di Maurizio Blondet
Il Comitato di Verità sul Debito Pubblico, creato due mesi fa ad Atene dal parlamento ellenico, ha dato il suo rapporto.
In esso
si legge: “Tutte le prove che presentiamo mostrano che la Grecia non solo non ha la possibilità di pagare questo debito, ma che non deve pagare questo debito, prima di tutto perché il debito che emerge dagli arrangiamenti della Troika è una diretta violazione dei diritti umani fondamentali degli abitanti di Grecia, Da cui siamo giunti alla conclusione che la Grecia non ha da pagare questo debito in quanto illegale, illegittimo ed odioso”.
Un’altra frase va sottolineata perché è semplicemente, la verità: “E’ risultato al Comitato che l’insostenibilità del debito pubblico greco era evidente fin dall’inizio ai creditori internazionali, alle autorità elleniche, ai media del sistema. Ma le autorità elleniche, insieme con altri governi nella UE, hanno cospirato contro la ristrutturazione del debito pubblico nel 2010 onde proteggere le istituzioni finanziarie, I media del sistema hanno nascosto la verità al pubblico dipingendo una situazione in cui il salvataggio era detto essere a beneficio della Grecia, mentre si agitava una narrativa intesa a dipingere la popolazione come colpevole delle sue disgrazie”. [...] “..La crescita del debito non è dovuta ad una spesa pubblica eccessiva, che di fatto è rimasta più bassa della spesa pubblica di altri paesi dell’eurozona, ma al pagamento di tassi d’interesse estremamente alti ai creditori, a spese militari eccessive e ingiustificate (i sottomarini tedeschi, ndr.), a perdita di introito fiscale causato da fuga illecita di capitali, da ricapitalizzazione a carico dello stato di banche private, e dagli sbilanci internazionali creati attraverso le falle nel progetto dell’Unione Monetaria stessa”.
“Diversi argomenti legali consentono ad uno stato di ripudiare unilateralmente il suo debito illegale, odioso ed illegittimo. Nel caso greco, tale atto unilaterale può essere basato sulla malafede dei creditori che hanno spinto la Grecia a violare la leggenazionale e le obbligazioni internazionali relative ai diritti umani; alla preminenza dei diritti umani sugli accordi che i precedenti governi hanno contratto con la Troika; dalla coercizione; dai termini sealli che apertamente infrangono la sovranità e la costituzione greca; e infine dal dititto riconosciuto nelle norme internazionali per uno stato di prendere contromisure contro atti illegali dei suoi creditori, i quali volontariamente danneggiano la sua sovranità di bilancio , la obbligano ad assumere un debito illegittimo, illegale ed odioso…”
L’Italia dovrebbe imitarli
E’ una sfida all’eurocrazia, al mostro freddo che è diventata l’Europa. Non so prevedere quale sarà la punizione che il mostro freddo farà pagare, pur di mantenere salda la gabbia in cui rinchiude tutti noi. Dico che questo atto di coraggio ricorda i trecento alle Termopili; un piccolo popolo contro i giganti, senza alcuna speranza, armato solo della sua dignità. Pronto a soffrire il soffribile per difendere la sovranità contro i “trattati”. Un cittadino greco ha detto: “Possono prenderci i soldi, ma non possono strapparci i nostri cuori ed anime. Viviamo per la nostra dignità”.
Sì, queste sono le Termopili d’Europa. Il mostro vincerà e passerà sopra i greci, nostri fratelli; dovremmo aiutarli, essere al loro fianco. Perché sconfitti loro, il mostro freddo divorerà anche noi – noi senza dignità da difendere.
Ci vuole il coraggio, una volta tanto. Il coraggio che mancò al ‘venerato maestro’ Guido Carli, uno di quelli che “ci hanno portato in Europa”, anche se ne vedeva le falle e i trucchi,e ne previde esattamente gli esiti.Vide una Repubblica federale tedesca egoista, la cui politica “mal si concilia con quella della integrazione europea (…) e ricorda quella della Germania guglielmina: conquista dei mercati attraverso metodi contrari a quelli della concorrenza; progressiva esclusione dai mercati dei concorrenti meno agguerriti; crescente ricorso ad espedienti contrari ai principi della concorrenza per estendere le sfere d’influenza”. Sono parole del 1953. Vedeva già quello che sarebbe successo, Carli. Non manca a volte l’intelligenza, ma all’italiota manca – sempre – il coraggio e la dignità. Le riferisce il giornalista parlamentare Angelo Polimeno nel suo “Non chiamatelo euro – Germania, Italia e la vera storia di una moneta illegittima” (Mondadori).
L’aggettivo “illegittimo” è lo stesso usato dal parlamento greco. Polimeno spiega: il Trattato di Maastricht permetteva all’Italia un adeguamento “tendenziale” alla riduzione del debito pubblico e del deficit, con la possibilità di “ricorso all’indebitamento per cogliere le occasioni favorevoli” alla ripresa e alla crescita. La feroce durezza del patto di stabilità, che ci obbliga a rientrare dal debito a tappe forzate al ritmo di 50 miliardi annui di per 20 anni, sotto “la costante sorveglianza” della Commissione (leggi: di Berlino), alla quale dobbiamo presentare i nostri bilanci; e che ci può imporre se sgarriamo “sanzioni finanziarie” fino allo 0,5 per cento del Pil, aggiungendo salasso a salasso – tutto ciò non è nel Trattato. E’ stato inserito come “regolamento” (in pratica due: il 1466 e 1467 del 1997) del Consiglio: ossia da un provvedimento di rango inferiore, che non avrebbe il potere di revisionare un Trattato che è costrituzionale.
E’ stata la Germania con Parigi a volerlo per evitare una ridiscussione di Mastricht, che i popoli avevano già dato segno di voler respingere; un simile trucco ha consentito ai poteri forti di inserire le norme punitive, che ci strangolano per sempre, “sotto forma di protocollo aggiuntivo che non richiede neppure una ratifica da parte dei parlamenti nazionali. Ma sono stati i politici e i “tecnici” italiani a inserire queste norme-capestro, illegittime fin dal principio, nella nostra legislazione. Fino al punto da consacrare il ‘fiscal compact’ – ossia l’obbligo di rientro a 50 miliardi l’anno per 20 anni, sotto la sorveglianza degli stranieri – nella Costituzione. Il nostro parlamento l’ha ratificato a maggioranza enorme: 380 a favore e soli 56 no. I nostri sindacati non hanno aperto bocca. I nostri media, silenzio totale.
Hanno firmato, e dunque hanno impegnato noi tutti, ad obbedire a “provvedimenti senza eguali in nessun altro contesto federale o confederale”. L’impegno al rientro di un ventesimo l’anno del debito eccedente il 60% del Pil? “Nessun paese al mondo sarebbe in grado di sostenere un simile onere. Onorarlo significa intervenire pesantemente sullo stato sociale, aumentare la disoccupazione, mettere in discussione la previdenza” e – soprattutto – “rinunciare ad investire in funzione dello sviluppo della nazione”. All’Italia è stato chiesto “di precludere a se stessa ogni possibile prospettiva di ripresa e rinunciare alla propria sovranità, rassegnandosi a un declino economico e sociale traumatico e spedito”.
E’ dal 1999, ossia dall’entrata in vigore del capestro, che l’Italia declina. A questo e solo a questo dobbiamo la caduta del Pil, la disoccupazione dei giovani che non trovano il primo lavoro, la chiusura di centinaia e centinaia di imprese, il degrado delle infrastrutture, “i casi numerosi di suicidi di piccoli imprendoitori e lavoratori: che corrispondono ad altrettanti fattori produttivi perduti, ossia in definitiva a perdita di ricchezza” (Giuseppe Guarino, giurista ed economista, inascoltato critico di questo ‘europeismo’).
Personaggi che rispondono ai nomi di Ciampi, Draghi, Padoa, Prodi, Monti, hanno messo la testa della nazione sulla mannaia, ed hanno chiesto al boia, per favore, di legarci le mani dietro la schiena così non possiamo ribellarci.
Adesso, provare a divincolarsi e sottrarsi alla mannaia, richiede più coraggio ancora, più sacrifici ancora – si tratta di rigettare norme che abbiamo accettato e firmato (ossia che governi illegittimi hanno firmato a nostro carico).
La strada sarebbe denunciare l’irregolarità del regolamento che ha modificato il Trattato. Puntare ai passi che, nel Trattato di Maastricht, danno agli stati che hanno mantenuto la propria valuta di “aderire all’euro in qualsiasi momento successivo”: una dizione, secondo Guarino, che implica anche la liceità del contrario: la possibilità di uscire dall’euro senza dover uscire dall’Unione Europea, da cui i poteri stranieri minacciano di escluderci.
La ribellione è necessaria, forse la rivoluzione: e richiede oggi coraggio e sacrifici – molti più di quelli che avremmo dovuto sopportare se con dignità avessimo rifiutato di entrare nel complotto europeo per la nostra deindustrializzazione.
Adesso, la Grecia ci dà l’esempio. Gliela faranno pagare, se non siamo al suo fianco. E con essa, saremmo perduti anche noi.
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