di Nicoletta Forcheri
Appare degna di nota la notizia che Paolo Scaroni, amministratore delegato di ENI SpA, sarebbe stato "cooptato", a maggio di quest’anno, dal consiglio di amministrazione di Veolia, la maggiore multinazionale dell'acqua, energia, trasporto e rifiuti, francese, che sta conducendo una strategia aggressiva di appropriazione delle nostre risorse tramite il sistema, questa volta non solo nostro, delle scatole cinesi e della diversificazione dei nomi d'imprese.
Si dice infatti in un rapporto della società Veolia di fine anno (2006) che (traduzione dal francese): "il consiglio di amministrazione ha preso atto il 12 dicembre delle dimissioni di Arthur Laffer e del decesso di Francis Mayer, che erano stati nominati amministratori dall'assemblea generale del 30 aprile 2003. Durante la stessa seduta, il consiglio di amministrazione, previa la consultazione del comitato delle nomine e delle retribuzioni, ha cooptato Paolo Scaroni in sostituzione di Laffer. Questa nomina sarà sottoposta ad approvazione dall'assemblea generale del 10 maggio 2007. In caso di approvazione da parte dell'assemblea, il mandato di Scaroni sarà valido fino al termine di quello del Dott. Laffer, cioè fino a quando l'assemblea generale sarà invitata a deliberare sui conti dell'esercizio sociale concluso il 31 dicembre 2008."
Così con il sistema della cooptazione, sistema antidemocratico per eccellenza, si nomina alla carica di amministratore della Veolia, presente in Italia nei settori dell'acqua (Veolia Water) e dell’energia (Dalkia/Siram), il massimo esponente dell'ex monopolista di Stato italiano per l'energia, l'ENI. I francesi, nostri diretti concorrenti, ... ... e acquirenti di nuovi monopoli privati nel settore dell'energia e dell'acqua, ci cooptano il nostro massimo esponente preposto proprio a difenderci da tali attacchi l'unica grossa società energetica in cui lo Stato italiano dovrebbe ancora contare qualcosa. Il paradosso è che lo fanno con i mezzi di artiglieria pesante, EDF.
Riprendiamo il filo: la Veolia controlla, assieme a EDF, la Dalkia - settore energia - che si è fusa nel 2002 con la Siram SpA, società italiana che operava dal 1912 nella gestione dell’energia e servizi all’industria, partecipata a sua volta dalla Veolia. E' così che la nuova Siram nasce dalla fusione con la Dalkia, società francese partecipata a sua volta da Veolia e da EDF (50/50), ambedue francesi.
La presenza francese, e soprattutto del governo omonimo, nelle nostre preziose risorse idriche e di idrocarburi è rilevante anche e soprattutto con EDF (oltre a Veolia, Lyonnaise des Eaux e Suez): basti pensare che il presidente direttore generale di Veolia, Henri Proglio, è anche amministratore di EDF, presidente del consiglio di amministrazione di Veolia Water, amministratore di Dalkia International, amministratore della Siram per citare solo alcune delle ventine di cariche che ricopre.
In quanto a Paolo Scaroni si noti che oltre a essere stato cooptato al consiglio di amministrazione di Veolia, è CEO dell'ENI, membro del consiglio di amministrazione del Sole 24 Ore, membro del consiglio di sorveglianza dell'ABN Amro Bank NV (Olanda), membro del consiglio di amministrazione della Columbia Business School (USA). Come ogni potente che si rispetti, deve avere le mani in pasta nei quattro settori strategici: energia, banche, media e indottrinamento di giovani leve.
Veolia è una di quelle multinazionali che, tramite le sue reti di filiali e partecipate è aggressivamente presente nella gestione idrica, nella distribuzione elettrica, nel gas e forse anche nei rifiuti del nostro paese. Con una punta di orgoglio, è scritto sul sito di Veolia Water (trad.) "storicamente presente in Italia dalla fine del XIX secolo tramite la Compagnia Generale delle Acque, concessionaria nel 1879 della città di Venezia. Uno dei pochi protagonisti privati nel settore idrico in Italia, VW garantisce oggi il controllo e lo sviluppo delle sue attività sul mercato municipale e industriale tramite Veolia Water Italia creata all'inizio del 2001 e tramite le sue diverse filiali presenti nel paese. Nel 2001 Veolia Water è stata selezionata dall'ATO di Latina al termine di un bando di gara internazionale".
Si vede chiaramente come lo Stato francese, tramite EDF, sia presente in tutto il comparto italiano dell'energia, dell'elettricità e anche degli idrocarburi. Con Veolia completa la nostra occupazione nel settore dell'acqua.
E' così ad esempio che Edison è stata acquisita e controllata nel 2005 da EDF, grazie alla complicità e alla collusione di una municipalizzata di Milano, l’AEM, che ha dato il 50% dei voti a EDF. Ma lo si fa in modo camuffato: la Edison passa sotto controllo per il 63,33 per cento di Transalpina di Energia srl, che di italiano ha solo il nome, in quanto appartiene alla Wagram, holding 100% di EDF. Un altro quindici per cento appartiene ancora a EDF...
L'Italia è talmente importante per EDF, che è stata creata apposta una società chiamata EDF Energia Italia, al 100% di mamma EDF.
Ma salta agli occhi un'anomalia: l'ex monopolio di Stato elettrico francese, diventato società anonyme nel 2005, non solo è controllato per quasi il novanta per cento dallo Stato francese, ma tra le clausole del suo statuto vi è l'impossibilità di fare scendere tale partecipazione al di sotto del 70%. Tale clausola è ancora saldamente valida ed è previsto che lo sia in futuro.
Le nostre società, invece, non godono della stessa tutela e le nostre province risultano sempre più cedute ad interessi di distanti regnanti: persino l'ENI ha solo il 10% di partecipazioni del ministero delle finanze e dello sviluppo economico. Sembra talmente tabù – creato ad arte da giornali e televisioni - l’idea di una partecipazione pubblica che stiamo privatizzando, a vantaggio di queste stesse multinazionali francesi …persino la nostra acqua.
Così mentre EDF ci compra intere fette di paese, risorse idriche, idrocarburi, progetti di costruzioni di gassificatori (cfr. Report del 27 maggio), e nel futuro si rischiano trivellazioni petrolifere in Val di Noto in Sicilia e persino in Val d'Orcia, e lo fa con la complicità, il beneplacito e il sostegno massicci dello Stato e del governo francesi, noi con la spensierata generosità dei nostri (s)pregiudicati ministri e deputati, distribuiamo le nostre migliori prebende. Vi sembra un campo da giochi equo? E se appena appena un ministro come Di Pietro, o qualche giornalista spavaldo, osa avanzare la ragion di stato o interessi strategici nazionali viene linciato dal concerto mediatico appartenente proprio a chi ha deciso di arricchirsi di queste laute “donazioni” alla finanza internazionale. Per non parlare di chi osi pronunciare l’espressione “golden share”, peggio che dire una bestemmia in diretta.
Insomma, l’abitudine della mazzetta a livello internazionale. Solo che in questo caso le mazzette sono l’aggiudicazione di interi appalti pubblici vitali e l’accesso a partecipazioni maggioritarie di tanti ex monopoli di Stato.
Allora ci si chiede: ma la Commissione di Bruxelles, lo sa? Ci hanno detto che dovevamo privatizzare per le direttive di Bruxelles, ma queste non sono valide per tutta l'Europa? Come è possibile che una società statale come EDF, si comporti come una holding SPA alla conquista del Belpaese e delle sue gemme, dove invece ci dicono che siamo costretti dall'Europa a privatizzare? Non valgono le stesse regole alla concorrenza ovunque in Europa?
Di due cose l'una: o la Francia è palesemente in infrazione, ma continua a ignorare le leggi di Bruxelles per salvare l'interesse nazionale (con la convinzione che è meglio pagare qualche multa pur di (ri)diventare padrona di mezza Italia), o l'Italia ha interpretato male le direttive comunitarie, vuoi scientemente vuoi per ignoranza. Avranno scaricato le colpe su Bruxelles mentre qualche spiraglio ce lo dava, laddove si parla di “interesse generale”…. Oppure, una via di mezzo: la Francia è in infrazione, lo sa, ma ha i canali giusti per temporeggiare a Bruxelles, del resto qualche multa l’ha già pagata e qualche causa è pendente, mentre l'Italia ha calcato l'interpretazione neoliberista, con la complicità di pezzi interi dello Stato, e del governo (di destra e di sinistra).
Sarebbe interessante sapere di chi sono le responsabilità. Di Scaroni, certamente, vien da chiedersi: di chi fa il gioco?
Nel bilancio consolidato del 2006 dell'ENI vi è una clausola sui Diritti speciali riservati allo Stato, o cosiddetta golden share, dove si legge che "ai sensi dell'art. 6.1 dello statuto, solo lo Stato italiano può possedere azioni della Società che rappresentino una partecipazione superiore al 3% del capitale sociale". Tale partecipazione conferisce al "Ministro dell'economia e delle finanze assieme al Ministro dello sviluppo economico i poteri speciali fissati dal decreto del presidente del consiglio dei ministri del 10 giugno 2004, ossia l'opposizione all'assunzione di partecipazioni rilevanti che rappresentano il 3 per cento del capitale sociale costituito da azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria.” Ma la legge del 23 dicembre 2005 toglie persino il limite sia pur esiguo del 3 per cento per il futuro… Aggiungasi a ciò che Irlanda e Gran Bretagna sommano assieme un bel 6,95% di azioni e USA e Canada riportano, sempre sul sito dell'ENI che opportunamente non specifica le singole quote per paese né altri dettagli proprietari, una partecipazione sommata del 7,91%....Come dire, un vaso di coccio davanti a un vaso di ferro.
Per riassumere Paolo Scaroni, CEO dell'ENI, ex monopolio di Stato minato dalla soppressione prevista della già debole golden share (da chi? Tremonti?), è da quest’anno anche amministratore della Veolia, multinazionale francese che assieme a EDF, multinazionale di Stato francese, dovrebbe essere la sua concorrente diretta.
Domanda: non sono in conflitto di interessi le due cariche di Paolo Scaroni?
Altra domanda che sorge spontanea: come mai i nostri vecchi non possono sommare alla loro pensione da morti di fame neanche il reddito precario di una vendemmia, per i controlli del fisco sempre più severi, mentre questi possono cumulare cariche multimilionarie, e per di più dove sarebbero preposti a gestire l’interesse pubblico, che tanto ostentamene, come in questo caso, offendono?
Oltre a una certa propensione a cambiare i nomi delle stesse società, moltiplicare le società come i pani, scambiarsi e dividersi gli stessi amministratori, e cumularne le cariche all’inverosimile, i nostri cugini d’oltralpe dimostrano almeno maggiore trasparenza nel pubblicarne le retribuzioni. Ho impiegato non più di un’ora a trovare quelle di Proglio, amministratore delegato di Veolia, che nel 2006 ha percepito un importo fisso di 945 000 euro da sommare a un reddito variabile di 1 275 000 euro, oltre a 66 382 euro di gettoni di presenza, per un totale di quasi due milioni di euro in un anno, senza contare i redditi provenienti dai suoi tanti altri incarichi in altre multinazionali. Per Scaroni invece avrei dovuto perdere varie ore. Ma tanto non è questo il punto. Non l’unico.
Il punto sono i metodi mafiosi con cui i nostri dirigenti stanno facendo affari multimiliardari nella svendita delle nostre risorse, raccontandoci la fandonia che avremo più efficienza e tariffe più basse nei servizi d’interesse generale.
Intanto per l’acqua di cui siamo il paese più ricco in Europa, ci stanno abituando all’idea che la dovremo pagare sempre più cara e che ci mancherà sempre di più. Si chiama rareficare un bene per aumentarne il prezzo. Io so però che se ci rintronano con la litania corale del rischio siccità ogni estate, le nostre migliori acque oligominerali vengono vendute a 6 euro al litro nei migliori ristoranti d’Europa. Acque minerali che fino a qualche anno fa, sgorgavano dai nostri rubinetti.
Nulla di personale contro la Francia, che anzi è esemplare nel difendersi in un mondo diventato così angloamericano: attaccando. Il problema è che noi siamo la loro preda preferita e per quel che riguarda i servizi stiamo passando dalla padella alla brace, dal monopolio pubblico nostrano alla brace dei monopoli privati internazionali. Che è molto molto peggio.
Si consideri un ultimo dato: EDF investe il 45% in EDF Energy (Inghilterra) e solo il 13% in Edison (Italia) ma nel suo fatturato l’Italia contribuisce per il 33% mentre l’Inghilterra solo per il 24%. Insomma in Inghilterra gli investimenti produttivi, in Italia i profitti contributivi… Perché?
E questo nel peggiore depauperamento mai subito dal secondo dopoguerra di intere generazioni, dove precarietà, assenza di assistenza sociale, aumento di tutte le tariffe, inflazione dovuta al passaggio dell’euro e passaggio al sistema contributo per le pensioni, oltre a: immigrazione selvaggia che provoca concorrenza sleale, abolizione delle tariffe minime in tanti settori professionali, eliminazione delle sovvenzioni agricole dirette ai piccoli agricoltori, aumento degli aiuti PAC ai grossi latifondi, concorrenza spietata nei servizi e nei manufatti dal resto del mondo, sistema bancario malavitoso, spartizione dei migliori posti professionali tra i soliti noti…
Sembra lo scenario di un programma esplicito di schiavizzazione dei cittadini. Un programma mafioso. Ma non di cosa nostra, di mafia mondiale! E infatti lo è. Basti pensare che la P2 aveva i miliardi da distribuire ad alti esponenti della società, dai giornalisti ai ministri, per convincerli alla causa e che qualche anno fa Licio Gelli dichiarava soddisfatto al Corriere della Sera che quasi tutti i suoi obiettivi politici stavano per essere o si erano realizzati.
Da dove provenivano i miliardi della P2 se il suo scopo si prefiggeva prioritariamente di sconfiggere i comunisti?
Se così non fosse, non si leverebbero tante voci libere e intelligenti per gridare indignati allo scandalo, come quelle di Marco Travaglio, Beppe Grillo, Dario Fo, Enzo Biagi e tanti altri.
Nicoletta Forcheri (nicoletta)