La storia nascosta

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8 Anni 4 Mesi fa - 8 Anni 4 Mesi fa #2962 da Starburst
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IL GOLPE BORGHESE

Nel topic sul sequestro Moro si e' accennato ad uno dei piu' famosi tentativi di colpo di stato o golpe o come dicono gli spagnoli intentona, il personaggio in questione e' stato uno degli esponenti di spicco prima della repubblica sociale di mussolini e poi agente al soldo di intelligence straniere,salvato dal carcere nel secondo dopoguerra da un agente dell'oss divenuto poi cia,( sottolineo ancora una volta come in questo blog si tenti di mistificare la storia criticando gli atlantisti occidentali , sapendo benissimo che certi personaggi nazi-fascisti furono salvati proprio da loro)
Come leggeremo in seguito fu uno dei tentativi di golpe meglio organizzato,nel tempo poi si demoli' anche quella caricatura comica che venne affibiata a detto tentativo, non ci fu nulla da ridere,anzi parecchi protagonisti della vicenda scamparono ancora una volta al carcere rifugiandosi come borghese nel paese "amico"spagnolo,retto da una dittatura fascista.
Facciamo un salto indietro nel tempo per spiegare i principi di fondazione del fronte nazionale,una delle tante sigle che costellarono l'universo dell'eversione nera in questo caso , ma sempre funzionale alle intelligence nazionali ed internazionali.

Tratto da un documento di Aldo Pietro Domenico Daghetta

LA FONDAZIONE DEL FRONTE NAZIONALE

Nel 1967 Junio Valerio Borghese fondo' il Fronte Nazionale con i soci del Circolo dei Selvattici (Roma Via dell'Anima 55). Il circolo era stato sino allora la copertura culturale del Fronte Grigioverde un'associazione che comprendeva, come ancora oggi il Fronte Nazionale, ex ufficiali della Decima Mas, della Monterosa e della Etnea, piu' altri, in pensione e in servizio, di armi e corpi diversi.
Il programma politico del Fronte Nazionale: "I partiti non devono piu' essere protagonisti attivi della politica, essi vanno esclusi da ogni partecipazione di governo". "Costituzione di uno stato forte...liberta' dei cittadini intesa come osservanza assoluta e immediata delle leggi...critica concessa se qualificata ed espressa nel quadro degli interessi nazionali". "Assemblea legislativa nazionale formata dai rappresentanti di categoria... ..nonche' da cittadini chiamati a tale funzione per meriti eccezionali.
Valerio Borghese non amava la propaganda politica esplicita e ha sempre cercato di crearsi una fama di uomo al di sopra della mischia, evitando la grossolana apologia del fascismo e di rimanere invischiato nelle beghe che tradizionalmente dilaniavano il MSI e i vari gruppi di estrema destra. Questa riservatezza del "principe nero" aveva degli scopi ben precisi. Ad essa si adeguarono anche i principali sostenitori del Fronte Nazionale, molti dei quali ancora oggi non sono conosciuti.
Tra quelli noti ci sono Benito Guadagni industriale, ex repubblichino, segretario del Fronte Nazionale e finanziatore del bollettino interno che, in dicembre, qualche giorno dopo gli attentati, litigo' violentemente con Borghese, e, almeno ufficialmente, abbandono' l'associazione facendo cessare la pubblicazione del bollettino; l'aiutante di campo di Borghese, Arillo, il comandante Bianchini e il vice comandante Santino Viaggio (i due che avvicinarono Evelino Loi proponendogli di compiere delle "azioni"). Nella seconda meta' di dicembre anche Viaggio abbandono' il Fronte Nazionale, o almeno cosi' dichiaro'. Poi c'era il comandante Marzi, ex repubblichino, residente a Milano: l'11 dicembre si reco' a Roma e' ci rimase sino alla sera del giorno dopo. E c'era, infine, anche Armando Calzolari, l'uomo scomparso la mattina di Natale e ritrovato un mese dopo, cadavere, in fondo a un pozzo della periferia romana.

CHI ERA JUNO VALERIO BORGHESE

Neofascisti, fascisti, paracadutisti, ex repubblichini, destra parlamentaree extraparlamentare, campeggi paramilitari, squadre d'azione, attentati, complotti in Valtellina, armi, finanziamenti industrialli, rapporti con le forze armate, coi servizi segreti italiani e stranieri, coi fascisti greci, riunioni riservate alla vigilia delle bombe del 12 dicembre, un uomo che scompare qualche giorno dopo (Armando Calzolari).
Se c'era una persona in Italia che, silenziosa, spettrale, muovendosi discretamente dietro le quinte, sembrava tenere in mano i fili della complessa ragnatela che collegava i vari punti di forza e d'azione della destra, questa persona era Junio Valerio Borghese, il principe nero, presidente del Fronte Nazionale.
Pluridecorato per le azioni svolte contro la flotta inglese ad Alessandria, Malta e Gibilterra durante l'ultima guerra, nei diciotto mesi della Repubblica Sociale e' stato il comandante della Decima Mas (rastrellamenti, massacri di partigiani e popolazione civile, fianco a fianco con le SS: 800 omicidi secondo la sentenza pronunciata nel 1949 dalla Corte Speciale d'Assise) condannato come criminale di guerra nel 1946 rimesso in liberta'dall'amnistia il 18 febbraio 1949. Fu reclutato dall'allora agente dell'oss poi divenuto cia, James Angleton in prospettiva Nato.
Uno dei primi presidenti onorari dell'MSI. Al tempo della crisi di Trieste raduno' un migliaio dei suoi ex maro' nei pressi di Treviso armati e pronti a marciare per l'"azione Fiumana".
Borghese ha sempre cercato di dimostrare che i suoi rapporti con il Movimento Sociale erano autonomi anche se, nella campagna elettorale del 1958, quando la FNCRI (Federazione Nazionalle Combattenti Repubblica Sociale Italiana) invito' i suoi aderenti a votare scheda bianca per polemica contro il MSI che giudicava "borghese e reazionario", egli accorse in aiuto di Arturo Michelini fondando la UNCRSI (Unione Nazionale Combattenti Repubblica Sociale Italiana) su posizioni ortodosse rispetto al partito....Segue

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8 Anni 4 Mesi fa - 8 Anni 4 Mesi fa #3082 da Starburst
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IL GOLPE BORGHESE

CHI ERA JUNO VALERIO BORGHESE :


Junio VAlerio Borghese era proprietario di una tenuta in Calabria, di un castello ad Artena, nel Lazio, di una villa a Nettuno e di alcuni immobili a Roma, oltre che di una famosa collezione di quadri. Ma non risulta che egli attingesse al suo patrimonio, per altro non solidissimo per finanziare il Fronte Nazionale. In compenso aveva rapporti molto stretti con alcuni grossi nomi della finanza e dell'industria americana e inglese e, in Italia, con ambienti industriali di Milano, Genova, La Spezia, Livorno e, tramite il principe Filippo Orsini ex assistente del soglio pontificio, con il Vaticano.

Tra la fine del '68 e la primavera-estate del '69 fece un lungo giro nelle citta' italiane. A La Spezia prese contatti con alcuni esponenti dell'unione industriale, come a Milano.

Il 12 aprile '69 a Genova, tenne una riunione alla quale presero partei figli di un grosso armatore, un dirigente dell'IMI, tale Fedelini, e altri esponenti del'industria.

Ai primi di maggio, seconda riunione genovese (Borghese alloggio' al Jolly Hotel assieme alla guardia del corpo composta da quattro fedelissimi. e il 9 gigno la terza. Questa volta erano presenti anche l'armatore Roberto Cao di San Marco e un importante petroliere della Val Polcevera. Qualcosa comunque non deve aver funzionato nel corso di questo "raid" perche' qualche anno dopo alcuni industriali di La Spezia denunciarono per truffa (sembra 50 milioni) due esponenti del Fronte Nazionale.

Junio Valerio Borghese riusci' ad allacciare buoni rapporti con le forze armate, in questo favorito dalla sua fama di "valoroso" ex combattente. Vi sono almeno due episodi che testimoniano la popolarita' che godeva tra i soldati.

Il 26 settembre 1966, a una manifestazione del Comitato Tricolore indetta aRoma dall'MSIe dalla Nuova Repubblica di Randolfo Pacciardi, Borghese pronuncio' un discorso per denunciare il "trradimento del governo sulla questione dell' Alto Adige", ricevendo un entusiastico consenso non solo dai dirigenti delle associazioni combattentistiche ma anche da parte dei molti ufficiali in servizio che erano presenti.

Il 23 ottobre 1969, alla celebrazione della battaglia di El Alamein, in Piazza Venezia a Roma, fu letto un messaggio di Borghese tra i grandi applausi non solo degli ex paracadutisti ma anche di numerori alti ufficiali della repubblica italiana.

Inotre Borghese aveva collegamenti con l'AUCA (Associazione Ufficiali Combattentistici Attivi denunciata nel luglio '69 dal sindaco di Bologna per un documento che incitava al colpo di stato militare, rivolgendosi anche a "chi ha militato nel campo opposto" e con la Comunita' dei Ragazzi del 3° Corso di Modena un'altra associazione di militari in servizio.

Quando manca il contatto diretto, viene usato questo sistema per stabilire contatti con gli ufficiali: i sottoufficiali reclutati dal Fronte Nazionale segnalarono, con rapporti periodici, tutti quegli elementi - discorsi, letture, telefonate ecc. - utili a stabilire la predisposizione "sicuramente anticomunista" del possibile candidato. Se il soggetto alla fine era giudicato idoneo veniva avvicinato da un aderente del Fronte Nazionale suo pari grado.

Uno dei punti di maggiore forza di Valerio Borghese restava naturalmente la Marina. A La Spezia dove egli era particolarmente introdotto esiste una grossa officina di riparazione di carri armati. i carri guasti in giacenza sono molti e tutti forniti di regolare "bassa" ma sembra che per la maggior parte sarebbe sufficiente la rapida sostituzione di qualche pezzo e sarebbero in grado di funzionare.

Nonostante l'apparente distacco il Fronte Nazionale era strettamente collegato a quasi tutte le forze di estrema destra a partire dall'MSI. Borghese infatti fu uno dei finanziatori del suo organo ufficiale "Il Secolo d'Italia", ed era legato personalmente ad alcuni personaggi come Luigi Turchi (figlio di Franz, direttore della "Piazza d'Italia" Grande elettore del presidente Nixon in favore del quale ha compiuto un viaggio di propaganda tra gli immigrati degli stati uniti) e Giulio Caradonna organizzatore dello squadrismo romano.

Turchi e Caradonna erano tra gli uomini di fiducia dei colonnelli greci, cosi' come lo stesso Borghese che risultava aver avuto rapporti con Costantino Plevris, l'uomo del KYP incaricato della "questione italiana".

Oltre all'aspetto "aristocratico" della sua figura che gli permetteva di stabilire contatti ad alto livello, Borghese utilizzava anche la fama di uomo d'azione per rscuotere la fiducia di tutti i gruppi di estrema destra extraparlamentare. Il gioco gli riusci' quasi sempre , specie con Ordine Nuovo di Pino Rauti il giornalista amico di Costantino Plevris che fu indicato come il "signor P." citato nel rapporto inviato al Ministero degli Esteri greco al suo ambasciatore a Roma.

Buoni i rapporti con Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie i cui aderenti hanno frequentato per molto tempo il Circolo dei Selvatici di Via dell'Anima.

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8 Anni 4 Mesi fa #3145 da Starburst
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IL GOLPE BORGHESE

Con golpe Borghese (o golpe dei forestali o golpe dell'Immacolata) si indica un tentativo di colpo di Stato avvenuto in Italia nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 (chiamata anche notte di Tora Tora, in ricordo dell'attacco giapponese a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941) ed organizzato da Junio Valerio Borghese, sotto la sigla Fronte Nazionale, in stretto rapporto con Avanguardia Nazionale.

IL PIANO

Il golpe era stato progettato da diversi anni nei minimi particolari: dal 1969 erano stati formati gruppi clandestini armati con stretti rapporti con le Forze Armate. In accordo con diversi vertici militari e membri dei Ministeri, il golpe prevedeva l'occupazione del Ministero dell'Interno, del Ministero della Difesa, delle sedi RAI e dei mezzi di telecomunicazione (radio e telefoni) e la deportazione degli oppositori presenti nel Parlamento.

Nei piani c'erano anche il rapimento del capo dello stato Giuseppe Saragat e l'assassinio del capo della polizia Angelo Vicari. A tutto questo sarebbe stato accompagnato un proclama ufficiale alla nazione, che Borghese stesso avrebbe letto dagli studi RAI occupati:

« Italiani, l'auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo [...]. La formula politica che per un venticinquennio ci ha governato, e ha portato l'Italia sull'orlo dello sfacelo economico e morale ha cessato di esistere. Le forze armate, le forze dell'ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della nazione sono con noi; mentre, d'altro canto, possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli che per intendersi, volevano asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi [...]. Nel riconsegnare nelle vostre mani il glorioso tricolore, vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno d'amore: Italia, Italia, Viva Italia! »

(Proclama dittatoriale - in forma breve)

ATTUAZIONE E ANNULLAMENTO

Il piano cominciò ad essere attuato tra il 7 e l'8 dicembre 1970, con il concentramento nella Capitale di diverse centinaia di congiurati, con azioni simili in diverse città italiane, tra cui Milano( Sesto S. Giovanni).

All'interno del Ministero degli Interni iniziò anche la distribuzione di armi e munizioni ai cospiratori; il generale dell'Aeronautica militare italiana Giuseppe Casero e il colonnello Giuseppe Lo Vecchio presero posizione al Ministero della Difesa, mentre un gruppo armato della Guardia Forestale, di 187 uomini, guidato dal maggiore Luciano Berti si appostò non lontano dalle sedi televisive della RAI. A Milano, invece, si organizzò l'occupazione di Sesto San Giovanni tramite un reparto al comando del colonnello dell'esercito Amos Spiazzi.

Il golpe era in fase di avanzata esecuzione quando, improvvisamente, Valerio Borghese ne ordinò l'immediato annullamento.

Le motivazioni di Borghese per questo improvviso ordine a poche ore dall'attuazione effettiva del piano non sono ancora certe ed esenti da una possibile smentita.

Secondo la testimonianza di Amos Spiazzi[1], il golpe sarebbe stato in realtà fittizio: immediatamente represso dalle forze governative, sarebbe stato ideato come scusa per consentire al governo democristiano di emanare leggi speciali, secondo un piano che sarebbe stato chiamato Esigenza Triangolo.

Borghese, tuttavia, si sarebbe reso conto (o sarebbe stato avvertito) della trappola e si sarebbe dunque fermato in tempo. Il movimento di Amos Spiazzi a Sesto San Giovanni non è da confondersi: esso faceva parte della legittima operazione Esigenza triangolo, non del golpe. Egli testimoniò di aver incrociato durante il tragitto in autostrada quella notte numerose autocolonne militari oltre la sua. Oltre a lui, altri militari avvisarono Borghese del piano di ordine pubblico.

Colpi di stato di questo tipo sono avvenuti in altri paesi: il più famoso è il Colpo di stato in Spagna del 1981.

Recentemente in un programma di Giovanni Minoli si è presentata la documentata visione dello stop del golpe come di un ordine proveniente dai servizi americani, che avrebbero dato il loro beneplacito al proseguimento del colpo di mano solo nel caso che al vertice del nuovo assetto politico fosse stato posto Giulio Andreotti (che invece avrebbe rifiutato). Questa ipotesi, ovviamente, non esclude la precedente, ma piuttosto la integra.




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8 Anni 4 Mesi fa #3185 da Starburst
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IL GOLPE BORGHESE

LE INDAGINI


Gli italiani scoprirono il tentato golpe tre mesi dopo.

Paese Sera titolò: "Piano eversivo contro la repubblica, scoperto piano di estrema destra". Il 18 marzo 1971 il sostituto procuratore di Roma Claudio Vitalone firmò i mandati di arresto con l'accusa di usurpazione dei poteri dello stato e cospirazione per il costruttore edile Remo Orlandini, Mario Rosa, Giovanni De Rosa, Sandro Saccucci, Giuseppe Lo Vecchio e Junio Valerio Borghese.

In seguito al fallimento del golpe, Borghese si rifugiò in Spagna dove rimase fino alla morte, avvenuta a Cadice il 26 agosto 1974, non rientrando in Italia neanche dopo che, nel 1973, fu revocato l'ordine di cattura spiccato nei suoi confronti dalla magistratura italiana.

Il ruolo del SID, della mafia e della P2

Il 15 settembre 1974 Giulio Andreotti, all'epoca Ministro della Difesa, consegnò alla magistratura romana un dossier del SID diviso in tre parti che descriveva il piano e gli obiettivi del golpe, portando alla luce nuove informazioni.

Il dossier fu redatto dal numero due del SID, il generale Gianadelio Maletti, che avviò un'inchiesta sulle cospirazioni mantenendolo nascosto anche a Vito Miceli, direttore del servizio. Aiutato dal capitano Antonio La Bruna, furono registrate le dichiarazioni di Remo Orlandini, quest'ultimo coordinatore per Borghese verso collegamenti all'estero e in Italia.

Durante un colloquio, Orlandini fece il nome di Vito Miceli, come una figura coinvolta direttamente come Borghese. A questo punto Maletti fu costretto a scavalcare Miceli e a parlare direttamente con Andreotti.

Miceli si giustificò affermando che doveva acquisire delle informazioni. Venne subito destituito insieme ad altri 20 generali e ammiragli, senza particolari spiegazioni.

La Magistratura fece partire altri 32 arresti, tra cui anche quello di Adriano Monti. Nel 1974 Monti negò tutto e, scarcerato per motivi di salute, fuggì all'estero e vi rimase latitante per 10 anni.

Nel 1991 si scoprì che le registrazioni consegnate nel 1974 da Andreotti alla magistratura non erano la versione integrale.

In origine, Remo Orlandini faceva il nome di numerosi personaggi di spicco in ambito politico e militare, ma Andreotti ha recentemente dichiarato che ritenne di dover tagliare quelle parti per non renderle pubbliche, in quanto tali informazioni erano «inessenziali» per il processo in corso e, anzi, avrebbero potuto risultare «inutilmente nocive» per i personaggi ivi citati.

Le parti cancellate includevano il nome di Giovanni Torrisi, successivamente Capo di Stato Maggiore della Difesa tra il 1980 e il 1981; inoltre venivano fatti riferimenti a Licio Gelli e alla loggia massonica P2, che si doveva occupare del rapimento del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Infine si facevano rivelazioni circa un "patto" stretto da Borghese con alcuni esponenti di Cosa nostra secondo cui alcuni sicari della mafia, in effetti presenti a Roma la notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970, avrebbero ucciso il capo della polizia Angelo Vicari.

L'esistenza di tale patto sarebbe poi stata confermata da vari pentiti di mafia tra i quali Tommaso Buscetta. Grazie alle rivelazioni di Buscetta e di Antonino Calderone sono emersi anche i legami tra il progetto golpista e l'organizzazione mafiosa.I due collaboratori hanno rievocato la vicenda nel corso del cosiddetto processo Andreotti.

La loro audizione è stata riassunta in questi termini nella requisitoria dei Pubblici Ministeri Scarpinato e Lo Forte:
« Il primo a riferire la vicenda di queste trattative (già in data 3 dicembre 1984) è stato Tommaso Buscetta, il quale - anche in questo dibattimento, all'udienza del 9 gennaio 1996 - ha precisato che:

nel 1970 — nello stesso periodo di tempo in cui si svolgevano i campionati mondiali di calcio in Messico — egli si era recato a Catania insieme a Salvatore Greco "ciaschiteddu" (giunto appositamente dal Sud-America, ove soggiornava) per incontrare Giuseppe Calderone e Giuseppe Di Cristina. Nell'occasione, entrambi avevano preso alloggio in casa di "Pippo" Calderone, il quale frattanto - in una villetta di San Giovanni La Punta - ospitava il latitante Luciano Leggio. Oggetto di questo incontro era la discussione della proposta di partecipazione ad un "golpe", avanzata dal principe Borghese; il progetto di "golpe" prevedeva un ruolo attivo degli affiliati all'organizzazione Cosa Nostra, a cui Tommaso Buscetta sarebbe stata affidata la "gestione" del territorio ricompreso nel mandamento di ciascuna famiglia mafiosa, per «calmare e far vedere al popolo siciliano che noi eravamo d'accordo, ognuno per la sua sfera di influenza che avevamo nelle nostre terre»; in contropartita del ruolo attivo di Cosa Nostra, il principe Borghese aveva offerto la revisione di molti processi in corso a carico di esponenti dell'organizzazione criminale, facendo un particolare riferimento al "processo Rimi" (si rammenti che, in quel momento, i due Rimi erano già stati condannati all'ergastolo anche in Appello). al progetto di "golpe" era interessata la Massoneria, e l'allora Capitano dei Carabinieri Giuseppe Russo — anch'egli massone — era informato del tentativo insurrezionale ed avrebbe avuto, anzi, il compito di arrestare il Prefetto di Palermo; il principe Borghese — in caso di accettazione della proposta di partecipazione al "golpe" da parte del vertice di Cosa Nostra — avrebbe richiesto un elenco di tutti gli uomini d'onore partecipanti alle operazioni golpiste o — in subordine — avrebbe voluto che durante l'insurrezione armata gli uomini d'onore si rendessero riconoscibili agli altri golpisti mediante una fascia di colore verde da portare al braccio; proprio queste ultime richieste del principe Borghese avevano indotto i partecipanti alla riunione di Catania (Buscetta, Leggio, Giuseppe Calderone, Salvatore Greco) a diffidare della proposta e ad esprimere disinteresse; tuttavia, poiché una delle contropartite all'intervento di Cosa Nostra offerte dal principe Borghese riguardava proprio la revisione del "processo Rimi", i convenuti avevano deciso di coinvolgere nella decisione definitiva Gaetano Badalamenti, ben consapevoli di quanto egli avesse a cuore la sorte del cognato Filippo e del di lui padre, già condannati all'ergastolo. Per questo motivo avevano stabilito di incontrare il Badalamenti a Milano, nei cui pressi egli si trovava in soggiorno obbligato; in occasione dell'incontro di Milano — al quale, insieme a Buscetta, avevano partecipato Salvatore Greco "Ciaschiteddu", Salvatore Riina, Gerlando Alberti e Giuseppe Calderone — pure Riina aveva apertamente espresso il proprio dissenso. Al termine dell'incontro — nel quale si era convenuto di rifiutare l'offerta — alcuni dei partecipanti, tra cui lo stesso Buscetta, si erano allontanati con una vettura ed erano stati fermati ed identificati dalla Polizia, sfuggendo all'arresto perché muniti di documenti falsi (25 giugno 1970); tuttavia, la famiglia Rimi aveva autonomamente continuato ad interessarsi del progetto di "golpe", tanto che Natale Rimi — figlio di Vincenzo Rimi, a cui premeva la revisione del processo a carico del padre — era tra coloro che nella notte tra il 7 e l'8 dicembre del 1970 si erano recati a prendere le armi in una caserma militare di Roma; questo dettaglio era stato riferito al Buscetta da da Gaetano Badalamenti; egli aveva saputo, comunque, del fallimento del tentativo insurrezionale, bloccato in extremis perché in quel giorno o in quel periodo c'era una flotta russa nel Mediterraneo ed agli americani questo non piaceva. Quindi era stata rimandata a nuova data, senza che poi più si fece, perché la flotta russa era presente nel Mediterraneo.

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8 Anni 4 Mesi fa - 8 Anni 4 Mesi fa #3238 da Starburst
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LA STRATEGIA DELLA TENSIONE

LE FORMAZIONI CLANDESTINE DI DESTRA
:

Oggi piu che mai occorre rinfrescarsi la memoria su come agisce ed opera la strategia della tensione,che a torto reputiamo soltanto un fenomeno italiano, cambiando gli attori ed i protagonisti,ripercorrendo le pagine di storia passata e nascosta ci accorgeremo di come gli accostamenti siano azzeccati,il modus operandi e le strategie siano maledettamente simili,come simili se non uguali sono i criteri di reclutamento delle persone che poi in un modo o in un altro sacrificheranno la loro vita per degli ideali fittizi e per delle religioni che niente hanno di misericordioso.
Questa volta ci occuperemo delle formazioni clandestine ed armate di destra che nell'immaginario collettivo si ponevano all'opposto delle b.r. e di tutte le sigle delle formazioni clandestine ed armate di sinistra.
Come dira' la storia anche esse furono da subito infiltrate e manovrate (nella maggior parte dei casi volutamente dai suoi affiliati),dai servizi segreti occidentali e dalla nato in prospettiva anti sovietica.
Anche loro si macchiarono di delitti atroci,anche loro spararono nel mucchio causando vere e proprie stragi,con bombe ed attentati armati uccisero decine di persone, la vera differenza tra gli attentati di oggi e' che gli autori erano italiani figli , nipoti e pronipoti di italiani, le vittime italiane figli, nipoti e pronipoti di italiani! A dimostrazione del fatto che l'odio non ha confini e se oggi sentiamo parlare di nemici cresciuti in casa nostra non ci dimentichiamo che quasi 40 anni fa, la vittima e il carnefice erano italiani da generazioni.

LA STRATEGIA DELLA TENSIONE
TENTÒ IL RITORNO AL POTERE NERO

di RENZO PATERNOSTER


Rosso sangue per il terrorismo nero. Il 25 aprile del 1969, con le bombe che esplosero alla Fiera Campionaria di Milano gli Italiani entrarono in una fase storica che sarebbe durata per più di un decennio: il terrorismo nero. L'anno prima c'era stato il Sessantotto, con le rivolte studentesche in tutto il mondo, seguite dall'Autunno caldo degli operai, con le loro idee di cambiamento delle condizioni di lavoro. Lo scossone provocato dal movimento di contestazione studentesca e di quella degli operai ebbe effetti destabilizzanti sull'assetto politico e sociale italiano. Sono gli anni di profonde trasformazioni e di grandi speranze collettive, che coinvolsero in un unico grande movimento tante persone di origini diverse. Certamente i giovani italiani diventarono un soggetto politico nuovo e, almeno per il momento, autonomo.
La sera del 25 aprile del 1969 a Milano, alle sette e alle nove, degli ordigni esplosero rispettivamente nel padiglione della Fiat alla Fiera Campionaria e all'Ufficio Cambi della Borsa, il Palazzo del Viminale, dove ha
sede il ministero dell'Interno,
la Banca Nazionale delle Comunicazioni, all'interno della stazione centrale. Si contarono per fortuna solo una ventina di feriti. Nella notte fra l'8 e il 9 agosto dello stesso anno si replicò, questa volta sui treni, nei vagoni di prima classe delle linee ferroviarie Pescara-Roma, Roma-Venezia, Roma-Lecce, Trieste-Roma, Milano-Venezia e viceversa, Trieste-Domodossola, Bari-Trieste. Su una decina di bombe, solo otto esplosero, causando anche questa volta solo feriti. Poi arrivò quel maledetto 12 dicembre 1969 che segnò per sempre l'inizio del terrore criminale. Quel giorno, alle 16.30, una bomba ad alto potenziale esplose all'interno della sede della Banca dell'Agricoltura in piazza Fontana a Milano. Si contarono 27 morti e 88 feriti. In quella stessa giornata, alcuni minuti prima della deflagrazione nella Banca dell'Agricoltura, un impiegato della Banca Commerciale Italiana trovò nei locali dell'istituto un'altra bomba di cui il sistema d'innesco non funzionò. Venti minuti più tardi, a Roma, un ordigno esplose nel sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro, facendo solo sedici feriti. Alle 17.22 e 17.30, sempre a Roma, esplosero altre bombe: una davanti all'Altare della Patria, l'altra all'entrata del museo del Risorgimento in piazza Venezia. Fortunatamente si contarono solo quattro feriti.

Gli anarchici come capo espiatorio. Per piazza Fontana e gli altri attentati fu subito creata una pista ad hoc: si volle far credere che la strage e le bombe di Milano e Roma fossero opera degli anarchici. Uno di loro il ferroviere Giuseppe Pinelli, dopo il fermo giudiziario e durante l'interrogatorio, volò inspiegabilmente da una finestra della questura di Milano (quella stessa Questura in cui uno dei dirigenti era il commissario Calabresi). Per lo Stato quella di Pinelli fu "una morte accidentale". Assieme a Pinelli fu fermato il ballerino Pietro Valpreda, che rimase in carcere innocente per oltre otto anni. Tuttavia il castello di sabbia costruito intorno alla pista anarchica ben presto crollò. Subentrò invece la pista nera, tenuta fuori dallo scenario opponendo e studiando ogni sorta d'espedienti.
Da qualche parte nell'estrema sinistra si ricavò dagli attentati, specie quello di piazza Fontana, materiale più che sufficiente per alimentare il sospetto e la paura di un rischio di "golpe neofascista". La strage, intesa anche come un atto di guerra contro le lotte e il movimento del Sessantotto, spinse le tensioni sociali che alimentavano la protesta di sinistra ad assumere più intensamente forme eversive e rivoluzionarie, come dimostra la personale esperienza di Giangiacomo Feltrinelli, fondatore dei Gruppi di Azione Partigiana (GAP).
Alle bombe di Milano, Roma e dei treni seguirono quelle del 22 luglio 1970 sul treno La Freccia del Sud (6 morti e 139 feriti), del 31 maggio 1972 a Peteano (3 morti e un ferito, tutti carabinieri), del 17 maggio 1973 davanti alla questura di Milano (4 morti), del 28 maggio 1974 in piazza della Loggia a Brescia (8 morti e 94 feriti), del 4 agosto 1974 sul treno Italicus, a San Benedetto Val di Sambro (12 morti e un centinaio di feriti), del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna (80 morti e centinaia di feriti).
Tutti questi attentati facevano indubbiamente parte di un "qualcosa" di concertato e oscuro, di cui già si percepiva la potenza, insomma l'inizio di un piano criminale ben organizzato. Qualcuno evidentemente credette di ripercorrere le strade sperimentate con successo da Hitler e dai nazisti con l'incendio del Reichstag: compiere stragi, pilotare le inchieste verso obiettivi depistanti per attribuirne la colpa alle sinistre, utilizzare il terrore per creare smarrimento e incertezza dei cittadini per dar vita ad un governo autoritario. Tutte quelle esplosioni, infatti, hanno rappresentato l'inizio della "strategia della tensione" operata dalla manovalanza del "terrorismo nero". E le stragi nere del periodo 1969-1974 non sono state altro che piccoli tasselli di un grande mosaico cospiratorio e golpista, oltre che criminale.

Nell'immediato dopoguerra, già dai primi anni della Repubblica, si costituirono svariate formazioni paramilitari o parallele alle Forze Armate (ad esempio Gladio) che avevano nel principe Valerio Borghese
il ruolo di procedere in azioni di guerriglia in caso d'invasione da parte delle forze del "Patto di Varsavia" e soprattutto agire nel nord Italia specialmente nella pianura Padana contro il Partito Comunista Italiano che avrebbe sicuramente appoggiato l'offensiva sovietica. Parallelamente, per merito di vecchi nostalgici, sorsero le prime organizzazioni neofasciste italiane.
Il neofascismo italiano sino al 1968 si caratterizzò come un movimento certamente violento in alcune sue manifestazioni, con aggressioni squadriste o attentati ai monumenti dedicati alla Resistenza. Certo, avventure criminali ma non operazioni terroristiche. Alla fine degli anni Sessanta del Novecento gli attentati rappresentarono il cambio di strategia. Così a partire dalla fine del 1969, alla reiterazione delle spedizioni squadriste con raid di violenza nelle università, nelle scuole e nelle piazze, si sovrappose drammaticamente l'esplosivo. Tendenzialmente in posizione critica nei riguardi delle contestazioni del Sessantotto, i gruppi eversivi di destra si appoggiavano sui valori di "autorità" e di "gerarchia sociale". L'ideale era in sostanza lo "Stato forte".
Fino alla metà degli anni Settanta del Novecento, lo scenario delle organizzazioni dell'estrema destra è dominato da Ordine Nuovo (On) e Avanguardia Nazionale (An). Le differenze tra le due organizzazioni riguardano unicamente l'atteggiamento che assumevano nella lotta politica. Ordine Nuovo prediligeva la strategia della rivoluzione a lungo termine, mentre Avanguardia Nazionale seguiva la strada dell'azione immediata.

Tutta la storia dell'estrema destra italiana attraversa per intero quella della cosiddetta "Prima Repubblica", intrecciandosi costantemente con molte vicende oscure italiane. Sino al 1974, quando ancora i neofascisti non colpivano i rappresentanti dello Stato, ci fu indubbiamente un rapporto privilegiato da parte degli estremisti di destra con una parte del potere. Parallelamente alla rete di collegamenti tra eversione nera e alcuni dirigenti dello Stato, si sviluppò anche una profonda attività di copertura da parte di una fazione dei servizi segreti italiani.
I rapporti tra l'eversione nera e un parte dei servizi segreti, risalgono già ai primi anni Sessanta del secolo scorso. In quel periodo l'organizzazione Avanguardia Nazionale fu coinvolta in un'operazione progettata da alcuni dirigenti dell'Ufficio Affari Riservati del ministero dell'Interno. L'operazione consisteva nell'affissione clandestina di alcuni "manifesti cinesi". In pratica fu organizzata una campagna d'attacco al Partito Comunista Italiano apparentemente proveniente dalla sua sinistra. Non solo, è stato appurato anche una "certa" collaborazione di servizi segreti di altri Paesi nel quadro NATO. Dagli atti dell'inchiesta condotta dal giudice milanese Guido Salvini, emerge il concorso fra ufficiali del Counter Intelligence Corp (il servizio segreto statunitense dell'Esercito), la CIA e il Comando delle Forze Alleate per il Sud Europa di Verona. Scrive nella sentenza il giudice Salvini: «[.] la presente istruttoria, oltre a far venire alla luce le modalità e i materiali esecutori di molti attentati, stava dirigendosi verso l'individuazione delle collusioni in tali attentati e delle attività di controllo del nostro Paese, negli anni della strategia della tensione, da parte delle strutture dell'Alleanza Atlantica».
Come le varie inchieste hanno appurato, in quegli anni le "deviazioni" non furono un'iniziativa personale di alcuni uomini, ma l'attuazione di ordini predefiniti provenienti da catene di comando "irregolari". Insomma, i neofascisti sono stati la manovalanza di un più grande organismo complesso e segreto, di un vero e proprio disegno eversivo fondato sulla creazione e sul mantenimento di un clima di disordine sociale insanguinato, in cui una parte del potere potesse trovare buon gioco.
Dalla monumentale inchiesta condotta dal giudice Salvini, durata oltre dieci anni, si rileva chiaramente che gli uomini delle organizzazioni eversive neofasciste degli anni della "tensione", non erano altro che manovalanza di una regia occulta. La CIA non solo aveva degli infiltrati nelle organizzazioni eversive nere, ma "incoraggiava" in qualche modo questi gruppi perché perseguivano lucidamente il medesimo scopo del governo statunitense: l'anticomunismo. L'ordinovista veneto Carlo Digilio era un infiltrato della CIA, il suo nome in codice era "Erodoto" (uno dei suoi referenti in Italia era il capitano David Carret, ufficiale statunitense in servizio nelle basi NATO di Vicenza e Verona. Il capitano David Carret è stato inquisito in Italia per spionaggio politico militare e concorso nella strage di piazza Fontana).

I depistaggi sono stati il lato più oscuro e vergognoso della storia democratica dell'Italia del secolo scorso.
Alle simbiosi tra eversione neofascista e alcune strutture dello Stato, che utilizzavano le stragi per finalità d'influenza della politica, veniva apposto incredibilmente il segreto di Stato. Scrisse Aldo Moro dalla "prigione del Popolo" delle Brigate Rosse: «E' doveroso alla fine rilevare che quello della strategia della tensione fu un periodo di autentica e alta pericolosità, con il rischio di una deviazione costituzionale che la vigilanza delle masse popolari fortunatamente non permise».
Come se non bastasse, il tragico bilancio della "strategia della tensione" s'incrocia con quello di altre misteriose tragedie su cui i vertici della Repubblica, dei servizi segreti e delle Forze Armate italiane hanno più di qualche segreto sepolto da qualche parte: aerei finiti in mare durante scenari di guerra, persone alla conoscenza di segreti che stranamente si suicidano, giornalisti strangolati e fatti sparire, piani di golpe progettati e mai realizzati, e così via. A questo punto è opportuno far entrare in scena anche il "Piano Tora Tora", un nuovo tentativo di colpo di Stato (dopo il progettato golpe del generale de Lorenzo). Il golpe fu fissato per l'Immacolata del 1970, ed era guidato dall'ex comandante fascista della "Decima Mas" nella Repubblica di Salò, il principe Junio Valerio Borghese.

Il Fronte Nazionale e il golpe. Tutto ha inizio nella tarda serata del 7 dicembre, quando gruppi di militanti dell'estrema destra, militari e civili si radunano in alcuni luoghi di importanza strategica nella capitale, in Lombardia, nel Veneto, in Toscana, Umbria e Calabria. Questo gran numero d'uomini era stato raccolto e organizzato da Junio Valerio Borghese sotto la sigla Fronte Nazionale, in stretto collegamento con Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.
Il Fronte Nazionale fu costituito dal principe Borghese nel settembre 1968 con un regolarissimo atto notarile. Finalità dell'organizzazione era quella di perseguire qualsiasi azione utile alla difesa e al ripristino dei massimi valori della civiltà italiana. Il Fronte Nazionale fu costituito con una doppia struttura: una pubblica, denominata "Gruppo A", ed una occulta, chiamata "Gruppo B". Quest'ultima era composta di reparti irregolari armati da impiegare nell'ambito di una strategia di stabilizzazione attraverso la destabilizzazione: le azioni criminose portate a termine da questi reparti avrebbero determinato la richiesta da parte dell'opinione pubblica italiana un forte desiderio di ordine. Questo avrebbe generato l'intervento delle Forze Armate portando il Paese a destra.
A partire dal 1969, il Fronte Nazionale del principe Borghese aveva favorito la fondazione di gruppi clandestini armati, aveva stretto relazioni con uomini e settori delle Forze Armate, aveva coltivato rapporti con faccendieri e intermediari collegati all'amministrazione statunitense ed ai comandi Nato. Sin da questo periodo si erano già succedute riunioni segrete tenutesi in più parti d'Italia, con la partecipazione di non pochi esponenti del mondo industriale, finanziario, militare, politico e mafioso, in cui si cercarono alleanze e si abbozzò un organigramma golpista. Il 4 luglio 1970, invece, fu costituita una "Giunta nazionale". Nelle riunioni si decisero anche gli obiettivi strategici da occupare (il Ministero degli Interni, il Ministero della Difesa, la sede della televisione italiana, gli impianti telefonici e di radiocomunicazione), l'elenco delle persone da arrestare e il luogo della loro deportazione.il proclama alla Nazione da leggere in diretta televisiva.

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8 Anni 3 Mesi fa - 8 Anni 3 Mesi fa #3274 da Starburst
Risposta da Starburst al topic La storia nascosta
EUROPA,EUROPA,EUROPA E ANCORA EUROPA

Questo di seguito e' un articolo preso dal blog di Antonino Arconte ex agente gladio, tratta degli attentati di parigi e bruxelles,si puo' essere piu' o meno d'accordo ma per chi avra' la pazienza di leggerlo anche tra le righe, lo trovera' interessante anche in prospettiva futura:


Un attacco terroristico al cuore dell’Europa non è stato sferrato a Parigi, a Roma o a Berlino, ma a Bruxelles. Segno che i califfi mediorientali credono nell’Europa più di quanto non facciano gli stessi europei!
Un Europa che ha cessato da tempo di chiamare ala costituzione di una nuova Unione Federale mentre, invece, questa sarebbe la risposta giusta: Gli Stati Uniti d'Europa.
Questo gigante, un Giano bifronte fatto da un lato da nazionalismi vetero etnici e nostalgie per vecchie patrie che non esistono più e fuori dalla storia da un pezzo, dall’altra il volto dei banchieri intrallazzoni e affamatori che riescono solo a far odiare l’idea dell’Unione Europea che non è stata fatta per arricchire i Paperoni, ma per dare sicurezza, benessere, Diritti ed evitare nuove guerre fratricide in terra europea… entrambe sognando un inverosimile mondo fatto di pace e benessere, quando il vero mondo, invece,  è pericoloso come non lo è mai stato.
Per me è facile crederci, fin dagli anni settanta, dopo mesi d’isolamento nelle giungle e altopiani centrafricani, ricordo il giorno che, dopo un’ansa del Niger, mi ritrovai davanti, all’improvviso, un bianco come me, biondissimo, chiaramente europeo, Scandinavo. Lo salutai contento, come se avessi incontrato un paesano e anche lui istintivamente fece lo stesso. Fu un attimo, poi smorzato dal fatto che evidentemente non eravamo compatrioti. dissi, però, come per giustificare i moti naturali d’animo: European!  
E lui rispose sorridendo, con quell’aspirazione che avevo conosciuto in Scandinavia e che usavano come segno d’assenso. Era un marinaio di un mercantile Svedese, ormeggiato poco distante.
Da allora so che esiste una Patria Europea, hanno voglia gli stolti a negarla, ma quando rientravo in un qualsiasi paese europeo, Lisbona, Parigi, Bruxelles, Amburgo, Amsterdam, Madrid … non ero in Italia e in Sardegna, ma ero in Europa, comunque a casa.  

E allora, cos’altro occorre attendere nell’UE per fare l’Europa? C’è voluta una carneficina immane, quella della seconda guerra mondiale, con l’Europa trasformata in un campo di battaglia, un cumulo di macerie, per convincere Spinelli, un confinato dall'Italia fascista, a pensare e proporre agli altri prigionieri un trattato che unificasse le nazioni europee per evitare che si facessero ancora la guerra tra loro. E’ lì, nell'isola di Ponza, dove confinavano gli antifascisti, che nacque l’ideale dell’Unione Europea. Non fu certo facile convincere la generazione dei nostri padri a sotterrare l’ascia millenaria della perenne guerra civile europea. Sì Guerra civile, anche questa un’eredità della civiltà greco-romana. Le guerre civili dell’antica Hellade (greche) che vedevano ogni Polis (le città Stato) una contro l’altra, in un alternanza di alleanze per lunghissime guerre; i massacri tra legioni romane al comando di questo o quel generale, console  o tribuno; che dire della guerra dei cent’anni tra l’Inghilterra e la Francia, per la successione dinastica della Normandia? perchè iniziasse un esperimento, quello delle Comunità Economiche Europee, prima timidamente,  con il mercato comune del Carbone e dell’Acciaio, poi trasformate in Unione che, in poco più di 60 anni,a avrebbe portato il vecchio continente al premio Nobel per la Pace. La volontà nobilissima di portare a una maggiore integrazione non solo economica, ma anche di Diritto con la Costituzione di una apposita Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo, poi divenuta Corte Europea per dare la possibilità ai cittadini europei di far rispettare agli Stati membri i Diritti garantiti e la Corte di Giustizia del Lussemburgo, per dirimere civilmente le contese tra Stati, senza conflitti se non nelle aule della giustizia europea. Oggi non si sente altro che astio e rancore verso l’Europa, tutti vorrebbero uscirne, si da colpa alla moneta unica se ci sono problemi economici e perdita di potere d’acquisto dei salari … come se una moneta non fosse solo un pezzo di carta che rappresenta quello che i governi d’Europa vogliono che rappresenti. Come se i problemi di malgoverno e corruzione fossero responsabilità della moneta unica e non, invece, di chi la gestisce.

Potrà questa situazione d’assedio di un vile terrorismo di matrice islamista spingere i governi e i popoli europei a superare la titubanza, per passare alla fase successiva del progetto europeo?
Cos’altro serve a convincere tutti che il tempo dell’attesa e dei ritardi è finito?  Che quest’Europa, così com’è, è fragile sotto tutti i punti di vista, Politici: non c’è nemmeno la possibilità di dare un numero di telefono alle potenze extraeuropee perché possano mettersi in contatto diretto con il Presidente dell’Unione Europea, con chi comanda … a Bruxelles pascolano migliaia di burocrati ruminanti, che non sanno come reagire alle sfide di questi tempi difficilissimi!  
Militari: se qualcuno volesse attaccarla chi comanderebbe le truppe, chi organizzerebbe tattiche e strategie? e quale degli eserciti europei dovrebbe intervenire per primo e come, guidato da chi? …
La sicurezza: tutto ciò che si riesce a fare, per paura, è di sospendere il trattato di Schengen, quello che ci permette di circolare in Europa senza passi di frontiera, perché siamo in Patria, la Patria degli Europei. Ci sarebbe da chiedersi, peraltro, quale risultato utile potrebbe avere la chiusura delle frontiere Inter-europee di fronte a dei terroristi islamici che hanno la cittadinanza dei paesi europei in cui vivono e dove spesso sono nati!
Questo gigante bicefalo, ma forse tricefalo, che non riesce a decidere nulla e quando decide qualcosa si capisce solo lui … Non vede, perché ha smarrito il senso della realtà e non può capire che si sta suicidando per l’egoismo dei pochi sulla pelle dei molti.
Si parla, si canta e si balla addosso di  un inverosimile luogo di pace e benessere, quando il vero mondo, quello che la circonda e ormai la pervade è mostruoso, corrotto e crudele, spietato e disperato, che va affrontato con i ferri del mestiere: la politica, i soldi, le armi, l’intelligence, i servizi segreti che aveva e …superbi!, sia all’est che all’ovest. Quando li usava contro se stessa!
Sono ferri che l’Europa ha messo in cantina da decenni, specie all’ovest, considerandoli inutili, quasi vergognandosene, nascondendoli sotto il tappeto e guai a chi protestava … sia perseguitato come merita! Un accusa falsa non si nega a nessuno… Chi vuoi che gli creda a quelli? Bisogna sbarazzarsi di tutto ciò che ci ricordi quei tempi, non servono più ora che l’URSS è crollata, pensando che la pace e il benessere, realizzati all’interno delle sue frontiere, garantite da quell’esercito segreto che ormai non serve più, fossero un bene universale da poter condividere impunemente con altri, senza più bisogno di proteggerlo, i comunisti non facevano più paura evvai con la globalizzazione! …  che  fa aumentare a dismisura i guadagni dei Paperoni con la delocalizzazione.
L’evidenza diceva  che le cose non stavano così.
Quei ferrivecchi, la politica vera, i soldi, le armi e soprattutto l’Intelligence, nel pericoloso mondo attuale sono indispensabili più che mai per sopravvivere ma … non ci sono più… c’è altro adesso. I paesi europei potranno utilizzarli in modo giusto ed efficace solo quando saranno riusciti a ricostruirli, non sarà facile, non sarà immediato. 
Personalmente penso che la trasformazione dell’Unione in Stati Uniti d’Europa accelererebbe molto il processo … ma con ciò che dicono tutti sulle varie exit strategy, uscite dall’UE … si federerebbero negli Stati Uniti d’Europa?
Possibile che queste capitali ricchissime di storia e di cultura, di ricchezze umane ed economiche immense, le Londra, Parigi, Bruxelles, Berlino, Roma, Madrid, Varsavia, non capiscano che sono “sotto schiaffo” … tutte nel mirino?  Che formidabili magli, mortali come la crisi finanziaria, la recessione, la pressione dei chiedenti asilo alle frontiere meridionali, il continuo, vile  e beffardo attacco del terrorismo nelle nostre città, si abbattono ormai con sin troppa regolarità su quel po’ di Unione rimasta, cercando di scardinarla nelle fondamenta, perché ne conoscono bene la debolezza e che si tratta di un gigante dai piedi d’argilla. Un gigante malato che vogliono evidentemente distruggere e così annichilire l’Europa, relegando gli europei ai confini del mondo e nell’irrilevanza finale?
Chi ha messo il 22 marzo ’15, alle 9,30, l’ordigno alla stazione metro di Maelbeek che serve, con Schuman, la zona dove hanno sede gli uffici di Parlamento, Commissione e Consiglio europei ha, evidentemente, voluto aggredire le istituzioni democratiche di un’Europa che, primo caso nella storia umana, sta costruendo dal basso e pacificamente un’unione tra popoli diversi che cercano pace e giustizia.
E’ irritante il balbettio confuso dei nostri capi di stato e di governo, in queste ore orribili che seguono l’aggressione contro la capitale delle istituzioni comuni europee. Battono il tasto delle misure nazionali e della sicurezza nazionale, il Belgio chiude le frontiere con la Francia e viceversa. Anche Berlino fa altrettanto e non capiscono che solo rafforzando le istituzioni comuni, gli europei potranno vincere la guerra al terrorismo islamista... Beninteso se queste istituzioni comuni riusciranno a dotarsi nuovamente di un Intelligence adeguata alle grandi sfide del futuro. Professionisti seri, agguerriti, preparati, determinati e sostenuti da fede e ideali in cui credere. Non certo in questi valori su carta moneta, fatti di truffe e grassazioni ai denari pubblici, tra mega appannaggi e pensioni di platino e diamanti.
Ho visto con tristezza il pianto su Le Monde di due figurine, abbracciati, un francese e un belga, vestiti con i colori delle bandiere nazionali. Errore imperdonabile: i morti sono europei caduti prima in Francia, oggi in Belgio.
Quando Mitterrand e Kohl si abbracciarono a Verdun, in quei giorni formidabili, vollero dire ai popoli: i nostri morti sono ora europei, non appartengono più alle patrie di origine!
Purtroppo, se non ci daremo velocemente un’autentica politica comune di sicurezza, troppi altri europei dovranno ancora abbracciarsi e piangere i loro morti di terrorismo… la guerra non è iniziata ora, ma possiamo finirla solo noi.
Nell’Aprile 2005, ad Alghero, partecipando a un convegno, mi si chiese di parlare, dire qualcosa sulle basi militari, i poligoni di tiro in Sardegna. Io protestai per i bombardamenti che, come fossimo ancora in guerra, erano imposti alla mia terra natale, la Sardegna. Oggi, provare le armi con le esplosioni al suolo o in mare, non è più necessario. Persino le bombe H sono provate con simulazioni ai mega computer, perché non farlo anche per gli esplosivi e le munizioni convenzionali?  Soprattutto, però, mi fu chiesto di esprimere la mia opinione sulla morte di Calipari, l’agente del SISMI che era stato ucciso a un Cheek Point a Bagdad mentre liberava la giornalista che era stata sequestrata dai terroristi. Lo feci e illustrai il problema negli esatti termini in cui era configurato dai fatti. Calipari era stato ucciso a causa del fatto che era un poliziotto, bravo finché si vuole, ma un poliziotto, non un agente segreto. Non sapeva nulla dei protocolli da utilizzare in zona di guerra, nessuno glielo aveva detto che ce n’era qualcuno. Lui sapeva come comportarsi da poliziotto, dopo aver preso in consegna l’ostaggio in seguito alla liberazione: Correre al primo posto di polizia e procedere all’interrogatorio a caldo, prima ancora di una visita medica, per raccogliere le informazioni utili all’identificazione dei banditi. Calipari, però, non era a Roma o Milano, era a Bagdad, zona di guerra e che guerra. Spietata, nessuna mercé era riconosciuta ne chiesta. Tutti violavano tutto il violabile. I prigionieri erano torturati da una parte, uccisi dall’altra, le donne stuprate, si usavano le bombe al fosforo bianco … i kamikaze si facevano esplodere tutti i giorni nei mercati, nelle caserme, con le auto ai posti di blocco, addirittura qualche innocuo asinello esplodeva al passare delle pattuglie occupanti, l’odio che era stato scatenato era incommensurabile. La città era suddivisa in quadranti, ogni quadrante aveva una diversa forza di pace a controllarla. Il protocollo imponeva che chi dovesse attraversarlo aveva l’obbligo di avvicinarsi lentamente e attendere di essere identificati e presi in consegna, poi accompagnati così all’altro cheek point, che avrebbe fatto altrettanto. Calipari non ne sapeva nulla. Le scuole di Intelligence erano state chiuse. Ora per fare l’agente segreto bastava essere cooptato ed era tutto qui. Obbedire agli ordini, non c’era altro da sapere.
Così è morto lui e, un altro, in Afghanistan, fu ucciso dal taxista sul quale era montato a Kabul … in zona operazioni … !? … sarebbe stato bocciato all’ABC, ma non sarebbe morto così.
Quei miei disinteressati consigli non piacquero a chi comandava i servizi del tipo B di cui stiamo parlando. Scatenarono una campagna mediatica incredibile ma vera, con perquisizioni in tutt’Italia e uno scandalo diramato da giornali e televisioni nazionali per quella che veniva chiamata dai media “Inchiesta DSSA”: servizi deviati, Gladio, polizie parallele… era tutta una bufala! Non era vero niente e finì tutto archiviato. Querelammo, io e Franz, i giornalisti che furono anche condannati in via definitiva al risarcimento danni per diffamazione aggravata ma lo scopo era quello di mettere a tacere la proposta di riapertura della Scuola di Gladio, dei servizi segreti che funzionavano durante la guerra fredda. Obiettivo raggiunto perfettamente. A questo servivano adesso i servizi segreti: organizzare campagne diffamatorie, simulazioni, sequestri, partecipare a cose indegne, perché indegni erano gli interessi di chi li comandava  … ma … è l’Intelligence? Non serviva più a nulla, ora era tutta una questione di creste sulle spese dei fondi neri, come ordinavano i corrotti. Non serviva altro per guadagnarsi lo stipendio.
Ecco, stamattina, sentendo e vedendo le notizie tragiche da Bruxelles. Non posso non commentarle, senza però approfondire più di tanto, perché sto cercando di sganciarmi, non di coinvolgermi.
Quando hanno fatto le stragi a Parigi, vedendo la rapidità con la quale la polizia ha identificato i terroristi mi complimentai simbolicamente con la Suretè per questo, riferito alla polizia francese. Dobbiamo ammettere che, se fosse accaduto in Italia, sarebbe tutto un fiorire incasinato di ipotesi fantasiose quanto inverosimili e di indicazioni di ogni tipo, depistaggi, opinioni strampalate dei giornalisti spacciate per fatti, che portavano in ogni direzione, fuorché in quella  giusta. La storia dei “misteri d’Italia” fa testo. Anche al momento dell'arresto del ricercato principale, quello che non si è fatto saltare da kamikaze, mi sono complimentato idealmente con la polizia Belga ... ma devo dire che sono davvero preoccupato che, per l'appunto,  quello che ho potuto notare è che tutto è affidato alla polizia.. polizia +++ se vogliamo. Nel senso che hanno dimostrato di essere bravi e ben addestrati, anche se difettano di coordinamento europeo per i motivi già detti.
Però, di Servizi segreti e azioni di Intelligence non se ne vede l'ombra!
Non chiedetemi perché, potrei dirlo ma, ripeto, non mi voglio coinvolgere più di tanto.
Tutto questo, però,  che indubitabilmente risulta dalle operazioni di polizia, denota abilità investigative proprie, appunto, della polizia, non di Intelligence.
Sono modus operandi diversi e di quelli dei servizi propriamente detti non c'è manco l'ombra. Questo è davvero preoccupante, per organizzare un servizio d'Intelligence efficace e addestrare gli operatori in maniera adeguata occorrono anni, a patto di poter scegliere in base ai meriti e ai talenti naturali, non in base alle raccomandazioni ...
Una domanda sorgerebbe spontanea se potessi farla a chi di dovere:
Chi avete Stay behind? … Chi avete dietro le linee? … Chi avete nelle fila dell’Isis?
Noi, in epoca di guerra fredda, avevamo nostri agenti infiltrati dappertutto, a Sirte, in Libia, in una base militare e aerea, alcuni operai e il macellaio della base, Altri a Praga, Karlovy vary, U’Brno, a Galatzi, in Romania, in Libano durante la guerra civile, a Beirut e a Sidone ma, questi servizi segreti delle potenze europee … chi hanno dove? E a far che?
Io ho passato un guaio da oltre vent’anni per aver detto e provato che Noi sapevamo prima del sequestro dell’On. Moro, almeno dal 27 febbraio 1978… sarebbe stato rapito il successivo 16 Marzo. Ma io chiedo a voi, che non sarete del mestiere ma avrete sicuramente un cervello funzionante: ma a cosa servono i Servizi segreti, l’Intelligence!  se non riescono a sapere prima che accadano … le cose che accadranno?

Un capitolo a parte meriterebbe la considerazione che anche la Russia e la sua comunità di Stati Indipendenti è Europa a tutti gli effetti. Dai tempi di Pietro il Grande e Ivan il Terribile la grande Russia ha fatto la scelta di essere una nazione Europea. Lo sono, sono Cristiani ortodossi e si sono considerati, dalla caduta dell'Impero romano d'oriente, la terza Roma. Vi immaginate la potenza degli Stati Uniti d'Europa se si allargasse l’Unione federale alla CSI?  La Russia non ha distrutto i vecchi servizi segreti, li ha ristrutturati, ammodernati, ma non li ha distrutti. Non sono folli, sarebbero rimasti tutti vittime delle forze centrifughe cecene e delle piccole repubbliche islamiche, in cerca di consolidamento di Stati da controllare con la Sharia e il Corano. Buon per noi che non l’abbiano fatto, o a Damasco sventolerebbe la bandiera nera del Califfato dell’Isis.
Invece, questi somari calzati e vestiti, abdicano la gestione dei migranti profughi, che hanno provocato loro stessi con le guerre insensate che hanno ridotto il medioriente e nord africa in queste condizioni, alla Turchia, che non è uno Stato Europeo... sospettata di avere anche legami e simpatie con l'ISIS, alla quale sono stati dati anche una montagna di Euro per occuparsene lei... Incommentabile!
Nel frattempo questo è tutto!

Antonino Arconte

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