Quello che segue non è un articolo vero e proprio, ma una mia risposta ad un commento da parte di due utenti, che ho "nobilitato" ad articolo solo per permettere una eventuale discussione sull'argomento trattato, che non c'entra nulla col tema dell'articolo in cui il commento originale si trova adesso.
Quella dell'identità in Internet infatti è una questione molto importante per tutti, sia a livello pubblico ("chi sei?", rispetto al mondo reale), sia a livello personale ("chi sono io?", rispetto a questo mondo virtuale).
Due iscritti, Dusty e Lestaat, avevano sollevato un'obiezione all'interno della discussione in corso sulla mia nota richiesta di firmare gli articoli che vanno in homepage con un nome proprio - reale o inventato che sia - e non con un nick. Alla mia frase "dei veri articoli debbono essere scritti da persone vere, non da dei fantasmi simbolici", Dusty aveva obiettato: "Se è vero che qui si discutono le idee e non le persone, che ci frega da chi è stato scritto l'articolo? Non dobbiamo giudicare la persona, ma l'idea di cui è portatrice, no? "
E devo dire che leggendo a freddo quel post sono rimasto di sale. "Oh cacchio - mi sono detto - sta a vedere che ho finito per contraddirmi da solo, … … su uno dei principi fondamentali del sito".
Immagino che una reazione simile l'abbia avuta anche Lestaat, il quale, subito dopo Dusty, aveva scritto sorridendo:
"Tana libera tutti, Mazzucco. Beccati questa."
Nella mia testa, tutto quadrava alla perfezione (quando mai ti senti in disaccordo con te stesso?), ma la ragione era lì davanti a me, e sembrava darmi torto marcio. E devo dire che ci ho messo un bel pò prima di trovare l'eventuale punto debole di quel ragionamento, per due motivi: a) il ragionamento è brevissimo, e quindi diventa molto difficile scomporlo nelle diverse parti, e b) il punto debole consiste in due "movimenti separati", che presi singolarmente hanno l'aria di essere perfettamente sani e innocenti. Mai fidarti di quelli con la faccia da bravo ragazzo, diceva mia nonna. (Chi non è interessato all'analisi specifica, può saltare alla seconda parte, più sotto.)
I° movimento: "Se è vero che qui si discutono le idee e non le persone, che ci frega da chi è stato scritto l'articolo?"
La parola chiave qui è "DA CHI", che porta a presupporre che con una firma "Piero Ricotta" l'autore sia più identificabile - nel senso di definibile come individuo - che non con un qualunque "Sklero88".
A questo punto interviene il
II° movimento: "Non dobbiamo giudicare la persona, ma l'idea di cui è portatrice, no?"
in cui, con una sottilissima transizione, "discutere" diventa "giudicare".
Se sommiamo i due movimenti ("giudicare" + "da chi"), si ottiene la classica "domanda pesante", in cui si implica una premessa non necessariamente valida. Dove sta scritto infatti che noi siamo qui a "giudicare l'autore di un articolo, piuttosto che non l'idea di cui è portatore"?
Noi siamo qui a DISCUTERE le idee, nel senso di DIBATTERLE, e nel farlo siamo anzi invitati proprio a non GIUDICARE - nè implicitamente ("non dire stronzate"), nè esplicitamente ("testa di cazzo") - la persona che discute con te.
Non siamo affatto qui a "GIUDICARE" nessuno, quindi, nè l'autore di un articolo, nè quello di un qualunque altro commento.
Il ragionamento-flash di Dusty consiste prima in una errata interpretazione del concetto di identità (fra individuo e idee espresse), sommata alla sottile transizione, errata anch'essa, in cui DISCUTERE diventa GIUDICARE.
***
Al di là dei sofismi analitici, veniamo comunque al vero motivo per cui preferisco firme "umane" a quelle simboliche, in calce agli articoli in homepage. La quintessenza - ed il successo, temo - dell'uso del nickname, sta nella possibilità di crearsi un alias, grazie al quale il vero individuo non è più identificabile nel mondo reale.
Certo che, nell'ambito della rete, Amaranto37 è sempre Amaranto37, e quindi "chissenefrega sapere come si chiama nella vita reale", ma l'uso del nick, volente o nolente, suggerisce, soprattutto a livello subliminale, un desiderio di anonimato, con tutti i vantaggi che questo comporta.
Vedere quindi un articolo firmato da qualcuno "che preferisce - per definizione - non essere identificabile con la propria persona reale", toglie automaticamente forza a ciò che dice, che lo si realizzi a livello razionale o meno.
Se uno non ha il coraggio di apporre il proprio nome alle proprie idee, in qualche modo vuol dire che non le reputa abbastanza forti da esporsi in prima persona per sostenerle.
Vero è che io stesso concedo all'autore la possibilità di firmare, in casi particolari, con un nome inventato. Chiunque abbia pubblicato un articolo su LC la prima volta, potrà confermare di aver ricevuto da parte mia una lettera in cui gli chiedevo di darmi un nome "reale" con cui firmare, "anche non il tuo, al limite, se la cosa ti potesse creare problemi particolari".
Ma in verità io non sono assolutamente in grado di verificare il nome reale di nessun iscritto, e lascio quindi comunque nelle mani dell'autore decidere se darmi quello vero o darmene uno inventato.
Resta il fatto che Piero Ricotta, dal giorno che inizia a pubblicare in rete, è e rimarrà sempre Piero Ricotta, e quindi io, leggendolo, non avrò quell'impressione di inconsistenza che provo invece di fronte agli articoli di uno STEALTH480.
In ultima analisi, è un semplice fatto di percezione, spesso inconscia, dovuto alla valenza negativa del nick (negativa rispetto, e limitatamente alla, forza delle idee).
In fondo, voi non preferireste leggere un giornale in cui gli articoli siano firmati da Andrea Franzoni, Marco Cedolin, Massimo Mazzucco, Giorgio Mattiuzzo, Marco Sabatino, piuttosto che un giornale in cui gli articoli siano firmati da Andromeda91, UBN48FX13, CernieraRotta, Cipolla88 e cuccuruccùpaloma?
Io si, decisamente. Sarò all'antica, che volete che vi dica?
(C'è poi un secondo motivo, che va a puro vantaggio dell'autore, per cui insisto nell'uso del vero nome, ma non posso spiegarlo pubblicamente, poichè a qualcuno verrebbe subito in mente il modo di approfittarsene).
Firmato:
Pimpiripettannusa
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