Nemmeno il ricatto delle voci disperate di chi era rimasto intrappolato nei piani alti delle Torri, che sono state fatte ripetutamente ascoltare ai giurati del processo Massaoui, è riuscito a convincere questi ultimi che l'imputato meritasse la pena di morte.
Resta così inappagata la grande sete di vendetta che ancora prova l'America per gli attentati dell'11 settembre, e che è stata riassunta dal procuratore federale in un'arringa finale dai toni apocalittici. Zacharias Massaoui, l'unico uomo mai incriminato su suolo americano per gli attentati che distrussero Torri e Pentagono, è stato condannato all'ergastolo. Era - difficile a credersi - la sorte migliore che gli potesse capitare.
Reo confesso (di "appartenere ad Al-Queda", niente di più), l'ergastolo era considerato la "piattaforma di partenza" per la sua condanna, il che lasciava appunto come unica alternativa la pena di morte. Forse vale la pena di ricostruire a questo punto la strana vicenda ... ... del cosiddetto 20° dirottatore, poichè alla luce di questa sentenza la sua macroscopica implausibiltà diventa ancora più significativa.
Arrestato in Minnesota nell'Agosto 2001 - un mese prima degli attentati - prima di scomparire in cella pronunciò una frase decisamente enigmatica, che più o meno suonava così: "Non capisco che bisogno ci sia di farmi arrestare, l'FBI ha sempre saputo dove trovarmi".
Una volta in fase istruttoria, Massaoui ha chiesto di potersi difendere da solo. Inizialmente il giudice, Leonie Brinkema, glielo ha concesso, ma si è presto capito che la cosa rischiava di diventare devastante. Non appena Massaoui ha iniziato a parlare, infatti, ha cominciato a snocciolare informazioni che sembravano confermare in pieno i suoi stretti rapporti con alcuni personaggi dell'FBI, antecedenti la data del suo arresto, che ovviamente non avrebbero dovuto esistere.
E così, dalla sera alla mattina, Massaoui si è ritrovato davanti un paio di psichiatri che hanno velocemente dichiarato la sua instabilità mentale, "obbligando" quindi la Brinkema a revocargli il diritto all'autodifesa.
Inutile dire che le violente "esternazioni" di Massaoui in aula, nel venire ad apprendere della revoca, sono state lestamente additate ai media come "prova lampante" della sua instabilità mentale. Ovvero, ti dicono in faccia che sei pazzo dal mattino alla sera, finchè sbotti e ti metti a urlare che non è vero, e a quel punto ti dicono: "Lo vedi che sei pazzo?"
Automaticamente, la difesa d'ufficio che gli è stata assegnata ha scelto di puntare tutto sull'infermità mentale, dato che una contorta tradizione legale americana vuole che non si possa mettere a morte una persona, se egli non si rende adeguatamente conto della "punizione" che va a ricevere.
A sua volta quindi, a Massaoui non è restato che indossare i panni del pazzo furioso, per cercare in qualche modo di portare comunque a casa la pelle.
Naturalmente, visto che era "pazzo", tutte le estemporanee affermazioni che Massaoui ha continuato a fare, in aula, non hanno più avuto alcun peso processuale, mentre i media si ritrovavano con un ottimo alibi per non essere obbligati a parlarne seriamente.
Dopo la lettura della sentenza, Massaoui ha alzato le braccia a cielo, gridando: "Ho vinto io, l'America ha perso".
In realtà, la vera sconfitta di tutta questa faccenda è la Logica. Se a qualcuno infatti fosse venuto in mente di collegare tutto ciò che è emerso dal processo con il fatto che a un'agente dell'FBI, Coleen Rowley, fu sistematicamente impedito di portare avanti le sue indagini su Massaoui, molti mesi prima dell'arresto effettivo, sarebbe risultato evidente che i collegamenti con l'FBI vantati da Massaoui non erano affatto frutto della sua pazzia, ma semplice realtà, e che quindi il vero colpevole di tutta questa faccenda era da ricercare molto più vicino all'orto di casa di una qualunque moschea nei dintorni di Minneapolis.
Massimo Mazzucco
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Tutto per una misera bugia. 1° Atto. L'impianto d'accusa più fragile e insostenibile che si potesse mai immaginare.
Colpo di scena al processo di Massaoui. 2° Atto. Come un "errore" clamoroso da parte dell'accusa rischia di evitare a Massaoui la pena di morte.
A metà circa di
questa pagina la vicenda di Coleen Rowley legata all'arresto di Massaoui.
A proposito delle voci delle persone intrappolate nelle Torri, che sono state fatte sentire di recente ai giurati del processo Massaoui, per cercare di "commuoverli" oltre ogni ragionevole dubbio, avevo fatto un montaggio video che intendeva capovolgerne l'utilizzo, rispedendo al mittente il vergognoso tentativo di ricatto morale. Chi è interessato, può trovarlo
qui (Non à certo un documento "leggero").