MAI FARE I CONTI SENZA L'AYATOLLAH
di Massimo Mazzucco
27.11.03 - La situazione in Iraq sta diventando sempre più surreale. Dopo la bordata di attacchi subiti di recente dalle forze occupanti - italiani compresi - gli Stati Uniti avevano fatto precipitosa marcia indietro su quella che fino ad allora era sembrata una condizione irrinunciabile per togliere il disturbo: prima la costituzione, poi le elezioni. Abbiamo una responsabilità verso il popolo iracheno – diceva pieno di nobiltà il proconsole Bremer - e non possiamo lasciarli in balìa degli eventi, loro che la democrazia non sanno nemmeno cosa sia. Ma di colpo qualcuno a Washington deve essersi accorto che a Novembre si rielegge il presidente, e che di questo passo arriviamo in campagna elettorale con talmente tanti morti sulle prima pagine che conviene quasi non presentarsi nemmeno. Ecco che allora l’animale inferiore “irachenus mussulmanus” diventa di colpo “una società con una grande cultura alle spalle”, che sarà certo in grado di farsi una costituzione da sola, una volta votato un governo qualunque. Se avete bisogno, noi intanto siamo di là a fare le valigie. Ma nemmeno questo vergognoso voltafaccia sembra ora poter risolvere i problemi che la maldestra invasione dell’Iraq continua a portare a Bush. Oggi si è infatti scoperto, per bocca di un irriconoscibile Bremer... ...che il piano rabberciato di elezioni, che avevano messo in piedi per potersene andare, non va bene ad un certo Ayatollah Sistani, e va quindi rifatto da cima a fondo. Come sarebbe, non va bene all’Ayatollah? E poi, scusate, chi l'ha mai sentito ’sto Sistani? Da dove esce?
E' il Grand Ayatollah Ali al-Sistani, signori, in Iraq tutti ne parlano come se fosse il Papa, e pare che nessuno del governo fantoccio osi metterglisi contro. E lui non vuole le elezioni “all’americana” (ogni regione sceglie dei delegati, che poi vanno a Bagdhad ed eleggono un governo), ma le vuole dirette, dove ogni cittadino, come da noi, vota direttamente il partito o il candidato che preferisce. Peccato però che per fare questo sia prima necessaria un’operazione di censo in tutta la nazione, e questo non sarebbe fattibile, in tempi brevi, nemmeno negli stessi Stati Uniti. (Mentre col “sistema” di Bremer la gente si riunisce in piazza, a mò di tribù, sceglie a occhio i meno scemi, e poi se la vedono loro con gli altri scemi dei diversi villaggi.) Perchè l’Ayatollah voglia l’elezione diretta, è persino facile da capire: lui è sciita, la maggioranza del paese è sciita, e se uno più uno continua a fare due...
Quale sia il potere stupefacente di quest’uomo, lo si può dedurre dal tono accomodante con cui i portavovcce dell’amministrazione commentano i fatti da Washington (dal New York Times di oggi):
"All of us are groping around right now" (siamo tutti qui col fiato sospeso) ha detto uno di loro, riferendosi alla necessità di rifare daccapo il programma elettorale.
“A plan establishing Iraqi self-rule by June 30 would have to at least partly accommodate the ayatollah's insistence on a popular vote” ha detto un altro. (Un programma che sancisca l’indipendenza dell’Iraq entro il trenta di Giugno – data limite stabilita da Bush - dovrà almeno in parte tenere in considerazione l’insistenza dell’Ayatollah per una votazione diretta.)
“We have said all along that this was a framework, and we would have to work out the details, and that is what we are going to do going forward," ha detto Dan Senor, portavoce di Bremer (Lo avevamo detto fin dall’inizio che la nostra era solo un’indicazione, che i particolari sarebbero stati definiti in seguito, ed è proprio questo che ora ci apprestiamo a fare.
Sembra di sentire Cappuccetto Rosso che parla del lupo cattivo.
La frecciata finale arriva, approfittando della guardia particolarmente bassa, da un membro stesso del governo fantoccio: “Lo sappiamo benissimo che a Bush piacerebbe tanto atterrare qui, in Ottobre, per stringere davanti al mondo la mano al nuovo governo ufficiale. Ma noi non possiamo mica stravolgere il paese per accomodare i suoi bisogni elettorali!” Sarà anche un venduto, ma prima di tutto resta comunque un iracheno anche lui.
Quello che è più sorprendente – detto senza nessuna ironia – è che gli americani non avessero fatto i conti con personaggi come l’Ayatollah, nè con la cultura locale in generale. Più che militare, qui il vero disastro si sta rivelando umano.
A volte viene davvero il sospetto che questi – i falchi dell’estrema destra – siano convinti che basti portare una cocacola e due hamburgher e tutto il mondo ti si mette davanti in ginocchio, esattamente come facevano gli africani di fronte alle sveglie che fanno tic-toc.
(Ma pare che finora ci sia cascato solo Berlusconi).