La formula del latte è Vacca2O

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7 Anni 2 Mesi fa #10003 da FranZeta
Infiniti infiniti

Questa volta prendo spunto da un vecchio commento trovato qui su luogocomune, sul vecchio sito per la verità. Dato che non ho alcuna intenzione di discutere l'argomento originale, ma solo le affermazioni prettamente matematiche, credo che non sia necessario citare nè la fonte originale nè l'autore, che a quanto mi pare di aver capito non frequenta più il sito da tempo. Per ragioni analoghe non sto nemmeno a spiegare come sia finito a leggere quel particolare commento, poi se necessario potrò dare più dettagli. Il tema è nientemeno che l'infinito.

L'insieme dei Sapiens Sapiens, nel corso di - almeno - 500 anni di SCIENZA, si è prodigato ogni giorno per elaborare MODELLI MATEMATICI atti ad ANALIZZARE e PREDIRE le condizioni di:
- Umidità;
- Pressione;
- Temperatura;
- Quota (altezza dal suolo);
In cui si formano SCIE DI CONDENSA.
Sono 4 VARIABILI FONDAMENTALI - ognuna delle quali ha la CARDINALITA' DEL CONTINUO.
Per Cardinalità si intende il numero di possibili valori che può assumere una grandezza: per esempio il BIT ha cardinalità 2 (può assumere solo i valori di 0 e 1)
L' insieme definito CONTINUO ha cardinalità INFINITA (ossia sono possibili infiniti valori)

Certo: nè temperatura, nè pressione, nè umidità variano da +infinito a -infinito.
Ma tutte e 4 le suddette GRANDEZZE FISICHE appartengono all'insieme dei NUMERI REALI.

Stop. Fermiamoci un attimo a riflettere. Non mi interessa minimamente qui discutere di scie chimiche quindi non mi metto nemmeno a contestare il fatto che note pressione, umidità e temperatura, della quota potremmo anche fregarcene, ma visto che è stata nominata allora diciamo che anche la quota non varia da -infinito a + infinito. Quindi l'ultima affermazione è perlomento ambigua, visto che i NUMERI REALI variano proprio da -infinito a + infinito, infiniti esclusi, dunque se mai queste grandezze appartengono ad un sottoinsieme dei numeri reali.

Questo non inficia quanto viene detto dopo, ossia che l'insieme dei possibili valori di queste grandezze fisiche ha la cardinalità del continuo perchè, strano a dirsi, ma ogni intervallo aperto (a,b) di numeri reali ha la cardinalità del continuo, ossia ci sono tanti numeri reali tra - infinito e + infinito di quanti ce ne sono per esempio tra 0 e 1 (o tra 0 ed epsilon con epsilon piccolo a piacere). Questo è ancora niente perchè si può dimostrare in mezza riga che esistono tanti numeri pari quanti numeri naturali, ma ne parliamo dopo. Però se mai si potrebbe obiettare che i modelli matematici di cui si parla qui sopra sono necessariamente implementati al computer, e il computer fa i conti con i numeri macchina (espressi in bit ça va sans dire) che sono un sottoinsieme finito dei numeri razionali, a loro volta sottoinsieme dei reali, quindi scomodare il continuo in questo contesto non ha senso. Però come ripeto non sono interessato all'argomento ma all'argomentazione quindi passo oltre. Vediamo dove si va a parare:


Con quanto detto potrei uscirmene dicendo che sono possibili INFINITE COMBINAZIONI di VALORI di:
- Umidità;
- Pressione;
- Temperatura;
- Quota (altezza dal suolo);
In corrispondenza dei quali si possono FORMARE SCIE DI CONDENSA.

Eppure, se ti dicessi che tali combinazioni sono INFINITE - pur essendo nel giusto dal punto di SCIENTIFICO/MATEMATICO - sarebbe come se cercassi di truffarti al pari degli sciacomici.
Tali combinazioni non sono INFINITE... ma sono TANTE... TANTE... proprio TANTE...

Allora qui si dice che dal punto di vista scientifico matematico è corretto dire che esistono infinite combinazioni di valori delle quattro grandezze fisiche in questione in corrispondenza dei quali si possono formare scie di condensa. Anzi no, non sono infinite ma sono tante, proprio tante. Io che non voglio parlare di scie chimiche cerco solo di capire l'argomentazione. Su quali basi sono tante? E su quali sarebbe corretto dire che dal punto di vista scientifico matematico sono addirittura infinite? A quanto pare sulla base di quanto citato in precedenza, cioè che ognuna delle quattro variabili può assumere infiniti valori, anzi, l'insieme di definizione di ognuna ha la cardinalità del continuo.

Quando si scomodano gli infiniti, addirittura col loro nome proprio, bisogna fare attenzione perchè la stronzata è dietro l'angolo. Eh sì, perchè di infiniti non ce n'è mica soltanto uno...ma andiamo con ordine: parliamo del continuo. Normalmente su un'auto abbiamo diversi strumenti analogici: il tachimetro (velocità), il contachilometri (in effetti adesso sono comuni quelli digitali, però il vecchio tipo con le cifre sulle rotelline si può considerare analogico), il contagiri e il termometro dell'acqua sono i più comuni, i primi due sono proprio obbligatori ma sono abbastanza certo che abbiate visto tutti anche gli altri due. Bene, questi strumenti misurano grandezze fisiche che possono assumere tutti i valori reali in un certo intervallo, ossia per ognuna possiamo invocare la cardinalità del continuo. Questo dimostra in qualche modo che esistono infiniti valori di queste grandezze per cui si possa viaggiare in terza a 180 all'ora? Appunto...

...Però basta che ci sia un valore particolare che soddisfa la condizione, perchè ce ne siano automaticamente infiniti. Poniamo che la vostra auto (presumibilmente una Lamborghini) raggiunga davvero i 180 km/h in terza, avremo allora il tachimetro che segna 180, il contagiri che so, 7000 giri, mentre il contachilometri può segnare un valore a piacere fra quelli ammissibili e anche il range della temperatura dell'acqua può variare in modo continuo. Ma il punto è che basta anche un range minimo di variazione per far si che i valori compresi in quell'intervallo abbiano la cardinalità del continuo.

Ma poi fa qualche differenza, in quest'ottica, che le grandezze siano 4 invece di 1, o che non siano 1000? Assolutamente no. Se le nostre 4 grandezze fisiche potessero assumere solo n valori, con n numero naturale (0,1,2,3,..) i possibili valori combinati di 4 grandezze sarebbero n4, quindi con 2 possibili valori avremmo 16 combinazioni, e con 10 valori 10000 combinazioni. Si potrebbe immaginare dunque che avendo per ognuna c possibili valori (c indica la cardinalità del continuo) si ottenga un numero di combinazioni enorme. Altro che quello che a volte si definisce una cifra, altro che lo sbanderno (è il numero più alto dell'Emilia Romagna), molto più di tanto ma tanto féss (è la quantità più alta che si conosca a Brescia e provincia)...ma molto oltre anche l'ordine di grandezza di millemila perchè, qualunque valore vogliate dargli, esiste sempre millemila+1. Invece c+1=c!

Non solo, vale anche c*c=c, da cui si deduce che per quanto riguarda il nostro caso c4=c (in realtà qualunque sia l'esponente n vale cn=c), perciò non fa alcuna differenza considerare una o quattro variabili con la cardinalità del continuo, dal punto di vista del numero di combinazioni possibili. Questo fatto ha anche conseguenze curiose in geometria: data l'identificazione che esiste fra numeri reali e punti di una retta (si parla di "retta numerica", due rette numeriche sono per esempio i due assi perpendicolari del piano cartesiano), risulta che su una retta ci sono tanti punti quanti in un piano o nello spazio n-dimensionale. Ragionando su intervalli limitati si può affermare che lo spigolo di un cubo contiene tanti punti quanti una faccia o il cubo intero.

La cosa può sembrare una masturbazione mentale al limite del TSO, ma invece è matematica rigorosa tanto quanto l'aritmetica. Per convincersene occorre capire come si fa a dire che un infinito è uguale o diverso da un altro. Come spesso accade si usa un'estensione plausibile di una regola nota in un un caso particolare. Per verificare se due insiemi finiti hanno lo stesso numero di elementi basta contarli e controllare se i due numeri naturali coincidono. Ma se gli insiemi sono infiniti non si può contare il numero degli elementi, perchè quello che noi chiamiamo "numero" è sempre minore di infinito. Questo è il motivo per cui qui sopra ho sempre cercato di evitare di parlare di "numero di punti di una retta" rispetto al "numero di punti di un piano", ma ho solo detto che "sono tanti quanti". Infatti abbiamo un altro modo per confrontare il numero di elementi di due insiemi: usare le funzioni fra i due insiemi.

Partiamo dagli insiemi finiti per vedere come si generalizza il procedimento a quelli infiniti. Servono tre semplici concetti che sicuramente avrete incontrato almeno una volta a scuola, sto parlando delle funzioni iniettive, suriettive e biettive. Ricordando che una funzione da un insieme X a un insieme Y è un insieme di coppie (x,y) dove x appartiene a X e y a Y con la proprietà che per ogni elemento x0 di X esiste una e una sola coppia (x0,y) appartenente alla funzione*, ecco di seguito le definizioni di funzione -

-iniettiva: ogni y è in relazione con al più un elemento x;
-suriettiva: ogni y è in relazione con almeno un elemento x;
-biettiva: la funzione è sia iniettiva che suriettiva (in tal caso si parla anche di corrispondenza biunivoca fra gli insiemi X e Y).

Se gli insiemi X e Y hanno un numero finito di elementi, diciamo rispettivamente nx e ny, è facile verificare che data una funzione y=f(x) fra i due insiemi risulta che:

-se f è iniettiva allora nx è minore o uguale a ny;
-se f è suriettiva allora nx è maggiore o uguale a ny;
-se f è biettiva allora nx=ny.

Ecco quindi un modo plausibile per estendere il concetto di cardinalità (è il numero degli elementi di un insieme) ad insiemi infiniti: diciamo che la cardinalità di X è uguale a quella di Y se esiste una funzione biettiva fra i due insiemi. Se non esiste i due insiemi hanno cardinalità diversa, per stabilire quale sia la maggiore si usano gli altri due tipi di funzioni. Vediamo allora come stanno le cose rispetto agli insiemi numerici più importanti, che ricordo sono:
  • N numeri naturali: 0,1,2,...
  • Z numeri interi: ...,-2,-1,0,1,2,...
  • Q numeri razionali: le frazioni m/n con m e n numeri interi
  • R numeri reali: tutte le successioni di cifre decimali a virgola mobile finite, infinite periodiche o non periodiche**
Ricordo anche che ognuno di questi insiemi è contenuto nel successivo. Dunque come dicevo sopra esistono tanti numeri pari quanti numeri naturali, per dimostrarlo basta trovare una funzione f biettiva fra i due insiemi, eccola:
Code:
f:n--->2n
Non pensavate che fosse così una cagata, eh? Beh che vi piaccia o meno questa è una corrispondenza biunivoca: è iniettiva perchè ad ogni numero pari 2n corrisponde un unico numero naturale, cioè n, ed è suriettiva perchè ogni numero pari ha un corrispondente numero n. A questo punto è abbastanza facile stabilire che N e Z hanno la stessa cardinalità: come abbiamo visto si può associare biunivocamente ad ogni numero pari un numero intero positivo, basta quindi associare ad ogni numero dispari un numero intero negativo e il gioco è fatto: abbiamo la nostra corrispondenza biunivoca. Si può anche dimostrare che pure i numeri razionali Q hanno la stessa cardinalità di N (e persino l'insieme dei numeri algebrici, cioè i razionali più tutte le radici quadrate, cubiche, ennesime), e a questo punto viene da chiedersi se non esista un solo infinito. Equivalentemente ci si può chiedere se ogni insieme è numerabile, cioè se è possibile metterlo in relazione biunivoca con l'insieme dei numeri naturali.

La risposta è negativa ed è un famoso e sorprendente risultato noto come Teorema di Cantor , vi consiglio di dare un'occhiata al link per apprezzare la semplicità ed eleganza della sua dimostrazione. Il teorema stabilisce che la cardinalità dei numeri reali è strettamente maggiore di quella dei naturali, quindi esistono almeno due infiniti diversi: la cardinalità di N che si indica con א 0 (aleph-0, l'indice andrebbe a destra ma la lettera aleph ha mandato in tilt il sistema che crede voglia scrivere da destra a sinistra) e la cardinalità di R -o del continuo- che come già detto si denota con c.

Allo stato attuale di conoscenza sappiamo che c=2א e che se i è un infinito allora 2i è un infinito strettamente superiore, il che comporta l'esistenza di infiniti infiniti. La questione se esista una cardinalità infinita compresa tra א (rinuncio allo 0!) e c si è rivelata uno dei problemi più formidabili dei fondamenti della matematica, l'ipotesi che non esista è nota come ipotesi del continuo ed è stata formulata dallo stesso Cantor. In tempi piuttosto recenti si è dimostrato che tale ipotesi è indipendente dagli assiomi della teoria degli insiemi, cioè si è riproposta la situazione del postulato delle parallele negli assiomi di Euclide: in quel caso l'indipendenza porta all'esistenza di geometrie non euclidee, mentre nel caso dell'ipotesi del continuo porta a una sorta di biforcazione della teoria matematica, che procederà su due rami diversi, uno che accetta l'ipotesi e l'altro che la rigetta.

*In realtà la definizione formale di funzione è leggermente diversa, quella che ho dato è la definizione di grafico di una funzione, ma non voglio appesantire troppo.

**Anche qui la definizione formale è più complicata ma a noi va bene questa.

FranZη

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7 Anni 1 Mese fa #10046 da FranZeta
Percentuali

L'altro giorno una mailing list a cui sono iscritto invia una mail sulle criptovalute, ecco di seguito un breve estratto:

...
L’articolo di Bloomberg riporta che il prezzo edgeless è aumentato del 500%, ma si riferisce SOLO alla rivalutazione del suo prezzo ufficiale di listino…
Bloomberg NON dice di quanto è stato rivalutato edgeless da quando è stato offerto la prima volta nella sua ICO.
Questo calcolo può farlo solo chi ha davvero partecipato all’ICO…cioè noi!
...
All’ICO di edgeless, i nostri abbonati hanno comprato questa valuta a un prezzo che si aggirava intorno a 0,00071 ethereum (circa 0,0000286 bitcoin di allora).
Già quando edgeless è stato quotato la prima volta in un mercato ufficiale, lo si poteva rivendere a circa 0,000118 bitcoin.
Attento: nell’ultimo prezzo citato c’è uno zero in meno rispetto al prezzo iniziale riportato più sopra! Quindi la differenza tra prezzo di ICO e prezzo iniziale a mercato di edgeless era già del 300% circa (parlo della percentuale di incremento che c’è tra 0,0000286 e 0,000118 bitcoin).
Ciò significa che ad esempio, non appena edgeless è stato quotato sul mercato potevi già vendere il 10% degli edgeless guadagnati all’ICO per rientrare sull’investimento iniziale (in questo modo avevi la tranquillità necessaria per conservarti la maggior parte degli edgeless in attesa che il suo valore aumentasse ancora).
In seguito, come dice Bloomberg, edgeless è aumentato del 500%, che in termini di ICO corrisponde a un guadagno dell’800% (cioè il 300% rispetto all’ICO iniziale + il 500% rispetto al prezzo di listino).


La sottolineatura è mia e se avete fatto attenzione ne avrete già intuito il motivo. Riassumiamo: la criptovaluta edgeless viene inizialmente lanciata tramite una ICO (Initial Coin Offer) ad un pubblico ristretto, poi in seguito viene messa sul mercato aperto a tutti. Poniamo per semplicità che il valore iniziale di edgeless fosse 1, nel tempo trascorso fino al lancio definitivo sul mercato la criptovaluta si era già rivalutata del 300%, poi il mercato la rivaluta di un ulteriore 500%, quindi la rivalutazione totale è...

...2300%!!!

Cioè il valore finale di edgeless è 24, rispetto all'1 iniziale. Nella mail c'è evidentemente un errore madornale, insito nell'uso delle percentuali, poi come se non bastasse c'è anche un vizio minore che spiego subito. Le percentuali sono utili perchè siamo bene o male tutti abituati ad interpretarle intuitivamente, questo però nel caso in cui si usino valori tra 0% e 100%, eventualmente anche negativi. Ma per valori superiori al 100% diventa molto più comodo usare i moltiplicatori: 2x, 3x, 4.34x...perchè dire che c'è un aumento del 300% o del 500% significa rispettivamente 4x e 6x, solo che la scrittura coi moltiplicatori è molto più chiara.

Veniamo all'errore madornale: in genere le percentuali non si sommano. Prima di approfondire mi sembra il caso di chiarire cosa sia una percentuale, anche se può sembrare ovvio, repetita iuvant. Una percentuale è il numeratore di una frazione che ha per denominatore 100 (da cui il nome: il 10% in forma decimale si scriverebbe 0.1, e in effetti 10=0.1*100), con una piccola clausola: mentre una frazione rappresenta un numero di per sè una percentuale è sempre relativa ad un valore di riferimento. Quindi il 10% non significa niente se non specifichiamo il 10% di che cosa. Ora torniamo all'errore nella somma delle percentuali, la nostra criptovaluta aumenta prima del 300% e poi del 500%, solo che il 300% è riferito al valore iniziale, 1, mentre il 500% al valore al momento del lancio sul mercato, cioè 1 aumentato del 300%, ossia 4. Se avessimo usato i moltiplicatori sarebbe stato tutto più chiaro: abbiamo prima un 4x e poi un 6x quindi in totale il moltiplicatore è 4*6= 24x, espresso in percentuale corrisponde ad un aumento del 2300% rispetto al valore iniziale.

Come si può intuire spesso le percentuali vengono usate per confondere le idee più che per chiarirle, l'esempio qui sopra mostra come a volte il fenomeno sia addirittura inconsapevole, però spesso è voluto e cercato. Per esempio se ieri la borsa è crollata del 50% e oggi invece è salita del 50% non è affatto vero che è tornata al valore dell'altroieri: sta sotto del 25%. Se invertiamo i termini e poniamo che ieri sia salita del 50% e oggi scesa del 50% invece risulta...la stessa cosa: è sempre sotto del 25% rispetto a due giorni fa!

Giocando un po' con situazioni di questo tipo si possono usare le percentuali per disorientare la gente, per esempio il debito pubblico viene sempre presentato come percentuale del PIL, in questo modo se il PIL aumenta del 2% e il debito pubblico dell'1% il governo può sbandierare ai TG che il debito pubblico è diminuito, quando invece in valore assoluto è aumentato.
[Nota a margine: sono ben consapevole che esistono dei motivi per i quali si usa molto più spesso il rapporto debito/PIL in luogo del valore assoluto del debito. Se stessimo parlando di un'azienda sarebbe normale considerare l'indebitamento in rapporto al fatturato perchè, prima di poter vendere qualsiasi cosa, è necessario produrla e pagare i relativi costi. Ma lo Stato non è un'azienda privata e debito pubblico e PIL non sono direttamente assimilabili a indebitamento e fatturato di un'attività privata.]

Morale della favola: diffidate sempre di una percentuale che non sia seguita da opportuno complemento di specificazione perchè nella migliore delle ipotesi è priva di senso, nella peggiore vi stanno prendendo per il culo.

FranZη

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7 Anni 1 Mese fa #10051 da FranZeta
Nota di servizio: in questo thread, così come in tutti gli altri, ogni utente interessato è autorizzato e anzi invitato a commentare o proporre argomenti. Capisco che il topic non sia dei più popolari, ma visto che dalle statistiche risulta che qualche visita c'è, non abbiate timore! In particolare se vi capita di avere dubbi sugli argomenti trattati, o su altri che avete incontrato per conto vostro, segnalateli. In questo modo mi aiutate a portare avanti il forum, altrimenti mi troverò a parlare solo delle cose che sembrano interessanti a me.

FranZη

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7 Anni 1 Mese fa #10052 da Marauder

altrimenti mi troverò a parlare solo delle cose che sembrano interessanti a me.


Ciao FranZ,
a me onestamente piacciono questi tuoi "pensieri in libertà": ti leggo e mi godo sia gli argomenti che la scrittura, non vorrei inquinarli, per questo non intervengo.

Prosegui pure, l' assenza di commenti credo sia solo un non voler interrompere ... uhm, come dire ... l' artista all' opera, ecco :)

Ciao :)

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7 Anni 1 Mese fa - 7 Anni 1 Mese fa #10067 da FranZeta
Più leggeri, non più magri!

Questa volta sconfiniamo nel regno della Fisica, prendendo spunto da questo commento , dove in riferimento al rover lunare ci si chiede:

la questione è la differenza tra massa e peso. Domanda: perche' costruire un veicolo che deve resistere a 490 kg di PESO quando in realta' ne doveva sopportare 116?


In effetti la questione è proprio incentrata sulla differenza tra massa e peso. Quindi seguendo le buone abitudini per prima cosa definiamo queste due grandezze.

MASSA) Immaginiamo un corpo sospeso nel vuoto inizialmente non soggetto a nessuna forza. Se gli applichiamo una certa forza, il corpo comincerà ad accelerare finchè l'applicazione non cessa, a quel punto il corpo si troverà a muoversi di moto rettilineo uniforme. Se applichiamo una forza doppia, risulterà doppia anche l'accelerazione, in generale si trova sperimentalmente che forza e accelerazione, per ogni corpo, sono legate da una costante di proporzionalità. Questa costante si definisce massa inerziale e risulta legata alla forza e all'accelerazione dalla ben nota seconda legge di Newton: F=ma. Esiste anche un altro tipo di massa, la massa gravitazionale, ma prima che qualcuno possa scoraggiarsi dico subito che risulta equivalente alla massa inerziale, con ciò possiamo parlare di massa tout court. La massa gravitazionale misura la capacità di attrazione gravitazionale fra due corpi secondo la legge (sempre di Newton) F=G*m1*m2/r2. In Fisica la massa si misura in kg.

PESO) Il peso è la forza di attrazione gravitazionale che subisce un corpo sulla superficie di un corpo massiccio. Sulla terra si ricava dalle due equazioni di Newton qui sopra che Fpeso=mg dove g è l'accelerazione di gravità terrestre, ossia g=G*(massa terra)/(raggio terra)2. Il peso si misura in kg*metri/secondi2, altrimenti detti Newton (N). Siccome tutte le nostre bilance sono sulla terra, il peso è comunemente misurato in kg peso, o kg e basta (purchè non si faccia confusione con la massa), e dato che 1kg peso=9.8 N, evidentemente questa unità di misura alternativa per la forza è stata scelta proprio in modo che sulla terra massa e peso coincidano.

Ora avviciniamoci al nostro problema iniziale: il peso varia a seconda del luogo in cui ci troviamo secondo il rapporto:

accelerazione di gravità xxxx
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - =: k
accelerazione di gravità terra

quindi noto il peso sulla terra di un corpo (espresso in kg o N non fa differenza) per trovare il peso che lo stesso corpo avrebbe sul pianeta xxxx basta moltiplicare il peso terrestre per k. La massa invece è una grandezza che dipende solo dal corpo e non dal luogo in cui si trova (escludendo effetti relativistici, e noi li escludiamo, oh se li escludiamo...!!!). Sulla luna la nostra costante k è uguale circa a un sesto.

Veniamo ora ad un esempio pratico. Sappiamo tutti quanto sia faticoso spingere un'automobile, soprattutto la prima spinta, quella da fermo. Questo perchè dobbiamo vincere l'inerzia dell'auto, legata alla sua massa. Trascurando gli attriti, se l'auto pesa 1000 kg, per imprimere un'accelerazione unitaria (1m/s2) dobbiamo darle una spinta di 1000 N. A questo punto se continuiamo a spingere dobbiamo solo contrastare gli attriti e non più l'inerzia, e infatti risulta molto meno faticoso spingere quando l'auto si muove.

Spostiamoci sulla luna. Come è evidente il peso lunare della nostra auto di prima sarà 1000/6=167 kg, quindi se siamo in tre o quattro potremmo anche pensare di sollevarla, ma se ci mettiamo a spingerla facciamo la stessa fatica che facevamo sulla terra, sempre al netto degli attriti (gli attriti in effetti dipendono anche dal peso, ma sono comunque trascurabili rispetto all'inerzia dell'auto). Quindi se volessimo andare in giro sulla luna motore e freni dovrebbero essere sostanzialmente gli stessi che permettono di condurre il veicolo sulla terra. Dal punto di vista della dinamica beninteso, cioè non considerando le ovvie problematiche relative all'ambiente estremo. E se -Dio ce ne scampi- dovessimo essere investiti dall'auto sulla luna riporteremmo le stesse conseguenze che avremmo sulla terra, perchè anche se la macchina pesa solo 167 kg è la sua massa di 1000 kg che ci viene addosso con la relativa energia cinetica di 1/2*m*v^2 -cioè la stessa che avrebbe sulla terra a parità di velocità v- e che le nostre povere ossa si troverebbero a fronteggiare. Sulla luna molto meglio essere messi sotto che centrati in pieno.

A questo punto dovrebbe sembrare abbastanza plausibile che pure le sospensioni e il telaio dovrebbero essere sostanzialmente dimensionate come sulla terra. Infatti se durante la marcia le ruote incontrano un ostacolo, un dosso per esempio, questo imprimerà un'accelerazione alle ruote che a loro volta la trasmetteranno al resto del veicolo, ciò comporterà una forza F=ma e anche in questo caso non compare il peso ma la massa inerziale, sempre quella, e sempre la stessa che si avrebbe in ambiente terrestre. Se assumiamo che le ruote non si stacchino dal suolo (le sospensioni servono per quello) questa accelerazione dipende principalmente dalla forma del dosso e dalla velocità del veicolo, e solo in misura ristretta dalla gravità lunare, quindi in sostanza la resistenza strutturale del mezzo deve essere paragonabile a quella terrestre, se vogliamo essere certi di evitare rotture, con gli evidenti problemi nel trovare un meccanico sulla luna.

Detto questo è poi evidente che la messa a punto per un veicolo lunare o terrestre non sarà la stessa, la rigidità delle molle e l'assorbimento degli ammortizzatori saranno sicuramente diversi, queste sono tra l'altro legate alla conformazione del suolo e alla velocità media di crociera del mezzo, anche per evitare effetti di risonanza: se percorrete una strada sterrata gli scossoni che sentite nell'abitacolo dipendono dalla velocità in modo assai complicato, può darsi che ad una data velocità veniate sbalzati da ogni parte mentre accelerando un poco vi trovate a sentire pochissimo le buche. Ma il punto fondamentale è che il mezzo deve avere una resistenza strutturale in grado di sopportare la sua massa e non solo il suo peso: sulla luna si è più leggeri, non più magri.

FranZη
Ultima Modifica 7 Anni 1 Mese fa da FranZeta.

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7 Anni 1 Mese fa #10069 da gnaffetto
solo 2 osservazioni

l'energia cinetica di cui parli è relativa a un veicolo in movimento orizzontale e quindi la forza viene dai motori, l'energia cinetica delle buche e' influenzata (anche) dalla velocita' verticale, che è influenzata dalla gravita' lunare, quindi minore.
quindi se lo scopo dell'auto lunare non è quello di raggiungere velocita' orizzontali elevate, la progettazione poteva essere orientata all'ottimizzazione di "peso"

per quanto riguarda le forze, in movimento si dovrebbe parlare piu' di MOMENTO, cioe' di risultante tra le varie forze in gioco, e nuovamente , dato chealcune componenti del momento sono calcolate come prodotto massa per velocita' ecco che nuovamente entra in gioco la gravita' lunare (la componente verticale della velocita' è data da accelerazione x tempo)
anche per gli attriti entra in gioco la componente verticale del peso, una auto di 1000 kg fluttuante nell'aria la posso spostare con niente....)

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7 Anni 1 Mese fa #10070 da FranZeta

gnaffetto ha scritto:
per quanto riguarda le forze, in movimento si dovrebbe parlare piu' di MOMENTO, cioe' di risultante tra le varie forze in gioco

???
Il momento è legato alla "leva" di una forza o di un insieme di forze, non è la loro composizione vettoriale (che è quella che si vede nel disegnino con l'ambulanza), ma in fondo cosa ci interessa a noi del momento?

e nuovamente , dato che alcune componenti del momento sono calcolate come prodotto massa per velocita' ecco che nuovamente entra in gioco la gravita' lunare (la componente verticale della velocita' è data da accelerazione x tempo)
anche per gli attriti entra in gioco la componente verticale del peso, una auto di 1000 kg fluttuante nell'aria la posso spostare con niente....)

Il prodotto massa x velocità è la quantità di moto del sistema, anche qui il momento non c'entra. In Fisica è necessario essere precisi. L'auto che fluttua nell'aria non la puoi spostare come niente perchè l'inerzia è la stessa che ha quando è appoggiata a terra, come dicevo sopra servono 1000 N per farla accelerare a 1 m/s2. Prova a spingere un grosso peso sospeso ad un paranco! Che gli attriti siano trascurabili rispetto all'inerzia lo dimostra l'esempio dell'auto: una volta in movimento si fa molta meno fatica a spingere, e quella fatica residua serve per contrastare gli attriti che evidentemente sono molto meno intensi dell'inerzia. Se l'auto fluttuasse senza alcun attrito data la prima spinta di 1000 N proseguirebbe a muoversi di moto rettilineo uniforme senza ulteriori spinte.

Per quanto riguarda il disegnino, quella è una schematizzazione che si riferisce a tutt'altro: nel sistema di riferimento solidale all'ambulanza quando incontro uno "scollinamento" la forza peso risulta ridotta, c'entra molto poco con il nostro discorso. Peraltro la spiegazione fornita è una semplificazione grossolana, ed è in effetti scorretta dal punto di vista fisico: quella che viene chiamata "forza d'inerzia" evidentemente non è una forza, essendo definita come una "traiettoria". Nella situazione che ci interessa le cose si dovrebbero impostare più o meno così:



La curva blu rappresenta la traiettoria del centro di massa del veicolo. Raggiunto il dosso l'accelerazione "a" subita dal centro di massa dipende dalla velocità con cui viene preso il dosso e dalla sua forma, e solo in misura marginale dal peso dell'intero veicolo: è evidente che andando più veloci, o modificando la forma del dosso, la curva blu non sarà più la stessa, e dato che il peso non è variato sono necessariamente le altre due variabili a condizionare la curva.

Nota l'equazione della curva blu (e questa è la parte quasi impossibile da calcolare), ricavare l'accelerazione a=a(t) istante per istante è un giochetto: se chiamiamo la curva c=c(t) si ha:


c(t)=(x(t),y(t))
a(t)=d2 c(t)/dt2=(d2x/dt2,d2y/dt2)

Non c'è assolutamente niente in queste equazioni che stabilisca che la componente verticale dell'accelerazione (d2y/dt2) sia costante e uguale all'accelerazione di gravità, perchè in effetti non è vero: la componente verticale dell'accelerazione dipende dalla curva percorsa dal centro di massa.

FranZη

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7 Anni 1 Mese fa #10072 da gnaffetto
esiste anche il momento lineare, che equivale alla quantita' di moto.....

l'esempio del peso sospeso non c'entra, la' si che si parla di momento angolare perche' c'e' un vincolo.
immagina invece l'auto sospesa nello spazio a velocita' 0 (inerzia 0) e di usare un piccolissimo razzo.. la sposterai.

i 1000N che tu calcoli sono riferiti alla forza necessaria per spostare di 1 metro al secondo (mi sembra) quella massa e.. continuare ad accelerare.... ma se io la muovo ad 1 centimetro al secondo i newton che mi servono sono 10... ( e non mi ricordo se era al quadrato.. quindi ancora meno se cambio il tempo)

ho capito che non mi sei di grande aiuto....

nel disegno l'inerzia è definito come vettore, cioe' un grandezza che contiene intensita', direzione e verso... io per semplicita' considero l'inerzia come l'energia immagazzinata dalla massa, e da ferma ogni massa ha inerzia zero.

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7 Anni 1 Mese fa - 7 Anni 1 Mese fa #10074 da FranZeta

gnaffetto ha scritto: ho capito che non mi sei di grande aiuto....

Io ho fatto quello che potevo per cercare di farti capire, a questo punto potrebbe esserti d'aiuto aprire un vero libro di fisica e studiarlo perché è abbastanza evidente che ne non lo hai mai fatto: prova a rileggere quello che hai scritto, non ha nessun senso. Oppure se hai come dici amici fisici chiedi lumi a loro, io gli argomenti che ho esposto li ho studiati alla facoltà di Fisica e se permetti so di cosa sto parlando.

FranZη
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7 Anni 1 Mese fa - 7 Anni 1 Mese fa #10120 da FranZeta
Approfitto di questo spazio per postare un calcolo relativo ad una discussione che ho avuto con @kamiokande sulla relatività ristretta e il suo rapporto con le equazioni di Maxwell. Si tratta in sostanza di verificare i passaggi delle equazioni postate qui . Avevo pensato di scriverle in TeX, cosa che avrebbe dato una formattazione molto più seria e in stile editoriale, poco dopo aver cominciato mi sono però detto: perchè invece non scriverle con calligrafia chiara e risparmiare così minimo una preziosa ora di vita? Sono sempre stato un fanatico di Seneca.

Purtroppo però se mi fossi accorto all'inizio che il fatidico termine "gamma" compariva in entrambi i membri già nel post di kamiokande (invece mi era sfuggita la gamma a primo membro), avrei risparmiato altro prezioso tempo perchè le equazioni non presentano assolutamente nessun problema: se A=B allora kA=kB qualunque sia la costante k. Questo a livello matematico, in Fisica a rigore bisognerebbe aggiungere la postilla che k deve essere una grandezza adimensionale, perchè altrimenti risulterebbero variate le dimensioni fisiche dell'equazione, ma è proprio il nostro caso: gamma è il fattore di Lorentz ed è immediato verificare che si tratta di una quantità adimensionale.

Detto ciò ecco di seguito il calcolo, solo un'ultima nota: ovviamente l'unico interessato alla questione è, se lo è, kamiokande, però se qualcuno passa di qui per sbaglio può comunque verificare come si tratti di un piccolo miracolo il fatto che tutto questo casino dia alla fine per risultato...0!!! Avete presente quando a scuola vi davano quelle espressioni lunghe un chilometro e poi il riquadrino dava come risultato dell'esercizio 0? Ecco, una roba del genere.



EDIT: Mi sono accorto adesso che ho dimenticato gli accenti nel riquadro centrale: il termine a sinistra del primo "=" è (nabla)' x E', con gli accenti, cioè così come compare nell'ultimo riquadro (nabla è il simbolo "delta" rovesciato).

FranZη
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7 Anni 1 Mese fa - 7 Anni 1 Mese fa #10126 da FranZeta
Una precisazione a quanto scritto qui sopra: dicevo che se A=B allora kA=kB. La cosa dovrebbe essere evidente a chiunque abbia studiato l'algebra delle scuole medie, e ho già specificato che se l'equazione riguarda grandezze fisiche allora bisogna anche richiedere che k sia un numero adimensionale, per esempio il rapporto di due velocità. Quello che alle scuole medie non insegnano è che la cosa continua a valere in ambito algebrico molto più generale, nel nostro caso si potrebbe obiettare che abbiamo a che fare con vettori, ma non cambia assolutamente niente. A e B potrebbero essere vettori e k la costante di cui sopra oppure, in un caso ancora più attinente a quello considerato, k potrebbe essere la matrice:
Code:
γ 0 0 0 1 0 0 0 1
cosa che darebbe alle nostre equazioni la forma:
Code:
γ*A1=γ*B1 A2=B2 A3=B3
che in effetti ha la stessa forma dell'ultima equazione della scansione qui sopra, quella del riquadro in basso a destra. Beh, tanto in ambito fisico quanto matematico questa è la stessa identica cosa che scrivere:
Code:
A1=B1 A2=B2 A3=B3

Altro esempio pratico: la famosa seconda legge di Newton F=ma è in realtà un'equazione vettoriale, scritta per esteso sarebbe:
Code:
F1=ma1 F2=ma2 F3=ma3
Ora se presi da uno slancio creativo volessimo modificarla come segue:
Code:
1*F1=1*ma1 2*F2=2*ma2 3*F3=3*ma3
(si ottiene moltiplicando entrambi i membri dell'equazione originale per la matrice:
Code:
1 0 0 0 2 0 0 0 3
)
cambierebbero in un qualche modo le caratteristiche della fisica di Newton? Ma neanche per idea, le due forme sono del tutto equivalenti, ovviamente si sceglie la forma senza coefficienti inutili aggiuntivi, ecco perchè nel calcolo del post precedente ho considerato il termine gamma finale del tutto ininfluente: se voglio divido ambo i membri per gamma e quello scompare, oppure moltiplico entrambi i membri dell'equazione vettoriale per la matrice:
Code:
γ^-1 0 0 0 1 0 0 0 1

FranZη
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7 Anni 1 Mese fa #10165 da kamiokande
Siccome non ho neppure la capacità di comprensione di un bambino delle medie, aiutami per cortesia a comprendere il tuo pensiero.
La versione definitiva di invarianza è quindi questa scritta al post #51

1) Un vettore è per definizione una n-pla di coordinate (lasciamo stare l'aggettivo "cartesiane" perchè oltre ad essere tecnicamente scorretto è fuorviante: porta a pensare subito ad uno spazio euclideo mentre la geometria differenziale -quella che stiamo affrontando qui- tratta spazi di qualunque tipo, purchè differenziabili), quindi la definizione di invarianza di un vettore è precisamente la definizione di invarianza coordinata per coordinata. Questa è geometria e vale indipendentemente dalla validità o meno della relatività

Quando invece hai scritto al post #39

Per quanto non sia sicuro di quello che intendevi scrivere con le tue equazioni, dato che mancano i passaggi, comunque mi pare di aver capito che si trascuri che il termine gamma sia proprio la contrazione della componente "x", ergo le due equazioni hanno la stessa forma, ed è proprio quello che si intende per "invarianza".

e questo al post #41

Non ha senso proseguire questa discussione qui, ti faccio solo notare che le equazioni sono esattamente le stesse se usi il nuovo sistema di riferimento, se usi il vecchio (cosa che hai fatto sopra) ovviamente no. Questo è il significato di trasformazioni in generale su una qualunque varietà riemanniana, se non ti sta bene, devi buttare via non solo la relatività ma tutta la geometria dal 1800 in poi. Ovvio che la densità di carica, essendo una funzione delle coordinate, nel nuovo sistema di riferimento va considerata rispetto alle nuove coordinate spazio-temporali, infatti nelle equazioni qui sopra usa rho_0 in luogo di rho, ma non se ne è mica accorto lui: cambiare il sistema di coordinate vuol dire cambiarle tutte, non solo quelle che ci fanno comodo.

Perché, se non avevi visto che gamma compariva in ambo i membri, invece di scrivere che sicuramente avevo sbagliato, visto che gamma deve essere almeno in ambo i membri, hai scritto invece:

si trascura che il termine gamma sia proprio la contrazione della componente "x", ergo le due equazioni hanno la stessa forma, ed è proprio quello che si intende per "invarianza" ?

Quando poi ti spingi oltre dicendo al post #51

2) La versione "corretta" delle equazioni di Maxwell è quella che trovi in qualunque testo di Fisica, o anche su wikipedia, con rho al posto del secondo membro della prima equazione qui sopra, che d'altronde è del tutto equivalente essendo la quantità tra parentesi una quantità adimensionale, come ho già provato a più riprese di spiegare. E' solo un cambiamento di unità di misura che non modifica la sostanza dell'equazione, così come darti una spinta di 9.8 Newton o di 1 kg_f significa dare esattamente la stessa spinta.

Mi pare di capire che questo fatto che un fattore adimensionale "non modifica sostanzialmente un'equazione", ovvero che il significato fisico di un'equazione "rimane del tutto equivalente" se ne moltiplico un membro per una quantità adimensionale, è una proprietà generale e non si applica solo alle equazioni di Maxwell? O ho capito male?

"La stampa è morta" (Egon Spengler - Ghostbuster)

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7 Anni 1 Mese fa - 7 Anni 1 Mese fa #10170 da FranZeta
La mappa non può essere visualizzata, non è ancora stata specificata una posizione.
Scusa kamiokande, ma io ti ho anche dato alcune risposte in privato, in questo modo mi metti in difficoltà. Il calcolo dell'invarianza delle equazioni di Maxwell rispetto a trasformazioni di Lorentz, che era il pomo della discordia, è quello del precedente post . In realtà la tua propensione a considerare il fatidico fattore "gamma" tanto rilevante può aver generato qualche fraintendimento. Guarda l'ultimo riquadro del calcolo già linkato: compare all'inizio la versione accentata di una delle equazioni di Maxwell, quella che sostenevi che non era invariante, poi dopo due passaggi c'è il definitivo vettore "0", quello che dimostra l'invarianza. La gamma non ha nessun ruolo in questo calcolo, perchè al di là di ogni considerazione, stiamo parlando del fatto che "gamma*0=0", possiamo essere d'accordo su questo?

Ho già spiegato che non avevo visto all'inizio la gamma a primo membro delle tue equazioni, e questo è il motivo per cui ho fatto a mano il conto, ma incidentalmente il mio conto conferma quello che avevo sostenuto al post #39 che mi contesti qui sopra: la gamma compare fra le vecchie e le nuove equazioni, non all'interno delle nuove come avevi sostenuto nel tuo commento originale (cosa che d'altronde, come spiegato nell'ulteriore post , non cambierebbe di una virgola il discorso). Infatti all'inizio, quando mi sfuggiva ancora la prima gamma, pensavo già che l'errore dovesse essere di questo tipo: confrontare il vecchio e il nuovo sistema di riferimento. Qui sopra compare un calcolo che puoi:
a) contestare allegando il/i passaggi sbagliati;
b) confermare e con esso anche l'invarianza dell'equazione di Maxwell in questione.
La matematica funziona così: tertium non datur (salvo logica intuizionista che però non ci interessa qui).

Per concludere, sottolineando che non mi riferivo a te quando parlavo di "scuole medie" ma al fatto che si tratta di un'uguaglianza algebrica arcinota, per quanto riguarda la "versione corretta delle equazioni di Maxwell" devo dirti che nella discussione originale pensavo, almeno all'inizio, di essere ad un altro livello di discussione, francamente la variante che hai postato dell'equazione di Maxwell non è affatto una versione relativistica, è semplicemente la versione originale dove la nuova densità di carica viene sostituita dalla vecchia non accentata, quella nel sistema di riferimento fisso: dato che rho è una carica diviso un volume, se la coordinata "x" viene contratta di un fattore gamma allora rho' risulterà moltiplicata per questo fattore. Però scusa ma qui siamo a un livello veramente elementare della questione, non si può pensare di contestare la relatività su queste basi.

Da ultimo vorrei puntualizzare che non sono un fanatico della relatività, credo che sia solo una bella teoria astratta così come lo fu prima di lei la gravità di Newton, e credo altresì che siamo lontanissimi dal capire la natura ultima della gravità o di qualunque altra profonda verità della Fisica. Infine ti ringrazio per l'opportunità che mi hai dato di approfondire concetti che davo per scontati (la Lorentz-invarianza delle equazioni di Maxwell), fare il calcolo con le proprie mani, oltre ad essere un utile ripasso, è una prova superiore a mille capitoli di libri di Fisica.

Edit: stavo lasciando senza risposta quest'ultimo dubbio:

Mi pare di capire che questo fatto che un fattore adimensionale "non modifica sostanzialmente un'equazione", ovvero che il significato fisico di un'equazione "rimane del tutto equivalente" se ne moltiplico un membro per una quantità adimensionale, è una proprietà generale e non si applica solo alle equazioni di Maxwell? O ho capito male?

Non hai capito proprio. Ho ripetuto allo sfinimento che stai moltiplicando entrambi i membri di una equazione per la stessa quantità adimensionale, nel nostro caso gamma. L'hai scritto tu stesso postando le tue equazioni, non realizzo proprio come tu possa avere ancora dubbi in merito.

FranZη
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7 Anni 1 Mese fa - 5 Anni 4 Mesi fa #10185 da kamiokande
Parliamo e non ci capiamo. Cerchiamo di evitare domande e risposte più lunghe di tre righe quando non necessario. Procedo con domande semplici a cui ti chiedo il favore di rispondere con risposte semplici.

Da quel che hai scritto sia qui che nel post post di Marconi, io ho capito che rispetto alla matrice da te introdotta:



dove k è un parametro adimensionale a scelta (uso k e non gamma onde evitare confusione), la seconda legge di Newton è invariante.

Domanda: Questa mia interpretazione è corretta? (Mi basta un sì o un no).

Secondo punto, alla mia domanda riguardo su quale fosse la versione corretta della prima equazione di Maxwell tra queste due:

a)
b)

tu hai risposto così:

2) La versione "corretta" delle equazioni di Maxwell è quella che trovi in qualunque testo di Fisica, o anche su wikipedia, con rho al posto del secondo membro della prima equazione qui sopra, che d'altronde è del tutto equivalente essendo la quantità tra parentesi una quantità adimensionale, come ho già provato a più riprese di spiegare. E' solo un cambiamento di unità di misura che non modifica la sostanza dell'equazione, così come darti una spinta di 9.8 Newton o di 1 kg_f significa dare esattamente la stessa spinta.

Nel quale mi spieghi in maniera molto chiara, a mio parere, che le due equazioni sono "tutto equivalenti essendo la quantità tra parentesi una quantità adimensionale."

Domanda: Questa affermazione vale solo per questa equazione o è del tutto generale?

Non cerco di metterti in difficoltà, ho solo difficoltà a capire le tue affermazioni e voglio essere sicuro di non interpretarle male onde evitare discussioni inutili.

P.S: Rispetto la mia uscita sulle scuole medie la mia era solo una battuta, non me la sono presa. Non andiamo più sul personale, ammetto che a volte mi faccio trascinare troppo anche se non dovrei. Rimaniamo sul pezzo.

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Ultima Modifica 5 Anni 4 Mesi fa da kamiokande. Motivo: ripristinato le immagini.

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7 Anni 1 Mese fa #10186 da kamiokande
Come ti ho detto in MP gradirei che tutto fosse scritto in una discussione pubblica, se lo ritieni opportuno apri pure un altro thread ed io sposterò lì i miei commenti.

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7 Anni 1 Mese fa #10187 da FranZeta
1)

Domanda: Questa mia interpretazione è corretta?

Sì.
2)

Domanda: Questa affermazione vale solo per questa equazione o è del tutto generale?

E' del tutto generale.


********************************************************************************************
Ora se posso fare un breve commento aggiuntivo, per quanto riguarda la 1) non capisco come si possa considerare un vettore come diverso dalla tripla di coordinate che lo definisce. Forse perchè stai pensando alla notazione della somma vettoriale, per intenderci quella del tipo:
Code:
E=E1.i+E2.j+E3.k
Ma i, j e k sono i vettori della base dello spazio vettoriale:
Code:
i=(1,0,0) j=(0,1,0) k=(0,0,1)
e non c'è alcuna differenza fra scrivere il vettore E nel modo qui sopra o scrivere E=(E1,E2,E3), cioè non ha senso parlare di invarianza per componenti vs invarianza vettoriale: l'invarianza vettoriale è l'invarianza di tutte le componenti.
Attenzione però, si intende:
Code:
F=ma <---->T*F=T*ma
e non:
Code:
F=ma <---->F=T*ma
che ricade invece nel punto 2). , quello dei cambiamenti di unità di misura.

Per quanto riguarda la domanda 2) ti ho già segnalato che quella stessa scrittura che riguarda rho si trova nell'articolo di Lorentz del 1904, per la precisione è la formula (7), quindi si tratta di un fatto già noto prima che venisse concepita la relatività ristretta. E si tratta, come specificato sopra, di un cambiamento di unità di misura, in generale, e di un cambiamento di sistema di riferimento (che comporta anche il cambiamento nell'unità di misura dovuto alla contrazione di Lorentz), nel caso specifico: nella formula a) la densità è quella del riferimento del sistema, nella b) la densità è quella in un sistema di riferimento considerato "fisso".

FranZη

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7 Anni 1 Mese fa #10196 da kamiokande
TI ringrazio per la pazienza. Ora cerchiamo di fare un passo avanti.

Prendiamo un sistema di riferimento inerziale S rispetto al quale un corpo di massa costante m accelera uniformemente per esempio con la seguente accelerazione:



Prediamo ora il sistema di riferimento S' trasformato con la matrice T dove k è una costante qualunque, rispetto a questo sistema di riferimento il corpo accelera invece con la seguente accelerazione:



da cui si osserva immediatamente che le due accelerazioni sono diverse sia in modulo che in direzione, e quindi per i due osservatori il corpo accelera diversamente sotto l'effetto di due forze diverse:



di conseguenza la seconda legge di Newton NON È INVARIATE rispetto alla trasformazione T. Vediamo ora come si esplicita correttamente l'invarianza rispetto alla trasformazione di Galileo. Prediamo un terzo sistema di riferimento S'' che trasla rispetto ad S con una velocità costante v, e di conseguenza è anch'esso inerziale. Rispetto a S'' la velocità del corpo u, misurata rispetto a S, si scrive in generale come:



differenziando nel tempo ambo i membri otteniamo l'accelerazione e di conseguenza la forza che agisce sul corpo:



Quindi sia per S che per S'' il corpo accelera con la stessa accelerazione sotto l'effetto della stessa forza. Questo è quello che si intende in fisica per invarianza.

Veniamo ora al secondo punto. Prendiamo la quantità di moto relativistica così definita:



che differisce dalla versione classica di Newton per il solo fattore di Lorentz



che secondo quel che dici è un semplice cambio di unità di misura. In realtà i due comportamenti sono molto diversi:
Quantità di moto
Legge oraria

La legge oraria di un corpo di massa costante, e soggetto ad una forza F costante, secondo la meccanica relativistica è un iperbole, mentre secondo la meccanica Newtoniana è una parabola. La seconda legge di Newton scritta in forma relativistica diventa:



Quindi la seconda legge di Newton non è invariante rispetto alle trasformazioni di Lorentz. Se sei interessato posso anche scriverti come cambiano le equazioni di Maxwell se si accetta di contrarre anche la densità di carica come suggerito da Jefimenko.
In conclusione, affermare che le trasformazioni di Lorentz sono solo un cambio di unità di misura, o che la sostanza della fisica non cambia, significa implicare che la teoria di Einstein ha avuto un impatto nullo sulla fisica del 1900.

"La stampa è morta" (Egon Spengler - Ghostbuster)

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7 Anni 1 Mese fa #10200 da FranZeta
Non ci siamo ancora capiti. So bene cos'è l'invarianza di un'equazione rispetto a un gruppo di trasformazioni del sistema di coordinate, se mi avessi fatto la domanda specifica ti avrei risposto che la seconda legge di Newton è invariante rispetto al gruppo di Galileo. Ma nessuno dei due punti da te sollevati riguarda questo aspetto, tanto è vero che ho preferito parlare di "equivalenza" piuttosto che "invarianza", anche se le sottigliezze linguistiche sono abbastanza inutili quando sono corredate da formule chiare. Infatti qui sopra ho specificato:

Attenzione però, si intende:

F=ma <---->T*F=T*ma

e non:

F=ma <---->F=T*ma

che ricade invece nel punto 2). , quello dei cambiamenti di unità di misura.


Ora se vogliamo fare davvero un passo avanti vediamo di chiarire al di là di ogni dubbio di cosa si parla.

1) Il primo punto da te sollevato riguarda questa equazione che hai postato:



Se vogliamo usare sempre la legge di Newton come prototipo di equazione, e la matrice T da te introdotta sopra come trasformazione, rientriamo in questa tipologia di equivalenza:
Code:
F=ma <-----> T*F=T*ma equivalenza (1)

Questa ovviamente non è una trasformazione del sistema di coordinate da cui dipendono i vettori "F" e "ma", ma una trasformazione algebrica dello spazio vettoriale in cui "vivono" questi vettori. Senza giri di parole stiamo trasformando i vettori che indichi con i, j, k in T*i, T*j, T*k e non il tensore xi in x'i. Si tratta quindi di una equivalenza algebrica che vale qualunque sia il significato che diamo a "F" e a "ma" che ci dice che se il vettore "F" è uguale al vettore "ma" in una data base, allora continua ad essere uguale in qualunque altra base dello spazio vettoriale.

2) Il secondo punto nasce invece dall'equazione:



che ci porta a questo tipo di equivalenza:
Code:
F=ma <-----> F=T*ma equivalenza (2)
Qui non c'entra l'algebra ma il significato fisico dell'equazione. In Fisica dire che due grandezze sono uguali e dire che sono proporzionali è sostanzialmente la stessa cosa, perchè due grandezze proporzionali possono essere rese esattamente uguali cambiando l'unità di misura di una delle due. E' il caso della forza peso che viene comunemente espressa in kg peso invece che in Newton. Nel caso specifico dell'equazione da te postata questo cambiamento nell'unità di misura è dovuto al fatto che i membri di destra e sinistra non sono espressi nello stesso sistema di coordinate, e fra i due sistemi vi è un cambio di unità di misura.

3) Veniamo ora all'invarianza di un'equazione rispetto a un gruppo di trasformazioni del sistema di riferimento, che come hai giustamente sottolineato è la vera invarianza delle leggi della Fisica. In questo caso il prototipo dell'equivalenza è:
Code:
F=ma <-----> F'=m'a' equivalenza (3)
Qui sì che si applica la trasformazione x'i=T*xi alle coordinate, poi si ricavano le corrispondenti versioni accentate di tutte le grandezze che compaiono nell'equazione e se l'equazione è invariante rispetto a T allora l'equazione accentata deve continuare ad essere valida. Come puoi ben vedere nessuno dei due punti da te sollevati rientra in questa tipologia di equivalenza, che è quella relativa al calcolo già postato sopra:



Nel riquadro 3 compaiono le trasformazioni delle coordinate con relativa matrice, poi dopo i passaggi intermedi nel riquadro 7 c'è la versione accentata dell'equazione di Maxwell in questione, che quindi risulta invariante rispetto alla trasformazione di Lorentz. A questo proposito ti pongo anche io una domanda alla quale basta un sì o un no come risposta:

Domanda: i passaggi del calcolo sono corretti?

Va da sè che se la risposta è sì allora devi ammettere la Lorentz-invarianza, se la risposta è no gradirei che segnalassi dove sta l'errore. Penso che più chiaro di così non riuscirò ad essere quindi spero che questa volta possiamo riuscire a parlare la stessa lingua. C'è ancora un'altra cosa da aggiungere però:

Quindi la seconda legge di Newton non è invariante rispetto alle trasformazioni di Lorentz. Se sei interessato posso anche scriverti come cambiano le equazioni di Maxwell se si accetta di contrarre anche la densità di carica come suggerito da Jefimenko.
In conclusione, affermare che le trasformazioni di Lorentz sono solo un cambio di unità di misura, o che la sostanza della fisica non cambia, significa implicare che la teoria di Einstein ha avuto un impatto nullo sulla fisica del 1900.

Come spero di aver chiarito qui sopra non ho mai affermato quello che mi fai dire qui, inoltre ti ho già segnalato che la "contrazione di Jefimenko" è già presente esplicitamente in Lorentz ancora prima che Einstein e poi Minkowski dessero alla relatività ristretta la forma che ha adesso, ragion per cui è universalmente nota come "contrazione di Lorentz". Come altresì non ho mai detto che le trasformazioni di Lorentz sono solo un cambio di unità di misura, ho detto che se le fai a metà come nell'equazione da te postata e trattata nel punto (2) quello che salta fuori è un cambio di unità di misura.

FranZη

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7 Anni 1 Mese fa #10262 da kamiokande
La tua risposta in merito all'invarianza rispetto a T della seconda legge di Newton mostra come il tuo concetto di invarianza sia diverso dal mio. Quando si afferma che le equazioni di Maxwell sono invarianti rispetto alle trasformazioni di Lorentz, si intende la stessa identica cosa che si intende quando si afferma che la seconda legge di Newton è invariante rispetto alla trasformazione delle velocità di Galileo. Le due cose non possono essere intese diversamente.

Nel caso in questione, rispetto alla matrice T, non c'è differenza tra F' = T*F ed F' = T*m*a perché l'equazione di Newton vale per S' come per S, quindi anche scrivendo



dove nonostante la forma della legge di Newton per S' è esattamente la stessa che per S, e che le componenti cartesiane siano (ovviamente) "invarianti", non cambia il fatto che



I due osservatori, S' ed S, osservano perciò due fenomeni diversi e, in questo caso, non si possono riconciliare se non introducendo un ulteriore termine di accelerazione (visto che non basta solo moltiplicare tutto per un fattore di scala)



quindi la seconda legge di Newton non è invariante rispetto a T malgrado siano "invarianti" le componenti cartesiane. Il punto per me è tutto qui: se la per legge di Newton l'invarianza delle componenti cartesiane non è sufficiente a garantirne l'invarianza in senso fisico, perché dovrebbe esserlo per le equazioni di Maxwell?

Venendo alla tua domanda, i tuoi passaggi sono corretti?
La mia risposta è: non ha importanza, visto che il tuo risultato è lo stesso che avevo già scritto io.

Quindi, l'equazione è invariante rispetto alle trasformazioni di Lorentz?
La mia risposta è no. Perché? Perché l'osservatore S osserva/misura un fenomeno diverso da S'. Il fatto che le due componenti ( (rotE)x e dBx/dt ) si eguagliano per entrambi i sistemi di riferimento, e che rimangono uguali anche moltiplicandole entrambe per lo stesso numero, ti assicuro che mi è sempre stato chiaro ed il tuo ripeterlo non gioverà alla discussione. Anche in questo caso, per riconciliare l'osservazione fatta da S' con l'osservazione fatta da S dello stesso fenomeno, occorre sommare all'equazione scritta da S' un ulteriore termine vettoriale (o banalmente moltiplicare ambo i membri per T^⁻1), cosa che ne implica la non invarianza.

È interessante notare che lo stesso Einstein, nel suo lavoro "on the electrodynamics of moving bodies", afferma che tutte le componenti della forma originale delle equazioni di Maxwell differiscono della forma trasformata (con Lorentz) per una funzione psi(v), ma siccome le due forme devono essere identiche allora tale funzione deve essere per forza uguale ad 1. Questo fatto non è direttamente collegato a quanto sto cercando di spiegare, ma fa capire come spesso le pretese "dimostrazioni" si fondino sulle delle basi dalla dubbia solidità.

inoltre ti ho già segnalato che la "contrazione di Jefimenko" è già presente esplicitamente in Lorentz ancora prima che Einstein e poi Minkowski dessero alla relatività ristretta la forma che ha adesso, ragion per cui è universalmente nota come "contrazione di Lorentz".

Assolutamente no! Sono due cose diverse. La domanda che fa Jefimenko è chiarissima: se una barra (o una scala come nel noto paradosso della scala e del fienile) in moto rispetto al sistema S (S' qui non centra nulla) si contrae secondo Lorentz, perché non dovrebbe farlo un corpo carico elettricamente?
Nella trattazione che si trova in letteratura la trasformazione della densità di carica è questa:



per cui rho (rho') è considerato sempre a riposo rispetto a S (S'), oppure invariante per definizione (non è chiaro). Jefimenko si è posto la domanda di cosa accade nel caso generale che un corpo carico elettricamente sia in movimento rispetto a S e/o S', per cui:



Questo fatto non è presente esplicitamente nelle equazioni di Maxwell, perché banalmente non lo può essere visto che per Maxwell un corpo in movimento non si contraeva come per Lorentz. Per intenderci, il fattore di Lorentz in questione non è dovuto a gamma, quindi alla trasformazione tra due osservatori S ed S', ma è riferito alla velocità u del corpo, e non alla velocità v di un generico sistema S'.

Riguardo al tuo insistere sull'equivalenza rispetto ad un cambio di unità di misura, come ho mostrato, moltiplicando il fattore adimensionale di Lorentz alla quantità di moto si cambia il senso fisico della seconda legge di Newton, poiché viene introdotto un secondo termine di accelerazione, ed allo stesso modo nella soluzione generale delle equazioni originali Maxwell (vedi per esempio a pag. 247 del libro di John David Jackson "Classical Electrodynamics" terza edizione )



contraendo le densità elettrostatiche secondo Lorentz, si ottiene questo



appaiono cioè delle velocità assenti nella forma originale che, specialmente all'interno dei termini derivati nel tempo, ne alterano il senso fisico, e non si può paragonare questo impatto ad una mera variazione di unità di misura.

"La stampa è morta" (Egon Spengler - Ghostbuster)

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7 Anni 1 Mese fa #10266 da FranZeta

kamiokande ha scritto: La tua risposta in merito all'invarianza rispetto a T della seconda legge di Newton mostra come il tuo concetto di invarianza sia diverso dal mio. Quando si afferma che le equazioni di Maxwell sono invarianti rispetto alle trasformazioni di Lorentz, si intende la stessa identica cosa che si intende quando si afferma che la seconda legge di Newton è invariante rispetto alla trasformazione delle velocità di Galileo. Le due cose non possono essere intese diversamente.

Kamiokande, il "mio" concetto di invarianza , quello che nel precedente post ho chiamato "equivalenza 3", è quello della Fisica matematica, il tuo non so a cosa corrisponde. Non l'ho ancora fatto finora ma vorrei farti notare che su tutti i libri di Fisica degli ultimi cento anni sta scritto che le equazioni di Maxwell sono invarianti per trasformazioni di Lorentz, quindi la discussione sta diventando piuttosto inutile, tanto è vero che te l'ho pure dimostrato matematicamente qui sopra e che non mi hai ancora dato una semplice risposta di tipo sì/no alla domanda sulla correttezza dei calcoli: "non ha importanza" non è una risposta, è un'opinione, e in matematica le opinioni stanno a zero. Se i calcoli sono corretti le equazioni sono invarianti. Punto. Questa è la definizione di invarianza così come è intesa da tutti i Fisici e i matematici del mondo, se non coincide con la tua significa che non stai facendo un discorso fisico-matematico.

Per quanto riguarda la contrazione della densità di carica, dopo almeno tre-quattro reiterate segnalazioni, pensavo che fossi andato a controllare:




Questo è l'articolo di Lorentz del 1904, a parte il fatto che chiama beta quello che noi chiamiamo gamma, e a parte una ulteriore costante "l" che dimostrerà più avanti essere uguale a 1, come vedi lì c'è scritto che la densità di carica rho è uguale a gamma*rho', perciò nella famosa equazione:

l'unica cosa diversa da quello che scrive Lorentz è che rho' è indicata con rho0, mi sembra un tantino poco per attribuire tutto il merito a Jefimenko per la scoperta di una cosa già ben nota una ventina d'anni prima della sua nascita.

PS Guarda che quando confondi i cambiamenti dei sistemi di coordinate con quelli della base dello spazio vettoriale stai scrivendo delle solenni stronzate. Senza offesa eh...ma non puoi sostenere che:

K*F1=K*ma1
F2=ma2
F3=ma3

non sia la stessa identica forza definita da:

F1=ma1
F2=ma2
F3=ma3

Questa è una uguaglianza algebrica, cazzo! Cosa c'entrano gli osservatori? Non stiamo cambiando nessun osservatore, stiamo dicendo che anche in Fisica continuano a valere le usuali regole per la risoluzione dei sistemi di equazioni. Altrimenti dovrai ammettere che la "tua" Fisica rinuncia a risolvere un sistema lineare del tipo:
Ax=b
con A matrice e x,b vettori, perchè non accetta la soluzione:
x=A-1b

FranZη

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7 Anni 1 Mese fa #10277 da FranZeta
@kamiokande
Devo fare un'ultima precisazione riguardo a questo punto:

La tua risposta in merito all'invarianza rispetto a T della seconda legge di Newton mostra come il tuo concetto di invarianza sia diverso dal mio.

che pensavo fosse più che chiaro ma a quanto pare non lo è. Allora, l'ho già detto e per conto mio la seguente affermazione può essere scolpita nel marmo in lettere d'oro:

La seconda legge di Newton è invariante rispetto al gruppo di Galileo.

D'altronde non me ne frega niente della seconda legge di Newton, ho detto chiaramente che la usavo come prototipo di equazione, perchè è semplice e comoda da scrivere, e per permetterti di fissare le idee su un'equazione concreta, ma a quanto pare la cosa ti ha confuso ancora di più. Prima hai voluto dimostrare che non è invariante rispetto a questo gruppo di trasformazioni delle coordinate:

salvo nel caso banale in cui k=1...e grazie! Poi hai voluto dimostrare che non è invariante rispetto al gruppo di Lorentz...e graziella. Infine hai pensato bene di dimostrare che è invariante rispetto al gruppo di Galileo...e grazie al cazzo! E' una cosa ben nota, non realizzo come hai fatto a capire da quello che ho scritto che io potessi sostenere il contrario!

In quelle che ho chiamato equivalenza 1 e 2 non fa alcuna differenza che tipo di equazione vettoriale stiamo considerando, nè che tipo di matrice (purchè sia invertibile), per questo avevo preso la legge di Newton e la tua matrice T: per usare qualcosa di concreto in luogo di un'espressione astratta che poteva confonderti, però anche tu, suvvia, cerca di fare un minimo sforzo nel distinguere le formule messe a mo' d'esempio da quelle di cui invece stiamo discutendo (equazioni di Maxwell).

Nell'equivalenza 3, come d'altronde ben specificato, ho usato ancora l'equazione di Newton e la matrice T per farti capire come cambiava la forma rispetto alle precedenti equivalenze, ma mi spieghi dove accidenti avrei scritto che F=ma è invariante rispetto alla matrice T qui sopra? Io ho scritto questo:

Qui sì che si applica la trasformazione x'i=T*xi alle coordinate, poi si ricavano le corrispondenti versioni accentate di tutte le grandezze che compaiono nell'equazione e se l'equazione è invariante rispetto a T allora l'equazione accentata deve continuare ad essere valida.

Ovvio che nel caso specifico, di cui peraltro non ci frega una mazza essendo solo un esempio pro forma, affinchè l'equivalenza 3 sia valida occorre che T appartenga al gruppo di Galileo, ma tu hai capito o no la differenza fra i tre tipi di equivalenza e relative applicazioni di una matrice di trasformazioni? No perchè pur avendo usato ogni cura nel distinguere e delimitare le tre situazioni, la prima cosa che hai fatto qui sopra è stata mischiarle tutte insieme in questo calderone senza senso:

Nel caso in questione, rispetto alla matrice T, non c'è differenza tra F' = T*F ed F' = T*m*a

quando ho ripetuto allo sfinimento che la forma accentata è riservata ai cambiamenti rispetto alle trasformazioni delle coordinate xi, da cui deduco che continui a pensare che applicare una trasformazione T alle coordinate e applicarla ai vettori F e ma (sempre a titolo d'esempio!!!) sia la stessa cosa.
In queste condizioni non ha nessun senso proseguire la discussione, sarebbe solo un'inutile prova di carico della pazienza di entrambi.

FranZη

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7 Anni 4 Settimane fa #10296 da kamiokande
Provo di fare un po di chiarezza sul motivo di questa discussione. E visto che tu hai citato le simpatiche sorelle Grazia e Graziella, io farò riferimento all'esimia Dottoressa Arcazzo, rinomata per comprendere le cose ovvie. Io ho proposto la tesi (sostenuta non solo da me) che le equazioni di Maxwell non sono intrinsecamente relativistiche, come normalmente ci viene detto, partendo da due osservazioni:

1) la non invarianza delle equazioni di Maxwell in forma vettoriale rispetto alle trasformazioni di Lorentz

2) (il punto più importante) occorre modificare sostanzialmente le equazioni di Maxwell per scriverle veramente in forma relativistica (da cui la tesi)

1) La tua risposta al mio primo punto è stata questa:

1) Un vettore è per definizione una n-pla di coordinate (lasciamo stare l'aggettivo "cartesiane" perchè oltre ad essere tecnicamente scorretto è fuorviante: porta a pensare subito ad uno spazio euclideo mentre la geometria differenziale -quella che stiamo affrontando qui- tratta spazi di qualunque tipo, purchè differenziabili), quindi la definizione di invarianza di un vettore è precisamente la definizione di invarianza coordinata per coordinata. Questa è geometria e vale indipendentemente dalla validità o meno della relatività

Questa tua affermazione (così come l'hai espressa e come continui a sostenere) implica che l'invarianza delle componenti, coordinata per coordinatala, è condizione sufficiente all'invarianza rispetto ad una trasformazione. Quindi dobbiamo prendere atto che per una trasformazione come quella da te definita la seconda legge di Newton è invariante (esattamente come l'invarianza rispetto al gruppo di Galileo), perché rispetto a tale trasformazione le componenti sono ovviamente invarianti. Ma come ho mostrato ciò non è affatto vero, quindi la tua affermazione è falsa e perciò l'invarianza delle componenti è una condizione necessaria ma non sufficiente per l'invarianza. Ho usato la seconda legge di Newton per via della sua semplicità, in modo che anche alla Dottoressa Arcazzo potesse essere chiaro che se è falsa per l'equazione di Newton non può essere vera per le equazioni di Maxwell.

Questo aspetto in realtà si complica un po' quando applicato alle equazioni di Maxwell, poiché è implicitamente accettato che il fenomeno osservato da S sia diverso, in termini generali, da S': quello che per S è un effetto dovuto ad un campo elettrico potrebbe diventare un effetto magnetico per S', ma rispetto al moto di una carica test le due osservazioni devono essere identiche (vedi per esempio pag. 550 di "Introduction to Electrodydamics" di David J. Griffith quarta edizione, o da pagina 229 di "Special Relativity" di Anthony P. French).

Cerco comunque un'ultima volta di chiarire il concetto introducendo la grandezza , che è un parente stretto della forza elettromotrice, e lasciando le componenti trasformate:



la 1 è quello che osserva S, la 2 quello che dovrebbe osservare S', la 3 quello che osserva S' secondo S attraverso Lorentz; dove la 2 deve essere dimostrata e non la si può considerare vera a prescindere. Siccome l'invarianza non è esplicita, l'unica cosa che si può fare è dedurre la seconda dalla terza (cosa che tu fai invocando un'invarianza/equivalenza che non c'è), deduzione che però fallisce per esempio quando gamma va all'infinito e due delle equazioni di Maxwell diventano così indeterminate. Siccome l'invarianza non è esplicita (non basta l'invarianza componente per componente), oltre a presentare dei problemi, l'unico modo per dirimere la questione, come ho già detto, è effettuare un esperimento per capire cosa osservano davvero S ed S', ma la cosa va da se che non è banale. Senza considerare che proprio la legge di Faraday presenta dei problemi piuttosto seri, che erano già noti allo stesso Faraday, e che tutt'ora non sono risolti (vedi per esempio "Exceptions to the Flux Rule for Electromagnetic Induction" del 1968 di Donald E. Tilley, pubblicato sul American Journal of Physics ). La questione non può essere banalizzata semplicemente fingendo di non vedere il problema, o affermando che basta l'invarianza componente per componente.

2) La tua risposta alla mia seconda osservazione è stata questa:

2) La versione "corretta" delle equazioni di Maxwell è quella che trovi in qualunque testo di Fisica, o anche su wikipedia, con rho al posto del secondo membro della prima equazione qui sopra, che d'altronde è del tutto equivalente essendo la quantità tra parentesi una quantità adimensionale, come ho già provato a più riprese di spiegare. E' solo un cambiamento di unità di misura che non modifica la sostanza dell'equazione, così come darti una spinta di 9.8 Newton o di 1 kg_f significa dare esattamente la stessa spinta.

Qui non mi soffermo troppo per bontà d'animo, ma anche questa tua affermazione è platealmente falsa come ho avuto modo di mostrarti, e come avrebbe intuito anche l'esimia Dottoressa Arcazzo. Questo punto è il motivo della discussione, e che ribadisco, nasce da un'affermazione fatta da qualcuno le cui equazioni sono nei libri di fisica. Riguardo infine proprio ai libri di fisica, ci sono molte cose che non si trovano nei libri, si fa fatica a trovare l'origine e l'interpretazione originale delle trasformazioni di Lorentz, assai diversa da quella einsteniana ( vedi per esempio i primi capitoli del libro "The Special Theory of Relativity" di David Bohm ), figuriamoci se si trova qualcosa a riguardo dei controversi risultati degli esperimenti di Michelson-Morley, Miller e Kennedy–Thorndike. Per fortuna il dibattito si sta riaprendo anche grazie alla riscoperta di questi risultati (vedi per esempio l'articolo "Laser Interferometry Experiments on Light-Speed Anisotropy" del 1981 di Harold Aspden, pubblicato su Physics Letters), e si stanno mettendo in discussione l'interpretazione fisica delle trasformazioni di Lorentz e le stesse basi della relatività (vedi per esempio "The Inertial Transformations and The Relativity Principle" del 2005 di Franco Selleri, pubblicato su Foundations of Physics Letters, e la letteratura scientifica in merito a questi temi incomincia ad essere corposa).

Ma fermiamoci pure qui.

"La stampa è morta" (Egon Spengler - Ghostbuster)

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7 Anni 4 Settimane fa #10298 da FranZeta
Kamiokande, il discorso è chiuso. La dimostrazione matematica dell'invarianza di almeno una delle equazioni di Maxwell -quella contestata da te peraltro- si trova qui , se non sei riuscito a confutarla matematicamente un motivo ci sarà. Per quanto riguarda le altre tre mi sento di fidarmi di quanto sostenuto da tutte le migliori menti della fisica e della matematica degli ultimi 100 anni, perchè non ho voglia di fare altri inutili calcoli. Se un giorno avrai degli argomenti matematici la tua replica sarà benvenuta, ma per il resto non mi va di sentir parlare del sesso degli angeli. Devo tra l'altro constatare che tutto il senso della discussione ti è tuttora ignoto, non hai capito la differenza fra trasformazioni di coordinate e di componenti di un vettore, due concetti assai diversi, rifiuti l'algebra elementare, non vedo come tu possa pensare di confutare la coerenza matematica della relatività ristretta su queste basi. Dell'adeguatezza fisica della relatività non me ne frega niente, interessa solo a te forse per confonderti ulteriormente le idee. Ognuno resterà nelle sue convinzioni, purtroppo per le tue queste si scontrano con la più elementare matematica.

PS non è che mettendo un ˄ al posto della "e" dai più vigore matematico a delle cose senza senso...io nabla' x E' l'ho calcolato esplicitamente così come l'altro termine e, guarda un po', risultano uguali per via delle leggi della geometria differenziale, nonchè dell'algebra, non "a prescindere".

FranZη

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7 Anni 4 Settimane fa #10318 da FranZeta
Tre per zero

Dopo questa lunga parentesi fra me e kamiokande tento di riprendere un momento lo spirito iniziale del thread, che nelle mie intenzioni vorrebbe essere aperto a tutti i curiosi e non ridursi a un dialogo tecnico e, tutto sommato, inutile. Mi riaggancerò però a un'affermazione dell'ultimo post di kamiokande, il quale ovviamente potrà replicare a piacere, basta che se ha intenzione di ritornare sul tema relatività si limiti a indicare il riquadro e il passaggio eventualmete sbagliato del calcolo postato e rievocato più volte, perchè francamente di tutto il resto non mi importa nulla. O meglio, mi interessa ma non ho alcuna intenzione di discuterne qui, dato che tutto il casino qui sopra è nato dalla mia affermazione che le equazioni di Maxwell sono invarianti rispetto alle trasformazioni di Lorentz...si lo so, 'sta storia ha rotto il cazzo, pure a me, quindi passiamo oltre.

Molti anni fa, da ragazzino, leggevo avidamente il fumetto Dylan Dog, e ricordo un episodio intitolato appunto "Tre per zero". Della storia in sè non ricordo quasi nulla, se non che il leit motiv era la domanda "perchè tre per zero fa zero?". Il ragionamento era più o meno il seguente: se ho tre mele e le moltiplico zero volte, ho ancora tre mele...quindi 3*0=3! Poi avendo traslocato e regalato non so a chi tutta la collezione di Dylan Dog non saprei essere più preciso sugli sviluppi della vicenda, ma tanto ci basta. Ora, il fatto che 3*0=0, o più in generale che a*0=0, lasciando aperta la possibilità ad "a" di essere qualunque numero o anche qualcosa di diverso, è una proprietà algebrica assai generale. Per la precisione vale in un qualsiasi anello . Non voglio tediare inutilmente riportando qui di seguito la definizione formale di anello, vorrei solo ricordare i punti principali: un anello è un insieme su cui sono definite due operazioni, comunemente indicate con + e *, ma che a livello pratico potrebbero essere molto diverse dalla normale addizione e moltiplicazione (così come gli insiemi potrebbero essere molto diversi dagli usuali insiemi numerici, si pensi ad esempio ai polinomi, che formano anch'essi un anello), tali che:
  1. esistono due elementi speciali (indicati in genere con 0 e 1) rispettivamente detti il neutro dell'addizione e della moltiplicazione;
  2. per ogni elemento "a" esiste l'elemento "-a" tale che a-a=0 (a-a è un'abbreviazione che sta per a+(-a));
  3. vale la proprietà distributiva: a*(b+c)=a*b+a*c.
Forti di questa definizione, non del tutto completa per la verità, ma sufficiente ai nostri scopi, ecco la fatidica dimostrazione che a*0=0:
Code:
a*0=a*(1-1)=a-a=0
Questo è il classico caso -chi ha letto qualcosa sopra ci si sarà già imbattuto- in cui si pensa: ma che cagata! E però, se ci si riflette meglio, alla banalità della dimostrazione si contrappone la generalità dei concetti: non stiamo parlando di numeri, ma di qualsiasi cosa che verifichi i punti 1-2-3 qui sopra, ha quasi dell'incredibile che in contesti così generali si possa già dimostrare qualcosa! Tutti gli insiemi numerici più importanti, in particolare quelli già definiti in fondo a questo precedente post , sono anelli, ad eccezione dell'insieme N dei numeri naturali (mancano i numeri negativi e dunque non è verificato il punto 2).

La morale è che ci spiace tanto per le elucubrazioni filosofiche di Dylan Dog ma 3*0 fa zero. En passant questo semplice esempio è utile per capire quanto le parole siano ingannevoli e quanto sia importante il linguaggio matematico, che serve proprio ad evitare l'ambiguità del linguaggio naturale. In effetti il problema nel ragionamento dell'indagatore dell'incubo è che "moltiplicare" spesso è inteso nell'accezione di "riprodurre", o "generare una moltitudine da un oggetto singolo", cosa che fa pensare subito che il risultato di una moltiplicazione debba essere qualcosa in più, o comunque nulla di meno, di ciò che avevamo in partenza. Sarebbe stato più utile il buonsenso delle maestre delle elementari: se ho tre mele e le prendo una volta, ho tre mele, se le prendo due volte, ho sei mele, ma se le prendo zero volte vuol dire che non le sto prendendo affatto, e quindi ho zero mele.

Ora come promesso ecco il punto che si riaggancia al discorso precedente, questa è la citazione (dal post #10296):

Siccome l'invarianza non è esplicita, l'unica cosa che si può fare è dedurre la seconda dalla terza (cosa che tu fai invocando un'invarianza/equivalenza che non c'è), deduzione che però fallisce per esempio quando gamma va all'infinito e due delle equazioni di Maxwell diventano così indeterminate.

Per far capire a chi non ha seguito la discussione precedente (cioè tutto il mondo meno me e kamiokande) spieghiamo subito che gamma è questa espressione:

dove c è la velocità della luce nel vuoto (dunque costante -kamiokande statte bbono!-) mentre v è un parametro il cui significato fisico è quello della velocità dell'osservatore. Il punto in discussione sopra era semplicemente questo*:
Code:
γ*0=0
e forse si inizia a capire il collegamento col discorso iniziale. Dall'espressione di γ è immediato verificare che, se v<c in valore assoluto, allora γ è un numero reale per il quale abbiamo già una dimostrazione che γ*0=0. Resta il caso in cui v=c, più problematico. Chi ha qualche affinità con l'analisi matematica e nello specifico col calcolo dei limiti non avrà difficoltà a verificare che valgono i seguenti limiti:
  • limv--->cγ(v)=infinito
  • limv--->cγ(v)*0=0

[Nota per kamiokande: ciò dimostra nella fattispecie che le equazioni non sono affatto indeterminate, che l'unica cosa ad essere indeterminata è la funzione γ(v) (non il suo limite!!!), e che ciò comporta che il valore v=c non corrisponde a nessuna trasformazione di Lorentz, quindi per confutare la Lorentz-invarianza delle equazioni di Maxwell hai scelto proprio l'unico valore esplicitamente escluso dal discorso.]

Ma senza ricorrere alle definizioni classiche di limite (una delle cose più noiose che l'intelletto umano abbia mai concepito, e tuttavia utili...), abbiamo qualche modo per verificare che se v-->c allora γ*0 continua ad essere zero? Beh, se non ci fosse avrei scritto tutto questo per niente, quindi sì, c'è. Prima di entrare nel merito però vorrei fare notare come anche il caso in cui v>c in modulo rientra nel campo di applicazione della nostra precedente dimostrazione, dato che in questo caso abbiamo a che fare con (il reciproco di) una radice quadrata di un numero negativo, cioè con un numero immaginario. I numeri immaginari sono i numeri reali moltiplicati per la radice quadrata di -1, che da Eulero in poi viene indicata con "i", cioè sono i numeri del tipo i*y con y numero reale. Dato che i numeri immaginari, insieme ai numeri reali e a tutte le possibili somme di questi due tipi di numeri, vale a dire i numeri di questo tipo:
Code:
z=x+iy
con x, y numeri reali, formano un insieme dotato delle proprietà 1-2-3 qui sopra, ossia un anello (per la precisione formano il campo dei numeri complessi, un campo è un anello con ulteriori proprietà), risulta ancora valida la dimostrazione data prima del fatto che γ*0=0. Già che abbiamo scomodato il binomio numeri complessi-Eulero non posso evitare di citare la sua famosa formula magica:

che lega insieme i cinque numeri più significativi dell'intera matematica. Scusate ma è più forte di me.

Bene, torniamo al nostro proposito di dimostrare che γ*0=0 anche se γ è infinito. Detto così non significa niente, perchè "infinito" non è un numero, però si può dare un senso alla cosa nell'ambito dei numeri iperreali . Anche questi, come i numeri complessi, costituiscono un'estensione logicamente consistente dei numeri reali, anche se di natura diversa. I numeri complessi nascono dall'esigenza di trovare soluzioni per ogni equazione polinomiale del tipo anxn+...+a1x+a0=0, molte delle quali non sarebbero altrimenti risolvibili nel campo dei numeri reali (esempio: x2+1=0; soluzioni complesse: x=±i); i numeri iperreali, la cui scoperta risale a meno di un secolo fa, nascono invece da motivazioni logiche: ci si chiedeva infatti se, dati gli assiomi che definiscono i numeri reali, esistessero insiemi diversi che soddisfacessero gli stessi assiomi. La risposta, lungi dall'essere una masturbazione mentale riservata ai logici matematici, fornì il contesto naturale in cui ambientare la branca matematica nota come analisi**, in un senso già intuito da Leibniz ma purtroppo per lui irraggungibile ai suoi tempi. Risulta infatti che questo modello "non standard" degli assiomi dei numeri reali, oltre ai numeri ordinari, contiene anche altre entità che si comportano come gli infinitesimi e gli infiniti già teorizzati da Leibniz.

Non potendomi dilungare troppo sull'argomento torniamo a bomba al nostro intento: si dimostri che γ*0=0 nel caso in cui γ è infinito. Ora all'interno del campo dei numeri iperreali ciò ha senso: esistono un'infinità di numeri iperreali infiniti, cioè maggiori di ogni numero reale, inoltre siamo sempre in una struttura algebrica costituente un anello, dunque -tac!- la dimostrazione è già fatta: è sempre quella sopra, la "cagata" per intenderci. Ma visto che abbiamo fatto trenta facciamo anche trentuno: dimostriamolo di nuovo, nel caso specifico, in modo un po' diverso. Sia dunque γ un numero iperreale infinito, supponiamo per assurdo che γ*0 ǂ 0. Ciò è equivalente a γ*0 ǂ γ-γ ovvero γ*0 ǂ γ*(1-1) (siamo in un anello), a questo punto, sfruttando il fatto che siamo anche in un campo e si può "semplificare", dividendo tutto per γ otteniamo successivamente 1*0 ǂ 1*(1-1) da cui segue 0 ǂ 1-1 = 0 cioè zero diverso da zero, contraddizione. Quindi γ*0=0, CVD.

* Per dettagli si veda la scansione in questo post , riquadro 7, il termine sotto ai tre asterischi.

** In realtà questa innovazione non è stata affatto recepita dagli "analisti", che per la stragrande maggioranza continuano a usare la vecchia impostazione. Tuttavia sono convinto che prima o poi la nuova analisi, detta analisi non standard, soppianterà la vecchia, vuoi per la semplicità molto maggiore dell'impostazione, vuoi per l'eleganza superiore, vuoi perchè riprende quello spirito che nel 1600 diede avvio alla disciplina e garantì risultati spettacolari. D'altronde le novità matematiche sono storicamente recepite con estrema lentezza, si pensi che i numeri complessi di cui parlavo prima, pur essendo sostanzialmente una scoperta degli algebristi italiani del 1500, sono stati universalmente accettati solo nel corso del 1800.

FranZη

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7 Anni 4 Settimane fa #10324 da gnaffetto
la moltiplicazione si intende quante volte si deve contare (sommare) lo stesso numero. se per 0 intendiamo che non dobbiamo nemmeno iniziare a contare allora è ininfluente il numero. :-) semplice?

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