Un violento scontro fra Fausto Bertinotti e il suo collega di partito Ferrando è arrivato oggi sulle pagine del Corriere. La pietra dello scandalo è stata una presa di posizione di Ferrando, prontamente riportata da Libero, che ha definito lo stato di Israele "un stato artificiale", andando contro la cosiddetta linea di partito, che Bertinotti invece identifica con la posizione "Due popoli, due stati."
Il primo sostiene cioè che Israele sia uno stato comunque "illegittimo", in quanto imposto in forma arbitraria e unilaterale ai palestinesi di allora, il secondo ricalca invece la posizione che predomina ormai da quasi un decennio, e che la cosiddetta
roadmap to peace avrebbe voluto in qualche modo sintetizzare: mettere tutti d'accordo, in una coesistenza pacifica che finora si è dimostrata realizzabile soltanto nei comunicati ufficiali.
Accade cosi, ci racconta il Corriere, che "la copia di Libero comincia a passare di mano in mano … … e arriva in quelle di Fausto Bertinotti, che non riesce a credere ai suoi occhi. Pagina cinque, titolo: «Nell'Unione c'è chi vuole cancellare Israele», e quel "chi" è seduto proprio davanti a lui. Si tratta di Marco Ferrando, trotzkista, uno dei leader della minoranza interna, candidato al Senato."
Dopo aver sapientemente impostato i termini del dramma, in Corriere procede a farci sapere che fra i due c'è stato un violento scontro, nel quale Bertinotti ha definito "inamissibile" la posizione di Ferrando su Israele, e lo ha obbligato ad una pubblica rettifica.
Dopodiché? A cosa serve tutto questo?
Dividiamo intanto la domanda in due: a cosa serve la discussione fra i due di Rifondazione, e a cosa serve al Corriere dare alla notizia così ampio risalto? Per il Corriere, purtroppo, la riposta è presto data. Il quotidiano infatti non ha resistito alla tentazione di aggiungere, in coda, addirittura un
"BREVE COMMENTO DEL CORRIERE DELLA SERA: E' davvero sgradevole, anzi inaccettabile, che Marco Ferrando, un esponente della minoranza di Rifondazione comunista che si rifà alla dottrina troskista, affermi che «semplicemente lo Stato di Israele non è l'espressione dei diritti nazionali ebraici.» […] Va dunque apprezzata la reazione indignata del segretario Bertinotti alle parole di Ferrando. Un primo passo per affermare la necessità che nel Parlamento italiano non circolino espressioni che assomigliano a quelle dei teorici di Hamas."
Penoso, vedere lo storico quotidiano super-partes piegarsi così supinamente alle correnti del momento, tutte devotamente inginocchiate allo strapotere delle lobby ebraiche, nel mondo e in Italia. D'altronde, non a caso Berlusconi si affrettò a far sapere, un paio di anni fa, che "con la sostituzione di De Bortoli - l'ultimo direttore del Corriere degno di quella qualifica - lui non c'entrava niente".
Torniamo invece all'eroico, al puro, all'incorruttibile Fausto - "l'unico che in fondo si può ancora votare", come oggi dicono in molti - alle prese con il suo trozkista Ferrando, e riproponiamo la domanda di prima:
Uno la pensa in un modo, l'altro nell'altra. Dopodichè? Cosa cambia, nel mondo reale?
Forse che Ferrando, negli ultimi anni, si è speso in qualche manifestazione pubblica, o a supporto di qualche movimento d'opinione, che avocasse l'abolizione dello stato di Israele? A noi non risulta.
Parole, quindi, le sue, inutili parole vuote.
E Bertinotti? Forse che si è speso in qualche manifestazione pubblica, o a supporto di qualche movimento d'opinione, per protestare la evidente cancellazione - de facto, oltre che de iure - della
roadmap to peace, e di quello che avrebbe dovuto condurre ad una soluzione pacifica, detta "Due popoli, due stati?" A noi non risulta.
Parole, quindi, anche le sue, inutili parole vuote. (E poi quelli costretti entro un mondo virtuale saremmo noi, fra le altre cose).
O qualcuno vuole forse suggerire che Bertinotti non si sia accorto, negli ultimi anni, della ghettizzazione galoppante da una parte, e della decimazione effettiva dall'altra, che i palestinesi stanno subendo sotto gli occhi di tutti?
E allora, dov'era la sua voce, quella della "posizione ufficiale" di Rifondazione? O forse è quella che sta sotto gli occhi di tutti, la famosa soluzione "Due popoli due stati" avocata da Bertinotti, per cui egli non avrebbe sentito nessun bisogno di protestare, nè a nome suo nè del suo partito?
A cosa serve, signor Bertinotti, "avere una posizione ufficiale" - e volerla addirittura imporre agli altri - se poi comunque non la difendi quando dovresti?
Forse solo a garantirti un posticino al sole, insieme a tutti gli altri che se ne fottono allegramente degli onorevoli doveri che gli abbiamo assegnato, eleggendoli, e pensano soltanto a proteggere quei pochi, meschini diritti che hanno ricevuto in cambio nel frattempo?
Andate, andate a votare "i meno peggio", cari italiani, e poi tornate a lamentarvi che "viviamo in un paese di merda".
Massimo Mazzucco