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Missioni lunari, pellicole fotografiche e radiazioni
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Per i non addetti ai lavori, devo introdurre brevemente alcune nozioni di sensitometria ottica, una branca dell'ottica che studia la reazione delle pellicole fotografiche alle radiazioni sia luminose che ionizzanti. In sensitometria si definisce "densità fotografica" il livello di annerimento di un negativo dovuto ad una certa esposizione luminosa o radioattiva. Per le pellicole reversal, o positive, è il livello di schiarimento della pellicola. Tutte le pellicole negative mostrano una certa densità minima Dmin (che viene chiamata anche nebbia di base), e che definisce la densità fotografica della pellicola non esposta ad alcun livello di radiazione luminosa. Per le pellicole reversal è esattamente il contrario, si definisce una Dmax come densità massima in assenza di esposizione. Per le pellicole fotografiche esiste inoltre un criterio, noto come criterio di Dudley, usato sia in letteratura scientifica che dalla NASA, il quale afferma che: un effetto da radiazioni sicuramente visibile ad occhio nudo è associabile ad una variazione di densità pari a 0.3 unità rispetto alla Dmin. Viene infatti definita "sensibilità" della pellicola alle radiazioni: la dose che produce un aumento della Dmin di 0.3 unità. Soglia che la NASA abbassa a 0.2 unità. Un altro parametro importante è il contrasto che è definito come il rapporto tra la variazione di densità ottica e la variazione di esposizione luminosa. Per semplicità normalmente ci si riferisce al contrasto usando il parametro gamma, anche se non sono proprio la stessa cosa, comunque: per elevati valori di gamma basteranno piccole variazioni di luce per avere forti differenze tra chiaro e scuro (maggior contrasto), per bassi valori di gamma si avrà un effetto più sfumato (minor contrasto).
La NASA ha effettuato diversi test sull'effetto delle radiazioni sulle pellicole nell'era post Apollo. Nel documento NASA CR-188427 sono riportati i dati d'effetto delle radiazioni spaziali su alcune pellicole, sia B/N che a colori, imbarcate con la missione Shuttle STS-48 e per le quali è stata misurata una dose di circa 0.35rad dovuta principalmente a protoni (dai raggi cosmici e dalla porzione più bassa delle fasce di Van Allen, ovvero l'anomalia atlantica).Riguardo le pellicole B/N testate, nel documento si legge che a fronte di incrementi di densità minima tra 0.05 e 0.1 unità (circa il 28% in termini relativi di Dmin) le pellicole hanno mostrato un'aumentata granularità delle immagini anche se "non immediatamente visibile". Riguardo le pellicole negative a colori che hanno subito variazioni del 19% del contrasto medio hanno prodotto immagini visivamente più "piatte", mentre incrementi di densità minima di circa 0.25 unità (30% in termini relativi) hanno prodotto evidente rumore nelle zone di ombra.
Questi dati sono confermati nel documento NASA TP-TP-2000-210193 , nel quale vengono anche forniti alcuni grafici sensitometrici assieme ai valori di granulosità espressi in termini rumore (deviazione standard da un valore medio). A pagina dodici viene mostrato l'effetto delle radiazioni dopo 120 giorni sulla stazione MIR per la pellicola negativa a colori FUJI Super Gold ASA 100: la curva sensitometrica (al centro e su carta millimetrata) mostra un aumento di circa 0.2 unità di densità minima (la parte iniziale e quasi piatta delle tre curve , dove i valori di controllo sono le curve tratteggiate) su tutti e tre i livelli di colore RGB, portando la granulosità ad un +17.6% che è in termini di deviazione standard pari a 0.88 (da 5.00 sul controllo, a 5.88 dopo l'esposizione, visibile dai riquadi sulla sinistra), ed inoltre ad una riduzione assoluta di gamma pari a 0.12.
Cliccando sulla foto dovrebbe ingrandirsi
Nonostante il livello di radiazioni non sia specificato, nel documento si fa un accenno generico a 8rad, ovvero circa 22 volte maggiore della dose dalla missione Shuttle STS-48 (0.35rad), quel che conta veramente sono i valori assoluti di variazione di densità ottica, di gamma e di deviazione standard ai quali sono associati effetti sulla qualità delle foto ben definiti, visto che ogni pellicola reagisce ad una dose di radiazioni in modo diverso.
Riguardo le missioni Apollo ho trovato solo questo documento NASA CR-141492 riferito alle pellicole imbarcate con l'Apollo 16, per le quali la NASA riporta, usando come riferimento una sorgente di raggi gamma (il Cobalto 60), una dose assorbita di circa 0.8rad. Il valore indicato è però il 57% più alto della dose complessiva ufficialmente registrata durante l'intera missione Apollo 16 e pari a 0.51rad (5.1mGy). Personalmente non ho tentato di dare una spiegazione per questa discrepanza, io mi limito a considerarla solo come un "errore" di valutazione della NASA.
Nel mio studio invece, utilizzando i dati NASA riportati in TM-64524 , ho ricavato per l'Apollo 16 una dose di radiazioni (sempre riferita ad una sorgente di raggi gamma) di 0.31rad, che è in accordo con la dose subita dalla missione, da cui ho ottenuto una dose di 0.69rad per l'Apollo 14 (2.23x0.31rad). Da questa stima ho ricavato che la pellicola B/N Kodak SO-267 Double-X 2405, usata con la Hasselblad durante le passeggiate lunari nelle missioni Apollo 12 e 14, avrebbe subito le seguenti aumenti di densità minima Dmin:
1) tra il 230% e il 370% (tra 0.32 e 0.51 unità di densità), se si confronta l'Apollo 14 e la stessa pellicola non esposta alle radiazioni
2) tra il 110% e il 195% (tra 0.24 e 0.43 unità di densità), se si confronta la pellicola dell'Apollo 14 con la pellicola dell'Apollo 16 (Kodak Plus-X 3401)
3) tra il 50% e il 60% (tra 0.16 e 0.24 unità di densità), se si confronta l'Apollo 14 con l'Apollo 12
La riduzione di contrasto medio nelle regioni chiare della pellicola (gamma):
1) tra 12% e 19% (tra 0.19 e 0.30 unità di gamma), confrontando l'Apollo 14 e la stessa pellicola non esposta alle radiazioni
2) tra 4% e 12% (tra 0.05 e 0.17 unità di gamma), confrontando l'Apollo 14 e l'Apollo 16
3) tra 6% e 10% (tra 0.09 e 0.15 unità di gamma), confrontando l'Apollo 14 e l'Apollo 12
La riduzione di contrasto nelle regioni scure della pellicola è invece di circa:
1) tra 33% e 51%, confrontando l'Apollo 14 e la stessa pellicola non esposta alle radiazioni
2) tra 40% e 55%, confrontando l'Apollo 14 e l'Apollo 16
3) tra 20% e 35% , confrontando l'Apollo 14 e l'Apollo 12
Va sottolineato che entrambe le pellicole usate dagli astronauti (3401 e SO-267) sono comuni pellicole Kodak sviluppate per la ricognizione aerea (ad elevato contrasto, gamma>1.4) ma vendute anche commercialmente.
Le forchette dei dati sono dovute ad un incertezza riguardo l'effetto dell'ASA/ISO sulla sensibilità alle radiazioni (non ho dati diretti per determinare con precisione tale effetto), per questo motivo ho dovuto fare un'assunzione ed ho preferito lasciare un margine di incertezza, anche se da quel che ho potuto trovare i valori più probabili sono molto più vicini ai valori massimi che ai minimi.
Per quanto riguarda invece le foto a colori, in maggioranza fatte con la pellicola SO-168 (Kodak Ektachrome EF Film, stessa emulsione della Kodak 5241), non ho riscontrato differenze così nette (parliamo di circa il 10% di riduzione del contrasto tra Apollo 14 e Apollo 11, e quest'ultima è la missione con la più bassa radiazione assorbita) e quindi ho preferito non fare indagini successive, considerando possibile il fatto che su di esse non si siano manifestati effetti evidenti di danni da radiazioni.
Le variazioni sopra riportate dovrebbero far mostrare alle foto in B/N dell'Apollo 14 un netto annebbiamento (schiarimento) delle zone scure (leggasi il cielo lunare e le ombre), rispetto alle foto dell'Apollo 16 e 12, dovuto sia all'aumento della densità minima che alla riduzione di contrasto. Un altro effetto che dovrebbe osservarsi è l'aumento di "granulosità" delle foto (rumore), sempre dovuto all'aumento di Dmin; ma ciò non è direttamente misurabile dai dati anche se è estremamente probabile visto quanto riportato nel documento NASA CR-188427 e NASA TP-TP-2000-210193. In termini di contrasto nelle zone chiare invece, considerando solo i minimi che ho indicato, le maggiori differenze si dovrebbero vedere confrontando le foto dell'Apollo 14 con foto scattate qui sula Terra.
Ho effettuato delle semplici confronti tra le foto delle varia missioni che si possono trovare sulle "Apollo Image library" della NASA
Apollo 12
Apollo 14
Apollo 16
e non mi è sembrato di vedere grandi differenze. Le immagini che ho utilizzato sono scansioni a 300dpi delle foto sviluppate da copie dei rullini originali (contrassegnate sul sito con la dicitura OF300), sulle quali non è stato effettuato alcuna correzione particolare se non alcuni "minor adjustments of levels" per cui, traducendo dal sito:
1) le zone molto brillanti del suolo lunare risultino grigio neutrale (ovvero più o meno a metà strada tra bianco e nero in modo da rappresentare correttamente i mezzi toni)
2) gli oggetti di colore noto appaiano correttamente
3) le informazioni nelle zone chiare o scure non siano perse.
Più altre modifiche che però non sono intese a cambiare e o modificare sostanzialmente l'aspetto delle foto, tanto meno correggere effetti dovuti alle radiazioni. Quindi, anche se marginalmente migliorate elettronicamente, mi aspetterei comunque differenze in termini sia di rumore che di contrasto. In più, sebbene nell'era digitale la mitigazione parziale degli effetti visivi delle radiazioni sulle foto sia relativamente semplice, nell'era "analogica" delle missioni Apollo la cosa era estremamente più complessa benché possibile:
1) Gli sbilanciamenti di colori possono essere corretti in fase di sviluppo
2) Il contrasto può essere aumentato, anche se solo entro certi limiti, modificando il processo di sviluppo
Per quanto riguarda l'aumento di Dmin e conseguente perdita di informazione nelle zone scure, con annesso maggior rumore, si può far poco visto che cambia il comportamento chimico/fisico dell'emulsione fotografica e di conseguenza il risultato finale. Nel post successivo riporto alcuni esempi di possibili confronti.
"La stampa è morta" (Egon Spengler - Ghostbuster)
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Qui di seguito mostro una comparazione tra come si vede il modulo lunare nella foto AS14-64-9194HR, sulla destra, e come si dovrebbe vedere stando al mio studio, sulla sinistra. Ho usato una riduzione del 25% di contrasto nella regione di bassa esposizione e con un rumore del 2% (rumore gaussiano a media nulla e varianza di 0.0005), equivalente ad una variazione assoluta di deviazione standard 0.022 ovvero 40 volte più bassa della variazione riportata dalla FUJI Super Gold testata sulla MIR (ovvero 0.88).
Nell'immagine qui di seguito comparo tre porzioni di foto al panorama lunare fatte nelle tre missioni, da sinistra verso destra: foto AS12-49-7255HR (Apollo 12), foto AS14-64-9170HR (Apollo 14) e foto AS16-105-17060HR (Apollo 16), per ciascuna foto la parte estratta è larga 600pixel ed alta 2350pixel, è stata tagliata a partire dal punto x=859 e y=0, riposizionata in modo da avere le tre linee dell'orizzonte allineate e ritagliata infine a 1500 pixel di altezza .
come si vede ci sono poche differenze. Se poi nella foto dell'Apollo 16 si riduce il contrasto della parte scura (ovvero il cielo) solo del 15% , ricordando che la riduzione avrebbe dovuto essere almeno del 40% rispetto all'Apollo 14 (ed inoltre del 27% rispetto all'Apollo 12), si ottiene questo:
il cielo della foto dell'Apollo 16 risulta ora visibilmente più chiaro rispetto alle altre due missioni, e per nulla simile al cielo nella foto dell'Apollo 14. Aumentando invece del 10% il contrasto e riducendo del 30% la luminosità della parte di foto dell'Apollo 12 si ottiene, come ho anticipato prima, una migliore corrispondenza tra Apollo 14 e Apollo 12, cosa che è in contraddizione con l'analisi da me fatta (il contrasto dovrebbe essere diminuito dall'Apollo 12 per ottenere una corrispondenza con l'Apollo 14).
Ho trovato su flickr delle foto scattate qui sulla terra con la stessa pellicola 2405 di Kodak ( 2109903@N24/pool ), nonostante i soggetti siano molto diversi dagli scenari lunari, anche qui la qualità ed i dettagli di queste foto non sembrano mostrare differenze sostanziali con le foto dell'Apollo 12 e 14, si veda per esempio
www.flickr.com/photos/26983280@N00/7651799744/sizes/l/
Comparando lo sfondo nero del cielo lunare rispetto al nero digitale in alcune foto che appaiono visivamente simili nelle missioni Apollo 12, 14 e 16 ho ottenuto, in termini di errore quadratico medio (MSE), i seguenti risultati:
I riquadri dalle foto Apollo, di lato pari a 400 pixel, sono stati ritagliati dalla posizione x=900 e y=200
Dove si vedono due cose: la prima ovvia è che immagini con un livello di rumore visivamente simile producono uno scostamento dal nero digitale in termini di MSE simile, la seconda è che è possibile trovare foto con livelli di rumore molto simili tra le varie missioni Apollo (da un rumore praticamente assente fino ad un rumore chiaramente visibile). Da questo si può dedurre che missioni che dovrebbero presentare livelli di rumore sempre molto diversi (Apollo 14 e 16) presentano in realtà comportamenti molto simili, perciò risulta difficile credere che siano state scattate in condizioni così diverse in termini di risposta alla dose radioattiva assorbita (Plus-X 3401 dell'Apollo 16 contro il Double-X 2405 dell'Apollo 12 e 14).
Come esercizio ho anche provato ad applicare ad una foto scattata sulla terra con la pellicola Double-X 2405 (presa da Flickr nonostante l'autore ne abbia bloccato il download) una riduzione del contrasto nelle zone scure de 30% assieme ad un rumore bianco (a media nulla) di deviazione standard pari a 0.06, per simulare un danno da radiazione simile (ma probabilmente minore) a quello che avrebbe dovuto subire durante le missioni Apollo 12 e 14.
Sopra l'originale, sotto l'elaborazione.
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PREMESSE
1) L'analisi che ho fatto si basa solo ed esclusivamente su dati NASA di tipo sperimentale. Gli stessi report NASA dicono che non esiste teoria in grado di predire gli effetti delle radiazioni sulle pellicole, quindi, a meno di errori, l'unico modo per smentire questa analisi è smentire i dati NASA usando altri dati sperimentali per le stesse pellicole (cosa estremamente improbabile).
2) Riguardo l'effetto della velocità della pellicola (ASA o ISO) sul danno da radiazioni ho dovuto fare un'assunzione non sostanziata direttamente dai dati. Credo comunque che, vedendo cosa è scritto a tal riguardo nei report NASA, e visto gli unici dati in merito che sono riuscito a trovare anche se riferiti ad un'altra pellicola usata nelle missioni lunari, l'assunzione che ho fatto non sia da considerarsi errata. Anche in questo caso occorrerebbero test sperimentali per confutarla.
Fatte queste dovute premesse, come ho anticipato nei post precedenti, credo che si possa dimostrare con un ragionevole grado di sicurezza che le fotografie in bianco e nero scattate sul suolo lunare durante la missione Apollo 14, debbano mostrare segni evidenti di danni da radiazioni specialmente se confrontate con quelle delle altre missioni Apollo.
Ho diviso l'esposizione in tre parti: nella prima spiega brevemente ai non addetti ai lavori la teoria fotografica di base che sostiene il mio ragionamento, nella seconda presento i dati NASA, e nella terza i risultati da me ottenuti le relative conclusioni.I passaggi degni di nota sono in riportati in grassetto.
PARTE I: Sensitometria fotografica
Definizioni:
Densità [D] : indica il grado di annerimento di una pellicola fotografica negativa dovuto all'esposizione luminosa.
Densità minima [Dmin] : indica l'annerimento naturale di un negativo fotografico in assenza di esposizione luminosa (detta anche nebbia di base).
Densità Netta [Dn] : è la differenza tra la densità dovuta ad una certa esposizione luminosa meno la densità minima (Dn = D - Dmin).
Emissione [E]: in fotografia è definita in genere come rapporto tra la luce incidente "I0" diviso la luce trasmessa alla pellicola "I". In dosimetria è la dose di radiazione ionizzante a cui la pellicola è stata esposta.
Log E: logaritmo in base 10 dell'emissione. Si usa il logaritmo per tenere conto della risposta dell'occhio umano allo stimolo visivo (un po' come i decibel per il suono).
La figura qui sotto (presa da The Characteristic Curve ) è chiamata curva sensitometrica e descrive la variazione di densità fotografica in funzione dell'esposizione luminosa per una pellicola negativa (per una pellicola reversal o positiva la curva è simile ma specchiata rispetto all'asse Y). Ad essere precisi il termine corretto da usare non sarebbe densità ma assorbanza, ho visto però che in larga parte della letteratura viene ancora chiamata densità e quindi mi riferirò sempre ad essa come densità usando la lettera D. La curva indica la variazione di D al variare del logaritmo dell'esposizione (Log E), ed è formata per la stragrande maggioranza delle pellicole, da tre parti: una parte iniziale quasi piatta dove la D è minima (Dmin, chiamata in letteratura anche "Base + Fog"), dopo una certa intensità luminosa la curva sale velocemente e quasi linearmente con una pendenza chiamata gamma, infine la curva si appiattisce di nuovo raggiungendo una D massima (Dmax). La differenza tra un generico valore di D e Dmin (D - Dmin) viene chiamata densità netta Dn (net density).
Nella figura si vede che al variare di D è associato un colore che va dal bianco (Dmin) al nero (Dmax), questo perché all'aumentare della densità corrisponde un annerimento della pellicola che però, quando è negativa, corrisponde ad una zona di maggiore luminosità una volta sviluppata (ovvero all'aumentare dell'esposizione luminosa E l'immagine diviene più chiara). Per una pellicola positiva è esattamente il contrario, inizia scura (Dmax) e si schiarisce con l'esposizione (fino a Dmin). Data la curva D-Log E si può definire il concetto di contrasto come la pendenza della curva stessa (cioè la sua derivata, detta in termini matematici), ovvero la capacità della pellicola di reagire ad una piccola variazione di luce con un piccolo incremento di densità. Nell'immagine è anche presentata la curva del contrasto.
In soldoni la curva D-Log E ci dice che per bassi valori di esposizione la densità netta non varia e quindi nulla viene registrato sulla pellicola (sotto-esposizione). Al crescere dell'esposizione la pellicola incomincerà a risentire della luce proporzionalmente al parametro gamma. Il valore di gamma, che dipende dal tipo di pellicola ed in parte dal processo di sviluppo, ci indica quanto sarà il massimo contrasto tra diverse gradazioni di grigio: per elevati valori di gamma basteranno piccole variazioni di luce per avere forti differenze tra chiaro e scuro (maggior contrasto), per bassi valori di gamma si avrà un effetto più sfumato (minor contrasto). Arrivati ad una certa soglia di esposizione luminosa (sovra-esposizione) la pellicola va in saturazione e smetterà di registrare informazioni mostrando tutto bianco (Dmax per i negativi, Dmin per i positivi). Ovviamente questo va pensato per ogni singolo punto della pellicola che andrà a formare l'immagine.
Stando a Robert A. Dudley in "PHOTOGRAPHIC FILM DOSIMETRY" (Ref. Radiation Dosimetry, Gerald J. Hine and Gordon L. Brownell (Eds.), pp. 316, 1956) valori di Dn intorno a 0.01 unità possono essere visibili ad occhio nudo (ma solo se la linea di demarcazione tra "chiaro e scuro" è marcata), mentre un valore di Dn pari a 0.1 unità oltre ad assere visibile ad occhio nudo permette anche misure quantitative.. Lo stesso Dudley definisce come sensibilità (sensitivity, da non confondersi però con l'ASA/ISO) di una pellicola la quantità di radiazione ionizzante che causa una densità netta Dn di 0.3 unità.
La stessa definizione è adottata anche in letteratura (per esempio "SENSITIVITY OF PHOTOGRAPHIC FILM TO NUCLEAR RADIATION IN NEAR-EARTH MISSIONS" , Edward L. Noon e Richard R. Brown ) oltre che dalla NASA ( NASA CR-61364 ) , la quale ne abbassa ulteriormente il valore a 0.2 unità, e che in dosimetria stabilisce la soglia oltre la quale l'effetto da radiazioni è certamente visibile. Io, nonostante la NASA usi 0.2, ho continuato ad usare come riferimento il valore di 0.3 unità.
Kodak e NASA hanno svolto dei test insieme per valutare la variazione di densità netta al variare della dose di radiazione. Diversi tipi di radiazione provocano danni diversi: nei test effettuati i raggi gamma (prodotta dal decadimento di Cobalto 60) è quella con maggior effetto danneggiante, poi ci sono i protoni a 130MeV ed in infine i protoni 51MeV (quindi le particelle cariche producono effetti a seconda della loro energia). La NASA fornisce molte curve sperimentali per diverse pellicole tra cui alcune di quelle usate nelle missioni Apollo. Questi dati sono stati raccolti soprattutto per le missioni Skylab ma sono altrettanto validi per le missioni Apollo, visto che le radiazioni cosmiche e solari sono appunto composte da raggi gamma e protoni (in gran parte protoni) fino a 10,000MeV (ma mediamente intorno ai 500MeV), e la stessa fascia interna di Van Allen (la più pericolosa) è composta quasi internamente da protoni fino a 800MeV (ma mediamente intorno ai 100MeV).
PARTE II A: Dati NASA
Partiamo con la radiazione assorbita durante le missioni Apollo studiate (ref. Report 98 NCRP):
1) Apollo 11 ha registrato una dose di radiazione complessiva di 1.80mGy (che in 8.08 giorni di missione fanno 0.22mGy/giorno)
2) Apollo 12 ha registrato una dose di radiazione complessiva di 5.80mGy (che in 10.19 giorni di missione fanno 0.57mGy/giorno)
3) Apollo 13 ha registrato una dose di radiazione complessiva di 2.40mGy (che in 5.95 giorni di missione fanno 0.40mGy/giorno)
4) Apollo 14 ha registrato una dose di radiazione complessiva di 11.40mGy (che in 9.00 giorni di missione fanno 1.27mGy/giorno)
5) Apollo 15 ha registrato una dose di radiazione complessiva di 3.00mGy (che in 12.29 giorni di missione fanno 0.24mGy/giorno)
6) Apollo 16 ha registrato una dose di radiazione complessiva di 5.10mGy (che in 10.08 giorni di missione fanno 0.46mGy/giorno)
7) Apollo 17 ha registrato una dose di radiazione complessiva di 5.50mGy (che in 12.58 giorni di missione fanno 0.44mGy/giorno)
usando l'Apollo 16 come riferimento, dati ufficiali ci dicono che:
1) Apollo 11 ha assorbito 0.35 volte la dose di radiazione dell'Apollo 16
2) Apollo 12 ha assorbito 1.13 volte la dose di radiazione dell'Apollo 16
3) Apollo 13 ha assorbito 0.47 volte la dose di radiazione dell'Apollo 16
4) Apollo 14 ha assorbito 2.23 volte la dose di radiazione dell'Apollo 16
5) Apollo 15 ha assorbito 0.59 volte la dose di radiazione dell'Apollo 16
6) Apollo 17 ha assorbito 1.08 volte la dose di radiazione dell'Apollo 16
Le pellicole B/N interessate dal mio studio sono:
1) SO-267 Kodak Double-X Aerial 2405 ASA 278 70mm (usata nell'Apollo 12 e 14)
2) Kodad Plus-X Aerial 3401 ASA 80 70mm (usata nell'Apollo 15, 16 e 17)
Entrambe le pellicole sono normali pellicole Kodak ad alto contrasto (gamma > 1.4) sviluppate per la fotografia aerea, ma disponibili commercialmente, ed entrambe state usate per le foto in B/N scattate con la Hasselblad 500 elm durante le passeggiate lunari.
Riguardo le missioni Apollo e l'effetto delle radiazioni sulle pellicole ho travato solo questo documento NASA CR-141492 , riguardo l'Apollo 16. Fortunatamente il documento è molto dettagliato e fornisce una cronologia dei processi subiti dalle pellicole (compreso il ritiro dal fornitore trasporto e via dicendo): da questo documento si evince che nessun pre-processing è stato effettuato durante la missione per ridurre gli effetti delle radiazioni (la pellicola viene caricata sul modulo Apollo, viene esposta alla radiazione durante la missione, rientra sulla terra e viene sviluppata).
Riguardo la pellicola Plus-X 3401 usata durante le passeggiate lunari viene riportata una net-density Dn di 0.1 unità dovuta alle radiazioni, senza però fare alcuna dichiarazione in merito alla qualità delle foto. Il documento però afferma che sulla pellicola Plus-X usata per la fotografia stellare, e che ha registrato una Dn di 0.07 unità, non si è evidenziato alcun danno da radiazioni visibile. È logico quindi assumere che la stessa considerazione valga anche per le foto B/N scattate sul suolo lunare dagli astronauti dell'Apollo 16.
PARTE II B: Dati NASA e le incongruenze dell'Apollo16
Per entrambe le pellicole in questione (3401 e SO-267), conoscendo la variazione di net-density Dn è possibile conoscere la dose di radiazione assorbita, e viceversa, attraverso le curve sperimentali fornite dalla NASA in NASA TM X-64524 . Per le pellicole 3401 usate nelle missioni Apollo 15, 16 e 17 la relazione tra dose di radiazioni, espressa in rad, e la variazione di net-density è riportata in Figura 1.
Figura 1: Relazione tra densità netta e dose di radiazioni gamma (Co60), protoni a 130MeV e protoni a 50MeV, per una pellicola 3401 (Apollo 15, 16 e 17)
Si vede come i raggi gamma (prodotti dal decadimento del Cobalto 60) inducano una variazione di Dn maggiore rispetto a protoni da 130MeV e 51MeV, quindi per una pellicola fotografica i raggi gamma sono più danneggianti rispetto ai protoni.
Nel documento NASA CR-141492 viene affermato che per l'Apollo 16 il danno delle pellicole è associabile ad una dosa di radiazioni gamma di circa 0.8rad (= 8.0mGy). Questo dato è però in contrasto con la radiazione totale assorbita dalla missione che è stato di 0.51rad (5.1mGy): ovvero secondo i tecnici NASA le pellicole fotografiche avrebbero assorbito il 57% di radiazione in più rispetto all'intera missione (!!). Il dato risulta essere ancor più contraddittorio sottolineando il fatto che gli 0.8rad sono stati calcolati dalla NASA usando come riferimento i raggi gamma, ma la maggior parte delle radiazioni assorbite dagli astronauti Apollo sono dovute al transito (per quanto veloce) nella fascia di Van Allen interna, che è composta per lo più da protoni. Sapendo che per le pellicole i raggi gamma sono molto più dannosi dei protoni, ci si aspetterebbe che stimando il danno da radiazione usando come riferimento i raggi gamma, si commetta un errore in difetto e non in eccesso.
Tradotto: come hanno fatto le pellicole ad aver assorbito una dose di radiazioni gamma maggiore della radiazione assorbita durante l'intera missione? Quando per di più la maggior parte della radiazione è dovuta ai protoni presenti nella fascia di Van Allen, e che producono sulle pellicole danni minori dei raggi gamma?.
Dalla Figura 1 è inoltre interessante notare che per la pellicola Plus-X una variazione di Dn pari a 0.1 unità è compatibile con una dose di circa 0.8rad di protoni a 130MeV. Se consideriamo questo valore rappresentativo del passaggio attraverso le fasce di fasce di Van Allen, allora tutta la missione Apollo 16 avrebbe dovuto subire una dose totale di radiazioni maggiore, o tuttalpiù uguale, a 0.8rad, ovvero 8.0mGy, e non i 5.1mGy assorbiti.
Questo genere di considerazioni è però di difficile argomentazione, visto che la radiazione assorbita è fortemente dipendente anche dall'orbita della capsula Apollo attraverso le fasce di Van Allen, essendo la loro composizione variabile con l'inclinazione rispetto all'equatore (per esempio un orbita a circa 250 miglia nautiche e con una inclinazione di 50 gradi, che incrocia quindi solo l'anomalia atlantica, è sottoposta ad un flusso di 54 protoni/cm²/min con una energia media pesata di 55MeV).
Ferma restando la discrepanza, ma visto la complessità dell'argomento, io mi limito a considerare il valore di 0.8rad calcolato dalla NASA come un errore di valutazione, considerando invece la variazione misurata di Dn pari a 0.1 unità come corretta. Sempre dalla Figura 1, per una Dn di 0.1 unità corrisponde una dose di raggi gamma pari a circa 0.31rad, valore che è in questo caso in accordo con la radiazione assorbita dall'Apollo 16.
PARTE III: Dati NASA, radiazioni e danni sulle pellicole
Prendendo come corretto il valore in NASA CR-141492 di net-density Dn di 0.1 per la pellicola Plus-X imbarcata sull'Apollo 16, dalla Figura 1 riportata nella PARTE II B (Ref. NASA TM X-64524 ) si ricava una dose assorbita di circa 0.31rad. Per l'Apollo 15 avremo quindi (0.59*0.31=) 0.18rad (vedi PARTE II A) che corrispondono ad una Dn di circa 0.06 unità. L'Apollo 17, con una dose di (1.08*0.31=) 0.33rad, rimane pressoché invariato rispetto all'Apollo 16. In Figura 2, sono mostrate le curve sensitometriche della pellicola B/N Plus-X 3401 rispetto alle dosi di radiazioni assorbite durante le missioni Apollo 15, 16 e 17, in confronto alla stessa pellicola non esposta alle radiazioni (control).
Figura 2: Curva sensitometrica della pellicola Plus-X 3401 prima (Control) e dopo l'esposizione per le missioni Apollo 15, 16 e 17
Le due curve sono visivamente molto simili e lontane dalla soglia di 0.3 unità quindi perciò si può affermare che le foto scattate durante le missioni Apollo 15, 16 e 17 non debbano mostrare grandi differenze in termini di rumore e contrasto, ed in generale presentino segni appena visibili di degrado da radiazione; confermando così anche le affermazioni del documento NASA CR-141492 sulle pellicole dell'Apollo 16.
I risultati però cambiano notevolmente per la pellicola SO-267 usata nella missione Apollo 12 e Apollo 14.
La missione Apollo 14 ha assorbito 2.23 volte più radiazioni rispetto all'Apollo 16, quindi è possibile affermare che le pellicole imbarcate sull'Apollo 14 abbiano assorbito una dose di radiazione pari a 0.69rad (2.23*0.31rad). Essendo nota per la pellicola SO-267 la relazione tra dose radioattiva e net-density, riportata in Figura 3, è possibile ricavare la variazione di densità minima Dmin.
Figura 3: Relazione tra densità netta la dose di radiazioni gamma (Co60), protoni a 130MeV e protoni a 50MeV, per una pellicola SO-267 ASA 400
Qui però entra in gioco la seconda premessa fatta all'inizio: la curva in Figura 3 è relativa ad una pellicola SO-267 con ASA 400, maggiore del 44% rispetto all'ASA 278 usato durante la missione Apollo. Non sono però riuscito a trovare alcuna relazione certa tra ASA e net-density, ma le frasi usate dalla NASA in merito sono: "pellicole con minori ASA risultano usualmente meno danneggiate" e "il valore dell'ASA da solo non è in grado di dire nulla sull'entità del danno" riportate nel documento NASA TM X-64524 , ma soprattutto in un report preliminare pubblicato alla fine del documento NASA CR-61364 si afferma che l'effetto dell'ASA è comunque poco evidente. In Appendice chiarisco il discorso con i numeri, però ho dedotto che al massimo la riduzione di danneggiamento dovuto al minor ASA debba aggirarsi attorno al 10% circa di net-density.
Siccome non sono in grado di definire un valore preciso per questo effetto, ho pensato di lasciare una forbice di possibili valori in cui la variazione massima di Dmin (maggior danno) è riferita alla pellicola ASA 400 (indicata come "min ASA effect"), mentre la variazione minima di Dmin (minor danno) è riferita ad una ipotetica pellicola ASA 278 (indicata come "max ASA effect") ottenuta riducendo la Dmin del 44%. La curva "max ASA effect" non fa altro che considerare che ad una riduzione del 44% dell'ASA corrisponda una riduzione del 44% di net-density a parità dose radioattiva, cosa che però è estremamente improbabile se non impossibile. Ma anche ad essere cattivi il risultato non cambia.
In Figura 4 mostro l'effetto stimato dell'ASA per la pellicola SO-267. Come ho detto il valore minimo di net-density ("max ASA effect") è estremamente conservativo, ma comunque la curva sta tutta sopra la soglia di 0.3 unità. Il comportamento effettivo è compreso tra le due curve, ma dovrebbe essere molto vicino alla curva della SO-267 a 400 ASA ("min ASA effect").
Figura 4: Curva sensitometrica per diversi valori di ASA della pellicola SO-267 2405 prima (Control) e dopo l'esposizione la missione Apollo 14
Sulla base delle curve sensitometriche ho calcolato la variazione di densità (in Figura 5) e di contrasto (dD/dLog E, in Figura 6) tra Apollo 14, Apollo 12, Apollo 16 ed una pellicola SO-267 non irradiata, per un effetto minimo e massimo dell'ASA (come descritto sopra).
Figura 5: Differenza di densità fotografica tra le foto dell'Apollo 14 rispetto all'Apollo 12 e 16
Figura 6: Differenza di contrasto tra le foto dell'Apollo 14 rispetto all'Apollo 12 e 16
Nel documento NASA CR-188427 sono riportati i dati sull'effetto delle radiazioni su alcune pellicole, sia B/N che a colori, durante la missione Shuttle STS-48. Le pellicole hanno subito una dose di radiazioni pari a circa 0.35rad, simile al valore ricavato da me per l'Apollo 16 (0.31rad) e circa la metà della radiazione ricavata da me per l'Apollo 14 (0.69rad). Va però notato che i 0.35rad della missione shuttle sono misurati rispetto alla effettiva radiazione subita e dovuta per lo più a protoni. I valori da me calcolati sono riferiti ad una esposizione da raggi gamma che, per queste dosi, è circa 2 volte più danneggiante. Quindi per porter confrontare direttamente la missione shuttle con i valori da me forniti sulle missioni Apollo, i 0.35rad diventano circa 0.17rad di raggi gamma.
Riguardo le pellicole B/N testate, nel documento si legge che a fronte di incrementi di densità minima tra 0.05 e 0.1 (in termini relativi Dmin è di circa il 28%) le pellicole hanno mostrato una aumentata granularità delle immagini anche se "non immediatamente visibile". Riguardo le pellicole negative a colori che hanno subito variazioni del contrasto del 19% hanno prodotto immagini visivamente più "piatte", mentre incrementi di densità minima di circa 0.25 (30% in termini relativi) hanno prodotto evidente rumore nelle zone di ombra.
Questi dati sono confermati nel documento NASA TP-TP-2000-210193 , nel quale vengono anche forniti alcuni grafici sensitometrici assieme ai valori di granulosità espressi in termini rumore (deviazione standard da un valore medio). A pagina 12 del documento, riportata in Figura 7, viene mostrato l'effetto delle radiazioni dopo 120 giorni sulla stazione MIR per la pellicola negativa a colori FUJI Super Gold ASA 100: la curva sensitometrica (al centro e su carta millimetrata) mostra un aumento di circa 0.25 unità di densità minima (i valori di controllo sono le curve tratteggiate) su tutti e tre i livelli di colore RGB, portando la granulosità ad un +17.6% che è in termini di deviazione standard pari a 0.88 (da 5.00 sul controllo, a 5.88 dopo l'esposizione, visibile dai riquadri sulla sinistra), ed inoltre ad una riduzione assoluta di gamma pari a 0.12.
Figura 7: Effetto dell'esposizione alle radiazioni sulla pellicola FUJI Super Gold ASA 100 dopo 120 giorni sulla MIR
In Figura 8 confronto la risposta della pellicola FUJI dopo 120 giorni di MIR con quelli della pellicola SO-267 dopo 9 giorni sull'Apollo 14
Figura 8: Confronto tra la pellicola FUJI Super Gold ASA 100 dopo 120 giorni sulla MIR e la pellicola SO-267 dopo 9 giorni sull'Apollo 14
Quindi direi che i valori che ho ricavato per l'Apollo 14 dovrebbero aver portato a risultati simili che sono (Rif. NASA TM-104817 :
The significant change in the MIR film is a reduction in slope of the D-min. and midtone portion of the curve (left 1/2 of the curve.) This loss of information appears as a substancial reduction in overall visual contrast when reproduced photographically. The curve can be changed electronically to match the original contrast, but this will not address the overall graininess issue.
Ovvero una perdita di informazione dovuta al ridotto contrasto ed un aumentata granulosità (rumore) dell'immagine.
Questo genere di effetti non sembra però essere visibile confrontando tra lore le foto scattate dagli astronauti delle varie missioni Apollo sul suolo lunare. Le foto dell'Apollo 14 appaiono del tutto simili a quelle dell'Apollo 12, salvo differenze minori probabilmente dovute a differenti esposizioni luminose. Lo stesso si può dire per le foto scattate durante le altre missioni Apollo. Anche confrontando foto scattate sulla Terra con le stesse pellicole studiate qui, non sono evidenti i segni dovuti al danneggiamento da radiazioni.
PARTE III: Conclusioni
Le variazioni di densità ottica e contrasto subite dalle pellicole utilizzate nella missione Apollo 14 (B/N SO-267 2405 Double-X Aerial), dovute all'esposizione alle radiazioni spaziali, sono state più che sufficienti a provocare differenze ottiche, visibili ad occhio nudo, rispetto alle pellicole utilizzate nelle altre missioni Apollo (12, 15, 16 e 17). Tali differenze dovrebbero essere ancora maggiori quando si confrontano le foto scattate sulla superficie lunare con foto scattate qui sulla Terra. L'assenza di tali differenze pone dubbi riguardo allo dichiarazioni della NASA in merito all'effettivo svolgimento dalla missione Apollo 14; dubbi che trovano maggior adito anche dalle discrepanze sui dati forniti dalla NASA riguardo l'Apollo 16. Una revisione critica delle dichiarazioni e dei documenti che la NASA ha rilasciato riguardo le missioni Apollo appare quindi essere necessaria.
APPENDICE: Effetto dell'ASA sulla sensibilità alle radiazioni
Gli unici dati che ho a disposizione da cui poter ricavare l'effetto dell'ASA sulla sensibilità alle radiazioni riguardano la pellicola positiva a colori SO-168. Sono disponibili curve di densità nette al variare della dose radioattiva per tre diversi valori di ASA: 160, 320 e 500; da cui ho ricavato il grafico in Figura A1.
Figura A1: Variazione di net-density al variare dell'ASA per una dose di 1rad di radiazioni gamma (Co60), protoni a 130MeV e protoni a 50MeV, per una pellicola SO-168
che in Figura A2 è espresso in termini variazione percentuale di net-density
Figura A2: Variazione percentuale di net-density al variare dell'ASA per una dose di 1rad di radiazioni gamma (Co60), protoni a 130MeV e protoni a 50MeV, per una pellicola SO-168
Si vede come la variazione di net-density diminuisca drasticamente all'aumentare dell'ASA. Infatti, fissato come valore di riferimento una dose radiante di 1rad, passando da un ASA 160 ad un ASA 320, ovvero con un aumento di ASA del 100%, otteniamo nel caso peggiore (protoni a 55MeV) un aumento del 45.5% di net-density. Passando da un ASA 320 ad un ASA 500 (aumento di ASA del 56%) sempre nel caso peggiore (protoni 130 MeV) si ha un aumento di net-density del 9.4%. Inoltre si può vedere come variando da un ASA 160 ad un ASA ad un ASA di 500, ovvero aumentando l'ASA del 213%, non si supera il 55% di variazione di net-density.
Queste considerazioni sono corroborate anche dai risultati riportati in NASA TP-TP-2000-210193 , nel quale sono presenti le curve sensitometriche delle pellicole negative FUJI Super Gold ASA 100 e ASA 200, mostrate in Figura A5. In termini di net-desity ad una variazione del 100% dell'ASA si hanno:
1) una variazione del 41% della net-density sul colore rosso
2) una variazione del 74% della net-density sul colore verde
3) una variazione del 58% della net-density sul colore blu
quindi si conferma che anche per le pellicole negative la variazione percentuale di net-density è minore della variazione percentuale di ASA.
Figura A5: Comparazione tra la pellicola FUJI Super Gold ASA 100 ed ASA 200 dopo 120 giorni sulla MIR
Inoltre, usando i dati grafici forniti dalla NASA riguardo le pellicole SO-168 e SO-267, riportati in Figure A3 e A4 si vede che:
1) la SO-168 ASA 500 con una dose di radiazione gamma (Co60) di 0.3rad la variazione di densità è di circa 0.25
2) la SO-267 ASA 400, con la medesima dose di 0.3rad, ha la medesima variazione di densità, ovvero circa 0.25
3) la pellicola 3401 ASA 80 , sempre a 0.3rad, ha circa una densità netta di circa 0.1 (come detto nella PARTE II .
Quindi la pellicola SO-267 ASA 400 è, per sensibilità ai raggi gamma sotto 1rad di esposizione, più simile alla pellicola SO-168 ASA 500 che non alla pellicola Plus-X. Da questa considerazione ho dedotto che se per la pellicola SO-168 si ha al massimo una riduzione di net-density del 10% passando da un ASA 500 ad un ASA 320 (riduzione di ASA del 56%), per la SO-267 riducendo l'ASA da 400 278 (ovvero del 44%) la riduzione difficilmente sarà maggiore del 10%.
Figura A3: Relazione tra densità netta e dose di radiazioni gamma (Co60), protoni a 131MeV e protoni a 55MeV, per una pellicola SO-168 ASA 500
Figura A4: Relazione tra densità netta e dose di radiazioni gamma (Co60), protoni a 130MeV e protoni a 51MeV, per una pellicola SO-267 ASA 400
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Ho letto con attenzione il materiale che hai pubblicato e indipendentemente da tutto ti faccio i complimenti per il lavoro assolutamente corretto almeno per ciò che concerne i dati che riporti.
Dici di non sapere quasi nulla di fotografia ma mi sembra tu sappia molto di più di moltissimi appassionati di fotografia e di ottica!
Da appassionato di fotografia ( astronomica in particolare) , condivido che esiste senz'altro una anomalia tra i dati di assorbimento di radiazioni da parte delle pellicole e le foto presentate nelle missioni apollo prese sotto esame. Almeno per una di queste missioni . Nella tua analisi però, mi sembra e tu chiedo di correggermi se sbaglio, non trovo 2 considerazioni che reputo fondamentali.
1. Tu raffronti foto di diverse missioni fatte negli stessi luoghi che effettivamente mostrano differenze non concordanti con quanto calcoli in termini di radiazioni assorbite( che sono valori per le mie conoscenze giusti) , credo siano in particolare sugli scuri, ma non mi sembra che tu pubblichi i dati tecnici delle varie esposizioni ( tempi diaframmi , focale utilizzata ed eventuali bilanciamenti di esposizione , senz'altro possibili sulla macchina utilizzata ).
Per i meno avvezzi e in parole povere( molto povere) , se le foto fatte dalle diverse missioni negli stessi posti hanno ( ad esempio) esposizioni, tempi o diaframmi diversi è ovvio a chiunque che avremo un risultato differente nelle foto indipendentemente da quanto abbiano influito le radiazioni sulla pellicola . Questo potrebbe essere banalmente il motivo per il quale notiamo foto "stransenne diverse da quanto ci saremmo aspettati". ...
Sarebbe opportuno conoscere le impostazioni della macchina al momento degli scatti fatti nello stesso posto in missioni diverse che proponi.
2. La stessa NASA( come correttamente hai ricordato) afferma che gli effetti delle radiazioni ionizzanti , dei raggi cosmici e , dirò di più , ( mia considerazione ) assenza di atmosfera , sulle pellicole e sulle esposizioni , non è quantificabile . Quindi in virtù di quanto sopra la NASA per le missioni apollo non potrebbe aver utilizzato delle macchine fotografiche che pur essendo sempre le stesse avessero una sorta di protezione o schermatura o isolamento della pellicola tale da ridurre l'effetto di questo tipo di agenti??? Probabilmente no... ma esiste conferma che sia stata sempre usata una macchina " pura nuda e cruda " così come esce dalla fabbrica?
P. S. Per correttezza la terza foto a cui fai riferimento AS16-105-17060HR (Apollo 16), rispetto alle due precedenti è stata scattata con una pellicola diversa dalle precedenti (3401)... Potrebbe inficiare la tua valutazione ?
Ti ringrazio in anticipo per la risposta e ti faccio ancora i complimenti per il tuo lavoro.
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www.hq.nasa.gov/alsj/a16/a16pan17349-54emj.jpg
cosa ci fa un oca sulla destra?
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Oca???
Verso destra c'è un oggetto più chiaro .... ma certo non è un Oca! !!!
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la stessa cosa che ci fa la tigre sulla sinistra.cosa ci fa un oca sulla destra?
Restiamo seri perfavore. Se non altro, per rispetto al lavoro svolto da Kamiokande.
***
SERGIORUOCCO:
La stessa NASA ha dichiarato - e l'Hasselblad ha confermato - che le uniche modifiche apportate al corpo macchina furono la verniciatura argento (per riflettere il calore) e la rimozione (o sostituzione, non ricordo) del grasso interno che serviva a lubrificare i meccanismi di trascinamento. Secondo loro in mancanza di pressione atmosferica il lubrificante sarebbe bollito/evaporato, o qualcosa del genere.la NASA per le missioni apollo non potrebbe aver utilizzato delle macchine fotografiche che pur essendo sempre le stesse avessero una sorta di protezione o schermatura o isolamento della pellicola tale da ridurre l'effetto di questo tipo di agenti??? Probabilmente no... ma esiste conferma che sia stata sempre usata una macchina " pura nuda e cruda " così come esce dalla fabbrica?
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La differenza tra un debunker e un ricercatore SERIO e' che il primo deve chiudere tutte le falle della VU mentre al secondo basta una sola prova INCONTROVERTIBILE per smontare tutto il caste!lo di bugie della VU :pint:
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Hai qualche idea formazione in merito ai dati degli scatti...?
Ho cercato ingiro ma non trovo nulla su tempi diaframmi e quant'altro degli scatti... Il massimo che ho trovato è la specifica delle pellicole ma nulla sui dati tecnici delle foto...
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Posso risponderti io se vuoi.
Non si conoscono con certezza i dati di scatto delle singole foto. Gli unici dati certi che ci è dato sapere sono quelli che generalmente non cambiano da foto a foto dello stesso rullino. Per la maggior parte degli scatti eseguiti durante le EVA sulla superficie lunare sono i seguenti:
1) formato pellicola: 70 mm
2) sensibilità ISO: 64 (a colori Apollo 11), 160 (a colori altre missioni), altre ISO per le pellicole b/n.
3) lunghezza focale: 61.1 mm (equivalente a ca. 35 mm in formato 35 mm)
Gli altri dati sono abbastanza incerti: la macchina usata per le EVA, l'Hasselblad 500EL, consentiva tempi di esposizione da 1 a 1/500 sec, mentre l'obiettivo Zeiss Biogon permetteva di regolare l'apertura da f/5.6 a f/22 e la distanza di messa a fuoco da 0.9 m a infinito.
Un indizio importante, però, ce lo danno le impostazioni consigliate presenti su etichette come questa:
Per la pellicola HCEX (ISO 160) è consigliato un tempo di esposizione di 1/250 sec e un'apertura di f/5.6 con soggetto in ombra, f/11 in pieno sole.
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Come ha detto Human, non esistono dati sui singoli scatti, anche perchè gli astronauti avrebbero dovuto comunicare in diretta alla radio ogni eventuale cambiamento di diaframma che avessero effettuato. Invece dicevano solo "click... click... click".Hai qualche idea formazione in merito ai dati degli scatti...?
Ti posso dire però una cosa che manca, e che contribuisce a rendere molto sospette tutte le sequenze fotografiche: manca il bracketing, ovvero la continua variazione di +1 stop / -1 stop che BISOGNA FARE quando si scatta senza esposimetro e con pellicola diapositiva. Quando cioè NON PUOI SBAGLIARE l'esposizione, tutti i professionisti usano per abitudine di scattare una foto all'esposizione presunta, una a +1 e una a -1 stop, in modo da essere sicuri di beccare l'esposizione giusta. (Esempio: 250 f:5.6 / 250 f:8 / 250 f:4).
I nostri astronauti invece si sono completamente dimenticati di fare bracketing, ESPONENDO CORRETTAMENTE interi rullini senza andare mai nè sotto nè sopra.
Nemmeno Mandrake sarebbe riuscito a fare una cosa del genere senza l'aiuto dell'esposimetro. (E te lo dice uno che era soprannominato dai suoi assistenti "l'esposimetro umano").
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Interessante questa cosa del bracketing, perchè non l'hai messa nel film? O me la sono persa io?
FranZη
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Ci risiamo con le affermazioni estremiste. Questa storia è stata debunkata da anni ed è facilmente smentibile da chiunque abbia sfogliato le foto anche solo di Apollo 11. Hai fatto bene a non metterla nel film, potevi risparmiartela anche qui.I nostri astronauti invece si sono completamente dimenticati di fare bracketing, ESPONENDO CORRETTAMENTE interi rullini senza andare mai nè sotto nè sopra.
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Informazione interessante ma purtroppo poco utile a valutare gli scatti a cui facevo riferimento nel post precedente( i tre scatti raffronti nel post di @Kamiokande che a suo avviso mostravano un effetto anomalo delle radiazioni sulle pellicole, non in linea con quanto lui ha calcolato . È ovvio che non si possono paragonare foto di missioni diverse di uno stesso luogo quando non si ha assoluta certezza di avere usato le stesse impostazioni e la stessa pellicola( nelle tre foto paragonate le prime due hanno stessa pellicola la terza no) . Inoltre pur fosse così ( e sicuramente x la pellicola non lo è in quanto è l'unico dato che conosciamo ) , le condizioni di lucè sono senz'altro diverse perché diversa era sicuramente la posizione della luna rispetto al sole nella sua orbita .... inoltre le indicazioni di massima x la pellicola senz'altro possono avere indotto gli astronauti a usare tempi e diaframmi in linea con le valutazioni del produttore , ma queste sono indicazioni valide per un utilizzo terrestre della pellicola! Io non sono mai stato sulla luna a fare foto ma mi sembra ovvio che la mancanza di atmosfera , gli enormi contrasti luce ombra , i mille effetti non terrestri in gioco , facciano andare in malora le indicazioni di utilizzo...
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Questa è una giusta osservazione , pur non essendo un professionista anch'io uso il bracketing e ne conosco la necessità se si vuol essere sicuri di avere una giusta esposizione. Non conosco nello specifico la Hasselblad 500el ( le Hasselblad sono solo nei miei sogni!), ma non possedeva un espositro? O loro non avevano un esposimetro di corredo?
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Beh questo credo che sia relativo , come facciamo a dire :" senza cambiare fuoco ed esposizione "? Ci vuol poco a mettere a fuoco un obiettivo . Rimane il fatto che non sembra abbiano bruciato foto , e questa è Sì una anomalia , ripeto a meno che la macchina non avesse un buon esposimetro interno o che non ne avessero uno a corredo
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Puoi spiegarti meglio riguardo il fatto che ci sarebbe una spiegazione per il fatto che gli astronauti hanno fatto tutti scatti buoni ????
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E dove, sarebbe stata smentita? Io ho analizzato tutti i rulli uno per uno, e di bracketing non vedo traccia.Questa storia è stata debunkata da anni ed è facilmente smentibile da chiunque abbia sfogliato le foto anche solo di Apollo 11
Spiegati meglio please.
(Guarda che per bracketing non si intende "cambiare diaframma". Si intende fare LO STESSO SCATTO a 0, +1 e -1).
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Vero è che non cè traccia di bracketing, ma riguardando le foto
www.lpi.usra.edu/resources/apollo/catalog/70mm/
Sì notano molti errori di esposizione e foto del tutto sbagliate, addirittura completamente sotto esposte o sovraesposte , il fenomeno si riduce un po nell'andare avanti delle missioni , ma questo senz'altro è dovuto alla maggiore abilità e esperienza del fotografo . Sopratutto nell' Apollo 11 ci sono tanti scatti addirittura neri .
E poi non credo che fosse possibile il bracketing con la hasselblad 500el nel senso moderno del termine( nel senso faccio uno scatto e ottengo 3 foto una a 0 una a 1 e una a -1... Cosa appannaggio delle digitali presumo), cioè se avevi un dubbio sull'esposizione potevi fare uno scatto a più 1 o meno 1 e mi sembra che in diversi casi sia stato fatto , tipo AS11-40-5874 e AS11-40-5875
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Sbagli a pensare di avere sempre a che fare con dei novellini.Guarda che per bracketing non si intende "cambiare diaframma". Si intende fare LO STESSO SCATTO a 0, +1 e -1
Dovresti sapere meglio di me che per bracketing non si intende questo, ma TU vuoi intenderlo così e infatti hai ragione, nelle foto Apollo non ci sono bracketing come li intendi tu, che io sappia.
Ma in generale il bracketing è qualsiasi sequenza di più di uno scatto con impostazioni diverse, non necessariamente tre, per esempio la Canon 6D consente il bracketing automatico dell’esposizione a 2, 3, 5 e 7 scatti.
Come ha fatto notare Sergioruocco, trovi bracketing da due scatti proprio nelle foto Apollo 11, per esempio:
Poi affermi che NESSUNA foto è sovraesposta nè sottoesposta, ma basta trovarne solo una per smentirti, e infatti se ne trovano diverse.
Sia chiaro, io contesto solo l’assolutismo di certe affermazioni. Sono d’accordo che gli astronauti abbiano azzeccato MOLTE foto e cannato relativamente POCHE foto. Poi, su come questo sia possibile possiamo anche discuterne.
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Ma davvero? E pensa io che coglione, ho passato 10 anni da assistente a fare +1 e -1 sugli obiettivi di tutti i fotografi del mondo, mentre loro scattavano, e ora scopro che quello non è il bracketing.Sbagli a pensare di avere sempre a che fare con dei novellini. Dovresti sapere meglio di me che per bracketing non si intende questo,
Ci volevi tu per spiegarmelo, Human.
(Ti bastava andare su Wikipedia, per leggere che "In photography, bracketing is the general technique of taking several shots of the same subject using different camera settings.")
Hai capito? GENERAL TECNIQUE. Quindi, il bracketing come metodo di ripresa nelle foto delle missioni Apollo NON C'E'.
Hai capito? SEVERAL SHOTS, non due. Trovare una coppia di foto qui e là con doppia esposizione non cambia nulla.
La tua frase "Questa storia è stata debunkata da anni" è quindi priva di fondamento.
Sei il solito buffone.
Io non ho MAI fatto una affermazione del genere. Io ho scritto "esponendo correttamente INTERI RULLINI senza andare mai nè sotto nè sopra", che è una cosa molto diversa. Ci arrivi da solo, o devo farti anche una lezione di lingua italiana?Poi affermi che NESSUNA foto è sovraesposta nè sottoesposta,
Già mi stai sui coglioni. Adesso mettimi anche in bocca cose che non ho detto, e vedrai quanto duri ancora su questo sito.
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