di Stefano Re
Come alcuni tra i miei lettori sanno bene, in anni passati mi sono occupato di tecniche di interrogatorio. Le ho studiate, ne ho elaborate, ne ho applicate e ne ho insegnate. Una delle fasi più importanti di un interrogatorio consiste nella preparazione del soggetto all’interrogatorio vero e proprio, che è a tutti gli effetti un processo di seduzione. Ci sono interrogatori assai simili ad uno stupro e altri assai simili a un dolce corteggiamento, ma il finale consiste comunque nello stesso atto: fottere l’interrogato. Nel cervello, ovviamente, non necessariamente nel corpo, anche se c’è chi si prende anche quel genere di libertà.
RICETTA PER CUCINARE
Ma qui volevo concentrarmi sulla fase che ho definito di preparazione del soggetto. I fattori più efficaci di questa preparazione sono:
a) isolamento. Limitare o cancellare i suoi contatti emotivi, personali, affettivi e professionali. Ciò serve a indebolire le difese legate alla sua idea di se stesso, che tali rapporti rafforzano.
b) imposizione di un nuovo setting. Consiste nel cancellare le sue abitudini ordinarie e forzarlo ad assumerne di nuove, limitandole e dandogli dei parametri imposti, perché li percepisca come estranei alla sua volontà Ciò serve a indebolire la sua fiducia in se stesso, a introdurre nel suo cervello la sensazione inconscia di non essere nella condizione di gestire la sua esistenza.
c) Confondere i dati. Consiste nel fornire informazioni contrastanti e confuse su fatti che gli stanno a cuore. Più la sua preoccupazione è elevata, più confuse sono le informazioni che ne riceve, più elevato sarà il suo stato di tensione mentale e la sua necessità di trovare qualcuno di cui fidarsi, qualcosa da poter credere.
d) Indurre tensione costante. Consiste nel fornire stimoli più o meno costanti che creino preoccupazione o paura. Ciò serve a fare sprecare tutte le energie del soggetto per contrastarle e tenerle sotto controllo, ad aumentare e rendere ricorrenti i momenti di depressione e stanchezza, a far nascere in lui la necessità crescente di porre un fine a questa condizione, anche a costo di accettare compromessi sgradevoli.
e) In corpore insano. Consiste nel disturbare o comunque rendere difficile il riposo, l’alimentazione regolare, l’attività fisica. Ciò permette di indebolire ulteriormente lo stato mentale del soggetto e renderlo sempre più malleabile.
Come apparirà evidente, tutte queste forme di pressione aumentano la loro efficacia quando vengono protratte nel tempo, e alla lunga producono uno stato generale di prostrazione mentale e fisica, che è la condizione ideale di un soggetto su cui condurre un interrogatorio. Tutto ciò è infatti propedeutico a indurre regressione.
COVID IN FABULA
Ora, qualcosa di quel che avete letto vi suona familiare?
Magari l’obbligo di restare in casa, oppure la modifica improvvisa e forzata alle proprie abitudini, o magari la confusione delle cifre di contagi e decessi, o anche il costante terrorismo mediatico, la limitazione sempre più intensa alle attività fisiche? La paura destabilizza, la tensione continua aumenta la vulnerabilità mentale, la reclusione forzata aumenta la vulnerabilità fisica, mettendo intere popolazioni nelle identiche condizioni di un prigioniero in attesa dell’interrogatorio.
Sapete come descrivevamo un soggetto tenuto in queste condizioni per sole 48 ore, io e i miei colleghi esperti di tecniche di interrogatorio? “Cotto a puntino“.
Sono settimane che una intera popolazione “cuoce a puntino”. E si parla di prolungarle, prorogarle per altre due, tre settimane, “poi vedremo”. Datemi modo di tenere in queste condizioni un soggetto per tre settimane e gli faccio confessare anche di aver ucciso John Fitzgerald Kennedy. Tra breve la maggioranza degli italiani sarà disposta a credere anche a Babbo Natale, se glielo presenti adeguatamente.