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La formula del latte è Vacca2O
- gino sighicelli
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ti propongo un rebus
ovvero, una questione di fantascienza (come se si trattasse di analisi preliminare a programmazione finalizzata alla realizzazione di un giochino di simulazione interattiva su PC)
rilevi l'esistenza di qualche incongruenza (o comunque di qualche importante imperfezione)?:
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
i seguenti sono i presupposti:
1) Nel ‘vuoto’, la velocità di dissipazione del campo di una qualsiasi sorgente sarebbe circa c (la così detta “velocità della luce”); ciascuna sorgente occupa un volume sferico infinitesimale.
2) Il campo di ciascuna qualsiasi sorgente sarebbe perfettamente sferico, ma solamente e solamente se
(doppia implicazione intesa nel modo tradizionale; ovvero, venendo limitata all’affermazione che “A ↔ B” significa che: se è vero A allora è vero B; se è falso B allora è falso A; altrimenti nulla è dato di sapere)
esso mai dovesse incontrare alcun ostacolo. Siccome a poter ostacolare la dissipazione del campo di ciascuna qualsiasi sorgente è previsto poter/dover essere solamente il campo di ogni qualsiasi altra sorgente (inclusa in un suo orizzonte pressoché sterminato), l’implicazione è dunque che:
mai e in nessun caso il campo di ogni qualsiasi sorgente possa risultare essere perfettamente sferico.
3) qualsiasi deformazione può intervenire purché essa non comprometta la continuità del campo dissipato
↔
Per cominciare, riassumo dapprima quale sarebbe la topologia di un campo la cui dissipazione non venisse in alcun modo ostacolata:
immaginandolo scomponibile in una infinita successione di superfici sferiche, ed assumendo che ciascuna superficie conserverà in eterno la quantità infinitesimale di campo che inizialmente le venne ‘consegnata’ (quando quella superficie scaturì dalla sua propria sorgente), è facile poi dedurre che, con il crescere del raggio (poiché l’area della superficie (sferica) deve crescere con il quadrato del raggio) la densità di qualsiasi area infinitesimale di quella superficie debba decrescere progressivamente, anch’essa, con il parimenti progressivo crescere del quadrato del raggio
(d1× a1 = d2× a2. (d1:= densità in qualsiasi punto di una qualsiasi superficie; a1:= area della superficie 1; d2:= densità in qualsiasi punto di una qualsiasi altra superficie; a2:= area della superficie 2)
In pratica, tra i campi normalmente immaginati (ad esempio, nel caso dei 2 campi dei protoni: sia il loro campo gravitazionale che il loro campo elettromagnetico (quello della sua carica positiva)) e quello dissipato qui invece immaginato, nonostante la differente presupposizione (rispetto alla presupposta staticità dei campi tradizionalmente utilizzati), in relazione alla loro forma ed alla distribuzione in essi della densità di campo, non vi sarebbe alcuna differenza (detto in altre parole: nella moderna teoria della fisica, la presupposizione della sua dissipazione, in relazione agli effetti determinati da un qualsiasi campo, non implicherebbe alcuna differenza).
Di seguito discuto invece la più importante ed immediata implicazione della deformazione che, in un qualsiasi campo dissipato, dovrebbe necessariamente intervenire in conseguenza del suo venire ostacolato dalla dissipazione dei campi di altre sorgenti di campo:
1) la presupposizione della continuità del campo implica che nessuna parte di ciascuna superficie emessa (mai) possa sovrapporsi (o addirittura scavalcare) qualsiasi parte della superficie che la precede (che la precede := la superficie emessa nell’istante precedente, rispetto all’istante in cui la prima superficie è stata emessa): è implicita la nozione che ciascuna superficie debba sempre ed in ogni suo luogo aderire sia alla superficie che nella dissipazione la precede (quella emessa nell’istante successivo all’istante della sua nascita), si a quella che nella dissipazione le succede
2) il campo di qualsiasi sorgente viene previsto dover venire più o meno ostacolato, ma sempre in modo linearmente proporzionale, rispetto alla densità del campo risultante dalla sovrapposizione dei campi di altre sorgenti (in funzione lineare della densità della sovrapposizione dei campi che deve attraversare).
3) considerando l’ipotesi di un universo in cui vi fosse una sola coppia di sorgenti e considerando il segmento di linea retta che idealmente le connetterebbe, analizzando la forma che implicitamente avrebbe una qualsiasi loro superficie ‘sferica’ (di una o l’altra le due sorgenti), deve venire dedotto che almeno in un qualche ristretto intorno sferico di ambedue le sorgenti, d’intorno a quella linea retta la loro forma debba risultare essersi schiacciata
4) da (1) e (2) e (3): in primo luogo deriva la nozione di un maggiore addensamento delle superfici lungo il segmento di linea retta, rispetto a come esse risulterebbero distribuite in ogni altra direzione; in secondo luogo vi è la deduzione della necessità di una ridistribuzione trasversale della densità di campo in ciascuna superficie deformata, poiché ai margini della parte maggiormente schiacciata, in conseguenza dell’incremento dell’area della superficie sferica deformata, altrimenti dovrebbe intervenire un alone ‘depressurizzato’
5) in conseguenza della (1), la stessa redistribuzione dovrebbe anche intervenire in ciascuna superficie che incalzi quella considerata in (4)
6) a causa della maggiore densità dell’ostacolo incontrato dalla superficie considerata in (4), la redistribuzione descritta in (5) (quella che necessariamente dovrebbe intervenire nelle superfici che incalzano la superficie maggiormente ostacolata) deve intervenire anche longitudinalmente, onde annullare la rarefazione che altrimenti comparirebbe anche nella direzione radiale:
una forma perfettamente sferica, nel verso della dissipazione, implica la decrescita quadratica della densità; una forma topologicamente sferica ma schiacciata deve implicare una decrescita più che quadratica della densità, ma anche nessuna regione in cui la densità possa risultare essere inferiore rispettò a quella che si avrebbe nel caso di una decrescita quadratica verso l’esterno (verrebbe a mancare il presupposto della necessità di almeno un ristretto intorno sferico tale da conservare in ogni caso una topologia sferica (seppure deformata))
7) dai punti precedenti è derivabile l’implicazione che ciascun incremento della densità del campo che ostacoli la dissipazione di una qualsiasi sorgente debba implicare una sorta di effetto ‘risucchio’ della sorgente, nella direzione in cui le superfici più prossime alla sorgente medesima risultino essersi maggiormente addensate (in pratica, la presupposizione della necessità della continuità del campo di ciascuna sorgente, implicherebbe la necessità che la sorgente del campo venga infinitesimalmente ma continuamente ‘risucchiata’ nella direzione in cui la dissipazione del suo campo venga maggiormente ostacolata; poiché altrimenti la superficie che la sorgente dovrebbe emettere in un qualsiasi dato istante, in quella direzione non aderirebbe alla superficie che immediatamente la precede (“quella che la precede” equivalendo a dire “la superficie emessa nell’istante precedente”)
implicita è infine anche la spiegazione della progressione normalmente quadratica della velocità della sorgente ‘risucchiata’:
8.1) il suo moto deve avvenire nella direzione in cui il suo campo venga maggiormente ostacolato e, quindi, anche rallentato;
8.2) muovendosi in quella direzione, la sorgente (e la parte del suo campo in quella direzione) incontrerà un campo ostacolante sempre più denso; a cui dovrà parimenti corrispondere un effetto di ‘risucchio’, anch’esso progressivamente crescente
ad esempio, nell’ipotesi di una sorgente immersa in una sovrapposizioni di campi la cui forma fosse approssimativamente sferica, la forma sferica di quella sovrapposizione implicherebbe che, nella direzione e verso, verso il centro di quella sovrapposizione, la densità dell’ostacolo dovrebbe crescere quadraticamente; essendo essa (quella sovrapposizione) il campo che maggiormente ostacola la dissipazione della sorgente, al crescere quadraticamente la densità dell’ostacolo dovrebbe pertanto corrispondere il crescere quadratico della reazione alla densità dell’ostacolo; ovvero, dell’effetto di ‘risucchio’ della sorgente nella direzione dell’ostacolo.
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FranZη
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- gino sighicelli
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rilevi l'esistenza di qualche incongruenza (o comunque di qualche importante imperfezione)?
Scusa ma, esattamente, cos'è che dovrei fare?
riformulo la mia questione:
avrei altrimenti potuto limitarmi ad imporre una o più ulteriori restrizioni (mediante ulteriori presupposizioni iniziali)
ad esempio, avrei potuto limitare la libertà nello spazio della rappresentazione (quello derivabile dai presupposti iniziali) imponendo l’ulteriore presupposto:
4) ciascuna sorgente di campo deve sempre occupare il baricentro del proprio campo (o magari anche indebolendolo un pochino, aggiungendo: “almeno nell’intorno del suo campo (a topologia sferica) che la ingloba”)
implicitamente la mia scelta invece fu a favore della mia (incerta) ipotesi che l’attuale teoria della fluidodinamica possa non contraddire le deduzioni da ma accampate (o almeno, non contraddirle clamorosamente)
peraltro, facile è accertarsi del fatto che, in non rari casi, la fluidodinamica è almeno (come minimo) controituitiva
ad esempio, vedi:
1) it.wikipedia.org/wiki/Discussione:Bolina ;
2) « Una conseguenza dell'equazione di Bernoulli [...] è il fenomeno che va sotto il nome di paradosso idrodinamico » ( ishtar.df.unibo.it/mflu/html/paradoxdin.html );
3) « Per spiegare perché sussiste il paradosso idrostatico dobbiamo ricordarci della legge di Stevino [...] » ( www.youmath.it/lezioni/fisica/idrostatic...sso-idrostatico.html )
dalle discussioni trascritte in (1), intervenute tra alcuni revisori di wikipedia, circa le possibili ragioni dell’andatura di bolina, chiaramente emerge inoltre l’evidenza di una, per me molto sorprendente, loro più che notevole incertezza, su come la realtà debba/possa venire interpretata, alla ‘luce’ della teoria fluidodinamica
trascurando poi il fatto che l’incertezza diventerebbe poi addirittura straordinariamente palese, per chi anche si accorgesse che in essa venne prodotta perfino confusione sui termini ‘sopravvento’ e ‘sottovento’, ribaltandone i significati … (nella navigazione a vela il ‘sopravvento’ ed il ‘sottovento’ determinano il diritto di precedenza: « Tra due imbarcazioni a vela che navigano sulle stesse mure ha diritto di rotta quella che si trova sottovento all'altra. » …) … e senza che nessun interlocutore osasse farlo poi notare
peraltro, il più in gamba, tra quelli intervenuti, almeno dimostrò di essere stato almeno avvezzo alla navigazione a vela ed ai molti e molto complicati fenomeni che in essa si manifestano
un’altra ulteriore mia incertezza è pertinente al significato di “a topologia sferica”. La locuzione io normalmente la utilizzo immaginando una restrizione di questo tipo: “decrescita continua verso l'esterno (non necessariamente linearmente e/o uniformemente) della densità”
un’altra ulteriore ragione della mia richiesta fu di stimolare qualche tua critica (per me finora imprevedibile) in relazione alle mie argomentazioni
ed eventualmente ottenere il tuo permesso di continuare, questo mio giochino, permettendomi di svilupparlo ulteriormente, sul tuo forum, anche in relazione ai successivi 4 punti:
2) simulazione dell’energia cinetica e dell’energia in generale;
3) simulazione degli effetti relativistici delle velocità;
4) simulazione degli effetti relativistici della densità delle sorgenti di campo;
5) simulazione del principio d’inerzia.
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Beh, messa così preferivo la formulazione originale:gino sighicelli ha scritto: riformulo la mia questione:
...
rilevi l'esistenza di qualche incongruenza (o comunque di qualche importante imperfezione)?
Dunque, senza entrare troppo nei dettagli, rilevo:
Cosa sarebbe la "velocità di dissipazione"? Notare che nel caso del campo elettromagnetico (ma anche gravitazionale) la velocità c non c'entra con la legge dell'inverso del quadrato, ci dice piuttosto con che velocità un campo si propaga nel momento in cui "accendiamo" una sorgente, o si dissipa quando la "spegnamo".i seguenti sono i presupposti:
1) Nel ‘vuoto’, la velocità di dissipazione del campo di una qualsiasi sorgente sarebbe circa c (la così detta “velocità della luce”); ciascuna sorgente occupa un volume sferico infinitesimale.
Cosa intendi con "campo sferico"? Per esempio, posto r=(x,y,z) e una sorgente in (0,0,0), il campo V=f(|r|)*r è da considerarsi sferico? (Si tratta di un campo radiale)2) Il campo di ciascuna qualsiasi sorgente sarebbe perfettamente sferico
...
E il campo V=V(|r|)? (Questo invece è un campo che assume valore costante sulle superfici sferiche centrate nell'origine, è una generalizzazione del campo precedente)
Da quello che scrivi dopo in ogni caso mi pare di capire che confondi campi vettoriali con superfici equipotenziali.
Per ora non abbiamo nessuna definizione di "dissipazione" nè di cosa significhi "ostacolare" un campo. Quindi dalle premesse non possiamo trarre nè la conclusione proposta nè nessun altra. Se stiamo parlando di campi vettoriali, cosa che non è ancora stata chiarita, non c'è nessun ostacolo alla dissipazione, qualunque cosa significhi, ma una normale somma vettoriale dei campi, da considerare punto per punto. Nota a margine: si dice "se e solamente se".... ma solamente e solamente se esso mai dovesse incontrare alcun ostacolo. Siccome a poter ostacolare la dissipazione del campo di ciascuna qualsiasi sorgente è previsto poter/dover essere solamente il campo di ogni qualsiasi altra sorgente (inclusa in un suo orizzonte pressoché sterminato), l’implicazione è dunque che:
mai e in nessun caso il campo di ogni qualsiasi sorgente possa risultare essere perfettamente sferico.
Anche qui, nell'ipotesi che siamo in presenza di campi vettoriali, quindi continui, qualunque sia il significato specifico che vogliamo dare al termine "deformazione", direi che l'intento è rimarcare il noto fatto che la somma di due funzioni continue (i campi) è ancora una funzione continua. Almeno credo.3) qualsiasi deformazione può intervenire purché essa non comprometta la continuità del campo dissipato
Da qui in poi, mi spiace Gino, ma non si capisce più una mazza. Metto solo in evidenza due cose legate al tuo uso del termine "topologia". Una topologia consiste nell'individuare una collezione di sottoinsiemi (di R3, nel nostro caso) che costituiscano gli insiemi aperti della topologia stessa. Questo formalmente, ometto la definizione che si può trovare facilmente googolando. Più informalmente si può parlare di topologia di qualcosa (una sfera, una ciambella, una tazzina del caffè...) nel senso di individuare la classe topologica di questo oggetto, per esempio se parliamo di superfici individuare la superficie standard topologicamente equivalente alla superficie in oggetto. Ricordo che due varietà topologiche sono topologicamente equivalenti (omeomorfe) se esiste una funzione biunivoca e continua fra le due, cosa che rende le classi topologiche assai vaste rispetto a quelle ad esempio della geometria classica. "Il topologo è quel tale che non distinge la ciambella dalla tazza!" recita una freddura di moda nei dipartimenti di matematica. E ti risparmio quelle sulla moglie del topologo...
Ora, non mi pare che in quanto scrivi si possa individuare nulla che abbia a che fare con la topologia nei due sensi sopra indicati, quello formale e quello informale. Non solo, a un certo punto leggo:
che è un nonsense topologico: una sfera è topologicamente equivalente persino a un cubo (la superficie di), a maggior ragione è equivalente a una sfera schiacciata....una forma topologicamente sferica ma schiacciata...
Per il resto, purtroppo Gino non si capisce dove vuoi andare a parare, dovresti quantomeno partire definendo qualcosa in modo rigoroso, che si capisca con che enti matematici si ha a che fare, e poi sviluppare un discorso che vada da A a B evitando di passare anche da X, Y e Z.
FranZη
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- gino sighicelli
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(ma la giornata storta lo era già di suo: vivo con due cani (madre e figlia); la madre (12 anni e 1 mese) ha osteosarcomi (per il momento riesce ancora a camminare, ma senza poter appoggiare a terra la zampa posteriore sinistra (individuato (come minimo) osteosarcoma su tutta la testa del femore, dalla parte della rotula)).
Bon! Di seguito tenterò di raddrizzarla almeno in parte.
La mia intenzione non è di entrare in polemica: è un mio tentativo di trovare un minimo di accordo e sintonia
(nessuna polemica e nessun sottinteso riferimento a te: è solamente il resoconto di convinzioni che maturai, in conseguenza di due mie esperienze che, nel mio vissuto, io ritengo essere state tra le più importanti)
due importanti mie esperienze:
1) erano gli anni 73/74; corso di laurea in chimica, università di Padova. Un unico insegnante veramente eccellente (l’unico veramente eccellente insegnante che io abbia mai avuto l’occasione di conoscere). Non ricordo più il suo nome; il suo cognome era Sambo. La teoria matematica l’insegnava alla maniera insiemistica (immagino aderendo ai dettami del circolo Bourbaki). Quando egli ci trasmise la definizione del concetto di limite, al livello formale la compresi (e molto mi piacque). Quella comprensione poi però si rivelò insufficiente: la comprensione formale di quel concetto è insufficiente; poiché quel concetto è un importantissimo fondamento semantico. Nel mio caso, per comprenderlo veramente, ebbi bisogno di sviluppare la sua comprensione nel contesto dei teoremi che lo utilizzavano: senza quella nuova semantica i teoremi non potevano venire apprezzati veramente (senza di essa: nessuna bellezza, poca chiarezza, nessuna eleganza, poco entusiasmanti (senza quella semantica, i teoremi erano cose pressoché miserabili)); ma senza quei teoremi, la semantica del concetto non poteva emergere. L’emersione, però, poi li trasformava, in vere e proprie opere d’arte. I teoremi permettevano di apprezzare la definizione; la definizione permetteva di apprezzare i teoremi che da essa derivavano.
2) gli anni ora sono quelli della mia principale esperienza professionale: 78-94 (programmazione di computer)
anche la programmazione è fondata su linguaggi rigorosi (al confronto di quelli matematici, quelli della programmazione dei computer sono però linguaggi quasi elementari; ma in quanto a rigore, o nessuna differenza, o addirittura una differenza a favore dei linguaggi di programmazione
quando un programmatore di computer deve analizzare una problematica da affrontare e risolvere, meglio è però che gli strumenti del suo lavoro li metta tutti da una parte; poiché nell’analisi di qualsiasi nuovo orizzonte niente può esservi di meglio dell’immaginazione umana
è inoltre da tenere in conto il fatto che un buon programmatore di computer deve anche saper comunicare con chi detenga una nozione della questione problematica (di quello che, per il programmatore, è un del tutto nuovo orizzonte); una nozione della questione problematica normalmente affatto più evoluta e molto più profonda, rispetto alla nozione che il programmatore inizialmente, di quella particolare questione, normalmente ha
citazione « Cosa sarebbe la "velocità di dissipazione"? »
nel caso di un campo dissipato in nessun modo ostacolato, volendolo rappresentare vettorialmente, la "velocità di dissipazione" è ciò che accomuna ciascun vettore; poiché il modulo del vettore è in tal caso uguale per ogni elemento del campo dissipato (elemento altrimenti normalmente detto ‘punto’ (o, in alternativa: “volume infinitesimale”)) dell’insieme detto essere “campo dissipato”); anche il verso è in tal caso identico, per ciascun elemento (sempre radialmente verso l’esterno); la direzione è invece per ciascun elemento di ciascuna superficie (sottoinsieme dell’insieme “campo dissipato”) differente.
citazione « Cosa intendi con "campo sferico"? »
1) « Per esempio, posto r=(x,y,z) e una sorgente in (0,0,0), il campo V=f(|r|)*r è da considerarsi sferico? »: risposta: sì
2) « E il campo V=V(|r|)? »: risposta: sì
citazione « Per ora non abbiamo nessuna definizione di "dissipazione" nè di cosa significhi "ostacolare" un campo. »
la definizione di ‘dissipazione’ l’ho implicitamente già data sopra (rispondendo alla prima delle tue questioni qui citate)
'ostacolare': il suo significato è: rallentare (in funzione della densità dell’ostacolo)
citazione « Se stiamo parlando di campi vettoriali, […], non c'è nessun ostacolo alla dissipazione »
‘stiamo’ parlando di campi vettoriali nel contesto di un ambiente arricchito da un nuovo valore semantico (l’arricchimento consistendo nel concetto di "dissipazione ostacolata")
citazione « Nota a margine: si dice "se e solamente se" »
inizialmente avevo scritto “solamente se (se e solamente se)”; poi però mi sembrò ridondante, e quindi lo corressi (malamente, ma senza accorgermene) [comunque, anche il “se e solamente se” ( ↔ ) ora lo trovo insoddisfacente: meglio avrei fatto se avessi utilizzato il simbolo ( ← ), a significare “ se è falsa la deduzione, allora sono false le premesse; altrimenti nulla è dato di sapere]
citazione « direi che l'intento è rimarcare il noto fatto che la somma di due funzioni continue (i campi) è ancora una funzione continua »
no. implicitamente davo per scontato che tu avresti capito il significato da me attribuito a ‘dissipazione’ e ‘ostacolato’; ed a “dissipazione ostacolata”
citazione « Da qui in poi, mi spiace Gino, ma non si capisce più una mazza. »
è un gran peccato; anche poiché ci scommetterei che tu la questione problematica (quella che io non sono in grado di risolvere) saresti invece in grado di risolverla (e probabilmente anche con poco sforzo)
citazione «...una forma topologicamente sferica ma schiacciata... »
ammetto il mio errore: avrei dovuto scrivere (seppure probabilmente continuando ad esprimermi in modo formalmente inappropriato): “una forma sferica ma deformata (schiacciata, ma topologicamente ancora sferica)”
citazione «una sfera è topologicamente equivalente persino a un cubo »
forse ciò che dici è vero (immagino lo sia)
ciò che dici però (credo) vero non lo può (possa) essere nel contesto di una topologia sferica; poiché una topologia sferica implica (implicherebbe (per quanto mi è dato di capire)) la seguente restrizione:
assenza di (sono vietate le) singolarità/discontinuità, lungo qualsiasi traiettoria in essa immaginabile (sulla superficie). Ad esempio, nel caso di un cubo (di una superficie cubica), gli otto vertici ed i dodici spigoli del cubo sono tutti luoghi in cui la restrizione (il divieto) non verrebbe rispettata (non verrebbe rispettato)
per ora mi limito a quanto ho finora scritto
ci penserò su e, seppure in assenza di tuoi chiarimenti e/o indizi (su ciò che ti risulta incomprensibile), cercherò di sforzarmi d’immaginare quali possano essere le cause della tua incomprensione (ovvero, della mia incapacità di permetterti di capire ciò che a me parrebbe essere più che sufficientemente chiaro)
Ciao,
Gino
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Partiamo dalla fine, la topologia: una superficie sferica e una cubica sono omeomorfe (topologicamente equivalenti) per antonomasia, siamo all'A-B-C della topologia. Intuitivamente due superfici sono omeomorfe se è possibile deformare una fino ad ottenere l'altra, l'unica clausola è che non si creino strappi, buchi o ripiegamenti. Quindi, sempre intuitivamente, se prendo una superficie cubica e la "gonfio" ottengo una superficie sferica. Formalmente la cosa è solo un po' più complessa per via del fatto che va esplicitata una funzione bicontinua fra le due superfici.
Poi scusami ma questa:
non si può certo considerare una definizione, nè formale matematica ma nemmeno informale e semantica, non si capisce proprio di cosa stai parlando:nel caso di un campo dissipato in nessun modo ostacolato, volendolo rappresentare vettorialmente, la "velocità di dissipazione" è ciò che accomuna ciascun vettore; poiché il modulo del vettore è in tal caso uguale per ogni elemento del campo dissipato (elemento altrimenti normalmente detto ‘punto’ (o, in alternativa: “volume infinitesimale”)) dell’insieme detto essere “campo dissipato”); anche il verso è in tal caso identico, per ciascun elemento (sempre radialmente verso l’esterno); la direzione è invece per ciascun elemento di ciascuna superficie (sottoinsieme dell’insieme “campo dissipato”) differente.
"velocità di dissipazione" <==> "ciò che accomuna ogni vettore"
!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ciò che accomuna ogni vettore direi che è il fatto che sono vettori!
"il modulo del vettore è in tal caso uguale per ogni elemento del campo dissipato..."
Ma si può sapere cos'è questo campo "dissipato"? Prendiamo il campo V(x,y,z)=(x,y,z), è il campo che ad ogni punto associa come vettore il punto stesso. E' un campo radiale ("sferico" nella tua particolare accezione), quale sarebbe il "campo dissipato" corrispondente? E quale la velocità di dissipazione? Se nel punto (1,1,1) c'è un "ostacolo", quale sarebbe il risultante "campo ostacolato"?
Il mio suggerimento, piuttosto che cercare di dare risposte alle domande qua sopra, è di cercare fra i concetti di calcolo vettoriale/geometria differenziale già esistenti (sono tantissimi) quelli che corrispondono alla tua idea. Nel caso non ne trovassi di soddisfacenti, non prendertela ma temo che i tuoi concetti non abbiano molto futuro, perchè stiamo parlando di una branca matematica molto sviluppata e approfondita. Insomma, quello che serviva per trattare i campi vettoriali è già stato sviluppato, e se non è stato sviluppato non serviva.
FranZη
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(sono d’accordo con te sul fatto che non avrebbe senso proseguire oltre)
poi, se lo vorrai, sarai tu a dire l’ultima parola; poiché in ogni caso io mai più replicherò
Ma si può sapere cos'è questo campo "dissipato"? Prendiamo il campo V(x,y,z)=(x,y,z), è il campo che ad ogni punto associa come vettore il punto stesso. E' un campo radiale ("sferico" nella tua particolare accezione), quale sarebbe il "campo dissipato" corrispondente? E quale la velocità di dissipazione? Se nel punto (1,1,1) c'è un "ostacolo", quale sarebbe il risultante "campo ostacolato"?
è una domanda a cui credevo di aver già risposto (preliminarmente) in modo sufficientemente esteso e chiaro
una nozione più precisa, di cosa io intendessi parlando di ‘campo dissipato’ e di “campo dissipato ostacolato”, sarebbe emersa o mediante richieste di spiegazioni o mediante lettura di quanto mi proponevo di discutere in miei interventi successivi (in tal caso avrei anche incluso qualche mio disegnino)
ritengo peraltro inutile ogni tentativo di sfondare barriere preclusive, dalla parte di chiunque manifesti evidentemente segnali di fastidio e renitenza alla collaborazione
a quanto pare, secondo quanto tu mi dici, chiunque avesse letto le mie risposte precedenti, da esse non avrebbe potuto trarre alcun senso intelliggibile
il ché è pur sempre possibile, dato il fatto che ciò già Eraclito lo previde:
frammento 2
« Quindi si deve seguire ciò che è comune. Ma benché comune sia questa verità che io insegno, i molti vivono come se avessero un proprio pensiero per loro »
frammento 73
« Non bisogna agire e parlare come nel sonno. (Che anche allora crediamo di agire e parlare.) »
frammento 89
« I desti hanno un unico mondo comune (ma nel sonno ognuno si apparta in un mondo a lui proprio). »
quindi, lo stesso Eraclito, quello che anche fu tra coloro che postularono l’intelliggibilità dei fenomeni naturali, ciò nonostante anche previde la possibilità, per alcuni umani, di parlare in modo tale che agli altri umani risulti inintelliggibile
lo stesso Eraclito che, però, anche, presumibilmente, scrisse questo ulteriore suo frammento:
frammento 26
« L’uomo accende a sé stesso una luce nella notte, quando i suoi occhi sono spenti; da vivo tocca il morto, con gli occhi spenti, da sveglio tocca il dormiente »
comunque, affinché almeno io non possa venire sospettato di eccessiva ambiguità, mi sono poi anche sforzato di escogitare un ‘luogo’ intermedio, tra la mia ignoranza e la tua sapienza
è un luogo del tipo di quello che a suo tempo escogitò Archimede, parlandone nel suo Metodo
invece di grandezze infinitesimali, in esso compaiono grandezze infime, ma piccole a piacere (grandezze sempre e comunque però ‘finite’)
con ciò, ovviamente, il prezzo da pagare è la raffinatissima nozione dei moderni del continuo (pertanto, nel seguito, invece del « continuo » dei moderni, parlerò del ‘continuo’ alla Archimede)
come spazio della raffigurazione assumo quello vettoriale, limitandomi alla descrizione di solamente un unico infimo volume e limitandomi a solamente 3 fasi consecutive, in relazione alla presupposta trasformazione continua di una unica superficie
(3 fasi corrispondenti a tre istanti consecutivi; la descrizione di tutti gli infimi volumi appartenenti alla superficie implicherebbe la descrizione (completa ma granulare) delle trasformazioni intervenute, mediante le 3 fasi in tal modo ipotizzate).
con ciò non propongo una soluzione in relazione allo spazio della raffigurazione da utilizzare (gli attori rappresentano e raffigurano); questo spazio della raffigurazione l’ho escogitato al solo scopo (sperando) di almeno attenuare la mia molto spiacevole sensazione di venire (o poter venire) talvolta ‘perculato’ … )
per ciascun luogo della superficie mi limito a considerare un volume ‘infimo’
(uno dei tanti e moltissimi e piccolissimi tasselli in cui è comunque possibile immaginare di poter scomporre una superfice a topologia sferica)
(un volume molto piccolo, ma mai infinitesimale: un volume finito, molto piccolo, ed anche (alla bisogna) indefinitamente ulteriormente riducibile (ma, comunque e in ogni caso, un volume molto più piccolo rispetto alle unità atomiche di volume: ad esempio, molto più piccolo del volume occupato da un singolo protone))
… ed un numero finito di altri infimi volumi confinanti con il primo (volumi confinanti ai quali viene imposto di rimanere uniformemente e simmetricamente distribuiti sulla superficie, rispetto all’infimo volume che essi ‘circondano’), presupponendo la possibilità di poter individuare qualsiasi infimo volume mediante una sua corrispondenza biunivoca con una etichetta esclusivamente sua
(sto tentando una semplificazione tale da poter evitare le difficoltà inerenti al calcolo infinitesimale (un numero finito di volumi infinitesimali sarebbe stata un’assurdità); peraltro, se il numero (la quantità di infimi volumi) fosse indefinitamente ampliabile (in corrispondenza alla possibilità di ridurre indefinitamente la quantità di volume unitaria (la granularità)), forse la descrizione che sto tentando permetterebbe comunque una descrizione valida, seppure approssimativa (seppure granulare) di cosa io immagino parlando di ‘campo dissipato’)
nell’istante 1:
a) coordinate del baricentro dell'infimo volume (x,y,z)
(al limite … le coordinate dovrebbero soddisfare la restrizione derivante dal presupposto della ‘continuità’ delle traiettorie degli infimi volumi, nel campo a cui ciascun infimo volume viene presupposto dover costantemente appartenere; le traiettorie devono comunque e sempre garantire la ‘continuità’ e l’integrità (nessun buco) dell’intera superficie a cui ciascun volume deve permanentemente contribuire; l’area di ciascuna superficie viene prevista dover nel tempo continuamente espandersi (ciò implicando la concomitante espansione di ciascun infimo volume); a sua volta, ciascuna superficie viene presupposta sempre e comunque vincolata dalle restrizioni derivabili dal presupposto della necessità della ‘continuità’ del campo dissipato, a cui ciascuna ‘superficie’ deve permanentemente contribuire);
b) descrizione del bilancio degli scambi di densità intervenuti con i 4 volumi confinanti ad esso circostanti (rispetto alla distribuzione della densità che si ebbe nell’istante precedente)
(l’insieme dei volumi circostanti nell’istante precedente può idealmente venire ampliato indefinitamente, essendo soluzioni valide tutte le 2^n descrizioni possibili (1<n<∞); immagino (senza esserne sicuro) che i volumi confinanti ad esso circostanti risulterebbero dover rimanere nel tempo sempre gli stessi (è una ipotesi raffigurativa che ho appena escogitato: molto probabile che riflettendoci sopra ulteriormente risulterebbe essere almeno lacunosa, almeno in alcune delle sue parti))
c) le traiettorie dei baricentri degli infimi volumi non possono rimanere rettilinee
d) il compattamento delle superfici a causa del loro rallentamento, in conseguenza di ostacolo alla dissipazione, verrebbe descritto mediante la riduzione dello spessore di ciascun infimo volume (tassello) ostacolato
nell’istante 2: come sopra
nell’istante 3: come sopra
di seguito descrivo come questa descrizione sarebbe tediosamente semplice nel caso di una dissipazione che non venisse in alcun modo ostacolata
nell’istante 1:
a) coordinate del centro dell’infimo volume implicitamente predeterminabili molto semplicemente, sulla base della presupposizione che dipenderebbero esclusivamente dalla velocità costante della dissipazione (funzione delle coordinate nell’istante precedente (traiettoria presupposta dover essere radiale) e della velocità della dissipazione (presupposta dover essere in modulo costante, costantemente radiale e costantemente volta verso l’esterno)); anche in tal caso l’infimo volume deve necessariamente e continuamente espandersi
b) nessuno scambio viene presupposto essere possibile/necessario
c) traiettorie dei centri degli infimi volumi sempre rettilinee
d) nessun ostacolo (lo spessore di ciascun infimo volume rimane nel tempo inalterato)
nell’istante 2: come sopra
nell’istante 3: come sopra
di seguito descrivo come questa descrizione sarebbe ancor più semplice nel caso di non dissipazione (nel caso di campo presupposto statico)
nell’istante 1:
a) coordinate del centro dell’infimo volume;
b) nessuno scambio viene presupposto possibile/necessario
c) i centri degli infimi volumi permangono perpetuamente immobili
d) lo spessore di ciascun infimo volume permane nel tempo inalterato
nell’istante 2: come sopra
nell’istante 3: come sopra
infine descrivo brevemente una delle tante possibili ragioni per cui la nozione di campo, dati gli sviluppi intervenuti nella teoria della fisica da Maxwell in poi, può oggi risultare essere insoddisfacente
normalmente un campo viene immaginato come un ente statico; io invece posso anche immaginarlo come un ente dinamico (un ente dissipato).
i modi d’intendere la nozione di campo possono essere molti; tutti però risultando essere caratterizzati dalla presupposizione della loro staticità (salvo i bruschi e repentini cambiamenti contemplati dalle teorie quantistiche (normalmente in relazione al solo campo dell’elettrone)
a mio parere, il modo tradizionale d’intendere il campo delle particelle dovrebbe equivalere a presupporre una sorta di camicia di forza, delle particelle che lo ‘determinerebbero’ (in tali casi, ciascuna particella sarebbe paragonabile (metaforicamente) ad una elefantessa ballerina dotata di un suo proprio ‘gonnellino’; a parte però il fatto che, nel caso delle particelle utilizzate dalle teoria della fisica, il ‘gonnellino’ dell’elefantessa risulterebbe paragonabile a molto più che un intero oceano, ed oltretutto congelato (rigido e statico): una ballerina immersa in un immenso blocco di ghiaccio
eppure la ballerina la si suppone normalmente poter muoversi pressoché liberamente, poiché quel suo ‘gonnellino’ l’accompagnerebbe ovunque, senza con ciò pressoché opporre alcuna resistenza (quando, peraltro, in taluni contesti (oramai anch’essi essendo infine diventati ‘tradizionali’) viene perfino asserito che, in fin dei conti, anche qualsiasi particella altro non sarebbe che densità di campo … (ma, mi chiedo, è mai stata considerata l’enorme sproporzione tra quanto campo vi sarebbe all’interno del volume di una qualsiasi particella, al confronto della quantità (di quel suo stesso campo) che invece vi sarebbe all’esterno di essa?)
io credo che l’assuefazione normalmente tolga agli assuefatti il senno della ragione
(per come la vedo io, un campo dissipato e ostacolato è nella condizione di poter assolvere (egregiamente) a tutte le funzioni che, altrimenti, Maxwell e Hertz (e Poincaré e Lorentz …) attribuirono all’etere (ma non solamente ciò … ))
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Spero che ti renderai conto che dopo questa supercazzola che parte da Eraclito e arriva a Poincarè via infimitesimi (ex astro per infima ad astrum) non hai ancora risposto alla semplice, nel senso dell'intelligibilità, domanda: dato il campo V proposto sopra, qual è il corrispondente "campo dissipato"?
La risposta è dentro di te (e di chi se no? Sono tutti concetti indefiniti e indefinibili* che ti sei inventato tu...). E però è sbagliata. (Cit.)
*(edit) Giusto perchè non si abbia l'impressione che sono io ad essere poco indulgente con la tua personale idea di "definizione", sia questa matematica ma anche solo intuitiva purchè formulata in italiano comprensibile, ecco un esempio relativo a una materia che dovresti conoscere bene.
Definizione di ciclo WHILE (à la Gino): trattasi di processo computazionale (o in ogni caso traducibile in computazione (tipicamente da una macchina (reale o anche solo virtuale/concettuale/immaginaria))) potenzialmente infinito subordinato ad una condizione preminente (condizione nel senso di qualità, requisito, situazione o presupposto necessarî a un determinato scopo (e quindi non nell'accezione di misura del prezzo richiesto come corrispettivo di una prestazione, di una vendita, o comunque in cambio di un bene o per una qualsiasi operazione di natura commerciale)).
FranZη
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Mmm, con le immagini finali del video illustrativo del canale (rossetto nero...:puke:) si è giocata tutta la captatio benevolentiae...
Ho guardato solo questo video , qui c'è qualcosa che non mi torna...
Quello che ha tracciato è il grafico della funzione -sen(x). Anche in quanto segue c'è qualche problemino: prima traccia correttamente il grafico di sen(2x), poi però il grafico successivo è della funzione sen(4x), non sen(3x) come scrive la giovane divulgatrice. I grafici delle funzioni sen(nx) con n=1,2,3,4 sono questi:
FranZη
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Mah, la voce mi sembrava proprio la sua ed era italiana, in ogni caso un - è un meno in qualsiasi lingua. Quella è la funzione -sin(x) tanto in inglese quanto in italiano o cinese. Il fatto che ha sbagliato anche l'altro grafico mi sembra indubbiamente puntare nella direzione che ha qualche problema con le funzioni trigonometriche, è roba del liceo.
FranZη
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Stavo chiacchierando con un conoscente, professore in una scuola privata, circa il disagio mentale che devono avere certi autori di testi scolastici, quando ecco che per pura coincidenza mi arriva via whatsapp una richiesta di aiuto per risolvere questo esercizio:
Siccome in quel momento ero in birreria, ho letto molto velocemente e risposto al volo, dicendo che andava risolta la proporzione:
4,6:16,8=3*320:x
e si otteneva la distanza in cm. Ho anche avuto la premura di specificare che si trattava di un risultato leggermente approssimato, però dato che la distanza dell'edificio era molto maggiore della distanza dello specchio era un'approssimazione più che accettabile. In ogni caso la soluzione esatta si otteneva mettendo (16,8+x) al posto della "x" nella proporzione qui sopra.
Quello che non ho visto leggendo velocemente è che era anche riportata la soluzione dell'esercizio, 34,7 m, e in effetti non coincideva nè con la soluzione approssimata, che darebbe 35,06 metri (diciamo 35 insomma), nè con quella "esatta", di 34,89 metri (che, data la natura del problema, potremmo ancora arrotondare a 35 metri senza particolari sensi di colpa).
Mi arriva infatti una nuova richiesta, dove mi si chiede come si fa a impostare la proporzione. Stavolta rispondo col seguente schemino:
Se non si capisse sulla sinistra c'è lo specchietto, sulla destra l'edificio e tra i due, in basso, l'occhio di Giorgia. Ovviamente il disegno non vuole essere in scala coi dati del problema. Come si vede la soluzione approssimata è quella che si ottiene ignorando la piccola striscia in basso, cioè considerando il triangolo rosso più grande come se avesse altezza 3*3,20=9,60 metri invece che 9,60-0,048. La soluzione esatta invece tiene conto di questa differenza, per la precisione l'ho ottenuta aggiungendo al triangolo più grande, quello che ha come altezza l'edificio sulla destra, il suo vertice in basso a sinistra, che si trova al di là dello specchio (e non è disegnato in figura). In questo modo si ha un triangolo di base 16,8+x e altezza 3*320, da cui la proporzione. La procedura è del tutto equivalente ad utilizzare invece il triangolo grande rosso, con base "x" e altezza 960-4,6, che dà luogo ad una proporzione diversa ma che fornisce lo stesso risultato per la "x".
Solo che come ho detto nè la soluzione esatta, nè tantomeno quella approssimata, coincidono con quella riportata sotto l'esercizio. Qual è il problema? Ecco che arriviamo a giustificare il titolo di questo post. Infatti, se nell'esercizio avessero chiesto la distanza specchio-edificio, la "x" del mio disegno sarebbe la risposta corretta, ma i furbissimi ideatori del quesito, forse non paghi di aver ideato una domanda tutto sommato ben posta e utile per valutare la comprensione dell'argomento, hanno voluto inserire il colpo di genio: vogliono proprio la distanza di Giorgia dall'edificio. Il fatto è che la distanza fra due piani paralleli, lo specchio e la facciata dall'edificio, è una misura ben definita che - almeno in linea teorica - si potrebbe calcolare con tutta la precisione che si vuole. Nel nostro caso:
x = distanza specchio-edificio = 34,8928695652 metri (mi sono fermato ai decimiliardesimi di metro)
Per quanto riguarda la distanza Giorgia-edificio invece le cose si complicano parecchio. Quella riportata come soluzione corretta dell'esercizio è la distanza fra l'occhio di Giorgia, anzi, fra il centro focale dell'occhio di Giorgia e l'edificio (e si ottiene chiaramente sottrendo 16,8 cm da quella "x" che trovavo sopra come soluzione esatta). Ma Giorgia, o meglio: il corpo di Giorgia, ha una sua estensione geometrica e non coincide certamente col centro focale del suo occhio. E non sono io che sto facendo il pignolo: sono loro (chi ha ideato l'esercizio) che non considerano trascurabile la distanza dello specchio da Giorgia, rispetto alla distanza dall'edificio, inoltre dalla risposta in calce al quesito si evince che la precisione richiesta nella soluzione è la distanza al decimetro, dunque l'estensione del corpo di Giorgia non è certamente trascurabile ai fini della risoluzione dell'esercizio. Non possiamo far altro che interpretare la distanza di Giorgia dall'edificio nel senso della distanza geometrica fra corpi estesi, che si definisce come la distanza minima fra i due corpi.
Ora, appurato che "Giorgia" in quanto corpo con estensione geometrica non coincide col suo occhio, nemmeno approssimando, perchè la precisione richiesta dal risultato è sicuramente superiore a questo genere di approssimazione, cerchiamo di usare al meglio i dati che abbiamo. Intanto Giorgia è di spalle all'edificio, con uno specchio in mano, presumibilmente si sta sistemando il trucco, quindi avrà una postura col viso leggermente proteso in avanti, in ogni caso possiamo stabilire con ragionevole certezza che l'occhio di Giorgia è, fra tutte le varie parti anatomiche che compongono Giorgia, una delle più distanti dall'edificio.
Seguendo il ragionamento è facile vedere quale sarà invece la parte anatomica ragionevolmente più vicina all'edificio...sì, aveta capito dai, si tratta del cu...del fondoschiena. Immaginiamo nello schemino sopra di tracciare una linea che dall'occhio di Giorgia scende verticalmente ("a piombo") fino all'altezza della cintura. Da quanto ricavato finora sappiamo che questa linea dista dall'edificio esattamente x-16,8 cm, dove la "x" è quel numero calcolato sopra al decimiliardesimo di metro. Per trovare la distanza di Giorgia dall'edificio dobbiamo dunque sottrarre a questo valore la distanza fra questa linea immaginaria e l'estremità del sedere di Giorgia. Se definiamo quest'ultima distanza, espressa in metri, come "dimensione del culo di Giorgia" (abbreviato in "dcG"), ecco che la soluzione finale, esatta, in metri, dell'esercizio sarà:
distanza Giorgia-edificio = 34,8928695652 - 0,168 - dcG
Distanza che, arrotondando al decimetro, risulta infine essere: (34,7 - dcG) metri.
FranZη
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Chi non fosse interessato alla parte teorica introduttiva può saltare direttamente a dopo il margine ****** per vedere l'applicazione pratica al contagio da Coronavirus.
Visti i tempi direi che è il caso di parlare del modello matematico conosciuto con l'acronimo SIR, già specificato nel titolo, modello che intende prevedere le dinamiche dei fenomeni epidemici. Come ogni modello si basa su ipotesi più o meno aderenti alla realtà, e su semplificazioni che discuterò via via.
Nel modello SIR la popolazione totale viene divisa nei tre sottoinsiemi S="suscettibili" (coloro che possono contrarre il contagio), I="infetti" (quelli che possono contagiare) e R="rimossi" (tutti gli altri), una prima ipotesi del modello è che il passaggio fra questi tre insiemi possa avvenire solo in un senso, e precisamente quello suggerito dall'acronimo:
S ---> I ---> R
Questo esclude dal modello situazioni quali le ricadute (gente che da R passa di nuovo a S) o vaccinazioni a epidemia cominciata (chi passa direttamente da S a R). S, I e R sono funzioni del tempo, tipicamente misurato in giorni o se più conveniente in settimane. Poichè R è data dalla popolazione totale meno le altre due categorie, R = N-S-I (N=popolazione), nel modello SIR le funzioni incognite risultano essere S=S(t) e I=I(t) , che necessiteranno di due equazioni per essere esplicitate.
Bisogna ora trovare le due equazioni che definiscono il comportamento nel tempo delle funzioni S e I. Questo genere di equazioni coinvolge, oltre alle funzioni incognite S e I, il modo in cui variano nel tempo, cioè le loro derivate rispetto al tempo, rispettivamente dS/dt e dI/dt. Abbiamo insomma a che fare con un sistema di equazioni differenziali. Per esplicitarlo dovremo fare ulteriori assunzioni, ricordandoci che essendo un modello matematico di una dinamica del mondo reale, dovremo cogliere certe caratteristiche fondamentali del fenomeno in oggetto.
Per quanto riguarda la prima funzione si introduce un parametro "a", che indica il tasso di contagio, e si pone:
dS/dt = -a*S*I
Il lato destro dell'equazione si giustifica come segue: per definizione del parametro "a", in un intervallo temporale unitario (giorno o settimana per intenderci) un Infetto contagia un numero a*S di Suscettibili, moltiplicando questo per il numero degli Infetti I abbiamo la quantità totale di nuovi contagi. Il segno "-" è per via del fatto che stiamo considerando la variazione dei Suscettibili, dato il senso unico S--->I ogni nuovo Infetto è automaticamente un Suscettibile in meno. Questa è dunque la prima equazione del sistema.
La seconda ricava la variazione degli Infetti dI/dt ragionando in modo analogo, solo che a differenza di S l'insieme I ammette variazioni sia in entrata che in uscita, per cui oltre al tasso di contagio "a" si introduce un tasso di rimozione "b". L'equazione che si ricava è:
dI/dt= a*S*I-b*I
Infatti, se ogni nuovo Infetto è un Suscettibile in meno, vale anche il viceversa, per cui abbiamo un termine a*S*I, di segno opposto a quello della prima equazione, che rappresenta i nuovi arrivi, mentre il secondo termine b*I descrive le uscite dall'insieme I, vale a dire le "guarigioni". Metto le virgolette perchè in effetti nel modello non si fa nessuna distinzione fra chi entra nell'insieme dei Rimossi perchè guarito o perchè deceduto.
Il nostro sistema di equazioni differenziali è allora:
Abbiamo dunque le due funzioni incognite (S, I) e i due parametri (a,b), questi ultimi vanno desunti dal particolare fenomeno che stiamo modellizzando. Nelle situazioni reali più che questi specifici parametri può essere più facile stimare due quantità ad essi collegate: la durata media della fase infettiva, che risulta essere 1/b, e la trasmissibilità R0=a/b, che rappresenta il numero di persone contagiate da un Infetto in tutta la durata della malattia.
In generale però a e b non possono essere considerati costanti nel tempo, se vogliamo un modello davvero aderente alla realtà, ma questo complicherebbe parecchio le cose a livello matematico, nel modello SIR si fa allora un'altra assunzione semplificativa, e cioè li si pone costanti per ipotesi. Nella pratica si prenderà una sorta di media dei valori reali. Una volta stimati i parametri, per risolvere il sistema bisogna specificare delle condizioni iniziali, fornendo il numero di appartenenti a ciascuno dei due insiemi S e I nell'istante iniziale t=0, cioè i valori S(0), I(0).
**********************************************************
Veniamo ora al caso che ci interessa: l'applicazione della teoria alla diffusione del Coronavirus. In un commento a un articolo in home avevo già postato i grafici che mi risultavano per la funzione I(t), questo è il primo:
In questa sede posso approfondire un po' come l'ho ricavato. Innanzitutto l'estrapolazione l'ho fatta il 5 marzo, per cui a sinistra della riga rossa ci sono i dati a consuntivo e a destra le previsioni. Come data iniziale ho preso il 26 febbraio, perchè a mio avviso nei primissimi giorni le procedure di rilevazione del virus non erano ancora abbastanza standardizzate per fornire risultati utili a fini statistici. La fonte dei dati è il bollettino quotidiano della Protezione Civile , la serie del numero di casi attivi in Italia (gli Infetti) a partire dal 26.02 fino al 05.03, è la seguente: 470,650,821,1049,1577,1835,2263,2706,3296. Come popolazione totale ho considerato quella italiana: N=60 milioni. Le condizioni iniziali sono perciò:
S(0)=60 000 000
I(0)=470
A questo punto si fa lavorare il computer, visto che il sistema di equazioni differenziali non ammette soluzioni in termini di funzioni elementari. Si parte da valori "plausibilmente medi" per i due parametri a e b e si trova, con metodi numerici (ecco perchè il computer) la soluzione corrispondente, si confronta questa soluzione con la serie dei dati a disposizione, quindi si aggiustano i parametri fino a trovare una corrispondenza migliore. Lo chiamerei un metodo di risoluzione “un colpo al cerchio (a) e uno alla botte (b)”. Dopo un po' di aggiustamenti ho trovato due valori per i parametri che corrispondono a una trasmissibilità R0=2.85 (maggiore delle stime fornite alcune settimane fa dall'OMS) e un periodo di infettività di 7.5 giorni (quest'ultimo invece in linea con la media delle stime OMS).
Da quando ho fatto il grafico sono disponibili due nuovi valori della serie: quelli relativi al 6.03 e 7.03, rispettivamente 3916 e 5061 casi attivi. Il modello stima invece circa 4300 e 5500 Infetti, più che alle approssimazioni del modello e alla stima dei parametri, attribuirei questa discrepanza soprattutto alle misure contenitive, che fanno sì che quella che poteva essere una buona media per i parametri nella prima fase del contagio, quando le misure contenitive erano più blande o nulle, in questi giorni inizia a diventare invece una sovrastima, in particolare della trasmissibilità R0 (che ricordo è il rapporto a/b).
Allargando l'intervallo temporale si evidenzia il picco della curva:
che è previsto per la metà di aprile (circa 50 giorni dal 26.02) con la spaventosa cifra di 17 milioni di Infetti. Come già dicevo nel commento originale non ritengo quest'ultima una situazione possibile, può se mai essere una stima di quello che sarebbe potuto succedere senza alcuna misura contenitiva.
Si può anche fare una stima a ritroso, per cercare di individuare a quando risale il famoso Paziente 0 in Italia: risulta tra fine gennaio e i primi di febbraio. Curiosamente in questi giorni circolano notizie che avvalorerebbero tale stima. A questo proposito vale la pena fare qualche ulteriore considerazione. C'è chi sostiene che il virus sia in giro da diversi mesi, ma che l'epidemia sia stata acclarata solo nelle ultime settimane, quando si è iniziato a fare i tamponi a raffica, almeno da noi.
Il punto è che il modello, pur con le già evidenziate semplificazioni e imprecisioni, ricalca piuttosto bene un certo tratto della curva dei dati dei contagi.
Poniamo che in realtà ci siano molti più contagiati di quelli rilevati dagli esami, poniamo anche di avere la corretta serie di dati. A questa nuova serie dovrà corrispondere un diverso valore di R0, la durata media della malattia invece non dipende dal numero di contagiati, e sarà quindi la stessa. Ma se varia R0=a/b e resta fisso 1/b significa che il parametro “a” è diverso mentre “b” è uguale, ma in questo caso non possiamo avere una curva che si sovrapponga per un certo tratto a quella dei nostri grafici. In altre parole: col nuovo parametro “a” (dovuto ai contagiati non rilevati) non possiamo ottenere la sequenza di dati della protezione civile, neanche se supponiamo che questi rappresentino solo una frazione dei contagiati totali.
La cosa si può vedere così: il sistema di equazioni differenziali per essere risolto richiede l'inserimento di quattro numeri, le due condizioni iniziali e i due parametri a, b. Per ottenere questi numeri abbiamo bisogno di quattro dati, cioè ci serve il numero di contagiati rilevati in tre diversi giorni più il numero dei Suscettibili iniziali. Cambiando i valori di questi dati reali cambia anche la curva del grafico di I(t). Ma siccome io ho usato nove dati per ricavare la curva (il numero dei Suscettibili iniziali è posto pari alla popolazione totale, quindi in realtà i numeri che occorrono sono solo tre), il sistema è sovradeterminato, cioè questa serie di dati identifica in modo piuttosto univoco la curva I(t) corrispondente, se un'altra curva I'(t), ottenuta con parametri (a',b') diversi da (a,b), approssima bene i dati reali, allora significa che (a',b') approssima bene (a,b), cioè le due curve sono vicine non solo come grafico ma anche come parametri. Questo escluderebbe, almeno dal punto di vista teorico-matematico, che il contagio fosse già presente da mesi, ma non rilevato.
NOTA BENE: Questo post non è pensato per avviare una discussione sul Coronavirus in quanto tema d'attualità, ma solo sul modello matematico sopra descritto applicato all'attualità del Coronavirus. Quindi chiunque volesse intervenire è pregato di discutere solo la questione matematica o l'eventuale concordanza coi dati reali che via via saranno disponibili, mentre per la tematica del Coronavirus in generale ci sono altri spazi.
FranZη
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In blu la curva del modello*, in verde i casi di coronavirus attivi rilevati dalla Protezione Civile. La serie dei dati rilevati ha proseguito mantenendosi al di sotto della curva del modello, tuttavia un'analisi di altri parametri mi porta ad escludere che sia dovuto più che altro alle misure contenitive, come sostenevo sopra. Premetto che questo non vuole essere un commento allarmistico, penso che la quarantena totale farà il suo lavoro, solo che nel periodo preso in considerazione non credo sia ancora apprezzabile questo effetto.
Non sono arrivato a questa conclusione tanto perchè le stesse autorità il 10 marzo hanno dichiarato che non erano disponibili tutti i dati dei tamponi, perchè non arrivati in tempo utile, ma piuttosto osservando la percentuale di tamponi positivi, cresciuta costantemente nel periodo in questione. Le tabelle riassuntive giorno per giorno si trovano qui . Prendo a riferimento i tamponi effettuati in Lombardia, per questioni di omogeneità dei dati e perchè è di gran lunga la zona più colpita. La situazione è questa: si è passati da una percentuale di positività del 15-16% nei primi giorni di marzo al 30% circa del 13.03. Siccome i tamponi non vengono fatti su un campione scelto a caso (situazione in cui la percentuale dei positivi dovrebbe ricalcare la percentuale di popolazione infetta), se ne desume che si stanno facendo meno tamponi, cosa plausibile non solo in base ai dati numerici ma anche riflettendo sulla situazione a livello pratico.
Se correggiamo la curva verde tenendo conto di questa diversa percentuale di positività si ottiene la curva rossa, che si può interpretare come la presumibile curva dei contagiati se avessero fatto i tamponi nelle medesime circostanze dei primi giorni. In pratica si moltiplicano i dati a consuntivo per un opportuno coefficiente che corregge la differenza nella percentuale di positività dei campioni. Come si vede la curva blu del modello sta in pratica a metà fra queste due serie di valori, ragion per cui credo che abbia ricalcato in modo accettabile l'evoluzione del contagio nelle due settimane considerate.
Ora per capire quale potrebbe essere l'evoluzione futura bisogna aspettare che il numero di nuovi contagi inizi a calare stabilmente, sapremo allora che abbiamo superato il flesso della curva, cioè il punto in cui cambia la concavità (nel secondo grafico del post precedente il flesso si trova più o meno in corrispondenza del valore 10 sull'asse delle y nella curva a campana). A quel punto si potrà anche cercare di capire quando e a che livello di casi attivi si raggiungerà il picco.
*Per sbaglio ho inserito un valore leggermente diverso per un parametro rispetto all'originale postato una settimana fa, perciò è uscita una curva appena più bassa dell'originale. Siccome avevo già formattato bene il grafico non avevo voglia di rifare tutto, la differenza comunque è davvero minima.
FranZη
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Forse proprio in quei giorni, la gente ha iniziato a capire che c’era poco da scherzare e la curva verde reale inizia ad allontanarsi dalla curva blu teorica senza contenimento.
Se i dati del 10 erano incompleti, forse il flesso si sposta di un giorno ma la sostanza è quella….
E’ certo che la percentuale “risultati positivi/ tamponi fatti” sia cresciuta perché hanno modificato i criteri, adeguandosi ai criteri OMS e smettendo di fare tamponi a tutti indiscriminatamente.
Non so se può servirti ma c’è il caso Vò Euganeo, dove i tamponi sono stati fatti a tutti all’inizio e sono stati rifatti dopo 15-20 giorni. La popolazione secondo Wiki è di 3.305, i positivi inizialmente erano 90 e c’era stato un morto (il primo) – non so altro. Qui ci sono i risultati del II tampone
mattinopadova.gelocal.it/regione/2020/03...vo-il-2-5-1.38563019
Purtroppo manca il legame fra i primi 90 positivi e i 70 attuali; i 70 sono un sottoinsieme dei primi ?? ci sono dei nuovi ??
Richiesta forse impossibile: si può modificare R0 sul modello iniziale abbassandolo a 0,5 o simile (misure contenimento in atto) e, partendo dai dati teorici del 9/10 marzo (curva blu), ricavare una nuova curva per vedere di quanto si abbassa la concavità e, soprattutto, quando arriva ??
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Sarebbe bello ma non credo sia così. Penso sia più probabile che i dati persi nel bollettino del 10.03 siano semplicemente...persi. In quel giorno risultano fatti 7000 tamponi circa, nei giorni seguenti sono quasi il doppio ( github.com/pcm-dpc/COVID-19/blob/master/...amento-nazionale.csv ). Evidentemente, per quanto cerchino di adeguare le risorse, più di un tot di tamponi non riescono a farne, almeno in Lombardia. In tutta Italia il trend dei nuovi infetti è ancora in crescita, coi dati degli ultimi due giorni (non riportati nel grafico) la cosa sarebbe più evidente. Per questo dico che occorre aspettare una serie di almeno alcuni giorni di trend stabilmente decrescente per poter pensare di aver raggiunto e passato il flesso.FZappa ha scritto: A me sembra di vedere un flesso proprio il 9/3 cioè dopo i 2 decreti con relative comparsate in televisione.
Forse proprio in quei giorni, la gente ha iniziato a capire che c’era poco da scherzare e la curva verde reale inizia ad allontanarsi dalla curva blu teorica senza contenimento.
Se i dati del 10 erano incompleti, forse il flesso si sposta di un giorno ma la sostanza è quella….
Il caso di Vò Euganeo è interessante, ma a livello statistico nazionale non può essere rappresentativo proprio perchè è stato fatto il tampone a tutti. Può essere utile magari a capire come mai in Veneto non c'è stata l'esplosione di casi della Lombardia.Non so se può servirti ma c’è il caso Vò Euganeo...
Se poni R0<1 ottieni una curva discendente, perciò hai automaticamente un massimo nel punto iniziale. Ma non è una situazione realistica. Bisognerebbe aggiungere un fattore di smorzamento al modello, tipo una sostituzione del parametro "a" con a*e-t che fa decrescere la trasmissibilità dal valore iniziale R0=2.85 a 0. Con una funzione di taglio si può anche addomesticare il comportamento di questo fattore di smorzamento, facendolo stabilizzare su un un valore opportuno in un intervallo temporale altrettanto opportuno. Ma dovrei guardarci meglio, vedo se trovo qualche versione più sofisticata del modello che tenga conto delle misure di quarantena.Richiesta forse impossibile: si può modificare R0 sul modello iniziale abbassandolo a 0,5 o simile (misure contenimento in atto) e, partendo dai dati teorici del 9/10 marzo (curva blu), ricavare una nuova curva per vedere di quanto si abbassa la concavità e, soprattutto, quando arriva ??
FranZη
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Se, come speriamo tutti, R0 inizia a scendere, non lo fa in corrispondenza dei decreti di blocco (8-9) ma inizia a farlo dopo 7,5 giorni (secondo la tua ipotesi), per poi accentuarsi nei giorni successivi.
C’è anche il ritardo fra quando si manifestano i sintomi, quando fanno i tamponi e quando arrivano i risultati (2-3 giorni ??).
Bisognerebbe trovare una funzione con R0 che decresce, a partire dal 9-10, ma con gli effetti che si manifestano dopo una decina di giorni (che, credo, sia quello che hai scritto tu…..).
Quindi, verso il 19-20 dovremmo vedere i primi effetti di contenimento, soprattutto in Lombardia.
Dal II rilevamento di Vò, io ricavo che, con un contenimento stretto (R0 vicino a zero ma non zero, perché comunque ci sono i familiari), il contagio si è diffuso al 2,5% della popolazione, il chè significherebbe 1,5 milioni di italiani.
A Vò sono finiti in terapia intensiva in 3 + la persona deceduta ovvero, anche partendo dai dati iniziali e togliendo i decessi (3/90 positivi), rapportati a 1,5 milioni, viene un numero in TI che fa gelare il sangue (50.000)…..anche perché non si può neppure contare troppo sulla “non contemporaneità”, visto che pare proprio che in TI si stia parecchio (15-20 giorni??)
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Ecco, hai colto il punto: gli effetti delle misure contenitive si vedono almeno una settimana dopo. La quarantena totale è iniziata quando hanno chiuso i bar e tutti gli esercizi non indispensabili, mercoledì scorso se non ricordo male, quindi i riscontri sul numero di nuovi contagi dovrebbero arrivare nel fine settimana, se tutto va bene in questi giorni dovremmo vedere comunque gli effetti dei primi decreti che istituivano le nuove zone rosse. Bisogna anche vedere cosa succede nel resto d'Italia, nel nord comunque un certo tipo di contenimento è in atto già dal 23.02.
En tat, stóm a baita e spetóm. E se te ghet de nà föra, quarcet zó bé!
(Intanto, stiamo a casa e aspettiamo. E se devi uscire, copriti bene!)
FranZη
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Il testo che accompagna il grafico dice (secondo il Sole): «Sulla base dei dati riportati sul sito del ministero della Salute sull’andamento dei contagi fino al 8 marzo u.s. e ipotizzando un andamento futuro dei contagi giornalieri come dal grafico seguente, elaborato considerando un raddoppio dei contagi in circa 3 giorni fino a metà marzo e successivamente un graduale calo dovuto alle misure di contenimento varate dal Governo. Questo andamento porterebbe ad un numero di soggetti contagiati complessivi pari a circa 92mila».
A me sembra abbiano semplicemente copiato l’andamento di Wuhan, senza particolari elaborazioni, nel filone di “speriamo che io me la cavo”…….
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Solo che secondo me sbaglia considerando i tamponi in tutta Italia e non solo in Lombardia. Il dato del Veneto in particolare sposta sensibilmente il valore nazionale, lì infatti fin da subito hanno fatto una marea di tamponi un po' a tutti quelli che stavano nelle zone a rischio, vedi caso di Vo' Euganeo, trovando molti più negativi rispetto al resto d'Italia. Per esempio il bollettino del due marzo riporta:
Credo che per ora sia ancora una buona stima dei casi attivi effettivi (esclusi gli asintomatici di cui sopra), sempre considerando la correzione dei dati ufficiali con la precentuale di positività di inizio mese. Vediamo se riusciamo a prendere la tangente e uscire dalla fase esponenziale...
FranZη
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Nel post introduttivo al modello SIR ho specificato che non intendo aprire qui una discussione sul coronavirus in generale, ma solo per quel che riguarda l'attinenza al modello. Devo permettermi una piccola deroga a quanto da me stesso richiesto, perchè ormai da giorni si sente parlare da più parti dell'anomalia dei contagi in provicnia di Bergamo e Brescia. Siccome la cosa ha comunque a che fare coi numeri penso sia il caso di fare un breve commento.
Qui non serviranno sistemi di equazioni differenziali, basta una cartina geografica e qualche dato demografico. Come sappiamo il paziente 0 non è mai stato identificato, il paziente 1 invece è un signore di Codogno, che sta qui:
Siamo in provincia di Lodi, vicino sia a Piacenza che Cremona. Le restanti province confinanti sono Milano e Pavia. Siccome il contagio è arrivato quasi subito anche nel cremonese, si sono automaticamente inserite le nuove province confinanti di Bergamo, Brescia, Mantova e Parma. Di seguito la lista degli abitanti di queste province, dei casi di coronavirus e il rapporto abitanti/casi:
I dati del numero di casi sono aggiornati al 18 marzo. Ovviamente minore è il dato dell'ultima colonna, maggiore è la diffusione del virus, dato che ci dice che c'è un contagio ogni x abitanti. Vediamo ora le anomalie. Le province più colpite risultano Lodi e Cremona, cioè dove l'epidemia ha iniziato a diffondersi, a seguire Piacenza con un contagio ogni 214 abitanti, e solo a questo punto arrivano Bergamo e Brescia, quest'ultima con un certo distacco. Quindi basta semplicemente confrontare i numeri dei contagiati con la popolazione per vedere che dal punto di vista della diffusione del virus non c'è nessuna anomalia bergamasca o bresciana.
Se mai l'anomalia è la città di Milano, mentre per quanto riguarda Pavia, Parma e Mantova il dato dei contagi relativi è comunque più o meno quello che ci si potrebbe aspettare. Non entro nel merito dei perchè le cose stiano in questo modo, mi limito a osservare e riportare.
FranZη
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No, non è un pesce d'aprile. E' una speranza, ma pur sempre basata su alcuni dati numerici, non su fattori emozionali. Perchè se parliamo di fattori emozionali, ce ne ho pienissime le balle pure io di stare rinchiuso a guardare dalla finestra il lago, che mi basterebbe fare cento metri per passeggiare in spiaggia, ma purtroppissimo le spiagge sono chiuse (eh sì)...
Insomma avevo promesso a FZappa che avrei cercato versioni più sofisticate del modello SIR, per poter fare qualche previsione sul picco. In effetti qualcosa avevo pure trovato, ma poi sono intervenute varie vicissitudini, tra le quali, in ordine sparso: ho preferito trovare passatempi più leggeri; i numeri sui contagi sono ampiamente incompleti e disomogenei (per cui prima di metterli nel modello SIR versione toga andrebbero accuratamente setacciati, sempre che la cosa sia materialmente possibile); per qualche strano motivo dopo un po' che mi trastullo con distribuzioni, parametri e termini dei modelli SIR "toghi" mi viene una gran voglia di mollare tutto, mettere su un po' di musica e aprirmi un bel birrozzo...
Ecco, per tutti questi e molti altri motivi, invece che lavorare di calibro e cesello ho deciso di affrontare la faccenda alla bresciana, con un modello "fat zo co la fiochèla" come si usa dire qui (lo tradurrei con "intagliato con la roncola"), iniziando subito a sfoltire le ramaglie più fastidiose: intanto il modello SIR fin qui usato, nella sua semplicità, va benissimo, basta considerare una nuova curva che parta con l'inizio della quarantena, fissata al 10 marzo. Scordiamoci modelli più fighi .
Questa nuova curva sarà determinata da altrettanto nuovi parametri (a,b), da stimarsi confrontando il modello con i numeri a disposizione, esattamente come fatto con i primi grafici postati nei commenti sopra. C'è però il problema dei dati stessi, come detto poco attendibili. E qui -zac!- altro colpo di roncola a sfoltire: ho preso la serie dei "casi attivi" giornalieri e ho moltiplicato i valori per 3. Non è un numero scelto a caso, è basato su considerazioni sulle percentuali dei tamponi positivi, anche se ovviamente si tratta di un arrotondamento al primo intero.
E infine eccoci al risultato:
La curva rossa è quella dei dati a consuntivo dal 10 al 30 marzo, in blu la curva a campana del modello che presenta un picco per domani o al più tardi dopodomani! La trasmissibilità R0 del virus risulta passata dal valore iniziale di 2.85 a un 1.1 scarso, ricordo che appena scende sotto 1 si ha l'estinzione spontanea dell'epidemia.
Fin qui le buone notizie. Adesso veniamo ai problemi.
Per ottenere la curva blu ho dovuto modificare entrambi i parametri (a,b). Il parametro b però rappresenta l'inverso della durata media della malattia, o meglio: della fase contagiosa della malattia. Evidentemente questa durata non dipende dalle misure di quarantena: se ti becchi il coronavirus il decorso avrà la stessa durata, in media, che ci siano o meno misure di quarantena. Non solo: ho dovuto modificarlo di brutto, il valore inserito corrisponde non più a una durata di 7.5 giorni, ma addirittura di 0.6! Pertanto dovremmo rigettare questo parametro come irrealistico e considerare la coincidenza fra curva rossa e blu, appunto, una coincidenza.
Ma c'è un argomento che potrebbe venirci in soccorso. Infatti con la quarantena diventa difficilissimo contagiare uno sconosciuto, visto che si esce poco, bardati di mascherine e guanti e tenendoci distanziati. Questo non vale però per i contagi domestici: in casa i rapporti funzionano come prima, anzi, dovendo stare per forza a contatto H24, fra conviventi diventa anche più facile. Quindi la durata di 0.6 giorni (14 ore e mezza!) di fase contagiosa si spiegherebbe così: se infetti qualcuno con ogni probabilità sarà un familiare convivente, e visto lo stretto contatto basta una manciata di ore per contagiarlo. Una volta che ci si è contagiati a vicenda tutti, si diventa virtualmente non contagiosi, per il semplice fatto che non c'è più nessuno da contagiare.
Si presenta a questo punto un secondo problema. I dati della Protezione Civile riguardano il numero di casi attivi, e casi attivi restano tali per la durata media della malattia iniziale di 7.5 giorni, non per le 14 ore corrispondenti al nuovo parametro del modello. E qui non ci sono controargomentazioni. Ecco perchè all'inizio parlavo di "speranza". Se la curva dovesse dimostrarsi, nonostante il grosso problema di cui sopra, una buona approssimazione della fase attuale dell'epidemia, beh questo lo scopriremo solo vivendo.
PS Mentre scrivevo si è aggiunto il dato di oggi, è il puntino rosso del grafico.
FranZη
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Cmq se i numeri dei contagiati continua a diminuire, come negli ultimi 5 giorni, beh allora qualche speranza per Pasqua (raggiungere il picco intendo) c'e'.
I COMPLOTTI esistono quando ci sono prove solide ed incontrovertibili altrimenti rimangono solo nella mente di chi non li puo' dimostrare
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Il dubbio grosso sullo 0,6 (ma anche sul 7,5) sono gli asintomatici.....che sballano tutti i ragionamenti e anche i familiari di chi non ha fatto il tampone
Tu hai moltiplicato per 3 i contagiati (e ci può stare...), credo, aggiungendo ai positivi anche chi ha qualche sintomo e, per questo, se ne sta ben chiuso in casa, pur non avendo il tampone positivo ma i familiari escono, anche solo a far la spesa....
Tra l'altro, hai trovato, da qualche parte, una valutazione, non dico scientifica, ma almeno ragionata del possibile numero degli asintomatici ?? Io no.
Grazie comunque per l'impegno e la speranza.....
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