Un gruppo di studio coordinato dal prof. Franco Ortolani, Ordinario di Geologia all'Università di Napoli, ha pubblicato una ricerca per valutare eventuali correlazioni fra i recenti eventi sismici in Emilia Romagna e le attività petrolifere in corso da vari anni in quella zona. Come mostra la cartina pubblicata nella ricerca, diventa molto difficile non vedere una correlazione fra le due cose.
A commento di questa immagine si legge: "Come si vede nella figura 5 nelle aree interessate da faglie attive nel sottosuolo esistono numerosi pozzi profondi finora eseguiti per ricerca di idrocarburi. Come è noto sono in corso alcuni interventi di riimmissione di metano nelle rocce serbatoio di giacimenti ormai esauriti. Tali interventi sono attuati in varie parti del mondo; talvolta sono vietati in quanto l’iniezione di fluidi in pressione nel sottosuolo, come testimonia una ricca bibliografia scientifica internazionale, a luoghi può innescare un’attività sismica di non elevata magnitudo."
Questa "iniezioni di fluidi in pressione" si chiama comunemente "fracking". E' una tecnica di estrazione del petrolio e del gas naturale entrata in uso una ventina di anni fa, che ultimamente viene adottata sempre più spesso dalle compagnie petrolifere in tutto il mondo.
Non sempre infatti petrolio e gas escono volentieri dal sottosuolo, ... ... una volta trovato il giacimento. A volte la pressione interna non è sufficiente per farlo salire in superficie in quantità "economicamente soddisfacenti". Allora bisogna dargli un aiutino, pompando dei fluidi ad alta pressione al suo interno, che vengono introdotti nel giacimento con trivellazioni collaterali. Di solito si tratta di una miscela di acqua e sabbia, ma vengono anche usati gas ad alta pressione, miscelati con diversi composti gelatinosi.
Vi sono poi i casi in cui il giacimento si trova in uno strato di roccia poco permeabile, per cui il gas fatica molto a muoversi al suo interno. In quel caso il fracking crea delle vere e proprie fratture all'interno della roccia, creando così delle sacche più ampie nelle quali il gas possa confluire prima di essere pompato in superficie.
Naturalmente, non ci vuole un genio per comprendere come questo tipo di lavorazione possa portare facilmente a conseguenze indesiderate, che non riguardano soltanto l'accresciuto rischio sismico, ma anche l'inquinamento di tutte le falde acquifere che si trovano fra il pozzo e la superficie.
Una volta pompato il fluido ad alta pressione in profondità, infatti, non puoi controllare con precisione in quale direzione andrà a finire il metano. Per cui rischi che invece di salire lungo il tubo del tuo pozzo se ne vada in giro per conto suo, aprendosi vie inaspettate fra le rocce, e poi te lo ritrovi nell'acqua del rubinetto. Il video che segue offre un esempio "lampante" di ciò di cui parliamo.
Un'altra tecnica di trivellazione che ha preso uso negli ultimi anni, insieme al fracking, è la cosiddetta "trivellazione orizzontale". All'inseguimento disperato di gas e petrolio, ormai si scava anche sotto interi quartieri cittadini, incuranti del fatto che sopra possano esserci scuole, stazioni, ospedali o aeroporti.
Un caso classico è quello di Forth Worth, nel Texas, dove mezza città ha recentemente scoperto di vivere letteralmente sopra centinaia di pozzi di gas naturale scavati orizzontalmente a loro insaputa.
Non a caso da noi, dopo la seconda scossa violenta di ieri, i media stanno già indirizzando l'opinione pubblica verso la ricerca del capro espiatorio sbagliato, e cioè "chi ha costruito quel capannone?" "Chi ha dato l'autorizzazione a riprendere il lavoro?" "Era davvero costruito a norma antisismica?"
Il terremoto viene dato come "un fatto naturale", inevitabile ed imprevedibile, e noi dobbiamo solo preoccuparci di costruire meglio le nostre abitazioni e stare attenti ai mattoni che cadono.
Per capire che magari non è sempre necessariamente così dobbiamo aspettare le ricerche dell'Università di Napoli, che naturalmente non verranno mai pubblicizzate nè prese seriamente in considerazione dai media mainstream.
Massimo Mazzucco
Fonti:
Presentazione della ricerca dell'Università di Napoli. Il PDF originale.
Trivellazioni orizzontali
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