AGGIORNAMENTO 14.02.06: Nei commenti, la replica del Sig. Castello
(Riceviamo questa lettera, che pubblichiamo seguita dalla risposta).
di Antonio Castello
Questa mia è rivolta a tutta la redazione ma in particolare a Massimo Mazzucco, in risposta alla sua opinione sulle olimpiadi "Ai funerali di una nazione". Premetto che non sono certo un vostro lettore "tipo", sono un elettore di centrodestra (cosa che da voi sarà considerata blasfema) e in generale non condivido quasi mai le vostre opinioni. Credo però che, al di là delle opinioni politiche, l'articolo "Ai funerali di una nazione" vada oltre qualsiasi possibilità di comprensione logica. Delle olimpiadi si può discutere su tante cose, sull'opportunità di avere come sponsor la coca-cola (così come sul fatto di tenerle in Cina, paese che tuttora viola costantemente numerosi diritti umani), sulla cerimonia di apertura (troppo dispendiosa, ospiti non azzeccati?), sull'inevitabile retorica che accompagna questi eventi...e così via.
Ma quanto da lei detto non ha alcuna base reale e rasenta la follia e la paranoia. Tra l'altro senza formulare UNA SOLA proposta alternativa a questi (inesistenti) problemi. La televisione veicola menzogne (opinione in linea di massima condivisibile)? Allora non trasmettiamo nemmeno le olimpiadi , … ... con buona pace di chi non può recarsi a Torino (circa due miliardi di persone). La cerimonia è stata "una patetica illusione ispirata solo a sè stessa"? vorrei sapere cosa proponeva in alternativa, come avrebbe presentato l'Italia al mondo, o forse pensava di non farla nemmeno, dichiarare "viva le olimpiadi" e iniziare? Gli striscioni sono degli "addobbi funebri"? Allora aboliamo gli sponsor così gli atleti di queste discipline, che già fanno fatica ad essere finanziati, dovrebbero gareggiare con i materiali di cinquant'anni fa.
Senza contare la vaneggiante metafora su Carla Bruni, oltre che offensiva per chi come me crede nella storia e nella grandezza dell'Italia, talmente personale e slegata da dati di realtà che chiunque potrebbe fare la stessa cosa con qualunque evento (perchè non considerare allora i no-global a Genova come cellule impazzite di un cancro che si accaniscono contro lo stesso corpo che le ospita? bella poesia no?).
E infine senza nominare ciò che conta davvero cioè la possibilità per gli atleti di fare ciò che amano sfruttando opportunità uniche nella vita (vi dice niente Deneriaz?) e per gli appassionati di conoscere e, perchè no, praticare sport altrimenti sconosciuti (curling e short track ad esempio), cosa che senza le olimpiadi, i finanziamenti degli sponsor, e la trasmissione televisiva sarebbe molto più difficile.
Parafrasando la sua ultima frase credo che l'unica cosa ad essere spenta da milioni di anni sia la sua capacità di discernere la realtà, che indubbiamente ha i suoi problemi, dalla fantasia e dalla paranoia di vedere complotti ovunque.
Non pretendo certo che lei legga questa mia nè tantomeno che mi risponda ma tanto volevo dirle e tanto ho detto. La speranza sarebbe quella di vederla proposta all'intera community, per accendere un dibattito anche perchè da parte di alcuni ho letto opinioni anche più vaneggianti della sua, ma non credo che accadrà.
Come vede mi sono firmato con nome e cognome perchè credo che si debba avere il coraggio delle proprie opinioni, cosa che, almeno questa, lei ha al contrario degli iscritti al sito nascosti dietro un qualunque pseudonimo.
Antonio Castello
Sig. Castello, le rispondo invece molto volentieri, e le dico prima di tutto che io non ritengo "blasfema" nessuna posizione politica in particolare. Blasfema per me è casomai l'incoerenza, sia nelle persone che nei discorsi, che ormai imperversa tanto a destra quanto a sinistra. Il mio ultimo articolo su Bertinotti dovrebbe confermarle ciò che dico.
Venendo all'articolo sulle Olimpiadi, è evidente che io debba aver toccato delle corde particolarmente sensibili in più di una persona. In parte avevo già cercato di rispondere alle critiche - molto simili alle sue, anche se non così estreme - nei commenti all'articolo stesso, ma non mi dispiace ripetermi qui, anche per cercare di chiarirmi ancora meglio, se posso.
Per prima cosa, l'articolo appare chiaramente sotto la categoria "opinione", e si presume quindi, per principio, che la mia debba valere quanto quella di chiunque altro. Per lei invece, se ho ben capito, il diritto all'opinione esiste, ma solo "se non vada oltre qualsiasi possibilità di comprensione logica".
Qui però siamo daccapo: quello che per lei è "logicamente incomprensibile", da altri può essere pienamente condiviso. In ogni caso, diciamo pure di non essere stato sufficientemente chiaro per tutti, e cerchiamo di fare un pò di luce almeno dove possibile.
Vorrei intanto chiarire che io non ho mai criticato lo sport in sè, nè gli sporitvi, nè i valori che vi andrebbero associati, anzi. Io stesso ho fatto sport agonistico per tutta la vita, passando dal tennis al calcio al nuoto al motocross, e non ho perso una domenica finchè ho avuto solo mezzo ginocchio che mi reggesse in piedi. Dopodichè lo sport ho continuato a guardarlo in TV, con la stessa passione di sempre. Trovo infatti la competizione agonistica una delle espressioni più elevate un assoluto dell'essere umano.
Ho criticato invece, questo sì, la cerimonia d'apertura, ma proprio perchè fuorviante - col suo messaggio distorto ed ambiguo - anche rispetto ai valori di cui sopra.
Lei giustamente mi dice "e cosa dovevano fare? Dichiarare 'viva le Olimpiadi' e basta?", e mi chiede ripetutamente di fare "almeno una proposta alternativa".
Sinceramente, mi sembrava che questa fosse già implicita nella mia critica, ma non ho niente in contrario a provare a definirla.
Premesso che degli sponsor - come lei stesso riconosce - ormai siamo schiavi, ritengo che si sarebbe potuto comunque soddisfare le loro esigenze di "visibilità", senza per questo "inquinare" in maniera così vistosa i valori che nel frattempo venivano veicolati dalla cerimonia stessa.
In altre parole, non vedo perché non si potrebbe separare nettamente lo spazio fisico/televisivo riservato alla Coca-Cola, e alla promozione dei prodotti commerciali in genere, da quello più prettamente sportivo, di cui le Olimpiadi dovrebbero essere il momento culminante.
Perchè invece di uno stucchevole balletto in stile "canzonissima", non devo poter rivedere, ad esempio, la finale dei 400 metri di Berlino al super-rallentatore, su un ingrandimento a 70 mm. nuovo di zecca, di altissima qualità? Le garantisco che con i soldi di quel singolo balletto, di restauri del genere ne saltano fuori almeno una ventina.
Ecco, a quel punto non avrei niente in contrario a sorbirmi anche un bel 90 secondi dell'Adidas, che cerca di convincermi in tutti i modi che senza le sue scarpe io non sono nessuno. Cerco di difendermi come posso, so che serve a ripagare i costi di tutto ciò che ho visto finora, e la cosa mi sta bene così.
Il problema per me sta invece nell'inquinamento trasversale, reciproco, dei diversi messaggi con i diversi valori che contengono. Le faccio un esempio: negli anni '80, io fui uno dei pochi registi italiani a non firmare la petizione "non si spezza un'emozione", contro gli spot televisivi all'interno dei film. So infatti quanto costa farne uno, e se la gente al cinema non ci viene, mi rendo conto che da qualche altra parte i soldi devono pur saltare fuori. Non ho mai però accettato, in compenso, di fare "product placement" all'interno dei miei film (niente di famoso, non stia a preoccuparsi a cercarli, ma il concetto rimane identico). Quelli che invece firmavano "sdegnati" la petizione, in nome dell' "arte che non si tocca", riempivano poi i loro film di pacchetti di Marlboro in primissimo piano, di Mercedes ultimo modello che andavano da tutte la parti, e di bottiglie di J&B inquadrate rigorosamente dalla parte dell'etichetta.
La stessa identica cosa vale per il nostro discorso sulla cerimonia olimpica: si potevano tranquillamente tenere le cose separate, invece di "rimescolare" i valori in gioco al punto da non capire più nemmeno cosa stavamo guardando. E non è solo della pubblicità che parlo, sia chiaro: che cosa c'entra Joko Ono, ad esempio, proprio con il Deneriaz che mi cita lei?
E lo stesso concetto di Made in Italy, che lei giustamente difende, che diritto aveva di imporsi con tutta quella prepotenza in una cerimonia che per definizione dovrebbe superare ogni confine etnico o politico?
E' in questa commistione di valori - necessariamente "al ribasso" - fra lo sport, lo spettacolo, l'industria e il commercio, in questa miscela orrificante di "sacro e profano", veicolata a sua volta dal mezzo bugiardo per definizione, la TV, che io ho visto la sconfitta di un'intera società, che ha ceduto al potere mediatico il sacrosanto diritto di decidere da sola i giusti valori da assegnare alle cose, invece di vederseli imporre dall'alto.
Questa era l'origine e la natura della mia protesta, che non ha nulla a che vedere con il "cospirazionismo paranoico" di cui lei mi sospetta, e che mi sembra di poter continuare a ritenere legittima, se non altro in quanto opinione personale. Lei stesso, alla fine della sua lettera, scrive: "mi sono firmato con nome e cognome, perchè credo che si debba avere il coraggio delle proprie opinioni".
A proposito, il campo per la replica ora è tutto a sua disposizione.
Cordialmente
Massimo Mazzucco
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