Il devozionismo darwinista e l'epistolario laico tra il materialista Lima-de-Faria e il card. Schoenborn
di Giuseppe Sermonti
La trasformazione di un'ipotesi scientifica in catechismo ateo, il razzismo evolutivo della teosofia, i tentativi di imparentarla con Marx, il fondamentalismo di MicroMega.
Dopo la fioritura di metà Novecento, con la scoperta degli antibiotici, della struttura del DNA, della sintesi proteica e delle staminali, la biologia sta diventando una vecchia signora, con remoti sogni extraterrestri, incombenti minacce terrene, povera di fascino e di attrattive, non aliena alle serate di beneficenza. In questo contesto, il darwinismo assume il ruolo di verità devozionale, di catechismo ateo. Viene allora da chiedersi che cosa fu nei contesti culturali e politici in cui sorse e si sviluppò nel suo secolo e mezzo di vita. Segnalo al riguardo un numero del trimestrale Atrium, dedicato all’Evoluzione, curato e presentato da Stefano Serafini. In qualche modo esso ribatte a un recente numero di Micromega, dedicato a Darwin, dio e altri animali.
Nella belle époque di fine Ottocento, sazia di positivismo, luce della ragione e darwinismo sociale, si assisteva ad una rinascita di esoterismo, occultismo, spiritismo e buddismo teosofico. Presso i cercatori di una rifondazione religiosa su base gnostica, la prospettiva evolutiva era stata accettata di buon grado. “Teosofia e occultismo – scrive Massimo Marra – si fanno propugnatori di un evoluzionismo spirituale che guarda alle antiche tradizioni sapienziali.” E’ il tempo dell’antroposofia di Madame Blavatsky. In essa, la fede nel progresso si inquadra in una visione ciclica della storia ... ... e si oppone alla salvazione unica ad opera del Cristo. I cicli si evolvono come spirali ascendenti, che non conducono a specie più elevate ma a 7 successive razze umane (root-races).
Le prime due erano immateriali e traslucide, la terza è la Lemuriana, da cui nascono i negri, la quarta è l’Atlantide, da cui derivano aztechi, cinesi, fenici e semiti, la quinta è quella Ariana che genera egizi, indù, greci, romani e teutoni. La sesta e la settima razza devono ancora venire, ma cominciano a manifestarsi nella razza americana futura. La selezione darwiniana è ben accetta, perché provvede a liberare il campo dalle razze inferiori, condannate comunque alla scomparsa. La teosofia blavatskiana è alle fondamenta del razzismo e c’è certamente un nesso tra la sua mistica del capo e quella del Fuehrer. La rinascita esoterica fin de siècle appare figlia diretta delle suggestioni culturali evoluzioniste e delle tentazioni razziste della antropologia positivista.
Nei tempi in cui la teosofia evoluzionista si fa teoria sociale influenzando con il suo spiritualismo laico ambiti socialisti e sindacali, si stabilisce un rapporto, ancorché indiretto, tra Charles Darwin (1809-1882) e Karl Marx (1818-1883). La famosa lettera che Marx avrebbe scritto a Darwin con l’offerta di dedicargli Il Capitale è in realtà una letterina a Darwin del genero inglese di Marx, Aveling, che voleva dedicare allo scienziato un suo opuscolo socialista, offerta che Darwin declinò. “E’ stato Karl Marx un ‘darwinista’?” si chiede Costanzo Preve, che di Marx è autorevole studioso. In realtà, il terreno su cui i due si sarebbero potuti incontrare, l’estensione del mondo naturale a quello sociale, trovava Darwin riluttante. Mentre un partito di “filosofi marxiani” adottaterà un campo unificato naturale-sociale di leggi dialettiche, altri (come Lukàcs e lo stesso Preve) ne negano l’esistenza.
Darwin non ha inteso parlare del futuro della specie umana, Marx si occupa invece proprio di questa previsione e “non aveva in testa alcuno scontro adattativo tra Borghesia e Proletariato.” Qualificare il Capitalismo come ‘fissista’ e la Classe Operaia come ‘riformatrice’ è, per Preve, un vero e proprio vaudeville filosofico da belle époque. L’equivoco fu generato dal discorso di Engels sulla tomba di Marx, che propose Darwin, morto l’anno prima, come scopritore delle leggi generali dell’evoluzione della natura in rapporto a un Marx scopritore di quelle sociali. Questo codice darwininano fu poi sviluppato dallo steso Engels e da Kautsky, il futuro ‘papa rosso’ (morto nel 1938).
Nell’intento di dare un contenuto più scientifico al pensiero progressista, alcuni socialisti, tra cui Aveling, cercarono di fondare una sinistra scientifica, idea ripresa in questi anni dall’animalista australiano Peter Singer, nella sua operetta “Una Sinistra Darwiniana” (Ed. di Comunità, 2000). Singer auspica che la sinistra sostituisca Marx con Darwin, accetti l’esistenza di un sottofondo egoistico e competitivo negli individui e denunci l’equivalenza tra ‘naturale’ e ‘giusto’. Sbocco di queste posizione è la proposta di migliorare la società dei lavoratori con la selezione e l’eugenetica (Pearson, fine Ottocento; Muller, prima metà del Novecento).
Singer rimprovera a Engels di aver travisato il pensiero di Darwin attribuendogli l’idea (lamarckiana) della trasmissione dei caratteri acquisiti. Giovanni Monastra, in un saggio nel volume che stiamo illustrando, ribatte che è Singer a non conoscere abbastanza Darwin, che fu invece ardente sostenitore della trasmissione dei caratteri acquisiti. Piuttosto Darwin si distaccava da Lamarck rifiutando l’esistenza di una ‘spinta interna’ negli organismi. A due secoli da Lamarck, proprio quest’idea sta riguadagnando credito, in nuove forme, presso alcuni biologi strutturalisti (D’Arcy Thompson, Thom, Lima-de-Faria e il Gruppo di Osaka). Per questo aspetto la biologia moderna si ricollega più a Marx che al neo-darwinismo. In Marx, conclude Preve, non c’è un evoluzionismo selettivo à la Darwin, c’è piuttosto un evoluzionismo “per ragioni endogene”. E’ quello che oggi alcuni naturalisti propugnano col termine di “auto-evoluzione”.
L’argomento è trattato, nel volume di Atrium,dal suo più autorevole rappresentante vivente, il portoghese Lima-de-Faria, autore di “Evoluzione senza selezione, Auto-evoluzione di forma e funzione” (Ediz. italiana, Nova Scripta, Genova 2003). Lavoratore indomito, con i suoi 86 anni, egli considera la selezione naturale una realtà inconsistente, alla stregua dell’etere della vecchia fisica o del flogisto della chimica settecentesca, ed è convinto che si potrà trattare l’evoluzione seguendo semplicemente le leggi della fisica e della chimica moderne.
Nonostante sia il decano dei citologi, non esita ad affermare che l’evoluzione ha preceduto la vita e “geni e cromosomi sono venuti dopo” (Io parlo di 3 Evoluzioni). La forza guida, che opera al livello cosmologico, minerale, vegetale e animale è l’Auto-assemblaggio. La stessa legge morfogenetica che ha prodotto la spirale della galassia M51, conforma corna di montone, colonie a spirale di invertebrati e il guscio del cefalopode Nautilus (figg. a p. 95). Rifiutando il lato ‘competitivo’ dell’evoluzione, Lima-de-Faria ne sviluppa l’altro lato, quello dei principi generali della funzione e della forma. In una lettera al Cardinale Schoenberg, autore di un articolo di fondo sul The New York Times del 7 luglio 2005 (Finding Design in Nature), il fiero materialista si complimenta con il prelato austriaco per aver definito il neo-darwinismo un dogma ed aver affermata la realtà di fatto del Disegno in natura.
L’evoluzione è accertata, conviene, ma “una teoria dell’evoluzione non è mai esistita.” Risponde gentilmente il Cardinale: mia madre ha un anno più di Lei ed è ancora attiva. Quanto Lei dice sull’auto-assemblaggio appare assai coerente e trovo interessante quello che Lei afferma sul legame tra il darwinismo e l’attuale economia. In fede, Christoph Card. Schoenberg.
Nessuno dei due interlocutori introduce Dio nei suoi argomenti, in contrasto col fondamentalismo di Micromega, che ha offerto l’apertura del fascicolo sull’evoluzione a Richard Dawkins che intitola il suo articolo ironicamente: “Perché quasi certamente Dio non esiste.”
Giuseppe Sermonti (fonte: Il Foglio, 6 giugno 2007, p. II)
ATRIUM