di Lorenzo Piazza
Oltre un mese fa mi ha chiamato la mia amica Monica, tutta allarmata per chiedermi se sapessi qualcosa dei piani del governo sulla privatizzazione dell’acqua. Lei, che vive in provincia d’Imperia e collabora con il Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, un’entità che riunisce comitati territoriali, organizzazioni sociali, sindacati, associazioni e singoli cittadini che si batte da anni per l'acqua bene comune, voleva scrivere una lettera aperta ai sindaci della sua Provincia. Purtroppo non ne sapevo assolutamente nulla. Del resto, sono talmente tanti i temi economici, geopolitici, sanitari che meriterebbero attenzione, che è impossibile approfondirli tutti. Rimasi tuttavia molto colpito dalla preoccupazione che traspariva dalle parole di Monica e le promisi di informarmi.
Ciò che ignoravo, era che è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 5 agosto 2022, n. 118. Questa, nata come disegno di legge (DDL) annuale per il mercato e la concorrenza 2021 del dimissionario Governo Draghi, passata sotto silenzio dei media mainstream, distratti dal Covid, dalla guerra in Ucraina e dal calciomercato, ha purtroppo un'importanza fondamentale per tutti i cittadini e ricade nella sfera di competenza delle amministrazioni locali. A votarla sono stati quasi tutti coloro che hanno bussato alla nostra porta per chiedere il voto (Conte, Bersani, Letta, Renzi, Salvini, Berlusconi), a dimostrazione del fatto che i leader, al di là delle scaramucce da salotto televisivo, spesso mostrano comunione d'intenti.
La legge, e in particolare l'art. 8, dicendo di occuparsi di "riordino della materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica" (8.1), impone in realtà ai comuni la svendita sul mercato di tutti i servizi pubblici. E lo fa in nome della "tutela della concorrenza" finalizzata ad "assicurare la soddisfazione delle esigenze delle comunità locali" (8.2.a), nonché ad ottenere "qualità e efficienza" da raggiungere col "superamento dei regimi di esclusiva" che non sarebbero indispensabili (8.2.d), prevedendo tra l’altro l’introduzione di incentivi e meccanismi di premialità (8.2.e).
Tutto ciò servirebbe ovviamente ad incentivare gli investimenti privati e, contemporaneamente, metterebbe pressione agli enti locali che osassero perseverare sulla strada dell’investimento pubblico.
Il punto 8.2.g, infatti, recita: "previsione di una motivazione qualificata, da parte dell'ente locale, per la scelta o la conferma del modello dell'autoproduzione ai fini di un'efficiente gestione del servizio, che dia conto delle ragioni che, sul piano economico e sociale, con riguardo agli investimenti, alla qualità del servizio, ai costi dei servizi per gli utenti, nonché agli obiettivi di universalità, socialità, tutela ambientale e accessibilità dei servizi, giustificano tale decisione, anche in relazione ai risultati conseguiti nelle pregresse gestioni in autoproduzione".
In tal modo si vuole rendere difficile ai comuni mantenere pubblico il servizio idrico: se i sindaci vorranno affidare l’acqua ai fondi d’investimento, o alle multinazionali estere, non dovranno fornire motivazioni; viceversa, sarà necessario produrre una solida motivazione e stabilire a priori la convenienza della gestione pubblica su quella privata.
Ma con quale giustificazione hanno preso tale decisione?
In previsione di future emergenze climatiche e siccità (e questa estate ne abbiamo avuto un assaggio), la legge sarà utilizzata per giustificare misure di razionamento dell’acqua, o addirittura divieti. Senza dimenticare lo spreco a cui assistiamo in Italia (nel 2020, secondo ARERA, il 43,7% dell’acqua è stata dispersa dalle tubature), che il pubblico non è mai riuscito a risolvere.
Secondo il deus ex machina chiamato a salvare l’Italia, per poi abbandonarla a nuove elezioni da organizzare in estate ad un anno dalla fine del precedente mandato parlamentare, la privatizzazione è la soluzione. E se lo dice lui, che di privatizzazioni se ne intende, bisogna credergli. Ma non è da solo: ad esempio l’Istituto Bruno Leoni, adepto del neoliberismo, sull’acqua la pensa così: “se una risorsa è scarsa, le va dato un prezzo. L’acqua può essere allocata solo in due modi: secondo l’arbitrio del sovrano o secondo la logica del mercato”. Utilizzando come pretesto il periodo di siccità e l’ipotesi di razionamento, l’Istituto sostiene che l’unico modo per gestire prolungati periodi di emergenza idrica sia quello di affidare l’acqua al mercato privato. "Quello che manca in Italia è un sistema dei prezzi che dia conto della scarsità crescente dell’acqua e spinga a utilizzarla negli usi con maggiore valore sociale".
E quali sono questi usi con maggiore valore sociale? Nel momento in cui, data la scarsità dell’offerta di fronte ad un’elevata domanda, i prezzi schizzerebbero alle stelle, l’acqua per riempire la piscina del ricco di turno e che se la può permettere avrebbe un valore sociale? Per il ricco certamente. E anche per la società che avrà la ventura di accaparrarsi la concessione che, quotata in borsa, potrà garantire ricchi dividendi ai suoi azionisti.
Magari nonostante un forte indebitamento, come quello di IREN che ha chiuso il bilancio 2020 con una posizione finanziaria netta (PFN) negativa di quasi 3 miliardi di euro.
Il provvedimento sulla concorrenza è semplicemente orribile. Disegna un settore pubblico a cui è praticamente vietato gestire persino i monopoli naturali e il cui compito deve essere esclusivamente quello di stabilire le regole e controllare: poco importa che l’esperienza abbia dimostrato chiaramente che questo surrogato del mercato non abbia funzionato quasi mai, sia costoso e possa portare a tragedie come quella del Ponte Morandi (la cui colpa paradossalmente ricade sullo Stato reo di non aver controllato).
L’affidamento ai privati della gestione di servizi tradizionalmente forniti dal settore pubblico, secondo i cantori del neoliberismo, è motivato essenzialmente da due fattori: il primo è il pregiudizio secondo cui il privato è sempre più efficiente, veloce e innovativo; il secondo è la pretesa di introdurre la concorrenza anche in quei casi in cui la concorrenza è di fatto impossibile, come per i monopoli naturali.
Peccato che il privato, mentre lo Stato dovrebbe solo coprire i costi, punta a realizzare un profitto, spesso a spese dei lavoratori, spremendoli di più e dando loro meno garanzie. Per i privati il “peso” della sicurezza dipende semplicemente dai costi.
E lo Stato che dovrebbe controllare, si scontra coi migliori studi legali che stipulano i contratti per le grandi imprese, allo scopo di metterle al riparo da ogni possibile imprevisto.
Il quadro complessivo è semplicemente sconfortante: appaltare ai privati i servizi pubblici ha costi maggiori, a fronti di controlli solo teorici e, in caso di mala gestione, la revoca delle concessioni è quasi impossibile. Proprio questo mostro è il sogno di tutti i capitalisti che potrebbero operare senza concorrenza.
Per ora Draghi vuole far finire in mano ai privati la gestione del servizio idrico, non la proprietà di sorgenti e acquedotti, che appartengono al demanio. Oggi. Un domani si vedrà… già che gli enti locali hanno passato ai privati la gestione del servizio, magari possono anche cedere reti e impianti per fare cassa… Inorridisco!
Eppure questa faccenda della privatizzazione dovrebbe ricordarvi qualcosa. Ah sì, c’è stato un referendum abrogativo nel 2011, che ha pure raggiunto il quorum, segno che interessava agli italiani. E come avevano votato? Oltre il 95% ha voluto fortemente abrogare le seguenti due norme:
Quesito 1 - referendum sulla privatizzazione del servizio: gli Italiani hanno scelto che gli enti locali saranno liberi di scegliere il modo di affidamento dal servizio: a privati, a società miste (senza limiti minimi di partecipazione dei privati) oppure a società pubbliche, affermando quindi che la gestione pubblica dei servizi ha ancora un ruolo positivo per il suo interesse, contraddicendo il pregiudizio che “privato sia meglio”.
Quesito 2 - referendum sulla tariffa per l’erogazione del servizio idrico: anche in questo caso, gli elettori hanno sconfessato che le tariffe debbano dipendere dal profitto del gestore del servizio, ma solo dalla copertura dei costi: la riaffermazione dell’utilità sociale della gestione pubblica dei servizi, che prevale sul lucro che si può trarre da un’iniziativa imprenditoriale.
La volontà popolare era in sostanza che le istituzioni preposte affidassero il servizio idrico ad una società a totale capitale pubblico. La realtà va invece nella direzione opposta: nel dicembre 2020 l’acqua è stata quotata in borsa e oggi si ripropone ancora la sua privatizzazione. Ciò comporterebbe l’assoggettamento di un bene primario, vitale, alle logiche di mercato. Una società per azioni punta sul massimo profitto con la minima spesa, che deve soddisfare gli interessi degli azionisti e dividere gli utili, applicando addirittura ricarichi ingiustificati, che immancabilmente finiscono nella bolletta.
Proprio qui sta l’equivoco: trattare l’acqua come una qualunque merce, la cui commercializzazione va sfruttata per generare profitti. Chi si oppone a tutto questo, afferma che il servizio idrico non possa essere trattato come una qualunque merce, perché l’acqua appartiene a tutti ed è un bene pubblico, strettamente legato a tutte le nostre vite e mezzi di sussistenza ed è una componente essenziale per la salute pubblica. La stragrande maggioranza degli aventi diritto pensava proprio questo. Anni dopo però, anche se gli italiani si esprimono, vengono regolarmente bypassati e ignorati e ciclicamente i progetti ritornano, magari seminascosti come in questo caso. Si parla di disaffezione alla politica e diserzione delle urne, ma come dar torto alla gente?
E i media mainstream che, è palese, dettano l’agenda e indottrinano su cosa sia importante sapere e credere? Silenzio totale. Eppure che l’acqua sia importante, non lo dice solo il buon senso che certi signori non hanno (o fingono di non avere), ma l’ONU: nel 2010 il diritto all’acqua è stato definito “diritto umano universale e fondamentale” e gli stati dovrebbero “garantire l’accesso all’acqua potabile a tutti gli individui, proteggendoli da interessi speculatori e azioni privative di questo diritto”. La stessa organizzazione ha poi nel 2020 lanciato un’accusa molto diretta: “i ricavi in eccesso derivanti dalla fornitura di servizi sono quasi interamente distribuiti tra proprietari o azionisti di società private come utili e dividendi. Questa pratica ha un impatto negativo sugli investimenti nella manutenzione e sull’estensione di servizi per le popolazioni non servite o sottoservite, il che può portare a una continua necessità di investimenti pubblici”.
Questa è la situazione piuttosto drammatica. Ho tuttavia scoperto con sollievo che esistono diversi comitati e movimenti che si battono da anni, cercando di informare la cittadinanza e chiedendo risposte alla politica. Il desiderio della gente è che i sindaci realizzino una gestione pubblica che abbia come obiettivo non il profitto dei privati, ma la qualità dell'acqua e della rete di distribuzione; e i cui ricavi, invece di ingrassare un gestore privato vadano riutilizzati per la manutenzione e il miglioramento del servizio.
Proprio in quest’ottica, Monica ha infine indirizzato il 26 settembre una lettera aperta ai sindaci aderenti a RIVIERACQUA, una società consortile per azioni a capitale totalmente pubblico, costituita nel 2012 per gestire il servizio idrico della Provincia d’Imperia. L’idea era fare leva sull'etica, sull'onestà intellettuale e sul senso di giustizia dei sindaci, eleggendoli a baluardo in una battaglia che riguarda tutti i membri della collettività, specialmente quando l’amministrazione centrale ignora così palesemente il volere e il benessere della cittadinanza. I primi cittadini, invece di ammiccare al privato, dovrebbero prendere a modello le gestioni pubbliche più virtuose che spesso, con pochi mezzi, riescono ad organizzare servizi che il privato si sogna. Lo slogan sarebbe: "basta allo stereotipo del servizio pubblico carente, a fronte di un servizio privato efficiente". Per la cronaca, ad oggi, non è stata registrata alcuna reazione: nessuna risposta dai sindaci destinatari che, evidentemente, non vogliono o non possono esporsi prendendo una posizione su un tema tanto sensibile.
Ma a prescindere dal silenzio dei destinatari, il mio vuole essere un appello a rimanere vigili, rivolto soprattutto a coloro che, come me fino a poco tempo fa, erano totalmente ignari della situazione e che spero di aver sensibilizzato con queste righe.
Perché l'acqua non è una merce: lo suggerisce il buon senso, lo scrive l’ONU, lo riconosce il referendum.
È invece un bene primario e irrinunciabile, di cui noi stessi siamo fatti. Marco Paolini e i Mercanti di Liquore nella canzone “Due parti di idrogeno per una di ossigeno” che inizia con una constatazione tanto ovvia quanto illuminante (“Il corpo umano è fatto al 90% di acqua, succhi, saliva e sputi”) pronosticavano “Domani qua metteranno il cartello: Privato” e si chiedevano “Ma di chi è l’acqua? Perché non riesco a non pensare che questa non sia roba da vendere e comprare”.
L’acqua non è “roba da vendere e comprare”. L’acqua è “oro blu” perché, insieme all’aria, è il bene più prezioso da cui dipende la vita. Difendiamola.
Hic
Ma in un mondo dove comanda una organizzazione criminale satanista che cosa ci vogliamo aspettare?
tuttavia quel "L’acqua è “oro blu” perché, insieme all’aria, è il bene più prezioso da cui dipende la vita" è oggettivamente VERO nel senso stretto del significato che porta con se.
L'acqua è ancor più importante e fondamentale dell'energia! L'uomo, dai suoi albori ad oggi, c'è arrivato anche senza energia (relativamente recente)... senza l'acqua non ci sarebbe mai arrivato, anzi, manco sarebbe nato!
Non possono essere confrontate le due cose (acqua e energia), anche se l'uomo moderno -ormai- non può fare a meno dell'energia!
L'acqua è un tassello del piano assieme a cibo, energia, riscaldamento e trasporti.
Non andrà tutto bene vista la cronica ignavia italiota.
non ho afferrato il tuo "ragionamento"...
ma forse perchè sto ancora ridendo alla tua battuta:pensa che io sono più di 40anni che me lo chiedo!
Completamente d'accordo con teUn altro modo subdolo per far capitolare il piccolo contadino fallito e soppiantarlo con le "future fabbriche" di cibo2.0
Gas, stop energia per trenta giorni nelle aziende: blocco possibile tra dicembre e febbraio, ecco il piano
Si chiama agenda baby !
ilmessaggero.it/.../...
io dico che se vuoi l'acqua corrente che esce dal rubinetto la devi pagare.
Dico anche che, se la nostra Costituzione ti nega il diritto di avere l'acqua corrente perché non te lo puoi permettere allora é solo un pezzo di carta buono per fare spessore sotto le gambe dei tavoli.
Una precisazione sul "privato". Io sono un privato, un artigiano é un privato, un coltivatore diretto é un privato, un libero professionista é un privato.
Una multinazionale che ha il monopolio su di una risorsa essenziale non é un privato. Se la legge lo tratta come tale, é perché lo Stato non funziona come dovrebbe. Ma neanche in Italia questo succede.
Succede peró che la multinazionale possa licenziare un po' piú facilmente i suoi dipendenti rispetto allo Stato, e dargli meno diritti. Succede anche che la multinazionale prende soldi dallo Stato per riparare le infrastrutture, e se in perdita, la perdita viene coperta dalle banche prima e dallo Stato poi. Il privato, quello vero, questo non lo puó fare...
Il servizio pubblico é sottoposto a certi controlli (come quello da parte della Corte dei Conti) a cui il privato non sottostà, e questo permette una gestione persino più allegra delle finanze.
Diciamo che i "privati" che gestiscono i servizi pubblici si godono il meglio dei due mondi! Ma non dovrebbe essere così. Il parlamento dovrebbe sempre regolamentare la gestione del servizio pubblico da parte del privato con leggi che tengano conto della natura essenziale del servizio, e questo in genere succede, ma fino a che punto non so.
L'altro problema è che i "privati" in questione sono pappa e ciccia con i politici, a cui riservano posti nei consigli di amministrazione (per non parlar del resto...)
Il diritto all'acqua risulta quale estensione del diritto alla vita affermato dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. Esso riflette l'imprescindibilità di questa risorsa relativamente alla vita umana. «"È ormai tempo di considerare l'accesso all'acqua potabile e ai servizi sanitari nel novero dei diritti umani, definito come il diritto uguale per tutti, senza discriminazioni, all'accesso ad una sufficiente quantità di acqua potabile per uso personale e domestico - per bere, lavarsi, lavare i vestiti, cucinare e pulire se stessi e la casa - allo scopo di migliorare la qualità della vita e la salute. Gli Stati nazionali dovrebbero dare priorità all'uso personale e domestico dell'acqua al di sopra di ogni altro uso e dovrebbero fare i passi necessari per assicurare che questo quantità sufficiente di acqua sia di buona qualità, accessibile economicamente a tutti e che ciascuno la possa raccogliere ad una distanza ragionevole dalla propria casa.[1]» La risoluzione ONU del 28 luglio 2010 dichiara per la prima volta nella storia il diritto all'acqua "un diritto umano universale e fondamentale".[2] La risoluzione sottolinea ripetutamente che l'acqua potabile e per uso igienico, oltre ad essere un diritto di ogni uomo, più degli altri diritti umani, concerne la dignità della persona, è essenziale al pieno godimento della vita, è fondamentale per tutti gli altri diritti umani.[3] La risoluzione non è vincolante, ovvero afferma un principio che ancora raccomanda (non obbliga) gli Stati ad attuare iniziative per garantire a tutti un'acqua potabile di qualità, accessibile, a prezzi economici. È stata approvata dall'Assemblea generale con 122 voti favorevoli, 41 astensioni e nessun contrario. Altri documenti dell'ONU avevano affermato il diritto all'acqua come diritto di alcune categorie di persone (minorenni, disabili), mai come diritto universale.
....
buon ultimo...
it.wikipedia.org/wiki/Diritto_all%27acqua
www.lantidiplomatico.it/.../39130_44485
La superstizione liberista (mai provata dai fatti, ma solo da un gruppo di coglioni pseudoeconomisti che si citano e si approvano a vicenda, mentre i veri economisti hanno già demolito tale superstizione) non concepisce i seguenti concetti (partendo dal filosofico e scendendo verso l'economico):
- il bene comune
- la comunità di destino
- le attività collaborative (win-win)
La teoria recita che l'egoismo e l'avidità producono risultati utili se vi è concorrenza e in tali condizioni l'azione del mercato è la più efficiente.
La teoria è riduzionistica, ovvero pensa di spiegare il tutto come somma delle parti, ma in realtà non si è neppure mai degnata di vedere se la somma delle parti si avvicina vagamente alla situazione reale, (perché ai liberisti non interessa che la loro teoria descriva la realtà, a loro interessa interpretare la realtà in modo da supportare la loro superstizione).
Cosicché il liberismo si mette dal punto di vista di un singolo operatore e pone un'eguaglianza tra il profitto del singolo e l'efficienza del mercato, sottintendendo, senza dirlo, che ciò che vale per uno possa valere per tutti.
Questa è una profonda idiozia, in quanto il guadagno di uno è la spesa di un'altro, non solo: il profitto di uno può essere generato da un trasferimento di ricchezza senza creazione di ricchezza e ciò significa che il mercato non incentiva la massimizzazione della ricchezza totale (la prosperità).
Ma allora a cosa si riferisce la tanto sbandierata efficienza del mercato?
In effetti il mercato libero ha dimostrato una straordinaria efficienza, quella di accrescere i profitti di chi ha una posizione attiva, ovvero sta già facendo profitti, in parole povere il mercato è efficiente ( e questo sì l'ha ampiamente dimostrato) nell'arricchire i ricchi (con conseguente impoverimento dei poveri).
Vi sorprende che i ricchi finanzino chi insegna, pubblica e divulga tale dottrina?
#15 komax
Da tappezzarci palazzi interi a lettere cubitali con queste parole, per evitare che rimanga solo nella memoria dell'acqua
Eeeee a tal proposito, mi chiedevo, come fa la maggior parte degli italopitechi a non ricordarsi di niente essendo fatti (come noi) per il 60% di H₂O
A me sorprende piuttosto che si invochi sistematicamente lo Stato, virtuoso antidoto al liberismo, e poi ci si lamenti che qualcosa non funziona come dovrebbe.
Ma la colpa rimane del mercato, e dei "superstiziosi liberisti coglioni pseudoeconomisti."
Che razza di post tocca leggere.
Ma non mi dire, deve trattarsi della comunita' scientifica degli economisti quelli veri.
Dov'e' che ho gia' sentito una simile locuzione?
PS - dov'erano i liberisti quando lo stato punturava a manetta? Cosi' giusto per sapere. Non ne ho visti molti in giro di questi beneficiari dei finanziamenti dei ricchi. Ci si sarebbe aspettato che scrivessero qualcosa del tipo: Stato, fatti i cazzi tuoi. Avranno preso una vacanza.
Risposta:Rivieracqua(il gestore) incassa solo le bollette,i lavori li devono fare i comuni,ah quindi l'acqua la paghiamo due volte,malinconicamente mi ha risposto di si.
Concordo con il tuo intervento.
Aggiungo, le posizioni attive, in particolare le grandi posizioni attive, e le secolari posizioni attive, sono nella maggior parte il frutto di corruzione, clientelismo, imbrogli e schiavitù datate anche centinaia di anni.
Anche se guardiamo alla guerra, non solo a quella ucraina, le parti in gioco, da una parte e dall altra, sono proprio le posizioni attive che si confrontano.
Italian style....
Ma ti spiace dirmi dove lo vedi il libero mercato, porcozzio?
E queste cose secondo voi alfieri dello Statalismo, non si verificano con lo Stato?
Che venga il WEF e inculi tutti, porcozzio.
Se non avete capito cos'e' la liberta' dallo Stato neanche quando lo Stato vi impedisce di lavorare sotto ricatto di una puntura, non c'e' speranza che lo possiate capire quale che sia il modo.
E' tutto puramente teorico, iperuranico direi
Perché non è mai esistito il "libero mercato" così come non è mai esistito lo "statalismo".
Quindi si esprimono certezze su basi immaginarie e si litiga, perdonatemi, sul nulla.
Il problema, come sempre, siamo "noi" mica il sistema che si vuoe adottare. Puoi immaginare il sistema perfetto ma applicarlo ad una umanità infantile, furba, disonesta (generalizzo ovviamente) e pensare che possa funzionare è assurdo.
Il libero mercato, dove però vengono premiati i più spietati squali disposti a passare sopra i cadaveri di miliardi di persone pur di accrescere la loro già spaventosa ricchezza.
Lo statalismo dove però poi ci sono i soliti furbi etc. che finiscono ad avere un potere che nella pratica è identico a quelli di sopra.
Discutere di "sistemi econmici" senza tener conto della realtà significa parlare per via puramente teorica e totalmente irrealizzabile.
Quindi "lo statilsmo" ha fatto macire le tubazioni e siccome "il comune non ha soldi" si continua a perdere buona parte dell'acqua.
Poi arrivano i salvatori, i privati, che non salvano niente se non il loro portafogli.
Parlare di sistemi inapplicabili lo trovo senza senso.
Invece tocca leggere queste puttanate
per me l'acqua dovrebbe rimanere pubblica.
E' assurdo che i comuni che la vogliono tenere pubblica debbano "giustificarsi", e non viceversa.
Il motivo per cui sorgono tali dilemmi è che non ci si accorge minimamente come le parole usate in questi ambiti ("pubblico", "privato", "liberismo", "statalismo", ecc...) possono assumere significati e accezioni completamente diversi o perfino diametralmente opposte a seconda delle situazioni e del contesto; ideologisti e promotori di qualche agenda lo sanno bene e giocano su queste ambiguità per manipolare le persone e perseguire i propri sporchi obiettivi.
Prendiamo ad esempio il termine, apparentemente chiaro e univoco di "Stato": che cos'è realmente, concretamente? In una monarchia assoluta lo Stato altro non è che 1 singolo individuo (il sovrano), mentre in una democrazia diretta lo Stato è il popolo intero, e tra questi 2 estremi esistono infinite possibili sfumature. E tra queste sfumature, il nostro, che tipo di Stato è? E qui si scoperchia un altro vaso di Pandora... chi si riempie tanto la bocca di Stato (che sia per esaltarlo o per infamarlo), 99 volte su 100 non si rende condo che sta parlando contemporaneamente di 2 concetti diametralmente opposti; grazie al c@##0 che poi la discussione degenera in un marasma insolubile di "E' colpa dello Stato!" "No! E' colpa del mercato!".
Potrei andare avanti ma credo di aver reso l'idea. Mai più che in questo caso vale il detto "il Diavolo si nasconde nei dettagli"; ma si sa, i dettagli sono così noiooooooosi....
Non fare il finto tonto, posso rispondere di quello che dico io, non su quello che inventi tu, non è questione di libero mercato o di essere alfiere dello statalismo, si tratta di prevaricazioni da una parte e dall altra, se una multinazionale sfrutta la sua posizione dominante è lei stessa che monopolizza e distrugge la libera concorrenza, e proprio gli Stati (cioè i cittadini, cioè noi,la comunità,come te lo devo spiegare, quello che ti costringe a punturarti non ne più lo stato è chiara sta cosa?)invece devono mantenere e gestire i servizi essenziali e vigilare sulla libera concorrenza, è una questione di equilibrio, quando non c'è equilibrio, viene a mancare sia il libero mercato sia i doveri dello stato, e noi siamo proprio in mezzo ad uno squilibrio delirante
Certo, ma tutto questo non elimina quanto ho detto perché dove andrebbe aplicata una X teoria o X sistema sempre "quello" è.
Hai ragione, si puo' parlare di Stato con tante accezioni diverse (ad es. anche di territorio), ma quando il discorso verte sulla dicotomia Stato / libero mercato, per Stato si deve intendere una entita' con potere di coercizione, ovvero capace di imporre regole e adempimenti in ultima istanza con la pistola. Non c'e' santi.
Pertanto lo Stato non e' questo:
Perche' una comunita' priva di mezzi di coercizione non e' uno Stato.
Mentre lo e' quello che ti fa il TSO.
Pertanto:
No.
una mamma porta il bimbo all'acquario, spettacolo delle Orche, una gli spancia proprio davanti al muso, con un sorriso a non so quanti denti aguzzi, infradiciando il bimbo, il quale, guardando l'acqua richiudersi dopo il tuffo davanti a sé e subito dopo mammina, con fare ammiccante dice: cacca due ho! e la mammina:- ma che bimbo intelligente! a squola gli hanno già insegnato la chimica di base! e il bimbo, tirando mammina per la manica, appresso all'orecchio esplicò a voce: non è proprio così, mammina, a squola già ci insegnano tante cose tipo come proteggerci da ogni qualsivoglia vairuz, figuriamoci la chimica di base; no, è che basilarmente ho due cacche nelle mutande... oh, vacca, cacca due hai hai...
stagionatevi per bene anche voi, mi raccomando! Mattone nello sciacquone per risparmiare l'acqua durante l'alluvione, termostato collegato a indici di borsa perennemente al ribasso; ma soprattutto, mi raccomando sciarpetta e maglietta della salute!
...salute...
Mentre lo e' quello che ti fa il TSO."
Verissimo. Però è altrettanto vero che una comunità che avesse almeno un minimo controllo sui mezzi di coercizione avrebbe potuto usarli per fare il TSO non a noi, ma a chi avesse avuto la balzana idea di obbligare la gente a fare da cavia per un trattamento sperimentale, o di rendere un bene primario come l'acqua proprietà privata di una ristretta elite.
Per cui stiamo molto attenti a chi dice "Stato buono!" o "Stato cattivo!"; esiste un tipo di Stato che le elite adorano alla follia, e un tipo di Stato di cui le elite hanno una paura matta.
Il problema chiave e': come si esercita questo controllo.
Chi è che è contro la libertà?
hanno abusato, secondo me maliziosamente, di un termine che ispira istintivamente approvazione e simpatia.
La dottrina è basata sul "libero mercato", dove però quest'ultimo è il vero deus ex machina (lo dipingono proprio come un Dio: il Dio Mercato); e allora perché, ...grandissimi paraculi che non siete altro ( ), dei due termini avete preso "libero" e non "mercato" per identificare la vostra maled... ehm benedetta dottrina?
Vi dovreste chiamare mercatisti, non liberisti.
oppure, visto l'avversità che avete per lo Stato (che confondete furbescamente sempre con i politici che lo amministrano male), chiamatevi privatisti.
Ecco, mercatisti privatisti, non liberisti.
Che paraculi che siete!!!
Oddio la Jungla, il far west! Mai.
Di solito chi invoca le regole lo fa a protezione del proprio business dalla concorrenza, tipo i farmacisti, per dire.
Ebbene si: essi sono contro la liberta' degli altri di fare qualcosa che potrebbe dare loro fastidio.
Allora chiamano papi Stato e ci si nascondono dietro.
L'ho definito sopra lo Stato, e non ho nemmeno citato i politici stronzi.
Non sono stato abbastanza furbesco.
Si tanto ormai le etichette si sprecano, un po' in tutti i settori.
Se vogliamo rifare il glossario, prima dai un nome a quelli che vogliono che lo Stato dica dove si possono (e dove NON si possono) vendere le mutande, poi al limite io ci metto un NO davanti e vediamo se puo' funzionare. Tanto ormai, effettivamente, se uno parla di liberismo e' difficile trovare qualcuno che capisca cosa intende.
Per quanto riguarda l'energia suggerisco la visione del film "Il segreto di Nikola Tesla".