LETTERA INVIATA AL DIRETTORE DI "REPUBBLICA"
Egregio Direttore, mi chiamo Massimo Mazzucco, e sono responsabile di un sito Internet chiamato luogocomune.net. Insieme a tanti frequentatori abituali del sito, anche a nome dei quali le scrivo, io sono uno di coloro che "ancora si baloccano massicciamente - stando all'articolo di Susanna Nirenstein del 21 maggio (Daniel Pipes) - con la morte di John Kennedy", nell'ambito di quel web che sarebbe, sempre secondo l'articolo, "il regno dei cospirazionisti". Oltre che da queste generalizzazioni grossolane, sono rimasto colpito da certe domande che l'autrice si pone, quali "come e quando nacque quest'attitudine a spiegare con teorie di cospirazioni inesistenti l'andamento del mondo?". Per la medesima infine, io e tanti altri come me soffriremmo di una vera e propria "malattia", la "paranoia da complotto", che alimenta la nostra "febbrile immaginazione".
Felice per lei, ovviamente, che possa contare su una penna dotata di tali sicurezze matematiche. Che mi domando però, nel caso dell'11 Settembre, ... ... su cosa possano essere basate. Io ho trascorso gli ultimi tre anni - e non ne ho più venti da molto tempo - a studiare a fondo quegli eventi, e sono invece arrivato alla conclusione che sia assolutamente impossibile, per chiunque agisca in piena onestà intellettuale, non vedere come la versione ufficiale dei fatti sia matematicamente impossibile da sostenere. Nel libro di Meyssan citato dall'autrice, vi sono fotografie che mostrano con chiarezza disarmante la completa assenza di una minima traccia di rottami del Boeing di fronte all'edificio colpito, la cui facciata è ancora tutta in piedi. Ma quelle foto non le ha fatte Meyssan, le ha fatte un caporale dei Marines, e sono state pubblicate dallo stesso sito ufficiale del Department of Defense (prima di essere curiosamente ritirate, ma quando ormai era troppo tardi).
Mi vuole forse dire che Susanna Nirenstein, pur avendo le responsabilità che ha nello scrivere di certe cose, non le conosce? Si è permessa forse di criticare un libro che non ha nemmeno aperto? E se invece l'avesse aperto, che cosa ha da dire al riguardo? E lei stesso, pur avendo le responsabilità che ha come direttore di un giornale autorevole e di ampia tiratura, davvero non le ha mai viste?
Per quanto improbabile, voglio illudermi che sia così, e nel caso la invito ufficialmente a fare una visita al mio sito - o a mille altri simili, se preferisce - e sarò a sua piena disposizione per validare ciascuna della affermazioni fatte nelle oltre 60 pagine dedicate all'analisi di quegli attentati.
Altrimenti, è mia modesta opinione che chiunque avalli una bugia ufficiale come quella dell'11 Settembre, pur sapendo che di bugia si tratti, si macchi automaticamente di tutti i crimini che in nome di quella bugia vengono perpetrati. E non sono pochini, a questo punto, vorrà concordare.
Chi inoltre avalli quella bugia dalla posizione particolarissima che occupa una persona come lei, si rende anche responsabile di un crimine ideale rispetto alla Storia, che contribuisce a tramandare in maniera errata, e soprattutto di un abuso della fiducia del cittadino, che comprando il suo giornale ritiene le asserzioni in esso contenute valide e verificate.
Lei non vende caramelle, egregio Direttore, vende idee. E mentre le caramelle possono avvelenare al massimo una persona alla volta, un'idea falsa ne avvelena un milione in un colpo solo.
Ecco perchè mi illudo che lei quelle foto non le abbia mai viste.
Fra tutte le domande che si pone Susanna Nirenstein, per quanto retorica, ce n'è forse una che trova risposta in questo ambito: non sarà che Internet è il "regno dei cospirazionisti" proprio perchè Internet è l'unico territorio comune dove si possono esprimere le idee in piena, vera, assoluta libertà?
Massimo Mazzucco / luogocomune.net
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L'articolo citato (grazie Polidoro):
La Repubblica SABATO 21 MAGGIO 2005
Intervista. Da secoli l'ossessione del complotto sembra agire indisturbata fra tutti gli strati sociali e perfino su chi ci governa. Dalle Crociate all' 11 settembre è stato un fiorire di letture oscure della storia. Daniel Pipes ci ha scritto un libro
SUSANNA NIRENSTEIN
Nulla sfugge alla febbrile immaginazione dei complottisti, agli eterni e onnipresenti teorici della cospirazione. Per loro i Templari e gli Illuminati (una setta nata nel XVIII secolo) continuano a ordire trame indisturbati, così come gli ebrei che a volte insieme ai Massoni, si danno da fare per dominare il mondo.
Oggi cercano di attribuire la colpa del maggior numero possibile di eventi negativi agli Stati Uniti e a Israele, indicati in molte moschee come i responsabili perfino del grande tsunami del 2004: in Medio Oriente circola l'idea di un piano sionista per diffondere epidemie nei paesi arabi, oppure per espiantare organi ai bambini palestinesi e trapiantarli in quelli israeliani, ma di un tale traffico sono altrettanto accusati anche americani che lo perpetrerebbero nei confronti dei cittadini iracheni. In Europa il libro di Tierry Meyssan secondo cui nessun aereo avrebbe colpito il Pentagono l'11 settembre è stato un assoluto best seller, e anche qui ha avuto un suo ascolto l'idea che nessun ebreo fosse nelle Twin Towers al momento dell'attentato che sarebbe stato organizzato dal Mossad: per la cronaca, secondo l'Economist del 19 dicembre 2002, gli ebrei uccisi alle Torri Gemelle l'11 settembre furono 300, i musulmani 100.
Non è un fenomeno che interessa solo un settore del mondo, al contrario, è trasversale: molti indiani ad esempio vedono la mano dell'intelligence pachistana dietro ogni evento negativo, gli incidenti dei treni, le partite di cricket, e vengono peraltro ripagati con la stessa moneta da Islamabad. Il web poi è il regno dei cospirazionisti: ancora si baloccano massicciamente con la morte di John Kennedy o con quella della principessa Diana considerando naturalmente false e fuorvianti tutte le ipotesi ufficiali e attribuendo invece ogni colpa alla Cia piuttosto che ai servizi britannici.
Ma come e quando nacque quest'attitudine a spiegare con teorie di cospirazioni inesistenti l'andamento del mondo? Perché le troviamo a destra, a sinistra, perché si fondono assieme, si ridividono, si ricompongono e rimbalzano attraverso lo spettro politico e il globo terrestre? A indagare l'insorgere e lo svilupparsi delle ossessioni del "grande complotto", dai primordi ai tempi delle Crociate, al dilagare durante la Rivoluzione francese, via via fino al XX secolo quando riuscirono con Hitler e con Stalin a dominare e a stravolgere il mondo, al giorno d'oggi mentre la diffusa e violenta paranoia anti occidentale minaccia di ferirci, ci pensa Il lato oscuro della storia - L'ossessione del grande complotto, il libro di Daniel Pipes, direttore e fondatore del MiddleEastem Forum - think-tank spesso consultato dalla Casa Bianca, riconosciuto studioso del Medio Oriente e dell'Islam, autorevole commentatore su quotidiani e tv.
Professor Pipes, cos'è il cospirazionismo?
«Il travolgente timore, l'ossessione di cospirazioni inesistenti».
Lei dice che la paura dei complotti è antica, ma che il cospirazionismo assume una forma politica con la Rivoluzione francese.
«Sì, anche se già nel dodicesimo, tredicesimo secolo inizia la paura di una cospirazione ebraica e di un complotto delle società segrete, dei Templari in particolare. Ebrei e società segrete saranno le costanti di tutto il cospirazionismo, che esplode comunque con la Rivoluzione francese e la successiva attribuzione delle responsabilità di quell'enorme rivolgimento epocale altrimenti inspiegabile a un ipotetico complotto di Philosophes, Massoni e Illuminati per eliminare la monarchia, la Chiesa e la proprietà privata».
In quel momento gli ebrei non vennero accusati di aver agito da cospiratori.
«No. Ma è facile spiegare il perché. Durante il periodo rivoluzionario e napoleonico gli ebrei erano ancora largamente esclusi dalla società e dalla politica. Nessuno li considerava una forza cospiratoria».
Poi le cose cambiarono.
«Sì. Con l'emancipazione (iniziata con l'editto austriaco di Tolleranza del 1781-82 e poi con la Rivoluzione in Francia) alcuni iniziarono a considerare gli ebrei come una comunità gerarchica e organizzata che cercava di ottenere il potere sulla cristianità: Augustin De Barruel, un ex-gesuita e abate francese, che aveva scritto molto sul ruolo di guida che le società segrete avevano avuto nella Rivoluzione, sostenne l'idea di un piano ebraico legato a queste, un'organizzazione ubiqua con branche nei più piccoli villaggi dell'Europa occidentale. Nel giro di pochi anni molti autori accolsero l'idea degli ebrei come complottatori ultimi dellaRivoluzione e come padroni di un impero invisibile».
L'apoteosi però arrivò con il XX secolo.
«Hitler e Stalin portarono i rispettivi temi riguardo la mentalità cospiratoria alla logica conclusione: il primo causò lo sterminio di milioni di ebrei, il secondo di altrettanti ucraini, kulaki e "sabotatori" al servizio degli imperialisti. Il conflitto mondiale segnò un momento unico e atroce, quello i cui la teoria del complotto mondiale si avvicinò a raggiungere il dominio del mondo».
E dopo il '45 che fine fece la paranoia del complotto?
«In Occidente perse terreno e negli anni ottanta entrambe le tradizioni si attenuarono con l'implosione dell'Unione Sovietica. Oggi hanno maggiore importanza al di fuori dei paesi occidentali, soprattutto in Medio Oriente. Ma, attenzione, continuano a esistere. Certo le teorie si sono modificate: hanno mantenuto inalterati i propri principi fondanti e apportato i cambiamenti necessari per continuare a esercitare fascino. I timori antiebraici, iniziati con la religione, si sono spostati prima sulla razza e poi sullo Stato ebraico. Mentre i nemici delle società segrete nacquero con i Templari, si concentrarono poi sui Massoni e infine sui governi anglo-americani, le loro intelligence, i loro centri di potere finanziario».
Quando ha scritto il libro, nel 1997, lei era ottimista, prevedeva che il complottismo sarebbe divenuto sempre più marginale. Eppure le teorie nate dopo l'11 settembre dicono altro.
«Sì, c'è stato un notevole picco di teorie complottistiche nell'ultimo decennio, come avviene prevedibilmente quando le tensioni salgono. Gli anni Novanta sono stati un periodo così tranquillo e facile, non poteva durare. La rinascita del cospirazionismo è il sintomo dei nuovi problemi in atto».
È vivo solo nel Medio Oriente (argomento tra l'altro su cui lei a scritto un libro specifico nel 1996: The HiddenHand).
«No, è molto più esteso, ma è importante notare quante teorie cospirazioniste nascono lì per poi espandersi al resto del mondo. Vengono sproporzionatamente da quell'area soprattutto le teorie sulla perfidia dell'imperialismo americano e degli ebrei e hanno un ruolo pesante nell'agire politico».
E in Occidente? Che peso hanno idee come quelle di Thierry Meyssan?
«L'Occidente non ha mai abbandonato il complottismo ma l'ha fatto diventare qualcos'altro:una strana caccia alle idee più bizzarre. Ce lo testimonia proprio l'esempio di Thierry Meyssan e il seguito che ha avuto».
E gli americani soffrono della stessa malattia?
«Sì, come gli altri occidentali, forse di più. Il fatto che gli Stati Uniti siano spesso considerati come un'agenzia di cospirazioni in alcuni casi li rende ancor più propensi a rivoltarsi contro il loro stesso paese».
Come ci si può opporre a questa paranoia da complotto che spesso stravolge i termini della realtà e della politica?
«Bisogna prenderla seriamente. È’ troppo superficiale per una persona intelligente e sensibile dire che queste teorie sono irrilevanti. Non lo sono. A volte hanno cambiato in modo tragico la storia. Devono essere affrontate, in modo diretto e forte».
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