LE DUE CATTEDRALI
E' stato particolarmente interessante seguire le ultime discussioni, sulla Bibbia e sul darwinismo, non solo per il livello notevole degli interventi, ma perchè sembra di poter intravedere all'orizzonte qualcosa che fino a ieri pareva impensabile: un punto di incontro, ancora indefinito ma reale, fra le due posizioni di fondo verso cui tutti più o meno tendiamo a polarizzarci: il materialismo scientifico, e il misticismo fideistico. Oppure, il razionale e l'intuitivo. Oppure ancora, il deduttivo e l'induttivo, ovvero - sempre da loro si ritorna - l'aristotelico e il platonico.
Volendo illuderci, nel nostro piccolo, di rappresentare un mini-microcosmo della nostra società, abbiamo visto espressa nel dibattito una ampia gamma di posizioni, ... ... con tutte le sfumature intermedie in cui il credente stempera progressivamente la fede nella ragione, mentre il laico appare sempre più disposto a concedere in senso inverso.
Sia nel caso della Bibbia, che in quello del darwinismo, l'oggetto vero del dibattere - non nascondiamocelo - era "l'esistenza di Dio". D'altronde, se dibattere Darwin non comportasse dibattere Dio, credo che molti di noi non ne avrebbero mai nemmeno sentito parlare (di Darwin, intendo). Per la Bibbia poi, "lo dice la Bibbia stessa".
Conclusione? Dio c'è o non c'è? Purtroppo non siamo riusciti a deciderlo. Possiamo però dire di aver trovato un "agreement to disagree", un accordo sulle discordanze, che è già qualcosa di molto incoraggiante.
Abbiamo infatti visto ammorbidirsi, ad un'estremità, la difesa a oltranza della Bibbia come rigoroso "verbo divino", che si traduce in altrettanta pochezza per un "figlio di Dio" che non sarebbe assolutamente in grado di ragionare, di percepire, di valutare con mezzi propri tutto ciò che lo circonda, per poi ricollocarlo nella giusta prospettiva metafisica. Dall'altra abbiamo visto il materialista riconoscere i limiti - postigli dalla scienza stessa, soprattutto in termini statistici - di una scienza che tanto è abile a penetrare l'unità più infinitesimale, quanto fatica a ricomporre il tutto in una visione d'insieme armonica e funzionale.
Forse sono i primi sintomi di una fine, lontana ma inevitabile, del dominio assoluto delle due "cattedrali" della nostra cultura, scienza e religione, e quindi anche di quell'atteggiamento passivo con il quale alcuni di noi vanno dal dottore, esattamente come altri vanno al confessionale: ci si rimette completamente nelle mani dello "stregone" - laureato o illuminato che sia - e si rinuncia da quel momento all'uso attivo delle proprie capacità critiche. Dottore, cosa devo fare per tornare a posto? Due cibalgine e una vitamina E prima dei pasti, e non mi prenda freddo andando in motorino. Padre, cosa devo fare per tornare a posto? Due pater e un ave, e smettila di raccontare le bugie a tua moglie, che ti vuole tanto bene.
Parrebbe di capire che anche qui, come in mille altre situazioni, la soluzione vincente stia "al centro". E stare al centro significa, su ambedue i fronti, tornare ad usare il proprio cervello, e tutte le altre capacità cognitive di cui siamo dotati, senza per questo dover rinnegare d'un colpo le relative religioni. Basta porsi criticamente di fronte ai dogmi di ciascuna, invece di accettarli supinamente a scatola chiusa.
E così, per un credente che riconosce che Dio forse non è "un signore con la barba che ci corre dietro col bastone", e cerca un'interpretazione di quell'immagine che non lo obblighi a concludere che quel testo è tutto meno che "sacro", abbiamo uno scienziato che scopre intelligenza nel caos, ordine nel disordine, progetto nella casualità, e cerca di dare a tutto ciò un nome che non lo obblighi a buttare via tutti quegli anni passati a sgobbare sui banchi dell'università.
Dicono che due rette parallele all'infinito si incontrino.
Massimo Mazzucco