di Marco Montanari *
Le scienze sociali si prestano purtroppo alla ciarlataneria molto più delle scienze esatte. Funziona così: un committente, di solito potente e ben fornito di soldi, assume lo scienziato sociale di turno perché costruisca una teoria che torni in qualche modo a proprio vantaggio. Così è nata, ad esempio, la teoria economica della scuola di Chicago, la quale era stata incaricata - per ammissione di alcuni membri stessi - di inventare una teoria che sostenesse la necessità di tagliare le tasse ai ricchi e non ai poveri. Milton Friedman ci riuscì, e vinse il Premio Nobel.
Una cosa molto simile è accaduta nel campo della politologia: committenti molto potenti, e ben forniti di soldi, hanno chiesto allo scienziato sociale di turno di dimostrare che solo i moderati possono vincere le elezioni. Purtroppo il Nobel per la politologia non esiste, ma la teoria che ne è uscita forse lo avrebbe meritato: il sistema politico – diceva questa teoria - è come una strada che attraversa la città, e le forze politiche sono i negozi che stanno su quella strada. Venderà di più chi aprirà il negozio vicino al centro, perché sarà mediamente più vicino alla maggioranza dei cittadini. La diffusa credenza che “le elezioni si vincano al centro” – da cui la necessità di conquistare i voti moderati - nasce tutta da questa sconcertante favoletta.
Ma un conto è essere potenti, ricchi e moderati, un altro è rappresentare gli interessi di chi non è né ricco, né potente, né moderato. I primi si fanno scudo di tale favoletta per delegittimare i propri avversari, mentre i secondi, se commettono l'errore di credervi, sono spacciati.
L'osservazione empirica, vero e solo metodo scientifico, ci racconta infatti una storia ben diversa: le elezioni le ha sempre e soltanto vinte ... ... chi è stato capace di mobilitare il proprio elettorato in misura maggiore degli avversari. Sembra semplice, come strategia, ma non lo è affatto. Bisogna infatti saper mobilitare i propri elettori senza allarmare quelli altrui, per evitare che costoro, di riflesso, vadano a votare a loro volta in massa. Il risultato ottimale si ottiene riuscendo a galvanizzare il proprio elettorato mentre si demoralizza quello avverso, senza incitarlo allo scontro.
In questo senso le elezioni del 2008 sono state, per le sinistre italiane, la conferma che l'applicazione degli strumenti propagandistici degli avversari ha esiti nefasti, se fatta propria, e conduce inevitabilmente al disastro.
Quando i Ds giunsero al governo, nel 1996, cercarono immediatamente di applicare la teoria delle elezioni che si vincono al centro. Con grande determinazione, D'Alema iniziò a promuovere una politica moderata che “non spaventasse il centro”, e anzi lo conquistasse, mentre scatenava una dura offensiva, culturale e politica, contro Rifondazione e il suo “radicalismo”.
Il risultato fu la disfatta del 2001.
Nel 2006, per una complessa serie di ragioni, la sinistra applicò invece la teoria della mobilitazione prioritaria del proprio elettorato, e vinse puntualmente le elezioni.
Ma nel 2007 Veltroni ha scelto nuovamente di guidare la sua pattuglia di argonauti alla ricerca del centro. L'offensiva contro il “radicalismo” è stata ancora più violenta di quella dalemiana, e ha finito per contagiare lo stesso Bertinotti, il quale ha dismesso i panni da sub-comandante per vestire quelli “istituzionali”, ed ha impresso a sua volta una torsione moderata all'intera sinistra “radicale”.
L'esito è riassunto dai numeri: nel 1994 sinistra e centrosinistra avevano raccolto insieme 16.919.315 voti, record storico dalla fine della Guerra Fredda. Alla chiusura delle urne, il 14 aprile scorso, mancavano all'appello ben 3.325.832 di quei voti, anche conteggiando Ferrando e Sinistra critica.
Il calo rispetto al 2006, peraltro, è stati quasi identico: -3.004.911. I dioscuri del moderatismo di sinistra – Veltroni e Bertinotti – hanno, in altre parole, portato i propri partiti al punto più basso mai raggiunto dalla nascita della cosiddetta Seconda Repubblica.
All'indomani di questa catastrofe,Walter Veltroni ha annunciato il varo di uno “shadow cabinet”. Molto anglosassone, come idea, anche se forse sarebbe stato più anglosassone, a quel punto, presentare le proprie irrevocabili dimissioni.
Mentre le dimissioni di Bertinotti, non essendo accompagnate da quelle dei bertinottiani, di anglosassone hanno comunque molto poco. Più che a sir Winston Leonard Spencer-Churchill, fanno pensare al principe di Salina.
Come dicevamo all’inizio, hanno voluto credere alla favola inventata dagli avversari, e ne hanno pagato duramente le conseguenze.
Marco Montanari
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Marco Montanari lavora come osservatore elettorale per la Commissione Europea e per la OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea). Nei prossimi giorni pubblicheremo una sua intervista, nella quale ci descrive alcune “anomalie” del sistema elettorale italiano che lo rendono unico in Europa.
Quella che segue è una sua analisi statistica del ciclo elettorale italiano dal 1992 ad oggi, con le variazioni riguardanti sia l’elettorato che le singole formazioni politiche.
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Italia – Elezioni 1992 - 2008
Analisi statistica
(tutti i dati sono desunti dal sito del Viminale www.interno.it)
ELETTORI (aventi diritto)
1992: 47.435.689
1994: 48.135.041
1996: 48.744.846
2001: 49.256.295
2006: 46.997.601
2008: 47.295.978
Valore medio: 47.977.575
Differenza 2008 rispetto al picco: -3,98%
Differenza 2008 rispetto alla media: -1,42%
Commento: il numero degli aventi diritto al voto, come logico in un paese in cui l'età media aumenta costantemente, è aumentato di pari passo, ma solo fino al 2006: in quell'anno una revisione straordinaria delle liste ha comportato un calo degli aventi diritto al voto di ben 2.258.694 individui. Nel 2008 la crescita è ripresa, pur restando sotto al picco del 2001 di quasi 2 milioni di voti.
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VOTANTI
1992: 41.404.415
1994: 41.461.260
1996: 40.401.774
2001: 40.085.397
2006: 39.298.497
2008: 38.052.452.
Valore medio: 40.117.299
Differenza 2008 rispetto al picco: -8,22%
Differenza 2008 rispetto alla media: -5,15%
Commento: la variazione dei votanti si muove in modo difforme rispetto a quella degli aventi diritto al voto, con il picco non più nel 2001, ma nel 1994. Questa è una chiara indicazione della crisi di consensi crescente del nostro sistema politico.
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VOTI VALIDI
1992: 39.243.506
1994: 38.717.043
1996: 37.484.398
2001: 37.122.776
2006: 38.153.343
2008: 36.452.305
Valore medio: 37.862.228
Differenza 2008 rispetto al picco: -7,11%
Differenza 2008 rispetto alla media: -3,72%
Commento: se si esclude l'anomalia statistica del 2006, con un brusco aumento dei voti validi a fronte di una brusca diminuzione degli aventi diritto al voto e dei votanti (che ha dato adito alle ben note accuse di brogli a carico del governo Berlusconi), l'andamento del numero di voti validi è fortemente indicativo, con un calo costante dal 1992 a oggi. Il 2008 è stata la tornata elettorale con il minor numero di voti validi dalla fine della cosiddetta Prima Repubblica.
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IL POPOLO DELLA LIBERTÀ
1994: 13.350.268
1996: 13.582.640
2001: 15.386.636
2006: 14.407.152
2008: 13.628.865.
Valore medio: 14.071.112
Differenza 2008 rispetto al picco: -11,42%
Differenza 2008 rispetto alla media: -3,14%
Commento: Forza Italia e Alleanza nazionale si sono sovente scambiate gli elettori, come dimostra chiaramente il fatto che hanno avuto il proprio picco e il proprio minimo, a ruoli invertiti, negli stessi anni. Così Fi ha toccato il punto più basso nel 1996, quando An era al suo massimo, mentre nel 2001 è successo l'esatto contrario. La cosa più interessante, nell'analizzare il dato del Pdl, è che, sostanzialmente, è tornato ai livelli del 1994-96, avendo lasciato per strada oltre 1 milione 700mila voti rispetto all'
annus mirabilis 2001.
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LEGA NORD
1992: 3.395.384
1994: 3.235.248
1996: 3.776.354
2001: 1.464.301
2006: 1.747.730
2008: 3.024.522.
Valore medio: 2.773.923
Differenza 2008 rispetto al picco: -19,91%
Differenza 2008 rispetto alla media: +9,03%
Commento: il grande successo della Lega, così esaltato dai commentatori faciloni che abbondano anche sulle testate più prestigiose, non è poi stato così grande. La Lega, più semplicemente, ha quasi riguadagnato i voti che ha avuto nell'intero corso degli anni '90, pur mantenendosi ancora di quasi il 20% al di sotto del proprio picco.
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UDC (1996-2001 CCD-CDU)
1996: 2.189.563
2001: 1.194.040
2006: 2.580.190
2008: 2.050.319.
Valore medio: 2.003.528
Differenza 2008 rispetto al picco: -20,54%
Differenza 2008 rispetto alla media: +2,34%
Commento: l'Udc ha ottenuto un risultato quasi perfettamente in linea con la propria media, anche se inferiore del 20% rispetto al picco del 2006, quando tanti elettori di centro-destra, delusi dal governo Berlusconi avevano scelto il partito di Casini.
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PARTITO DEMOCRATICO
1994 PDS+PPI+LISTA PANNELLA
1996: PDS+POP-SVP-PRI-UD-PRODI+PANNELLA-SGARBI
2001: DS+MARGHERITA+PANNELLA-BONINO
2006: L'ULIVO+STIMA VOTI RADICALI NELLA RNP
1994: 13.528.101
1996: 11.151.178
2001: 12.375.194
2006: 12.700.000
2008: 12.092.998
Valore medio: 12.369.494
Differenza 2008 rispetto al picco: -10,61%
Differenza 2008 rispetto alla media: -2,24%
Commento: analizzare il voto per il Pd è piuttosto complicato, poiché una componente di tale forza, i radicali, ha avuto spesso un percorso diverso rispetto a quello dei Ds e della Margherita, facendo addirittura parte della maggioranza di centro-destra nel 1994. È tuttavia significativo che tale area abbia avuto il proprio picco nel 1994, e il proprio minimo nel 1996. Il risultato del 2008 è comunque il secondo peggiore in assoluto, dimostrando che lo slogan “si può fare” era davvero fuori luogo. Anche perché tale pessimo risultato si è verificato in concomitanza con l'estinzione della cosiddetta “sinistra radicale”: se solo la Sinistra Aarcobaleno avesse avuto un risultato leggermente meno negativo, il Pd veltroniano si sarebbe rivelato per quello che di fatto è stato, ossia il punto più basso mai toccato da questa area politica.
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IDV (2001 LISTA DI PIETRO)
2001: 1.443.725
2006: 877.052
2008: 1.593.675.
Valore medio: 1.304.817
Differenza 2008 rispetto al precedente picco: +10,39%
Differenza 2008 rispetto alla media: +22,14%
Commento: l'Italia dei valori di Di Pietro è il solo soggetto politico che, nel 2008, abbia raggiunto il proprio picco. A questo indubitabile successo, tuttavia, devono essere assegnate le giuste proporzioni: l'Idv, infatti, è comunque un piccolo partito attestato sul milione e mezzo di voti, che ha superato di poco il 4% e non ha un insediamento specifico, ed è dunque esposto a violente fluttuazioni delle proprie fortune elettorali.
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SINISTRA ARCOBALENO
92-96 PRC+VERDI
2001 PRC+IL GIRASOLE+PDCI
2006 PRC+PDCI+VERDI
1992: 3.294.465
1994: 3.391.214
1996: 4.152.413
2001: 3.294.858
2006: 3.898.394
2008: 1.124.418 (Pcdl+Sc 376.067).
Valore medio: 3.192.627
Differenza 2008 rispetto al picco: -72,92%
Differenza 2008 rispetto alla media: -64,78%
Commento: estinzione, ecco l'unica parola che può definire una aggregazione politica capace di perdere oltre il 70% dei voti rispetto al proprio picco, e i due terzi rispetto alla propria media. La sinistra era cresciuta nell'intero corso degli anni '90, con un incremento di quasi un milione di voti. La guerra totale scatenata da D'Alema contro Rifondazione nel 1998, basata sulla scissione del Pdci e sull'isolamento del Prc rispetto a verdi e Pdci, aveva colpito la cosiddetta “sinistra radicale”, pur senza distruggerla, al punto che nel 2006 aveva quasi riguadagnato le posizioni del 1996. Dove ha fallito D'Alema è però riuscito Veltroni: l'operazione Pd, infatti, ha condotto la sinistra all'estinzione e un Berlusconi in crisi di consensi direttamente al governo.
Marco Montanari