stato il primo ad applicare questa procedura a diversi libri Biblici che contenevano evidenti simbolismi astrologici o astronomici. I dati citati in questa introduzione furono ottenuti da Morozov. Dopo la pubblicazione del suo lavoro su questo argomento ([542] e [543]) molti specialisti cercarono con insistenza di trovare errori nei suoi calcoli – comunque, la correttezza della sua interpretazione dei testi Biblici con l’aiuto di un “dizionario astrologico” medievale resistette di regola ai dubbi. La lettura di Morozov dei testi astrologici fu da subito percepita dagli storici come completamente corretta e senza anomali. N. A. Morozov era stato inoltre un pioniere nella sua supposizione che l’autore dell’Apocalisse Biblica non codificasse nulla intenzionalmente, ma semplicemente descrivesse quello che effettivamente vedeva nella sfera celeste utilizzando il linguaggio astronomico del suo tempo ([542] e [544], Volume 1, pagg. 3-70). Possiamo fare un salto in avanti per un piccolo esempio utile a far notare al lettore che la datazione di Morozov dell’Apocalisse al IV secolo D.C. non corrisponde di fatto alla data esplicita contenuta nel testo dell’Apocalisse al cento per cento. Essendo erroneamente convinto della correttezza della cronologia Scaligeriana dopo il VI secolo D.C., Morozov si fermò alla prima soluzione dell’inizio del medioevo, che non combaciava completamente, avendo deliberatamente rigettato la molto migliore soluzione astronomica della fine del XV secolo D.C. – che si adattava perfettamente, come può mostrare un’analisi senza pregiudizi.
2. Informazioni generali sull’Apocalisse e il tempo della sua creazione
Gli autori citano l’Apocalisse del 1898, 1912, e 1968 dell’edizione Russa della Bibbia ([67]). La traduzione usa la Versione Autorizzata. L’Apocalisse, chiamata anche il Libro della Rivelazione, è il ventisettesimo e ultimo libro del Nuovo Testamento. È anche l’ultimo libro del canone contemporaneo della Bibbia. L’Apocalisse viene considerata parte integrale del Nuovo Testamento. Comunque, nella Russia medievale l’Apocalisse non era inclusa di regola nel Nuovo Testamento. Come dimostreremo nei capitoli relativi ai manoscritti della Bibbia Slava in Chron6, i manoscritti Slavi dell’Apocalisse sono eccezionalmente rari – per esempio, c’è un solo manoscritto noto dell’Apocalisse che data ai secoli IX-XIII, laddove ci sono 158 manoscritti conosciuti dei rimanenti libri del Nuovo Testamento che datano allo stesso periodo. Inoltre, persino in tempi così recenti come il XVII secolo, i riferimenti all’Apocalisse e alla Rivelazione del Divino San Giovanni evidentemente potrebbero suggerire libri completamente diversi. (Vedi Appendice 2 a Chron6.) Questo significa che molte incertezze sono strettamente collegate alla storia dell’Apocalisse, e principalmente la sua datazione. Le date proposte sono molto diverse, e riflettono la mancanza di accordo tra gli storici. Per esempio, Vandenberg van Eysing datò l’Apocalisse al 140 D.C., A. Y. Lentsman al 68–69 D.C., A. Robertson al 93–95 D.C., Garnak e E. Fisher a non prima del 136 D.C., e così via. (Vedi l’indagine in [765].) I. T. Sunderland scrisse che “la datazione del Libro della Rivelazione a quest’epoca [la fine del primo secolo D.C. – A. F.] o addirittura ogni altra epoca [sic! – A. F.] è un’impresa di tremenda complessità” ([765], pag. 135). Inoltre, l'opinione di V. P. Rozhitsyn e M. P. Zhakov ([732]), era che la creazione dell’Apocalisse fu completata nel II-IV secolo D.C., molto probabilmente nel IV secolo! Questa opinione non è per nulla congrua con la cronologia di Scaligero e Petavius. La stessa Apocalisse non contiene alcuna specifica indicazione cronologica dell’epoca in cui è stata scritta. Non ci sono figure storiche reali identificate come contemporanee dell’Apocalisse. Non c’è nessuna data assoluta. L’Apocalisse è comunemente conosciuta come l’ultimo libro scritto del Nuovo Testamento; comunque, F. H. Baur, per citarne uno, ha asserito categoricamente che l’Apocalisse non è l’ultimo, ma “il primo scritto del Nuovo Testamento” ([489], pag. 127). A. P. Kazhdan e P. I. Kovalev erano lo stesso dell’opinione che l’Apocalisse fosse il primo libro del Nuovo Testamento, e non l’ultimo ([765], pag. 119). Inoltre, alcuni ricercatori rigettano categoricamente di accreditare l’Apocalisse a Giovanni, che si presume abbia scritto un Vangelo e tre Epistole. In generale si suppone che non siano rimaste indicazioni esatte sull’autore dell’Apocalisse ([448], pag. 117). G. M. Lifshitz ha notato che l’autore dell’Apocalisse ha molta familiarità con con l’astronomia: le immagini del dragone, orsi, belve, cavalli e così via che descrive ricordano le costellazioni della sfera celeste, come vengono rappresentate nelle carte delle stelle medievali ([489], pagg. 235-236). Comunque, tutte queste considerazioni erano già state espresse da N. A. Morozov all’inizio del XX secolo. Evidentemente, la sua linea di ragionamento produsse una forte impressione almeno in una parte degli autori citati ed essi reiterarono le sue asserzioni senza citarlo, che è molto tipico per simili ricercatori. M. M. Kublanov riassume: “La ragione per quest’abbondanza di ipotesi contraddittorie riguardo le questioni cronologiche si possono spiegare principalmente con la scarsità di prove affidabili. Gli antichi non ci hanno lasciato alcun dato affidabile a questo riguardo. Le circostanze predominanti, l’unico mezzo per datare questi scritti sono gli stessi scritti… La creazione di una cronologia affidabile del Nuovo Testamento rimane ancora un problema aperto” ([448], pag. 120).
Torniamo quindi alla stessa Apocalisse. La sua natura astronomica diventa immediatamente evidente, specialmente quando la confrontiamo con le antiche carte celesti. (Vedi le carte medievali presumibilmente datate al XVI secolo, per esempio – figg. 3.1, 3.2, 3.3, e 3.4.)
Fig. 3.1. Carta delle stelle dell’Emisfero Nord fatta da A. Dürer (1471-1528), presumibilmente nel 1527. Tratto da [90], pag. 8.
Fig. 3.2. Carta delle Stelle dell’Emisfero Sud fatta da A. Dürer (1471-1528), presumibilmente nel 1527. Tratto da [90], pag. 9.
Fig. 3.3. Costellazioni dell’emisfero su una carta delle stelle dall’Almagesto di Tolomeo, presumibilmente pubblicato nel 1551. Prestate attenzione al fatto che alcune figure indossano abiti medievali. Tratto da Claudii Ptolemaei Pelusiensis Alexandrini omnia quac extant opera, 1551 ([1073]). Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], l’inserto tra pagg. 216-217.
Fig. 3.4. Costellazioni dell’Emisfero Sud su una carta delle stelle dell’Almagesto di Tolomeo, presumibilmente pubblicato nel 1551. Tratto da Claudii Ptolemaei Pelusiensis Alexandrini omnia quac extant opera, 1551 ([1073]). Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], l’inserto tra le pagg. 216-217. Prestate attenzione al fatto che alcune figure indossano abiti medievali.
Evidentemente, qualche tempo dopo che l’Apocalisse fu scritta, il suo esplicito significato astronomico fu dimenticato. Anche se qualche astronomo professionista ha notato la similarità tra le figure delle antiche carte con la descrizione dell’Apocalisse, le ha percepite come coincidenze non essendo stato capace di liberarsi dall’indottrinamento delle nozioni Scaligeriane. Gli specialisti odierni della storia Biblica non possono concepire alcuna connotazione astronomica nei testi Biblici. Ci può essere un’unica possibilità, come dimostreremo, di datare alcuni frammenti della Bibbia astronomicamente. Se questo è corretto, allora troveremo delle date che non corrispondono per niente a quelle su cui insiste la “tradizione”. L’Apocalisse contiene la famosa profezia concernente il Giorno del Giudizio, o Fine del Mondo. Questa profezia è in relazione immediata alla descrizione simbolica di quanto l’autore osservava nella sfera celeste. Questa era ancora ricordata dagli autori delle illustrazioni all’Apocalisse che avevano vissuto intorno al XVI secolo. Uno degli esempi è in fig. 3.5. Come abbiamo già notato l’incapacità degli autori contemporanei di comprendere il simbolismo astronomico dell’Apocalisse è causato direttamente dalla perdita della conoscenza della corretta cronologia e dalle distorsioni introdotte dagli storici XVI-XVIII secolo. Un altra possibilità è che ci fosse un non detto tabù generale per quanto riguardava un soggetto così pericoloso, come l’erronea datazione dell’Apocalisse. In un modo o nell’altro, la comprensione delle descrizioni astronomiche dell’Apocalisse venne comunque perso a un certo punto. L’Apocalisse aveva perso il suo carattere astronomico agli occhi dei lettori. Comunque la sua “componente astronomica” non è semplicemente di importanza eccezionale – è sufficiente da sola per la datazione stessa del libro.
Fig. 3.5. Un disegno da un manoscritto dell’Apocalisse datato al XVI secolo. L’autore della miniatura enfatizza che gli eventi descritti accadono in un cielo stellato. Il manoscritto è conservato nella Libreria di Stato di Russia, Mosca, folio 98, numero 1844, foglio 27, retro. Tratto da [745], Volume 8, pag. 446.
Torniamo ai frammenti astronomici dell’Apocalisse. L’idea principale del nostro studio consiste nella comparazione dell’Apocalisse con le carte astronomiche medievali. Questa comparazione rivela molti paralleli e anche coincidenze dirette tra le due, che permettono una sicura determinazione dell’oroscopo astronomico come descritto dall’autore dell’Apocalisse. Proponiamo al lettore di utilizzare una carta delle stelle con le stelle indicate in qualche modo. Anche una carta contemporanea del cielo dovrebbe andar bene, ma una carta delle stelle medievale andrebbe meglio – quella, per esempio di Albrecht Dürer, che mettiamo a disposizione in figg. 3.1 e.3.2, o la carta dell’Almagesto che si può vedere in figg. 3.4 e 3.3.
3. L’Orsa Maggiore e il Trono
L'Apocalisse recita: “Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono” (Rev 1:4–5). In Francia, la costellazione dell’Orsa Maggiore è ancora chiamata Il Carro degli Spiriti. La costellazione veniva disegnata così, q.v. nel libro medievale di Apianus ([1013]). Quest’antica figura si può vedere sotto – vedi Chron1, capitolo 4:3.7.) Il Trono: L’Orsa Maggiore è proprio di fronte a questa costellazione. (Vedi il frammento della carta delle stelle in fig. 3.6. Inoltre, il testo Greco dell’Apocalisse fa riferimento al “Trono” (tronos).)
Fig. 3.6. La costellazione del Trono, conosciuta oggi come Cassiopea, e la costellazione dei Sette Spiriti, al momento Orsa Maggiore, vicino al polo. Tratto da [542], pag. 37.
4. Gli eventi ebbero luogo nell’isola di Patmos
L'Apocalisse recita: “Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; sette lampade accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio. Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d'occhi davanti e di dietro. ” (Rev 4:5–6). Perciò, sette lanterne fiammeggianti si trovano davanti al trono sul quale Dio siede in gloria. Il “mare trasparente simile a cristallo” evidentemente è il cielo osservato dall’autore dell’Apocalisse. L'Apocalisse recita: “Io, Giovanni, ... mi trovavo nell’isola di Patmos” (Rev 1:9). Il punto d’osservazione viene definito esplicitamente – l’isola di Patmos nel Mediterraneo. Si enfatizza anche attraverso l’intera Apocalisse che il luogo principale degli eventi descritti è la sfera celeste.
5. Le costellazioni di Cassiopea e del Trono erano disegnate nel Medio Evo come Cristo che sedeva sul suo trono.
L'Apocalisse recita: “Dopo ciò ebbi una visione: una porta era aperta nel cielo. La voce che prima avevo udito parlarmi come una tromba diceva: Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito. Subito fui rapito in estasi. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina” (Rev 4:1–3). La persona che sedeva sul trono può essere vista su quasi tutte le rappresentazioni medievali delle carte stellari – in Lo Zodiaco spiegato ([544], Volume 1, pag. 81, ill. 36), per esempio, o sulle carte stellari di A. Dürer ([544], Volume 4, pag. 204), sulla carta di Al-Sufi ([544], Volume 4, pag. 250, ill. 49), e così via. Le Figure 3.7 e 3.8 mostrano immagini di questo tipo.
Fig. 3.7. La costellazione di Cassiopea da un’antica carta stellare. Tratto da [543], pag. 70, ill. 30.
Fig. 3.8. La costellazione del Trono con una figura umana seduta. Tratto da un trattato del XVI secolo intitolato Astrognosia. Archivio del Libro dell’Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [544], Volume 1, pag. 221, ill. 60. Tutte queste carte mostrano Cassiopea sul trono.
La figura sul trono si può vedere su molte carte stellari del XVI secolo, normalmente al centro della Via Lattea. L’Apocalisse indica che c’è un arcobaleno che circonda il trono: “Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono.” (Rev 4:3). L’arcobaleno è un’immagine sufficientemente precisa per la luminosa Via Lattea che abbraccia il cielo notturno come un arco. Un chiaro paragone della descrizione della “persona sul trono” con una gemma (ci viene detto che “era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina”) rafforza l’impressione che le immagini dell’Apocalisse siano prese dalla sfera celeste. Davvero, il raffronto delle stelle con gemme luminose è perfettamente comprensibile e naturale. L’associazione della costellazione di Cassiopea con Cristo, al quale si riferisce in realtà l’Apocalisse, era a volte disegnato esplicitamente sulle carte medievali. Per esempio, il Libro di Radinus ([1361]) contiene l’immagine di un trono con Cassiopea crocifissa su di esso. Il retro del trono serve come croce, e le mani della figura sono immobilizzate su di esso. Questa è evidentemente una versione della crocifissione Cristiana. (Vedi fig. 3.9.)
Fig. 3.9. La costellazione di Cassiopea da un libro di Th. Radinus intitolato Sideralis Abyssus, datato al 1551. Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], pag. 267, ill. 139.
La figura di un re sul trono si può vedere anche sulle carte stellari Egiziane ([1162] e [1077]). In figg. 3.10 e 3.11 si vedono alcune carte Egiziane, il che evidenzia come il simbolismo astronomico Egiziano sia sorprendentemente simile a quello Europeo, il che implica che le due scuole astronomiche siano collegate.
Fig. 3.10. Carta delle stelle Egiziana dell’Emisfero Nord. Tratto da Firmamentum Firmianum di Corbinianus, datato al 1731 ([1077]). Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], pag. 276, ill. 143.
Fig. 3.11. Carta delle stelle Egiziana dell’Emisfero Sud. Tratto da Firmamentum Firmianum di Corbinianus, datato al 1731 ([1077]). Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], pag. 277, ill. 144.
Perciò, l’Apocalisse contiene riferimenti alla costellazione di Cassiopea, la quale veniva percepita nel Medio Evo davvero come l’ “immagine stellare” di Cristo (il Re) sul trono.
6. La Via Lattea
Secondo il Libro delle Rivelazioni, “Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono.”(Rev 4:3) Lo smeraldo è una gemma blu-verde. Si vede un “arcobaleno” che circonda la costellazione del Trono in ogni carta stellare medievale e contemporanea. La costellazione del Trono, con “una persona seduta” è sempre circondata dalla luminosa striscia della Via Lattea ([1162], [1077] e [1361]).
7. Ventiquattro ore siderali e la costellazione della Croce del Nord
L'Apocalisse recita: “Attorno al trono, poi, c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro vegliardi avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo” (Rev 4:4). Ogni manuale di astronomia completo segnala che nei tempi andati il cielo veniva diviso in ventiquattro segmenti a forma di ala, cioè, in ventiquattro settori meridionali che convergevano ai poli della sfera celeste. (Vedi [542], pag. 44, o 544, Volume 1, pag. 7, ill. 6, per esempio). Questi settori sono anche chiamati ore siderali, o ore di ascensione stellare retta. Le ventiquattr’ore definiscono il sistema di coordinate celesti, che si può vedere chiaramente nell’immagine medievale del globo celeste del libro di Zacharias Bornman (fig. 3.12).
Fig. 3.12. Antica astronomia. Tratto da Astra di Z. Bornman, datato al 1596 ([1045]). Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], pag. 12, ill. 3. Perciò, ogni “anziano” dell’Apocalisse è evidentemente un ora stellare nel sistema equatoriale di coordinate, che è la divisione standard per la sfera celeste in astronomia. Le candide vesti degli “anziani” semplicemente riflette il colore bianco delle stelle nel cielo. Le corone dorate evidentemente si riferiscono alla costellazione della Croce del Nord, situata vicino allo zenith, cioè, esattamente sopra le teste dei ventiquattro “anziani”, o ore, o settori (fig. 3.13).
Fig. 3.13. La costellazione Corona (o Diadema) vicino al polo. Il frammento di una carta datata al 1700. Tratto da [1160], tavola 10.1, pag. 304.
8. Leone, Toro, Sagittario, Pegaso
L'Apocalisse recita: “Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d'occhi davanti e di dietro. ”(Rev 4:6–7). Questa è una descrizione della sfera celeste che circonda la costellazione del Trono ed è cosparsa di stelle (o “occhi”). Il riferimento iniziale oscuro a un posto “intorno al trono” diventa comprensibile: ci si riferisce alla reale costellazione del Trono, come anche alle stelle più piccole sparse intorno allo sfondo. Ma cosa significa “... vi erano quattro esseri viventi pieni d'occhi…”? Questo diventa chiaro a uno sguardo superficiale alla carta stellare. In più, nel seguente passaggio dell’Apocalisse viene detto chiaramente che: “Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l'aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l'aspetto d'uomo, il quarto vivente era simile a un'aquila mentre vola.” (Rev 4:7). Il Leone è una costellazione zodiacale visitata dal sole prima dell’inizio dell’autunno. (Vedi, per esempio, le carte medievali di Dürer e Grienberger ([1162]). Vedi anche figg. 3.4, 3.3 e 3.14)
Fig. 3.14. La costellazione del Leone su una carta stellare dal libro di Grienberger ([1162]). Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [542], pag. 45, ill. 18. Il Toro è una costellazione zodiacale visitata dal sole prima dell’inizio dell’estate. (Vedi le stesse carte di Dürer e Grienberger, come anche fig. 3.15)
Fig. 3.15. La costellazione del Toro sulla carta stellare da un libro di Grienberger ([1162]). Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [542], pag. 45, ill. 19. L’animale con un volto umano (il Centauro) è ovviamente un riferimento alla ben nota costellazione zodiacale del Sagittario visitata dal sole all’inizio dell’inverno. (Vedi fig. 3.16.)
Fig. 3.16. La costellazione del Sagittario sulla carta stellare dal libro di Grienberger ([1162]). Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [542], pag. 46, ill. 20. L’animale come “un’aquila mentre vola” non è difatti l’Aquila, sebbene questa costellazione esista (vedi fig. 3.17.) Molto più probabilmente, è il famoso Pegaso, l’animale alato che completa il numero delle costellazioni nell’Apocalisse indicate prima. Il sole visita la costellazione di Pegaso prima dell’inizio della primavera. (Vedi fig. 3.18.) Formalmente Pegaso non è una costellazione zodiacale, ma una equatoriale; comunque, Pegaso quasi tocca l’eclittica tra le costellazioni zodiacali dei Pesci e dell’Aquario. La parola esiste persino nel testo Greco dell’Apocalisse, dove si riferisce a un mammifero piuttosto che a un uccello ([542]).
Fig. 3.17 Tre costellazioni: L’Aquila, il Delfino e Antinoo, viste sulla carta delle stelle da un libro di Grienberger ([1162]). Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [542], pag. 47, ill. 22.
Fig. 3.18. La costellazione di Pegaso sulla carta stellare da un libro di Grienberger ([1162]). Archivio del libro dell’Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [542], pag. 46, ill. 21. Perciò, l’Apocalisse enumera chiaramente le quattro principali costellazioni lungo l’eclittica: le costellazioni zodiacali di Leone, Toro, Sagittario, e la “quasi zodiacale” Pegaso. La selezione di quattro ben note costellazione al vertice del quadrato dell’eclittica è un normale metodo astronomico medievale. Evidentemente, le quattro costellazioni (forse anche altre) venivano collocate in modo simile sugli angoli dello zodiaco quadrangolare dell’oroscopo Tebano di Brugsch (vedi Chron3, parte 2.) Simili zodiaci quadrangolari venivano disegnati anche nell’India medievale ([543], pag. 115). Perciò, le quattro costellazioni che denotano una stagione formano un quadrato o una croce. Ma poiché ci sono esattamente ventiquattro settori stellari (o ali) che partono dal polo, ognuna di queste costellazioni animali ha esattamente sei settori di ascensione retta, cioè, hanno sei “ali” intorno a loro. In altre parole, ogni costellazione animale è collocata nella regione coperta da queste ali a sei settori sulla sfera celeste. È notevole come tutto questo si descritto in modo assolutamente accurato nell’Apocalisse, nella quale leggiamo che “I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi.” (Rev 4:. Gli “occhi” sono le stelle. A proposito, il testo Greco formula questo come “dentro e intorno” ([542]). Questi “animali pieni d'occhi ” sono molto probabilmente costellazioni, e così gli “occhi” in questione dovrebbero essere stelle. Infatti, vengono disegnati precisamente in questa forma su qualunque carta medievale (vedi le carte di Dürer in figg.. 3.1 e 3.2, per esempio, come anche la carta dell’Almagesto in figg. 3.4 e 3.3.)
9. La rotazione giornaliera della Corona del Nord
Nella zona moderata settentrionale del globo terrestre, le parti superiori dei settori, o le “ali”, non vengono impostate; invece, le parti inferiori, o le “ginocchia” degli “anziani” (settori) prima scendono sotto l’orizzonte e poi ritornano nuovamente sopra lo stesso. Perciò, sembra che ogni ora siderale si sollevi dalla posizione inginocchiata nella parte Orientale dell’orizzonte e quindi si inginocchi nuovamente a Occidente. Venivano quindi percepite come adoranti il centro della rotazione, il polo nord del cielo e la costellazione del Trono vicina a esso. Ancora una volta, tutto questo viene accuratamente descritto nell’Apocalisse. Esattamente, L'Apocalisse recita: “i ventiquattro vegliardi si prostravano davanti a Colui che siede sul trono e adoravano Colui che vive nei secoli dei secoli”(Rev 4:10). Nel processo di rotazione giornaliera alle latitudini Mediterranee, la costellazione della Croce del Nord prima sorge fino allo zenith, quindi tramonta nella parte settentrionale dell’orizzonte. Ci viene in mente uno zenith locale per la latitudine dell’isola di Patmos. Non continueremo l’enumerazione delle altre costellazioni e stelle citate nell’Apocalisse, perché la presenza di simbolismo astronomico nell’Apocalisse è già stato perfettamente chiarito. (Vedi anche [542] e [544]).
10. Immagini planetarie equine nell’astronomia medievale
Riporteremo ora diversi fatti di fondamentale importanza per quanto concerne le datazioni. La prima cosa che ha attratto l’attenzione degli astronomi sui pianeti era il loro rapido movimento. La loro dislocazione è piuttosto irregolare vista dall’osservatore. I cosiddetti pianeti esterni – quelli fuori dall’orbita tellurica – vengono descritti come se si muovessero in circuiti regolari. Esempi di simili circuiti per Saturno e Giove si possono vedere nelle figg. 3.19 e 3.20; per Marte – in figura 3.21. I pianeti si fermano, iniziano il movimento retrogrado, e quindi appaiono precipitarsi di nuovo in avanti. Questo ha evidentemente fatto nascere il paragone con cavalli che galoppano attraverso il firmamento cristallino. Non sorprende che l’astronomia e l’astrologia siano state attratte da questa vivida immagine.
Fig. 3.19. Traiettoria circolare di Saturno tra il Cancro e il Leone nel 1888 e 1889. Tratto da [542], Pag. 12, ill. 4.
Fig. 3.20. Traiettoria circolare di Giove in Sagittario nel 1889. Tratto da [542], Pag. 12, ill. 5.
Fig. 3.21. Traiettoria circolare di Marte in Vergine nel 1888. Tratto da [542], Pag. 13, ill. 6.
Antiche monete Galliche che riportano l’immagine di pianeti equini sono visibili in fig. 3.22 (vedi Miti Astronomici di John Blake, 1887.) Uno di loro rappresenta un cavallo con cavaliere (la lettera S) che balza sul vaso della costellazione dell’Aquario. Questa costellazione viene frequentemente disegnata a forma di vaso o di persona che porta un vaso da cui versa l’acqua, qv nel libro medievale di Albumasar, per esempio ([1004]).
Fig. 3.22. Antiche monete Galliche come vengono rappresentate nelle illustrazioni al libro di Blake Miti Astronomico datato al 1887. Vedi anche [542], pag. 14, ills. 8, 9.
Sulla seconda moneta vediamo un pianeta equino che porta la costellazione del Cancro sulla sua schiena. Il cavallo balza sopra la costellazione del Capricorno. (Vedi fig. 3.22.) Queste antiche monete indicano chiaramente l’uso almeno da parte di alcuni astronomi medievali di associare i pianeti con cavalli. Ulteriori sviluppi di questo simbolismo porta naturalmente all’utilizzo di immagini di pianeti in forma di cavalli imbrigliati a carri. L’immagine solare in particolare era ampiamente utilizzata nel Medio Evo e utilizzata per essere inclusa nel sistema dei pianeti classico. Cavalli che trasportano il sole vengono rappresentati nel libro astrologico di Ioanne Tesnierio datato al 1562 ([1440] e fig. 3.23), il lavoro astrologico di Leopoldi, pubblicato presumibilmente nel 1489 ([1247] e fig. 3.24), e il libro del 1515 di Albumasar ([1004] e figg. 3.25 e 3.26).
Fig. 3.23. Immagini medievali dei carri del Sole, della Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Tratto da Opus Matematicum octolibrum di Ioanne Tesnierio ([1440]). Coloniae Agrippinae, 1562. Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], pag. 71, ills. 31-37.
Fig. 3.24. Un’immagine medievale del carro solare. Tratto da Leopoldi compilation de astorum scientia, 1489 ([1247]). Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], pag. 169, ill. 89.
Fig. 3.25. Immagini medievali dei carri del Sole, Mercurio, Venere e Luna. Tratto da Albumasar’s De Astru Sciencia, 1515. Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], Pag. 240, ills. 117-120.
Fig. 3.26. Immagini medievali dei carri del Sole, della Luna, di Mercurio e di Venere. Tratto da De Astru Sciencia di Albumasar, 1515. Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], Pag. 156, ills. 78-81.
Cavalli che guidano il pianeta Marte su un carro sono visibili le libro del 1562 di Ioanne Tesnierio ([1440] e fig. 3.23), con Marte rappresentato dal suo segno astronomico, e nel libro del 1515 di Albumasar ([1004] e fig. 3.27).
Fig. 3.27. Immagini medievali dei carri di Marte, Giove e Saturno. Tratto da De Astru Sciencia di Albumasar, 1515. Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], Pag. 157, ills. 82-85.
A volte questi libri disegnano veri cavalli come carri, associando così carri con cavalli. Il carro di Giove, per esempio, con un centauro galoppante portato sulle sue grandi ruote, si può vedere nel libro di Albumasar [1004] (fig. 3.27). Il concetto si può evolvere. A volte i cavalli conducono intere costellazioni. Nel libro di Bacharach datato al 1562 ([1021]), i cavalli guidano la costellazione dell’Auriga. Una figura simile si può vedere nell’Astrologia di Radinus (fig. 3.28).
Fig. 3.28. Cavalli che conducono la costellazione dell’Auriga. Da un libro di Radinus datato al 1511. Tratto da [1361]. Vedi anche [543], Pag. 243, ill. 125.
Gli astronomi attribuivano un tale valore ai balzi dei pianeti che avevano concepito un simbolo speciale per un carro fermo per riferirsi al momento in cui i pianeti si fermavano prima di iniziare a muoversi, in avanti oppure in modo retrogrado. Il libro medievale di Albumasar, per esempio ([1004]) rappresenta i carri fermi di tutti i pianeti: Mercurio, Venere, Marte, Giove, e Saturno (figg. 3.25 e 3.29).
Fig. 3.29. Immagini medievali dei carri di Marte, Giove e Saturno. Tratto da De Astru Sciencia di Albumasar, 1515. Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], Pag. 241, ills. 121-123.
A volte, invece di cavalli, i carri venivano imbrigliati a animali fantastici – grifoni, aquile, e simili. Simili “cavalli” guidano i pianeti nei libri medievali di ([1004]) e Ioanne Tesnierio ([1440] e figg. 3.23 e 3.30).
Fig. 3.30. Un’immagine medievale del carro di Saturno. Tratto dal libro intitolato Leopoldi compilatio de astrorum scientia, 1489 ([1247]). Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], Pag. 181, ill. 92.
È ben noto che in alcune lingue i giorni e le settimane venivano associati nella cosiddetta “settimana planetaria”.” D’altra parte, giorni e settimane venivano frequentemente disegnati come cavalli. Quando un pianeta equino passava attraverso le costellazioni o tra di esse, ci si riferiva alle costellazioni come “sellanti” detti pianeti, quindi si trasformavano in cavalieri di quel cavallo. Ma torniamo al Libro delle Rivelazioni.
11. Giove è nel Sagittario
L'Apocalisse recita: “Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora” (Rev 6:2). Questo evidentemente descrive un luminoso pianeta equino che porta il glorioso cavaliere, o la costellazione con l’arco. C’è solo una costellazione simile nello zodiaco – Sagittario (fig. 3.16). Viene detto che il cavallo è bianco. Il testo Greco lo traduce come “bianco abbagliante” o “splendente” ([542]). La combinazione della caratteristica “conquistatore determinato a conquistare” e il fatto che il cavallo in questione sia il primo a cavalcare molto probabilmente fa riferimento a Giove. Un altro pianeta bianco abbagliante è Venere; comunque, non può essere localizzato qui, poiché il testo dell’Apocalisse (12:1) indica che il sole è nella Vergine, nel qual caso Venere, che non si allontana mai troppo dal sole, non può essere in Sagittario. Abbiamo quindi una prova diretta al fatto che Giove era in Sagittario.
12. Marte è sotto Perseo sia in Gemelli che in Toro
L'Apocalisse recita: “Allora uscì un altro cavallo che era rosso. [il testo greco rende la frase come segue: “Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. (vedi [542] – A. F.)]. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada.” (Rev 6:4). Quello che vediamo qui è la descrizione di un pianeta equino rosso. C’è solo un pianeta simile – Marte. E c’è una sola costellazione con una spada – Perseo. Perciò, Perseo viene descritto nel Libro delle Rivelazioni come cavaliere di Marte. Di conseguenza, Marte viene collocato sia in Gemelli che in Toro, con sopra Perseo (vedi il frammento di una carta stellare medievale in fig. 3.31.) Questa è la carta dall’Almagesto di Tolomeo. N. A. Morozov propone di considerare questa un’indicazione che la costellazione zodiacale di Ariete si trovava sotto a Perseo ([542]). Comunque, è solo in questo caso che la parola “sotto” potrebbe essere intesa in relazione all’eclittica, cioè, la costellazione di Perseo veniva proiettata sopra l’eclittica dal suo polo. Ma in un simile caso Perseo rimarrebbe sospeso sopra Marte in una posizione innaturale – sulla sua schiena. Questo si può vedere nella stessa carta medievale, fig. 3.31.
Fig. 3.31. Le costellazioni di Perseo, Gemelli e Toro su una carta stellare dell’Almagesto di Tolomeo. Ingrandimento di un frammento di una carta. Abbiamo rimosso tutte le altre costellazioni per non rendere troppo affollata l’immagine. Tratto dal Pelusiensis Alexandrini omnia quac extant opera di Claudio Tolomeo. Pubblicato nel 1551 ([1073]). Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo. Vedi anche [543], l’inserto tra pagg. 216-217.
Questa descrizione molto probabilmente si riferisce alle costellazioni zodiacali collocate sotto i piedi di Perseo. Queste possono essere sia Gemelli che Toro. Perseo sembra in piedi sopra di loro. Ma nel caso dell’Ariete sta sulla sua schiena, con i sui piedi diretti verso l’alto. Inoltre, è importante considerare la posizione dell’orizzonte locale dell’osservatore. Infatti, quando l’osservatore scrive che Marte si colloca sotto Perseo – cioè, che Perseo era visibile sopra Marte – questo molto probabilmente significa che la loro posizione viene data in relazione all’orizzonte locale. È naturale che si indaghi questa soluzione astronomica, nella quale l’osservatore potesse vedere Perseo sopra Marte considerando la relazione con l’orizzonte locale – per esempio, qualche località nella regione Mediterranea. Questo era ben chiaro a N. A. Morozov. Riflettendo su una delle soluzioni, cioè, la soluzione del 1486 D.C., non notò alcuna aberrazione relativa a Marte. Ma nella data da lui indicata, 1 ottobre 1486, Marte era localizzato in Gemelli e non in Ariete. Dobbiamo perciò comprendere che Marte deve essere cercato o in Gemelli o nel Toro.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
di Anatoly Fomenko e Gleb Nosovskiy.
www.jaks.sk/dokumenty/fomenko/03-The%20A...ence%20Book%203-.pdf
13. Mercurio in Bilancia
L'Apocalisse recita: “Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: «Una misura di grano per un danaro e tre misure d'orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati!’” (Rev 6:5-6). Evidentemente questo è Mercurio, il più tenue di tutti i pianeti principali. Solo Mercurio, Venere, Marte, Giove, e Saturno erano nell’antichità considerati principali. Mercurio è davvero il pianeta “invisibile”. Inoltre, a causa della sua prossimità al sole, Mercurio è visibile solo raramente a causa dell’intensità della luce del sole. Perciò, venivano fatti frequenti errori nelle stime sulla posizione di Mercurio nel Medio Evo. La traduzione sinodale dice “una misura sulla bilancia nella tua mano”. Secondo la traduzione Greca, il cavaliere tiene una bilancia nella mano ([542]). L’intero verso 6 parla chiaramente di commercio. Vengono dati persino i prezzi del grano e dell’orzo. Mercurio era considerato il patrono del commercio. Perciò, la posizione di Mercurio viene indicata nella costellazione della Bilancia.
14. Saturno è in Scorpione
L'Apocalisse recita: “Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra” (Rev 6:. Il testo Greco fornisce l’interpretazione “mortalmente pallido, verdastro” ([542]). Molto probabilmente, questo si riferisce all’infausto pianeta Saturno. Il cavaliere su di esso, chiamato Morte è, evidentemente, Scorpione. Nel Medio Evo Saturno che entrava nello Scorpione fu considerato un presagio di grandi afflizioni. Il testo Greco interpreta un’altra parte del passaggio come “A loro venne dato il potere,” che corrisponde ancora meglio con questa coppia di simboli di morte ([544], Volume 1, pagg. 46–47, ill. 27). N. A. Morozov non fu il primo ad associare quattro dei famosi cavalli dell’Apocalisse con pianeti. E. Renan fece quest’ipotesi molto prima di Morozov ([725], pag. 353). Renan considerava: cavallo rosso = Marte (questo è corretto), nero = Mercurio (anche questo è corretto), bianco = Luna (questo è sbagliato) pallido = Giove (anche questo è sbagliato). Renan non fornì alcuna prova per le due ultime identificazioni, e, come possiamo vedere, realmente non corrispondono alla descrizione data nell’Apocalisse. Comunque, Renan non tentò nemmeno di datare l’Apocalisse sulla base delle sue indicazioni astronomiche.
15. Il Sole è in Vergine con la Luna sotto i piedi di quest’ultima
L'Apocalisse recita: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Rev 12:1). Questa evidentemente è l’immagine della sfera celeste nel consueto linguaggio figurato medievale. Il Sole viene identificato in Vergine. Segnaliamo che la Vergine è l’unica costellazione femminile dell’eclittica. La luna è localizzata ai piedi della Vergine. Direttamente sopra la testa della Vergine, in direzione dello zenith, vediamo la costellazione Chioma di Berenice o le Dodici Stelle. Su una carta celeste si può vedere il ben noto grappolo globulare, il Diadema, o la Corona. Ci si riferisce come a 5024/M5e nella numerazione contemporanea. L’Apocalisse si riferisce a una corona di dodici stelle. È interessante come la designazione standard per i grappoli globulari sulle carte stellari sia specificamente una corona precisamente di dodici stelle in un cerchio. (Vedi per esempio le carte in [293]). Perciò, il Sole è in Vergine e la luna ai piedi della Vergine.
16. Venere in Leone
L’Apocalisse continua dicendoci “Al vincitore... darò a lui la stella del mattino” (Ap. 2:26, 2:28). La stella del mattino, com’è ben noto, è il nome medievale di Venere. Ma nelle costellazioni zodiacali “Il vincitore” è, naturalmente , la costellazione del Leone Questo segue direttamente dal passaggio “Uno dei vegliardi mi disse: «Non piangere più; ha vinto il Leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli” (Ap. 5:5). Il testo dell’Apocalisse chiaramente indica che “il vincitore” è il Leone.
17. La datazione astronomica dell’Apocalisse dall’oroscopo che contiene
L’Apocalisse evidentemente contiene la descrizione delle stelle nel cielo. Queste ci danno il seguente oroscopo
1. Giove in Sagittario,
2. Marte in Gemelli o Toro (N. A. Morozov includeva anche Ariete),
3. Saturno in Scorpione,
4. Mercurio in Bilancia,
5. Il sole in Vergine,
6. La luna sotto i piedi della Vergine,
7. Venere in Leone. Anche per un grossolano calcolo astronomico sarebbero sufficienti solo tre dei pianeti di base: Giove, Marte, e Saturno. Il sole si muove rapidamente e fa una completa rivoluzione zodiacale in un anno. Perciò esso è utile solo a indicare il mese. Mercurio è normalmente poco visibile. (Vedi sopra.) Perciò la sua posizione era sovente stimata erroneamente nel Medio Evo.
• L'asserzione di N. A. Morozov ([542] e [544], Volume 1, pagg. 48–50) N. A. Morozov dichiarò che i tre pianeti di base, Giove, Marte, e Saturno erano sufficienti per datare l’Apocalisse come minimo al IV secolo D.C., perché l’oroscopo indicato, cioè, la disposizione di pianeti, era vera solo per il 395, 632, 1249, e 1486 D.C. N. A. Morozov pensava che il 395 D.C. fosse la migliore soluzione, ma in questa soluzione Marte so trova sopra l’Ariete, il quale, come abbiamo notato, non corrisponde troppo bene. Morozov era soddisfatto di questa risposta, perché pensava che l’Apocalisse non poteva essere stata scritta prima del IV secolo D.C. Ma il suo risultato venne formulato cautamente in questa maniera: “Se l’Apocalisse è stata scritta durante i primi quattro secoli dell’era Cristiana, questo successe nel 395 D.C.” ([542]). Comunque, oggi, dopo la nuova ricerca sulla cronologia dell’antichità, comprendiamo che Morozov non aveva in realtà motivo di limitarsi ai primi quattro secoli della nuova era. Una volta che ci si libera da queste limitazioni, vediamo due ulteriori soluzioni: una soluzione per il 1249 e quella del 1 Ottobre, 1486. La soluzione del 1249 è peggiore poiché Mercurio, che in questo caso è in Vergine, era più vicino al Leone quell’anno.
• Asserzione principale (A. T. Fomenko e G. V. Nosovskiy)
La soluzione del 1 Ottobre 1486 soddisfa idealmente tutte le condizioni, come indicato nell’Apocalisse:
Giove è in Sagittario,
Saturno è in Scorpione,
Marte è in Gemelli, vicino al confine con Ariete, e direttamente ai piedi di Perseo,
Mercurio è in Bilancia,
Il sole è in Vergine,
La luna è sotto i piedi della Vergine, e
Venere è in Leone.
La disposizione dei pianeti il 1 Ottobre 1486 (mostrato in figura 3.32) fornisce una chiara prova che tutti i pianeti si trovano esattamente nelle costellazioni indicate dall’Apocalisse. Abbiamo verificato questo risultato astronomico con l’aiuto del software Turbo-Sky, che è moderno, semplice e utile per simili calcoli approssimati. Il risultato viene mostrato nelle figure da 3.33 a 3.39. Il programma ha indicato l’anno 1486 come soluzione astronomica. Vedi anche fig. 3.40.
Fig. 3.32. Disposizione dei pianeti per il 1 Ottobre 1486. È chiaramente visibile come tutti i pianeti siano situati nelle precise costellazioni indicate dall’Apocalisse.
Fig. 3.33. Il 1 Ottobre 1486 Giove era realmente in Sagittario.
Fig. 3.34. Il 1 Ottobre 1486 Saturno era realmente in Scorpione. Fig. 3.35. Il 1 Ottobre 1486 Marte era realmente in Gemelli, vicino al confine del Toro, proprio sotto Perseo.
Fig. 3.36. La collocazione di Marte in Gemelli, vicino al Toro, proprio sotto i piedi di Perseo, Il 1 Ottobre 1486.
Fig. 3.37. Il 1 Ottobre 1486 Mercurio era realmente in Bilancia.
Fig. 3.38. Il 1 Ottobre 1486 il sole era realmente in Vergine.
Fig. 3.39. Il 1 Ottobre 1486 Venere era realmente in Leone.
Fig. 3.40. La disposizione dei pianeti per il 1 Ottobre 1486. Calcoli realizzati con software Turbo- Sky.
Le condizioni di visibilità dei pianeti nella notte del 1–2 Ottobre 1486 è stata verificata per il Mediterraneo utilizzando un punto di osservazione nelle vicinanze del Bosforo come esempio. Emerge che il 1 Ottobre 1486 il sole tramontava alle 17:30 tempo locale, cioè, alle 15:30 GMT.
La mezzaluna crescente era visibile dopo il tramonto fino alle 19:00 tempo locale, dopodiché la luna tramontava sull’orizzonte locale.
Saturno era visibile fino alle 20:00 tempo locale.
Giove era visibile funi alle 21:45 tempo locale.
Marte non era stato visibile immediatamente, poiché si trovava sotto l’orizzonte. È sorto alle 21:05 tempo locale ed è stato visibile per tutta la notte.
In questo momento Mercurio era situato alla sua massima distanza dal sole per l’osservatore terrestre, quasi alla massima elongazione, e aveva una brillantezza di M = +0.7. Di conseguenza, era collocato quasi nelle migliori condizioni di visibilità.
Mercurio era realmente visibile fino alle 20:15 tempo locale, dopodiché andava sotto l’orizzonte locale.
Venere sorgeva alle 3:00 tempo locale quella notte, e rimaneva perfettamente visibile fino al alba.
Tutti questi calcoli dipendevano dalle elaborazioni con l’aiuto del software Turbo-Sky software, utile per calcoli approssimati.
Enfatizziamo come la soluzione del 1 Ottobre 1486 è ideale da tutti i punti di vista. La disposizione dei pianeti per il 1 Ottobre 1486 D.C. è riflessa nell’Apocalisse con sorprendente accuratezza. È evidente, come si può vedere in fig. 3.35, che l’osservatore medievale aveva ragione per quanto riguarda Perseo che guida Marte: “A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada” (Rev 6:4). A questo punto Marte era realmente collocato proprio sotto i piedi di Perseo. Questo si può vedere chiaramente in fig. 3.36, che mostra un frammento dei una carta medievale dall’Almagesto di Tolomeo con la posizione di Marte per il 1 Ottobre 1486. Marte era in Gemelli, proprio sotto i piedi di Perseo. E confrontato con la linea dell’orizzonte locale nei dintorni del Bosforo, alle 23:00 tempo locale, Marte era esattamente sotto Perseo. Infine, la luminosa Via Lattea passa precisamente attraverso le costellazioni di Perseo e Gemelli nel cielo notturno. Che è quello in cui era collocato Marte al tempo, e la Via Lattea apparentemente legava insieme le costellazioni di Gemelli e di Perseo, come anche il pianeta Marte (fig. 3.36). L’osservatore medievale segnalò questo evento notevole. Ma perché l’osservatore cita Marte in combinazione con la costellazione di Perseo piuttosto che con Gemelli? Infatti, Perseo non è una costellazione zodiacale, a differenza dei Gemelli. La ragione per cui l’osservatore lo fece è dovuta evidentemente al fatto che l’autore dell’Apocalisse descriveva l’imminente Giorno della Fine del Mondo, ovviamente, un evento estremamente drammatico. Perciò, selezionò i simboli che erano più pertinenti allo spirito di una grande catastrofe. Il primo pianeta principale (Giove) finiva in Sagittario, o la “costellazione marziale,” disegnata con arco e frecce. Il secondo pianeta primario (Saturno) finiva in Scorpione, che si credeva essere una costellazione terrificante, mortalmente pericolosa. Il terzo pianeta primario (Marte) finiva in Gemelli, che è una “costellazione di pace.” Ma proprio sopra di questa in quel momento stava Perseo, la costellazione marziale con la spada, impugnata e utilizzata per tagliare la testa alla Medusa con i suoi serpenti per capelli e sguardo che rendeva pietra ogni essere vivente (fig. 3.36). Inoltre, lo stesso Marte, come è noto, era considerato il Dio della Guerra. È perciò molto chiaro che l’autore dell’Apocalisse selezionasse Perseo con la Spada per la sua perfetta corrispondenza con lo scenario escatologico. Si comincia a capire perché ci si riferisca a Marte nel testo Greco dell’Apocalisse (tradotto da N. A. Morozov) come “andato oltre, dall’altra parte”, qv sopra e in [542]. Fig. 3.32 mostra chiaramente che il 1 Ottobre 1486 Marte era davvero in opposizione visibile agli altri pianeti, tutti raggruppati nello Scorpione. Un osservatore terrestre avrebbe visto Giove, Saturno, la luna, Mercurio e il sole vicino a una parte della volta celeste, e Marte dalla parte opposta, qv in fig. 3.32. Perché Morozov rigetta le soluzioni del 1249 e del 1486 D.C.? La risposta di Morozov è semplice e sincera. Spiegò francamente: “Difficilmente qualcuno avrebbe il coraggio di dire a questo proposito che l’Apocalisse avrebbe potuto essere stata scritta il 14 Settembre 1249” ([544], Volume 1, pag. 53]. Egli non ha nemmeno considerato il 1486 come una possibile soluzione. Comunque, oggi, più di settant’anni dopo N. A. Morozov, e riferendosi ai nuovi risultati ottenuti con i nostri libri sulla Nuova Cronologia, tra le altre cose, si può anche con fiducia affermare che l’Apocalisse sia stata scritta precisamente nel 1486, cioè, durante l’epoca della conquista Ottomano=Ataman. Vedi Chron6 per ulteriori dettagli. Perché per la nostra ricostruzione il 1486 è la data più congrua per la scrittura del Libro delle Rivelazioni? Come è comunemente noto, il Libro delle Rivelazioni riguarda principalmente le faccende relative alla Fine del Mondo. “L’Apocalisse e le sue visioni (a parte i primi tre capitoli)... è un’immagine dell’ora finale del Mondo... o l’Eschaton, e deve servire come manuale per le Rivelazioni” ([845], Libro 3, Volume 11, pag. 511). Ma l’anno che l’intero mondo Cristiano medievale aspettava nel terrore come il giorno della Fine del Mondo, è una anno ben conosciuto nella storia. É il 1492 D.C., cioè l’anno 7000 da Adamo dell'era Bizantina. Secondo la tradizione dell’epoca, il giorno della Fine del Mondo si supponeva dovesse esser esattamente quell’anno. L’Apocalisse è perciò preoccupata per arrivo del Giorno del Giudizio, che si aspettava per il 1492 D.C. Le prime righe dell’Apocalisse dicono esplicitamente: “Perché il tempo è vicino” (Rev 1:3). Che significava la prossimità dell’anno 1492 D.C., o anno 7000 da Adamo. È da notare che fu nel 1492 che Colombo prese il mare, nell’epoca delle aspettative della Fine del Mondo. Perciò, la nostra datazione astronomica indipendente dell’Apocalisse, ossia l’anno 1486 D.C. – cioè, 6994 anni da Adamo – corrisponde idealmente col contenuto del libro. L’ Apocalisse fu scritta solo sei anni prima dell’attesa Fine del Mondo del XV secolo. Datare l’Apocalisse alla fine del XV secolo corrisponde anche idealmente con i nostri formali risultati matematici come trattati in Chron1, Capitolo 5:9.3. Ossia, questo implica che l’Apocalisse non dev’essere considerata l’ultimo libro cronologicamente del canone Biblico, ma, piuttosto, uno dei primi libri dell’Antico Testamento. In altre parole, l’Apocalisse cronologicamente appare simultaneamente con il Pentateuco di Mosé, ossia proprio l’inizio della Bibbia, e non dei Vangeli. In altre parole, la posizione dell’Apocalisse nel canone Biblico è cronologicamente sbagliata. È stata scritta molto dopo i Vangeli. I Vangeli descrivono eventi del XI secolo, secondo la nostra ricostruzione. Vedi dettagli più avanti.
Si prega Accesso a partecipare alla conversazione.
Nomit ha scritto:
Anno -58: Cesare inizia la conquista della Gallia e poi muore nel -44 trafitto da 23 pugnalate.
+1550: Cristoforo Colombo comincia la conquista dell’America (1492).
Anno -44: Cesare muore trafitto da 23 pugnalate
+1550: muore Cristoforo Colombo (1506).
+1551: muore Cesare Borgia, trafitto da 23 colpi di picca (1507)
Anno -32: Ottaviano Augusto dà il via alla guerra con Marco Antonio pubblicando illegalmente il suo testamento.
Prima di questi eventi, Roma cadde sotto il giogo della fazione chiamata "ottimati".
+1550: prima di questi eventi, Costantinopoli venne conquistata dagli "ottomani".
Ecco perché i bizantini fuggirono in Italia: perché a Costantinopoli Silla era salito al potere:
Anno -97: Silla diventa pretore.
+1550: i profughi bizantini fuggono da Costantinopoli (1453).
" "Pretori", secondo Cicerone, erano detti i consoli in età arcaica. Tale titolo li avrebbe designati come capi dell'esercito; egli riteneva che il termine contenesse le stesse componenti elementari del verbo prae-ire (andare avanti a tutti, precedere, guidare). In effetti il periodo e l'incarico di comando dei consoli poteva essere detto pretorio e già in un frammento di una legge delle XII tavole riportato da Aulo Gellio si fa menzione del pretore come del massimo magistrato cittadino. Così anche Tito Livio, che testimonia di un'antica legge in cui si parlava di un alto magistrato detto praetor maximus. "
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Il 1492 è anche il settimo anno contando al 1486. Si dice che fosse l'anno 7000-7001. Ma chi avrebbe contato per 7000 anni? Forse c'è stata un'incomprensione e in realtà l'anno 7-mila era l'anno mille e settimo.
Poi bisogna vederevcosa significava "mille".
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di Anatoly Fomenko e Gleb Nosovskiy.
www.jaks.sk/dokumenty/fomenko/03-The%20A...ence%20Book%203-.pdf
18. La nostra ricostruzione del contenuto iniziale dell’Apocalisse
L'Apocalisse predice il Giorno del Giudizio mascherando la predizione con un simbolismo astronomico. Comunque, è possibile che questo simbolismo sia stato oscurato nelle edizioni successive del XVI-XVII secolo. Un oroscopo astronomico viene criptato nell’Apocalisse, e fornisce la possibilità di datarla. La data dell’oroscopo è 1 Ottobre 1486, che corrisponde idealmente all’attesa data medievale per il Giorno del Giudizio nel 1492. L’Apocalisse fu molto probabilmente scritta alla fine del XV secolo D.C., diversi anni prima quello che l’intero mondo Cristiano riteneva essere il Giorno del Giudizio nell’anno 7.000 da Adamo, o il 1492 D.C. La mortale paura di questo evento viene vividamente riflessa nell’Apocalisse. L’opinione consensuale che l’apocalisse sia stata scritta dall’ Apostolo Giovanni, l’autore del quarto Vangelo, è evidentemente sbagliata, perché i Vangeli furono molto probabilmente scritti nel XII-XIII secolo, cioè, molto prima del XV secolo. Al contrario, l’asserzione di molti antichi autori ecclesiastici che l’Apostolo Giovanni, e Giovanni, l’autore dell’Apocalisse, siano differenti persone, viene confermata dalla nostra indipendente datazione astronomica del Libro delle Rivelazioni. Perciò, i Vangeli e l’Apocalisse furono scritti in diverse e distanti epoche. Abbiamo già segnalato che l’epoca dell’Apocalisse evidentemente coincide con l’epoca del Pentateuco. Come dimostrato in Chron6, questa è l’epoca della conquista Ottomano = Ataman del XV secolo D.C., cioè, l’ “Esodo Biblico” sotto la guida di Mosè e Aronne – il Leone. L’Apocalisse correttamente lo soprannomina “colui che vince”. La costellazione del Leone, “adornata con la stella del mattino,” o Venere. L’identificazione di “colui che vince” menzionata nell’Apocalisse Leone – Aronne o Mosè – viene anche supportata dal seguente verso: “Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve” (Ap.2:17). Ricordiamo che la manna viene descritta nel libro Biblico dell’Esodo, il quale, come dimostreremo in Chron6, parla della conquista Ottomano = Ataman del XV secolo. E possiamo facilmente riconoscere la pietra bianca col “nuovo nome” scritto sopra con le tavole di pietra di Mosè, dove la nuova legge, o Deuteronomio, fu scritta. Dopo aver datato astronomicamente l’Apocalisse ala fine del XV secolo, è interessante valutare le illustrazioni medievali a questo testo Biblico da un punto di vista completamente nuovo. Un’immagine medievale del XVI secolo dell’Apocalisse è visibile in fig. 3.41 ([745], Volume 8, pag. 442). Vediamo un cavaliere che spara con un moschetto (figura 3.42). La sicura del moschetto è chiaramente visibile. Il cavaliere spinge il grilletto, e dalla canna butta fuori fuoco. Il corno con la polvere da sparo si può vedere appeso alla canna. La parola “Morte” è scritta sul cavaliere. Vediamo come gli artisti medievali riflettevano nelle loro illustrazioni la realtà dell’epoca in cui l’Apocalisse fu scritta. È ben noto che le armi da fuoco, i moschetti, e pistole erano già ampiamente utilizzati sui campi di battaglia del XV secolo. Per esempio, nell’assedio di Costantinopoli del 1453, gli Ottomani utilizzarono l’artiglieria pesante ([240]).
Fig. 3.41. Un'illustrazione medievale dell’Apocalisse Biblica. XVI secolo. The Lenin State Library, folio 98, no. 1844, foglio 24. Si può vedere un cavaliere che spara con un moschetto e il fuoco che esce dalla canna. Tratto da [745], Volume 8, pag. 442.
Fig. 3.42. Frammento di un illustrazione dall’Apocalisse Biblica. La morte cavalca un cavallo e spara col moschetto. Tratto da [745], Volume 8, pag. 442.
Un’altra illustrazione del XVI secolo da l’Apocalisse ([745], Volume 8, pag. 451 e fig. 3.43) mostra la distruzione fatta da un angelo “che soffia in un tubo” da cui esce un getto di fiamme. Molto probabilmente questo rappresenta un fucile medievale, che spara con palle di cannone o mitraglia. L’artista medievale ha disegnato le fiamme di una grande esplosione dove è atterrata la palla di cannone. Evidentemente, nel Medio Evo, ci si riferiva ai fucili come canne che gettavano fumo e fiamme. Questa tradizione di dipingere fucili nelle illustrazioni dell’Apocalisse è sopravvissuta fino a tempi recenti come il XVIII secolo. La figure 3.44 fornisce l’illustrazione dall’Apocalisse Commentata del 1799 ([745], Volume 9, pag. 485). Grossomodo, il soggetto è lo stesso che nell’illustrazione del XVI secolo – un angelo che “soffia in una canna” che getta fuoco. Vediamo ancora fiamme che si alzano dall’esplosione di un missile a distanza. Un fucile è ben visibile nell’illustrazione medievale dell’Apocalisse di fig. 3.45 (vedi [745], Volume 9, pag. 486). Sopra si può vedere la “canna,” nella quale soffia l’angelo. Le fiamme escono dalla canna, e vediamo una lontana esplosione del proiettile che colpisce il suolo.
Fig. 3.43. Un’illustrazione medievale dell’Apocalisse Biblica. XVI secolo. The Lenin State Library, folio 98, no. 1844, foglio 33. L’angelo sta “soffiando dentro una tromba” che butta fuori una brillante fiammata. Probabilmente la rappresentazione medievale di un cannone in azione. Tratto da [745], Volume 8, pag. 451.
Fig. 3.44. Un’illustrazione medievale dall’Apocalisse Biblica Commentata, 1799. The State Library of Russia, folio 247, no. 802, foglio 61, reverse. Vediamo un soggetto conosciuto: Un cannone a forma di corno che spara un colpo. Si può anche vedere l’esplosione della palla di cannone. Tratto da [745], Volume 9, pag. 485.
Fig. 3.45. Un’illustrazione medievale dall’Apocalisse Biblica Commentata, 1799. The State Library of Russia, folio 247, no. 802, foglio 61, retro. Lo stesso soggetto. Cannone, la “granata” cade ed esplode. Tratto da [745], Volume 9, pag. 486.
Dal XV secolo in avanti, i fucili portarono il terrore in Europa. L’apparizione di simili immagini terrificanti nell’Apocalisse recentemente scritta erano perciò assolutamente naturali. Tutto questo, indirettamente, conferma la nostra datazione astronomica dell’Apocalisse per la fine del XV secolo.
<strong>PARTE SECONDA</strong>
l’astronomia nell’Antico Testamento
di Anatoly Fomenko
1. L’astronomia medievale nell’Antico Testamento Libro di Ezechiele
1.1. Il titolo del libro
Charles Brigg, Professore di Teologia, scriveva che “la maggior parte di libri dell’Antico Testamento erano stati compilati da autori i cui nomi e il cui preciso collegamento si perdeva nella profonda antichità” ([543], pagg. 119-120). Guardiamo il nome vero del libro di Ezechiele. Come ha segnalato N. A. Morozov, l’ebraico IEZK-AL si traduce come “Il Signore Vincerà” ([543], pagina 226). La storia Scaligeriana crede che Ezechiele sia vissuto tra il 595 e il 574 A.C. Comunque, la parola “Ezechiele” viene semplicemente utilizzata per riferirsi anche a una persona(Ezechiele 24:24), in un contesto assai vago che diviene chiaro solo una volta tradotto “Ezechiele” con “Il Signore Vincerà.” Dio si riferisce all’autore della profezia dozzine di volte, sempre dicendo “Tu” e senza chiamarlo mai per nome. Si può arrivare alla logica conclusione che “Ezechiele” sia semplicemente il nome del libro, il che corrisponde al contenuto perfettamente – predicendo la vittoria di qualche divinità attualmente ripudiata. Questa spiegazione razionale del contenuto del libro non è in alcun modo collegata all’analisi del suo contenuto astronomico, come possiamo ben capire; comunque, è utile per segnalare quanto sia utile pensare alla possibilità che antiche parole e nomi possano essere tradotti, poiché questo chiarisce molte cose. L’analisi di N. A. Morozov realizzata in [543] mostra che l’intera profezia è basata su due argomenti principali:
1) Visibili debiti con l’Apocalisse del Nuovo Testamento.
I commentatori moderni lo interpretano al contrario, poiché i libri della Vecchia Alleanza si considerano scritti parecchio tempo prima della Nuova Alleanza. Comunque, questo è molto probabilmente sbagliato, e i Vangeli o precedono l’Ettateuco, o sono stati creati nello stesso periodo (vedi Chron6).
2) Le “visioni” astronomiche dell’autore della profezia
N. A. Morozov era dell’opinione che il libro di Ezechiele contenesse un oroscopo planetario. Cercò anche di datarlo astronomicamente, ottenendo la data del 453 D.C. come prima soluzione che trovò muovendosi in avanti nel tempo dalla profonda antichità verso la contemporaneità. Avrebbero potuto esserci altre soluzioni che datavano a epoche ancora più tarde che Morozov non riuscì a scoprire per la sua convinzione che la Bibbia non poteva essere stata scritta più tardi del V-VI secolo D.C.. Questo fu un grave errore. La Bibbia era stata molto probabilmente scritta nel XI-XVII secolo D.C. Vedi Chron6 per ulteriori dettagli. La nostra opinione è la seguente: A differenza dell’Apocalisse, l’oroscopo di Ezechiele è descritto in modo molto vago, e questa descrizione ambigua e Delfica è difficilmente applicabile a datazioni astronomiche. Ci asterremo dal perdere tempo con lei; se i lettori fossero particolarmente interessati, l’opera di Morozov [543] dà un resoconto esaustivo del problema. N. A. Morozov è assolutamente nel giusto quando dice che il libro testamentario di Ezechiele è davvero pieno di indicazioni astronomiche di tutti i tipi che ci consentono di considerare questo libro medievale – forse tardo medievale, un testo astrologico, ed esserne assolutamente sicuri. Questo fatto particolare è per noi sufficientemente importante per illustrarlo con i seguenti esempi ([543]).
1.2. La descrizione della Via Lattea e la costellazione di Ofiuco
La Bibbia recita: “I cieli si aprirono, e io ebbi delle visioni divine.” (Ezechiele, 1:1). Ci viene data la stessa indicazione diretta del libro della Rivelazione – cioè, che dovremmo osservare il cielo. N. A. Morozov periodicamente interrogava la traduzione sinodale della Bibbia utilizzando il testo Ebraico senza vocalizzazioni. Evidentemente, gli autori della “traduzione” sinodale spesso non capivano l’antico testo. Queste precisazioni da parte di Morozov spesso facilitano notevolmente la traduzione e chiariscono il reale significato, così andando avanti, noi faremo riferimento ai suoi commenti ([543]). La Bibbia recita: “Io guardai, ed ecco venire dal settentrione un vento tempestoso, una grossa nuvola con un fuoco folgorante e uno splendore intorno a essa; nel centro vi era come un bagliore di metallo in mezzo al fuoco.” qv [543] – A. F.]” (Ezechiele 1:4). L’irradiamento va verso il sud dal nord. Poiché gli eventi avvengono in un cielo illuminato dalle stelle, come abbiamo detto precedentemente, questa metafora probabilmente sta per la Via Lattea, che potrebbe davvero essere percepita come un fiume luminoso di luce che scorre dal nord al sud. L’osservatore Biblico guarda verso la luminosità e vede che “Nel centro appariva la forma di quattro esseri viventi; e questo era l'aspetto loro. [il testo ebraico utilizza il termine “esseri viventi,” laddove la traduzione sinodale parla di “bestie” qv [543] – A. F.]… avevano aspetto umano” (Ezechiele 1:5). N. A. Morozov fa una correzione riguardo al testo Ebraico e suggerisce che la Bibbia in realtà dica “là si poteva vedere l’immagine di un uomo.” Cosa potrebbe significare questo? Praticamente ogni carta astrologica del Medio Evo – vedi fig. 4.1, per esempio, ha una costellazione al sud, proprio in mezzo alla Via Lattea, che ha la forma di un uomo – l’Ofiuco (vedi fig. 4.2).
Fig. 4.1. Una carta stellare medievale dal libro di S. De Lubienietski intitolato Historia universalis omnium Cometarum, Lugduni Batavorum, 1681 ([1257]). Archivio del Libro dell'Osservatorio di Pulkovo (San Pietroburgo). Vedi anche [543], pagg. 26-27.
Fig. 4.2. La costellazione di Ofiuco sullo sfondo della Via Lattea. Un libro medievale intitolato Astrognosia, XV secolo. Archivio del Libro dell'Osservatorio di Pulkovo (San Pietroburgo). Vedi anche [544], Volume 1, pag. 218, ill. 57.
1.3. La descrizione Biblica dei settori astronomici, o “ali”, sulla sfera celeste
Come abbiamo già detto, la sfera celeste medievale era divisa in dodici paia di ore stellari che venivano disegnate come meridiani convergenti ai poli della sfera divisa in ventiquattro settori o ali,” qv in fig. 3.12. Ofiuco tiene il Serpente, ed entrambi occupano due paia di ali – due a sinistra, e due a destra. Nel nostro caso, quattro “esseri viventi” vengono citati nella costellazione di Ofiuco – probabilmente pianeti. La Bibbia, per esempio, ci dice che “ognuno aveva quattro ali” (Ezechiele 1:6). Vedi il libro medievale di Borman datato al 1596, per esempio ([1045]), che dà la posizione di Ofiuco come anche delle sue ali. La traduzione sinodale ci dice che le “creature viventi” hanno anche quattro facce ciascuna. N. A. Morozov segnala la mancanza delle parole “una oscurata” e da la sua propria traduzione: “Era quello con quattro facce, ed era lui nel suo mistero che aveva quattro ali” (Ezechiele 1:6). La traduzione sinodale ci dice che “Ognuno di essi aveva quattro facce e quattro ali. Le loro ali si univano l'una all'altra; camminando, non si voltavano; ognuno camminava diritto davanti a sé.” (Ezechiele 1:9). È ovvio il riferimento ai settori, o le ali sulla sfera celeste: È naturale che esse fossero unite tra loro. La traduzione di N. A. Morozov continua dicendo “il corteo di queste creature era immutabile, e la concavità del loro andare era uguale alla concavità di una circonferenza, e tutte e quattro le facce risplendevano come ottone lucidato.”
1.4. Le costellazioni del Leone, Toro e Aquila
Guardiamo ora una carta medievale – [1256] o [1257] di S. Lubienietski, per esempio (vedi fig. 4.1), e studiamo le costellazioni del sud del cielo, vicino al Sagittario. A destra vediamo Ofiuco e il Serpente, col Leone alla sua destra e il Toro alla sua sinistra. In cima, vicino al culmine della traiettoria della rotazione della sfera, possiamo vedere Aquila al centro, sopra tutte le costellazioni. Le mani umane del Sagittario e di Ercole si possono vedere sollevate da dietro l’equinoziale, come descritto nella profezia: “Avevano mani d'uomo sotto le ali” (Ezechiele 1:. Questa immagine astronomica viene descritta esplicitamente della profezia di Ezechiele. La Bibbia recita (nella traduzione di N. A. Morozov): “Il contorno del Leone era alla destra di tutti e quattro, col contorno del Toro alla destra di tutti e quattro e l’Aquila sopra i quattro” (Ezechiele 1:10). Poiché la traduzione di Morozov differisce a volte da quella sinodale, mostreremo la differenza con l’esempio seguente. Il testo sinodale di questa frase è il seguente: “i quattro avevano... una faccia di leone a destra, tutti e quattro una faccia di bue a sinistra, e tutti e quattro una faccia d'aquila.” (Ezechiele 1:10). La somiglianza è evidente; comunque, la traduzione di N. A. Morozov ha molto più senso. Secondo la Bibbia, “L'aspetto di quegli esseri viventi era come di carboni incandescenti, come di fiaccole” (Ezechiele 1:13). Quello che vediamo è un paragone astronomico tra i pianeti e fiaccole e carboni. “Le creature viventi correvano in tutte le direzioni, simili al fulmine [a zigzag – A. F.].” Questo dovrebbe riferirsi al movimento in avanti e retrogrado dei pianeti nella sfera celeste (vedi figg. 3.19, 3.20 e 3.21).
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l'abitudine dei cronisti di aggiungere sempre un mille per dar forza al discorso....
millanterie...
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di Anatoly Fomenko e Gleb Nosovskiy.
www.jaks.sk/dokumenty/fomenko/03-The%20A...ence%20Book%203-.pdf
1.5. La descrizione Biblica delle “ruote” medievali, o orbite planetarie
Rivolgiamoci ora alle carte medievali. Spesso disegnano le orbite dei pianeti come ruote concentriche, con la Terra al centro. Riflettono la concezione iniziale degli astronomi medievali che guardavano alla Terra come al centro dell’universo. Questo immaginario è chiaramente pre-Copernicano. Si dovrebbe, comunque, tenere presente che le orbite planetarie potevano essere talvolta rappresentate così fino al XVII-XVIII secolo. Orbite concentriche si possono osservare nel libro medievale di J. Steeb ([1412], vedi fig. 4.3). Le ruote hanno i nomi e i simboli dei pianeti.
Fig. 4.3. Un disegno medievale con dieci sfere celesti come ruote concentriche. Tratto dal libro Latino di J. Ch. Steeb intitolato Coelum Sephiroticum Hebraeorum (I Cieli Sefirotici degli Ebrei), Maguntiae, 1679 ([1412]). Archivio del Libro dell’Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], pag. 15, ill. 5.
La prima ruota, che è anche la più grande, è l’empireo. La seconda ruota è la sfera delle stelle immobili. La terza ruota è l’oceano celeste. Le ruote che seguono sono quelle di Saturno, Giove, Marte, il sole, Venere, Mercurio, e la luna. Le orbite planetarie sono anche disegnate come ruote concentriche nel libro di Orontius Finaeus Delphinatis presumibilmente datato al 1553 ([1320], fig. 4.4). Le ruote orbitali possono ruotare indipendentemente le une dalle altre. Le ruote concentriche, o diverse orbite concentriche planetarie, sono visibili nel libro di Sacro Bosco (o Sacrobusto) presumibilmente datato al 1516 ([1384], fig. 4.5). È bene enfatizzare come i cerchioni delle ruote siano coperti di stelle, o occhi, il che è ovvio, poiché le orbite sono oggetti celestiali ed esistono in mezzo a miriadi di stelle.
Fig. 4.4. Secondo la concezione cosmologica medievale, le orbite planetarie avevano la forma di ruote concentriche. Tratto dal libro intitolato Canonum Astronomicum, 1553 ([1319]). Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], pag. 54, ill. 22.
Fig. 4.5. Orbite planetarie come ruote concentriche. Tratto dal libro medievale di J. de Sacro Bosco (o Sacrobusto) intitolato Sphera Materialis, 1516 ([1384]). Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], pag. 118, ill. 65. Orbite come ruote vengono disegnate in un altro libro di Sacro Bosco (o Sacrobusto) presumibilmente datato al XVI secolo ([1385]). I cerchioni delle ruote orbitali concentriche portano le immagini delle costellazioni Zodiacali riempite di stelle, q.v. fig. 4.6.
Fig. 4.6. Orbite medievali a forma di ruota. Il globo terrestre è al centro, e le orbite planetarie lo circondano. Tratto dal libro di Sacro Bosco (o Sacrobusto) intitolato Opusculu de Sphaera... clarissimi philosophi Ioannis de Sacro busto, Viennae Pannoniae, 1518 ([1385]). Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], pag. 131, ill. 72.
Orbite a forma di ruota con i cerchioni coperti di stelle si possono vedere anche nel libro di Corbinianus presumibilmente datato al 1731 ([1077] e fig. 4.7). Le ruote orbitali girano sulla cintura zodiacale. In generale, è necessario sottolineare che la scienza medievale aveva sviluppato un sistema di articolazione estremamente complesso per le ruote orbitali nel tentativo di spiegare i movimenti planetari. Questa scienza era stata gettata nel dimenticatoio da Copernico, che sistemò il sole al centro del sistema al posto della Terra. Comunque, questo sofisticato sistema geocentrico aveva prosperato prima di Copernico.
Fig. 4.7. Cosmologia medievale Egiziana. Le orbite a forma di ruota ruotano attraverso lo Zodiaco. Tratto da Firmamentum Firmianum di Corbinianus datato al 1731 ([1077]). Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], pag. 254, ill. 136.
Ritorniamo alla profezia Biblica di Ezechiele. La Bibbia recita: “Io guardavo quegli esseri [pianeti?– A. F.], ed ecco sul terreno una ruota al loro fianco, di tutti e quattro. Le ruote avevano l'aspetto e la struttura come di topazio e tutt'e quattro la medesima forma [o identica costruzione – A. F.], il loro aspetto e la loro struttura era come di ruota in mezzo a un'altra ruota... Così gli anelli, erano così in alto [sul suolo – A. F.]; e i cerchi di tutt'e quattro erano pieni di occhi tutt'intorno [pieni di stelle! – A. F.]. Quando quegli esseri viventi si muovevano, anche le ruote si muovevano accanto a loro e, quando gli esseri si alzavano da terra, anche le ruote si alzavano. [la rotazione della ruota orbitale planetaria – A. F.]. Dovunque lo spirito le avesse spinte, le ruote andavano e ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell'essere vivente era nelle ruote. Quando essi si muovevano, esse si muovevano; quando essi si fermavano, esse si fermavano e, quando essi si alzavano da terra, anche le ruote ugualmente si alzavano, perché lo spirito dell'essere vivente era nelle ruote. (Ezechiele, 1:15-16, 1:18-21) L’osservatore Biblico descrive in modo esplicito i pianeti e il loro movimento quotidiano sulle ruote orbitali. La descrizione è così chiara che identificare gli “esseri viventi” con i pianeti appare assolutamente naturale. A proposito di questo, molti pittori tardo medievali che hanno illustrato la Bibbia senza capire il corretto significato astronomico di “occhi intorno a loro quattro” avrebbero interpretato questo letteralmente e disegnato una moltitudine di occhi a coprire l’intero corpo dell’animale. Il risultato è di dubbio valore estetico e può essere considerato come un’altra illustrazione delle distorsioni che si hanno quando commentatori più tardi non interpreteranno correttamente il testo antico.
1.6. Paralleli col simbolismo astronomico dell’Apocalisse
Quello che incontriamo più tardi nella profezia di Ezechiele appaiono citazioni dirette dall’Apocalisse, un libro della Nuova Alleanza: cieli stellati, apparenza di cristallo, ecc. Secondo la Bibbia, “al di sopra delle teste degli esseri viventi vi era una specie di firmamento, simile ad un cristallo splendente, disteso sopra le loro teste, e sotto il firmamento vi erano le loro ali distese, l'una di contro all'altra; ciascuno ne aveva due che gli coprivano il corpo. Quando essi si muovevano, io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque, come il tuono dell'Onnipotente, come il fragore della tempesta, come il tumulto d'un accampamento. Quando poi si fermavano, ripiegavano le ali. Ci fu un rumore al di sopra del firmamento che era sulle loro teste.” (Ezechiele 1:22-24). E ancora “Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve come una pietra di zaffiro in forma di trono [la costellazione del Trono, q.v. sopra – A. F], e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane”. (Ezechiele 1:26). Questa è praticamente identica alla Rivelazione di San Giovanni, dove incontriamo il seguente passaggio: “Subito fui rapito in estasi. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile a smeraldo [la Via Lattea – A. F.] avvolgeva il trono” (Rivelazione 4:2- 3). Vedi il paragrafo precedente.
1.7. Cherubini Biblici, carri, e ruote orbitali planetarie medievali
Ricordiamo al lettore che i pianeti venivano spesso rappresentati come carri nel Medio Evo. Nel paragrafo precedente che tratta dell’Apocalisse se ne parla. I carri venivano trainati da cavalli e, occasionalmente, da animali di fantasia. Un pianeta avrebbe guidato un carro, e le gigantesche ruote orbitali avrebbero portato le insegne planetarie, o costellazioni zodiacali dove le ruote stavano girando. Segnaliamo che i pianeti si muovono sopra lo zodiaco, e il simbolismo utilizzato qua era molto tipico del Medio Evo. È sorprendente che il libro di Ezechiele descriva simboli praticamente identici. Solo questo fatto dovrebbe essere sufficiente per chiederci se questo antico libro dell’Alleanza non sia stato scritto nel Medio Evo, intorno al XIII-XVI secolo D.C. La Bibbia ci dice quanto segue: “Io guardavo ed ecco sul firmamento [nel cielo ancora – A. F.] che stava sopra il capo dei cherubini vidi come una pietra di zaffiro e al di sopra appariva qualcosa che aveva la forma di un trono. [la costellazione del Trono – A. F.]” (Ezechiele 10:1). La parola “cherubino” (KHRBIM o RKHBIM) può essere utilizzata anche per riferirsi a un carro ([543], pag. 72). Il 10° capitolo della profezia di Ezechiele che noi citiamo ci parla di diverse altre osservazioni celesti dell’autore Biblico che sono diverse da quelle citate nel primo capitolo (vedi sopra). Si riferisce a carri planetari, o Cherubini che si muovono attraverso il firmamento, o la volta celeste, da qualche parte vicino alla costellazione del Trono. La Bibbia recita: “Guardai ancora ed ecco che al fianco dei cherubini vi erano quattro ruote, una ruota al fianco di ciascun cherubino [carro – A. F.]: Quelle ruote avevano l'aspetto del topazio [il riferimento è, probabilmente, a ogni pianeta con una sua orbita propria – A. F.]. Sembrava che tutte e quattro fossero di una medesima forma, come se una ruota fosse in mezzo all'altra... Muovendosi, potevano andare nelle quattro direzioni senza voltarsi, perché si muovevano verso il lato dove era rivolta la testa, senza voltarsi durante il movimento. Tutto il loro corpo, il dorso, le mani, le ali e le ruote erano pieni di occhi tutt'intorno; ognuno dei quattro aveva la propria ruota.” (Ezechiele 10:9-12). Citeremo il successivo frammento della traduzione di N. A. Morozov: “I nomi di queste ruote... quella dietro aveva l’aspetto di un carro.” È possibile che questo sia un riferimento all’Orsa Maggiore, che veniva rappresentato come un carro. Questo raro dipinto medievale è visibile sulla carta del libro di Apianus del 1524, per esempio ([1013], fig. 4..
Fig. 4.8. Questa immagine ci mostra che la costellazione del Carro (a sinistra) fu sostituita dall’Orsa Maggiore (a destra). Tratto da Cosmographicus Liber Petri Apiani mathematici studiose collectus, Landshutae, impensis P. Apiani, 1524 ([1013]). Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], pag. 91, ill. 53.
Continuiamo a citare la traduzione di Morozov: “la seconda quella di uomo, la terza quella di leone e la quarta quella di aquila. I carri si alzarono in alto: essi erano quegli stessi esseri viventi che avevo visti” (Ezechiele 10:14-15). L’osservatore Biblico segnala che i carri e gli esseri viventi sono gli stessi che aveva visto nel primo capitolo. Potrebbero essere pianeti? Siamo ancora testimoni della astronomia medievale sulle pagine della profezia Biblica: pianeti sulle loro ruote orbitanti che si muovono attraverso la sfera celeste. La Bibbia recita che “quando i cherubini si muovevano, anche le ruote avanzavano al loro fianco: quando i cherubini spiegavano le ali per sollevarsi da terra, le ruote non si allontanavano dal loro fianco; quando si fermavano, anche le ruote si fermavano; quando si alzavano, anche le ruote si alzavano con loro perché lo spirito di quegli esseri era in loro.” (Ezechiele, 10:16-17).
1.8. La descrizione Biblica della cosmologia medievale come un tempio celeste
Bisognerebbe segnalare senz’altro un altro importante frammento astronomico nel libro di Ezechiele. La traduzione di Morozov è la seguente: “ed ecco un essere con l’aspetto di Uomo insieme a un essere con l’aspetto di Serpente, in piedi sulla porta, con una cordicella di lino in mano e una canna per misurare” (Ezechiele 40:3). A seguire un’intera pagina, dedicata interamente alla descrizione di varie misurazioni e coefficienti numerici del tempio celeste. Qualche agrimensore comunica le misurazioni. Chi può essere e quale è esattamente il tempio descritto dalla Bibbia in così grande dettaglio, dando la localizzazione di stanze, partizioni, entrate e uscite, colonne, la loro dimensione e così via? La risposta è sorprendentemente semplice. È sufficiente rivolgersi nuovamente alla carta celeste medievale. Il libro di Corbinianus del 1731, per esempio ([1077]) contiene immagini di Ofiuco come un uomo che tiene in mano l’equinoziale a forma di catena, o fune, o frusta, q.v. fig. 4.9. La somiglianza tra l’equinoziale e una fune per misurazioni o catena è ovvia, poiché l’equinoziale porta i segni dei gradi. È così che molte antiche carte stellari la disegnano. Possiamo anche vedere un bastone verticale in questa immagine – il meridiano del solstizio invernale, che l’Ofiuco tiene nella sua mano verticalmente. Perciò, le antiche carte lo ritraggono come un agrimensore. Vediamo che questa carta medievale delle costellazioni viene rappresentata nel Antica Alleanza in modo assolutamente fedele.
Fig. 4.9. Un’immagine medievale dell’Ofiuco che tiene l’equinoziale nelle sue mani. Sull’equinoziale sono presenti i gradi, facendola assomigliare a una fune per misurazioni. Tratto da Firmamentum Firmianum di Corbinianus, 1731 ([1077]). Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo).Vedi anche [543], pag. 105, ill. 57.
Il tempio celeste viene disegnato come un grande salone su dozzine di carte tardo medievali come un ben noto oggetto astronomico, esattamente come lo descrive la profezia Biblica. Un tempio, o salone nel cielo è visibile nel libro di P. Apianus, per esempio ([1013], fig. 4.10). Simili palazzi celesti sono visibili nel libro di Bacharach datato al 1545 ([1021]) – sul cosiddetto Zodiaco Egiziano. Vedi anche [543], pagg. 81-82, ill. 39-50 e 51. Il salone celeste riflette semplicemente le concezioni cosmologiche degli astronomi medievali. Possiamo vedere i pianeti, le loro orbite, lo zodiaco, le costellazioni, il loro movimento, ecc. Questa è la cosmologa pre-Copernicana medievale.
Fig. 4.10. Un modello medievale del tempio celeste. Possiamo vedere meccanismi celesti di tutti i tipi, colonne, capitelli, ecc. Tratto da Petri Apiani Cosmographia, 1540, o Cosmographicus Liber Petri Apiani mathematici studiose collectus, Landshutae, impensis P. Apiani, 1524 ([1013]). Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], pag. 129, ill. 71.
Il piano del tempio celeste come una costruzione che ha ruote planetarie orbitali e una ruota zodiacale che gira all’interno è visibile nel libro del XVI secolo di Sacro Bosco (o Sacrobusto) – vedi [1385] e fig. 4.11. Un’altra rappresentazione simile da un altro libro di Sacro Bosco ([1383]) viene mostrata in fig. 4.12. Questa immagine riflette l’intera cosmologia medievale. Gli angeli si muovono all’interno di un salone, facendo ruotare la pesante cintura zodiacale che ha ruote orbitali planetarie che scorrono all’interno.
Fig. 4.11. Un’immagine del tempio celeste dall’Opusculu de Sphaera ... clarissimi philosophi Ioannis de Sacro busto. Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], pag. 111, ill. 61.
Fig. 4.12. Concezione medievale della cosmologia, o la costruzione del tempio celeste. Gli angeli ruotano gli assi, le ruote, e la cintura zodiacale. Tratto dall’Opusculum Johannis de Sacro busto spericum, cu figures optimus ei novis textu in se, sine ambiguitate declarantibus by J. de Sacro Bosco (Leipzig, 1494). Vedi [1383]. Archivio del libro dell'Osservatorio di Pulkovo (S. Pietroburgo). Vedi anche [543], pag. 118, ill. 64.
Qualcuno potrebbe dire che gli astronomi medievali semplicemente disegnavano “estremamente antiche” immagini Bibliche sulle loro carte, che arrivavano loro dalle pagine della Bibbia “dalla profonda antichità.” Questa interpretazione è molto dubbia, secondo noi. Molto probabilmente, gli oggetti astronomici erano di natura primaria, e non la loro descrizione letteraria – dall’Antico Testamento. Tutte le immagini astronomiche elencate sopra sono ben lontane dall’essere “illustrazioni dalla Bibbia.” Sono invece piene di significato scientifico concreto: ruote orbitali, equinoziali, meridiani, ore stellari, ecc. Questi concetti furono introdotti dagli astronomi medievali che perseguivano fini scientifici e pragmatici, ben lontani dal paradigma letterario. Fu solo in seguito che poeti e scrittori iniziarono a creare immagini letterarie dopo aver studiato le carte stellari. La cosmologia medievale – il tempio celeste con le sue ruote orbitali ecc., non furono create dai poeti, ma piuttosto da accademici astronomi. I poeti semplicemente li seguirono per cantare le lodi della scienza. La conclusione è piuttosto chiara. Tutti i frammenti astronomici del Biblico libro di Ezechiele sono manifestazioni di una medievale, o forse tardo medievale, cultura scientifica. Carte stellari tardo medievali, come anche i testi Biblici, furono evidentemente creati nel XI-XVI secolo D.C. con lo stesso paradigma dell’ideologia scientifica. La cronologia Scaligeriana che venne alla luce piuttosto dopo continua nondimeno a separarli di un intervallo temporale di 1500-2000 anni.
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Il progresso matematico e scientifico dei greci sarebbe stato oscurato già molto prima del cristianesimo dai romani politeisti.
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- demartini315
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