Sui giornalisti morti ieri in Iraq c'è ben poco da aggiungere a quello che già è stato detto un pò da tutti. Quando uno crepa dilaniato da una bomba, solo perchè aveva scelto come mestiere quello di informare la gente (e farlo da embedded è ancora più difficile), c'è solo da tacere e da levarsi tanto di cappello. Diventa magari più interessante cercare di collocare l'episodio in prospettiva, invece di trattarlo come l'ennesimo "incidente di percorso".
E' ormai da tempo che la lista dei giornalisti morti in Medio Oriente, durante le campagne di Afghanistan e Iraq, ha superato in maniera statisticamente inaccettabile la media storica dei reporters morti in una qualunque guerra nel mondo. Ancora più significativo è il fatto che a morire nel modo più curioso - chi ha mai visto un giornalista di guerra, avvezzo a ogni tipo di pericolo, sporgersi e cadere accidentalmente nel vuoto, ... ... solo soletto, dalla terrazza dell'albergo in cui è alloggiato? - siano stati proprio i giornalisti freelance, ovvero i più curiosi e coraggiosi in genere, se non altro perchè lo possono fare. E se per caso non sono riusciti ad annnegare in un canale di mezzo metro circondato dal deserto, o non sono stati pizzicati dal sempre troppo allegro "fuoco amico", sono stati rapiti e trucidati in circostanze tutt'altro che chiare, dopo esser stati abbandonati in maniera lampante al proprio destino dai propri governanti. Durante il caso delle guardie giurate - altri li hanno definito mercenari - Berlusconi rimase in prima linea (su tutte le prime pagine) a trattare fare e disfare, per poi presentarsi in pompa magna all'arrivo dei tre che riuscirono a tornare a casa, mentre durante il rapimento di Baldoni non ritenne nemmeno necessario interrompere il suo week-end in Costa Smeralda. Avrà anche avuto tutte le linee calde che gli arrivavano direttamente in piscina, non si discute, ma di certo non diede l'impressione di agitarsi piu di tanto per portare a casa anche Baldoni.
E quando la Sgrena rusci a portare a casa la pelle, insieme all'indelebile convinzione che la pallottola che uccise Calipari fosse destinata a lei, non trovarono di meglio che "ricoverarla" per sei settimane consecutive in un ospedale militare, dove nessuno poteva nè raggiungerla nè tanto meno intervistarla.
E così che un paese "libero e democratico" festeggia i suoi "eroi della libera informazione", sfuggiti per miracolo - nessun riscatto fu pagato, ci si disse - alle grinfie dei maledetti "terroristi" tagliagole?
Perchè allora li si ricopre invece di uno spesso strato di letame mediatico, in modo da far passare la voglia anche al più coraggioso di riprovarci? Sarà infatti un caso, che subito dopo il ritorno di Sgrena il nostro Ministro degli Esteri Fini, invece di pretendere con ben altra fermezza dei chiarimenti da parte dei nostri "alleati", mostrò una sollecitudine addirittura sorprendente nell'ordinare a tutti i giornalisti italiani rimasti in Iraq di tornare subito a casa? Non era certo a loro che stava facendo un piacere, in quel momento, lo si vedeva lontano un miglio.
(Le virgolette ad "alleati" le ho messe non per sdegno agli americani, ma per tutti gli italiani che si ritengono di esserlo davvero, e che difendono il nostro patto con gli Stati Uniti senza accorgersi che noi per loro siamo solo delle schiavette qualunque, da usare e gettare appena non servono più. Lo siamo sempre stati, fin dal Piano Marshall, dove con quattro barre di cioccolato hanno pensato di comprarsi l'intera nazione per tre secoli almeno, e l'atteggiamento assolutamente sprezzante da loro tenuto nel caso Calipari dovrebbe solo averlo confermato. Per non parlare della funivia, naturalmente. Con Calipari siamo stati fatti cornuti, e poi pure mazziati a dovere davanti al mondo intero, e noi andiamo pure orgogliosi dell'"alleanza" con gli USA. Io non sono certo uno che normalmente "tifa" per i servizi segreti, o per "la polizia" nel senso più lato, ma rispetto profondamente il lavoro di chiunque metta a repentaglio la propria vita per fare quello in cui ovviamente crede fino in fondo, solo per essere pugnalato alla schiena da chi aveva il dovere di rivendicare a voce alta giustizia in suo nome, e ha invece chinato la gobba come una sguattera qualunque. Ha così ucciso Calipari due volte).
Scusate la deviazione, è semplicemente un argomento che, se appena sfiorato, non riesco a ignorare. Ma non è poi nemmeno cosi lontano dal tema come può sembrare: tornando infatti alla morte di giornalisti americani, fa accaponare la pelle la dichiarazione che ha fatto in proposito l'ambasciatore americano in Iraq, Zalmay Khalilzad:
"The terrorists who committed this evil crime have shown themselves for who they are. They do not want the world to see the truth of what is happening in Iraq, where a determined people are fighting for freedom and liberty. That story must and will be told." (CNN)
"I terroristi che hanno commesso questo perfido crimine si sono mostrati per quello che sono. Non vogliono che il mondo sappia che cosa succede davvero in Iraq, dove un popolo sta lottando con determinazione per le proprie libertà, e bisogna che questo si venga a sapere, e lo sarà".
A proposito di uccidere la gente due volte, appunto.
Massimo Mazzucco