IL PRIMO SCONTRO KERRY-BUSH FINISCE UNO A ZERO. PER TUTTI E DUE
Sottolineando ancora una volta le profonda spaccatura ideologica che c'è oggi in America, si può dire che Kerry e Bush si siano sonoramente sconfitti a vicenda, nel primo dei tre dibattiti previsti prima delle elezioni, conclusosi da poche ore.
Lo scontro infatti non era, come ci si potrebbe aspettare, sulla politica estera, piuttosto che sulla guerra in Iraq o sul modo di combattere il terrorismo mondiale. Quelli erano solo i temi previsti per la serata, grazie ai quali si sono nuovamente affermati i due tipi di mentalità, assolutamente inconciliabili, che caratterizzano la spaccatura di cui parlavamo.
Da una parte hai il progressista, che ragiona induttivamente, e giunge alle sue conclusioni - giuste o sbagliate che siano - partendo da quella che ritiene essere la realtà di fatto: questa è la situazione - dice - quindi io farei cosi cosi e cosà.
Dall'altra hai il conservatore, che ragiona invece deduttivamente, e che cerca in qualche modo di adattare la realtà di fatto a quelle premesse che non può in nessun modo permettersi di cambiare. Siccome siamo venuti in Iraq a portare democrazia - dice lui - quello che vediamo non può che essere uno scalino del percorso che ci porterà a quella destinazione.
Ecco alcuni fra gli scambi più significativi avvenuti fra i due candidati. ... Premettiamo che, secondo le regole, i due non possono parlarsi direttamente, ma rispondono a turno alle domande postegli da Jim Lehrer, da lunghi anni il moderatore per antonomasia dei dibattiti presidenziali. Mentre le domande, di solito generiche, sono note in anticipo (sono in realtà i temi di cui sopra), la variabile sta nel fatto che ogni candidato ha un minuto per controbattere alla risposta dell'avversario. E' lì quindi, almeno in teoria, che si gioca la partita.
Altra premessa da fare, è che questa partita si gioca interamente all'interno della grande bugia: ovvero Kerry, per motivi troppo lunghi da analizzare qui, si è trovato costretto a combattere Bush sul terreno del "chi saprà meglio difendere l'America dalla piaga del terrorismo mondiale", pur sapendo benissimo - o almeno lo si spera - che nel momento stesso in cui vincesse, gran parte di quel "terrorismo" se ne andrebbe in vacanza con tutta l'amministrazione Bush.
Ad esempio: Kerry ha accusato Bush di aver spostato il fuoco dell'attenzione, cioè 100.000 soldati su 120.000, dall'Afghanistan all'Iraq, permettendo così al pericolo n. 1, Osama bin Laden, di restare in attività. Bush ha risposto che Saddam era un pericolo altrettanto temibile, e che oggi il mondo sta meglio senza Saddam.
Kerry ha accusato Bush di essere andato in guerra senza l'appoggio delle Nazioni Unite, e senza aver necessariamente esaurito le strade diplomatiche per deporre Saddam in maniera pacifica. Bush ha risposto che Saddam era un pericolo temibilissimo, e che oggi il mondo sta meglio senza Saddam.
Kerry ha accusato Bush di aver invaso l'Iraq senza un vero e proprio piano di pace, e che ora i loro soldati - e l'economia americana - stanno pagandone a caro prezzo le conseguenze. Bush ha risposto che la democrazia non cresce in tre giorni, che il processo è lungo e faticoso, e che comunque il mondo oggi sta meglio senza Saddam.
Kerry ha suggerto che aver invaso l'Afghanistan dopo l'11 Settembre sia stato come se l'America avesse invaso il Messico dopo Pearl Harbour. Bush ha replicato che in Afghanistan il processo di democratizzazione è in corso, che il processo è lungo e faticoso, ma che questo rappresenterà un luminoso esempio per tutti gli altri paesi di quella fetta di mondo.
Un muro di gomma.
Messi più alle strette sul "cosa faresti tu, di preciso, per uscire dalla situazione che si è creata in Iraq", Kerry ha risposto che tornerebbe prima di tutto a coinvolgere le Nazioni Unite, rinunciando alla leadership militare (traduzione - all'intero bottino di petrolio), e soprattutto cercherebbe di cambiare quell'impressione, ormai diffusa in Iraq, per cui gli americani sono percepiti come occupanti e non come liberatori. Anche perchè ultimamente hanno costruito 14 fortificazioni, attorno ai maggiori pozzi di petrolio, che hanno l'aria di essere tutt'altro che provvisorie. Con candore assoluto, Bush si è chiesto perchè mai invitare al tavolo altri paesi nel mondo, quando ormai i "nostri eroi" hanno sopportato da soli lo sforzo principale della conquista militare.
Il problema è che quando lo ha detto sembrava pure convincente.
Unica mossa a sopresa - ma di una sofisticatezza tale da essere probabilmente andata sprecata - è quando Kerry ha citato un episodio relativo alla crisi dei missili del '62: quando Kennedy mandò i suoi emissari dai vari leader europei, per assicurarsi il loro supporto prima di accusare pubblicamente Kruschev (di aver fornito materiale balistico a Cuba), l'agente CIA che si presentò a De Gaulle gli offrì di vedere le foto del satellite, che mostravano con chiarezza le rampe balistiche in costruzione a Cuba. Al che De Gaulle avrebbe replicato "non ho nessun bisogno di vederle, mi basta la parola del presidente degli Stati Uniti. "Ecco - ha commentato Kerry - io voglio riportare la presidenza americana a quel livello di credibilità e di rispetto che da sempre ha avuto nel mondo, e che ora ha perduto."
Al che Bush, che mostrava quasi di non capire il motivo per quella citazione storica, ha tranquillamente replicato che lui con gli alleati aveva pure cercato di parlare, ma che se non l'hanno voluta capire, lui non poteva farci niente.
Dove ovviamente per Kerry "parlare" significa cercare un compromesso, mentre per Bush significa dettare le condizioni.
Vista da un progressista, quindi, la trasmissione dovrebbe aver assegnato a Kerry una vittoria indiscussa. Ma il sospetto è che invece non sia affatto così. Il progressista infatti ragiona induttivamente, e dice "visto che Kerry ha messo Bush alle corde più volte, ha stravinto e basta". Ma il conservatore, che ragiona invece deduttivamente, dice: "Visto che Bush sta difendendo l'America, è chiaro che tutto quello che sta facendo non possa che essere per il bene dell'America stessa".
E quando la premessa non si può toccare, anche le più ovvie regole del gioco vanno a farsi benedire.
Il primo è un voto di testa, il secondo di pancia. E il sospetto è che la pancia, nella maggioranza della popolazione, non si sia ancora ripresa a sufficienza dallo schock collettivo dell'11 Settembre, per restituire al cervello il suo ruolo di guida delle persone - e quindi della nazione.
Massimo Mazzucco
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