Come al solito, il sapiente can-can orchestrato dei media ufficiali è riuscito a polarizzare l'opinione pubblica al punto da far perdere di vista il cuore reale del problema.
Mentre però non stupisce la scelta dei media di calcare pesantemente la mano sullo Sharon "uomo di pace", delude questa volta che anche i più attenti guardiani dei medesimi siano cascati nel tranello da loro tesogli.
Abbiamo infatti, per ogni "Sharon uomo di pace", una rancorosa lista di feroci crimini attribuibili - a torto forse alcuni, a ragione certo la maggior parte - all'ex-generale sul viale del tramonto.
Non ci si rende conto però, nel reagire in questo modo, che si finisce per restringere ad un solo individuo ... ... quello che è invece il problema di un'intera nazione. Anzi, di un'intera epoca storica.
E' un pò come "disfarsi" in un sol colpo della seconda guerra mondiale, Olocausto compreso, dicendo che "Hitler era un pazzo furioso". Pensiamoci bene: a quante persone, ancora oggi, può venire comoda una tale lettura della storia?
Infatti, come per Hitler, viene facile gridare "Sharon assassino", e lo si può fare senza rischiare di essere smentiti da nessuno: se i tribunali internazionali valgono qualcosa, le accuse oggi giacenti contro di lui parlano da sole.
Ma Sharon non "è" il sionismo, nè è stato al massimo una delle espressioni più acute, esattamente come Hitler non "era" l'antisemitismo, ma ne diventò di certo l'espressione più estrema.
Ma non è impiccando il sintomo che il problema va in soffitta. Nè in un caso, come abbiamo visto, nè nell'altro.
In realtà, come per tutte le importanti questioni storiche, è impossibile giudicare uno solo dei personaggi coinvolti nella lunga vicenda palestinese, senza inquadrarlo in una questione che è appunto fra le più complesse e difficili da decifrare in assoluto.
Sharon oggi muore, ma il sionismo rimane. E il sionismo - come già scritto in un articolo precedente - è un movimento storico, ormai obsoleto, che è stato superato dai fatti che esso stesso ha messo in moto. Ha concluso da anni la sua funzione, arrivando ben oltre l'obbiettivo dichiarato, e da tempo ormai stride con la situazione effettiva sul campo.
Finché questo argomento non verrà preso di petto all'interno della stessa comunità ebraica, abbaiare pro o contro il singolo individuo non servirà che a distrarre, ancora una volta, dal cuore del problema.
Chi voleva che questo avvenisse, ci è riuscito in pieno, e lo ha fatto questa volta con l'aiuto involontario di chi non ha saputo mantenere la mente fredda di fronte alla puerile provocazione dello "Sharon uomo di pace".
Vi sembra davvero un'affermazione che valesse la pena di contestare?
Massimo Mazzucco
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