La formula del latte è Vacca2O

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6 Anni 8 Mesi fa #11977 da FranZeta
Se qualcuno volesse approfondire mi sono dimenticato di dire che Isaac e Jacob sono anche chiamati più formalmente punti ciclici, talvolta possono essere scritti nella forma (i:1:0) e (-i:1:0) equivalente a quella data sopra.

FranZη

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6 Anni 8 Mesi fa #11983 da Protagora
si sta come sugli alberi le foglie.. d'autunno :-)

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6 Anni 8 Mesi fa #11988 da FranZeta
D'autunno
come le foglie
si sta
sugli alberi...

...cosa c'entra? Niente, stavo seguendo il filo del tuo ragionamento!

FranZη

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6 Anni 7 Mesi fa #12487 da FranZeta
Odifreddi o di fedi

Per la gioia dell’amico @gino (che però è da un po' che non bazzica da queste parti...tutto ok, Gino?) pensavo giunto il tempo di affrontare l'argomento Odifreddi. Tuttavia la trattazione non sarà matematica, anche solo per il fatto che il prof. Odifreddi non ha dato contributi significativi alla materia, dunque ci sarebbe ben poco di cui parlare. D'altronde non sono certo le sue conquiste nel campo della logica formale ad averlo reso celebre. Deve la sua fama - relativa, ma assoluta se limitata alla cerchia dei matematici italiani - in parte per via della sua attività editoriale, come autore di libri, pregevoli a mio avviso, così come di articoli per alcuni quotidiani e a una sua rubrica fissa sulle pagine de Le Scienze. Ma il personaggio pubblico Odifreddi è sostanzialmente figlio delle ospitate da Vespa in qualità di rappresentante del pensiero scientifico-razionale, chissà poi in seguito a quale investitura, da contrapporre ad un analogo e opposto stereotipo del pensiero religioso-cattolico.

Dunque intendo in qualche modo parlare di Dio, oppure del Nulla, dato che nell'Odifreddi-pensiero - d'ora in poi O-pensiero - i due concetti sono logicamente equivalenti ed interscambiabili. Prima di arrivare a discutere dell'O-pensiero credo sia opportuna una nota personale, per mettere nella giusta prospettiva quanto seguirà. Appena nato sono già cattolicamente compromesso, per uno strano scherzo del destino. In breve accade questo. Siamo nel 1980, i miei genitori, molto giovani e altrettanto atei, nonchè freschi reduci degli anni '70, pensano che sarebbe meglio non battezzarmi e lasciare che sia io a decidere, una volta raggiunta l'età della ragione. Ma le rispettive madri, le mie nonne insomma, si dà il caso che siano estremamente cattoliche, osservanti e decise ad operarsi affinchè anche io abbia il mio personale angioletto custode. Qui arriva il colpo di genio: con la complicità di uno di quei cosiddetti "preti operai" che mi dicono esistessero a quei tempi vengo sì battezzato, con cerimonia e tutto quanto, ma il certificato di battesimo non viene mai inoltrato nelle (sante) sedi opportune. Praticamente sono un battezzato abusivo, e altrettanto abusivo è il mio eventuale angelo custode.

Tolto il fatto che non frequento nè oratorio nè ora di religione (e in quegli anni dalle mie parti ero uno dei pochi) ho un'infanzia normale, cresco sano e raggiunta l'età della ragione, come assolutamente ovvio, dei sacramenti non me ne può fregare di meno. E cresco perfettamente ateo, quel grado di perfezione dato da un pensiero tanto semplice quanto (apparentemente) definitivo: l'uomo è, con ogni probabilità, l'unico animale in grado di prefigurarsi chiaramente la fine della propria esistenza, dunque è costretto ad inventarsi Dio, un qualunque dio, per sfuggire al terrore del Nulla. Si noti che già a questo punto risulterebbe un'antinomia nell'O-pensiero, dato che considera Dio un archetipo della non-esistenza, ma casomai ci torniamo dopo. In ogni caso non mi do al materialismo più sfrenato, resto comunque affascinato dal mondo esoterico e dal mistero, per esempio fin dalla più tenera età non nutro alcun dubbio nell'esistenza di esseri alieni e nella loro presenza, più o meno invadente, e più o meno da sempre, nelle vicende umane. Infine non ho mai ritenuto credibile la spiegazione neodarwinista della genesi umana, dai tempi in cui me la spiegavano a scuola, forse proprio a causa della mia impostazione eccessivamente razionalista (di razionale nel neodarwinismo non c'è proprio nulla, ma non voglio divagare). Dato il background testè riassunto, ai tempi ritenevo di gran lunga più accettabile una spiegazione che contemplasse la "panspermia", con la vita che giunge chissà da dove, ma già programmata ad arrivare dove poi è arrivata.

Poi nel periodo fra i 20 e i 30 anni il cambio di prospettiva. Un po' per via del fatto che si era fatta strada la consapevolezza che la panspermia come origine della vita terrestre spostava solo il problema altrove, e aggiungeva solo un ordine di grandezza alla quantità di tempo che avrebbe avuto il caso per creare tutto ciò. Ne sarebbero serviti decine o centinaia di migliaia, di ordini di grandezza. Da qui la realizzazione che in effetti stavo credendo nel Caso, il più inutile degli dei di invenzione umana, dato che amava far asserire ai suoi adepti di non essere affatto una divinità. Ma la vera svolta avviene grazie agli studi matematici, e qui finalmente iniziamo ad avvicinarci all'O-pensiero, dopo questo lungo preambolo.

Contrariamente a quanto si può immaginare, la maggior parte dei matematici che ho conosciuto (per lo più professori universitari e compagni di studi) non assomiglia affatto a un Odifreddi, o una Margherita Hack. Non che li voglia mettere sullo stesso piano, ma tutto sommato è ciò che hanno fatto loro stessi accettando il ruolo di rappresentanti del pensiero scientifico-razionale davanti alle masse televisive, anche se con sfumature un po' diverse fra loro. In ogni caso fra i matematici ritengo sia poco diffuso l'ateismo (“ritengo” perchè non ho fatto nessun tipo di sondaggio), anche solo per il fatto che senza una certa dose di spiritualismo la nostra materia si avvicina pericolosamente al concetto cosmico di aria fritta. Frittura di alto livello magari, ma con la consistenza dell'odore che esce da un ristorante cinese qualunque. C'è anche da considerare la messe di prove empiriche che legano i risultati matematici astratti a fenomeni reali del nostro mondo fisico, simili corrispondenze andrebbero nuovamente interpretate invocando il Caso, seguendo l'O-pensiero. Anzi, più nello specifico l'O-pensiero parla di "natura" e "leggi della natura", come se queste entità astratte di derivazione greca avessero un grado di esistenza oggettiva maggiore delle divinità che vorrebbero sostituire.

Pensiamo un momento al grado più estremo di materialismo: credere solo in ciò che si vede-sente-tocca. Questo ancora oggi potrebbe essere considerato da molti come l'a-b-c del pensiero ultra-razionale. In realtà è definitivamente dimostrato che nulla di ciò che ci restituiscono i nostri sensi costituisce una realtà oggettiva e indipendente da chi osserva. Questo senza scomodare fenomeni quantistici. Ciò che noi vediamo è solo una rielaborazione del cervello di un segnale elettrico codificato dagli occhi, che a loro volta interpretano certe lunghezze d'onda della radiazione elettromagnetica riflessa dagli oggetti. Ciò che tocchiamo in realtà non entra mai in contatto con gli atomi che compongono le cellule che compongono i nostri polpastrelli, e anche il più solido granito è in effetti un reticolo di atomi distanti fra loro come le stelle della nostra galassia, se rapportati in scala. Insomma il materialista perfetto crede in una illusione scientificamente riconosciuta come tale. L'O-pensiero non può raggiungere - suo malgrado - tali vette perchè sa piuttosto bene che il mondo fisico non è affatto come appare ai nostri sensi, dunque sposta la sua fede negli apparati da laboratorio che consentono, a differenza dei nostri soggettivi sensi, di investigare qualità oggettive dell'universo. Insomma rivolge la propria fede a delle macchine: il deus ex machina crea la "machina ex deo", e in ciò ripone la propria (inconsapevole) fede.

Già dovrebbe apparire chiaro che questo punto di vista presenta molteplici problemi dirompenti. Il primo che dovrebbe saltare all'occhio è che non spiega nulla, si limita ad osservare. Se così fosse davvero non sarebbe nemmeno un problema, il fatto è che l'O-pensiero ha anche la pretesa di spiegare, pur non essendone in grado in linea di principio, e secondo gli stessi principi che si è voluto dare. Ecco allora che ritorna sempre l'invocazione del Caso, talvolta tramite il suo avatar Principio Antropico, colui che tutto spiega nel più semplice (banale? inutile?) dei modi: perchè-di-sì! Esattamente come si fa coi bambini che esagerano con le domande, in genere in corrispondenza di quelle alle quali il genitore non saprebbe dare una risposta sensata.

Altro problema evidente dell'O-pensiero è che dovrebbe ammettere che la sua comprensione del cosmo è assai confinata, dato il limite, autoimposto, di accettare come esistente solo ciò che può essere rilevato-rivelato da una qualche apparecchiatura. Forse che nel '700 non esistevano radiazioni elettromagnetiche al di fuori dello spettro visibile? Trapiantando a quel tempo l'O-pensiero questo ci avrebbe dovuto rispondere che no, non esistono. Va da sè che il valore di verità del termine "esistere" diventa una funzione del tempo, anche se il soggetto è atemporale, come le leggi dell’universo. Come se il significato di esistenza non fosse già abbastanza ambiguo e complicato di per sè...

Ma il più grave problema dell'O-pensiero è quello strisciante, che si palesa solo nell'atto del dibattere (consumato con un perfetto stereotipo di credente, ça va sans dire, come copione esige), quello che rivela l’aspetto più gretto dell’O-pensiero - e anche del personaggio che dà il nome al pensiero, diciamolo. Sto parlando del definitivo razzismo verso coloro che non sposano la dottrina ateista, considerati a prescindere esseri inferiori, dato che credono nella verginità della madonna (sic! Questa è la summa dell'atto di fede, secondo l'O-pensiero). Si fa qualche piccola deroga per gli agnostici, considerati per lo più degli atei codardi, e per le menti davvero brillanti (quelle che superano di diverse spanne il nostro eroe, per intenderci), che vengono coattamente incluse nella categoria degli "atei a loro insaputa". Non oso immaginare come potrebbe accogliere il pensiero, se mai dovesse frullargli per la testa, che tutto sommato questo branco di pecoroni ancorati al medioevo ha dal punto di vista intellettuale un innegabile vantaggio su di lui: quello di essere consapevoli di aver compiuto un atto di fede, nel momento esatto in cui accettavano di credere nel loro dio. Come già esposto sopra invece la confraternita dell’O-pensiero crede nel dio Caso, lo invoca spesso, ne decanta le doti sovrannaturali, ma al tempo stesso ne nega con fermezza l'esistenza. Una posizione scomoda per un logico matematico, che tra l'altro è costretto a convivere con l'eredità di personaggi tipo Gödel, uno che passò l'ultima parte della sua vita ad elaborare la dimostrazione dell'esistenza di Dio (riuscendoci!!! entro i limiti della logica formale, s'intende). Il nostro fa quel che può:

Tra le critiche nei suoi confronti invece, il matematico Piergiorgio Odifreddi, sostenendo che il Dio di Gödel sarebbe immanente e non trascendente, gli ha contestato come i cinque assiomi sarebbero molto vicini alla tesi da dimostrare, per cui «non è difficile dimostrare un risultato assumendolo (quasi) come ipotesi»

( cit. wikipedia )

Capito? Gödel, cazzo mi combini? Se ipotizzi che Dio "quasi" esiste, è facile dimostrare che Dio esiste, firmato Piergiorgio.

Non intendo dilungarmi sull'argomento, vorrei solo far notare la commovente difesa dalla bordata gödeliana: Dio sarebbe immanente e non trascendente (embè? Ma soprattutto, perchè?), e poi gli assiomi che "sono vicini" (notare il rigore matematico del linguaggio), il risultato è assunto "quasi" per ipotesi. Per inciso, qui trovate gli assiomi incriminati scritti formalmente, quello che non si trova è la confutazione formale di Odifreddi. Sì amici miei, questo signore è proprio un logico matematico, non fatevi ingannare da quello che dice e da come lo dice. Voglio dire...terrà pure dei corsi universitari in cui dimostra di conoscere la propria materia... Comunque anche Gödel andrebbe inserito nella categoria degli "atei a loro insaputa", che ricordo è popolata da individui molto più intelligenti di Odifreddi, per definizione. Per come la vedo io, prova ontologica a parte, se esiste un dio della logica, deve chiamarsi per forza GOD-EL.

Ora è probabile che quanto scritto possa urtare la suscettibilità di un ateo, la lunga nota personale introduttiva aveva proprio lo scopo di evitare giudizi affrettati: essendolo stato io stesso sono ben conscio del senso di superiorità che si tende a provare verso i credenti – tutti i credenti – forti di una presunta consapevolezza logico-razionale. Non è così. E in ogni caso non fate di Odifreddi il vostro campione di ateismo, non è un grande affare. Io proprio non mi farei rappresentare da lui, se fossi e intendessi rimanere ateo.

Sia chiaro che ogni volta che ho scritto Dio, con la maiuscola, non mi riferivo al dio che Odifreddi ha imparato a conoscere, credo a forza di bacchettate, dai salesiani. Mi riferisco all'intelligenza che tutto origina e alla quale tutto tende a tornare, qualcuno la identifica col dio dei salesiani, ma quelli sono gusti personali. Per quanto mi riguarda ne ho un'idea più vicina a quella delle religioni orientali, ma non do molta importanza a questo aspetto. Quello che secondo me ha importanza, e l'ho ribadito più volte, è la consapevolezza dell'atto di fede: sì, ho scelto di credere a qualcosa che nessuno mi può dimostrare (nemmeno Gödel). Chi l'ha fatto per un episodio particolare, o forse solo perchè ha iniziato a sentire che la verità era in quella direzione, o perchè non sopportava l'idea di dover svanire nel meno-che-niente della non esistenza, comunque sia andata l'ha fatto consapevolmente.

Nel mio caso, dicevo, la "conversione" è avvenuta gradualmente, ma c'è stato un episodio che ha segnato una discontinuità, diciamo la mia personale (e non trasferibile) prova ontologica. Stavo lavorando per la mia Tesi su una particolare superficie che era stata costruita da un matematico agli inizi del '900, sulla base di certe proprietà topologiche che non è il caso di approfondire qui. Quando dico "costruita" intendo proprio con colla e cartoncino, dato che non erano state trovate delle equazioni che la definissero formalmente. Poi negli anni '80, grazie anche all'aiuto del computer, queste equazioni erano state trovate, anche se erano piuttosto complicate e "innaturali". Tutto ciò era chiaramente una costruzione umana. Io ero alla ricerca di una superficie equivalente, che avesse cioè le stesse proprietà, ma che fosse definita per mezzo di equazioni semplici e simmetriche, naturali insomma. Più cercavo queste equazioni più una strana idea aveva iniziato a farsi avanti: se questa superficie esiste solo come creazione umana, pensavo, non c'è nessuna ragione per cui le equazioni che cerco debbano esistere. Ma se la superficie è già stata pensata da Dio (con la maiuscola, nel senso già precisato sopra), allora mi basterà provare tutte le diverse combinazioni di coefficienti, che sono in numero di qualche centinaia, finchè a un certo punto la vedrò apparire sullo schermo del computer, e la riconoscerò. Ammetto che non è proprio un metodo standard di ricerca matematica - sempre meglio di colla e cartone però!

Comunque sia, alla fine è andata proprio così: un giorno, anzi una notte, a ora tarda, dopo aver inserito l'ennesima combinazione di coefficienti e schiacciato invio, la superficie era lì. E in quel momento era come se mi stesse dicendo: "Ecco, è così che mi ha pensato Dio. Contento?". Sì, la cosa mi ha reso contento e, soprattutto, con una nuova consapevolezza. So che a voi non dirà assolutamente nulla, ma la superficie di cui parlo è l'immagine del mio avatar.

FranZη
I seguenti utenti hanno detto grazie : Pavillion

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6 Anni 7 Mesi fa #12490 da Shavo
Risposta da Shavo al topic La formula del latte è Vacca2O
Bravo FranZη :clap:


posso lasciare una lettura consigliata?

www.istitutocintamani.org/libri/Geometri...rithmon_Arrethos.pdf

La geometria ha una portata propriamente spirituale, poiché il suo compito più alto
è quello di orientare lo sguardo verso la contemplazione degli equilibri cosmici
risultanti dai contrari, educando alla loro imitazione realizzativa, evitando la
prepotenza disarmonica.

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6 Anni 7 Mesi fa #12506 da FranZeta
Grazie Shavo, anche per il link. Me lo guarderò con calma e poi magari ne parliamo.

FranZη

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6 Anni 6 Mesi fa #13362 da FranZeta
@Shavo

Ho letto la prima parte del saggio che hai linkato, più un'occhiata qua e là. Devo dire che alcune cose mi lasciano un po' interdetto. Nell'insieme non ho molta familiarità con la cosmologia pitagorica, la geometria sacra e argomenti simili, quindi quando l'aspetto filosofico-metafisico prende il sopravvento avrei poco da commentare. Però poi, alla fine del pdf, trovo questa tabella:



che traduce i periodi orbitali del sistema solare in esponenti della sezione aurea phi, e mi insospettisco, perchè una cosa del genere non l'ho mai sentita. Vado a controllare e trovo:
Code:
Pianeta periodo siderale (anni) Mercurio 0.241 Venere 0.615 Marte 1.88 Asteroidi (Cerere) 4.6 Giove 11.864 Saturno 29.45 Urano 84.07 Nettuno 164.88

Mi pare quindi che l'accordo sia solo approssimato, diciamo che si tratta più di una curiosità che di qualcosa di scientificamente rilevante. I dati sui periodi sinodici non li ho riportati perchè in quel caso non ho riscontrato nemmeno una vaga corrispondenza. Occorrerebbe magari sapere qualcosa di più sull'autore e sul contesto nel quale propone il saggio, per valutare meglio quanto si legge.

Altro esempio di passaggio che genera perplessità, per motivi diversi dal precedente, qui siamo all'inizio del pdf:



Qui non si capisce bene per chi il cerchio rappresenti lo Zero Assoluto eccetera. Non certo per i pitagorici che non concepivano il nulla in termini di numero, ossia non conoscevano le zero. Nessuno l'avrebbe conosciuto in occidente fino al ritorno di Fibonacci (in qualche modo la sezione aurea fa comunque sempre capolino...) dai paesi arabi, che a loro volta lo importarono dall'India.

Il Cerchio è anche il Non Numero, l'indeterminato, lo Zero20

vado a vedere la nota 20 (che non ci stava nello screenshot) e leggo:

20 Lo Zero, in matematica è il risultato della somma di tutti i numeri positivi e negativi, reali e immaginari, cioè il Tutto.

Embè, qui ci sarebbe parecchio da discutere, perchè quanto affermato nella nota è semplicemente falso. Senza scomodare i numeri immaginari, e nemmeno quelli reali, già la semplice serie (=somma infinita):

S=1-1+1-1+...

ha generato ogni tipo di congettura. Ancora all'inizio del '700 Guido Grandi si scriveva lettere con Leibniz per stabilire se questa serie valesse o meno 1/2! L'idea non è così assurda come potrebbe apparire, infatti il valore di una serie è per definizione il limite delle somme parziali, cioè le somme troncate dopo un certo numero n di termini. Dato che per la serie S queste somme parziali oscillano fra 0 e 1, 1/2 sarebbe la media aritmetica di questi due valori. Potrebbe sembrare un argomento deboluccio, ma si ottiene lo stesso risultato con quest'altro, più convincente: si parte dalla funzione f(x)=1/(1+x), svolgendo la divisione polinomiale in questo modo:
Code:
1 | 1 + x -1 - x | 1 - x + x^2 -... -------------------| - x | + x + x^2 | ------------------| + x^2 | ...

si ottiene l'uguaglianza:

f(x)=1-x+x2-x3+x4-...

perciò se x=1:

f(1)=1-1+1-1+1-...=S

e dunque S = f(1) = 1/(1+1) = 1/2

A questo punto raggruppando i termini a coppie possiamo anche scrivere:

(1-1)+(1-1)+...=0+0+...=1/2

e abbiamo una dimostrazione della creazione del mondo dal nulla. Inutile dire che tutto ciò deriva dalla mancanza di rigore nella trattazione delle serie, infatti nell'800 Riemann stabilì un noto teorema che afferma che le serie del tipo della S discussa fin qui, che oggi chiamiamo convergenti-ma-non-assolutamente-convergenti, possono essere fatte convergere a qualsiasi numero reale (e non solo 1/2 dunque) a seconda di come riarrangiamo i termini, per esempio messi giù così S converge a 1:

(1+1-1)+(1+1+1-1-1)+...=1

Tutto questo per dire che l'affermazione iniziale sulla somma di tutti i numeri -complessi per di più- che dovrebbe essere uguale a zero non sta nè in cielo, nè in terra, nè men che meno nell'universo pitagorico che nemmeno conosceva lo zero. Ma più che altro è proprio il concetto di somma di tutti i numeri che non ha molto senso.

Comunque, come dicevo prima, conoscere il contesto e magari il proposito del saggio può aiutare ad inquadrarlo meglio.

FranZη

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6 Anni 6 Mesi fa #13373 da Shavo
Risposta da Shavo al topic La formula del latte è Vacca2O
Ciao FranZ

Ovviamente le tue puntualizzazioni sui periodi orbitali sono corrette. Ti dico come la vedo io per risolvere l'inghippo che hai evidenziato, in una lettura che era già difficile di per sè :laugh:


Ti faccio un altro esempio, prendi lui:




a suo tempo verificai io stesso le proporzioni, poichè mi sembrava interessante.. Beh feci una scoperta curiosa: in famiglia rispettavano tutti molto bene le proporzioni, con una precisione al centimetro, e io risultai "sballato" di circa 10 cm :omg:

La giustificazione che mi son dato io è che, nonostante il fisico gracilino, le spalle da nuotatore e le "manone" mi allungavano di 5 cm per lato...mica poco.
Ma torniamo a noi, cosa voglio dire? che se riprendiamo quella citazione che ho riportato nell'ultimo post, che di proposito è anche la prefazione del testo, tenute conto le approssimazioni vedo quanto la mia famiglia sia concorde all'uomo vitruviano, e questo nonostante la mia.. emh, mostrusità..
il va sans dire, non voglio farne una questione statistica.. l'interesse è nella possibilità di vedere ciò che non è visibile ne misurabile coi numeri.

Poi, che ciò che è misurabile sia necessariamente soggetto ad un'approssimazione, per il solo fatto di esistere, potrebbe essere inevitabile, non saprei....

Qui non si capisce bene per chi il cerchio rappresenti lo Zero Assoluto eccetera. Non certo per i pitagorici che non concepivano il nulla in termini di numero, ossia non conoscevano le zero. Nessuno l'avrebbe conosciuto in occidente fino al ritorno di Fibonacci (in qualche modo la sezione aurea fa comunque sempre capolino...) dai paesi arabi, che a loro volta lo importarono dall'India.

FranZ, il Cerchio che rappresenta lo "Zero", il Non Numero, il Nulla. sto usando le loro parole, non si parla di zero matematico.

credo tu abbia frainteso il passaggio.

Tutto questo per dire che l'affermazione iniziale sulla somma di tutti i numeri -complessi per di più- che dovrebbe essere uguale a zero non sta nè in cielo, nè in terra, nè men che meno nell'universo pitagorico che nemmeno conosceva lo zero. Ma più che altro è proprio il concetto di somma di tutti i numeri che non ha molto senso.

Ok, non è in discussione l'utilizzo dello zero matematico da parte dei pitagorici, ma il concetto di Nulla, che è alla portata di pitagorici e non.


Riguardo alla somma di tutti i numeri, quella su Grandi e Leibniz mi ha fatto morire, davvero.... :laugh:
Che la somma di tutti i numeri non abbia senso, certo, hai ragione... non si può sommare qualcosa di in-finito.. non ha senso, ci manca. Eppure il senso della frase per me è chiarissimo. Ciò non toglie che non saprei mai esprimerlo tramite una funzione.. ma quello è un limite mio :wave:

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6 Anni 6 Mesi fa #13385 da FranZeta

Shavo ha scritto: FranZ, il Cerchio che rappresenta lo "Zero", il Non Numero, il Nulla. sto usando le loro parole, non si parla di zero matematico.
credo tu abbia frainteso il passaggio.

Mah, non voglio intestardirmi sul fatto che Zero, con la maiuscola per di più, è il nome proprio di un numero, però anche ammettendo che nella prima frase sia utilizzato come sinonimo di Nulla, quello della successiva nota è sicuramente lo zero inteso come numero:

20 Lo Zero, in matematica è il risultato della somma di tutti i numeri positivi e negativi, reali e immaginari, cioè il Tutto.

Da qui la mia perplessità, perchè in senso metafisico possiamo dare all'affermazione i più svariati significati, se però abbiamo cura di eliminare la precisazione "in matematica", perchè in matematica la somma di tutti i numeri può essere zero come un qualunque altro numero a piacere. Non perchè si ha a che fare con la somma di infiniti numeri, per esempio la serie geometrica 1+x+x2+x3+... , ovviamente con infiniti termini, è uguale a 1/(1-x) per qualunque numero x strettamente compreso tra -1 e 1. Oppure, se ti aveva divertito l'aneddoto di Leibniz, ce n'è uno che riguarda i due matematici Ramanujan e Hardy dove il primo scriveva al secondo che:

1+1+1+...= -1/2

1+2+3+...= -1/12

e Hardy, invece di mandarlo a cagare, lo invitò seduta stante a trasferirsi dall'India in Ingilterra per poter lavorare insieme. Le due scritture apparentemente assurde sono in realtà, una volta epurate dalla notazione ingenua, due solide uguaglianze che coinvolgono la funzione zeta di Riemann (Riemann è come la sezione aurea, salta sempre fuori...).

Il problema dicevo non sono gli infiniti, è proprio una questione tecnica legata alla forma particolare di queste somme infinite. Comunque capisco che dal tuo punto di vista siano più interessanti le questioni filosofiche che si trovano nel pdf piuttosto che i dettagli tecnici. Io dal canto mio invece preferisco concentrarmi sulla metafisica che può scaturire dalle questioni tecniche, ma sono punti di vista.

FranZη

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6 Anni 6 Mesi fa #13388 da Shavo
Risposta da Shavo al topic La formula del latte è Vacca2O

Il problema dicevo non sono gli infiniti, è proprio una questione tecnica legata alla forma particolare di queste somme infinite.

Capisco che non capisco. Non ho le basi per tradurre il tuo linguaggio. Ma capisco questo:

Io dal canto mio invece preferisco concentrarmi sulla metafisica che può scaturire dalle questioni tecniche, ma sono punti di vista.

tienici aggiornati :popcorn:

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6 Anni 6 Mesi fa #13511 da FranZeta

Shavo ha scritto: Capisco che non capisco. Non ho le basi per tradurre il tuo linguaggio.

Eh, allora è colpa mia perchè nelle mie intenzioni dovrei farmi capire anche da chi non ha alle spalle solidi studi matematici. Ci riprovo: le somme di infiniti numeri, che come già detto si chiamano serie, sono il pane quotidiano dell'analisi matematica, dato che ogni funzione analitica può essere scritta in forma di serie. Ne avevo già riportato un esempio qui sopra , quando parlavo della formula magica, in quel post compare la serie associata alla funzione esponenziale. La discriminante tecnica di cui parlavo sta qui: le serie si dividono in "assolutamente convergenti" e non. Assolutamente convergente significa che la serie non ha valore infinito anche se al posto dei termini originali consideriamo il valore assoluto di questi termini (da qui l'avverbio "assolutamente"). Per esempio la serie S=1-1+1-1+... di cui parlavo prima non è assolutamente convergente perchè se la riscriviamo con i valori assoluti dei termini diventa 1+1+1+1+... che diverge a infinito (il valore assoluto è il numero senza segno, cioè è lo stesso numero se questo è positivo, oppure il numero senza meno se è negativo, per cui +1 resta 1 e -1 diventa 1).

Ora la differenza fra i due tipi di serie, assolutamente convergenti e non, è che le prime possono essere trattate come delle somme finite, quindi scambiando l'ordine dei termini non cambia il valore della serie, le seconde invece no, anzi, come già visto a seconda di come rimescoliamo i termini possiamo farle convergere a qualunque numero. Ecco allora che anche volendo dare un senso preciso alla "somma di tutti i numeri" (cosa che si potrebbe anche fare), questa somma infinita sarebbe giocoforza non-assolutamente-convergente e quindi il suo valore dipenderebbe dall'ordine particolare in cui scriviamo i termini.

Visto che la somma 1+1+1+1... l'avevo già buttata lì, e adesso è ritornata, spiego un momento la storia delle due serie dell'aneddoto di Hardy-Ramanujan. Ovviamente 1+1+1+... fa infinito, e lo stesso dicasi di 1+2+3+..., perciò le due scritture:

1+1+1+...=-1/2 ....................... (1)
1+2+3+...=-1/12 .....................

sono due bestialità, prese così alla lettera. In realtà hanno ragione di esistere, e questa ragione è simile a quella che legava la somma 1-1+1-... alla funzione 1/(1+x) dell'aneddoto di Leibniz. In questo caso la funzione da considerare, come già detto, è la zeta di Riemann, così definita:

ζ(x)=Σ n-x ................. (2)

dove la sommatoria Σ è estesa a tutti gli interi positivi 1,2,3,... (un'altra funzione definita tramite una somma infinita...). Scrivendola per esteso i primi termini sarebbero:

ζ(x)=1+1/2x+1/3x+1/4x+...

Si può in effetti dimostrare che ζ(0)=-1/2 e ζ(-1)=-1/12, perciò sostituendo questi particolari valori di x nella (2) otteniamo proprio le "uguaglianze" (1). Per non lasciare nulla all'immaginazione ecco come funziona con x=-1:

ζ(x)=1+1/2-1+1/3-1+1/4-1+...=1+2+3+4+...

L'inghippo sta nel fatto che la funzione ζ può essere scritta nella forma (2) solo se x è maggiore di 1. Per tutti gli altri valori di x bisogna trovare altri modi di definire la funzione, nessuno dei quali conduce ai paradossi delle (1). Lo stesso valeva per la funzione 1/(1+x) della serie di Leibniz, questa definizione era valida solo se -1<x<1, dunque il valore x=1 che avevamo usato era al di fuori (per un pelo!) dal campo di definizione. Niente dimostrazione della creazione del mondo dal nulla quindi.

FranZη

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6 Anni 6 Mesi fa #13526 da Shavo
Risposta da Shavo al topic La formula del latte è Vacca2O
Carissimo, fossimo dal vivo potrei usare la mimica per risolvere il tutto con una risata.... MA se non hai bisogno di una spalla comica ti anticipo che con me ci son poche speranze..

per me è arabo.. (e non mi riferisco al sistema di numerazione)

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6 Anni 6 Mesi fa #13545 da FranZeta
@Shavo
Va bene prometto di non parlarti più delle serie :ok:

FranZη

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6 Anni 6 Mesi fa - 6 Anni 6 Mesi fa #13548 da OrtVonAllen
Quasi mi vergogno affacciarmi a tanta eccellenza, da bimbo, ridicolo, paradossalmente amavo e odiavo numeri primi, il 23 il 5 mi stavano sul cazzo, anzi..poi amavo indiscutibilmente il 13 il mio compleanno, l'11 e il 29..pure il 7 non "nuoce".
..poi il 2? È davvero numero primo?..ignorando lo ZERO piuttosto che virgola...
Mi sdogano citando un libro che ben comprendendo..mi rende "curioso": Il mistero dell'alef di AMIR D. ACZEL Qualcuno lo conosce?
..poi, potrei andare in VACCA...
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6 Anni 6 Mesi fa #13590 da FranZeta

OrtVonAllen ha scritto: poi amavo indiscutibilmente il 13 il mio compleanno, l'11 e il 29..pure il 7 non "nuoce".
..poi il 2? È davvero numero primo?

Pure io sono nato il 13, di un anno primo. La mia data di nascita si fattorizza in 227 e 577, potrebbe quindi essere usata come supporto per un messaggio tipo quello di Arecibo , un po' più corposo però...

Mi sdogano citando un libro che ben comprendendo..mi rende "curioso": Il mistero dell'alef di AMIR D. ACZEL Qualcuno lo conosce?

Non lo conosco, ma non ho molta simpatia per quel genere di esposizione. Poco tempo fa mi hanno regalato "Storia compatta dell'infinito" di David Foster Wallace, insomma...diciamo che preferisco leggermi Cantor in originale (vabbè, tradotto dal tedesco) piuttosto che le varie interpretazioni postume.

FranZη

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6 Anni 6 Mesi fa - 6 Anni 6 Mesi fa #13597 da OrtVonAllen
Per me i numeri sono stati d'animo, quelli primi poi...non so quantificare matematicamente il perché, ma ne sono certo.
Come sono certo che i numeri primi non raccontano una "vicenda" bidimensionale...è quello l'errore che depista certe "logiche"..ho da qualche parte, dei calcoli che ho fatto (istintivi) che togliendo il 2 e il cinque, la sequenza degli altri, diventava "armonica" fino a poco meno di 10000...
Era un calcolo che affrontava gli spazi "dilatati" senza nessun ragionamento di base..anzi una specie di moltiplicare sottrarre dividere ed aggiungere...ma rimaneva inspiegabilmente logico ripeto senza il due ed il 5...

I numeri sono magici, ma nel rapporto della relatività di una data, si fossero sbagliati di 31un ore? (ci vuole l'accento in questo caso? 31un'ore? anche qui matematica e "arte")...beh...non voglio andare in OT, ma fosse a cavallo con un segno zodiacale piuttosto a un destino numerologico...diventa relativo, gli ebrei "anno" un calendario, noi su una relativa nascita di Cristo..eccetera eccetera...infatti ciò rientra nel mistico numerico.
Ma poi abbiamo quello piatto, fatto di prove..e oggi sono approssimazioni. Se c'è poi lo zero e virgola..diventa il relativo 3,14 o 6,28 un metaforico cerchio che per chi è miope rimane un punto...nel microcosmo non lo so, mi affido a "d'io"..

www.repubblica.it/2009/04/sezioni/scienz...mo/numero-primo.html
www.panorama.it/cultura/libri/un-enigma-...-milione-di-dollari/
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6 Anni 6 Mesi fa #13628 da FranZeta

OrtVonAllen ha scritto: Per me i numeri sono stati d'animo, quelli primi poi...non so quantificare matematicamente il perché, ma ne sono certo.
Come sono certo che i numeri primi non raccontano una "vicenda" bidimensionale...è quello l'errore che depista certe "logiche"..ho da qualche parte, dei calcoli che ho fatto (istintivi) che togliendo il 2 e il cinque, la sequenza degli altri, diventava "armonica" fino a poco meno di 10000...

Si può discutere se 1 sia o meno primo, nella definizione di numero primo tocca escluderlo esplicitamente altrimenti ci sarebbe dentro. Lo zero si esclude da sè. Sul 2 e il 5 pochi dubbi: senza di loro non esisterebbe nessun Teorema Fondamentale dell'Aritmetica e perciò dell'aritmetica stessa resterebbe ben poco. D'altronde i numeri primi sono decisamente "armonici" con il 2 e il 5, sono infatti legati da una famosa identità (dovuta a Eulero) con la funzione ζ di Riemann introdotta sopra:

ζ(x)=Π 1/(1-p-x)

dove Π indica il prodotto da estendersi a tutti i numeri primi p (2 e 5 compresi). Siccome ζ(x) è una generalizzazione della serie armonica (anzi, per x=1 diventa proprio la seria armonica), non serve poi molto per trovare armonia anche nei numeri primi. Detto en passant Riemann usò la funzione zeta proprio per questioni legate ai numeri primi, fra le altre gli servì per trovare una formula esatta per la funzione enumerativa dei numeri primi , una roba che cercavano dai tempi di Euclide, mica cazzi insomma.

FranZη

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6 Anni 5 Mesi fa #15933 da FranZeta
Questioni serie

Qualche tempo fa si è parlato di serie, ossia di somme infinite, con tanto di esempi tratti dall'analisi. L'idea di sommare infiniti numeri può sembrare piuttosto balzana, e sicuramente scollegata dalla realtà. O una sega mentale a pieno titolo, se preferite. Niente di più falso. Le serie in realtà ci toccano da vicino quotidianamente, dato che la matematica finanziaria ne fa largo uso, ragion per cui i risultati teorici sulle somme infinite influenzano il nostro conto corrente o i nostri finanziamenti.

Per introdurre il tema, iniziamo con qualcosa di soft, cioè con una somma finita. Questa:

(1) Σnk=0 xk = 1+x+x2+...+xn

Abbiamo già visto che questa somma, se prolungata all'infinito, diventa una serie nota come serie geometrica. La sua versione finita, quella qui sopra troncata all'esponente n, prende il nome tecnico di ridotta n-esima, per la cronaca. La somma (1) nella matematica finanziaria è di importanza capitale (non so se avete colto il divertentissimo gioco di parole...) per via della seguente formula:

(2) 1+x+x2+...+xn = (1-xn+1)/(1-x) .................. per x diverso da 1

Prima di spiegare dove stia il collegamento tra formula e finanza vediamo un momento come si dimostra la (2), dato che mi sembra una questione che vale la pena di essere approfondita. Quando si ha a che fare con formule che coinvolgono i numeri naturali (0,1,2 eccetera), nel nostro caso gli esponenti della "x", un metodo di dimostrazione molto utilizzato è quello detto per induzione. Preciso subito che l'induzione matematica non ha nulla a che fare con quella filosofica, come potrete accertarvi fra un istante. Il procedimento si divide in due passi distinti:

I passo: si verifica che la formula è vera per n=0, sostituendo quindi 0 a n risulta:
1=(1-x)/(1-x)
che è banalmente verificata.

II passo: si dimostra che se la formula è vera per n, allora è vera anche per n+1. La prima parte della condizionale è detta ipotesi induttiva. Nel nostro caso:
1+x+x2+...+xn+1=(1-xn+1)/(1-x)+xn+1=(1-xn+2)/(1-x)
L'espressione che sta in mezzo è ottenuta applicando l'ipotesi induttiva, cioè considerando vera la formula per il numero naturale n, mentre l'ultima a destra è la nostra formula con n+2 al posto di n+1, che è proprio quello che dovevamo ottenere dato che anche la somma iniziale aveva l'esponente aumentato di 1 (in altri termini è la formula (2) con n+1 al posto di n). Come volevasi dimostrare.

Dovrebbe essere chiaro come funziona l'induzione matematica: se una formula è vera per n=0, e ogni volta che è vera per un numero n è vera anche per il suo successore n+1, allora la formula è vera per tutti i numeri naturali. Avrete notato che il procedimento è molto semplice e non richiede certo fantasia, a fronte di queste virtù ha però una grave pecca: bisogna già conoscere la formula giusta. L'induzione matematica senza la formula corretta comporterebbe solo una vana ricerca fra le possibili candidate, che sono in numero infinito.

Ecco allora che, questa volta usando un po' di fantasia (e di algebra), possiamo anche trovare un metodo di dimostrazione costruttivo. Iniziamo a definire:

Sn:=1+x+x2+...+xn
Sn+1:=1+x+x2+...+xn+1

I due punti davanti all'= sono una notazione standard che indica che trattasi di uguaglianza per definizione. Risulta abbastanza evidente (fate la prova!) che valgono queste due uguaglianze per la somma troncata all'esponente n+1:

Sn+1 = Sn+xn+1
Sn+1 = 1+x*Sn

dunque i due membri di destra sono uguali tra loro, e risolvendo rispetto a Sn la semplice equazione che ne deriva si ottiene:

Sn=(1-xn+1)/(1-x)

che è per l'appunto la nostra formula (2), già bella e dimostrata dato che l'abbiamo ricavata con passaggi algebrici. Veniamo ora al collegamento tra formula e matematica finanziaria. Tutto parte dal concetto di rendita. Diciamo che alla nascita di vostro figlio decidete di aprirgli un libretto di risparmio, sul quale ad ogni compleanno verserete una certa quota "R", fino al raggiungimento della maggiore età, quando il giovine avrà accesso all'intero capitale. Si spera per pagarsi gli studi e non la droga. La banca presso cui avete aperto il libretto vi garantisce un certo tasso d'interesse "i". Passati i 18 anni, quale sarà il montante (= il capitale accumulato comprensivo degli interessi)?

Si ragiona così: al primo anno versate la quota R che viene capitalizzata (= gli viene calcolato l'interesse) 17 volte, la rata versata al secondo anno è capitalizzata 16 volte, e così via fino all'ultima rata sulla quale non si applica interesse. Astraendo un poco la situazione, e indicando con "n" il numero degli anni in cui si percepisce la rendita, il montante "M" risulta essere:

M=R*(1+i)n-1+R*(1+i)n-2+...+R*(1+i)+R

Se raccogliamo la "R" che compare in ogni termine e chiamiamo x=1+i possiamo riscrivere l'uguaglianza così:

M=R*(1+x+...+xn-2+xn-1)

e la somma tra parentesi è proprio una ridotta (n-1)-esima della serie geometrica, alla quale possiamo applicare la formula (2), ottenendo:

M=R*(1-xn)/(1-x)

e siccome avevamo posto x=1+i, risostituendo alla x il termine contenente l'interesse "i" abbiamo infine:

(3) M = R*( (1+i)n-1) /i

La formula (3) è valida solo se l'interesse è diverso da zero. Tornando alla rendita del pargolo, se per esempio versate 500 euro all'anno e la banca riconosce il 2% di interesse (coi tempi che corrono è grasso che cola), il montante sarà di 10700 euro e qualche spicciolo. Ora immagino qualche rimostranza da parte di chi legge, perchè la situazione della rendita appena esposta non è che sia così diffusa. A me per esempio non è capitato. Però invertendo questo concetto otteniamo quello, molto più diffuso, di pagamento rateizzato (mutuo, leasing, finanziamento, ecc.). Ragionando specularmente a quanto fatto sopra si ottiene quest'altra formula:

(4) A = R*( 1-(1+i)-n) /i

dove "A" sta per l'importo finanziato, "R" è la rata, mentre "i" e "n" hanno lo stesso significato di prima. Spesso la formula (4) si usa per ricavare la rata "R" noti l'importo da finanziare "A", l'interesse e la durata del finanziamento. Sempre a titolo d’esempio, con gli stessi valori usati sopra per rata, interesse e numero di anni, l’importo finanziato “A” risulta essere di 7496 euro.

Finora abbiamo incontrato solo somme finite, quindi non è stata ancora giustificata l'affermazione iniziale che parlava di somme infinite legate a questioni finanziarie. Ma ormai ci siamo, perchè le serie nella finanza compaiono contestualmente ai prestiti delle banche, e adesso vediamo come. Come è noto la banca è tenuta ad avere sempre a disposizione una certa parte dei depositi dei correntisti, per ovvie ragioni. Questa frazione è stabilita dalla riserva frazionaria, che altro non è che la percentuale di denaro effettivamente a disposizione dei correntisti. Detto in altri termini, se andassimo tutti insieme a prelevare tutti i soldi sul conto, è quello che troveremmo effettivamente. Attualmente la riserva frazionaria è all'1%. La banca dunque conserva in cassa questa quota "r" e usa per prestiti, mutui, finanziamenti la restante quota 1-r (ogni volta che nomino delle percentuali vanno intese in senso decimale: 1%=0,01).

Fin qui tutto ok (si fa per dire, sapere che la nostra banca ha solo l'1% di quanto è stato versato non è una cosa rassicurante...), se non fosse che questa quota usata per i prestiti finisce invariabilmente in un'altra banca (o anche nella stessa, perchè no), perciò una nuova frazione (1-r)*(1-r)=(1-r)2 verrà prestata, finirà in un'altra banca e così via, potenzialmente all'infinito. Dunque la prima banca ha dato in prestito la quota 1-r, la seconda (1-r)2, la n-esima (1-r)n, e il limite a cui tende il totale prestato è proprio una serie geometrica con x=1-r:

(1-r)+(1-r)2+... = (1-r)/r

che deriva direttamente dalla formula già vista in un commento precedente:

1+x+x2+... = 1/(1-x)

che a sua volta è il limite dalla (2) quando n tende a infinito. Quindi con la riserva frazionaria all'1% il totale prestato dal sistema bancario tende a 0,99/0,01=99 volte il totale depositato negli istituti di credito. Siccome se i soldi non sono depositati, e non sono nelle disponibilità di nessuno (nessuno diverso da un istituto di credito), tecnicamente non esistono, ne segue che questa massa di 99 volte il capitale versato è stata creata dal nulla. A riprova di ciò, il capitale in cassa nel sistema bancario è comunque sempre 1 (indipendentemente dalla riserva frazionaria in vigore), e costituisce il capitale effettivamente esistente. Attenzione, questa creazione di denaro non ha niente a che fare con il famoso Q.E. di Draghi, che è sì denaro creato dal nulla, ma da un altro nulla rispetto a quello della riserva frazionaria.

FranZη

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6 Anni 5 Mesi fa #16337 da FranZeta
Una piccola precisazione al post precedente. Se qualcuno provasse a usare la formula (4) per confrontarla magari con un finanziamento che ha in essere, potrebbe trovare qualcosa che non torna. Non essendo entrato nei dettagli ho evitato di specificare che normalmente il tasso d'interesse e la rata non sono direttamente confrontabili, dato che il primo è generalmente annuale mentre la rata di solito è mensile. Quindi la formula (4) permette di ricavare la rata annuale di un finanziamento, se volete la rata mensile dovete dividerla per 12. In definitiva, noto l'importo da finanziare "A", il numero di anni del finanziamento "n" e il tasso d'interesse annuale "i" (è il famoso TAN), la rata mensile "R12" si ricava così:

R12=i*A/( 12-12*(1+i)-n)

FranZη

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6 Anni 5 Mesi fa #16798 da milvalos
FranZn,
premesso che di matematica mi restano solo reminiscenze liceali, ti suggerisco un tema che seguirei o almeno proverei a seguire:
---una recensione di Les Principes du Calcul Infinitésimal di René Guénon,
electrodes.files.wordpress.com/2008/12/g...infinitc3a9simal.pdf

Grazie, comunque, della risposta, fosse pure negativa.

mil

[mlv ma10ap18 17e59]

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6 Anni 5 Mesi fa #16819 da FranZeta
@milvalos

Ciao, non ho capito bene se ti interessa discutere del calcolo infinitesimale in sè, o della sua interpretazione da parte di René Guénon...
...nel secondo caso dovrei prima leggermi il malloppo! Comunque ho letto la prima parte e posso già dirti che si tratta di filosofia, parlarne in termini matematici non avrebbe molto senso. Inoltre, essendo stato pubblicato nel 1946, sicuramente gli mancava tutta la parte dell'analisi non standard, che è stata sviluppata solo a partire dagli anni '60. Ebbene, non so come l'avrebbe presa Guénon, ma l'analisi non standard giustifica formalmente tutte le incongruenze che -giustamente- rileva nei concetti di Leibniz. Degli infiniti matematici ne parlavo già qui , anche in questo caso il buon René non sarebbe per nulla d'accordo.

Però permettimi brevemente che sia io a contestare un argomento di Guénon, così da chiarire cosa intendo con filosofia vs matematica (in realtà sono solo termini convenzionali, dato che tecnicamente la matematica è parte della filosofia). Nel post linkato sopra vedrai che parlo della relazione biunivoca che intercorre tra numeri naturali e numeri pari, cioè ad ogni numero naturale 0,1,2,... si può associare biunivocamente un unico numero pari. Ora per Guénon questo comporta una palese contraddizione, dato che, dice, per ogni numero pari ci sono due numeri naturali (pag.23). Beh, questo non è vero. Innanzitutto ricordo che l'associazione biunivoca fra i due insiemi è data dalla seguente funzione:

n ---> 2n

o se preferiamo, cambiando notazione: f(n)=2n.

Guénon dice che, dato che i numeri pari sono intervallati sempre da un dispari nella successione dei naturali, sono per forza la metà dei numeri naturali stessi. Se avessimo a che fare con insiemi finiti sarebbe senz'altro vero, ma sarebbe altrettanto vero che prendendo come insieme di partenza quello più piccolo, data qualsiasi funzione iniettiva tra questo e l'insieme più grande, resteranno sempre fuori metà degli elementi di quest'ultimo. Concretamente: se i due insiemi in questione sono {1,2,3} e {1,2,3,4,5,6}, ogni funzione iniettiva (cioè che ad elementi diversi del primo insieme associa elementi diversi del secondo) fra il primo e il secondo mi lascerà tre elementi del secondo senza corrispondenza nel primo. Una funzione siffatta potrebbe essere:

1 ---> 2
2 ---> 4
3 ---> 6

...che lascia 1,3,5 senza corrispondenza. In effetti possiamo prendere questa proprietà come definizione di "essere il doppio dell'altro" per insiemi finiti, e sostanzialmente è proprio quello che si fa quando si definiscono i numeri naturali in termini di logica formale. Ma quando un insieme è infinito come facciamo a dire che "è il doppio di un'altro"? L'unico modo logicamente consistente (che però Guénon non considera...) è estendere la definizione data per il caso finito agli insiemi infiniti:

L'insieme A ha il doppio degli elementi dell'insieme B se e solo se ogni funzione iniettiva tra B e A lascia senza corrispondenza un insieme di elementi C che ha tanti elementi quanti B.

Ora questa definizione è palesemente non soddisfatta quando poniamo A=numeri pari e B=numeri naturali, lo sappiamo già poichè la funzione f(n)=2n definita sopra è biunivoca (=iniettiva+suriettiva), vale a dire che anche la sua inversa f-1(n)=n/2 è iniettiva (e pure suriettiva), ma quest'ultima è proprio una funzione iniettiva dai numeri pari ai numeri naturali. Insomma, per quanto possa sembrare strano, se vogliamo sostenere che per ogni pari esistono due numeri naturali, dobbiamo inventarci una regola ad hoc che diventerebbe paradossale se applicata ad un insieme finito, che credo sia l'ultima cosa che avrebbe desiderato René Guenon mentre scriveva il suo saggio.

Vabbè, forse non sono stato molto breve, spero che si sia capito qualcosa...comunque per quanto riguarda il calcolo infinitesimale ne parlerò volentieri, magari senza coinvolgere "l'esoterismo di René Guenon" (e i Mantra e gli Hare Hare a mille lireeee...).

PS Non so se si era capita la citazione finale:

FranZη

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6 Anni 5 Mesi fa #16851 da milvalos
FranZeta,
grazie della generosa risposta !, e mi chiarisco.

Matematici non ne conosco per cui, avendo apprezzato quel poco che potevo dei tuoi post, pensai bene di cogliere al volo un giudizio su un autore cui tribuisco un grande merito, sia pure limitatamente alla distinzione tra infinito ed indefinito; pure sperando che la sua posizione basilare, chiara fin dall’incipit che hai letto, se a te già ignota, destasse almeno curiosità, con ciò rendendo possibile uno scambio.

Diversamente, mi sembra che, pur considerando la matematica parte della filosofia, il tuo interesse sia propriamente matematico e ben lontano dagli esoterismi e dalle religioni in cui la filosofia tante volte sconfina.

Apprezzo tale posizione e mi limito ad osservare da una parte che, mentre la matematica è stata capace di darci un linguaggio generale che ci permette misure pratiche comuni (non sempre a proposito), la filosofia (o, meglio, le filosofie) è un insieme di sette ben poco diverse, in fondo, dalle religioni e dalle parti politiche, alle quali l’assimila anche il prestigio di personalità superiori.

E qui concludo puntando al Tema, la ricerca di un linguaggio comune a partire, ovviamente, dalla nozione più astratta.


milvalos

[mlv me11ap2018 18e44]

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6 Anni 5 Mesi fa #16875 da FranZeta

milvalos ha scritto: pensai bene di cogliere al volo un giudizio su un autore cui tribuisco un grande merito, sia pure limitatamente alla distinzione tra infinito ed indefinito; pure sperando che la sua posizione basilare, chiara fin dall’incipit che hai letto, se a te già ignota, destasse almeno curiosità, con ciò rendendo possibile uno scambio.

Sì, non conoscevo questa posizione sull'infinito. Non mi piace però la scelta del termine "indefinito", sicuramente in ambito matematico è infelice, dato che a un certo punto dovremmo metterci a dare la definizione di "indefinito"...
Più che altro non sono d'accordo sulle premesse, cioè quando afferma che la sua distinzione non è solo una questione linguistica. A mio avviso lo è, non avrei nessun problema a chiamare l'infinito matematico in un altro modo (Cantor stesso parlava di insiemi transfiniti, oggi si usa indifferentemente l'uno o l'altro termine), ma ciò non ne modificherebbe la sostanza. Esistono molti altri termini tecnici matematici che se interpretati semanticamente porterebbero a discussioni infinite, per esempio nell'algebra moderna si parla di anelli, corpi, campi, e addirittura ideali senza che ci siano particolari connessioni tra significato tecnico e significato metalinguistico (senza contare che molti di questi termini vengono coniati in lingue diverse, e da queste poi semplicemente tradotti letteralmente). Di contro esistono anche termini tecnici molto evocativi, per esempio quando si parla di numeri iperreali (di cui ho già parlato e parlerò ancora in relazione al calcolo infinitesimale), si definiscono monade l'insieme dei numeri infinitamente vicini a un numero dato, e galassia l'insieme dei numeri a distanza finita da questo.

In definitiva, dal mio punto di vista, la discussione sull'infinito si potrebbe risolvere in modo semplice e indolore specificando che l'Infinito, quello unico e metafisico di Guénon, lo indichiamo con la maiuscola, mentre tutti gli altri possibili infiniti, compresi quelli matematici, con la minuscola, un po' come si fa con Dio e ogni altro dio.

FranZη

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6 Anni 5 Mesi fa #16913 da milvalos
FranZeta, mi rispondi:

Più che altro non sono d'accordo sulle premesse, cioè quando [Guénon] afferma che la sua distinzione non è solo una questione linguistica.

Per me qui Guénon ha ragione essendosi reso conto, da matematico ma non solo, quale era, che in matematica si chiama infinito, vale a dire non-finito, quello che non-finito non è per il fatto stesso di essere riferito a qualcosa, vale a dire all’una o all’altra finitezza, nel nostro contesto i numeri.

Assodato questo possiamo anche chiamare il significante di infinito Caio e quello di non-infinito Sempronio. Per me andrebbe bene purché le inevitabili proprietà dei significanti, Caio e Sempronio, appunto, non finissero per confondere i rispettivi significati stessi, cosa molto facile tra infinito ed indefinito, termini simili e perciò distinguibili solo per lessicale convenzione.

Più avanti scrivi:

In definitiva, dal mio punto di vista, la discussione sull'infinito si potrebbe risolvere in modo semplice e indolore specificando che l'Infinito, quello unico e metafisico di Guénon, lo indichiamo con la maiuscola, mentre tutti gli altri possibili infiniti, compresi quelli matematici, con la minuscola, un po' come si fa con Dio e ogni altro dio.

Ti farò sorridere informandoti che in oltre quaranta discussioni impostate su Facebook tra il 2010 ed il 2011, e, giù di lì, in altre occasioni, pazientissimamente mi premurai di precisare che scrivevo infinito sempre e soltanto con l'iniziale minuscola a scanso di fuorvianti personalizzazioni. Mie preferenze a parte, la tua proposta è ineccepibile, salvo en passant notare che ...

... l'analogia tra i rapporti, da una parte quello tra Infinito ed infinito (nel senso di non-Infinito), dall'altra quello tra Dio e gli dei, andrebbe presa con le pinze perché gli dei non sono realtà fondamentali neanche al loro stesso vertice (Indra, Zeus, Iuppiter) o, come nel caso del dio cristiano, creatore dal nulla, sono teocratiche pastorali invenzioni della logica più elementare noncuranti.

Diversamente, il rapporto tra infinito ed indefinito (o tra Infinito ed infinito, come preferisci) consiste nel considerare l'indefinito nullo per l'infinito analogamente alla nullità dell'insieme dei numeri nello zero aritmetico.

Di conseguenza, una discussione sull'infinito potrebbe incominciare col tentare di stabilire se sia opportuno includere nel proprio pensiero il significato senza limite alcuno o pure no.

Per finire, allontanandomi con ciò dall'aspetto propriamente matematico che più ti sta a cuore, e messo da parte Guénon (i cui meriti nei miei confronti non eccedono un posto di riguardo in archivio, dal quale l'ho tirato fuori, confesso, per tentare di attaccare bottone) e l'intera sua métaphysique traditionnelle, metto in evidenza, che il significante infinito, limitato dalla sua stessa definizione come qualunque altro significante, punta, come qualunque altro significante ad esso stesso convenzionalmente equipollente, all'unico significato non concettuale, vale a dire all'assenza di limite alcuno, diversamente da tutti gli altri significanti i quali invece puntano a limiti, veri o presunti tali che si voglia.


milvalos

[mlv ve13ap18 21e39]

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6 Anni 5 Mesi fa #16951 da FranZeta

milvalos ha scritto: Per me qui Guénon ha ragione essendosi reso conto, da matematico ma non solo, quale era, che in matematica si chiama infinito, vale a dire non-finito, quello che non-finito non è per il fatto stesso di essere riferito a qualcosa, vale a dire all’una o all’altra finitezza, nel nostro contesto i numeri.

Mah, già qui non sono d'accordo, perchè per esempio una possibile definizione di insieme infinito è questa:

Un insieme è infinito se e solo se è possibile metterlo in relazione biunivoca con un suo sottoinsieme proprio.

Questa è una definizione matematica ben posta che non fa nessun riferimento agli insiemi numerici. Possiamo anche ignorare l'esistenza dei numeri naturali, eppure non avremmo difficoltà ad applicare la definizione, che richiede solo i concetti di insieme, sottoinsieme e relazione biunivoca. Spesso, forse un po' semplicisticamente, si definisce la matematica come la scienza che studia le relazioni astratte fra insiemi, quindi se non accettiamo gli enti necessari alla definizione qui sopra non accettiamo la matematica tout court. Poi come già detto possiamo anche usare il termine transfinito in luogo di infinito, ma non è cambiandogli nome che modifichiamo le proprietà degli insiemi che verificano la definizione data.

Ciò detto rimanderei la discussione sull'infinito-transfinito (ma indefinito non lo userò mai come termine alternativo!) a quando avrò provato ad esporre una breve introduzione al calcolo infinitesimale, così da avere a disposizione qualche esempio concreto.

FranZη

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