Il metodo scientifico prevede una fase iniziale di osservazione empirica, seguita da una verifica sperimentale dei dati osservati. La prima fase permette di formulare una o più teorie sui dati osservati, mentre la seconda permette, attraverso i criteri di osservabilità e replicabilità, di confermare o meno quelle teorie. Il grande vantaggio del metodo scientifico è la possibilità che offre di condividere i risultati sperimentali in termini oggettivi, superando il livello dell’opinione personale, e facendone delle verità assodate per tutti.
Il metodo scientifico ha anche dei limiti, ovviamente, che stanno nel criterio stesso di osservabilità, poichè nessuno è in grado di escludere aspetti della realtà che possano sfuggire alla nostra percezione sensoriale.
Abbiamo quindi un criterio abbastanza rigoroso da garantire risultati affidabili, che limita però il suo raggio d’azione proprio a causa di quel rigore. Un atteggiamento onesto prevede quindi di affidarsi serenamente al metodo scientifico, pur di non escludere a priori variabili esterne ai dati osservati.
Gli stessi medici, alla fine di una consulta, spesso ti dicono: “Mi raccomando, non si stressi troppo, altrimenti ci mette il doppio a guarire”. Riconoscono cioè una componente psico-somatica, nella salute dell’individuo, senza poterla nè vedere, nè misurare, nè tantomeno replicare in laboratorio.
Finchè la scienza tiene conto di eventuali aspetti esterni, che possano sfuggire al criterio diretto di verifica, rende alla società un servizio assolutamente unico e straordinario, ... ... e si pone come una delle vette più alte mai raggiunte nella storia dell’umanità.
Quando invece la scienza si chiude su se stessa, e rifiuta a priori qualunque realtà non direttamente verificabile, nasce lo scientismo, che è il suo aspetto più deteriore.
SCIENTISMO:
s. m. (filos.) orientamento di pensiero, sorto in Francia nella seconda metà del sec. XIX, secondo il quale l'unica valida base della conoscenza è costituita dai principi e dai procedimenti delle scienze, logico-matematiche o empiriche.
(estens.) con accezione negativa, l'atteggiamento di chi pretende di applicare i metodi della scienza a qualsiasi aspetto della realtà umana.
Questo normalmente accade quando l’uomo perde il desiderio di imparare, e si accontenta delle verità conosciute invece di espanderle ulteriormente. In altre parole, rinuncia ad un nuovo “ciclo completo” di osservazione-verifica-conclusione, intuendo che magari quelle conclusioni rischiano di smentire certezze già acquisite.
Ecco nascere le condanne di “superstizione”, “ciarlataneria”, o “stregoneria” vera e propria, verso tutto quello che non rientra nel campo diretto della verificabilità.
La cosa curiosa è che lo scientista, nel fare questo, invoca il metodo scientifico a propria difesa, senza accorgersi che proprio quello gli imporrebbe invece di esplorare il nuovo territorio.
Di fronte ad un capo-villaggio tribale che cura i malati con l’imposizione delle mani, ad esempio, la scienza dovrebbe cercare di capire quali siano i meccanismi che portano alla guarigione, per poi verificarli con criterio scientifico, ed eventualmente integrarli nei propri protocolli standardizzati. Invece si rifiuta a priori di riconoscere certe capacità teraeutiche, adducendo la scusa che “non sono scientificamente provate”.
Lo dice come se l’onere della prova scientifica spettasse a chissà quale entità extra-terrestre, e non alla scienza stessa.
“Se il santone del villaggio sostiene di curare i malati con le mani – dice lo scientista - ci porti delle prove”.
Ma le uniche prove che il villaggio può portare sono i malati stessi, che sono guariti. Il villaggio non controlla la tecnologia di verifica, e sta a chi la controlla di utilizzarla, ed eventualmente trovare le prove, in un senso oppure nell’altro.
Va quindi notato come la scienza si sia impadronita del mezzo di indagine collettivo, non solo per negarne l'uso in casi che potrebbero portare miglioramenti a migliaia di malati, ma per usarlo addirittura contro queste nuove possibilità di guarigione. (Sia chiaro, parliamo di casi in cui le proprietà terapeutiche di un certo rimedio siano acclamate da un numero di persone sufficiente da legittimare l’ipotesi che sia valido. Nessuno qui suggerisce di correre dietro a ogni singola favoletta di paese).
C’è una prova molto semplice che si può fare, per distinguere immediatamente lo scientismo dalla scienza con la maiuscola: ogni volta che ci si sente dire “Non è dimostrato che il tale rimedio funzioni contro la tale malattia”, basta chiedere: “E’ dimostrato per caso che non funzioni?”
Se la risposta è sì, vorrà dire che in quel caso la scienza si è comportata correttamente, ed ha fatto il suo dovere fino in fondo.
Se la risposta è no, vuol dire che nessuna sperimentazione è stata fatta, e che siamo di fronte allo scientismo più becero, che è peggio ancora di qualunque superstizione medioevale.
Massimo Mazzucco
E' necessario essere iscritti e loggati per postare commenti.