di Alessio Mannino
Giù le mani da Pier Paolo Pasolini. Come tutti gli anniversari di personaggi che hanno lasciato un segno, questo cinquantennale della morte è stata l’occasione per ammazzarlo di nuovo, a furia di retorica ipocrita e strumentalizzazione di parte. A sinistra, limitandosi al compitino del ritratto agiografico, con le solite formulette dell’intellettuale “irregolare”, “scandaloso” e via veltroneggiando.
Pasolini, prima di tutto un artista
A destra, dopo che la Meloni ci aveva già provato nel 2021 definendolo artefice di un “manifesto politico, conservatore” e di un pensiero “profondo e diffuso che innerva la destra italiana” (Io sono Giorgia), tal Federico Mollicone presidente della Commissione Cultura è tornato alla carica, arrivando a etichettarlo come “fascista”. Del resto, si sa: i morti non possono più difendersi.
Naturalmente, è legittimo cercare di interpretare quello sfaccettatissimo prisma che fu Pasolini nel legame, inscindibile, fra la sua vita e le opere. E qui anche chi scrive ne proporrà una. Non nuova, ma distante da quelle, faziose e piatte, delle opposte vulgate. Con una premessa: Pasolini lo scrittore, poeta, regista, documentarista, saggista, opinionista fu sempre, anzitutto, e fondamentalmente un artista.
Pasolini, uomo di cultura non politicizzato
Sperimentatore inesauribile di linguaggi diversi, poliedrico ricercatore di piani espressivi, eterno insoddisfatto e instancabile indagatore dell’altro lato della medaglia, in ogni momento della sua parabola rimase a favore dei poveri, non perché esclusi dal tenore di vita dei “padroni” ma in qualità di “spossessati del mondo”, deprivati della loro peculiare umanità. Un artista politico a tutto tondo, quindi. Ma mai politicizzato perché non politicizzabile. Ossia non incasellabile in una categoria ideologica né tanto meno partitica.
Espulso dal Partito Comunista con l’accusa di “indegnità morale” per il suo orientamento sessuale, rimase marxista ma di un marxismo tutto suo, all’assalto delle irreggimentazioni (“Il Pci ai giovani!”) e inneggiante al Lumpenproletariat. Quando, verso la fine, si avvicinò a quel refugium peccatorum che era il Partito Radicale, si affrettò a infilzarne la falsa coscienza additando la battaglia sui soli diritti civili come funzionale al conformismo di una libertà – avrebbe detto tempo dopo Giorgio Gaber – obbligatoria. Si mostrò sempre recidivo nello smentire sistematicamente qualsiasi classificazione che lo riducesse a esponente di questa o quell’area o perfino, nonostante la polemica con il Palazzo, a capofila di un generico populismo: “Meglio essere nemici del popolo che nemici della realtà”. Anche perché, sottolineava, “il popolo antropologicamente non esiste più”, convertito alla borghesia che non era più una classe, ma una “malattia”. Coltivò, in altre parole, la caratteristica più difficile e insidiosa di tutte: l’unicità.
Con tutti i pericoli che ne derivavano. Pasolini prima di tutto era un uomo, con i relativi limiti personali di ogni uomo. Sembra banale dirlo, ma non lo è, vista la tendenza a farne un santino o un marchio.
Il mondo di Pasolini
La sua vicenda esistenziale, a quei tempi non facile da rivendicare, di omosessuale (e con una precisa preferenza per gli adolescenti del sottoproletariato di borgata) ne influenzarono e condizionarono le convinzioni. E non poteva essere altrimenti poiché, come scriveva Nietzsche a proposito dei filosofi fissando però una verità che vale per ogni mente creativa, l’opera di un autore non è che l’insieme delle sue “inavvertite mémoires”. Una trascrizione non già fedele, ma senz’altro autentica di un’autobiografia. E infatti l’autobiografismo è un tratto, sulla scorta di D’Annunzio e più ancora di Malaparte, che in Pasolini si traduceva nel cosciente e voluto mettersi al centro della scena in tutto ciò che produceva. Per narcisismo, indubbiamente.
Per necessità, anche: malvisto dai “fascisti di sinistra” (espressione sua), accettò di buon grado di apparire su giornali “capitalisti” come il Tempo settimanale e, traguardo massimo, il Corriere della Sera. “Lo so bene”, ammetteva, “quante contraddizioni richieda l’essere veramente coerenti”.
Ma anche per un’ostinata scelta di sincerità programmatica. Sotto la sua sferza cadeva il travestimento tipico dell’intellettuale medio, che finge distacco e neutralità quando invece, inevitabilmente e molto prosaicamente, è implicato dalla testa ai piedi, e soprattutto sotto la cintola, nei prodotti del proprio ingegno. Di qui certe prese di posizione con motivazioni anche grottesche, nei celebri Scritti corsari e nelle Lettere luterane. Ad esempio, contro l’aborto da disinnescare, diciamo così, educando a un “amore non procreante”, in quanto fare figli, a suo dire, sarebbe stato “un delitto ecologico”; o contro la “coppietta” formata da giovani eterosessuali, parto di una liberazione dei costumi da condannare, secondo lui, in quanto nuova “obbedienza” da “stupidi automi” (tradendo invece il rimpianto per l’età felice di qualche anno prima, quando i ragazzi di vita delle periferie, inibiti dalla precedente cultura repressiva e sessuofoba, potevano più facilmente concedersi, dietro denaro o favori, all’adulto amante della loro virilità in fiore – cioè in pratica a lui, Pier Paolo).
Un cantore del vitalismo
In questo filo di ipocrisia, paradossale da parte di uno sbandieratore di autenticità come Pasolini, non c’è nulla di particolarmente riprovevole: c’è solo una molto umana, e magari troppo umana limitatezza. C’è quella quota variabile di inautentico, di inconfessabile, che anche il più demistificante dei dissacratori nasconde pur di non ammettere, neanche a sé stesso, di non essere perfetto, sospeso nell’iperuranio delle idee pure e disincarnate.
A differenza di molti suoi colleghi (Moravia su tutti, che pure era suo amico), Pasolini era forse il più carnale, il più attento alla “fisicità reale” dei frutti dell’intelletto. Cerebrale, a volte contorto, a divorarlo era l’inestinguibile sete di rendere quanto più possibile concreta, situata, palpitante e vivente la trasposizione letteraria di quel che agitava quel suo febbricitante e prolifico cervello. Leggendolo in filigrana anziché affibbiargli definizioni da propaganda di partito, si potrebbe dirlo un vitalista, sebbene nel suo caso con una forte venatura decadente. Il vitalismo postula che nello scatenarsi di forze totalmente fisiche della natura sia presente un principio, appunto, vitale che ne trascina il gioco e ne costituisce una sorta di anima, sia pur immanente e non trascendente (com’è Dio). Un misticismo ateo, o al più agnostico.
Pasolini reazionario?
Pasolini era posseduto dal demone di trovare, o ritrovare, l’innocenza, la semplicità, il vigore e la vitalità di una vita impossibilmente pura e solare. Non schiacciata dal peso di una “mutazione antropologica” e “omologazione culturale” mai viste prima, ben più totalitarie del fascismo storico (verso il quale l’antifascismo di maniera era già diventato allora “archeologico”): la rieducazione dell’immaginario e del corpo attraversi i “beni superflui”. Un vero “genocidio”, per lo meno in Italia.
È in questo bruciante sentimento tutto e solo poetico che le sue analisi, in sé non originali dal momento che di “feticismo della merce” aveva parlato già Marx (per tacere di concetti come la “tolleranza repressiva” del contemporaneo Marcuse), ci rivelano la sua ispirazione di fondo, rivoluzionaria in senso etimologico. Pasolini era aperto al nuovo, al progresso, al futuro ma solo a condizione che la novità favorisse l’eterno ritorno alla grazia della natura che gioisce spontaneamente di sé. Altrimenti, meglio abolire la televisione e, addirittura, la scuola dell’obbligo (sic!). Rivoluzione, quindi: ma come restaurazione permanente di quella dimensione sacra che è l’ebbrezza di vivere. In questo senso era reazionario. Non per patetica nostalgia di quando brillavano le lucciole.
La solitudine di un intellettuale
Nell’ansia di afferrare l’intensità della nuda vita (che fra l’altro spiega la sua doppia vita notturna, a caccia di sensazioni forti a bordo di una scintillante Alfa Romeo Giulia), Pasolini si sentiva, e in effetti era, solo. Sulle sue pagine lo ripete più volte, con malinconia quasi ossessiva: sono isolato, un infelice che non ha con chi condividere la propria infelicità. La sua era una nevrosi non assimilabile, che so, a quella rassicurante e normale di un Calvino (che pure nella sua Ultima lettera del ’75 centra perfettamente il “grande merito” di Pasolini nell’aver scoperchiato la questione di “una morale nuova che inglobi anche le zone del vissuto considerate oscure”, di norma escluse dal perbenismo moralistico e ideologico).
Semmai, se vogliamo giocare agli accostamenti, si potrebbe affiancarlo ad Albert Camus a cui era accomunabile non solo per certe somiglianze biografiche (l’assenza del padre, anche se Pasolini aggiungeva un tossicissimo complesso materno: Supplica alla madre), ma soprattutto per il culto pagano e vagamente pauperista delle gioie quotidiane dei sensi. “Col sole e col mare anche un ragazzo povero può vivere felice”, scriveva il francese.
Non possiamo non dirci pasoliniani
Per chiudere. In un articolo della raccolta Il caos, che anticipa tutti i temi “corsari” e “luterani”, discorrendo della tragedia Le Baccanti Pasolini sembra descrivere la propria missione e il proprio dramma nel conflitto fra l’eversore Dioniso e il censore Penteo: “Egli è venuto in forma umana a Tebe per portare amore (ma mica quello sentimentale e benedetto dalle convenzioni!), e invece porta il dissesto e la carneficina (…) la società, fondata sulla ragione e sul buon senso – che sono il contrario di Dioniso, cioè dell’irrazionalità – non lo comprende. I Pentei italiani sono dei mediocri, dei meschini imbecilli, neanche degni di essere dilaniati dalle Menadi”.
Un incompreso, Pasolini. Ancor oggi. Perché, per carattere e destino – che poi son la stessa cosa – essenzialmente un uomo tragico, costitutivamente anti-moderno. Incapace di restare insensibile o rimuovere il prezzo psicologico e spirituale da pagare per godere dello sviluppo economico e del benessere materiale della modernità. E mi pare che, a vedere il livello di abbruttimento e rincoglionimento artificiale cui siamo giunti, i fatti gli abbiano dato pienamente ragione. Ecco perché è legittimo domandarsi: come possiamo, oggi, non dirci pasoliniani?
Fonte Insideover





... continuo a ripetere nella mente le sue parole, per tutte le vicende nascoste che ci circondano...
... correva l'anno 1974... ancora oggi, parole piene di verità indicibili...
... un uomo che ha dovuto morire per poter vivere, che ha dovuto portare catene per essere libero, ma che non ha mai mentito a se stesso...
... un enigma insoluto... un'ennesima teoria del complotto irrisolta... "Io so. Ma non ho le prove"...
Ci vuole fegato per esporsi ma anche solo per seguire chi si espone
Seppur con un timido approccio, provai ad apprendere cosa ne pensavano i "grandi" e mi sembra che l'opinione pubblica fosse interessata e scandalizzata più che altro alle circostanze della morte e alle sue abitudini sessuali.
Era un mondo bigotto, forse più ignorante di oggi e dovetti attendere molti anni per poter apprendere e documentarmi su chi fosse stato quell'uomo, come artista, filosofo, fino a ritrovarlo nel 2025 tra i Reel di Instagram, a declamare concetti che allora non vennero capiti e che, ahimé, oggi, sono più che mai attuali.
Un mondo strano il nostro, dove gli esseri umani vengono giudicati e apprezzati diversamente a seconda delle epoche e dall'indottrinamento delle masse.
Nel caso di Pasolini però la discriminante che ha decretato la sua fine è Salò. Cioè l'ultimo film da lui diretto.
Esattamente come Kubrick lui è andato a raccontare l'unica cosa che non doveva raccontare. La ritualità occulta delle elite all'interno delle ville dei potenti.
Puoi parlare di mafia, di corruzione, di omicidi e quant'altro, ma non esiste un argomento più tabù di questo.
Infatti "Petrolio" secondo me è molto fuorviante tra le ragioni di questo omicidio
cittapasolini.com/.../...
Già nel 1974 il quotidiano “Roma”, di Napoli, pubblicò a firma del suo direttore Piero Buscaroli, un intervista all’ allora ministro degli Interni Paolo Emilio Taviani, dove questi avrebbe detto che alcune bombe, che a quel tempo scoppiavano in Italia, erano state messe dal Ministero dell’Interno.
In tempi più recenti anche l’ex presidente della Repubblica (ed ex ministro dell’Interno), Francesco Cossiga, confessò nel saggio “Fotti il Potere”, ediz. Aliberti che, durante la Prima repubblica, alcune “bombette piazzate apposta per non far male a nessuno” (sic), erano opera dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno (pag. 127).
L’articolo di Pasolini è del novembre 1974, pochi mesi prima, tra il 3 e 4 agosto ci fu l’attentato al treno Italicus, treno sul quale vi era Aldo Moro, poi fatto scendere da funzionari del suo Ministero per firmare documenti improrogabili (a raccontarlo, pochi anni fa, fu la figlia di Moro, Maria Fida).
Sicuramente tra i due fatti non vi è alcun legame, ma qualche “malpensante” avrebbe potuto metterli in correlazione.
Dante Bertello.
mettiamola cosí. Pasolini mi piaceva di piú prima di leggere questo articolo.
Va bene, sfuggiva la noia della vita quotidiana adescando ragazzini (che intendiamoci, soprattutto allora, ragazzini non lo erano affatto).
Va bene, era comunista. Nulla dell'ideologia comunista si oppone all'omosessualità. Nulla. Quindi era il PCI ad avere un problema, non lui. E mi pare di aver capito (l'articolo è più un esercizio di stile che un'indicazione dell'impatto nella cultura italiana) che si opponeva alla versione capitalistica del comunismo, cioè il consumismo.
Tuttavia dall'articolo si intuisce (sempre che l'abbia capito...) che la sua omosessualitá fosse uno dei cardini della sua ideologia, e ne fa un transumanista ante litteram (almeno nella celebrazione dell'omosessualitá nella sua qualitá di essere fisicamente sterile)
Ma continua a piacermi il suo coraggio intellettuale, magari non sempre al servizio della causa migliore, ma indubitabile.
Tuttavia, se come dice Bushfamilyguy #6, Saló descrive i festini occulti delle villette questo significa che era uno di loro, e questo getta tutta una luce particolare su tutta la sua opera, una luce propriamente satanica.
Carino il termine "Misticismo ateo, o tuttalpiú agnostico". Lo applicherei a Guccini. E a tutta la schiera di materialisti che si sono accorti che il materialismo é una prigione, non una conquista del pensiero.
Che poi non mi preoccupa eccessivamente.
Se invece Pasolini era uno che 'frequentava gli ambienti conseguenti al suo status' e gli ambienti che frequentava erano quelli allora il quadro che mi si presenta é terrificante. Se poi partecipava ai loro festini allora era uno di loro.
Insomma, io potrei anche conoscere dei mafiosi, ed é un discorso; potrei anche doverli frequentare (per lavoro per esempio), ed é giá un altro discorso; ma se per fare il mio lavoro divento uno di loro, questo é tutta un'altra faccenda. Sono tre ordini di grandezza differenti in termini di coinvolgimento.
Io so di un sacco di cose che fanno certi politici italiani, ma mica ho partecipato. Me le ha raccontate un amico fidato.
Se è vero che adescava i minori (pare documentato che andasse con ragazzi che avevano meno di 16 anni) allora non capisco chi dice “oggi sarebbe in galera per le sue abitudini sessuali”: li’ dovrebbe stare.
Fateci un pensiero se avete figli di quell’età… e anche se non ne avete.
Mica sono contento che lo abbiano fatto fuori, ma sentirlo osannare mi da’ semplicemente fastidio.
Sulla questione pedofilia nei confronti di ragazzi di 16 anni mi scappa da ridere
Può essere immorale, ma a quell'età oramai insegnano sia a me che a te .
Da sempre
... capisco la tua sensibilità sul tema, che è anche la mia, ma la denigrazione senza prove certe è il classico metodo di regime per distrarre le masse... l'unica certezza è Pino Pelosi, al tempo diciassettenne, e comunque minore...
Ho ascoltato la poesia che hai linkato e che mi consente un commento al quale avevo rinunciato.
Pasolini è stato quel che Castaneda definiva "impeccabile", una condizione assolutamente individuale, il termine non fa riferimento a un comportamento socialmente etico, indispensabile per poter far tesoro delle esperienze che la vita riserva e per poter vedere le cose come stanno senza deformazioni tattiche o adattamenti di comodo.
OT, ma tanto per chiarire.
In quegli anni ci sono stati almeno 3 Primi Ministri omosessuali.
PS - Ero a Roma nel periodo precedente la morte di Pasolini e ricordo di aver potuto notare, nel popolino, un disprezzo diffuso nei suoi confronti.
Raccapricciante se non rivoltante.. pornografico.
Arrivato a un certo punto ho interrotto la visione.
Perciò su questo personaggio non mi esprimo.
it.wikipedia.org/.../...
film, presentato postumo in anteprima al Festival cinematografico di Parigi il 22 novembre 1975, tre settimane dopo l'uccisione del regista[2][4][5], viene spesso considerato sbrigativamente il disperato testamento poetico di Pier Paolo Pasolini[6]. Arrivò nelle sale italiane il 10 gennaio 1976[7] e scatenò proteste vigorose e lunghe persecuzioni giudiziarie: il produttore Alberto Grimaldi subì processi per oscenità e corruzione di minori e nel 1976 fu decretato il sequestro della pellicola, che scomparve dagli schermi prima di essere rimessa in circolazione nel 1978[6].
TRAMA
(...) Nel Girone della Merda, affidato alle perversioni anali della Signora Maggi, le vittime apprendono l'arte di farsi sodomizzare con gratitudine e partecipano a un pantagruelico pranzo la cui portata principale è costituita dalle proprie feci.
Ecc ecc vi risparmio il resto..
A che cazzo serve questa roba??
Non è che se un soggetto viene fatto fuori allora diventa ipso facto chissà chi..
Pier Paolo Pasolini con la madre Susanna Pasolini
Io penso "che l'esserci stato" al tempo della cronaca, mi riferisco alla sua morte.. segna il tempo e le persone. Quanti della nostra età hanno dovuto subire una giovinezza vivendo gi anni 70-80 a dir poco e male? Eppure siamo cresciuti e ora possiamo dire abbiamo fatto la nostra vita. Non sò dove lessi che Pasolini si era fatto costruire un ambiente rustico fatto di canne su un fiume, senza nessun richiamo alla civiltà e lì usava andare in questo capanno, slegato da tutto e tutti. Oggi si potrebbe dire di lui che era un tipo quanto mai stravagante, ma se poi vai solo a leggere Wikipedia puoi avere la misura di questa persona. Non potendo verificare, mi sembra che sia in Accattone che fa dire ai suoi personaggi lo scambio di battute (vado a memoria): "Aoh te vuoi buttà? Daje l'oro, che me venuto er torcicollo..!" l'altro risponde "None, me vò buttà con tutto l'oro addosso come li faraoni..!-Se vuoi l'oro devi andarte a pesca!".
Pasolini era un grande, nato nel 1922, ora avrebbe 103 anni. Dunque comunque ci avrebbe lasciato già da una ventina d'anni. Lo dico solo per chiarire i confini del tempo, o come si suol dire la sua epoca. In patria mi ricordo che è sempre stato dichiarato scomodo se non schifato e bersagliato di calunnie di ogni generesia in vita, che dopo. A rendere onore al "Maestro" ci ha pensato il caro Nanni Moretti, in uno dei suoi film. Anche con questo che si dà l'idea dell'Italia che rimuove tutto dalla sua memoria se non fosse per altrettanti registi di particolari doti artistiche.
Se scrivi in russo il suo nome Пьер Паоло Пазолини Google elenca pagine e pagine di siti russi che ne parlano. Tanto per dire ancora una volta, che la Russia ci segue da vicino a noi italiani, ma noi cosa sappiamo della Russia?
E valga per mik300 che si chiede "A che cazzo serve questa roba??", e valga anche per colmare il dubbio di Primadellesabbie, che riporta: "PS - Ero a Roma nel periodo precedente la morte di Pasolini e ricordo di aver potuto notare, nel popolino, un disprezzo diffuso nei suoi confronti."
Poi siccome col tempo e le ricorrenti ricorrenze qualche elemento in più s'è dovuto apprendere aggiungo
invece per NickName che suggerisce: "Fateci un pensiero se avete figli di quell’età", sarà lieto e corroborato di sapere che Vlentino Parlato nel 2000, dopo aver ricordato il suo mito di gioventù, si chiedeva proprio la stessa cosa, se oramai adulto lui, avrebbe concesso suo figlio adolescente a cotanto genio. Per Cassandro che deduce: "la denigrazione senza prove certe è il classico metodo di regime per distrarre le masse... l'unica certezza è Pino Pelosi, al tempo diciassettenne", vorrei suggerire di affiatarsi di più col resoconto di Alberto Moravia che racconta di quando in africa dovevano correre a ripescarlo in giro di notte, perché andava in cerca di ragazzini, non diciassettenni ma assai più carne di pollo. Converrebbe evitare qui l'equivoca parola di omosessuale, perché quella più appropriata è pedofilo, e ciò fu accertato in sede di tribunale tanto tanto tempo prima che diventasse un "artista" sublime e quando era pure l'insegnante, niente di meno, sì insegnate dei miei stivali, e confermata da Moravia nel 70.
Si possono avere intuizioni geniali, visione, perfino poesia.
Si possono commettere atti inaccettabili, perfino criminali.
Talvolta, i due profili si uniscono nella stessa persona.
Dante Bertello.
un gerarca nazifascista guardando l'esposizione di "Guernica" (un bombardamento feroce con molte vittime civili) si rivolse schifato verso Pablo Picasso chiedendogli "l'ha fatto lei?" e Picasso rispose "no, l'avete fatto voi"...
... le opere d'arte "intellettuali" vanno guardate con un po' di preparazione, non sono per tutti...
... la tua reazione è comunque corretta, devi solo sforzarti di interpretare con altri livelli di lettura...
... prova (solo per farti un'esempio) a farne una trasposizione simbolica dei personaggi:
... la signora Maggi è la società borghese dominante...
... le vittime sodomizzate con gratitudine sono gli operai sfruttati...
... il pranzo è il riconoscimento per il lavoro svolto in una società malata...
... ecco, tutto questo simbolismo aiuta per una lettura "diversa" da ciò che è visibile (che poi è la nostra società orribile e decadente già ai tempi di Pasolini)...
... spero di averti fatto capire una chiave di lettura, che comunque non è mai la stessa per tutti, ognuno può avere la sua... non credo di averti fatto venire voglia di guardarlo... ma chissà, ogni cosa a suo tempo...
... pensa, ai miei tempi del liceo, mi costringevano a studiare sui testi di storia dell'arte di Giulio Carlo Argan... io preferivo Nietzsche... e alla maturità artistica scelsi come materia: fisica!...
... ero già Cassandro...
... io non sono più da tempo, un'essere giudicante...
... il mio compito è limitato alla comprensione politica e ad eventuali valori artistici...
... sono contento di conoscere il tuo pensiero...
...i love you all...
P.S. ... volevo ricordare, solo per chi non lo sapesse, che il grande "Michelangelo Buonarroti" che pur io stimo, aveva gusti e attitudini similari a Pasolini, oltre ad un carattere ruvido e scontroso, poco amichevole... ma pur sempre il grande Michelangelo con tutte le sue opere...
Ma se vi è una qualsiasi forma di compenso sotto i 18 anni è induzione alla prostituzione minorile.
Ritiene forse lei che i minorenni adescati si donassero all' "artista" per trasporto d'amore?
@Cassandro
Opera d'arte intellettuale? Ma davvero? Eh sì, a volte ci vuole molta preparazione per vederla.
Forse un pochettino troppa. Bisogna esserci portati diciamo così!
PS. Michelangelo? Gusti e attitudini similari? Cioè si dovrebbe confondere l'omosessualità con la pedofilia? Risulta che Tommaso De’ Cavalieri fosse nobile e ventitreenne al primo incontro, difficile parallelo coi minorenni scovati in quartieri affamati. Temo che si manchi di rispetto a persone perfettamente oneste e stimabili in questo modo.
Assolutamente no
La parola trasporto d'amore però è un pò di di parte, nel senso che i ragazzini di 16 anni seri non si fanno adescare.
Per i porcellini invece , magari pure un pò culattoni, la storia cambia ,a volte sono loro che cercano di essere adescati per soddisfare i loro piaceri.
Ovviamente in questo caso non si giustifica l'adulto per carità , ma la pedofila è un altra cosa.
Interpreta tu..
Ma hai visto il film?
Lo schifo e lo schifo.
Nessun insegnamento né senso.
Non è perché uno lo accoppano allora diventa un santo..
Solo in Italia..
La merda diventa oro..
Come quella d'artista inscatolata ed esposta come opera d'arte..
ARTEH!!
Anche pupi avanti non è riuscito a vederlo, pur avendo contribuito alla sceneggiatura.
Beh, la legge è quella.
Tenta di distinguere un trasposto naturale, che non può essere negato neanche ai minorenni, con una situazione di scambio di compenso, nel qual caso si va sotto un'altra fattispecie. Il giudice non va di interpretazione personale, se vi è compenso l'intenzione del minore non dà momento, è il maggiorenne che non ha attenuanti.
www.youtube.com/watch?v=RbG6-N0b6Nw
SODOMA E SALO'
Il film è disturbante e ad un certo punto si fa una grande fatica a guardarlo perché fa davvero schifo quello che appare.
E la grandezza è proprio quella.
Se riduci tutto ad un film poco piacevole da vedere perdonami ma non hai capito un cazzo sia del film che di Pasolini.
L'intento non è quello di farti passare una bella serata davanti allo schermo, ma una denuncia su quello che succede nei palazzi del potere. È un film denuncia che ritrae perfettamente la realtà cruda dei personaggi coinvolti. Quello che vedi è solo una piccola parte di quello che succede nelle ville dei potenti.
Lui non fa un film. Fa una denuncia. E per questo viene trucidato all' idroscalo di Ostia
Poi 25 anni dopo succede anche a Kubrick che la fa più soft. Muore anche lui. Ma in nessuno dei due casi era importante il prodotto. Non era quello che interessava creare ai 2.
Immensamente grato per questo video di Pupi Avati che hai postato. Immensamente grato per Roberto che reagì allo stesso modo, non ce la fece, e non era lui certamente nelle condizioni di impreparazione o superficialità invocate da Cassandro, né aveva ignorato tutte quelle possibilità di lettura alternativa proposte da Cassandro, né le avevo ignorate io. V'era qualche cosa che andava oltre ogni possibile attenuante, e che qui Pupi Avati chiama presagio di morte, ma noi interpretammo invece come superba improntitudine e mancanza di rispetto per il genere umano. Qui, Avati ci conferma che l'incontro con De Sade era oltretutto occasionale per Pasolini, che non ne conosceva l'esistenza e neanche la genealogia culturale non possedendone alcun libro. Probabilmente non sapeva un accidente di niente neanche dello sviluppo del libertinismo francese fino agli estremi sviluppi decadenti, contraddittori e ripugnati di De Sade, tralasciando che per uno che era stato marxista, o forse ancora si reputava tale, un minimo di senso critico avrebbe dovuto essere esercitato. Ma evidentemente altro era il movente, e l'occasione doveva essere colta al volo.
Grazie moltissimo mik300, semmai m'era rimasta qualche remora, proprio per via di questo possibile rimando culturale, seppure comunque problematico, questo video ha fugato ogni ulteriore remora. Trattasi di un film degradante e schifoso che squaderna la vera anima nera di un presunto intellettuale e presuntissimo artista, sicuramente insegnate criminale, e con presunte profondità politiche totalmente risibili e rancorose. E con questa testimonianza di Avati si potrà anche prendere più sul serio quello che pur si disse propio allora: che la morte se l'era andata a cercare volutamente, per una volontà di potenza malcelata, a meno di credere alle premonizioni e alle profezie del tipo delle idi di marzo.
Del resto la lacerazione di Totò bastava a capire tutto l'odio e il rancore per il popolo, per il popolo innocente e sincero.
E' in questo non porsi limiti che va visto Pasolini.
Concordo con l'articolo quando dice che è impossibile separare l'uomo dalla sua dimensione artistica in Pasolini questo è l'aspetto più incisivo e che più merita attenzione.
Un artista come lui non possiamo non prenderlo come pacco completo: la stessa persona ha fatto film di spartana poesia come "Il Vangelo Secondo Matteo" e di inaudita violenza espressiva come "Salò".
Quello che penso è che il messaggio artistico più significativo che possiamo raccogliere da Pasolini è proprio che abbiamo la possibilità di accettare tutto di noi stessi, estremi compresi, senza lasciare fuori nulla, per brutto o bello che sia.
E' un messaggio forte che è centrale nella mia visione del mondo. Pasolini lo ha testimoniato con coraggio e senza compromessi e non entro nel giudizio delle sue abitudini sessuali né di altre supposte nefandezze proprio perché equivale a tradirlo.
Edit: #34 bushfamilyguy Concordo
e rispondo…. E allora?
Io solo ho detto che stima o ammirazione per una persona de(l)genere non ne ho proprio.
E grazie a chi ha descritto meglio il livello di degrado delle sue “opere d’arte”.
Anche Bill Gates è stato un genio dell’informatica, riesco a dirlo ma mi guardo bene dal fare l’apologia del soggetto.
Fosse stato davvero così nessuno lo avrebbe ammazzato, le prove le aveva.
"...Quello che penso è che il messaggio artistico più significativo che possiamo raccogliere da Pasolini è proprio che abbiamo la possibilità di accettare tutto di noi stessi, estremi compresi, senza lasciare fuori nulla, per brutto o bello che sia. ..."
Hai individuato una bella sfida, complimenti.
Il nostro “lato oscuro” tendiamo a seppellirlo ed in tal modo rinunciamo a capire una parte di noi.
P.P.P. non ha seppellito quella parte di Sé: c’ha convissuto, l’ha indagata e ci s’é confrontato, sempre con SINCERITÀ.
Ha onestamente reso pubblico l’Umano, senza velature: con la sua vita e con le sue opere.
Sappiamo tutti che la VERITÀ offende: io tale offesa l’ho perdonata, perché m’ha reso migliore, mi ha fatto maturare una consapevolezza che non avevo, elevando il mio Ego verso l’Io e, tutt’altro che paradossalmente, facendomi far pace con le mie (umane) imperfezioni.
Apprezzabile il tuo commento, sono d’accordo sul fatto che incontrare l’ombra degli altri ci mette di fronte alla nostra, ed è un’ottima opportunità, ma come ripeto: non per questo io ammirerò mai Pasolini.
Lui il degrado lo agiva, anche a discapito di altri.
Altrimenti dovrei ammirare Nethaniahu perché mi mette di fronte alla mia aggressività e all’odio che anche in me cova da qualche parte o (sdrammatizzando) anche Parenzo perché qualche volta non ci arrivo nemmeno io.
Li ringrazio per l’occasione che posso avere ma non li stimo.
#40 Legal.Alien, hai espresso a tuo modo quello che anche per me è profondamente vero.
#41 NickName Le occasioni di confronto possono arrivare da dovunque, vederle e coglierne l’opportunità penso che sia il miglior segno di intelligenza. Poi, fra Pasolini e Netanyahu c’è qualche differenza che spero tu abbia notato. Uno aveva gli occhi aperti, l’altro è completamente cieco.
Ed è legittimo da parte tua non averne stima, ma tu hai anche scritto:
Poi sappiamo tutti che molti ragazzi erano li proprio per prostituirsi e, sapere chi stesse adescando chi, non è così chiaro.
Dante Bertello.
invece a me piaceva tanto Gian Maria Volontè
A me Edwige Fenech.
Dante Bertello.
Se ci penso. Al tempo un'amica mi propose di andare a vedere il film. Andammo perchè, a quel tempo, andare a vedere quel film di Pasolini era un atto di antifascismo militante (povere noi, giovani sprovvedute manipolabili!). Il film non l'abbiamo visto, per tutto il tempo ci siamo guardate in faccia per non guardare lo schermo, non ce la facevamo a sopportarlo (per fortuna, direi). Siamo uscite prima della fine anche perchè avevamo un pò paura: eravamo in una città "calda", all'epoca, c'erano state violenze da parte dei "fascisti" verso gli spettatori di quel film, e noi ovviamente eravamo assolutamente disarmate. Se ci penso ... e tutto questo per un film fatto per fare cassetta? Quanta manipolazione di tutto e tutti!
Io il film forse l'ho visto. Una volta.
Se è vero che il film avrebbe potuto passare solo se lo faceva Pasolini, questo getta un'altra ombra piuttosto oscura sul personaggio.
Facciamo un esempio: 1984 di Orwell.
Esso è considerato un libro in cui si mette in mostra la repressione dei regimi (come la Fattoria degli Animali del resto), ma io ultimamente lo vedo un libro in cui si celebrano i regimi. I due personaggi, infatti, sono due mentecatti senza principi morali, come nessuno del resto nel libro, e tutta la gente che fa parte del popolo è descritta come deforme, criminale e stupida. Insomma, sembra una denuncia dell'élite quando invece ne è una celebrazione.
Stessa cosa per Apocalypse Now. La scena del colonnello, interpretata da Marlon Brando, sembra una denuncia ai metodi di Pol Pot, ma per come é presentata io dico che ne è una celebrazione occulta. Basti pensare che hanno preso Marlon Brando per farla.
O ancora, il Signore delle Mosche. Una celebrazione dell'autorità, che ha lo scopo di purgare l'uomo degli istinti bestiali che altrimenti lo distruggerebbero. Balla clamorosa. Semmai è vero il contrario.
Perciò, Salò potrebbe essere una celebrazione dello strapotere dell'elite piuttosto che una sua denuncia.
Peraltro, se uno ci fa caso, Pasolini ha un certo schifo per il proletariato, che accusa di essere servile e abietto, e basta ascoltare la poesia a#8 per accorgersene. E questo tratto può essere rivelatore di un'appartenenza all'elite (in realtà, ad un'elite).
Dante Bertello.
"mi viene sempre voglia di chiedere, a chi parla di "popolino", cosa intenda, a chi si riferisca, a quali caratteristiche risponda tale categoria."
Treccani (vocabolario):
popolino s. m. [dim. di popolo]. – La parte del popolo meno evoluta, meno progredita culturalmente e socialmente: le chiacchiere, i pregiudizî del p.; sfruttare la credulità del p.; c’era anche, sparso per i clivi, per lo spiazzo, il p. basso, villani delle contrade (Vincenzo Consolo).
Il film in realtà è didascalico: Pasolini sposta l’ambientazione del romanzo di Sade nello spazio e nel tempo, collocandolo nel periodo della Repubblica di Salò. Malgrado questo, la base resta la stessa. Dato l’ordine di rapire ragazzi di ambo i sessi, i potenti carnefici si rinchiudono in un palazzo (la società odierna) con i giovani prigionieri per abusare dei loro corpi e delle loro menti, senza alcun freno. I seviziatori, riprodurranno una situazione infernale di dantesca memoria : L’Antinferno, il Girone delle Manie, il Girone della Merda e il Girone del Sangue. Le vittime sodomizzate e degradate mostreranno paradossalmente gratitudine verso i propri carnefici e rappresentano nella realtà quei lavoratori sfruttati fino alla morte , che magari vedranno le loro famiglie decimate dalla malattia a causa dell’inquinamento prodotto dalle fabbriche ma sempre grati pur di poter lavorare e sopravvivere. Saranno gli emigranti , i cervelli italiani in fuga all’estero per poter avere un futuro e che conserveranno sempre una struggente nostalgia per la patria matrigna. Saranno coloro che per sopravvivere saranno costretti a trattamenti sanitari obbligatori per poi implorare interventi sanitari per far fronte alle razioni avverse…
Il pranzo finale (con i propri escrementi) sarà poi, il degno riconoscimento che i potenti elargiranno ai malcapitati, per ripagarli del lavoro svolto.
Solo avendo coscienza di tutto questo simbolismo si potrà avere una lettura "diversa" da ciò che è immediatamente visibile ( la nostra società orribile e decadente che Pasolini aveva sottolineato milioni di volte nei suoi scritti e che nel suo film finale in maniera particolare ). Solo così potremo capire come il Potere ha sempre esercitato il più alto grado di violenza che uccide e schiavizza. Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini resta ancora oggi un’allegoria del potere capace di descrivere il presente.
"no, il Treccani non ce l'ho. Ho solo un Nuovo Zingarelli undicesima edizione. Chissà se questo mi fa accedere alla categoria popolo, o mi lascia inesorabilmente ristagnare in quella di popolino, ma forse c'è anche quella di popoluccio popoletto ... popollame il Nuovo Zingarelli non me lo dà :roll:"
Treccani è in rete.
grazie per l'analisi, molto istruttiva.
Dubito che sia sfuggito a qualcuno di noi commentatori il valore simbolico dell'opera, e capisco benissimo che certe verità non possono essere espresse che duramente.
Tuttavia, in questo caso, potremmo essere di fronte ad una sottile forma di propaganda. Se l'intento dell'opera è quello di denunciare la classe dirigente, rea di sfruttare e deumanizzare il lavoratore, è un conto. Ma se l'intento è quello di giustificare la classe dominante, allora il discorso cambia completamente.
Insomma, se Pasolini pensa che sia giusto sfruttare e deumanizzare il popolo perché è imbelle, allora Pasolini è uno di loro (l'elite).
Se invece Pasolini vuole solo essere provocatorio e usare messaggi crudi per "svegliare il popolo" allora Pasolini non é uno di loro (l'elite).
Io sospendo il giudizio, ma propendo per la prima ipotesi.
Nel primo caso abbiamo un'artista, per quanto bravo, al soldo dell'elite, e quindi con tutte le porte spalancate, mentre nel secondo abbiamo un artista che ha sfondato le porte grazie alla potenza della sua arte. Due cose del tutto diverse, almeno per me.
Intendiamoci, gli aspetti universali dell'arte possono essere apprezzati anche a distanza di anni, ma bisogna anche fare attenzione ai messaggi subliminali che l'artista semina piú o meno involontariamente. Alcuni di essi sono positivi, altri no. Per questo io sento bisogno, quando posso, di analizzare la persona e il suo messaggio.
Invece, un nuovo ringraziamento va a mik300 che, dal mio punto di vista, ha prodotto le uniche informazioni nuove che non conoscevo, col video di Pupi Avati. In effetti, durante quello spettacolo indecente, che ci si ostina a chiamare film, mi ero chiesto cosa c'entrasse Salò. E successivamente sentii qualcuno esprimere l'idea che il “poeta” volesse creare un senso di disgusto proprio per quella esperienza politica. Quella volta risposi che è una speranza folle credere che una falsificazione storica possa avere qualche momento sul pensiero altrui; solitamente genera, invece, l'esatto opposto, e direi per la stessa dignità che la realtà ha in sé. Qui Avati affonda ulteriormente questa possibilità. Dice Avati che egli suggeriva di non ambientarlo a Salò, perché in quello stesso periodo veniva girato Salon Kitty da Tinto Brass, e l'idea comunque non era nuova con le brutalizzazioni sessuali dell'epoca nazista. Ora, certamente Brass è più vicino a Restif de la Bretonne che a De Sade, la sessualità è vista in modo casomai riscattante invece che degradante e comunque contraria alla violenza, dunque per salvare il “poeta” resterebbe la possibilità che egli si sia voluto mantenere più accosto a De Sade che a Restif, ma si è già scoperto sopra, e nuovamente per merito di Avati, che il “poeta” neanche lo conosceva De Sade, e men che meno dunque tutta la vicenda del libertinismo francese, che oltretutto non è banalizzabile né col De Sade né col Restif, ultimi epigoni di una lunga tradizione. Avendo scoperto che l' “intellettuale” nulla sapeva di tutto ciò, suggerirei più cautela nel ritenerlo così superiore.
Per quanto riguarda la storia dell'allegoria, ricordo la mia sorpresa quando, ascoltando il parere d'una femminista, la sentii dire: “Le ragazze del Cacao Meravigliao sarebbero una parodia delle veline? Ma chi può essere così ingenuo!”
Ora, per dovere d'onestà forse dovrei aggiungere anche qualche altro sforzo, fatto da parte mia anche se infruttuoso, per cogliere lo spirito di costui che fin da piccolo sentivo raccontato appunto come intelligenza superiore. Magari però più tardi se trovo tempo.
Prima di vedere la porcheria, irriscattabile!, fin dall'adolescenza e assai prima di leggere l'articolo di Parlato sul Manifesto, assistevo con curiosità agli sperticati elogi di professionisti, professori, avvocati e dottori, notavo io: tutti particolarmente conservatori, tuttavia nelle circostanze della scomparsa, riemerse questa convinta, ed evidentemente documentata, straordinaria stima del defunto. Fu con questo bagaglio che andammo ad assistere al “capolavoro”, e dopo la brutta avventura, al muretto sul quale m'attendeva paziente, il mio ex compagno di banco commentò: “Purtroppo, evidentemente, abbiamo cominciato dalla parte sbagliata”, io aggiunsi: “Purtroppo però: definitivamente.”, ma intanto quel rilievo era entrato nel cervello. Allora volevo dire, e voglio dire ancora adesso, che ho, purtroppo, una memoria visiva troppo stabile, e, ad esempio, non riesco a schiacciare sul link messo sopra con la poesia del “poeta” recitata da Gassman. Gassman è un mio idolo, ma come potrei oramai fidarmi? Per anni ho cercato di rimuovere quelle immagini, che fortunatamente ora almeno sono in lontananza offuscata, ma certamente a nulla valgono gli esorcismi del presunto simbolismo. Anni dopo, mi pare fosse il 94, mi trovai con un fratello maggiore, un signore che aveva almeno almeno 15 anni più di me e aveva fatto il 68, a riparlare del “poeta”. Lui era persona delicatissima, e venne su col dire che per la sua generazione Pasolini era stato un maestro inesauribile di vita e contenuti. Memore delle parole di tanti anni prima del mio amico, gli chiesi in che senso era stato così determinante per la sua generazione. Tra le altre cose mi fece l'esempio di Totò, che devo aver citato prima per qualche collegamento sinaptico. Mi disse, e lo ricordo bene: “Vedi, nell'infanzia noi avevamo visto i film di Totò e Fabrizi, tipo guardie e ladri, ma erano parodie che quando siamo cresciuti non rappresentavano nulla per noi. Il mondo e i contrasti che vedevamo intorno a noi erano nei film di Pasolini, descrivevano la realtà e la vita della gente. Inizialmente obiettai che solo all'impressione superficiale i film di Totò non rappresentano il popolo, e sono invece gli intellettuali che dicono le stesse cose ma solo in modo più arzigogolato. Intese che non mi bastava, ma mi disse che capiva il fatto che alcuni lati di Pasolini potevano dar fastidio, così gli chiarii subito che l'omosessualità per la nostra generazione non era un problema, il problema era il suo atteggiamento verso di noi. Mi chiese in che senso, e gli feci l'esempio della “poesia”: Vi odio cari studenti, scritta sui disordini di Valle Giulia chiarendogli che gli adolescenti e i giovani degli anni 70 non potevano di certo essere a Valle Giulia nel 68, ma le frasi contraddittorie espresse in quella occasione contro gli studenti e in favore dei poliziotti avevano avuto un riverbero su tutta la generazione successiva, generazione etichettata come quella degli “anni di piombo”, accomunata coi terroristi, saltata e liquidata dalla politica e dalla storia. Una generazione d'ideali affogati nella calunnia e nell'oblio. Mi rispose: “Io a Valle Giulia quel giorno c'ero, e, in effetti, non ci fu solo la rivolta, c'era qualcosa di più da parte degli studenti manifestanti, una furia strana, un odio che non sembrava diretto solo contro la divisa ma veramente contro chi c'era dentro. Un rancore verso gli altri ragazzi di fronte.” Il discorso dovette finire lì, ci accorgemmo entrambi quanto fosse difficile comunicare e afferrare esperienze umane diverse fatte o patite in periodi distanti.
Poi però, anni dopo, lessi Valentino Parlato e sviluppai molta meno disponibilità e pazienza, che qui forse traspare, e finalmente il racconto di Avati ascoltato qui è per me la pietra tombale su ogni ulteriore ipotesi.
Per me!
Ci vorranno 2 settimane, ma, insieme a Ellin Sellae, è così che ho la sensazione di nutrire una parte di me che è serena e ne giova*. Qundi intanto grazie a tutti - Max in primis - anticipatamente (per ora anche a quelli con cui non sarò d'accordo
*: ah, in realtà c'è anche l'altro nutrimento del me profondo, quello con modalità più prosaica, ma lascio a voi indovinare quale sia, non vorrei abbassare il livello elevato della qui presente discussione.
E quale sarebbe mai questo "periodo di grave e generale sbandamento della cultura" di cui il "poeta" sarebbe riuscito a fornire "il determinante apporto ... allo sviluppo della consapevolezza"? Vediamo vediamo ...
Ma certo: il famigerato 68, proseguito da noi fino all'omicidio Moro, al provvidenziale omicidio allora potremmo dire. Ma allora avrebbe ragioni da vendere la Meloni, e i presidenti delle camere e i sindaci che si spesero contro, fino a Sacconi, degno precursore di Fornero, che non mancava occasione di individuarci la radice di tutti i mali. Ma bene! Ma certo! Ma come no!
La completa, la più completa, inettitudine analitica, concettuale e politica, diviene il massimo del senso. Certo che di cose patetiche in giro se ne vedon tante, e particolarmente inutile è cercarvi il significativo, troppo essendo le ipotesi possibili, non escluse quelle di cedimenti sanitari.