Giornate roventi, sul fronte undici settembre, per chiunque sia anche solo minimamente interessato alla faccenda.
Come andiamo constatando ormai da mesi, l'accelerazione mediatica è sempre più evidente, e ci stiamo chiaramente avvicinando a un punto di non ritorno. L'argomento undici settembre rimbalza sempre più spesso sulle prime pagine di mezzo mondo, ed è sempre più probabile che il meccanismo faccia corto-circuito, scatenando la classica battaglia a tutto campo in cui vale tutto e il contrario di tutto.
Ma mentre questa battaglia sarà alimentata dai media, non esiste, a causa della complessità dell'argomento, un luogo deputato su cui si debba svolgere. Lo scontro personale di ciascuno sarà, in un certo senso, la battaglia complessiva di tutti.
E' quindi doppiamente importante riaffermare alcuni principi ... dei quali potremmo facilmente dimenticarci, in un momento particolarmente accanito di un confronto qualunque.
Premetto che scrivo questo articolo soprattutto per i molti iscritti più recenti (che saluto anche da parte di tutti gli altri), i quali non sono affatto obbligati a conoscere certi ragionamenti che faranno invece addormentare di noia la maggior parte di noi. Ma è comunque bene darsi tutti una rinfrescata, visto che io stesso, durante il collegamento di ieri con il pubblico di Monfalcone, dopo la proiezione del film, ho rischiato di compiere l'errore più grossolano di tutti.
Parlando del crollo delle Torri uno spettatore, in totale e indubitabile buona fede, mi ha posto la più classica delle domande:
Per tirare giù degli edifici di quel dimensioni - ha detto - serviva chiaramente una quantità di esplosivo enorme. Come è stato possibile piazzarlo tutto, con la precisione che richiede un'operazione del genere, senza minimamente dare nell'occhio?
Mi sono così ritrovato a parlare degli inspiegabili black-out elettrici, avvenuti nel weekend precedente gli attentati, come della strana scelta di Silverstein di uscire anticipatamente dalla morfina, dopo il grave incidente avuto in agosto, pur di riuscire a completare in fretta gli accordi per il passaggio della gestione delle Torri Gemelle. Sapendo naturalmente che solo in quel modo avrebbe protuto procedere a sostituire nell'arco di pochi giorni tutto il personale della security che avesse voluto.
Solo in quel momento mi sono ricordato che non sta affatto a noi, normali cittadini, spiegare che cos'è successo quel giorno. Noi non facciamo i detectives di professione, né tanto meno i terroristi o i bombaroli.
Il nostro compito, che in questo caso è un diritto/dovere (visto che si tratta di un atto criminale), è semplicemente quello di porre domande, laddove la spiegazione ufficiale faccia palesemente acqua, come nel caso dell'undici settembre.
Come saggiamente ha detto qualcuno, qui sul sito, non esiste il "complottismo", esistono soltanto risposte poco chiare.
Non mi si può infatti raccontare che le Torri sono cadute da sole, quando a) il progetto prevedeva dichiaratamente, e con ampio margine di ridondanza, che in situazioni simili non lo facessero, b) esistono dozzine e dozzine di testimonianze inconfutabili riguardo a esplosioni udite nei sotterranei delle Torri, prima e durante i crolli stessi, c) gli edifici sono crollati ad una velocità pari a quella della caduta dei gravi del vuoto, violando alcune delle più importanti leggi della fisica, e d) gli stessi si sono interamente polverizzati in particelle finissime.
Tutte cose, appunto, assolutamente inconciliabili con un cedimento strutturale, che però corrispondono tutte, curiosamente, proprio alle procedure usate nelle demolizioni controllate.
Ma io ufficialmente, come cittadino, mi fermo qui.
Chi, come, dove e quando abbia messo quali e quante cariche, non sta più a me indicarlo. Per quel che ne so io, infatti, possono anche aver usato un nuovissimo fischietto supersonico, che può aver operato un solo bambino di sette anni, senza essere notato da nessuno.
Sta piuttosto a chi mi ha raccontato quella fregnaccia dei cedimenti strutturali, prima di tutto spiegarmi perchè mi ha mentito, e poi trovare il vero responsabile, e chiedere a lui che cosa abbia usato per abbattere gli edifici.
Se poi io e te vogliamo divertirci a provare ad esaminare le più diverse possibilità che ci vengono in mente, facciamolo pure. Ma sia ben chiaro che la mancanza di un risultato valido in questo senso non cancella una sola testimonianza sulle esplosioni, non solidifica un solo grammo del cemento che si è polverizzato dei crolli, e non rallenta di un solo secondo la velocità di caduta degli edifici che tutti possono constatare dai filmati televisivi.
Lo stesso discorso vale ovviamente per il Pentagono, dove la più classica delle domande è "ma allora l'aereo dov'è finito?"
Lo ripeteremo fino alla noia (o almeno finché ci sarà qualcuno che insiste a porre quella domanda), non sta a noi trovare la risposta. Per quel che ne sappiamo noi, fra l'altro, quell'aereo può benissimo non essere nemmeno mai partito .
Ma c'erano le liste dei passeggeri! - dirà subito qualcuno.
Certo che c'erano - gli rispondi - e allora? Tu ne conoscevi personalmente qualcuno, di quei passeggeri? Tu sei certo che manchino davvero all'appello? E sei certo che Barbara Olsen, ad esempio, non abbia approfittato dell'occasione d'oro per sparire ufficialmente di circolazione, e andare definitivamente "undercover", visto che quello è soltanto il sogno proibito di tutti gli agenti segreti di questo mondo?
E poi, non era la stessa operazione Northwoods a suggerire, già nel 1962, di creare proprio una lista finta di passeggeri, da dare in pasto ai media subito dopo l'abbattimento dell'aereo? Perchè mai, quindi, fare fuori inutilmente degli innocenti, distruggere un aereo che vale comunque decine di milioni di dollari, e soprattutto creare un'ulteriore ceppo di famiglie delle vittime, incazzate nere e pericolosissime, quando non ce n'è assolutamente nessun bisogno?
Ma in ogni caso, torno a insistere, per quel che ci riguarda noi sappiamo solo che in un buco di 4 metri un aereo largo 40 non ci entra. Fine. Ufficialmente, la mia posizione si ferma lì. Se tu a quel punto vuoi proprio insistere, sei tu casomai che dovresti dirmi, gentilmente, dov'è finito quell'aereo, non credi?
Questo atteggiamento di fondo, oltre che renderti la vita meno difficile, obbliga anche la controparte a porsi lui, direttamente, certe cruciali domande. Finchè invece ci affanniamo a trovargli una qualche risposta che lo soddisfi (non solo non lo farà mai, visto che in quel momento sta chiaramente respingendo l'idea stessa dell'autoattentato), ma gli impediremo di vedere con i propri occhi il peso imbarazzante di certe domande senza risposta.
Di fronte al prossimo Attivissimo che incontriamo, quindi, se non per noi, facciamolo almeno umanamente per lui.
Massimo Mazzucco
(In preparazione un vero e proprio pamphlet, in formato FAQ, intitolato "Contra Attivissimum, istruzioni per l'uso").
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