di Giorgio Mattiuzzo
Silvio Berlusconi, tycoon all'italiana, imprenditore tuttofare, capo della coalizione di destra, due volte Presidente del Consiglio, è stato assolto in via definitiva dall'accusa di corruzione in atti giudiziari nell'ambito del processo cosiddetto “SME”. Una storia dall'esito felice per Berlusconi, ma con una coda amara per il resto dei cittadini. Vediamo perché.
L'accusa era quella di aver corrotto il giudice Renato Squillante in cambio di sentenze a proprio vantaggio.
Leggiamo sul
Corriere della Sera:
Berlusconi è stato definitivamente assolto dall'accusa di corruzione in atti giudiziari per i 434 mila dollari che da un conto Fininvest sono finiti al giudice Renato Squillante attraverso Cesare Previti. Per questo capo d'accusa l'assoluzione per non aver commesso il fatto era già arrivata in appello, mentre in primo grado l'ex presidente del Consiglio per questo capo d'imputazione era stato prosciolto per prescrizione grazie alla concessione delle attenuanti generiche.
Ci spiega il più autorevole quotidiano italiano che il motivo del contendere era un versamento di quasi cinquecentomila dollari dell'epoca ... ... (stiamo parlando del 1985, quindi di una cifra ingente davvero) dalle casse della Finivest a quelle del giudice Squillante. Leggendo l'articolo, che per il resto è dedicato ai commenti dei politici, pare evidente che Berlusconi “non abbia commesso il fatto”, cioè non abbia versato quel denaro.
Repubblica è laconica:
La sesta sezione penale della Cassazione ha confermato l'assoluzione di Silvio Berlusconi per la vicenda Sme. Come aveva già detto lo scorso 27 aprile la Corte di Appello di Milano e stamane ha chiesto il procuratore generale, Berlusconi, nella corruzione ai giudici romani, non c'entra niente.
Non c'entra niente. Lui non c'era, non ha versato i soldi e non ha corrotto nessuno.
Anche il
Quotidiano Nazionale informa che “l'assoluzione in base all'art. 530 comma 2 (una vecchia formula dell'insufficienza di prove) è stata nel merito per non aver commesso il fatto.”
Quindi pare proprio che Berlusconi non abbia fatto mai niente di male. Però se andiamo a leggere
La Stampa scopriamo che la situazione è più
sfaccettata.
Il Collegio di legittimità, presieduto da Giorgio Lattanzi, ha bocciato il ricorso del sostituto procuratore generale di Milano Piero De Petris, che aveva chiesto che l’ex premier fosse condannato a cinque anni. In particolare il PM aveva spiegato che «la constatata presenza, presso l’ufficio Gip del tribunale di Roma con presidente Renato Squillante, di più procedimenti riguardanti società o persone del gruppo Fininvest» sono segno della «convenienza tanto per Berlusconi quanto per Previti, che nell’interesse del primo ha sempre agito, di mettere a libro paga il capo di tale articolazione, al fine di assicurarsene la piena e incondizionata disponibilità ad interventi o pressioni su altri magistrati dell’ufficio a presidio del tornaconto di Fininvest».
L'accusa quindi non era quella di aver dato la tangente a Squillante perché pronunciasse una sentenza favorevole, ma quella di aver tenuto a libro paga il capo di tutti i giudici affinché influenzasse chi doveva esprimersi riguardo agli interessi di Berlusconi.
L’aria di un proscioglimento definitivo si respirava già dopo le parole del Procuratore Cetrangolo: infatti quest’ultimo aveva detto chiaramente che la sentenza della Corte territoriale milanese era stata correttamente motivata e che, a differenza di quanto aveva fatto De Petris, i colleghi lombardi avevano interpretato correttamente la sentenza Imi-Sir sulla quale, peraltro, avevano fondato l’assoluzione di Berlusconi.Per quanto riguarda gli approfondimenti sull’iscrizione dei magistrati a «libro paga» venivano sollevate questioni di fatto non valutabili in sede di legittimità.
Insomma, si presagiva già l'assoluzione, in quanto il processo di terzo grado non entra nel merito delle questioni, ma si limita a valutare la legittimità degli atti del secondo grado. In pratica già il Procuratore Generale aveva detto che l'essere Squillante a libro paga della Fininvest è un argomento di merito e che quindi non può essere preso in considerazione nel processo di terzo grado.
Sorge quindi il dubbio che Berlusconi un qualche fatto lo abbia commesso, se la Procura afferma di non poter giudicare quel fatto nel merito. Infatti:
La Corte milanese, a parere sia della Procura generale sia dei difensori di Berlusconi [...], avrebbe correttamente ritenuto che, pur essendoci stato un passaggio di denaro fra la Fininvest e Renato Squillante, (si pensi al bonifico Orologio e al bonifico Barilla) quest’ultimo, in quel periodo, non avrebbe mai potuto influire sull’affare Sme usando i suoi poteri di giudice. È così venuto a mancare uno dei presupposti del reato di corruzione in atti giudiziaria: il fine illecito.
Tradotto in italiano: Berlusconi teneva a libro paga il capo dei Giudici per le indagini preliminari romani. Ma non per fini illeciti.
Pare di capire, anche se la sentenza non è stata ancora corredata di motivazione, che in poche parole Berlusconi ha commesso un fatto grande come una casa, solo che per qualche motivazione nascosta in qualche imperscrutabile doppio fondo della giurisprudenza questo non è sufficiente per accusarlo di aver commesso quel fatto.
Resta solo da capire per quale motivo Berlusconi, palazzinaro milanese, abbia fatto ricco Squillante, giudice romano.
Giorgio Mattiuzzo (Pausania)