di Patrizio Ricci
IL PARADOSSO DELL’OCCIDENTE MODERNO
Perché i leader occidentali accettano, quasi senza reagire, decisioni che danneggiano in modo evidente i loro stessi Paesi? Che cosa spinge governi eletti — formalmente sovrani — a eseguire politiche che ne erodono la sicurezza, la prosperità e l’autonomia?
Il ruolo dei media, ormai, sembra non essere più quello di informare ma di formare: di allineare la percezione pubblica a una narrazione dominante, trasformando il dibattito in consenso automatico.
Basta guardare alla Germania. Dopo il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream, il Paese più colpito da quella perdita energetica ha reagito con un silenzio disciplinato, accettando una linea anti-russa che ha aggravato la propria crisi industriale. In Italia, il governo appare spesso privo di una voce propria, come se la politica fosse ridotta a mera gestione amministrativa. E in Europa orientale, la neutralizzazione di figure come Georgescu in Romania mostra un’altra costante: ogni deviazione dall’agenda di Bruxelles viene rapidamente isolata e corretta.
Questi episodi non sono eccezioni: rappresentano la regola non dichiarata di un sistema dove la decisione politica è subordinata a logiche esterne. Siamo di fronte a un cambio di paradigma: la scomparsa del leader nazionale e l’ascesa di una classe dirigente funzionale, amministrativa, plasmata da un potere economico globale che non ha volto né confini.
IL VUOTO DEL COMANDO POLITICO
Quel che colpisce non è soltanto l’assenza di coraggio, ma l’assenza di volontà sovrana. I governi sembrano agire come funzioni di sistema, non come espressione di una volontà politica. Si comportano secondo logiche di automatismo, come se il processo decisionale fosse già codificato altrove. Il dibattito pubblico si limita così a giustificare decisioni già prese — un copione che i media amplificano con zelo, riducendo il confronto democratico a pura messinscena.
In questo scenario, le differenze ideologiche diventano secondarie. Che governi un progressista o un conservatore, la traiettoria resta immutata: politiche economiche, energetiche e militari vengono determinate da vincoli superiori, da organismi che nessuno ha eletto ma che dettano regole con forza vincolante. È il segno che la politica, nel senso classico del termine, è stata depotenziata e confinata alla gestione ordinaria dell’opinione pubblica.
La domanda, allora, non è più “chi comanda”, ma “dove si comanda”. E la risposta conduce fuori dai parlamenti, verso reti transnazionali che formano, selezionano e orientano le nuove élite: fondazioni, think tank, business school, programmi globali di leadership. È lì che si forgiano i decisori del futuro, ed è da lì che si scrivono le regole del presente.
DALLA SOVRANITÀ AL “PILOTA AUTOMATICO”: L’ARCHITETTURA DEL POTERE TECNOCRATICO GLOBALE
Il fenomeno della progressiva sostituzione della sovranità democratica con strutture tecnocratiche sovranazionali non nasce oggi. Già nel XIX secolo, quando la politica divenne oggetto di discussione pubblica e i media iniziarono a formare l’opinione collettiva, il vero potere comprese la necessità di ritirarsi dietro le quinte. Le grandi famiglie industriali e bancarie capirono che per difendere i propri interessi non era più necessario esporsi direttamente: bastava finanziare, formare e dirigere figure politiche manovrabili.
LE ORIGINI STORICHE: DAL POTERE VISIBILE ALL’INFLUENZA INVISIBILE
Durante il XIX secolo, dinastie come i Rothschild pionierizzarono un modello di influenza che trascendeva i confini nazionali. La famiglia sviluppò “un sofisticato sistema di note di credito e cambiali” che permetteva trasferimenti di fondi senza spostare moneta fisica, creando le basi della finanza transnazionale. Il loro finanziamento di infrastrutture critiche – ferrovie, miniere, fabbriche – non era semplicemente attività economica, ma “aiutò a integrare mercati disparati” e a plasmare l’architettura stessa degli stati europei.
Questo modello rivelò una verità fondamentale: il controllo delle strutture economiche conferisce un potere più duraturo dell’occupazione diretta delle cariche pubbliche. Come nota uno studio sulle famiglie bancarie di Berlino e Vienna del periodo, “i banchieri cercavano di influenzare il governo attraverso i loro contatti con i burocrati di alto livello”, costruendo reti che permettevano loro di “ottenere accesso a informazioni riservate, influenzare la formulazione delle politiche governative e vincere opportunità di partecipare a operazioni finanziarie all’estero”. Il potere economico non si contrapponeva allo stato, ma lo permeava dall’interno.
Il finanziamento dei partiti politici da parte di “grandi donazioni di proprietari terrieri, magnati industriali e banchieri” divenne prassi consolidata, mentre “lo status e la posizione economica consentivano ai notabili locali di impegnarsi in politica in un’epoca in cui gli stipendi dei parlamentari non erano pagati dal bilancio statale”. La democrazia rappresentativa, ancora nella sua infanzia, si sviluppò già intrecciata con gli interessi del capitale.
L’emergere del lobbying corporativo nel XIX secolo completò questo quadro. La Compagnia delle Indie Orientali, definita da Edmund Burke “uno stato sotto le spoglie di un mercante”, inventò quella che lo storico Arnold Sherman chiama “pressione da Leadenhall”, precursore del lobbying moderno. Dalla metà del XIX secolo, associazioni industriali come il Grange e confederazioni bancarie svilupparono “agende legislative” e spostarono le loro strategie “verso il lobbying diretto”.
IL SISTEMA CONTEMPORANEO: LA FORMAZIONE TECNOCRATICA DELLE ÉLITE
Oggi la formazione di un leader politico non avviene più principalmente nei partiti di massa o attraverso l’attivismo territoriale, ma in circuiti privati e sovranazionali altamente selettivi. Il programma Young Global Leaders del World Economic Forum rappresenta l’esempio più visibile e documentato di questo sistema.
Fondato nel 2004 da Klaus Schwab con un milione di dollari ricevuti dal Dan David Prize, il programma ha creato “una comunità multistakeholder di oltre 1.400 membri provenienti da più di 120 paesi”. I criteri di selezione sono rigorosi: candidati sotto i 38 anni, nominati dagli alumni e “soggetti a veto durante il processo di selezione”. L’obiettivo dichiarato è “informare e influenzare” le decisioni nei settori chiave della società.
L’elenco degli alumni è impressionante per la concentrazione di potere politico che rappresenta. Tra i membri troviamo capi di stato e di governo attualmente in carica o che lo sono stati di recente: Emmanuel Macron (Francia), Justin Trudeau (Canada), Sanna Marin (ex Finlandia), Alexander Stubb (Finlandia), Mark Rutte (Paesi Bassi), Kyriakos Mitsotakis (Grecia), e persino re come Frederik X di Danimarca. A questi si aggiungono figure chiave dell’amministrazione statunitense come Pete Buttigieg, e ministri di governo in numerosissimi paesi.
La portata di questa rete diventa ancora più evidente quando si considerano le posizioni occupate dagli alumni nelle istituzioni sovranazionali e nelle grandi corporation tecnologiche: Mark Zuckerberg (Facebook), fondatori di Cloudflare, dirigenti di Moderna, e innumerevoli posizioni in banche centrali e organismi internazionali.
Il modello non è esclusivo del WEF. Altre istituzioni operano con logiche simili. La Trilateral Commission, fondata con il sostegno di David Rockefeller, riunisce élite da Nord America, Europa e Asia-Pacifico, con membri che hanno ricoperto “posizioni chiave nelle amministrazioni statunitensi e nei governi di altri paesi membri”. Il Council on Foreign Relations è descritto come “l’organizzazione statunitense al di fuori del governo che ha avuto la maggiore influenza sulla politica estera di Washington”, con molti dei suoi membri più importanti divenuti “segretari di stato, consiglieri della Casa Bianca o consiglieri personali del presidente”.
LE UNIVERSITÀ D’ÉLITE COME FABBRICHE DI CLASSE DIRIGENTE
Parallelamente ai network privati, le università d’élite funzionano come incubatori della futura classe dirigente globale. Il corso di Philosophy, Politics and Economics (PPE) dell’Università di Oxford ha prodotto un numero straordinario di primi ministri britannici e figure politiche di primo piano: Edward Heath, Harold Wilson, David Cameron, Theresa May, Liz Truss, oltre a innumerevoli ministri e parlamentari.
Come osserva uno studio, “PPE di Oxford è detto pervadere la vita politica britannica più di qualsiasi altro corso in qualsiasi altra università, e gli alumni si vedono in tutto lo spettro politico nel parlamento, nei media, come attivisti, consulenti e funzionari pubblici, con le preziose reti disponibili per loro”. Questa concentrazione non è casuale, ma il risultato di un sistema che seleziona e forma una classe dirigente omogenea nelle sue modalità di pensiero, nonostante le apparenti differenze ideologiche.
La Harvard Kennedy School opera con logiche analoghe. Tra gli alumni del programma Young Global Leaders troviamo “36 laureati in programmi di laurea HKS nominati YGL dall’inizio del programma nel 2004”. La scuola si presenta esplicitamente come istituzione per “migliorare la politica pubblica e la leadership pubblica negli Stati Uniti e nel mondo”.
LA PORTA GIREVOLE: CONSULENZA, FINANZA E GOVERNO
Il meccanismo della “porta girevole” (revolving door) tra settore privato, società di consulenza e posizioni governative completa questo sistema di formazione e circolazione delle élite. Le grandi società di consulenza strategica, in particolare McKinsey & Company, hanno creato una rete di alumni che pervade le istituzioni globali.
Secondo i dati della stessa McKinsey, “circa 450 ex consulenti McKinsey stavano dirigendo organizzazioni da oltre un miliardo di dollari in tutto il mondo”, mentre “circa un decimo degli alumni di McKinsey lavora oggi in carriere che consentono loro di dare un contributo positivo alla società, scegliendo organizzazioni governative e del settore sociale”. Tra gli alumni in posizioni governative troviamo: Pete Buttigieg (Segretario ai Trasporti USA), Kyriakos Mitsotakis (Primo Ministro Grecia), Toshimitsu Motegi (ex Ministro degli Esteri Giappone), e innumerevoli altri.
Il caso di Dominic Barton, ex managing partner globale di McKinsey nominato ambasciatore del Canada in Cina, e quello del primo ministro greco Mitsotakis, che “ha ottenuto un primato tra gli alumni di McKinsey” diventando “il primo eletto come leader assoluto del loro paese”, illustrano la portata di questa influenza.
La stessa dinamica si riproduce con le banche d’investimento. Goldman Sachs rappresenta l’esempio paradigmatico. Il recente caso di Rishi Sunak, ex primo ministro britannico tornato in Goldman Sachs come “senior advisor” dopo aver lasciato Downing Street, ha riacceso il dibattito sulla porta girevole. Sunak aveva già lavorato per Goldman Sachs come analista tra il 2001 e il 2004, prima di intraprendere la carriera politica. Il comitato etico britannico (ACOBA) ha espresso “ragionevole preoccupazione che la sua nomina potesse essere vista come offerta di accesso e influenza ingiusti all’interno del governo britannico”, imponendo un periodo di attesa di 12 mesi e il divieto di lobbying. Ma il caso solleva interrogativi più ampi: ex presidenti della Commissione Europea come José Manuel Barroso e ex segretari al Tesoro USA come Robert Rubin hanno seguito percorsi simili.
Come rileva un’indagine del Center for Public Integrity, i consulenti politici che diventano lobbisti hanno “un vantaggio unico: hanno aiutato il funzionario pubblico che lobbano a farsi eleggere”, creando relazioni personali che si traducono in “capitale che può essere scambiato” quando si spingono gli interessi di altri clienti.
THINK TANK E FONDAZIONI: L’INFLUENZA PRIVATA SULLE POLITICHE PUBBLICHE
Le fondazioni private e i think tank completano questa architettura di influenza, operando come ponti tra potere economico, produzione intellettuale e decisione politica. L’Atlantic Council, finanziato da “più di venticinque governi stranieri” oltre che da corporation multinazionali, pubblica ricerche e raccomandazioni che “tipicamente si allineano con le agende dei governi stranieri” finanziatori.
Durante la guerra in Ucraina, l’Atlantic Council è stato “il think tank più spesso citato dai tre principali giornali statunitensi in relazione a quella guerra”, sostenendo “la spedizione di armi occidentali all’Ucraina così come attacchi alle città russe per distruggere le loro infrastrutture critiche, rifiutando qualsiasi compromesso con il governo russo”. Questo solleva interrogativi sulla distinzione tra analisi indipendente e advocacy per posizioni predeterminate.
Le Open Society Foundations di George Soros rappresentano un altro caso emblematico. Con una dotazione di miliardi di dollari, OSF “sostiene finanziariamente gruppi della società civile in tutto il mondo” con l’obiettivo dichiarato di “far progredire giustizia, democrazia, educazione e salute pubblica”. Tuttavia, come nota un’analisi critica, fondazioni con budget che “superano quello dell’OMS” acquisiscono “un’enorme capacità di impostare l’agenda”, creando interrogativi su “come implementiamo controlli ed equilibri o processi democratici per le fondazioni private”.
La capacità delle fondazioni di “plasmare scelte e strategie politiche” attraverso il finanziamento di attività, la creazione di “archivi di conoscenza”, e la “costruzione di reti tra individui e organizzazioni” solleva quello che uno studioso definisce il “dilemma democratico”: come bilanciare la libertà di azione privata con i principi di eguaglianza e accountability democratica.
IL DEFICIT DEMOCRATICO DELLA GOVERNANCE TECNOCRATICA
Questo sistema complessivo produce quello che la letteratura accademica definisce “deficit democratico” – l’erosione della sovranità nazionale e della responsabilità democratica a favore di strutture tecnocratiche sempre meno controllabili dai cittadini.
L’Unione Europea rappresenta il laboratorio più avanzato di questo modello. Come documenta uno studio, “gli elementi tecnocratici dell’integrazione europea (agenzie indipendenti, regole vincolanti su questioni economiche) si sono espansi drammaticamente in portata” durante le crisi, estendendosi “a questioni con chiare conseguenze distributive” come “il peso dell’aggiustamento tra paesi debitori e creditori”.
Il paradosso è stridente: “in un’epoca di crescente ‘politicizzazione’ degli affari europei, il pregiudizio tecnocratico dell’Unione Europea ha ‘depoliticizzato’ le questioni economiche”. Le decisioni con profonde implicazioni sociali vengono presentate come scelte tecniche inevitabili, sottratte al dibattito democratico.
Questo processo ha “indebolito la democrazia rappresentativa nazionale a causa degli imperativi dell’integrazione economica”, trasferendo il potere decisionale “un passo indietro”, a “organi burocratici quasi-autonomi piuttosto che a rappresentanti eletti a livello nazionale”. Come osserva uno studioso ungherese, ciò ha prodotto una “gerarchia tecnocratica che privilegia la conformità ideologica rispetto al genuino pluralismo”.
La globalizzazione accelera questo processo. Essa contribuisce all’erosione dei confini nazionali e sfuma le linee chiare della statualità nazionale, limitando la capacità dello stato nazionale di agire indipendentemente. Gli stati misurano sempre più la loro vulnerabilità non l’uno all’altro, ma a forze oltre il loro controllo.
IL TECNOCRATISMO GLOBALE OLTRE LE IDENTITÀ NAZIONALI
Il sistema così delineato genera una classe dirigente sempre più omogenea, non solo nei suoi riferimenti culturali ma anche nelle reti di relazioni, nei codici linguistici e nel modo stesso di concepire il potere. Le differenze ideologiche o nazionali diventano puramente cosmetiche: ciò che conta è la condivisione di un medesimo paradigma tecnocratico, in cui efficienza e consenso sostituiscono il confronto e la rappresentanza.
Come ha spiegato Klaus Schwab, fondatore del World Economic Forum, l’obiettivo è costruire una “cooperazione multistakeholder”, ossia un modello in cui ogni decisione – economica, sociale o politica – deve coinvolgere una pluralità di portatori di interesse (stakeholder): non solo azionisti o proprietari, ma anche governi, ONG, fornitori, dipendenti e persino la società civile. Un’idea che, in apparenza, mira all’inclusione, ma che nella pratica tende a diluire ogni responsabilità democratica, sostituendo il mandato popolare con un sistema di partecipazione selettiva gestito dall’alto.
Questa visione, apparentemente inclusiva, maschera una realtà meno pluralistica: la definizione stessa di chi sono i “portatori di interesse legittimi” e come partecipano al processo decisionale è determinata dalle stesse élite che il sistema produce. Come osserva un’analisi critica del tecnocratismo europeo, ciò produce “l’esclusione di informazioni e contributi preziosi ai dibattiti sulla politica estera” attraverso la creazione di una “ortodossia progressista sovranazionale” che riconfigura “le sfide come violazioni di valori europei evidenti”.
I 70 capi di stato presenti a Davos nel 2024 e i 60 del 2025, le centinaia di CEO e i leader delle organizzazioni internazionali che partecipano annualmente al World Economic Forum, non rappresentano semplicemente una conferenza internazionale, ma la manifestazione visibile di una rete di potere che opera tutto l’anno attraverso i programmi YGL, i collegamenti con istituzioni come Harvard Kennedy School, Oxford PPE, le società di consulenza strategica e le fondazioni private.
CONSEGUENZE PER LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA
Questo sistema solleva interrogativi fondamentali sulla natura della democrazia contemporanea. Se la formazione dei leader avviene in circuiti privati, se le politiche vengono elaborate in think tank finanziati da interessi particolari, se il passaggio tra consulenza privata e cariche pubbliche diventa prassi normale, e se le decisioni cruciali vengono delegate a organismi tecnocratici sottratti al controllo democratico, che spazio rimane per la sovranità popolare?
Come documenta la ricerca sul “deficit democratico”, cittadini europei mostrano “crescente preferenza per un processo decisionale politico più ‘efficiente e obiettivo'”, con molti che vedono “il processo decisionale politico da parte di esperti non eletti come un’alternativa attraente” alla democrazia rappresentativa tradizionale. Ma questa “preferenza per la democrazia invisibile” (stealth democracy) può rappresentare una risposta alla frustrazione per l’inefficacia percepita delle istituzioni democratiche, più che una genuina adesione al principio tecnocratico.
Il rischio è che il sistema si autoalimenti: le istituzioni democratiche tradizionali vengono indebolite dalla sottrazione di competenze e risorse a favore di organismi tecnocratici, producendo inefficacia e delegittimazione; questa inefficacia viene poi usata per giustificare ulteriore trasferimento di potere a esperti e tecnici non eletti; il ciclo si ripete, erodendo progressivamente gli spazi di democrazia sostanziale.
La questione non è se la competenza tecnica sia necessaria nel governo delle società complesse – lo è indubbiamente. La questione è se questa competenza debba tradursi in sottrazione della decisione politica al controllo democratico, e se la formazione delle élite in circuiti privati e sovranazionali produca leader genuinamente rappresentativi delle diverse istanze sociali o piuttosto una classe dirigente omogenea nei suoi interessi e nelle sue visioni.
Il fenomeno del “pilota automatico” descritto inizialmente non è metafora: è la progressiva installazione di automatismi decisionali – regole sovranazionali vincolanti, agenzie indipendenti, “best practices” elaborate in circuiti privati e presentate come scelte tecnicamente inevitabili – che riducono sistematicamente lo spazio della deliberazione democratica. Il processo non è recente, ma affonda le radici in quella transizione del XIX secolo quando il potere comprese che l’influenza indiretta e strutturale è più efficace e duratura dell’esercizio diretto del comando politico.
LA POLITICA OCCIDENTALE NON DECIDE PIÙ: AMMINISTRA.
Il passaggio dal governo alla gestione, dalla responsabilità alla conformità, è ormai visibile in ogni campo. Durante la crisi del debito, i governi europei hanno accettato piani di “riforma” imposti da organismi finanziari e da Bruxelles, sacrificando la sovranità economica sull’altare della stabilità monetaria. Non fu una scelta politica, ma l’esecuzione di direttive predefinite.
Lo stesso schema si è ripetuto sul fronte energetico: dal rifiuto del gas russo al “Green Deal” obbligatorio, molte decisioni non hanno risposto agli interessi delle nazioni, ma a paradigmi globali dettati da lobby industriali e ONG sovranazionali. Infine, in politica estera, l’allineamento automatico alle strategie della NATO ha sostituito la valutazione autonoma delle priorità nazionali: le sanzioni, le forniture militari, perfino la retorica diplomatica si muovono dentro una fedeltà sistemica, non più negoziabile. In tutti questi casi, ciò che un tempo era materia di dibattito democratico è diventato processo tecnico, amministrato da esperti e ratificato da governi che recitano un copione già scritto.
La politica ha smesso di interrogarsi sul perché delle scelte, limitandosi al come applicarle.





... per chi si chiede come sia stato possibile che questa macchinazione abbia avuto vita facile per insinuarsi in tutti i meandri del sistema di potere, la risposta è facile:
... l'informazione venduta e appiattita alla signoria del potere è colpevole dello status quo, e sta bloccando ogni possibilità di recupero... trenta denari!!!...
... del resto basta chiedersi perché noi siamo qui su LC e non sul corriere della serva?...
... la corretta informazione è tutto... la divulgazione è un'atto rivoluzionario...
... dopo aver finito di imprigionare l'informazione, il potere verrà a cercare anche noi!!!...
... a volte vorrei avere un'altro nome...
Infatti mentre chi si identifica politicamente con schieramenti tendenti alla destra generalmente vive passivamente ogni decisione presa dal manichino di turno, a sinistra, dove c'è sempre stato più fermento e partecipazione (soprattutto in maniera demofobica ma in passato anche in maniera ribelle con desiderio di giustizia sociale), si è ormai diffusa l'idea che l'italiano non è capace di decidere correttamente, avendo di fatto tenuto su per vent'anni un truffatore che stava lì solo per interessi personali e quindi è giusto venire eterodiretti per evitare scelte sbagliate tipo quella di un personaggio equivoco dedito al delinquere come appunto il nano.
Logica completamente fallace e inverosimile perché quando c'è stata la proposta di cambiamento e rivoluzione culturale (poi risultata falsa è ingannevole ma comunque portatrice di speranza) coi 5 stelle e il primo Salvini (che ancora sembrava poco scemo) la gente ha votato in massa per il cambiamento, che è stata si un'orrenda restaurazione fatta di personaggi squallidi come il sopra citato piuttosto che Conte o il bibitaro, ma nel cuore è nella testa della massa c'è stato di fatto un desiderio rivoluzionario.
Quindi anche le teorie bislacche del progressista medio sono solo frutto della propria inettitudine intellettuale e favoriscono di fatto i think thank e le scuole sorosiane descritte dall'autore .
"Per quello che riguarda il nostro paese c'è una figura chiave che ha permesso l'accettazione di tutto ciò: Berlusconi. ..."
È legittimo sospettare che quell'elezione abbia rappresentato un modo nuovo, e più diretto, di dirigere la politica dello Stivale da parte dei servizi di Oltre Oceano.
Aver conseguito licenza media, diploma, laurea, non equivale di sicuro alla conoscenza della grammatica di base.
Il resto è analisi storica di dettaglio, ma ininfluente sulle premesse e le attuali conclusioni.
Se dovesse mancare il pane, il calcio, e la fi**, qualcuno forse inizierebbe ad alzare la testa dal prato. Forse.
Nella realtà, a livello UE e in diversi Paesi dell' Est la cosa è evidentissima, sono soggetti costruiti nei laboratori del Potere globale e piazzate dove sono e mantenute con azioni massimamente extraparlamentari cioè mediatiche e giudiziarie. Cioè sono semplici funzionari del Potere Globale e come tali agiscono.
Quando si profilano statisti autonomi, anomali, "eretici" rispetto alla omologazione dem woke, neocon, globalista, europeista, attualmente per esempio Orban o Fico ma anche lo stesso Trump lo stesso sistema mediatico giudiziario globalista provvede alla mostrificazione e se possibile alla eliminazione sempre per via extraparlamentare.
Il caso italiano post 1992 è da manuale in questo senso: nessuno che si sia opposto al blocco PCI/PDS/DS/PD prescelto post '92 dalle Amministrazioni dem USA per governare l'Italia è stato risparmiato da mostrificazioni mediatiche su larga scala ed azioni giudiziarie.
In pratica come notavano i vecchi sovietici si tratta di democrazia puramente formale.
Forse perché se no farebbero tutti la fine di Aldo Moro ???
Ucciso 50 anni fa dalla Cia con la maschera delle BR coperte dal governo di allora ??
Per me non c'è nessun nuovo paradigma .
Sotto scacco allora sotto scacco oggi .
Solo che allora i mercati erano controllati dall'Europa e tutto andava bene , oggi invece Cina e India si sono intromesse e l'Europa è in difficoltà
Ci sono toppe ramificazioni nel sistema che oramai coinvolgono tutti , non si può uscire pigliando un tasto dell'ascensore.
Pensarlo per me significa non capire nulla di dove si vive.
Certamente certo che chiunque può andare al posto della Meloni e stravolgere tutto , e finalmente rendere l'Italia il paese libero che vogliamo .
Ma il problema è che non c'è solo l'italiano nel pianeta , ma ci sono anche gli altri a cui magari questo atteggiamento non sta bene con evidenti conseguenze .
Su luogocomune siamo i piu belli e sogniamo il paese che ci pare , ma fuori non è così esiste un altra realtà
Infatti qualcuno mi sa spiegare perché nonistante tutti i bei discorsi le cose vanno sempre peggio ??
Questo articolo andava fatto 10000 anni fa !!!!
Una piccola critica: è troppo orientato al mondo anglosassone, parla poco di noi.
Non cita la succursale della banca Rothschild che Carl Mayer de Rothschild fondò a Napoli, mediante la quale i Rothschild accompagnarono (bello questo eufemismo, vero ?) il Risorgimento: la preparazione, lo svolgimento, le corruzioni (fortezze borboniche che si arresero senza combattere) legate all'avventura garibaldina e al trasferimento delle ricchezze dal sud al nord Italia Torino prima Roma dopo, dal 1845 al 1863.
I Rothschild iniziarono collaborando con i Borboni, poi li tradirono finanziando l'avventura garibaldina, aiutarono i Piemontesi a depredare il Sud: l'Arma di mare (la Marina Militare del Regno del due Sicilie) era la più importante del Mediterraneo, e dava fastidio all'Ammiragliato inglese, Il banco di Napoli e il banco di Sicilia battevano moneta in oro (mica pezzi di carta protetti dal copyright, come l'euro)... ecc
Finita l'avventura, i Rothschild chiusero la filiale e il colonnello Ippolito Nievo, che ne aveva curato la tenuta della documentazione, tentò, ingenuo, di consegnarla ai suoi mandanti: l'imbarcò su una carretta del mare, che puntualmente affondò - marzo 1861- a largo di Capri durante la prima tempesta incontrata; morirono lui e altre 72 persone, tra equipaggio e passeggeri.
Chi volesse approfondire può leggere, proficuamente:
Nicola Zitara - L'invenzione del mezzogiorno. Una storia finanziaria
Nicola Zitata - L'Unità d'Italia - Nascita di una colonia.
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L'articolo mi toglie il fiato: siamo presi nelle spire di un boa costrittore che ci stritola. Possibile che non possiamo fare nulla, siamo o no in una democrazia ? Non abbiamo la possibilità di farci rappresentare degnamente ? No. La procedura con cui votiamo è pesantemente fallata, è una farsa. Vediamo.
E' composta da tre sotto-procedure.
1) Scelta dei candidati - Votazione
2) Instaurazione del governo in base a quanto emerso dalle votazioni
3) Contestazione di - eventuali - brogli elettorali
Non occupiamoci della prima sotto-procedura: le schede sono state scrutinate e sono stati resi pubblici i risultati. Iniziano la seconda e, eventualmente, terza sotto-procedura;
il presidente della repubblica, dopo consultazioni (con chi ?), individua un potenziale presidente del consiglio, gli conferisce l'incarico di formare il governo, questo individua i ministeri e i ministri, i ministri prestano giuramento, il governo si presenta alle camere per avere la fiducia, se ottiene la fiducia iniziano a lavorare (smettetela di sghignazzare) altrimenti altra giro di consultazioni ecc. Supponiamo che siano stati contestati brogli e che la contestazione sia accolta, nel frattempo è passato un mese; occorre ripescare le schede, in tutta Italia, raccoglierle per città, comune tutte assieme (quando sono state spogliate erano suddivise in sezioni); bisogna avere, o individuare e affittare, gli edifici adatti, pensate ai milioni di schede da gestire nelle grandi città; bisogna trovare gli scrutatori e i fondi per pagali, e le autorizzazioni le devono dare i nuovi arrivati; risolti questi problemini (6 mesi, 1 anno ?)
occorre ricontare le schede, e se viene fuori che c'è stato effettivamente un broglio, gli eletti con frode che fanno ? dopo un anno se ne vanno o contestano. Piuttosto la morte.
Non c'è niente fare la procedura non funziona, non deve funzionare: quelli che comandano non devono saltare fuori dalle elezioni devono essere stati selezionati e allevati prima (come esposto nell'articolo), a prescindere dai futuri risultati, le elezioni servono solo a poter dire "siamo in democrazia"
... svoto, quorum e midterm o non si fa nulla...
... si può aggiungere che l'informazione non possa essere sovvenzionata se non da privati con trasparenza totale...
... dopo aver finito di imprigionare l'informazione, il potere verrà a cercare anche noi!!!... ... ormai è una questione di tempo... siamo noi la disinformazia...
La II guerra mondiale è stata persa e vinta dagli americani, che vogliono continuare,tramite la Nato, ad applicare la loro agenda (vedi espansione della Nato: pressenza.com/.../...).
Nessun governo, se non vuole saltare per aria, può permettersi di cambiare questa rotta.
Bene o male tutti ospitano ingenti basi americane....
In questo contesto i "politici" pensano in primo luogo al loro sedere e quindi leccano il sedere a chi più gli garantisce la cadrega.
Ci vorrebbero statisti con le palle quadre che non avessero paura di rischiare la loro pellaccia, ma non ne vedo all'orizzonte
... non vedo in Italia aspiranti suicidi...
... e se qualcuno fosse così sfrontato, dovrebbe avere intorno una pletora di altrettanti aspiranti suicidi, pronti a subentrare a chi venisse eliminato... in Italia...
E uno stereotipo
Come la bellezza non è tutto per chi non si sente bello o il denaro non è tutto per chi è povero .
Come esiste la catena alimentare per gli animali altrettanto esistono le caste o le gerarchie negli uomini .
I piu potenti comandano i piu deboli .
Poi ci possono essere rivoluzioni ,guerre etc , ma solo per cambiare i potenti con altri ,ma il circolo non cambia .
Le elezioni ne sono l'emblema
Eleggiamo potenti per governarci , senza qursto ci sarebbe anarchia pura ovvero l'uno contro l'altro.
Questo siamo !!!
Altro che democrazia , è solo una parola che va contro il nostro modo di essere
Questo ottimo articolo è tanto bello quanto inutile, per almeno due motivi: è stato scritto con almeno vent'anni di ritardo (cioè ripete ciò che è già stato discusso vent'anni fa, e anche quale sarà il risultato finale) e, come tutti gli altri, non suggerisce alcuna via d'uscita da questa situazione.
Nel frattempo, continuiamo tutti a concentrarci sul PIL, questo bellissimo specchietto per le allodole che ci solleverà il morale quando sarà abbastanza alto.
Per il resto non si focalizza l'origine del male, cioè il il neoliberismo e l'ultracapitalismo finanziario... e quindi non si possono avanzare delle "cure".
Non rappresentano nessuno se non l'agenda europea.
Semmai ce ne fosse bisogno basta guardare la meloni, ma come lei tutti gli altri precedenti presidenti del consiglio.
Rappresentano i cittadini fintanto che sono all'opposizione, ma arrivati a palazzo Chigi buttano via tutto (e tutti) nel cesso per proseguire lo svolgimento dei compiti assegnati, assoggettati come sono alle volontà sovranazionali.
Molta gente ancora considera questo atteggiamento un "tradimento", da parte di questo o di quell'altro partito politico, non avendo ancora compresa la cambiale eterna da pagare per restare all'interno di questo manicomio criminale chiamato UE.
io non la vedo cosí tragica.
A me, che i governanti europei costruiscano una fitta rete di conoscenze, che si parlino l'uno con l'altro, e che conoscano le esigenze delle grandi imprese non mi da fastidio.
Mi da fastidio che non conoscano le esigenze delle piccole imprese e non governino nell'interesse dei popoli che governano. Questo non vale solo per i politici, ma vale per tutta la burocrazia, almeno per quello che mi é dato di comprendere. A me non sembra che la giustizia sia giusta, che l'esercito difenda, che la sanitá curi, che la scuola insegni. Nel senso che, con quello che paghiamo, le cose dovrebbero essere fatte molto meglio. Poi magari sbaglio...
Poi non ho capito come ha fatto l'articolo a non citare la Massoneria, che era esattamente il metodo attraverso il quale le decisioni venivano prese prima di essere discusse in pubblico, a Londra, per secoli. In ogni caso: la politica non si fa in pubblico. Uno dei modi per controllare i politici é esattamente di controllarli in ogni cosa che fanno. Questo significa trasferire il potere a chi li controlla.
Si hai ragione; aggiungerei anche Mani pulite e gli Anni di piombo: hanno buttato merda sul Popolo Italiano a palate: ci si vergognava quasi di essere italiani, non eravamo in grado di autogovernarci, solo i tedeschi erano in grado di contrastare la nostra cialtroneria, la nostra corruzione; hanno creato quel clima di sfiducia che ha dato vita per un breve periodo al salvifico M5*; clima di sfiducia che è rinato virulento con l'implosione del M5* perché rafforzato dalla delusione.
Comunque il problema ha radici profonde ed è stato pianificato accuratamente, da menti raffinate, come diceva Borsellino.
Una ottima descrizione di queste tecniche che hanno portato alla frana dell'occidente la si può trovare nell'Orizzonte egli eventi (www.youtube.com/@OrizzontedegliEventi) soprattutto negli interventi del prof. Iannaccone.
Anche il prof. Franco Cardini ha affrontato il problema da par suo (La deriva dell'occidente).
La procedura che ho descritto è quella che ha permesso ai democratici di sottrarre il secondo mandato a Trump. Dal punto di vista procedurale ovviamente.
Se ne può uscire abbandonando la competizione e adottando la collaborazione; ma è utopia per il momento.
Gli anni di piombo sono stati anni difficili dove generazioni complese hanno dato sfogo alle proprie ideologie.
Magari ci fossero stare quelle persone oggi o durante il Covid.
Oggi ci sono solo frocetti pro grande fratello o fankazzisti universitar i che manifestano sotto comando elettorale ma senza un arma in mano .
Non saprebbero usarle e si farebbero del male da soli.
Meglio prendersela con vetrine o cassonetti stile baby gang .
Oggi contano i like, ma soprattutto il perbenismo che maschera la mancanza di coglioni di chi non ha il coraggio di fare nulla.
Mi rincuora un po' il fatto che dopo 20 anni passati a pensare e dire cose che facevano sconcertare l'interlocutore che ti guardava stranito, ora siamo arrivati ad un punto in cui sempre più voci si alzano a denunciare il male.
Un po' com'è successo per la pandemia, una coscienza critica si sta sempre più diffondendo, come reazione ad una sofferenza crescente, e spero bene che arriverà al punto da provocare un vero cambiamento.
Perfettamente in tema con l'articolo ma focalizzato sull'UE, consiglio vivamente questa recente intervista a Gabriele Guzzi (una delle nuove voci di cui sopra) che presenta il suo nuovo libro EUROSUICIDIO.
Immagino tu conosca il significato di Strategia della tensione.
Pensare di sintetizzare un epoca in 4 righe bollandola come vergogna fa ridere i polli.
Pensa all'Italia di 60 anni fà e confrontala con quella di oggi dopo guardati allo specchio e cerca di essere obiettivo .
Torna a guardare le soap opera che ti si addicono.
Dimenticavo: nel periodo del rapimento di Moro, Roma era piena di posti di blocco; i militari avevano le armi prive di munizioni - una delle cose più idiote che si possa fare, esibire un'arma inoffensiva - chissà forse non c'era nessuno da bloccare.
Con cittadini attivi, dotati di cultura (non quella che insegnano a scuola, ma quella di cui parla Pasolini), le cose sarebbero diverse.