di Marco Cedolin
Report condotto su Rai 3 da Milena Gabanelli è una di quelle rarissime trasmissioni grazie alle quali ci si può ancora illudere che abbia un senso tenere in casa la TV. Inchieste ficcanti, documentate e precise, nessuna soggezione verso i grandi poteri, enorme capacità di sintesi, estrema linearità di linguaggio, hanno fatto negli anni di Report uno dei più fulgidi esempi di reale giornalismo d’informazione.
Forse proprio per queste ragioni l’ultima puntata della trasmissione, andata in onda domenica 27 aprile, è parsa stonata nel suo incedere spesso equivoco, nella mancanza di obiettività, nella disarmante scarsità di dati oggettivi che potessero suffragare alcuni parallelismi sconcertanti portati avanti con ostinazione nel corso del programma.
Report di domenica ha esordito presentando un’interessante e documentata indagine avente per oggetto gli aeroporti italiani e l’enorme quantità di progetti concernenti il loro ampliamento attualmente in fase di proposizione. Ha messo in evidenza le pesanti conseguenze, sia dal punto di vista economico che da quello ambientale, ... ... della scelta scellerata di operare ampliamenti incontrollati, spesso senza manifestare alcuna attenzione nei confronti del territorio e dei cittadini e nell’assoluta mancanza di realistiche prospettive di ritorno economico. Ha puntato il dito contro l’incongruenza costituita dall’esistenza di una miriade di scali aeroportuali, molti dei quali situati a poche decine di chilometri l’uno dall’altro. Ha messo in luce una grande mole di “finanziamenti” scarsamente trasparenti e assai discutibili, destinati alle compagnie low cost, operati con denaro pubblico dai gestori degli scali al fine di attrarre nuovo traffico. Il tutto con estrema abbondanza di dati, testimonianze ineccepibili e grande competenza.
Giunti a questo punto la trasmissione ha cambiato angolazione, con l’intento di dimostrare come il treno sarà destinato a soppiantare l’aereo nel prossimo futuro fra i sistemi di trasporto passeggeri, e qui si è iniziato a fare una terribile confusione.
Il postulato secondo cui nei decenni futuri la movimentazione delle persone sarà destinata ad incrementare in maniera esponenziale è stato interpretato come una verità assiomatica, senza mettere neppure per un attimo in discussione gli evidenti limiti (spesso documentati nelle puntate precedenti) di un modello di sviluppo devastante, difficilmente perseguibile in prospettiva. La “necessità”di velocità è stata elevata allo status di bisogno primario dell’uomo, quasi correre sempre più veloci equivalesse a mangiare, bere o respirare.
Milena Gabanelli ha iniziato a profondersi in una serie di lodi sperticate nei confronti di Sarkozi autore di una moratoria sulla costruzione di nuovi aeroporti, aggiungendo che “in Francia si investe sulle linee ad alta velocità e si recuperano quelle dimesse ed anche in Germania non si investe su nuovi aeroporti, si investe sulle linee ad alta velocità e sotto i 400km si prende il treno perché inquina di meno”.
In questo caso purtroppo le informazioni fornite dalla brava Gabanelli sono risultate assai poco corrette, in quanto la Germania sta investendo in nuovi aeroporti, come sta a dimostrare la costruzione del nuovo megascalo Bbi di Berlino che dovrebbe essere pronto nel 2011. Se “sotto i 400 km si prende il treno” non si tratta di quello ad alta velocità, poiché tutti gli esperti di trasporti sono concordi sul fatto che i treni veloci diventano competitivi sulle tratte superiori ai 400 km. Il treno inquina meno dell’aereo se consideriamo le emissioni dei 2 mezzi di trasporto, ma se inseriamo nel confronto l’inquinamento determinato dalla costruzione delle infrastrutture (aeroporti e linee ferroviarie per l’alta velocità) deputate a permetterne la circolazione la situazione risulterà pesantemente ribaltata dagli enormi impatti determinati dalla costruzione delle linee AV, impatti che la Gabanelli oltre ad essersi dimenticata di documentare omette perfino di menzionare.
A seguire un lungo servizio sulle mirabolanti doti dell’alta velocità spagnola, con ammirato stupore per i treni che corrono ad oltre 300 km/h, per la gioia di viaggiatori e pendolari (pendolari?) che intervistati esprimono il proprio entusiasmo. Fra Madrid e Barcellona 650 km di linea TAV, solo 2 ore e mezza di viaggio, solo 130 euro di biglietto, un chiaro esempio da seguire per l’Italia che “va lenta”.
La redazione di Report ha purtroppo dimenticato di documentarsi riguardo agli impatti ambientali determinati da quella tratta di 650 km, ha dimenticato di menzionare le reiterate proteste di cittadini e comitati contrari all’opera, ha dimenticato d’intervistare le migliaia di persone evacuate dai condomini di Barcellona, poiché la costruzione della linea ad alta velocità aveva determinato il rischio di crollo per le loro abitazioni. Il parallelismo con l’Italia è poi assolutamente improponibile a causa della differente morfologia dei territori e del fatto che nel nostro Paese l’alta velocità è progettata per trasportare merci e persone (non solamente viaggiatori come in Spagna) e non presenta tratte superiori ai 200 km senza fermate intermedie.
Immancabili a questo punto le faziose interviste ai viaggiatori italiani: ma lei invece dell’aereo non poteva scegliere il treno? Assolutamente no, il treno in Italia è lento, per andare a Torino non c’è l’alta velocità (per andare a Milano, Firenze o Roma c’è?)… se ci fosse un TAV.
Stupisce oltremisura constatare come la redazione di Report attribuisca alla mancanza dell’alta velocità gli alti tempi di percorrenza dei treni italiani, dimenticando la giungla d’inefficienze, disservizi e disorganizzazione che essa stessa aveva minuziosamente documentato negli anni passati. Sarebbe stato logico domandarsi oggettivamente cosa determini la lentezza del trasporto ferroviario italiano, magari documentandosi e fornendo dati, come Report generalmente è solita fare.
Invece nulla, una sequela di vuoti slogan e la domanda finale di Giovanna Boursier che si chiede “Perché gli spagnoli riescono a fare un treno Barcellona – Madrid che ci mette 2 ore e mezza, mentre da noi non abbiamo l’alta velocità nemmeno fra Torino e Milano? Perché in Spagna ci riescono e noi non ci riusciamo?"
Dopo avere ascoltato la trasmissione alcune domande sorgono spontanee e rischiano di essere perfino più dirette di quelle della Boursier.
Perché Report ha deciso di fare un servizio partigiano, scarsamente documentato e infarcito d’inesattezze finalizzato a sponsorizzare il TAV? Perché Report non racconta quanto denaro pubblico è stato sperperato nella costruzione delle linee ad alta velocità a detrimento dell’efficienza del servizio ferroviario italiano? Perché Report ha deciso di smettere con l’ottimo giornalismo d’informazione che contraddistingueva la trasmissione ed inizia a balbettare frasi sconnesse intrise di propaganda? Perché proprio Report?
Marco Cedolin
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