di Andrea Franzoni
Si celebra l'ipotetica morte di Ariel Sharon, e al tavolo dei festeggiamenti si incontrano personaggi diversi: il vulcanico presidente dell'Iran Ahmadinejad, alcuni estremisti della Jihad islamica e di Hamas ma anche i coloni israeliani, i membri delle destre sioniste e l'influente reverendo evangelico americano Pat Robertson. Cambiano le libagioni disponibili per i party, la copertura televisiva e, probabilmente, le ragioni di tale risentimento, non cambiano le scarse speranze per il futuro del popolo palestinese.
Più che i commenti dei leader della Jihad Islamica, che hanno dichiarato di non essere dispiaciuti dal malore improvviso di Sharon anche perché non riescono a considerarlo una figura politica ma anzi lo vedono, memori del suo passato da generale, come un “macellaio”, ha fatto sicuramente scalpore il commento del vulcanico presidente dell’Iran Ahmandinejad che ha tagliato corto affermando che non si augura la guarigione del nemico sionista. Mentre queste affermazioni, comunque inquietanti, hanno ricevuto la massima attenzione da parte dell’opinione pubblica e dei mezzi di comunicazione, … … altri segnali più inquietanti per il futuro della Palestina, nonché per completare la mappatura mondiale del pericoloso fondamentalismo e del terrorismo, sono stati praticamente ignorati.
Un vecchio allenatore slavo amava ripetere “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. L’attesa e lo sconforto erano tanto forti, evidentemente, che in molti hanno però iniziato a fare festa con netto anticipo. Già per l’epifania, ad esempio, un gruppo di coloni estremisti israeliani di stanza ad Hebron, Cisgiordania, ha affermato candidamente di avere organizzato un party per celebrare festosamente il peggioramento delle condizioni del premier. Il “padrone di casa” del festino che, ci si augura, avrà pochi commensali, ha dichiarato all’Associated France Press che “ci sarà un giorno del ringraziamento oggi a Hebron. Celebreremo l'annullamento dei decreti maligni e la fine dei problemi per il popolo d'Israele”. Sempre nella stessa città santa Hebron, popolata da una agguerrita minoranza ebraica assediata dalla stragrande maggioranza della disagiata popolazione palestinese, tale Itamar Ben-Gvir, interpellato dal quotidiano israeliano Yediot Ahronot, ha affermato di avere brindato con gli amici dando la sua versione dei fatti: “Sharon aveva in programma lo sgombero di Hebron, ma chi tocca la terra di Israele viene colpito a sua volta”.
Ben più esplicito, dall’altra parte del globo, il predicatore evangelico Pat Robertson, ben conosciuto in tutto il mondo per le precedenti dichiarazioni su Chavez, ha motivato senza esitazione la malattia di Sharon come una efficace punizione divina per chi ha avuto la colpa di provare a dividere la terra di Dio. “Stava provando a dividere la terra di Dio –ha dichiarato L’Ahmadinejad d’America-, e aveva intrapreso questa via per accontentare (appese) l’UE, l’ONU e gli stessi Stati Uniti. Ma Dio considera quella terra sua. Sulla Bibbia sta scritto “Questa è la mia terra”, e quando un qualsiasi primo ministro prova a strapparne dei brandelli per gettarli via Dio gli dice “No, questa è mia” . Se avete visto un fulmine scendere sul Medio Oriente non si trattava di una rievocazione della Stella Cometa che tirava la volata ai Magi.
Sarebbe sbagliato sopravvalutare il seguito delle dichiarazioni di Robertson e dei coloni oltranzisti, come sarebbe sbagliato pensare che tutto il popolo palestinese goda della morte di Sharon come, solo un anno fa, l'opinione pubblica mondiale godette (più o meno manifestamente) della dipartita di Yasser Arafat. E' anche sbagliato, però, sottovalutare la diffusione dell' "ideologia" di Pat Robertson e dei suoi simili, molto simili nelle file NEO-CON che tengono oggi in pugno l'America. Sono questi personaggi (ricchi, ben educati, visionari, puliti e riveriti) che, a mio avviso, fanno ancora più paura di quei disperati che, per avere un pizzico di malessere in meno, si aggrappano a violenza, divinità e bombe. Per risolvere la loro insoddisfazione i mezzi teorici, forse, ci sarebbero anche. E' con la stessa forza verbale e intellettuale che questi due nemici dell'umanità vanno combattuti, siano essi nei palazzi del potere (e quindi con i mezzi e la forza consoni al ruolo), nei comodi insediamenti ebraici o nelle baraccopoli delle periferie del mondo alla ricerca di un tozzo di pane. E' fin troppo chiaro, alla luce di questa prospettiva, da che parte bisogna cominciare.
Andrea Franzoni (Mnz86)
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