«Noi vogliamo dunque abolire radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, noi vogliamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza.» - Errico Malatesta, Il Programma Anarchico, 1919
Con questo articolo vorrei rispondere ai tanti utenti che ho voluto raggruppare, nell'
articolo precedente, sotto la voce "Anarchia - no delega". Ma anche a tutti quelli che la pensano come loro, anche se non hanno partecipato ai commenti.
Sappiate prima di tutto che io la penso essenzialmente come voi. Anch'io ritengo l'autorità un concetto ributtante, e le migliaia di leggi e codicilli di ogni nazione sostanzialmente inutili. Anch'io ritengo che l'uomo debba essere in grado di autogestirsi e di autoregolarsi, arrivando a capire da solo che cosa può e che cosa non può fare, per perseguire la propria realizzazione senza danneggiare il percorso altrui. Come ho scritto altre volte, per un'umanità ideale basterebbe una sola legge, fatta di quattro parole: non fare del male. In inglese sono addirittura tre: "Do no harm". Interpretando questa legge nel suo senso più ampio, ci si ritrova magicamente ad includere le migliaia e migliaia di leggi e leggine esistenti oggi in ogni parte del mondo. "Non fare del male" significa non inquinare, non rubare, non violentare, non ingannare, non prevaricare, non ammazzare, non umiliare, non tradire, non abbandonare chi ha bisogno, non distruggere ciò che è utile, non sfuggire alle proprie responsabilità.
Dentro di sé l'uomo sa benissimo che cos'è bene e cos'è male, ... ... e non ha bisogno di nessun giudice - nè tantomeno di preti - che stiano lì a spiegarglielo. Deve solo imparare ad ascoltare se stesso, e poi agire di conseguenza, con piena coerenza ed onestà.
Io sono profondamente convinto che un giorno l'umanità arriverà a questo traguardo. Ma resterà sempre un problema enorme da risolvere, domani come oggi: ci sono centinaia di decisioni che vanno prese quotidianamente, in nome della collettività, e qualcuno quelle decisioni deve prenderle.
Se un gruppo di condomini si riunisce e decide che bisogna installare una nuova caldaia, bisogna che qualcuno poi salga in macchina e vada fisicamente a comperare quella caldaia. Non si può pensare che 500 inquilini affittino 5 autobus e partano in comitiva con le vuvuzelas per andare tutti insieme a comperare la caldaia, "perché cazzo io non delego nessuno". Si sceglie qualcuno che se ne intende di caldaie, ci si raccomanda di acquistare quella che offre il miglior rapporto costo/rendimento, e gli si mette in mano il libretto degli assegni del condominio. Se poi torna a casa con la caldaia sbagliata, vuol dire che la prossima volta ci andrà qualcun altro, e lui verrà messo per un pò a pulire la cacca dei cani nel cortile.
Ma qualcuno le caldaie deve comperarle, e qualcuno la cacca dei cani deve pulirla in ogni caso, per conto di tutti gli altri. Altrimenti l'anarchismo inteso come autoresponsabilità e autodeterminazione rischia davvero di trasformarsi nell'"anarchia" intesa come casino e confusione.
Quello che voglio dire è che il concetto di delegabilità diventa imprescindibile nel momento stesso in cui si considera una vita di collettività.
Non possiamo chiuderci ciascuno nel proprio eremo in montagna, e pensare di poter vivere una vita completamente autosufficiente, isolata da tutti gli altri. Anche se ciascuno avesse le proprie mucche, le proprie galline e il proprio orto, prima o poi dovrà andare al mercato per scambiare le sue uova con le scarpe del calzolaio. E per andare al mercato serve una strada. E se quella strada si incrocia con un'altra strada, lì serve un semaforo, altrimenti si rischia di finire tutti all'ospedale. E quel semaforo qualcuno deve costruirlo, qualcun altro dovrà ordinarlo, qualcuno dovrà pagarlo, qualcuno dovrà installarlo, e qualcuno dovrà anche occuparsi di farlo riparare se si rompe.
I contadini della zona si metteranno quindi d'accordo per fare una colletta e comperare il semaforo, e decideranno anche chi debba telefonare alla ditta che l'ha costruito, nel caso si rompesse.
E questa è solo la storia di un semplice semaforo.
Immaginate ora la città in cui vivete, e guardatevi intorno: migliaia di semafori da far funzionare, decine di migliaia di strade da tenere pulite e percorribili, illuminazione notturna nei viali e nelle piazze, mezzi pubblici che vanno in ogni direzione, parcheggi per chi viene da fuori città, cartelli segnaletici per chi non conosce i nomi delle strade, eccetera eccetera.
E questa è solo la viabilità di un qualunque centro cittadino.
Poi ci sono gli ospedali da costruire e far funzionare, la pubblica amministrazione da gestire, le scuole da tenere pulite e libere dai pidocchi, le biblioteche pubbliche da aggiornare in continuazione, eccetera eccetera.
Tutti questi servizi non funzionano da soli. Serve del personale specializzato, capace di fare il proprio mestiere, e questo personale va pagato. Gli insegnanti della scuola pubblica vanno pagati, i dottori e gli infermieri degli ospedali vanno pagati. I cittadini devono quindi fare una raccolta di soldi per poter pagare loro uno stipendio, esattamente come i contadini devono fare la colletta per comperare il semaforo.
E questa è soltanto la vita di una città.
Provate ora ad immaginare come funziona una nazione, nella quale non ci sono soltanto le infrastrutture da costruire e mantenere in buono stato, ma ci sono soprattutto le risorse dell'intero paese - umane, naturali, storiche, industriali, economiche, culturali ed artistiche - che vanno gestite e sfruttate al meglio, nell'interesse collettivo.
Bisogna identificare e perseguire la migliore politica energetica per tutta la nazione, esattamente come gli inquilini del condominio cercano di comperare la caldaia con il miglior rapporto costo/rendimento.
Bisogna ottimizzare la produzione dei beni essenziali di consumo, in modo da evitare il superfluo senza far mancare niente a nessuno.
Bisogna fare in modo che la produzione industriale porti il massimo beneficio economico (privato o pubblico non importa) senza danneggiare l'ambiente nè mettere a rischio la salute del lavoratore.
E questa è soltanto la vita di una nazione.
Poi ci sono gli altri, le nazioni straniere. In una economia globale bisogna decidere quali merci esportare, verso quali nazioni e a quale prezzo, e quali importare, da quali nazioni ed in cambio di che cosa.
Bisogna decidere se il gas naturale vogliamo importarlo tutto dalla Russia, oppure se è meglio prenderne anche un pò dall'Algeria.
Bisogna decidere come comportarsi con gli immigrati clandestini, e trovare accordi umanamente accettabili per tutti, con le nazioni da cui provengono.
E poi, soprattutto, ci vuole qualcuno che mandi affanculo gli americani ogni volta che ci chiedono di andare con loro a conquistare terre che non ci appartengono. (Oppure decidiamo di abolire l'esercito, perché a noi tanto non serve, e risolviamo il problema alla radice).
Ma qualcuno tutte queste decisioni deve prenderle. E chi lo farà, se non vogliamo mai delegare nessuno?
Cosa facciamo, ogni volta che dobbiamo firmare un accordo commerciale con la Francia? 60 milioni di italiani vanno tutti alla frontiera e si mettono a litigare attraverso la rete con i francesi, per cercare di ottenere le migliori condizioni contrattuali?
Cosa facciamo, ogni volta che c'è da decidere se costruire un nuovo ospedale, un nuovo ponte, una nuova scuola pubblica? Certo, possiamo anche votare tutti ogni volta, democraticamente, tramite Internet, fino allo sfinimento. Ma questo servirà solo a decidere se costruire una scuola oppure no. Dopo cosa facciamo, se la risposta è sì? 60 milioni di italiani vanno tutti insieme a comperare i mattoni e il calcestruzzo, "perché cazzo io non delego nessuno"?
E cosa faremo quando ci saranno da pagare gli insegnanti che lavorano in quella scuola? Qualcuno dovrà ben firmare l'assegno a questa gente, per conto di tutti gli altri. Oppure vogliamo pensare di mettere ogni volta 60 milioni di firme su ciascun assegno che viene staccato per un maestro elementare?
Il meccanismo della delega non solo è imprescindibile, all'interno di una qualunque collettività, ma è profondamente utile a questa collettività, nel momento in cui permette di svolgere operazioni per conto di tutti tramite il singolo individuo.
Il problema quindi non è delega sì o delega no, ma casomai delega a persone oneste, che siano competenti ed abbiano a cuore l'interesse della comunità, e non a persone disoneste, quasi sempre incompetenti, che hanno a cuore soltanto il proprio portafoglio.
Si torna così al discorso iniziale. Arriveremo sicuramente a vivere in un mondo in cui ciascuno saprà esattamente cosa può fare, per sè e per gli altri, senza recare danno a nessuno, e non ci sarà più bisogno di un'autorità che ci dica come comportarci. Ma anche in quel mondo - anzi, soprattutto in quel mondo - sarà necessario fare delle scelte che riguardano la collettività, per poi mettere in atto quelle scelte nel modo migliore per l'interesse di tutti. Sarà quindi necessario individuare ogni volta le persone più adatte a svolgere ciascun compito specifico, fidando nel fatto che loro - esattamente come faremmo noi - sapranno anteporre l'interesse collettivo a quello personale.
Ben vengano quindi l'umiltà, l'onestà, il rispetto per la natura e la generosità verso gli altri. La crescita ed il cambiamento interiore sono tanto encomiabili quanto necessari per il progresso dell'umanità. Ma poi i risultati di questa crescita vanno messi al servizio di tutti. Serve a poco "crescere dentro", per poi ritirarsi in cima ad una montagna e ripetere dal mattino alla sera "Dio come sono saggio! Madonna come sono giusto! Quasi mi faccio paura da quanto sono onesto!"
A chi le racconti queste cose? Alle tue galline?
Massimo Mazzucco