di Giorgio Mattiuzzo
In questi giorni a Vienna i rappresentanti di Serbia e Kosovo si sono seduti attorno a un tavolo per discutere dello status del Kosovo stesso, otto anni dopo l'intervento militare della Nato, che ha preso il controllo del piccolo stato dopo averlo tolto alla Serbia. Il tavolo di mediazione è stato presieduto dall'inviato dell'ONU ed ex-presidente finlandese Martti Ahtisaari.
Le posizioni – come era da aspettarsi – sono rigidamente contrapposte. Fatmir Sejdiu, presidente del Kosovo, ha dichiarato che “l'indipendenza è l'alfa e l'omega, l'inizio e la fine della nostra posizione”.
Vojislav Kostunica, primo ministro serbo, ha detto invece che “la Serbia non accetterà un altro Stato creato sul 15% del suo territorio. Una autonomia sostanziale del Kosovo deve essere garantita e realizzata da una soluzione costituzionale.” (1)
Tali inconciliabili posizioni hanno portato ad uno stallo nei colloqui, ... … che erano stati preceduti da sei mesi di trattative condotte dalle Nazioni Unite.
La situazione è particolarmente difficile per il primo ministro serbo, che in poco tempo ha dovuto assistere alla perdita del Montenegro e al referendum in Kosovo secondo cui la maggioranza della popolazione vuole l'indipendenza dell'ex-provincia yugoslava.
La storia recente del Kosovo rappresenta l'ultimo colpo di coda della crisi che ha investito i Balcani e la Yugoslavia a partire dall'inizio degli anni '90. Nondimeno rappresenta un punto di svolta per la politica internazionale, perché in occasione della guerra del 1998 la Nato cambiò il proprio statuto e divenne, da alleanza difensiva che era era, organizzazione attiva operante in tutto il mondo.
La Nato non ha semplicemente “fatto le veci” delle Nazioni Unite, ma ha affermato la possibilità di intervenire in armi contro una sola delle parti in causa, per salvaguardare i diritti umani, ove fossero in pericolo. Ed infatti il
casus belli dell'ultima guerra balcanica sarebbe stato il massacro di Racak, un villaggio kosovaro dove, secondo le Nazioni Unite, venne compiuto un vero e proprio genocidio, ma che in realtà è uno dei tanti episodi oscuri e mai chiariti della storia recente. (2)
In giallo i paesi appartenenti alla NATO che hanno partecipato alla guerra del '99 contro la Serbia. In verde i paesi NATO che non hanno partecipato, in marrone gli altri.
Tuttavia l'intervento in Kosovo non è parso essere risolutivo per le sorti dei Balcani. In questi otto anni è stato difficile scorgere segni di reale miglioramento della situazione balcanica. E gli incontri di Vienna ne sono la prova.
In ogni caso il primo ministro serbo sembra avere una qualche ragione quando afferma che un Kosovo indipendente sarebbe il focolaio del crimine organizzato. Anche se a onor del vero questa prospettiva sembra già realizzata.
Il Kosovo rappresenta, secondo Pino Arlacchi, fondatore dell'Agenzia per la lotta al riciclaggio del Kosovo, un'emanazione della Commisione Europea, lo “Stato criminale perfetto”, dove potere politico e potere mafioso non sono contigui, ma sovrapposti. L'esito è chiaramente terribile, ed in questi anni il Kosovo è divenuto
lo snodo cruciale dell'eroina prodotta in Afghanistan e consumata nell'Europa occidentale. Quasi il 70% dell'intero flusso della rotta balcanica della droga è controllato da gruppi kosovari e albanesi, non solo nella fase del transito, ma anche nella fase della distribuzione nelle principali città europee. (3)
Il primo ministro serbo ha avvertito anche del pericolo terrorista che si anniderebbe in Kosovo.
Qui i contorni sono molto più sfumati, perché non è facile stabilire un discrimine perfetto tra terroristi e combattenti “non regolari”. Parlando di Kosovo non si può non pensare che il riferimento del premier serbo non sia che all'Uck, l'Esercito di Liberazione del Kosovo. Ecco, se il riferimento verosimilmente riguarda i combattenti indipendenisti di etnia albanese, anche in questo caso Kostunica non pare nel torto.
I combattenti per la libertà erano sostenuti con uomini e mezzi dai mujaheddin, i combattenti di fede islamica. La notizia non è nuova ed è del tutto fondata, tanto che l'attuale Ministro degli Esteri italiano Massimo D'Alema, che all'epoca dei fatti era Presidente del Consiglio, conferma: [/i]E, lì, nei Balcani, che gli Usa sostenevano il fondamentalismo islamico. Quando l'Uck si collegava ai movimenti estremisti del mondo arabo e facevano arrivare i mujaheddin in Kosovo, lo potevano fare con il benestare americano.[/i] (4)
Il giudizio è chiaro: le forze “albanesi” erano legate a doppia mandata con i mujaheddin e questo grazie alla volontà americana, che sosteneva gli indipendentisti kosovari.
A dire il vero in un primo momento anche gli Stati Uniti riconoscevano nell'Uck un movimento terrorista: nel febbraio 1998 un emissario americano aveva
calorosamente lodato Milosevic per il suo contributo nell'instaurare il governo del filoccidentale Dodik nella Repubblica Serba di Bosnia e condannato per la prima volta esplicitamente l'Esercito di Liberazione del Kosovo come organizzazione terroristica. (5) Anche se poi – come i fatti dimostrano – il giudizio di merito è mutato.
Cliccare sull'immagine, per una mappa etnico-storica di tutti i cambiamenti più recenti avvenuti nei balcani. Notare l'intreccio e la sovrapposizione di tutte le diverse etnie e delle diverse religioni che da secoli cercano inutilmente di convivere nella stessa regione.
La situazione del Kosovo si può definire “balcanica” all'ennesima potenza. Come in Bosnia la guerra è stata sostenuta dagli Stati Uniti con il supporto dei combattenti islamici. La crisi bosniaca di inizio anni '90 era, nei suoi tratti essenziali, uguale a quella kosovara: da un lato la Serbia, dall'altro la popolazione musulmana. Anche in quel caso
gli USA adotta[ro]no criteri di giudizio molto [...] drastici e partigiani. L'intervento statunitense prevede la punizione della Serbia, considerato paese aggressore, comporta quindi l'assistenza alla Croazia e la fine della guerra fra Croazia e Bosnia. (6) Questa scelta ha comportato anche la necessaria conseguenza, cioè l'aiuto degli Stati Uniti alla componente musulmana:
Durante la guerra su tre fronti in Bosnia, centinaia di combattenti dall'Arabia e da altri Paesi del Medio Oriente si sono riunite in Bosnia per combattere in nome della fazione musulmana contro serbi e croati. Molti di questi mujaheddin, o guerrieri santi, furono espulsi dopo la guerra, secondo il governo bosniaco, ma altri sono rimasti e hanno ottenuto il passaporto. (7)
Da allora anche la Bosnia, come il Kosovo, è sotto la protezione della comunità internazionale, e come il Kosovo è divenuta uno dei più importanti terminali del traffico di droga mondiale.
La situazione dei vari stati all'inizio della guerra del '99. Il Kosowo, cerchiato in rosso, figurava come semplice provincia della Serbia. Sotto invece gli attuali confini della Serbia:
Non bisogna tuttavia dimenticare che il Kosovo rivendica la propria autonomia in forza della sua maggioranza albanese. E' necessario quindi considerare anche l'Albania parte in causa della questione. E la situazione di questo Paese non differisce di molto. Se però il ruolo di testa di ponte per la criminalità e per il traffico di droga attribuito all'Albania è abbastanza noto, il suo coinvolgimento con i movimenti combattenti musulmani risulta meno conosciuto. E' un dato di fatto però che Osama bin Laden, nella prima metà degli anni '90, aveva trovato nell'Albania la base ideale per operare in Europa. Ed infatti
Fatos Klosi, capo del servizio segreto albanese, ha detto che le rete gestita dall'esule saudita Osama bin Laden ha inviato unità combattenti nella provincia serba del Kosovo. (8) Sempre nel 1998 forze di sicurezza americane ed albanesi hanno condotto una vasta operazione che ha portato all'arresto di quattro persone che lavoravano per Osama bin Laden ed al sequestro di molti documenti da parte della Cia. (9)
Alla luce di tutto questo, non si può che evidenziare una costante nelle crisi balcaniche, prima fra tutte la presenza di mujaheddin. Questa milizia è nata negli anni '80 in Afghanistan, ai tempi dell'invasione sovietica. Spesso si suole dire che i mujaheddin siano una crazione della Cia. Probabilmente questa è una esemplificazione eccessiva, ma che ha del vero. In realtà i combattenti santi nascono per volontà della Cia, ma grazie al contributo decisivo di Pakistan e Arabia Saudita, attraverso una complicata triangolazione che aveva lo scopo di non far trasparire all'esterno, ma nemmeno far capire ai musulmani stessi, da dove arrivasse il sostegno. Dall'Arabia viene, oltre che al supporto economico, la cornice ideologica che riesce a tenere insieme gruppi di soldati provenienti da tutto il mondo: il wahabismo, una corrente particolarmente radicale nell'applicazione dei dettami coranici. Dal Pakistan invece è arrivato supporto militare e tecnico. Il tutto naturalmente coordinato dalla Cia. In questo contesto emergerà una figura destinata a entrare nell'immaginario mondiale: Osama bin Laden. (10)
Le forze mujaheddin sono state una vera innovazione sul piano geo-politico: anziché assumere una connotazione nazionale o ideologica (come era stato nei precedenti anni della contrapposizione Est Ovest) le milizie islamiche erano nate con lo scopo di reclutare uomini da tutto il mondo per fermare l'avanzata dell'ateismo comunista contro i Paesi musulmani.
Tale formula si rivelerà particolarmente efficace: dopo l'Afghanistan i mujaheddin agirono in Cecenia, in Bosnia, in Kosovo. Sempre in funzione antirussa (se si considera la Serbia alleato “strorico” della Russia) e sempre per servire gli interessi americani.
Come i combattenti islamici kosovari sono la propaggine estrema del jhiadismo, così anche il traffico di eroina segue gli stessi flussi. Il Kosovo è il terminale di un traffico che inizia nello stesso Paese dove il jihadismo è nato: l'Afghanistan.
Oggi l'87 per cento dell'oppio prodotto nel mondo viene dall'Afghanistan. Ma non è sempre stato così. (11) Prima della invasione russa il papavero era una piantagione sconosciuta in Afghanistan. Con la creazione dei mujaheddin compare contemporanemente l'oppio, che era il mezzo più facile per i finanziatori della guerra santa contro l'Urss, Cia
in primis, di ottenere moltissimi soldi, senza il problema di doverli chiedere al contribuente americano e svelare in questo modo le trame internazionali. E non era certo la prima volta che la Cia usava questo metodo, e non solo la Cia:
è nota l’azione della Cia negli anni Quaranta e Cinquanta in appoggio all’esercito nazionalista cinese (il Kuomintang) contro i maoisti, con l’incremento della produzione di oppio nel Sud-Est asiatico; negli anni Sessanta nel Laos nella guerra segreta, finanziata dall’oppio, contro i guerriglieri del Pathet Lao; negli anni Ottanta [...]in Nicaragua a sostegno dei contras antisandinisti, sempre con largo impiego dei capitali provenienti dal traffico di droghe[...]. Meno nota, ma non meno spregiudicata, l’azione del Mossad, il servizio segreto israeliano, coinvolto nella Contras Connection e in operazioni in Colombia. (12)
La produzione di oppio in Afghanistan era crollata sotto il controllo dei Talebani, tanto che nel 2001 l'intero mercato mondiale aveva subito un arresto grazie alle politiche del governo afghano. Ma poi gli americani sono tornati e l'oppio anche.
Se si potesse idealmente immaginare una piantina del mondo e si segnassero i Paesi che – nell'ordine – hanno subito un attacco Nato, sono basi operative dei mujaheddin e sono il cardine del traffico di droga mondiale, scopriremmo che sono esattamente gli stessi. E non solo: i Paesi sotto controllo Nato fanno parte della medesima “filiera produttiva”. Insomma, dal produttore al consumatore.
E' difficile stabilire se questo sia dovuto alle conseguenze delle crisi create dalle guerre o se faccia parte di un piano generale voluto “dall'alto”. E' certo però che lo scenario non è rassicurante e limitato a questi Paesi.
L'International Narcotic Control Board guarda con preoccupazione all'Iraq, dove l'abuso di droghe ed eroina (il cui primo produttore è l'Afghanistan) è in crescente aumento. Non si può non prendere atto della concomitanza con l'invasione ed assoggettamento da parte degli Stati Uniti.
Inoltre il 60% dell'eroina afghana, prima di sbarcare in Kosovo, fa tappa in Turchia, la tradizionale testa di ponte della Nato in Asia.
E prima della Turchia arriva in Iran, che pare essere il prossimo Stato vittima di una guerra americana.
Nel 2004 in Libano sono stati sradicati più di 6,7 ettari di papavero da oppio e più di 13 ettari di piantagioni di cannabis. In questi giorni Israele ha chiesto l'intervento Nato in Libano, mentre molti indizi fanno pensare che non abbia di pari gradimento la presenza di una vera forza multinazionale, sotto la guida dell'ONU.
Forse abbiamo trovato il bastone da rabdomante per leggere nel futuro della politica mondiale, o forse è solo un caso, dovuto alla miopia della politica d'oltre oceano. Resta però l'incredibile evidenza di un meccanismo tanto grande quanto ignorato dai principali analisti mondiali.
Giorgio Mattiuzzo (Pausania)
Fonti:
(1)
Serbia and Kosovo in independence talks
(2)
The racak Hoax;
Un esperto della NATO dimostra che uno dei massacri serbi secondo i mezzi di comunicazione ed il Tribunale dell'Aia, in realtà, fu un montaggio
(3)
"Europa, attenta: il Kosovo e' lo Stato criminale perfetto"
(4)
Hamas rinunci al terrorismo, l’Europa deve fare la sua parte
(5)
Ancora dal Kosovo e dai Balcani
(6)
Storia della ex-Yugoslavia
(7)
Terrorist Cells Find Foothold in Balkans
(8)
Report: Bin Laden linked to Albania
(9)
Osama bin Laden: A Cronology of His Political Life
(10) Per una dettagliata analisi della nascita del jihadismo in Afghanistan:
Who is Osama bin Laden?
(11) I dati sul commercio di droga sono tratti da rapporto annuale dell'
International Narcotic Control Board e da
Relazione annuale 2004:
evoluzione del fenomeno della droga nell’Unione europea ed in Norvegia
(12)
Il circolo vizioso;
La verità su USA, droga ed Afghanistan