La gregarietà culturale del Partito democratico. Walter Veltroni: “Io credo all’insostituibilità dell’America”
di Gennaro Carotenuto
Su Repubblica di oggi (p. 10) [ieri, n.d.r.] Goffredo de Marchis intervista Walter Veltroni che dichiara:
“Io credo all’insostituibilità dell’America. Il mondo non può accettare l’isolamento degli USA, non può rinunciare alla sua leadership morale”.
Sarebbe bene che il segretario del Partito Democratico spiegasse se il destino di 20 anni di storia della sinistra italiana sia stato passare da una gregarietà a un’altra, dal ruolo guida dell’Unione Sovietica all’insostituibilità degli Stati Uniti, dalla patria dei lavoratori alla leadership morale degli Stati Uniti.
In questi vent’anni il percorso che ha portato dal PCI al PD non è stata la necessaria ricerca di una nuova modernità e di un nuovo modello di sviluppo che superasse il ‘900 e la sconfitta ineludibile del socialismo reale. Questo percorso è stato invece una resa culturale incondizionata ...
Dopo l’ultima discussione, nell’articolo dedicato alle elezioni americane, sono giunto ad una conclusione in qualche modo sorprendente: il problema dell’Italia non sta affatto nella “massa di pecoroni che guarda la TV”, ma in quella ristretta elite di intellettuali che crede di aver capito tutto solo perchè ha smesso di guardarla.
Il problema dell’Italia si chiama cinismo, presunzione, qualunquismo.
Sono tre caratteristiche tipiche di una certa “elite” che oggi popola la rete, e sono caratteristiche pienamente funzionali - guarda caso - alla conservazione del potere da parte di chi lo detiene.
Pensateci bene: cos’altro potrebbe desiderare, chi sta al potere, se non una massa di gente che dice ”tanto non cambia nulla”?
In realtà questo non è un problema di oggi, già Pasolini lo aveva evidenziato in maniera scottante: il popolo non è fesso, è solo intontito dal “rumore” mediatico, ma sotto l’apparente apatia conserva intatta la capacità di intendere e di volere. Sono invece gli intellettuali, quelli che credono di aver capito tutto, che si fanno scudo del “tanto non cambia nulla” per evitare di rimboccarsi le maniche e provare a rimuovere quella crosta di apatia negli altri, per arrivare a raddrizzare davvero le sorti del loro paese.
E poi naturalmente sono gli stessi che si lamentano di vivere in un “paese di merda”.
Sono loro le vere “zavorre” del progresso, che frenano una qualunque spinta al cambiamento poichè si autosoddisfano della loro presunta conoscenza, e non si sforzano minimamente di tradurla in azione positiva.
In questo senso Internet ha compiuto – senza volerlo – un miracolo al contrario: mettendo a disposizione di costoro ingenti masse di informazione, ...
Solo chi non conosce bene la storia americana può non apprezzare fino in fondo il significato storico della vittoria di Barack Obama.
Basti pensare che solo 40 anni fa i suoi genitori – un nero e una bianca – non avrebbero potuto nemmeno viaggiare insieme in autobus da una città all’altra degli Stati Uniti.
Basti pensare che 40 anni fa fece scalpore un film in cui un nero (Sidney Poitier) decideva di sposarsi con una donna bianca.
Basti pensare che 40 anni fa i neri americani non avevano ancora acquisito il diritto universale di votare.
Eppure, poco prima di essere ucciso, Robert Kennedy dichiarò: “Entro 40 anni un nero potrà diventare presidente di questa nazione”. Era il 1968, a 40 anni esatti da oggi.
Ma la grandezza di Barack Obama - e quello che gli ha permesso di vincere – è stata di non impostare una campagna elettorale nel nome di una eventuale “rivincita” dei neri, ma della semplice affermazione dei valori di eguaglianza espressi dalla Costituzione.
Nel discorso di ringraziamento, infatti, Obama ha esordito dicendo: “Se c’è ancora qualcuno che pensa che in questa nazione esistano traguardi irraggiungibili per il cittadino qualunque, la serata di oggi contiene la sua risposta”.
Ora, sappiamo tutti bene che il “cittadino qualunque”, per poter raggiungere quei traguardi, deve prima scendere a compromessi non da poco, ma a questo punto bisogna introdurre una importante distinzione ...
Con un gesto di grande lungimiranza, Giulietto Chiesa ha affidato la direzione di Megachip a Pino Cabras.
“Citizen journalist” – come si autodefinisce – e già autore del libro “Strategie per una guerra mondiale. Dall'11 settembre al delitto Bhutto”, Cabras è sicuramente una delle persone più preparate in materia geopolitica – il grande tema che fa da “ombrello” a tutti gli argomenti più scottanti di questo nuovo millennio, dall’11 settembre in poi.
In questo senso Cabras chiude un ponte ideale, iniziato proprio da Giulietto Chiesa con il suo libro “La guerra infinita”, antesignano documento di denuncia della menzogna dell’11 settembre e di tutto quanto si nasconde alle sue spalle.
Nel nome dell’unione, del coordinamento e del supporto reciproco fra i siti di libera informazione, ...
di Marco Cedolin
Secondo i dati diffusi dall’INPS l’incremento della cassa integrazione nell’ultimo anno ha sfiorato il 70% e nell’ultima mensilità oggetto di rilevazione, quella fra agosto e settembre, l’aumento medio è stato del 53% con una punta massima del 113,79% per quanto riguarda gli impiegati.
Le aziende che stanno ricorrendo alla cassa integrazione appartengono a tutti i settori, da quello industriale con nomi altisonanti come Fiat, Ilva, Electrolux, Aprilia, Skf, Pininfarina a quello dei servizi dove perfino Carrefour, fra i leader della grande distribuzione, ha messo in cassa integrazione a Milazzo una quarantina di dipendenti.
In alcune zone, come il torinese, le aziende che stanno sfruttando la cassa integrazione rappresentano ormai la maggioranza e nella sola Bertone 1.200 dipendenti sono in questa situazione da ben 5 anni.
Accanto ai lavoratori in cassa integrazione ce ne sono anche altri molto più sfortunati, come i dipendenti delle aziende che stanno fallendo o comunque chiudono definitivamente i battenti, ...
La sezione 11 settembre del sito, inaugurata nel 2003, esordiva con un capitolo intitolato “Il vero problema è psicologico”. Il testo diceva: Come potrà constatare chiunque affronti l'indagine a mente aperta, sgombra di preconcetti, gli indizi contro la versione ufficiale si rivelano presto essere di una quantità sconcertante. Ma per arrivare a vederli con chiarezza, bisogna prima rimuovere quella spessa corazza protettiva che tutti noi portiamo, e che ci impedisce di vedere tutto ciò che in qualche modo non saremmo in grado di accettare. Se sentiamo che un certo discorso ci porta verso una conclusione poco gradita, alziamo tutti istintivamente una barriera di rifiuto - gli americani lo chiamano denial, o diniego - assolutamente solida e impenetrabile, anche a costo di apparire ridicoli davanti al mondo.
A cinque anni di distanza compare fra i commenti, in maniera quasi casuale, il post di un nuovo iscritto che vale la pena di rileggere per intero.
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Sull'11/9 ormai nessuna persona aggiornata ed in buona fede può avere dubbi:
1 - La versione ufficiale è, fisicamente parlando, impossibile.
2 - I "fatti", le immagini documentati e diffusi in tempo reale e non più alterati (registrazioni fatte personalmente il 9/11), se analizzati con attenzione, non sono spiegabili senza ammettere che siano stati eguiti lavori specialistici di cablaggio delle cariche esplosive nelle torri e nel Building 7.
3 - Le "coincidenze" che hanno reso la debacle possibile (es. sette esercitazioni di sicurezza aerea che prevedevano aerei pirati -o nemici - nei cieli nordamericani), ...
Fra 4 giorni gli Stati Uniti voteranno il loro nuovo presidente. La situazione nel paese è particolarmente tesa e carica di aspettative. L’ipotesi di un presidente nero – che viene definita da tutti una “pietra miliare”, se divenisse realtà - può risultare insignificante solo a chi non conosca da vicino la storia degli Stati Uniti.
Barack Obama infatti è decisamente in vantaggio nei sondaggi, ma nessuno osa ancora parlare di una sua eventuale vittoria come di un fatto reale. Il conservatore (specialmente se razzista) non riesce ancora a rassegnarsi, il progressista non osa ancora sperarlo.
Una vittoria di Obama significherebbe – a grandi linee – un ritorno alla politica di Clinton: riduzione dei “favori” alle grandi corporations, e aumento degli incentivi alla middle class, nella convinzione che l’economia funzioni meglio se alimentata dal basso verso l’alto, e non viceversa. Una vittoria di McCain – che ha dovuto letteralmente vendersi alla destra conservatrice, per avere il loro appoggio – significherebbe invece un proseguimento dello status quo, con la forbice sociale che continua ad allargarsi, fino a rischiare la rottura. In politica estera, sempre a grandi linee, vedremmo la fine dell’unilateralismo e un ritorno alla diplomazia anteposta all’uso dell’esercito, e non viceversa.
A destra si continua a ripetere che i sondaggi sono fasulli, e che più di una volta nella storia il risultato finale li ha completamente smentiti. A sinistra cresce la paura di un’altra frode elettorale, ...
Avevo già avuto in passato più di uno scontro con Paolo Barnard, sia in Internet che alla radio, riguardo all’undici settembre, e purtroppo la stessa dinamica si è ripresentata sul nostro sito, in occasione del suo articolo "No, così non va cari studenti", da noi pubblicato di recente.
Il fatto non sarebbe degno di nota, se non fosse lo stesso Barnard a proporsi continuamente, e a volte in maniera persino invadente, come “duro e puro” del giornalismo nazionale, eroe solitario da tutti ripudiato, solingo gladiatore in una battaglia per la Giustizia e per la Libertà che – a quanto pare – solo lui starebbe combattendo.
Note sono le sue pubbliche lamentele sul trattamento che avrebbe ricevuto da Milena Gabanelli di Report, che Barnard non ha esitato a diffondere ai quattro venti, chiedendo – e presumo ricevendo – una forte solidarietà da parte del popolo della rete.
(Luogocomune non appoggiò ufficialmente quella sua richiesta, in quanto ritenni che le dispute di quel tipo si possano valutare – se mai risultasse interessante farlo - solo in presenza della versione completa di ambo le parti).
In ogni caso, sappiamo che la stessa redazione di Report non ha mai messo in dubbio le capacità professionali di Barnard, e questo ci dovrebbe bastare.
Il problema nasce quando una persona come Barnard cerca di inserire il personale sopra il professionale, al punto da voler “colorare retroattivamente” la propria carriera ...
di Marco Cedolin
Giornali e telegiornali stanno dando in queste ore il massimo risalto alla notizia che il fronte degli studenti impegnati a protestare contro il decreto Gelmini si sarebbe spaccato, dando origine a violenti scontri fra giovani di destra e di sinistra che non avrebbero resistito alla tentazione di anteporre le proprie rivalità all’interesse unitario della protesta. La cronaca delle varie testate giornalistiche vorrebbe far intendere che la responsabilità degli eventi sia da addebitarsi ora all’una ora all’altra parte politica, ma ciò che più conta è che tutto il circo dell’informazione stia puntando il dito sulle divisioni nel movimento studentesco, che confermerebbero come in fondo non sia cambiato nulla, e come i giovani continuino a dimostrarsi totalmente incapaci di condurre la protesta in maniera unitaria.
Alla luce di quanto è accaduto nella giornata di ieri e dell’enfasi con la quale i media hanno rappresentato sotto forma di scontri fra studenti delle opposte fazioni quella che in realtà è sembrata essere stata una vera e propria aggressione, tanto organizzata quanto strumentale nei confronti dell’intero corteo studentesco composto da giovani di ogni colore, mi piace ricordare di aver scritto, due giorni fa, un articolo nel quale rendevo merito al nascente movimento studentesco di avere impartito una vera “lezione”, consistente nell’avere intrapreso una strada che riuscisse a fare prevalere l’unità d’intenti rispetto alle differenze.
Una strada particolarmente sgradita a tutti coloro che da sempre continuano a strumentalizzare i giovani ed i movimenti, educandoli a quella strategia della tensione che risulta funzionale al mantenimento delle proprie posizioni di potere.
La possibilità che in questo Paese inizino a crescere i movimenti politici e di opinione che proprio facendo tesoro della trasversalità ...
(All’interno il testo in italiano dell’intervento).
di Pino Cabras
È un politico molto determinato, il giapponese Yukihisa Fujita.
Quest'anno ha portato in parlamento per ben tre volte la sua forte critica alle versioni ufficiali dell'11 settembre 2001, con crescente solennità e consenso.
Il suo discorso del 22 ottobre 2008 ha fatto spellare le mani dei colleghi parlamentari, ...
di Francesco Carbone
Purtroppo la disinformazione, in materia di economia, è totale. Per lungo e per largo, senza confini. Delusione dopo delusione. Anche l'ultima trasmissione televisiva segnalataci dagli amici (vista ovviamente su internet, dato che non disponiamo di televisore) è stata, per noi di Usemlab, un disastro colossale.
Chiacchiere, giri di parole, stupidaggini senza fine, e nel mezzo del frullatore mediatico appena qualche piccolo cenno di verità, così, buttato lì forse più al fine di confondere le idee che per indirizzare veramente il pubblico verso la soluzione dell'enigma.
Siamo quindi ancora a parlare degli speculatori cattivi. Per favore, signori giornalisti, finitela con la favola degli speculatori cattivi che usano i derivati per anticipare imprenditorialmente i prezzi futuri! Cominciate piuttosto a parlare dei manipolatori istituzionali che usano i derivati con la complicità delle borse competenti per manipolare i prezzi di alcuni mercati (oro argento, ad esempio, ma anche tanti altri) in modo da impedire la formazione dei prezzi di un libero mercato.
Poi magari studiatevi la funzione dell'imprenditore dal punto di vista austriaco prima di dare aria alla bocca. Meglio se dai libri di Jesus Huerta de Soto (Socialismo, cálculo económico y función empresarial). E capirete cosa è l'imprenditore, e come egli crei ricchezza a differenza delle attività dello stato e della banca centrale, ...
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