di Andrea Franzoni
La ricchezza di scelta, la prova tangibile della libertà e della concorrenza fra prodotti e marchi che si affrontano in una sfida spietata quotidiana per attirare i favori del consumatore, è visibile fin dalle piccole cose. Come non rimanere estasiati, per esempio, di fronte ad uno di quegli espositori di chewing gum e caramelle che stanno vicino alle casse dei bar e dei supermercati o nei distributori automatici di università e stazioni? Decine di colori, di sapori, di “filosofie” che stanno dietro ad ogni marchio, dalle adolescenziali e coloratissime “Big Babol” alle salutiste Daygum, dalle glaciali Golia alle eleganti Brooklyn, gomme da masticare con un richiamo all’”American Way of Life”.
Quante aziende, immagina (erroneamente) il consumatore, lottano quotidianamente per avere il mio “voto” e per soddisfare il mio modo di pensare il chewing gum! Non ci si pensa mai, ma se appena lo si prova a fare anche per un attimo non si può non immaginare tante piccole fabbrichette, una di fianco all’altra, ognuna con i propri alchimisti che assaggiano gli impasti, con i propri pubblicitari che cercano di prevedere i nostri desideri per realizzarli nel momento in cui essi vengono fatti materializzare, con i propri manager che si sfidano quotidianamente per offrirci il miglior rapporto qualità-prezzo, magari con le spie e con gli atti di sabotaggio. Tutto a nostro vantaggio: un sistema grandioso, e sempre al limite, che dalla concorrenza genera qualità e competizione sui prezzi.
La concorrenza - pensa il consumatore inserendo le monetine nel dispenser - è il sale della moderna economia ... ... e le gomme da masticare sono un esempio, per quanto banale, dell’onnipotenza del libero mercato che tende alla qualità a vantaggio del consumatore. Se tanti fornitori hanno la possibilità di offrire beni e servizi analoghi, ciò non può che generare un mercato libero e spietato, che non accetta posizioni dominanti, nel quale tutti sono costretti eternamente ad offrire il meglio al libero consumatore se vogliono semplicemente sopravvivere. Se dai chewing gum ci spostiamo alla distribuzione dei farmaci e del carburante, ai tassisti e alla telefonia, alla distribuzione dell’acqua e ai servizi delle municipalizzate, il risultato non cambia: aprendo il mercato avremo farmaci e carburante a prezzi quasi di fabbrica, un sistema di taxi e di compagnie telefoniche nel quale le tariffe saranno sempre più competitive e i poteri costituiti scompariranno, un domani acqua e servizi locali efficienti in mano alle leggi della spietata competizione fra privati.
Per capire perché questo ragionamento forse non è così corretto, almeno in molti casi, è utile tornare però a concentrarci sul nostro favoloso distributore di chewing gum o meglio su ciò che sta alle sue spalle, dietro le etichette colorate dei vari brand. La scoperta è paradossale: tutti i prodotti esposti vengono infatti fabbricati, da una medesima industria, negli stessi otto impianti di produzione tutti tra l’altro “delocalizzati” in Oriente: tre in Cina, due in India, due in Indonesia, uno in Russia, ai quali si affiancano decine di poli di distribuzione e rappresentanza in tutto il mondo [1].
Il mercato delle gomme da masticare (e delle caramelle da bar), in Italia, è in mano infatti a un solo gruppo multinazionale: l’italo-olandese Perfetti – Van Melle [2] con sedi a Lainate (Milano) e Breda (Olanda). Esso, tramite fusioni, acquisizioni e creazione di marchi nuovi è arrivato ad offrire, a partire dalle medesime materie (la gomma è tutta prodotta dalla Gum Base di Lainate nell’impianto di Shangai [3]) e attraverso gli stessi canali di distribuzione, quasi venti prodotti venduti sotto loghi differenti ma tutti appartenenti alla stessa famiglia.
Si parte dai chewing gum: Brooklyn, Air Action Vigorsol, Happy Dent, Vivident, Big Babol, Daygum, tutti prodotti dalla stessa azienda. Perfetti – Van Melle si occupa poi di mentine e simili: Mentos, Golia, Smint, Tabù solo per citare i più noti. Infine le caramelle: Fruit-tella, Alpenliebe, Goleador, Morositas, alle quali bisogna aggiungere tutti i prodotti della Gelco di Teramo (ad esempio le liquirizie, le caramelle sfuse e in busta) e quelli della catalana Chupa Chups [4], l’ultima grande acquisizione di Perfetti. Tutti questi prodotti, insieme ad altri meno noti in Italia, partono dagli stabilimenti cinesi, indiani ed indonesiani, per diffondersi in tutto il mondo, dal Brasile agli Stati Uniti, dalla Turchia al Bangladesh.
I prezzi, i gusti e le materie sono insomma decise da un’unica mente che controlla il mercato nazionale. La pubblicità, che sponsorizza i singoli marchi (e mai la Perfetti-Van Melle) e che in questo settore è particolarmente martellante ed efficace, simula una molteplicità di produttori che in realtà non esiste e serve soltanto a mantenere saturo il mercato. La distribuzione a bar e distributori automatici, in mano a questa azienda, fa in modo che anche coloro che comprano i chewing gum o le caramelle casualmente non possano non rivolgersi a Perfetti visto che altri prodotti non sono disponibili sul mercato (salvo, alcune volte, le Halls e le Saila di proprietà di un colosso statunitense, la Warner Lambert). La situazione è simile anche se si volge lo sguardo agli snack: a farla da padrone la Mars (Mars, M&M's, Bounty, Milky Way, Snickers, Twix sui mercati italiani) e la Kinder, con un ruolo minore ricoperto dalla Nestlè (Smarties, Kit Kat).
Ecco smontato il teorema del libero mercato che, generando concorrenza, genera autonomamente ed eternamente benefici per il consumatore. Nella realtà il mercato aperto ha generato spontaneamente un monopolio, una posizione dominante impossibile da incrinare: la semplice competizione infatti genera colossi inaffondabili che acquisiscono posizioni inattaccabili ed un potere assoluto sull’ambito che hanno egemonizzato. Perché un altro gigante dovrebbe introdursi nel mercato tentando di offrire prodotti migliori, a prezzi inferiori? E’ sicuramente meglio fondersi, o acquisire azioni della società che ha il monopolio di un certo mercato, dividendo i profitti della posizione dominante in un unico mercato globale. I piccoli soggetti che partono da zero sono, in ogni caso, esclusi in partenza, mentre il commercio mondiale si concentra in poche decine di mani.
Se qualcuno volesse aprire una nuova attività nel settore dei chewing gum o delle caramelle da bar, non avrebbe evidentemente alcuna possibilità di emergere. Come competere con i miliardi di investimenti pubblicitari, con la familiarità che questi prodotti in oltre venti anni di spot hanno generato, con i costi di produzione irrisori, con la struttura distributiva in mano ad un unico soggetto per nulla interessato a concedere uno scaffale del suo dispenser ad un concorrente emergente? Il consumatore ha tutto ciò che desidera a portata di distributore, comodamente e nei posti più strategici. Per non parlare poi di ciò che l’acquirente potrebbe pensare (ad esempio a livello di qualità) di fronte ad un prodotto addirittura assente dagli scaffali principali che non sa essere possesso di unico soggetto che simula una concorrenza che non esiste. Forse arriverebbe addirittura a chiamarle “gomme da masticare dei cinesi”, senza sapere che ad essere prodotte in Cina sono quelle con il logo Brooklyn o Alpenlibe, e le considererebbe roba pericolosa e “da pezzenti” come un giornale on-line di fronte al Corriere della Sera.
Certo stiamo parlando di chewing gum e mentine: un monopolio che non fa troppo male e che vale al massimo un aneddoto da raccontare ad un amico di fronte al distributore della stazione mentre si sceglie il colore e la forma di gomma che più si addice alle nostre “vibrazioni” del momento. Lo stesso schema di fusioni e spartizione di posizioni di potere, tuttavia, si può trovare in altri settori: dalla telefonia (ad esempio i costi di ricarica che nessuno si è mai sognato spontaneamente di abolire) al carburante (l’apertura alla grande produzione è soltanto l’ultimo grande boccone a vantaggio degli ipermercati, i più importanti oligopolisti nel prossimo futuro), fino a settori ancora più delicati come la produzione e distribuzione di farmaci. Per non parlare dei settori dove, per evidenti questioni logistiche, il monopolio è assicurato (treni, acqua, autostrade) e dove sono in ballo questioni più delicate dell’alito fresco o del piacere della sana ruminazione.
Aprire il mercato alla concorrenza è dunque realmente una panacea per tutti i mali, o spesso rischia solo di creare problemi più grossi e non alla portata della vita democratica? . Basta fermarsi a pensare, anche di fronte ad un distributore dei chewing gum, per capire che la realtà è probabilmente più complicata di quella che i colossi piglia-tutto dell’economia liberalizzata fanno scrivere agli economisti sui giornali, e per cominciare ad osservare ciò che condiziona le nostre quotidianità con occhiali un pò meno deformati.
Andrea Franzoni (Mnz86)
[1] http://www.perfetti.it/organisation_companies.html
[2] http://www.perfetti.it/index.html
[3] http://www.gumbase.com/
[4] http://www.chupachups.com