La formula del latte è Vacca2O

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5 Anni 6 Mesi fa #28298 da FranZeta

kamiokande ha scritto: FranZeta ti do io ora un consiglio: continua a parlare di matematica quanto ti va, ma evita per cortesia di parlare di fisica (almeno fino a quando l'avrai studiata un po'), perché se vuoi ci sarebbero da analizzare un altro paio di tue affermazioni in merito a questioni di fisica (e parliamo di primo principio della termodinamica) da far accapponare la pelle.

Visto che non ti vuoi sporcare le mani con un semplice calcolo fatto di tuo pugno (dubito che si trovi lo stesso conto nella pur vasta bibliografia che consulti), chiudo da parte mia la faccenda, non prima di averti ricordato che l'invarianza di un'equazione rispetto a un gruppo di trasformazioni è matematica, dunque a rigore quello che starebbe sconfinando materia saresti tu, ma dato che non sei nemmeno un fisico la questione si fa più complicata.

Riassumo e tiro le conclusioni, esprimendomi solo sul tuo ultimo commento, perchè la vita è breve e non si può perdere tempo su ogni singola cazzata che ti presenta.

1) All'inizio di tutta la discussione c'è un calcolo esplicito della Lorentz-invarianza dell'equazione considerata. In quel calcolo non risulta nessun fattore gamma nella prima componente dei campi vettoriali. Quindi, non avendo ricevuto nessuna segnalazione di errori nel calcolo, e hai avuto quasi due anni per cercarli, continuo a ritenere valida questa espressione (peraltro universalmente adottata nella letteratura sull'argomento) e non quella col fattore gamma. Se davvero tieni alla tua teoria alternativa dell'elettromangetismo dovrai prima o poi fare i conti con questo aspetto, perchè se quel calcolo è giusto tutti i tuoi discorsi crollano miseramente senza ulteriori discussioni.

2) Ma volendo per puro esercizio intellettuale ipotizzare che quel fattore gamma ci sia davvero, questo provocherebbe in qualche modo le correnti indotte della tua [strike]masturbazione[/strike] sperimentazione mentale? Ma neanche per idea, per calcolare la circuitazione di E' bisogna integrare rot E' e non "rot E' con la prima componente moltiplicata per gamma", quindi in qualche modo il fattore gamma va fatto sparire prima di integrare. Come si fa? Si semplifica con l'altro gamma a secondo membro, e il risultato è nessuna corrente indotta aggiuntiva. La cosa è perfettamente coerente col teorema di algebra lineare che ci dice che se abbiamo due vettori F, G e un'applicazione lineare invertibile T, allora T*F=T*G se e solo se F=G. Nella tua nuova fisica invece questo teorema non vale, e di conseguenza anche tutto il resto dell'algebra lineare, che andrà riscritta in forma coerente e "kamiokande-invariante".

3) Dubito assai che il povero Jefimenko, da te tirato per la giacchetta in un discorso che difficilmente condividerebbe nella sua rozza inaccuratezza, abbia mai voluto portare avanti questo tipo di argomentazioni. Ritengo più probabile che sia piuttosto tu a non avere capito una mazza dei suoi scritti e ad aver riportato esattamente quello che hai capito. Questa ipotesi è supportata da una curiosa coincidenza: se scriviamo i campi E' e B' rispetto a una base solidale col vecchio riferimento, ecco che in effetti compare un fattore gamma nella prima componente. In pratica si cambia sì il sistema di coordinate, ma si tiene la vecchia base ∂/∂xi dello spazio tangente. D'altronde Jefimenko faceva qualcosa di analogo anche con l'altra equazione, quella della legge di Gauss. Avrà avuto le sue buone ragioni per scrivere le equazioni in questo riferimento ibrido -un po' nuove e un po' vecchie coordinate - ma sono quasi certo che queste ragioni non siano quelle che gli vuoi attribuire te.

Epilogo

A questo punto che tu non sia per nulla un fisico è acclarato, perchè un fisico non metterebbe mai insieme tante sciocchezze inerenti la propria materia. Qualunque cosa tu sia, trovo stupefacente come si possa ritenere che le migliori menti del XX secolo siano passate su questi concetti senza accorgersi di simili banali incongruenze. Ma te li vedi Majorana e Heisenberg che discutono del loro principio di indeterminazione e non si sono nemmeno accorti di problemi tanto stupidi relativi alle trasformazioni di Lorentz? O un Poincaré, che scopre tra le altre cose il caos deterministico e la relatività ristretta prima di Einstein, senza mai accorgersi che l'equazione della legge di Faraday è "ovviamente sbagliata"? In pratica pensi che tutta questa gente qua era una manica di fessi (Jefimenko escluso, ma solo perchè non l'hai capito, se no era fesso pure lui), ma per fortuna oggi abbiamo un kamiokande che ci svela tutte le banalità che questi personaggi non sono riusciti a vedere. Ora fai pure la tua replica, posta i tuoi link inutili quando non proprio avulsi dal discorso, poi però chiudiamola qui perchè con uno che ragiona come te non c'è nessuna possibile soddisfazione intellettuale, ma solo una gran rottura di coglioni.

FranZη

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5 Anni 6 Mesi fa - 5 Anni 6 Mesi fa #28316 da kamiokande
Avrei voluto leggere le tue risposte ma ho dovuto fermarmi subito a questa tua affermazione:

Qua di imbarazzante c'è solo la tua preparazione posticcia ed evidentemente da autodidatta

Io non ho tempo da perdere dietro a soggetti come te, quindi questo sarà probabilmente il mio ultimo commento sulla questione. Ti faccio notare che, ad oggi, non hai portato nemmeno un libro di fisica a dimostrazione delle cose che scrivi, al contrario del sottoscritto. Il gioco è semplice: si fa una affermazione e si porta a dimostrazione un libro od una dispensa di corsi universitari di fisica. Vediamo se con un ulteriore esempio riesci a capire la cosa.

Affermazione. Le leggi della meccanica classica rimangono invariate solo ed esclusivamente da: traslazioni, rotazioni e trasformazioni inerziali o di Galileo. Tempo due minuti su Google per cercare "galiean invariance" e si trova questo documento

lss.fnal.gov/archive/other/inp-1556-ph.pdf



A pagina 5 si può leggere



Quindi, come è ben noto, le trasformazioni di Galileo hanno la forma dell'equazione 2.1 dove: il vettore a rappresenta la traslazione dell'origine (traslazioni spaziali rigide), b le traslazioni temporali, il vettore u è la velocità del secondo sistema di riferimento in moto rispetto al primo (trasformazioni inerziali u*t) , e la matrice R è una matrice ortogonale che rappresenta la rotazione del sistema di riferimento (trasformazioni ortogonali). Ma continuando, a fine di pagine 7 ed inizio di pagina 8, c'è scritto



La forza F si trasforma sempre (always) con F' = R*F (equazione 2.10), dove R è la matrice rigorosamente ortogonale definita all'equazione 2.1 (di cui sopra), altrimenti la forza non avrebbe la stessa intensità in tutti i riferimenti inerziali. Ma andiamo avanti, a fine pagina 15 ed inizio pagina 16 c'è scritto



Per avere una forma Galileiana covariante delle leggi della meccanica una forza deve trasformarsi rigorosamente con l'equazione 2.10 (sempre di cui sopra), e quindi con trasformazioni rigorosamente ortogonali aggiungo io. Il caso classico una forza costante F0, esattamente come quella dell'esempio che ti ho fatto al post #28271 , si può trasformare solo ed esclusivamente come F0' = R*F0, con R matrice ortogonale. Se così non è, l'intensità (modulo) del vettore forza cambia da sistema a sistema, così come cambia l'intensità del vettore accelerazione (per via della legge di Newton).

Proseguiamo ora con lo stesso concetto espresso in modo più fisico e meno matematico.

Da "Essential Dynamics and Relativity" Peter J. O’Donnell, CRC Press 1st Edition , sempre al post #28271 , pagina 12 capitolo 1.1.3



Come già detto (sia qui nel forum che nel libro, n.d.K) le leggi della fisica sono le stesse in qualunque riferimento inerziale. Si definiscono quindi sue sistemi di riferimento: S con coordinate (x,y,z,t) ed S' con coordinate (x',y',z',t'), con S' in moto rispetto ad S con un velocità costante v. A fine pagina 13 ed inizio pagina 14, ci viene detto che



Le trasformazioni inerziali (galilean boost) tra i due sistemi di riferimento S ed S' (definiti a pagina 12 di cui sopra): non lasciano invariato il vettore posizione r, non lasciano invariato il vettore velocità u, ma lasciano invariato il vettore accelerazione a. Perciò (therefore), entrambi i sistemi inerziali misurano la medesima accelerazione dell'oggetto in studio (in questo caso una torcia elettrica introdotta a pagina 12). Il capitolo 1.1.3 si apre dicendo che le leggi della fisica sono le stesse in qualunque sistema di riferimento inerziale, e si chiude dicendo che nonostante r e u non siano invarianti alle trasformazioni inerziali, la condizione necessaria e sufficiente (per i sistemi di particelle n.d.K) affinché le leggi della fisica siano le stesse è che a sia invariante (rimanga la stessa) in tutti i sistemi di riferimento inerziali.

Prima conclusione: non essendo la tua matrice T ortogonale non può far parte delle trasformazioni di Galileo e quindi non può lasciare invariata la legge F = m*a (generale covarianza). Ovvero, essendo a' = T*a diverso da a, e ti sfido a dimostrare il contrario, la trasformazione T non lascia invariata la seconda legge di Newton. La trasformazione associata alla matrice T non può quindi riferirsi ad un sistema di riferimento inerziale. Ti è chiaro quindi che fino ad ora mi sono solo limitato a leggerti testi di fisica?Ne dubito.

Affermazione: Le trasformazioni generalizzate di Galileo rappresentano l'omogeneità dello spazio e del tempo e l'isotropia dello spazio. Sempre da "Essential Dynamics and Relativity" Peter J. O’Donnell, CRC Press 1st Edition, pagina 15 e 16



Direi che è più che sufficiente, la forma generale è la stessa dell'articolo "On the Galilean covariance of classical mechanics" così come in qualunque testo di fisica, punto. la matrice R deve essere ortogonale altrimenti lo spazio perde la proprietà dell'isotropia come dall'esempio al post #28271 . Di nuovo, non sto interpretando nulla, ti sto leggendo testi di fisica. Questo scambio lo possiamo intitolare: "Kamiokande legge libri di fisica a FranZeta, ma FranZeta non capisce". Fino a qui abbiamo parlato di acqua calda, ovvero di invarianza o generale covarianza, che non sono propriamente la stessa cosa, ma siccome tu non capisci il concetto di base è inutile provare a fare un ragionamento di dettaglio.

Seconda ed ultima conclusione: se la tua matrice T non lascia invariata a seconda legge di Newton, il tuo concetto di invarianza componente per componente è sbagliato, quindi le leggi di Faraday e di Ampere in forma vettoriale NON sono invarianti rispetto alle trasformazioni di Lorentz, come per altro trovato da Jefimenko e non dal sottoscritto, che stai cercando di convincere con supercazzole.

Qui trovi tutte le pagine dalla 12 alla 16 così magari impari qualcosa, ma ne dubito.

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Fine parte 1 di 2.

"La stampa è morta" (Egon Spengler - Ghostbuster)
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5 Anni 6 Mesi fa - 5 Anni 6 Mesi fa #28317 da kamiokande
Parte 2 di 2.

Ora parliamo di moti relativi, quindi sempre di acqua calda.

Affermazione. La velocità presente nella forza di Lorentz non ha nulla a che vedere con la velocità nei campi trasformati secondo Einstein. Parto da un disegnino preso da pagina 312 del libro "Introduction to electrodynamics" di David J. Griffiths , Pearson, Fourth edition.



A questa figura manca un esperimento fondamentale, quello in cui parte del circuito è in quiete rispetto al campo B e parte viene mosso facendo variare la forma del conduttore, che altrimenti rimane rigido. A parte questo punto, che sarebbe di fondamentale importanza per una discussione seria, ma che è sprecato in questa farsa a cui mi sto prestando, si vede bene che la velocità v è la velocità relativa tra campo e conduttore nel sistema di riferimento del laboratorio (che è uno solo). Infatti subito dopo a pagina 313 dice



Quindi non ci deve sorprendere il fatto che l'esperimento (a) e l'esperimento (b) della figura 7.21 diano lo stesso risultato perché è solo la velocità relativa tra campo e conduttore ad importare. Infatti nella teoria della relatività deve essere così. Ora andiamo ad un altro libro, "The Classical Theory of Fields" di Landau e Lifshitz, io ho la quarta edizione, ma ho scoperto che su internet si trova la terza versione in pdf e che andrà bene uguale

www.elegio.it/mc2/LandauLifshitz_TheClas...oryOfFields_text.pdf

A pagina 48 viene definita la forza di Lorentz



v è definita come la velocità (relativa) della carica che si muove nel campo magnetico H. Siccome la carica è soggetta in generale ad un campo elettrico E ed un campo magnetico H, la formula ci dice che la carica è soggetta ad una forza, ovvero che il moto non sarà uniforme e quindi v non sarà in generale costante (a figura 6 di pagina 57 questa cosa si vede bene, ma spero che almeno questo ti sia ovvio).

Tra pagina 62 e 63 vengono discussi i campi trasformati secondo Einstein



in queste formule la velocità non è v, ma V che appunto si riferisce alla velocità relativa tra due sistemi di riferimento qualunque K e K'. Ora per fugare ogni dubbio andiamo a pagina 9



K e K' sono due sistemi di riferimento inerziali qualunque con velocità relativa V che è, per la definizione di sistema di riferimento inerziale, costante.

Il vettore v rappresenta perciò il moto di una carica in un campo elettrico e magnetico, e quindi v è generalmente diverso da una costante. Per un conduttore, invece, è chi esegue l'esperimento che decide il valore di v, e siccome non c'è nessun motivo fisico perché sia mantenuto sempre costante, in generale è diverso da costante.

V invece è la velocità relativa tra due sistemi di riferimento inerziali qualunque e quindi è rigorosamente costante.

Credo che chiunque con due neuroni che si incontrano e che si salutano stringendosi le sinapsi, possa capire che una velocità generalmente non costante è diversa da una velocità rigorosamente costante.

Ora siccome sono io che interpreto in modo posticcio, concludo con l'articolo scientifico "On the Material Invariant Formulation of Maxwell’s Displacement Current" di Christo I. Christov (purtroppo deceduto nel 2012) del Dipartimento di Matematica (che quindi è stato un tuo collega matematico) dell'Università della Louisiana, pubblicato il novembre 2006, sul volume 36, issue 11, di Foundations of Physics (pp 1701–1717) e disponibile a questo link

www.christov.metacontinuum.com/My_Public...ov-Found.Phys.36.pdf

a pagina 1703 scrive una delle forme delle equazioni di Maxwell-Hertz e ne elenca alcune interessanti proprietà, che però non commento perché sprecato in questa discussione surreale



a pagina 1705 introduce le equazioni di Maxwell-Lorentz nell'interpretazione corrente



infine a pagina 1706 ci dice



surprise surprise, che le equazioni di Maxwell-Lorentz non si possono ridurre alle equazioni di Maxwell-Hertz perché nelle prime a velocità v è costante, mentre nelle seconde la velocità è arbitraria. Ti giuro che non ci vuole una laurea in matematica applicata per capire che V = cost e v <> cost sono due grandezze diverse, bastano i due neuroni ben educati di cui sopra.

Bene, anzi male, visto che ho perso altro tempo dietro ai tuoi vaneggiamenti. Onde evitare di farti spendere altro tempo nel rispondermi, ti dico subito che una tua eventuale risposta non verrà letta da me se, ad uno sguardo veloce, non ci sarà almeno un link ed uno screenshot ad un libro di fisica, con possibilmente delle frasi sottolineate che dimostrino che quel che ho detto è sbagliato. Se il tuo fine è quindi quello di convincermi con supercazzole evita perché sprechi tempo. Se il tuo fine è invece quello di auto-convincerti di avere ragione contro l'evidenza, magari tentando anche di convincere gli sfortunati lettori di questa pantomima, fai quel che ti pare, il tempo è il tuo....il mio l'ho già sprecato in abbondanza.

"La stampa è morta" (Egon Spengler - Ghostbuster)
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5 Anni 6 Mesi fa #28320 da FranZeta

kamiokande ha scritto:



La forza F si trasforma sempre (always) con F' = R*F (equazione 2.10), dove R è la matrice rigorosamente ortogonale definita all'equazione 2.1 (di cui sopra), altrimenti la forza non avrebbe la stessa intensità in tutti i riferimenti inerziali.

Ti traduco quello che c'è scritto nel tuo link, usando la notazione dei commenti precedenti. Se F è una forza agente su un punto materiale e T una trasformazione di Galileo del sistema di coordinate, allora F(T(r))=R*F(r), per una certa R in SO(3) dipendente dalla trasformazione considerata. Come pronosticato non c'entra un accidenti di niente col fatto che T*F=T*G se e solo se F=G, cosa che vale sempre (always)*. In particolare l'equazione 2.10 si può riscrivere in forma equivalente come T*F'=T*R*F con T in GL(3,R) qualsiasi. Tanti saluti kamiokande.

*dimostrazione:

T*F=T*G <==> T*F-T*G=0 (uno spazio vettoriale è in particolare un gruppo)
T*F-T*G=T*(F-G) (T è lineare)
T*(F-G)=0 <==> F-G=0 (T è un isomorfismo ==> Ker T =0)

FranZη

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5 Anni 3 Mesi fa #30752 da FranZeta
Picnic fra i campi vettoriali

Volendo dare un senso alla precedente discussione, dove è stata seminata più che altro confusione fra vettori e campi vettoriali, come fra algebra lineare e geometria differenziale, mi pare opportuno dare qualche informazione in più su questi oggetti matematici, la cui teoria è ricca di risultati inaspettati. Sono in effetti un tratto distintivo della matematica moderna, molte cose già note in precedenza trovano una giustificazine spesso semplice ed elegante usando l'approccio dei campi vettoriali (che si seminano nel terreno della geometria differenziale, è il caso di ricordarlo).

Più che dare una definizione formale, che chi è interessato può trovare facilmente nel web (state attenti alle imprecisioni della pagina italiana di wikipedia però, se mai scegliete quella inglese), meglio partire a bomba con un esempio pratico. Ragioniamo nel piano euclideo, che rappresenta il caso più semplice, poi generalizzeremo senza troppi problemi. Dunque un campo vettoriale nel piano R2 è semplicemente una funzione R2-->R2, ossia una funzione che ad ogni punto del piano associa un nuovo punto del piano. Siccome i punti del piano possono essere visti come vettori, cioè come freccette con la coda nell'origine del piano cartesiano e la punta nel punto considerato (mi si perdoni il calembour), questa funzione può essere rappresentata come un insieme di dette freccette sparse per tutto il piano, una per ogni punto. Si richiede anche che questa funzione abbia una certa regolarità, cioè innanzitutto che sia continua, e allora abbiamo un campo vettoriale continuo, e poi in genere che sia differenziabile un certo numero k di volte, cosa che definisce i campi vettoriali di classe Ck. In quanto segue daremo per scontata questa regolarità, come d'altronde accade spesso nella letteratura sull'argomento.

Allora dicevo che si parte con un esempio pratico, eccolo qua:



Come vedete abbiamo i nostri assi x e y e tante freccette*, che in questo caso seguono una logica piuttosto evidente: girano tutte in senso antiorario attorno all'origine degli assi. Per andare avanti è necessario introdurre la notazione propria dei campi vettoriali. Ce ne sono diverse a dire la verità, quella più semplice consiste nell'indicare il campo vettoriale V esplicitando le sue due componenti, che saranno funzioni di x e y, cioè:

V = ( v1(x,y) , v2(x,y))

Quindi v1 e v2 - che sono funzioni - sono le componenti del campo vettoriale, mentre x e y sono le coordinate del piano. Evidentemente le due cose non vanno confuse, ma quando si passa all'esempio pratico tutto si fa più chiaro, nel caso dell'immagine sopra infatti il campo vettoriale è dato da:

V = (-y , x)

perciò è semplicissimo, date delle particolari coordinate, trovare il vettore corrispondente (= freccetta uscente dal punto considerato), ad esempio al punto (x,y)=(1,0) corrisponde il vettore (v1,v2)=(0,1), al punto (1,1) corrisponde (-1,1), e così via. Si noti che al punto (0,0), l'origine, è associato il vettore nullo (0,0). Questo è l'unico punto in tutto il piano dove il campo V si annulla. In questo caso si parla di singolarità o punto critico, si tratta di punti fondamentali perchè danno informazioni molto importanti sul comportamento globale di V. Per capire il perchè bisogna introdurre un altro concetto associato ai campi vettoriali: quello di linea di flusso. Interpretiamo le freccette del campo come velocità istantanea relativa al punto considerato. Nel nostro campo particolare abbiamo ad esempio che nel punto (1,0) la velocità è (0,1), ora se immaginiamo una particella che si muove a partire da quel punto con la velocità data, ci domandiamo: dove andrà a finire se segue le freccette, sempre intese come velocità istantanea punto per punto?

Tecnicamente si tratta di risolvere un'equazione differenziale (ecco perchè parlavo di geometria differenziale...), ma senza addentrarmi in dettagli noiosi anticipo subito che nel nostro esempio le linee di flusso risultano essere circonferenze concentriche centrate nell'origine. Anzi, tutte le circonferenze concentriche centrate nell'origine. Dato un punto (xp,yp), la linea di flusso uscente da p è semplicemente la circonferenza di raggio |p|, ossia la distanza di p dall'origine. L'immagine seguente mostra alcune linee di flusso uscenti da diversi punti (evidenziati in rosso) di un campo vettoriale più complicato di quello da noi considerato:



Ora che abbiamo i concetti di punto critico (V=0) e di linea di flusso, possiamo enunciare un primo teorema generale sui campi vettoriali, il Teorema di Poincaré-Bendixson:

Se esiste una linea di flusso chiusa, allora c'è almeno un punto critico al suo interno.

Il nostro esempio è chiaramente una conferma clamorosa del teorema, dato che tutte le linee di flusso sono chiuse e contengono il punto critico nell'origine. Questo approccio permette un'analisi qualitativa relativamente semplice di situazioni che possono essere anche estremamente complicate: non serve avere l'espressione analitica del campo per capire se possiede singolarità, ci basta avere delle immagini come quelle sopra, seguire le freccette e vedere se le linee di flusso si chiudono o no. Attenzione: seguire le freccette significa tracciare la linea tangente ai vettori via via che si prosegue, cioè "seguire la via" indicata dalle freccette, non andare ad ogni passagio nel punto di arrivo della freccia, è bene precisarlo, ma adesso vedremo che la cosa è piuttosto scontata.

Infatti, sebbene da quanto detto finora sembrerebbe che tanto i vettori (v1,v2) quanto i punti (x,y) stiano nello stesso spazio, cioè il piano cartesiano, in realtà le cose non stanno esattamente così. Per capire il motivo è utile introdurre una prima generalizzazione dei campi vettoriali: i campi vettoriali definiti su superfici. La cosa funziona come prima, solo che adesso invece che avere freccette uscenti dai punti del piano le abbiamo uscenti dai punti di una superficie. Ecco nuovamente un esempio pratico, riguardante la sfera:



L'immagine è quella che è, non ne ho trovate di più belle, però dovrebbe essere chiaro il concetto: stavolta le nostre freccette sono vettori tangenti alla sfera. Per la precisione, in ogni punto della sfera, il vettore associato è un (unico) vettore del piano tangente nel punto stesso. Siccome anche il piano cartesiano è una superficie, dovrebbe iniziare a chiarirsi il perchè i singoli vettori non sono da considerarsi appartenenti al piano xy: sono in realtà, e in modo del tutto analogo a quanto succede con la sfera, vettori appartenenti a un nuovo piano con origine nel punto da cui parte la freccetta, quindi ogni vettore ha il suo piano personalizzato (anche qui, tecnicamente, si parlerebbe di fibrato tangente...).

I campi vettoriali sulle sfere permettono di dimostrare un interessante teorema, detto Teorema della sfera impettinabile (o "della palla pelosa", terminologia che per ovvi motivi preferisco evitare):

Non è possibile "pettinare" una sfera senza che si crei almeno una riga o una chierica.

Anche in questo caso è fondamentale il concetto di punto critico, più qualche nozione topologica che non posso approfondire, tuttavia siamo molto vicini alla situazione del teorema di Poincaré-Bendixson, nella fattispecie l'esistenza di un punto critico è garantita dalle proprietà topologiche della sfera (caratteristica di Eulero-Poincarè), e qui "punto critico" equivale a "chierica". Un corollario esotico del teorema è che, se consideriamo la circolazione dei venti dominanti sulla superficie terrestre, deve sempre esistere un punto singolare, cioè un ciclone o un anticiclone. La cosa non varrebbe se la terra avesse la forma di una ciambella, infatti una superficie torica è pettinabile:



Altro interessante teorema legato alla topologia della sfera e alla metereologia è il Teorema di Borsuk-Ulam, che si può enunciare in dimensione 1 o 2:

1 Sull'equatore esistono sempre due punti antipodali con la stessa temperatura.

2 Sulla terra esistono sempre due punti antipodali con stessa temperatura e pressione.

Solo la dimensione 2 è direttamente legata a campi vettoriali propriamente detti, la dimensione 1 riguarda invece i campi scalari, ma anche qui non voglio divagare troppo. Anzi, preferirei tornare al discorso iniziale, nato in qualche modo dalla discussione dei post precedenti. Come dicevo sopra occorre prestare attenzione alla differenza concettuale fra componenti del campo vettoriale e coordinate del sistema di riferimento. Nel nostro esempio queste erano rispettivamente (-y,x) e (x,y), ed è chiaro che non sono la stessa cosa (se non nel caso particolarissimo in cui x=y e x=-y, ossia x=y=0, cioè solo nell'origine). Il fatto è che se cambiamo sistema di coordinate possono succedere dei casini. Prendiamo per esempio la lungamente dibattuta trasformazione:

x'=k*x
y'=y

qui ristretta alla dimensione 2 (non cambia nulla), con k costante diversa da 0. Se sostituiamo le componenti di V abbiamo:

V = (-y,x) = (-y',x'/k)

Da cui risulterebbe:



Questo evidentemente non è lo stesso campo vettoriale V tracciato sopra (risulta "ovalizzato"), quindi nel cambio di coordinate qualcosa è andato storto. Per evitare simili inconvenienti, la notazione matematica standard per i campi vettoriali non è proprio quella che ho dato all'inizio, si scrivono piuttosto come somma (vettoriale, ça va sans dire) delle componenti moltiplicate per degli "strani" termini, che altro non sono se non la base dello spazio vettoriale in cui "vivono" le nostre freccette. Senza altri giri di parole si scriverebbe così:

V = -y ∂/∂x + x ∂/∂y

questi ∂/∂x e ∂/∂y (de-in-de-x, de-in-de-y) rappresentano nel nostro caso i due vettori-base (1,0) e (0,1), ma c'è un preciso motivo se si indicano in questo modo, non posso approfondire quanto vorrei ma basti vedere come si comportano quando cambiamo coordinate:

∂/∂x' =1/k* ∂/∂x
∂/∂y' = ∂/∂y

e perciò, sostituendo nell'espressione di V i termini non accentati con quelli accentati, si ricava:

V = -k*y' ∂/∂x' + x'/k ∂/∂y'

espressione che dà luogo allo stesso campo vettoriale mostrato dalla prima immagine (fate pure la prova sostituendo a ritroso le espressioni x',y',∂/∂x',∂/∂y' con le relative espressioni non accentate), e non poteva essere altrimenti dato che V è sempre lo stesso, indipendentemente dal sistema di coordinate in cui lo scriviamo. Si possono scegliere trasformazioni più esotiche, che mutano completamente l'espressione del campo, per esempio se scrivessimo V in coordinate polari, usando cioè le coordinate:

x = ρ cos φ
y = ρ sin φ

otterremmo l'espressione:

V = ∂/∂φ

Qui non deve trarre in inganno l'uso delle lettere greche ρ e φ per le nuove coordinate, ho solo preferito usare la notazione standard per non confondere, ma avrei potuto benissimo chiamarle x' e y'. Come si può notare, essendo V un campo che "gira" uniformemente attorno all'origine, in coordinate polari diventa un campo costante rispetto al "versore angolare" ∂/∂φ con componente nulla rispetto al "versore radiale" ∂/∂ρ.

Dopo aver affrontato una prima generalizzazione del concetto di campo vettoriale, dal piano a una superficie curva, passiamo alla generalizzazione dal piano allo spazio tridimensionale R3. In realtà non cambia quasi nulla, dobbiamo solo aggiungere una coordinata e una componente del campo vettoriale, che avrà quindi la seguente espressione generale:

V = ( v1(x,y,z),v2(x,y,z),v3(x,y,z))

se usiamo la notazione con le sole componenti, oppure la relativa espressione come somma vettoriale che coinvolge anche i vettori della base:

V = v1(x,y,z) ∂/∂x + v2(x,y,z) ∂/∂y + v3(x,y,z) ∂/∂z

Quest'ultima forma, detto per inciso, è usualmente abbreviata usando gli indici e la notazione di Einstein con V = vi ∂/∂xi, ma anche questo discorso ci porterebbe troppo lontano per essere approfondito. I nostri campi vettoriali in 3-d sono dunque un insieme di freccette, una per ogni punto dello spazio tridimensionale, che variano in modo continuo da punto a punto, insomma niente di diverso dal caso 2-d, se non che adesso abbiamo a che fare con entità proprie della fisica, perchè questi campi possono rappresentare campi gravitazionali, magnetici, elettrici, eccetera. Per arrivare ai campi E e B discussi sopra, rispettivamente elettrico e magnetico, manca ancora un'ulteriore generalizzazione: finora abbiamo considerato campi vettoriali statici, cioè indipendenti dal tempo, quando però sconfiniamo nella fisica matematica, in genere le quantità che analizziamo vanno considerate variabili nel tempo, e i campi vettoriali non fanno eccezione. Ecco allora che le componenti, oltre a dipendere dalle tre coordinate spaziali, dipendono anche da una nuova coordinata t, con l'ovvio significato di coordinata temporale.

I campi E e B risultano essere ciascuno una famiglia di campi vettoriali parametrizzati dalla coordinata temporale t. I campi vettoriali "statici" in questo modo diventano dei casi particolari, in cui al variare di t l'espressione del campo vettoriale resta sempre identica. Anche qui un esempio pratico può aiutare, questa l'espressione di un campo elettrico generato da una carica puntiforme posta nell'origine (0,0,0) dello spazio tridimensionale:

E = r/|r|3

con r=(x,y,z) e |r|=√(x2+y2+z2) (per chi fosse curioso usando la notazione di Einstein si scriverebbe E=(xixi)-3/2 * xj ∂/∂xj). Se la carica si muove, ecco che abbiamo un campo vettoriale variabile, dipendente dal parametro t, per esempio di seguito il campo della carica di prima che si muove lungo l'asse x con velocità costante:



L'espressione analitica di questo campo vettoriale si ottiene sostituendo nel campo vettoriale E alla coordinata x l'espressione x-v*t, dove il termine v rappresenta la velocità con cui si muove la carica. Notare che se la velocità v è uguale a zero si riottiene il campo statico dato prima, che corrisponde all'immagine centrale dell'animazione gif.

I cambiamenti di coordinate nel caso 3-d funzionano esattamente come con quelli 2-d, l'unica ovvia differenza è che c'è una coordinata z in più e un nuovo versore ∂/∂z da trasformare. I cambiamenti di coordinate che coinvolgono il tempo invece sono più delicati, perchè nella fisica classica il tempo è un parametro indipendente dal quadro di riferimento, nella fisica relativistica invece è una coordinata a tutti gli effetti, nè più nè meno come le tre coordinate spaziali, di conseguenza i due approcci richiedono metodi diversi e diversi sono pure i risultati, in generale.

Ma non ci occuperemo qua di tali argomenti, piuttosto se qualcuno è riuscito ad arrivare fino a questo punto, propongo un rapido test di verifica della comprensione. Supponiamo che all'inizio del post per dispetto invece che fornirvi le componenti del campo V esplicitamente, cioè invece che dirvi che:

v1 = -y
v2 = x

vi avessi fornito le seguenti uguaglianze:

k*v1 = -k*y
v2 = x

con k solita costante arbitraria diversa da zero, come andrebbe modificato il discorso che riguarda il campo V=(v1,v2)? Potete scegliere fra le seguenti risposte, nello spoiler la soluzione:

1) Non cambierebbe niente perchè le due coppie di uguaglianze sono del tutto equivalenti.
2) Questa non è una verifica della comprensione perchè la domanda non c'entra un accidenti con i campi vettoriali.
3) Il campo V è in questo caso diverso, così come tutto il discorso seguente, anche se in modi imperscrutabili.

Attenzione: Spoiler!


*Per ragioni di chiarezza delle immagini i vettori sono riscalati logaritmicamente, le freccette tendono quindi ad avere una lunghezza minore e più uniforme rispetto a quella reale.

FranZη

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5 Anni 2 Settimane fa #32518 da gino sighicelli
FranZeta,

ti propongo un rebus
ovvero, una questione di fantascienza (come se si trattasse di analisi preliminare a programmazione finalizzata alla realizzazione di un giochino di simulazione interattiva su PC)

rilevi l'esistenza di qualche incongruenza (o comunque di qualche importante imperfezione)?:

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
i seguenti sono i presupposti:

1) Nel ‘vuoto’, la velocità di dissipazione del campo di una qualsiasi sorgente sarebbe circa c (la così detta “velocità della luce”); ciascuna sorgente occupa un volume sferico infinitesimale.

2) Il campo di ciascuna qualsiasi sorgente sarebbe perfettamente sferico, ma solamente e solamente se

(doppia implicazione intesa nel modo tradizionale; ovvero, venendo limitata all’affermazione che “A ↔ B” significa che: se è vero A allora è vero B; se è falso B allora è falso A; altrimenti nulla è dato di sapere)

esso mai dovesse incontrare alcun ostacolo. Siccome a poter ostacolare la dissipazione del campo di ciascuna qualsiasi sorgente è previsto poter/dover essere solamente il campo di ogni qualsiasi altra sorgente (inclusa in un suo orizzonte pressoché sterminato), l’implicazione è dunque che:

mai e in nessun caso il campo di ogni qualsiasi sorgente possa risultare essere perfettamente sferico.

3) qualsiasi deformazione può intervenire purché essa non comprometta la continuità del campo dissipato



Per cominciare, riassumo dapprima quale sarebbe la topologia di un campo la cui dissipazione non venisse in alcun modo ostacolata:

immaginandolo scomponibile in una infinita successione di superfici sferiche, ed assumendo che ciascuna superficie conserverà in eterno la quantità infinitesimale di campo che inizialmente le venne ‘consegnata’ (quando quella superficie scaturì dalla sua propria sorgente), è facile poi dedurre che, con il crescere del raggio (poiché l’area della superficie (sferica) deve crescere con il quadrato del raggio) la densità di qualsiasi area infinitesimale di quella superficie debba decrescere progressivamente, anch’essa, con il parimenti progressivo crescere del quadrato del raggio
(d1× a1 = d2× a2. (d1:= densità in qualsiasi punto di una qualsiasi superficie; a1:= area della superficie 1; d2:= densità in qualsiasi punto di una qualsiasi altra superficie; a2:= area della superficie 2)

In pratica, tra i campi normalmente immaginati (ad esempio, nel caso dei 2 campi dei protoni: sia il loro campo gravitazionale che il loro campo elettromagnetico (quello della sua carica positiva)) e quello dissipato qui invece immaginato, nonostante la differente presupposizione (rispetto alla presupposta staticità dei campi tradizionalmente utilizzati), in relazione alla loro forma ed alla distribuzione in essi della densità di campo, non vi sarebbe alcuna differenza (detto in altre parole: nella moderna teoria della fisica, la presupposizione della sua dissipazione, in relazione agli effetti determinati da un qualsiasi campo, non implicherebbe alcuna differenza).

Di seguito discuto invece la più importante ed immediata implicazione della deformazione che, in un qualsiasi campo dissipato, dovrebbe necessariamente intervenire in conseguenza del suo venire ostacolato dalla dissipazione dei campi di altre sorgenti di campo:

1) la presupposizione della continuità del campo implica che nessuna parte di ciascuna superficie emessa (mai) possa sovrapporsi (o addirittura scavalcare) qualsiasi parte della superficie che la precede (che la precede := la superficie emessa nell’istante precedente, rispetto all’istante in cui la prima superficie è stata emessa): è implicita la nozione che ciascuna superficie debba sempre ed in ogni suo luogo aderire sia alla superficie che nella dissipazione la precede (quella emessa nell’istante successivo all’istante della sua nascita), si a quella che nella dissipazione le succede

2) il campo di qualsiasi sorgente viene previsto dover venire più o meno ostacolato, ma sempre in modo linearmente proporzionale, rispetto alla densità del campo risultante dalla sovrapposizione dei campi di altre sorgenti (in funzione lineare della densità della sovrapposizione dei campi che deve attraversare).

3) considerando l’ipotesi di un universo in cui vi fosse una sola coppia di sorgenti e considerando il segmento di linea retta che idealmente le connetterebbe, analizzando la forma che implicitamente avrebbe una qualsiasi loro superficie ‘sferica’ (di una o l’altra le due sorgenti), deve venire dedotto che almeno in un qualche ristretto intorno sferico di ambedue le sorgenti, d’intorno a quella linea retta la loro forma debba risultare essersi schiacciata

4) da (1) e (2) e (3): in primo luogo deriva la nozione di un maggiore addensamento delle superfici lungo il segmento di linea retta, rispetto a come esse risulterebbero distribuite in ogni altra direzione; in secondo luogo vi è la deduzione della necessità di una ridistribuzione trasversale della densità di campo in ciascuna superficie deformata, poiché ai margini della parte maggiormente schiacciata, in conseguenza dell’incremento dell’area della superficie sferica deformata, altrimenti dovrebbe intervenire un alone ‘depressurizzato’

5) in conseguenza della (1), la stessa redistribuzione dovrebbe anche intervenire in ciascuna superficie che incalzi quella considerata in (4)

6) a causa della maggiore densità dell’ostacolo incontrato dalla superficie considerata in (4), la redistribuzione descritta in (5) (quella che necessariamente dovrebbe intervenire nelle superfici che incalzano la superficie maggiormente ostacolata) deve intervenire anche longitudinalmente, onde annullare la rarefazione che altrimenti comparirebbe anche nella direzione radiale:

una forma perfettamente sferica, nel verso della dissipazione, implica la decrescita quadratica della densità; una forma topologicamente sferica ma schiacciata deve implicare una decrescita più che quadratica della densità, ma anche nessuna regione in cui la densità possa risultare essere inferiore rispettò a quella che si avrebbe nel caso di una decrescita quadratica verso l’esterno (verrebbe a mancare il presupposto della necessità di almeno un ristretto intorno sferico tale da conservare in ogni caso una topologia sferica (seppure deformata))

7) dai punti precedenti è derivabile l’implicazione che ciascun incremento della densità del campo che ostacoli la dissipazione di una qualsiasi sorgente debba implicare una sorta di effetto ‘risucchio’ della sorgente, nella direzione in cui le superfici più prossime alla sorgente medesima risultino essersi maggiormente addensate (in pratica, la presupposizione della necessità della continuità del campo di ciascuna sorgente, implicherebbe la necessità che la sorgente del campo venga infinitesimalmente ma continuamente ‘risucchiata’ nella direzione in cui la dissipazione del suo campo venga maggiormente ostacolata; poiché altrimenti la superficie che la sorgente dovrebbe emettere in un qualsiasi dato istante, in quella direzione non aderirebbe alla superficie che immediatamente la precede (“quella che la precede” equivalendo a dire “la superficie emessa nell’istante precedente”)

8) implicita è infine anche la spiegazione della progressione normalmente quadratica della velocità della sorgente ‘risucchiata’:
8.1) il suo moto deve avvenire nella direzione in cui il suo campo venga maggiormente ostacolato e, quindi, anche rallentato;
8.2) muovendosi in quella direzione, la sorgente (e la parte del suo campo in quella direzione) incontrerà un campo ostacolante sempre più denso; a cui dovrà parimenti corrispondere un effetto di ‘risucchio’, anch’esso progressivamente crescente

ad esempio, nell’ipotesi di una sorgente immersa in una sovrapposizioni di campi la cui forma fosse approssimativamente sferica, la forma sferica di quella sovrapposizione implicherebbe che, nella direzione e verso, verso il centro di quella sovrapposizione, la densità dell’ostacolo dovrebbe crescere quadraticamente; essendo essa (quella sovrapposizione) il campo che maggiormente ostacola la dissipazione della sorgente, al crescere quadraticamente la densità dell’ostacolo dovrebbe pertanto corrispondere il crescere quadratico della reazione alla densità dell’ostacolo; ovvero, dell’effetto di ‘risucchio’ della sorgente nella direzione dell’ostacolo.

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5 Anni 2 Settimane fa #32527 da FranZeta
Ciao Gino. Scusa ma, esattamente, cos'è che dovrei fare?

FranZη

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5 Anni 2 Settimane fa - 5 Anni 2 Settimane fa #32531 da gino sighicelli

rilevi l'esistenza di qualche incongruenza (o comunque di qualche importante imperfezione)?

Scusa ma, esattamente, cos'è che dovrei fare?


riformulo la mia questione:

avrei altrimenti potuto limitarmi ad imporre una o più ulteriori restrizioni (mediante ulteriori presupposizioni iniziali)

ad esempio, avrei potuto limitare la libertà nello spazio della rappresentazione (quello derivabile dai presupposti iniziali) imponendo l’ulteriore presupposto:

4) ciascuna sorgente di campo deve sempre occupare il baricentro del proprio campo (o magari anche indebolendolo un pochino, aggiungendo: “almeno nell’intorno del suo campo (a topologia sferica) che la ingloba”)

implicitamente la mia scelta invece fu a favore della mia (incerta) ipotesi che l’attuale teoria della fluidodinamica possa non contraddire le deduzioni da ma accampate (o almeno, non contraddirle clamorosamente)


peraltro, facile è accertarsi del fatto che, in non rari casi, la fluidodinamica è almeno (come minimo) controituitiva

ad esempio, vedi:

1) it.wikipedia.org/wiki/Discussione:Bolina ;
2) « Una conseguenza dell'equazione di Bernoulli [...] è il fenomeno che va sotto il nome di paradosso idrodinamico » ( ishtar.df.unibo.it/mflu/html/paradoxdin.html );
3) « Per spiegare perché sussiste il paradosso idrostatico dobbiamo ricordarci della legge di Stevino [...] » ( www.youmath.it/lezioni/fisica/idrostatic...sso-idrostatico.html )

dalle discussioni trascritte in (1), intervenute tra alcuni revisori di wikipedia, circa le possibili ragioni dell’andatura di bolina, chiaramente emerge inoltre l’evidenza di una, per me molto sorprendente, loro più che notevole incertezza, su come la realtà debba/possa venire interpretata, alla ‘luce’ della teoria fluidodinamica

trascurando poi il fatto che l’incertezza diventerebbe poi addirittura straordinariamente palese, per chi anche si accorgesse che in essa venne prodotta perfino confusione sui termini ‘sopravvento’ e ‘sottovento’, ribaltandone i significati … (nella navigazione a vela il ‘sopravvento’ ed il ‘sottovento’ determinano il diritto di precedenza: « Tra due imbarcazioni a vela che navigano sulle stesse mure ha diritto di rotta quella che si trova sottovento all'altra. » …) … e senza che nessun interlocutore osasse farlo poi notare

peraltro, il più in gamba, tra quelli intervenuti, almeno dimostrò di essere stato almeno avvezzo alla navigazione a vela ed ai molti e molto complicati fenomeni che in essa si manifestano


un’altra ulteriore mia incertezza è pertinente al significato di “a topologia sferica”. La locuzione io normalmente la utilizzo immaginando una restrizione di questo tipo: “decrescita continua verso l'esterno (non necessariamente linearmente e/o uniformemente) della densità”

un’altra ulteriore ragione della mia richiesta fu di stimolare qualche tua critica (per me finora imprevedibile) in relazione alle mie argomentazioni

ed eventualmente ottenere il tuo permesso di continuare, questo mio giochino, permettendomi di svilupparlo ulteriormente, sul tuo forum, anche in relazione ai successivi 4 punti:

2) simulazione dell’energia cinetica e dell’energia in generale;
3) simulazione degli effetti relativistici delle velocità;
4) simulazione degli effetti relativistici della densità delle sorgenti di campo;
5) simulazione del principio d’inerzia.
Ultima Modifica 5 Anni 2 Settimane fa da gino sighicelli. Motivo: correzione 2 errori

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5 Anni 2 Settimane fa #32551 da FranZeta

gino sighicelli ha scritto: riformulo la mia questione:
...

Beh, messa così preferivo la formulazione originale:

rilevi l'esistenza di qualche incongruenza (o comunque di qualche importante imperfezione)?


Dunque, senza entrare troppo nei dettagli, rilevo:

i seguenti sono i presupposti:

1) Nel ‘vuoto’, la velocità di dissipazione del campo di una qualsiasi sorgente sarebbe circa c (la così detta “velocità della luce”); ciascuna sorgente occupa un volume sferico infinitesimale.

Cosa sarebbe la "velocità di dissipazione"? Notare che nel caso del campo elettromagnetico (ma anche gravitazionale) la velocità c non c'entra con la legge dell'inverso del quadrato, ci dice piuttosto con che velocità un campo si propaga nel momento in cui "accendiamo" una sorgente, o si dissipa quando la "spegnamo".

2) Il campo di ciascuna qualsiasi sorgente sarebbe perfettamente sferico
...

Cosa intendi con "campo sferico"? Per esempio, posto r=(x,y,z) e una sorgente in (0,0,0), il campo V=f(|r|)*r è da considerarsi sferico? (Si tratta di un campo radiale)
E il campo V=V(|r|)? (Questo invece è un campo che assume valore costante sulle superfici sferiche centrate nell'origine, è una generalizzazione del campo precedente)
Da quello che scrivi dopo in ogni caso mi pare di capire che confondi campi vettoriali con superfici equipotenziali.

... ma solamente e solamente se esso mai dovesse incontrare alcun ostacolo. Siccome a poter ostacolare la dissipazione del campo di ciascuna qualsiasi sorgente è previsto poter/dover essere solamente il campo di ogni qualsiasi altra sorgente (inclusa in un suo orizzonte pressoché sterminato), l’implicazione è dunque che:

mai e in nessun caso il campo di ogni qualsiasi sorgente possa risultare essere perfettamente sferico.

Per ora non abbiamo nessuna definizione di "dissipazione" nè di cosa significhi "ostacolare" un campo. Quindi dalle premesse non possiamo trarre nè la conclusione proposta nè nessun altra. Se stiamo parlando di campi vettoriali, cosa che non è ancora stata chiarita, non c'è nessun ostacolo alla dissipazione, qualunque cosa significhi, ma una normale somma vettoriale dei campi, da considerare punto per punto. Nota a margine: si dice "se e solamente se".

3) qualsiasi deformazione può intervenire purché essa non comprometta la continuità del campo dissipato

Anche qui, nell'ipotesi che siamo in presenza di campi vettoriali, quindi continui, qualunque sia il significato specifico che vogliamo dare al termine "deformazione", direi che l'intento è rimarcare il noto fatto che la somma di due funzioni continue (i campi) è ancora una funzione continua. Almeno credo.

Da qui in poi, mi spiace Gino, ma non si capisce più una mazza. Metto solo in evidenza due cose legate al tuo uso del termine "topologia". Una topologia consiste nell'individuare una collezione di sottoinsiemi (di R3, nel nostro caso) che costituiscano gli insiemi aperti della topologia stessa. Questo formalmente, ometto la definizione che si può trovare facilmente googolando. Più informalmente si può parlare di topologia di qualcosa (una sfera, una ciambella, una tazzina del caffè...) nel senso di individuare la classe topologica di questo oggetto, per esempio se parliamo di superfici individuare la superficie standard topologicamente equivalente alla superficie in oggetto. Ricordo che due varietà topologiche sono topologicamente equivalenti (omeomorfe) se esiste una funzione biunivoca e continua fra le due, cosa che rende le classi topologiche assai vaste rispetto a quelle ad esempio della geometria classica. "Il topologo è quel tale che non distinge la ciambella dalla tazza!" recita una freddura di moda nei dipartimenti di matematica. E ti risparmio quelle sulla moglie del topologo...

Ora, non mi pare che in quanto scrivi si possa individuare nulla che abbia a che fare con la topologia nei due sensi sopra indicati, quello formale e quello informale. Non solo, a un certo punto leggo:

...una forma topologicamente sferica ma schiacciata...

che è un nonsense topologico: una sfera è topologicamente equivalente persino a un cubo (la superficie di), a maggior ragione è equivalente a una sfera schiacciata.

Per il resto, purtroppo Gino non si capisce dove vuoi andare a parare, dovresti quantomeno partire definendo qualcosa in modo rigoroso, che si capisca con che enti matematici si ha a che fare, e poi sviluppare un discorso che vada da A a B evitando di passare anche da X, Y e Z.

FranZη

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5 Anni 2 Settimane fa - 5 Anni 2 Settimane fa #32553 da gino sighicelli
Beh! Decisamente una giornata storta: torno a casa e trovo questa tua risposta

(ma la giornata storta lo era già di suo: vivo con due cani (madre e figlia); la madre (12 anni e 1 mese) ha osteosarcomi (per il momento riesce ancora a camminare, ma senza poter appoggiare a terra la zampa posteriore sinistra (individuato (come minimo) osteosarcoma su tutta la testa del femore, dalla parte della rotula)).


Bon! Di seguito tenterò di raddrizzarla almeno in parte.

La mia intenzione non è di entrare in polemica: è un mio tentativo di trovare un minimo di accordo e sintonia

(nessuna polemica e nessun sottinteso riferimento a te: è solamente il resoconto di convinzioni che maturai, in conseguenza di due mie esperienze che, nel mio vissuto, io ritengo essere state tra le più importanti)


due importanti mie esperienze:

1) erano gli anni 73/74; corso di laurea in chimica, università di Padova. Un unico insegnante veramente eccellente (l’unico veramente eccellente insegnante che io abbia mai avuto l’occasione di conoscere). Non ricordo più il suo nome; il suo cognome era Sambo. La teoria matematica l’insegnava alla maniera insiemistica (immagino aderendo ai dettami del circolo Bourbaki). Quando egli ci trasmise la definizione del concetto di limite, al livello formale la compresi (e molto mi piacque). Quella comprensione poi però si rivelò insufficiente: la comprensione formale di quel concetto è insufficiente; poiché quel concetto è un importantissimo fondamento semantico. Nel mio caso, per comprenderlo veramente, ebbi bisogno di sviluppare la sua comprensione nel contesto dei teoremi che lo utilizzavano: senza quella nuova semantica i teoremi non potevano venire apprezzati veramente (senza di essa: nessuna bellezza, poca chiarezza, nessuna eleganza, poco entusiasmanti (senza quella semantica, i teoremi erano cose pressoché miserabili)); ma senza quei teoremi, la semantica del concetto non poteva emergere. L’emersione, però, poi li trasformava, in vere e proprie opere d’arte. I teoremi permettevano di apprezzare la definizione; la definizione permetteva di apprezzare i teoremi che da essa derivavano.


2) gli anni ora sono quelli della mia principale esperienza professionale: 78-94 (programmazione di computer)

anche la programmazione è fondata su linguaggi rigorosi (al confronto di quelli matematici, quelli della programmazione dei computer sono però linguaggi quasi elementari; ma in quanto a rigore, o nessuna differenza, o addirittura una differenza a favore dei linguaggi di programmazione

quando un programmatore di computer deve analizzare una problematica da affrontare e risolvere, meglio è però che gli strumenti del suo lavoro li metta tutti da una parte; poiché nell’analisi di qualsiasi nuovo orizzonte niente può esservi di meglio dell’immaginazione umana

è inoltre da tenere in conto il fatto che un buon programmatore di computer deve anche saper comunicare con chi detenga una nozione della questione problematica (di quello che, per il programmatore, è un del tutto nuovo orizzonte); una nozione della questione problematica normalmente affatto più evoluta e molto più profonda, rispetto alla nozione che il programmatore inizialmente, di quella particolare questione, normalmente ha


citazione « Cosa sarebbe la "velocità di dissipazione"? »

nel caso di un campo dissipato in nessun modo ostacolato, volendolo rappresentare vettorialmente, la "velocità di dissipazione" è ciò che accomuna ciascun vettore; poiché il modulo del vettore è in tal caso uguale per ogni elemento del campo dissipato (elemento altrimenti normalmente detto ‘punto’ (o, in alternativa: “volume infinitesimale”)) dell’insieme detto essere “campo dissipato”); anche il verso è in tal caso identico, per ciascun elemento (sempre radialmente verso l’esterno); la direzione è invece per ciascun elemento di ciascuna superficie (sottoinsieme dell’insieme “campo dissipato”) differente.

citazione « Cosa intendi con "campo sferico"? »

1) « Per esempio, posto r=(x,y,z) e una sorgente in (0,0,0), il campo V=f(|r|)*r è da considerarsi sferico? »: risposta: sì
2) « E il campo V=V(|r|)? »: risposta: sì


citazione « Per ora non abbiamo nessuna definizione di "dissipazione" nè di cosa significhi "ostacolare" un campo. »
la definizione di ‘dissipazione’ l’ho implicitamente già data sopra (rispondendo alla prima delle tue questioni qui citate)
'ostacolare': il suo significato è: rallentare (in funzione della densità dell’ostacolo)

citazione « Se stiamo parlando di campi vettoriali, […], non c'è nessun ostacolo alla dissipazione »
‘stiamo’ parlando di campi vettoriali nel contesto di un ambiente arricchito da un nuovo valore semantico (l’arricchimento consistendo nel concetto di "dissipazione ostacolata")

citazione « Nota a margine: si dice "se e solamente se" »
inizialmente avevo scritto “solamente se (se e solamente se)”; poi però mi sembrò ridondante, e quindi lo corressi (malamente, ma senza accorgermene) [comunque, anche il “se e solamente se” ( ↔ ) ora lo trovo insoddisfacente: meglio avrei fatto se avessi utilizzato il simbolo ( ← ), a significare “ se è falsa la deduzione, allora sono false le premesse; altrimenti nulla è dato di sapere]

citazione « direi che l'intento è rimarcare il noto fatto che la somma di due funzioni continue (i campi) è ancora una funzione continua »
no. implicitamente davo per scontato che tu avresti capito il significato da me attribuito a ‘dissipazione’ e ‘ostacolato’; ed a “dissipazione ostacolata”

citazione « Da qui in poi, mi spiace Gino, ma non si capisce più una mazza. »
è un gran peccato; anche poiché ci scommetterei che tu la questione problematica (quella che io non sono in grado di risolvere) saresti invece in grado di risolverla (e probabilmente anche con poco sforzo)

citazione «...una forma topologicamente sferica ma schiacciata... »
ammetto il mio errore: avrei dovuto scrivere (seppure probabilmente continuando ad esprimermi in modo formalmente inappropriato): “una forma sferica ma deformata (schiacciata, ma topologicamente ancora sferica)”

citazione «una sfera è topologicamente equivalente persino a un cubo »
forse ciò che dici è vero (immagino lo sia)
ciò che dici però (credo) vero non lo può (possa) essere nel contesto di una topologia sferica; poiché una topologia sferica implica (implicherebbe (per quanto mi è dato di capire)) la seguente restrizione:
assenza di (sono vietate le) singolarità/discontinuità, lungo qualsiasi traiettoria in essa immaginabile (sulla superficie). Ad esempio, nel caso di un cubo (di una superficie cubica), gli otto vertici ed i dodici spigoli del cubo sono tutti luoghi in cui la restrizione (il divieto) non verrebbe rispettata (non verrebbe rispettato)

per ora mi limito a quanto ho finora scritto

ci penserò su e, seppure in assenza di tuoi chiarimenti e/o indizi (su ciò che ti risulta incomprensibile), cercherò di sforzarmi d’immaginare quali possano essere le cause della tua incomprensione (ovvero, della mia incapacità di permetterti di capire ciò che a me parrebbe essere più che sufficientemente chiaro)


Ciao,
Gino
Ultima Modifica 5 Anni 2 Settimane fa da gino sighicelli. Motivo: correzione di due errori e di alcune ambiguità

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5 Anni 2 Settimane fa #32555 da FranZeta
Mi spiace per il tuo cane, per quanto riguarda il resto faccio gli ultimi due appunti, poi penso che non abbia senso proseguire qui la discussione.

Partiamo dalla fine, la topologia: una superficie sferica e una cubica sono omeomorfe (topologicamente equivalenti) per antonomasia, siamo all'A-B-C della topologia. Intuitivamente due superfici sono omeomorfe se è possibile deformare una fino ad ottenere l'altra, l'unica clausola è che non si creino strappi, buchi o ripiegamenti. Quindi, sempre intuitivamente, se prendo una superficie cubica e la "gonfio" ottengo una superficie sferica. Formalmente la cosa è solo un po' più complessa per via del fatto che va esplicitata una funzione bicontinua fra le due superfici.

Poi scusami ma questa:

nel caso di un campo dissipato in nessun modo ostacolato, volendolo rappresentare vettorialmente, la "velocità di dissipazione" è ciò che accomuna ciascun vettore; poiché il modulo del vettore è in tal caso uguale per ogni elemento del campo dissipato (elemento altrimenti normalmente detto ‘punto’ (o, in alternativa: “volume infinitesimale”)) dell’insieme detto essere “campo dissipato”); anche il verso è in tal caso identico, per ciascun elemento (sempre radialmente verso l’esterno); la direzione è invece per ciascun elemento di ciascuna superficie (sottoinsieme dell’insieme “campo dissipato”) differente.

non si può certo considerare una definizione, nè formale matematica ma nemmeno informale e semantica, non si capisce proprio di cosa stai parlando:

"velocità di dissipazione" <==> "ciò che accomuna ogni vettore"

!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ciò che accomuna ogni vettore direi che è il fatto che sono vettori!

"il modulo del vettore è in tal caso uguale per ogni elemento del campo dissipato..."

Ma si può sapere cos'è questo campo "dissipato"? Prendiamo il campo V(x,y,z)=(x,y,z), è il campo che ad ogni punto associa come vettore il punto stesso. E' un campo radiale ("sferico" nella tua particolare accezione), quale sarebbe il "campo dissipato" corrispondente? E quale la velocità di dissipazione? Se nel punto (1,1,1) c'è un "ostacolo", quale sarebbe il risultante "campo ostacolato"?

Il mio suggerimento, piuttosto che cercare di dare risposte alle domande qua sopra, è di cercare fra i concetti di calcolo vettoriale/geometria differenziale già esistenti (sono tantissimi) quelli che corrispondono alla tua idea. Nel caso non ne trovassi di soddisfacenti, non prendertela ma temo che i tuoi concetti non abbiano molto futuro, perchè stiamo parlando di una branca matematica molto sviluppata e approfondita. Insomma, quello che serviva per trattare i campi vettoriali è già stato sviluppato, e se non è stato sviluppato non serviva.

FranZη

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5 Anni 2 Settimane fa - 5 Anni 2 Settimane fa #32561 da gino sighicelli
sulla questione da me inaugurata su questo tuo forum intervengo un’ultima e conclusiva volta
(sono d’accordo con te sul fatto che non avrebbe senso proseguire oltre)

poi, se lo vorrai, sarai tu a dire l’ultima parola; poiché in ogni caso io mai più replicherò

Ma si può sapere cos'è questo campo "dissipato"? Prendiamo il campo V(x,y,z)=(x,y,z), è il campo che ad ogni punto associa come vettore il punto stesso. E' un campo radiale ("sferico" nella tua particolare accezione), quale sarebbe il "campo dissipato" corrispondente? E quale la velocità di dissipazione? Se nel punto (1,1,1) c'è un "ostacolo", quale sarebbe il risultante "campo ostacolato"?


è una domanda a cui credevo di aver già risposto (preliminarmente) in modo sufficientemente esteso e chiaro

una nozione più precisa, di cosa io intendessi parlando di ‘campo dissipato’ e di “campo dissipato ostacolato”, sarebbe emersa o mediante richieste di spiegazioni o mediante lettura di quanto mi proponevo di discutere in miei interventi successivi (in tal caso avrei anche incluso qualche mio disegnino)

ritengo peraltro inutile ogni tentativo di sfondare barriere preclusive, dalla parte di chiunque manifesti evidentemente segnali di fastidio e renitenza alla collaborazione

a quanto pare, secondo quanto tu mi dici, chiunque avesse letto le mie risposte precedenti, da esse non avrebbe potuto trarre alcun senso intelliggibile

il ché è pur sempre possibile, dato il fatto che ciò già Eraclito lo previde:

frammento 2
« Quindi si deve seguire ciò che è comune. Ma benché comune sia questa verità che io insegno, i molti vivono come se avessero un proprio pensiero per loro »

frammento 73
« Non bisogna agire e parlare come nel sonno. (Che anche allora crediamo di agire e parlare.) »

frammento 89
« I desti hanno un unico mondo comune (ma nel sonno ognuno si apparta in un mondo a lui proprio). »

quindi, lo stesso Eraclito, quello che anche fu tra coloro che postularono l’intelliggibilità dei fenomeni naturali, ciò nonostante anche previde la possibilità, per alcuni umani, di parlare in modo tale che agli altri umani risulti inintelliggibile

lo stesso Eraclito che, però, anche, presumibilmente, scrisse questo ulteriore suo frammento:

frammento 26

« L’uomo accende a sé stesso una luce nella notte, quando i suoi occhi sono spenti; da vivo tocca il morto, con gli occhi spenti, da sveglio tocca il dormiente »

comunque, affinché almeno io non possa venire sospettato di eccessiva ambiguità, mi sono poi anche sforzato di escogitare un ‘luogo’ intermedio, tra la mia ignoranza e la tua sapienza

è un luogo del tipo di quello che a suo tempo escogitò Archimede, parlandone nel suo Metodo

invece di grandezze infinitesimali, in esso compaiono grandezze infime, ma piccole a piacere (grandezze sempre e comunque però ‘finite’)

con ciò, ovviamente, il prezzo da pagare è la raffinatissima nozione dei moderni del continuo (pertanto, nel seguito, invece del « continuo » dei moderni, parlerò del ‘continuo’ alla Archimede)

come spazio della raffigurazione assumo quello vettoriale, limitandomi alla descrizione di solamente un unico infimo volume e limitandomi a solamente 3 fasi consecutive, in relazione alla presupposta trasformazione continua di una unica superficie
(3 fasi corrispondenti a tre istanti consecutivi; la descrizione di tutti gli infimi volumi appartenenti alla superficie implicherebbe la descrizione (completa ma granulare) delle trasformazioni intervenute, mediante le 3 fasi in tal modo ipotizzate).

con ciò non propongo una soluzione in relazione allo spazio della raffigurazione da utilizzare (gli attori rappresentano e raffigurano); questo spazio della raffigurazione l’ho escogitato al solo scopo (sperando) di almeno attenuare la mia molto spiacevole sensazione di venire (o poter venire) talvolta ‘perculato’ … )

per ciascun luogo della superficie mi limito a considerare un volume ‘infimo’
(uno dei tanti e moltissimi e piccolissimi tasselli in cui è comunque possibile immaginare di poter scomporre una superfice a topologia sferica)

(un volume molto piccolo, ma mai infinitesimale: un volume finito, molto piccolo, ed anche (alla bisogna) indefinitamente ulteriormente riducibile (ma, comunque e in ogni caso, un volume molto più piccolo rispetto alle unità atomiche di volume: ad esempio, molto più piccolo del volume occupato da un singolo protone))

… ed un numero finito di altri infimi volumi confinanti con il primo (volumi confinanti ai quali viene imposto di rimanere uniformemente e simmetricamente distribuiti sulla superficie, rispetto all’infimo volume che essi ‘circondano’), presupponendo la possibilità di poter individuare qualsiasi infimo volume mediante una sua corrispondenza biunivoca con una etichetta esclusivamente sua
(sto tentando una semplificazione tale da poter evitare le difficoltà inerenti al calcolo infinitesimale (un numero finito di volumi infinitesimali sarebbe stata un’assurdità); peraltro, se il numero (la quantità di infimi volumi) fosse indefinitamente ampliabile (in corrispondenza alla possibilità di ridurre indefinitamente la quantità di volume unitaria (la granularità)), forse la descrizione che sto tentando permetterebbe comunque una descrizione valida, seppure approssimativa (seppure granulare) di cosa io immagino parlando di ‘campo dissipato’)

nell’istante 1:
a) coordinate del baricentro dell'infimo volume (x,y,z)
(al limite … le coordinate dovrebbero soddisfare la restrizione derivante dal presupposto della ‘continuità’ delle traiettorie degli infimi volumi, nel campo a cui ciascun infimo volume viene presupposto dover costantemente appartenere; le traiettorie devono comunque e sempre garantire la ‘continuità’ e l’integrità (nessun buco) dell’intera superficie a cui ciascun volume deve permanentemente contribuire; l’area di ciascuna superficie viene prevista dover nel tempo continuamente espandersi (ciò implicando la concomitante espansione di ciascun infimo volume); a sua volta, ciascuna superficie viene presupposta sempre e comunque vincolata dalle restrizioni derivabili dal presupposto della necessità della ‘continuità’ del campo dissipato, a cui ciascuna ‘superficie’ deve permanentemente contribuire);
b) descrizione del bilancio degli scambi di densità intervenuti con i 4 volumi confinanti ad esso circostanti (rispetto alla distribuzione della densità che si ebbe nell’istante precedente)
(l’insieme dei volumi circostanti nell’istante precedente può idealmente venire ampliato indefinitamente, essendo soluzioni valide tutte le 2^n descrizioni possibili (1<n<∞); immagino (senza esserne sicuro) che i volumi confinanti ad esso circostanti risulterebbero dover rimanere nel tempo sempre gli stessi (è una ipotesi raffigurativa che ho appena escogitato: molto probabile che riflettendoci sopra ulteriormente risulterebbe essere almeno lacunosa, almeno in alcune delle sue parti))
c) le traiettorie dei baricentri degli infimi volumi non possono rimanere rettilinee
d) il compattamento delle superfici a causa del loro rallentamento, in conseguenza di ostacolo alla dissipazione, verrebbe descritto mediante la riduzione dello spessore di ciascun infimo volume (tassello) ostacolato

nell’istante 2: come sopra

nell’istante 3: come sopra


di seguito descrivo come questa descrizione sarebbe tediosamente semplice nel caso di una dissipazione che non venisse in alcun modo ostacolata

nell’istante 1:

a) coordinate del centro dell’infimo volume implicitamente predeterminabili molto semplicemente, sulla base della presupposizione che dipenderebbero esclusivamente dalla velocità costante della dissipazione (funzione delle coordinate nell’istante precedente (traiettoria presupposta dover essere radiale) e della velocità della dissipazione (presupposta dover essere in modulo costante, costantemente radiale e costantemente volta verso l’esterno)); anche in tal caso l’infimo volume deve necessariamente e continuamente espandersi
b) nessuno scambio viene presupposto essere possibile/necessario
c) traiettorie dei centri degli infimi volumi sempre rettilinee
d) nessun ostacolo (lo spessore di ciascun infimo volume rimane nel tempo inalterato)

nell’istante 2: come sopra

nell’istante 3: come sopra


di seguito descrivo come questa descrizione sarebbe ancor più semplice nel caso di non dissipazione (nel caso di campo presupposto statico)

nell’istante 1:

a) coordinate del centro dell’infimo volume;
b) nessuno scambio viene presupposto possibile/necessario
c) i centri degli infimi volumi permangono perpetuamente immobili
d) lo spessore di ciascun infimo volume permane nel tempo inalterato

nell’istante 2: come sopra

nell’istante 3: come sopra


infine descrivo brevemente una delle tante possibili ragioni per cui la nozione di campo, dati gli sviluppi intervenuti nella teoria della fisica da Maxwell in poi, può oggi risultare essere insoddisfacente

normalmente un campo viene immaginato come un ente statico; io invece posso anche immaginarlo come un ente dinamico (un ente dissipato).

i modi d’intendere la nozione di campo possono essere molti; tutti però risultando essere caratterizzati dalla presupposizione della loro staticità (salvo i bruschi e repentini cambiamenti contemplati dalle teorie quantistiche (normalmente in relazione al solo campo dell’elettrone)

a mio parere, il modo tradizionale d’intendere il campo delle particelle dovrebbe equivalere a presupporre una sorta di camicia di forza, delle particelle che lo ‘determinerebbero’ (in tali casi, ciascuna particella sarebbe paragonabile (metaforicamente) ad una elefantessa ballerina dotata di un suo proprio ‘gonnellino’; a parte però il fatto che, nel caso delle particelle utilizzate dalle teoria della fisica, il ‘gonnellino’ dell’elefantessa risulterebbe paragonabile a molto più che un intero oceano, ed oltretutto congelato (rigido e statico): una ballerina immersa in un immenso blocco di ghiaccio

eppure la ballerina la si suppone normalmente poter muoversi pressoché liberamente, poiché quel suo ‘gonnellino’ l’accompagnerebbe ovunque, senza con ciò pressoché opporre alcuna resistenza (quando, peraltro, in taluni contesti (oramai anch’essi essendo infine diventati ‘tradizionali’) viene perfino asserito che, in fin dei conti, anche qualsiasi particella altro non sarebbe che densità di campo … (ma, mi chiedo, è mai stata considerata l’enorme sproporzione tra quanto campo vi sarebbe all’interno del volume di una qualsiasi particella, al confronto della quantità (di quel suo stesso campo) che invece vi sarebbe all’esterno di essa?)

io credo che l’assuefazione normalmente tolga agli assuefatti il senno della ragione

(per come la vedo io, un campo dissipato e ostacolato è nella condizione di poter assolvere (egregiamente) a tutte le funzioni che, altrimenti, Maxwell e Hertz (e Poincaré e Lorentz …) attribuirono all’etere (ma non solamente ciò … ))
Ultima Modifica 5 Anni 2 Settimane fa da gino sighicelli.

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5 Anni 1 Settimana fa - 5 Anni 1 Settimana fa #32566 da FranZeta
@Gino
Spero che ti renderai conto che dopo questa supercazzola che parte da Eraclito e arriva a Poincarè via infimitesimi (ex astro per infima ad astrum) non hai ancora risposto alla semplice, nel senso dell'intelligibilità, domanda: dato il campo V proposto sopra, qual è il corrispondente "campo dissipato"?

La risposta è dentro di te (e di chi se no? Sono tutti concetti indefiniti e indefinibili* che ti sei inventato tu...). E però è sbagliata. (Cit.)


*(edit) Giusto perchè non si abbia l'impressione che sono io ad essere poco indulgente con la tua personale idea di "definizione", sia questa matematica ma anche solo intuitiva purchè formulata in italiano comprensibile, ecco un esempio relativo a una materia che dovresti conoscere bene.

Definizione di ciclo WHILE (à la Gino): trattasi di processo computazionale (o in ogni caso traducibile in computazione (tipicamente da una macchina (reale o anche solo virtuale/concettuale/immaginaria))) potenzialmente infinito subordinato ad una condizione preminente (condizione nel senso di qualità, requisito, situazione o presupposto necessarî a un determinato scopo (e quindi non nell'accezione di misura del prezzo richiesto come corrispettivo di una prestazione, di una vendita, o comunque in cambio di un bene o per una qualsiasi operazione di natura commerciale)).

FranZη
Ultima Modifica 5 Anni 1 Settimana fa da FranZeta.

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4 Anni 11 Mesi fa #32678 da Nomit
Risposta da Nomit al topic La formula del latte è Vacca2O
allarme gender:

dove andremo a finire www.youtube.com/channel/UCLQpESkGn5-RwBHT9Gl6ZSA/videos

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4 Anni 11 Mesi fa #32696 da FranZeta
@Nomit

Mmm, con le immagini finali del video illustrativo del canale (rossetto nero...:puke:) si è giocata tutta la captatio benevolentiae...

Ho guardato solo questo video , qui c'è qualcosa che non mi torna...


Attenzione: Spoiler!

FranZη

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4 Anni 11 Mesi fa #32702 da Nomit
Risposta da Nomit al topic La formula del latte è Vacca2O
Credo che le immagini originali provengano da video in inglese, per cui le incongruenze potrebbero essere dovute a quello. Io ho guardato solo alcuni video meno tecnici, come quello sugli infiniti. Ci sono capitato mentre avevo questo forum aperto sull'altra scheda e mi è venuto in mente questo topic.

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4 Anni 11 Mesi fa - 4 Anni 11 Mesi fa #32704 da FranZeta
@Nomit
Mah, la voce mi sembrava proprio la sua ed era italiana, in ogni caso un - è un meno in qualsiasi lingua. Quella è la funzione -sin(x) tanto in inglese quanto in italiano o cinese. Il fatto che ha sbagliato anche l'altro grafico mi sembra indubbiamente puntare nella direzione che ha qualche problema con le funzioni trigonometriche, è roba del liceo.

FranZη
Ultima Modifica 4 Anni 11 Mesi fa da FranZeta.

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4 Anni 11 Mesi fa - 4 Anni 11 Mesi fa #32814 da FranZeta
Dimensione del culo di Giorgia

Stavo chiacchierando con un conoscente, professore in una scuola privata, circa il disagio mentale che devono avere certi autori di testi scolastici, quando ecco che per pura coincidenza mi arriva via whatsapp una richiesta di aiuto per risolvere questo esercizio:

Siccome in quel momento ero in birreria, ho letto molto velocemente e risposto al volo, dicendo che andava risolta la proporzione:

4,6:16,8=3*320:x

e si otteneva la distanza in cm. Ho anche avuto la premura di specificare che si trattava di un risultato leggermente approssimato, però dato che la distanza dell'edificio era molto maggiore della distanza dello specchio era un'approssimazione più che accettabile. In ogni caso la soluzione esatta si otteneva mettendo (16,8+x) al posto della "x" nella proporzione qui sopra.

Quello che non ho visto leggendo velocemente è che era anche riportata la soluzione dell'esercizio, 34,7 m, e in effetti non coincideva nè con la soluzione approssimata, che darebbe 35,06 metri (diciamo 35 insomma), nè con quella "esatta", di 34,89 metri (che, data la natura del problema, potremmo ancora arrotondare a 35 metri senza particolari sensi di colpa).

Mi arriva infatti una nuova richiesta, dove mi si chiede come si fa a impostare la proporzione. Stavolta rispondo col seguente schemino:


Se non si capisse sulla sinistra c'è lo specchietto, sulla destra l'edificio e tra i due, in basso, l'occhio di Giorgia. Ovviamente il disegno non vuole essere in scala coi dati del problema. Come si vede la soluzione approssimata è quella che si ottiene ignorando la piccola striscia in basso, cioè considerando il triangolo rosso più grande come se avesse altezza 3*3,20=9,60 metri invece che 9,60-0,048. La soluzione esatta invece tiene conto di questa differenza, per la precisione l'ho ottenuta aggiungendo al triangolo più grande, quello che ha come altezza l'edificio sulla destra, il suo vertice in basso a sinistra, che si trova al di là dello specchio (e non è disegnato in figura). In questo modo si ha un triangolo di base 16,8+x e altezza 3*320, da cui la proporzione. La procedura è del tutto equivalente ad utilizzare invece il triangolo grande rosso, con base "x" e altezza 960-4,6, che dà luogo ad una proporzione diversa ma che fornisce lo stesso risultato per la "x".

Solo che come ho detto nè la soluzione esatta, nè tantomeno quella approssimata, coincidono con quella riportata sotto l'esercizio. Qual è il problema? Ecco che arriviamo a giustificare il titolo di questo post. Infatti, se nell'esercizio avessero chiesto la distanza specchio-edificio, la "x" del mio disegno sarebbe la risposta corretta, ma i furbissimi ideatori del quesito, forse non paghi di aver ideato una domanda tutto sommato ben posta e utile per valutare la comprensione dell'argomento, hanno voluto inserire il colpo di genio: vogliono proprio la distanza di Giorgia dall'edificio. Il fatto è che la distanza fra due piani paralleli, lo specchio e la facciata dall'edificio, è una misura ben definita che - almeno in linea teorica - si potrebbe calcolare con tutta la precisione che si vuole. Nel nostro caso:

x = distanza specchio-edificio = 34,8928695652 metri (mi sono fermato ai decimiliardesimi di metro)

Per quanto riguarda la distanza Giorgia-edificio invece le cose si complicano parecchio. Quella riportata come soluzione corretta dell'esercizio è la distanza fra l'occhio di Giorgia, anzi, fra il centro focale dell'occhio di Giorgia e l'edificio (e si ottiene chiaramente sottrendo 16,8 cm da quella "x" che trovavo sopra come soluzione esatta). Ma Giorgia, o meglio: il corpo di Giorgia, ha una sua estensione geometrica e non coincide certamente col centro focale del suo occhio. E non sono io che sto facendo il pignolo: sono loro (chi ha ideato l'esercizio) che non considerano trascurabile la distanza dello specchio da Giorgia, rispetto alla distanza dall'edificio, inoltre dalla risposta in calce al quesito si evince che la precisione richiesta nella soluzione è la distanza al decimetro, dunque l'estensione del corpo di Giorgia non è certamente trascurabile ai fini della risoluzione dell'esercizio. Non possiamo far altro che interpretare la distanza di Giorgia dall'edificio nel senso della distanza geometrica fra corpi estesi, che si definisce come la distanza minima fra i due corpi.

Ora, appurato che "Giorgia" in quanto corpo con estensione geometrica non coincide col suo occhio, nemmeno approssimando, perchè la precisione richiesta dal risultato è sicuramente superiore a questo genere di approssimazione, cerchiamo di usare al meglio i dati che abbiamo. Intanto Giorgia è di spalle all'edificio, con uno specchio in mano, presumibilmente si sta sistemando il trucco, quindi avrà una postura col viso leggermente proteso in avanti, in ogni caso possiamo stabilire con ragionevole certezza che l'occhio di Giorgia è, fra tutte le varie parti anatomiche che compongono Giorgia, una delle più distanti dall'edificio.

Seguendo il ragionamento è facile vedere quale sarà invece la parte anatomica ragionevolmente più vicina all'edificio...sì, aveta capito dai, si tratta del cu...del fondoschiena. Immaginiamo nello schemino sopra di tracciare una linea che dall'occhio di Giorgia scende verticalmente ("a piombo") fino all'altezza della cintura. Da quanto ricavato finora sappiamo che questa linea dista dall'edificio esattamente x-16,8 cm, dove la "x" è quel numero calcolato sopra al decimiliardesimo di metro. Per trovare la distanza di Giorgia dall'edificio dobbiamo dunque sottrarre a questo valore la distanza fra questa linea immaginaria e l'estremità del sedere di Giorgia. Se definiamo quest'ultima distanza, espressa in metri, come "dimensione del culo di Giorgia" (abbreviato in "dcG"), ecco che la soluzione finale, esatta, in metri, dell'esercizio sarà:

distanza Giorgia-edificio = 34,8928695652 - 0,168 - dcG

Distanza che, arrotondando al decimetro, risulta infine essere: (34,7 - dcG) metri.

FranZη
Ultima Modifica 4 Anni 11 Mesi fa da FranZeta.

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4 Anni 8 Mesi fa - 4 Anni 8 Mesi fa #34932 da FranZeta
Suscettibili Infetti Rimossi

Chi non fosse interessato alla parte teorica introduttiva può saltare direttamente a dopo il margine ****** per vedere l'applicazione pratica al contagio da Coronavirus.

Visti i tempi direi che è il caso di parlare del modello matematico conosciuto con l'acronimo SIR, già specificato nel titolo, modello che intende prevedere le dinamiche dei fenomeni epidemici. Come ogni modello si basa su ipotesi più o meno aderenti alla realtà, e su semplificazioni che discuterò via via.
Nel modello SIR la popolazione totale viene divisa nei tre sottoinsiemi S="suscettibili" (coloro che possono contrarre il contagio), I="infetti" (quelli che possono contagiare) e R="rimossi" (tutti gli altri), una prima ipotesi del modello è che il passaggio fra questi tre insiemi possa avvenire solo in un senso, e precisamente quello suggerito dall'acronimo:

S ---> I ---> R

Questo esclude dal modello situazioni quali le ricadute (gente che da R passa di nuovo a S) o vaccinazioni a epidemia cominciata (chi passa direttamente da S a R). S, I e R sono funzioni del tempo, tipicamente misurato in giorni o se più conveniente in settimane. Poichè R è data dalla popolazione totale meno le altre due categorie, R = N-S-I (N=popolazione), nel modello SIR le funzioni incognite risultano essere S=S(t) e I=I(t) , che necessiteranno di due equazioni per essere esplicitate.

Bisogna ora trovare le due equazioni che definiscono il comportamento nel tempo delle funzioni S e I. Questo genere di equazioni coinvolge, oltre alle funzioni incognite S e I, il modo in cui variano nel tempo, cioè le loro derivate rispetto al tempo, rispettivamente dS/dt e dI/dt. Abbiamo insomma a che fare con un sistema di equazioni differenziali. Per esplicitarlo dovremo fare ulteriori assunzioni, ricordandoci che essendo un modello matematico di una dinamica del mondo reale, dovremo cogliere certe caratteristiche fondamentali del fenomeno in oggetto.

Per quanto riguarda la prima funzione si introduce un parametro "a", che indica il tasso di contagio, e si pone:

dS/dt = -a*S*I

Il lato destro dell'equazione si giustifica come segue: per definizione del parametro "a", in un intervallo temporale unitario (giorno o settimana per intenderci) un Infetto contagia un numero a*S di Suscettibili, moltiplicando questo per il numero degli Infetti I abbiamo la quantità totale di nuovi contagi. Il segno "-" è per via del fatto che stiamo considerando la variazione dei Suscettibili, dato il senso unico S--->I ogni nuovo Infetto è automaticamente un Suscettibile in meno. Questa è dunque la prima equazione del sistema.

La seconda ricava la variazione degli Infetti dI/dt ragionando in modo analogo, solo che a differenza di S l'insieme I ammette variazioni sia in entrata che in uscita, per cui oltre al tasso di contagio "a" si introduce un tasso di rimozione "b". L'equazione che si ricava è:

dI/dt= a*S*I-b*I

Infatti, se ogni nuovo Infetto è un Suscettibile in meno, vale anche il viceversa, per cui abbiamo un termine a*S*I, di segno opposto a quello della prima equazione, che rappresenta i nuovi arrivi, mentre il secondo termine b*I descrive le uscite dall'insieme I, vale a dire le "guarigioni". Metto le virgolette perchè in effetti nel modello non si fa nessuna distinzione fra chi entra nell'insieme dei Rimossi perchè guarito o perchè deceduto.

Il nostro sistema di equazioni differenziali è allora:



Abbiamo dunque le due funzioni incognite (S, I) e i due parametri (a,b), questi ultimi vanno desunti dal particolare fenomeno che stiamo modellizzando. Nelle situazioni reali più che questi specifici parametri può essere più facile stimare due quantità ad essi collegate: la durata media della fase infettiva, che risulta essere 1/b, e la trasmissibilità R0=a/b, che rappresenta il numero di persone contagiate da un Infetto in tutta la durata della malattia.

In generale però a e b non possono essere considerati costanti nel tempo, se vogliamo un modello davvero aderente alla realtà, ma questo complicherebbe parecchio le cose a livello matematico, nel modello SIR si fa allora un'altra assunzione semplificativa, e cioè li si pone costanti per ipotesi. Nella pratica si prenderà una sorta di media dei valori reali. Una volta stimati i parametri, per risolvere il sistema bisogna specificare delle condizioni iniziali, fornendo il numero di appartenenti a ciascuno dei due insiemi S e I nell'istante iniziale t=0, cioè i valori S(0), I(0).

**********************************************************

Veniamo ora al caso che ci interessa: l'applicazione della teoria alla diffusione del Coronavirus. In un commento a un articolo in home avevo già postato i grafici che mi risultavano per la funzione I(t), questo è il primo:



In questa sede posso approfondire un po' come l'ho ricavato. Innanzitutto l'estrapolazione l'ho fatta il 5 marzo, per cui a sinistra della riga rossa ci sono i dati a consuntivo e a destra le previsioni. Come data iniziale ho preso il 26 febbraio, perchè a mio avviso nei primissimi giorni le procedure di rilevazione del virus non erano ancora abbastanza standardizzate per fornire risultati utili a fini statistici. La fonte dei dati è il bollettino quotidiano della Protezione Civile , la serie del numero di casi attivi in Italia (gli Infetti) a partire dal 26.02 fino al 05.03, è la seguente: 470,650,821,1049,1577,1835,2263,2706,3296. Come popolazione totale ho considerato quella italiana: N=60 milioni. Le condizioni iniziali sono perciò:

S(0)=60 000 000
I(0)=470

A questo punto si fa lavorare il computer, visto che il sistema di equazioni differenziali non ammette soluzioni in termini di funzioni elementari. Si parte da valori "plausibilmente medi" per i due parametri a e b e si trova, con metodi numerici (ecco perchè il computer) la soluzione corrispondente, si confronta questa soluzione con la serie dei dati a disposizione, quindi si aggiustano i parametri fino a trovare una corrispondenza migliore. Lo chiamerei un metodo di risoluzione “un colpo al cerchio (a) e uno alla botte (b)”. Dopo un po' di aggiustamenti ho trovato due valori per i parametri che corrispondono a una trasmissibilità R0=2.85 (maggiore delle stime fornite alcune settimane fa dall'OMS) e un periodo di infettività di 7.5 giorni (quest'ultimo invece in linea con la media delle stime OMS).

Da quando ho fatto il grafico sono disponibili due nuovi valori della serie: quelli relativi al 6.03 e 7.03, rispettivamente 3916 e 5061 casi attivi. Il modello stima invece circa 4300 e 5500 Infetti, più che alle approssimazioni del modello e alla stima dei parametri, attribuirei questa discrepanza soprattutto alle misure contenitive, che fanno sì che quella che poteva essere una buona media per i parametri nella prima fase del contagio, quando le misure contenitive erano più blande o nulle, in questi giorni inizia a diventare invece una sovrastima, in particolare della trasmissibilità R0 (che ricordo è il rapporto a/b).

Allargando l'intervallo temporale si evidenzia il picco della curva:



che è previsto per la metà di aprile (circa 50 giorni dal 26.02) con la spaventosa cifra di 17 milioni di Infetti. Come già dicevo nel commento originale non ritengo quest'ultima una situazione possibile, può se mai essere una stima di quello che sarebbe potuto succedere senza alcuna misura contenitiva.

Si può anche fare una stima a ritroso, per cercare di individuare a quando risale il famoso Paziente 0 in Italia: risulta tra fine gennaio e i primi di febbraio. Curiosamente in questi giorni circolano notizie che avvalorerebbero tale stima. A questo proposito vale la pena fare qualche ulteriore considerazione. C'è chi sostiene che il virus sia in giro da diversi mesi, ma che l'epidemia sia stata acclarata solo nelle ultime settimane, quando si è iniziato a fare i tamponi a raffica, almeno da noi.

Il punto è che il modello, pur con le già evidenziate semplificazioni e imprecisioni, ricalca piuttosto bene un certo tratto della curva dei dati dei contagi.

Poniamo che in realtà ci siano molti più contagiati di quelli rilevati dagli esami, poniamo anche di avere la corretta serie di dati. A questa nuova serie dovrà corrispondere un diverso valore di R0, la durata media della malattia invece non dipende dal numero di contagiati, e sarà quindi la stessa. Ma se varia R0=a/b e resta fisso 1/b significa che il parametro “a” è diverso mentre “b” è uguale, ma in questo caso non possiamo avere una curva che si sovrapponga per un certo tratto a quella dei nostri grafici. In altre parole: col nuovo parametro “a” (dovuto ai contagiati non rilevati) non possiamo ottenere la sequenza di dati della protezione civile, neanche se supponiamo che questi rappresentino solo una frazione dei contagiati totali.

La cosa si può vedere così: il sistema di equazioni differenziali per essere risolto richiede l'inserimento di quattro numeri, le due condizioni iniziali e i due parametri a, b. Per ottenere questi numeri abbiamo bisogno di quattro dati, cioè ci serve il numero di contagiati rilevati in tre diversi giorni più il numero dei Suscettibili iniziali. Cambiando i valori di questi dati reali cambia anche la curva del grafico di I(t). Ma siccome io ho usato nove dati per ricavare la curva (il numero dei Suscettibili iniziali è posto pari alla popolazione totale, quindi in realtà i numeri che occorrono sono solo tre), il sistema è sovradeterminato, cioè questa serie di dati identifica in modo piuttosto univoco la curva I(t) corrispondente, se un'altra curva I'(t), ottenuta con parametri (a',b') diversi da (a,b), approssima bene i dati reali, allora significa che (a',b') approssima bene (a,b), cioè le due curve sono vicine non solo come grafico ma anche come parametri. Questo escluderebbe, almeno dal punto di vista teorico-matematico, che il contagio fosse già presente da mesi, ma non rilevato.

NOTA BENE: Questo post non è pensato per avviare una discussione sul Coronavirus in quanto tema d'attualità, ma solo sul modello matematico sopra descritto applicato all'attualità del Coronavirus. Quindi chiunque volesse intervenire è pregato di discutere solo la questione matematica o l'eventuale concordanza coi dati reali che via via saranno disponibili, mentre per la tematica del Coronavirus in generale ci sono altri spazi.

FranZη
Ultima Modifica 4 Anni 8 Mesi fa da FranZeta.

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4 Anni 8 Mesi fa #35053 da FranZeta
Breve aggiornamento sul modello, visto che ormai tutti i dati sono a consuntivo. La situazione è questa:



In blu la curva del modello*, in verde i casi di coronavirus attivi rilevati dalla Protezione Civile. La serie dei dati rilevati ha proseguito mantenendosi al di sotto della curva del modello, tuttavia un'analisi di altri parametri mi porta ad escludere che sia dovuto più che altro alle misure contenitive, come sostenevo sopra. Premetto che questo non vuole essere un commento allarmistico, penso che la quarantena totale farà il suo lavoro, solo che nel periodo preso in considerazione non credo sia ancora apprezzabile questo effetto.

Non sono arrivato a questa conclusione tanto perchè le stesse autorità il 10 marzo hanno dichiarato che non erano disponibili tutti i dati dei tamponi, perchè non arrivati in tempo utile, ma piuttosto osservando la percentuale di tamponi positivi, cresciuta costantemente nel periodo in questione. Le tabelle riassuntive giorno per giorno si trovano qui . Prendo a riferimento i tamponi effettuati in Lombardia, per questioni di omogeneità dei dati e perchè è di gran lunga la zona più colpita. La situazione è questa: si è passati da una percentuale di positività del 15-16% nei primi giorni di marzo al 30% circa del 13.03. Siccome i tamponi non vengono fatti su un campione scelto a caso (situazione in cui la percentuale dei positivi dovrebbe ricalcare la percentuale di popolazione infetta), se ne desume che si stanno facendo meno tamponi, cosa plausibile non solo in base ai dati numerici ma anche riflettendo sulla situazione a livello pratico.

Se correggiamo la curva verde tenendo conto di questa diversa percentuale di positività si ottiene la curva rossa, che si può interpretare come la presumibile curva dei contagiati se avessero fatto i tamponi nelle medesime circostanze dei primi giorni. In pratica si moltiplicano i dati a consuntivo per un opportuno coefficiente che corregge la differenza nella percentuale di positività dei campioni. Come si vede la curva blu del modello sta in pratica a metà fra queste due serie di valori, ragion per cui credo che abbia ricalcato in modo accettabile l'evoluzione del contagio nelle due settimane considerate.

Ora per capire quale potrebbe essere l'evoluzione futura bisogna aspettare che il numero di nuovi contagi inizi a calare stabilmente, sapremo allora che abbiamo superato il flesso della curva, cioè il punto in cui cambia la concavità (nel secondo grafico del post precedente il flesso si trova più o meno in corrispondenza del valore 10 sull'asse delle y nella curva a campana). A quel punto si potrà anche cercare di capire quando e a che livello di casi attivi si raggiungerà il picco.

*Per sbaglio ho inserito un valore leggermente diverso per un parametro rispetto all'originale postato una settimana fa, perciò è uscita una curva appena più bassa dell'originale. Siccome avevo già formattato bene il grafico non avevo voglia di rifare tutto, la differenza comunque è davvero minima.

FranZη

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4 Anni 8 Mesi fa #35061 da FZappa
A me sembra di vedere un flesso proprio il 9/3 cioè dopo i 2 decreti con relative comparsate in televisione.
Forse proprio in quei giorni, la gente ha iniziato a capire che c’era poco da scherzare e la curva verde reale inizia ad allontanarsi dalla curva blu teorica senza contenimento.
Se i dati del 10 erano incompleti, forse il flesso si sposta di un giorno ma la sostanza è quella….

E’ certo che la percentuale “risultati positivi/ tamponi fatti” sia cresciuta perché hanno modificato i criteri, adeguandosi ai criteri OMS e smettendo di fare tamponi a tutti indiscriminatamente.
Non so se può servirti ma c’è il caso Vò Euganeo, dove i tamponi sono stati fatti a tutti all’inizio e sono stati rifatti dopo 15-20 giorni. La popolazione secondo Wiki è di 3.305, i positivi inizialmente erano 90 e c’era stato un morto (il primo) – non so altro. Qui ci sono i risultati del II tampone
mattinopadova.gelocal.it/regione/2020/03...vo-il-2-5-1.38563019
Purtroppo manca il legame fra i primi 90 positivi e i 70 attuali; i 70 sono un sottoinsieme dei primi ?? ci sono dei nuovi ??

Richiesta forse impossibile: si può modificare R0 sul modello iniziale abbassandolo a 0,5 o simile (misure contenimento in atto) e, partendo dai dati teorici del 9/10 marzo (curva blu), ricavare una nuova curva per vedere di quanto si abbassa la concavità e, soprattutto, quando arriva ??

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4 Anni 8 Mesi fa #35064 da FranZeta

FZappa ha scritto: A me sembra di vedere un flesso proprio il 9/3 cioè dopo i 2 decreti con relative comparsate in televisione.
Forse proprio in quei giorni, la gente ha iniziato a capire che c’era poco da scherzare e la curva verde reale inizia ad allontanarsi dalla curva blu teorica senza contenimento.
Se i dati del 10 erano incompleti, forse il flesso si sposta di un giorno ma la sostanza è quella….

Sarebbe bello ma non credo sia così. Penso sia più probabile che i dati persi nel bollettino del 10.03 siano semplicemente...persi. In quel giorno risultano fatti 7000 tamponi circa, nei giorni seguenti sono quasi il doppio ( github.com/pcm-dpc/COVID-19/blob/master/...amento-nazionale.csv ). Evidentemente, per quanto cerchino di adeguare le risorse, più di un tot di tamponi non riescono a farne, almeno in Lombardia. In tutta Italia il trend dei nuovi infetti è ancora in crescita, coi dati degli ultimi due giorni (non riportati nel grafico) la cosa sarebbe più evidente. Per questo dico che occorre aspettare una serie di almeno alcuni giorni di trend stabilmente decrescente per poter pensare di aver raggiunto e passato il flesso.

Non so se può servirti ma c’è il caso Vò Euganeo...

Il caso di Vò Euganeo è interessante, ma a livello statistico nazionale non può essere rappresentativo proprio perchè è stato fatto il tampone a tutti. Può essere utile magari a capire come mai in Veneto non c'è stata l'esplosione di casi della Lombardia.

Richiesta forse impossibile: si può modificare R0 sul modello iniziale abbassandolo a 0,5 o simile (misure contenimento in atto) e, partendo dai dati teorici del 9/10 marzo (curva blu), ricavare una nuova curva per vedere di quanto si abbassa la concavità e, soprattutto, quando arriva ??

Se poni R0<1 ottieni una curva discendente, perciò hai automaticamente un massimo nel punto iniziale. Ma non è una situazione realistica. Bisognerebbe aggiungere un fattore di smorzamento al modello, tipo una sostituzione del parametro "a" con a*e-t che fa decrescere la trasmissibilità dal valore iniziale R0=2.85 a 0. Con una funzione di taglio si può anche addomesticare il comportamento di questo fattore di smorzamento, facendolo stabilizzare su un un valore opportuno in un intervallo temporale altrettanto opportuno. Ma dovrei guardarci meglio, vedo se trovo qualche versione più sofisticata del modello che tenga conto delle misure di quarantena.

FranZη

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4 Anni 8 Mesi fa #35072 da FZappa
Hai ragione, ieri sera mi son lasciato prendere dall’entusiasmo di quel flesso al 9 e ho sragionato….
Se, come speriamo tutti, R0 inizia a scendere, non lo fa in corrispondenza dei decreti di blocco (8-9) ma inizia a farlo dopo 7,5 giorni (secondo la tua ipotesi), per poi accentuarsi nei giorni successivi.
C’è anche il ritardo fra quando si manifestano i sintomi, quando fanno i tamponi e quando arrivano i risultati (2-3 giorni ??).
Bisognerebbe trovare una funzione con R0 che decresce, a partire dal 9-10, ma con gli effetti che si manifestano dopo una decina di giorni (che, credo, sia quello che hai scritto tu…..).
Quindi, verso il 19-20 dovremmo vedere i primi effetti di contenimento, soprattutto in Lombardia.

Dal II rilevamento di Vò, io ricavo che, con un contenimento stretto (R0 vicino a zero ma non zero, perché comunque ci sono i familiari), il contagio si è diffuso al 2,5% della popolazione, il chè significherebbe 1,5 milioni di italiani.
A Vò sono finiti in terapia intensiva in 3 + la persona deceduta ovvero, anche partendo dai dati iniziali e togliendo i decessi (3/90 positivi), rapportati a 1,5 milioni, viene un numero in TI che fa gelare il sangue (50.000)…..anche perché non si può neppure contare troppo sulla “non contemporaneità”, visto che pare proprio che in TI si stia parecchio (15-20 giorni??)

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4 Anni 8 Mesi fa #35077 da FranZeta
@FZappa
Ecco, hai colto il punto: gli effetti delle misure contenitive si vedono almeno una settimana dopo. La quarantena totale è iniziata quando hanno chiuso i bar e tutti gli esercizi non indispensabili, mercoledì scorso se non ricordo male, quindi i riscontri sul numero di nuovi contagi dovrebbero arrivare nel fine settimana, se tutto va bene in questi giorni dovremmo vedere comunque gli effetti dei primi decreti che istituivano le nuove zone rosse. Bisogna anche vedere cosa succede nel resto d'Italia, nel nord comunque un certo tipo di contenimento è in atto già dal 23.02.

En tat, stóm a baita e spetóm. E se te ghet de nà föra, quarcet zó bé!
(Intanto, stiamo a casa e aspettiamo. E se devi uscire, copriti bene!)

FranZη

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4 Anni 8 Mesi fa #35079 da FZappa
Concordi notizie di stampa riportano che, nella relazione tecnica di accompagnamento del decreto “cura Italia” (approvato oggi), è riportata una previsione dell’andamento del contagio – non ho trovato l’originale
Il testo che accompagna il grafico dice (secondo il Sole): «Sulla base dei dati riportati sul sito del ministero della Salute sull’andamento dei contagi fino al 8 marzo u.s. e ipotizzando un andamento futuro dei contagi giornalieri come dal grafico seguente, elaborato considerando un raddoppio dei contagi in circa 3 giorni fino a metà marzo e successivamente un graduale calo dovuto alle misure di contenimento varate dal Governo. Questo andamento porterebbe ad un numero di soggetti contagiati complessivi pari a circa 92mila».
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A me sembra abbiano semplicemente copiato l’andamento di Wuhan, senza particolari elaborazioni, nel filone di “speriamo che io me la cavo”…….

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