Lo scorso 4 novembre Tucker Carlson ha potuto visitare Julian Assange nel carcere inglese di Belmarsh. Nel video, Carlson condanna l'attuale detenzione di Assange come una violazione dei diritti umani e del Primo Emendamento nei confronti del fondatore di Wikileaks, sottolineando che ciò costituisce un pericoloso precedente per altri giornalisti ed editori che lavorano con materiale riservato.
Se c’è un nuovo termine che da oggi entrerà nel lessico popolare è ‘shitstorm’. Hanno pronunciato questa parola almeno tre volte per una, ieri sera, sia Lilli Gruber su LA7 sia Bianca Berlinguer su Rete4.
Lo shitstorm – letteralmente “tempesta di merda” – è infatti il principale indiziato per la morte di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Pavia che aveva pubblicato un post contro presunti clienti omofobi, la cui veridicità è stata massa in dubbio da Selvaggia Lucarelli. (Proprio in seguito alle insinuazioni della Lucarelli è partito lo shitstorm contro la Pedretti).
di Federico Povoleri (Musicband)
Nei libri Sub Limen (la tua vita è un inganno) e Sub Limen 2 (il lato oscuro di Hollywood) parlo della programmazione predittiva; si tratta in breve di una tecnica adottata dalla moderna propaganda per preparare il popolo ad eventi futuri.
E’ in tutto e per tutto una tecnica di manipolazione mentale perchè le informazioni vengono rilasciate generalmente attraverso l’intrattenimento (cinema/videogiochi/tv/musica) con prodotti in grado di creare un forte impatto emotivo che porterà il soggetto a metabolizzare nuove associazioni di idee e a formarsi delle opinioni oltre che, rimanere completamente annichilito dal carattere profetico di un film, un libro etc. Nel momento in cui vede realizzarsi ciò che sembrava semplicemente finzione.
Nelle dittature imporre la censura è facile. C’è un giornale che pubblica notizie scomode? Lo chiudi, e il problema è risolto.
Nelle cosiddette democrazie invece bisogna agire di fioretto, senza farsene accorgere, perchè noi – teoricamente – avremmo la famosa libertà di opinione, garantita dalle nostre costituzioni.
Ed infatti, per aggirare questo problema, sono nate su Facebook e Youtube le fantomatiche “norme della community”, che sono ovviamente a piena discrezione delle piattaforme. Ma anche queste sembrano non bastare. O meglio, i semplici strike (solitamente di 1 settimana) non bastano più a far tacere le voci ribelli, ed ecco quindi nascere il codice di condotta: se ti comporti bene, avai tutte le funzionalità disponibili. Se invece ti comporti male (sempre a loro insindacabile giudizio, ovviamente) le tue funzionalità saranno limitate.
Questa è la lettera che ha ricevuto di recente Riccardo Rocchesso (canale “100 giorni da leoni”) dalla direzione di Youtube:
Dopo aver passato mezz'ora a piangere di commozione, vedendo la sincerità con cui questa donna ha chiesto scusa ai suoi 30 milioni di followers, torno a porre la domanda che avevo già posto sabato scorso a Bordernights: Ma chi è Chiara Ferragni? Che cosa ha mai detto, o fatto, nella sua vita, per essere diventata così famosa?
Un sentito ringraziamento a chi saprà rispondere a questa domanda.
Lo avete notato? Ci sono due grandi assenti dalla stampa nazionale: il “ritorno del covid” e la “crisi climatica”. Questi due temi sono completamente scomparsi dall’informazione di regime, e non è un caso.
All'inizio dell'autunno, le farmaceutiche hanno iniziato ad attrezzarsi per la nuova campagna vaccinale, e hanno cominciato a fare pressione sulla stampa nazionale perchè spargesse fra i cittadini una nuova ondata di paura. E i nostri pennivendoli, ubbidienti, si sono messi di buona lena a pubblicare notizie sul “ritorno del covid” con tutte le sue “pericolosissime varianti”, e sugli ospedali che "ricominciano a riempirsi" in ogni parte d'Italia.
Ma gli è andata male. La paura non c'è stata, la campagna vaccinale non è mai partita, e persino gli stessi medici ora si rifiutano di aderire. Il flop è stato tale che Big Pharma ha deciso di non insistere, e piano piano, senza farsene accorgere, le notizie sul “pericolo covid” sono scomparse dai nostri giornali.
Nelle moderne “società democratiche” non è pensabile esercitare apertamente la censura, come si fa invece disinvoltamente nelle dittature. E’ stato quindi necessario inventare un escamotage linguistico, per continuare ad applicare il controllo sulle idee senza apparire dittatoriali. Il termine inventato è “disinformazione”. Il potere si arroga il diritto di stabilire cosa sia “disinformazione”, dopodichè pretende di sopprimere qualunque idea scomoda utilizzando questa etichetta.
E nessuno – questo è il paradosso meraviglioso - può metterla in discussione. Pensateci bene: in una società libera e democratica un autonominatosi giudice delle idee (il famoso fact-checker) stabilisce che una certa testata diffonde “disinformazione”, e quando questa testata chiede di elencare nello specifico dove sarebbe questa “disinformazione”, la risposta gli viene negata.
E’ esattamente quello che è successo a Elon Musk di recente.
Un popolare programma di Al-Jazeera ha fatto luce sull'influenza del governo israeliano sulle politiche di censura di Meta riguardanti l'occupazione della Palestina e i crimini contro il popolo palestinese.
Poco dopo la messa in onda del programma di Al-Jazeera, Facebook ha cancellato senza preavviso l'account personale del presentatore del programma, il giornalista palestinese Tamer Almisshal.
Il programma “What is Hidden is Greater” ha dimostrato il preoccupante rapporto tra il gigante dei social media e il governo israeliano, creando due account Facebook per pubblicare notizie su Israele e Palestina, uno in arabo e uno in ebraico. Il programma ha quindi monitorato il modo in cui Facebook trattava i post su ciascun account.
Negli Stati Uniti c’è un film che sta sbancando al botteghino, con grande sorpresa di tutti. Si intitola “Sound of Freedom”, è costato la miseria di 15 milioni di dollari, e nel solo week-end di apertura ne ha già incassati 40, battendo addirittura l’ultimo “Indiana Jones”.
“Sound of Freedom” è basato sulla vera storia di Tim Ballard, un agente della Homeland Security che ha dedicato la sua carriera alla lotta contro il traffico di minori in nord e sud America.
La forza del film sta tutta nello stile asciutto e senza fronzoli, simile ad un documentario, con immagini crude, spesso male illuminate, come se appunto stessimo assistendo ad un frammento di realtà, e non ad una fiction.
Che cose succede, nel 2023, quando un attivista si alza in piedi davanti all’editore del New York Times, del Washington Post e della Reuters, e li accusa pubblicamente di aver ignorato alcuni temi di fondamentale importanza, come l’attentato al Nord Stream, i comportamenti pericolosi di Zelensky o la prigionia di Assange? Scopritelo da soli.
Fonte video: l'Antidiplomatico
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