di Andrea Franzoni
Immaginate un’arma laser che colpisce alla velocità della luce provocando istantaneamente un dolore atroce senza causare la morte della vittima né alcuna ferita o bruciatura, nessuna prova fisica della inaudita violenza subita. Pensate questo raggio rivolto su un kamikaze, su un insorto armato, su un soldato nemico messo semplicemente in fuga piuttosto che ucciso. Pensatelo poi diretto su una folla in sciopero, su una protesta politica, su un gruppo di insubordinati. Schiacci un bottone e tutta una folla, tutta una via, tutto un villaggio cade a terra contorcendosi di dolore; e tutto senza lasciare una prova.
Luci e ombre del “pain ray” (1), il "Raggio del dolore", uno degli ultimi ritrovati dell’industria bellica statunitense. Che promette, per voce dei produttori, di aumentare la sicurezza dei militari risparmiando la vita a molti potenziali obiettivi, messi in fuga piuttosto che uccisi. Ma che si propone anche come l’inquietante arma del futuro, in grado di garantire il controllo totale e fisico sulle folle senza lasciare nemmeno una traccia ma soltanto il ricordo traumatico ma impalpabile di un dolore atroce. Le organizzazioni dei diritti umani e numerosi scienziati sono già sul piede di guerra ... ... contro queste armi che, come vedremo, non darebbero nemmeno garanzie dal punto di vista scientifico e che sono progettate per essere utilizzate sulle folle e, quindi, sui civili.
Ma andiamo con ordine.
Spendere miliardi in ricerca tecnologica per la produzione di armi che salvino la vita alle persone. Sembra un paradosso, ma proprio questo è stato, per diversi anni, l’obiettivo ufficiale delle ricerche condotte dall’esercito USA (2) che hanno portato alla produzione di armi laser, proiettili eterei di energia pura, che agiscono direttamente sotto pelle, sui recettori del dolore, senza lasciare cicatrici visibili. Queste armi promettono di dare ai soldati una alternativa, in caso di necessità di autodifesa, fra la sentenza del mitra o il deterrente tecnologico del laser. I sostenitori lo reputano per questo uno strumento necessario per salvare molte vite innocenti, specie quando il “terrorista” si nasconde tra la folla o dietro a “scudi umani”. Il “raggio del dolore”, infatti, non è progettato per essere letale ma solamente per obbligare il bersaglio alla fuga, e il tutto senza lasciare conseguenze tangibili (3).
L'ADS, Active Denial System, ribattezzato subito “raggio del dolore” (Pain Ray), è solo uno dei frutti di anni di investimenti nel settore delle armi a energia diretta. La caratteristica fondamentale di questo genere “soft” di laser è quella di emettere un fascio diretto di radiazioni elettromagnetiche alla frequenza di 95 Ghz, frequenza che, all’interno dello spettro delle radiazioni, rientra nelle “microonde” (pur essendo molto differente dalla frequenza dei normali forni).
L’onda, sparata da dispositivi montati per esempio su veicoli militari anche aerei, su un singolo come su un’intera folla in rivolta, penetra per meno di mezzo millimetro nel bersaglio colpendo i recettori e provocando quindi una violentissima sensazione di bruciore sufficiente a far fuggire disperatamente la vittima senza risultare letale (il tempo di esposizione necessario per bruciare la carne è calcolato dalle fonti militari in circa 4 minuti).
«Fin dal primo istante è quasi come se qualcuno avesse aperto lo sportello del forno e le fiamme stessero uscendo distruggendoti. Non vuoi altro che farti da parte» ha affermato Rich Garcia, portavoce del gruppo di ricerca sull’ADS alla base aeronautica di Kirkland, New Mexico. Chi l’ha provato parla di un qualcosa di atroce e istantaneo, impossibile da sopportare.
Una volta terminata l’esposizione il dolore scompare immediatamente e sul corpo non rimane alcun segno, né un bruciatura né una lacerazione, a testimoniare l’aggressione.
Progettate e sperimentate nei laboratori dell’aviazione USA nel New Mexico, armi del genere sarebbero già dovute essere attive in Iraq, dopo l’avvio di un programma con prototipi denominato Sheriff progettato inizialmente per il 2005 (4). Il 2006, come annunciato nel dicembre 2005 dalle riviste militari, doveva essere infatti l’anno del lancio dell’ADS in Iraq (5), lancio che è stato però fatto slittare dal Pentagono (6) sollevando le ire di ampi settori dell’esercito. C’è tuttavia chi denuncia l’utilizzo di prototipi di laser, addirittura già nel 2003, e proprio nelle battaglie iraqene. Come Maurizio Torrealta e Sigfrido Ranucci, di RaiNews24, che nell’ultimo documento prodotto sull’Iraq intitolato “Guerre Stellari a Baghdad” (7) hanno riportato alcune testimonianze che denunciano l’utilizzo di armi al laser probabilmente in versioni addirittura letali. Il sistema, infatti, è lo stesso: basta aumentare la frequenza del raggio del dolore per sparare un raggio inceneritore. Come confermato dallo stesso Colonnello Wade Hall, direttore del programma Sheriff, secondo il quale «[l’ADS] non ha la funzione di causare distruzione. Serve per mantenere la pace, anche se c’è la possibilità di portarlo allo stato di distruzione se ce n’è il bisogno». (8)
La tecnologia di base, anche se necessita sicuramente di alcuni aggiustamenti, è già pronta. Un dispositivo simile, basato su laser e scariche elettrice, utilizzato però per far brillare ordigni inesplosi, è già stato prodotto per essere inviato in Iraq su appositi veicoli (Ionatron, 12 esemplari), ritirati perché onerosi e ingombranti nell’attesa di montare l’arma su veicoli più maneggevoli (9).
Dalla fine di gennaio 2006, e cioè dal rinvio del Pentagono, non ci sono nuove notizie a riguardo. A motivare il rinvio, pare, questioni tecniche, come la grande energia richiesta dai dispositivi per funzionare e quindi la loro scarsa praticità (10). Nonostante il rinvio l’impressione è tuttavia quella che, visti i grandi investimenti di tempo e di denaro, gli annunci del 2005 del Dipartimento della Difesa (che prevedevano il dispiegamento per il 2006), i nuovi stanziamenti per la ricerca e la produzione nel settore delle armi laser (11) e le grandi pressioni dei settori militari, il Pentagono sia intenzionato a mandare il “raggio del dolore” sul campo a breve, magari per continuare i test sulla pelle del popolo irakeno, sfruttando anche un vuoto nelle leggi internazionali sulle regole di guerra che non contemplano, nello specifico, armi di questo genere. E’ giusto quindi conoscere per tempo queste armi, che hanno tutte le caratteristiche per diventare nel futuro le armi del controllo domestico.
I possibili utilizzi del raggio del dolore, infatti, sono praticamente illimitati, sia in situazioni di guerra sia –soprattutto- in situazioni di “peace-keeping” all’estero come in patria. Il raggio del dolore, definito “il santo Graal del controllo delle masse” (12) tuttavia, ha le carte in regola per essere l’arma del futuro soprattutto in contesti non di aperta belligeranza, magari su civili, o come arma di tortura che non lasci segni. I sostenitori ne ipotizzano per esempio un largo uso in Iraq per sedare e prevenire rivolte e sommosse evitando vittime civili, cioè le donne, i vecchi e i bambini che prendono parte alle più disparate manifestazioni di protesta, considerati dai vertici militari scudi umani utilizzati dai “terroristi”. Proprio per azioni simili il “raggio del dolore” potrebbe essere montato anche su apparecchi aerei proprio per permettere un maggiore controllo delle folle con scariche calibrate. L’utilizzo dell’ADS è ipotizzato, sempre in fase iniziale, anche come deterrente in potenziali situazioni non chiare di pericolo, quando cioè un’automobile si avvicina ad un check point disattendendo l’alt. Dovendosi difendere, in quel caso, il militare non sarebbe più costretto a decidere se rischiare, temporeggiare o sparare ma potrebbe semplicemente inibire con il raggio laser l’autista risparmiandogli –vedi Calipari- magari la vita.
Un’arma simile, inoltre, potrebbe cambiare le regole di ingaggio. Il grilletto facile, seppur non letale, potrebbe diventare la regola. Un dispositivo simile, che non lascia segni e che quindi non lascia prove della violenza perpetrata, potrebbe essere usato, a discrezione del militare, con la massima libertà. Eppure il dolore provocato, dicono coloro che l’anno provato (uomini robusti, militari nel pieno delle forze), è atroce. Si prevede la dotazione di armi ADS alle guardie delle centrali nucleari, e vi sono progetti per creare versioni più maneggevoli oppure da montare su navi e aerei fino alle forze di polizia.
Il candidato democratico John Kerry, rivale di Bush alle recenti elezioni, è stato un grande promotore delle armi a energia diretta, di cui il raggio del dolore è forse la versione meno nociva, giudicate utili per l’utilizzo in ambito di guerriglia urbana o nelle “stability operations” affinché le forze americane siano equipaggiate per vincere oltre che la guerra la pace. (13)
Associazioni e scienziati, tuttavia, sono già sul piede di guerra, denunciando violazioni e insicurezze scientifiche e “etiche”. Le proteste vanno al di là del naturale timore e della atavica disapprovazione che accompagna la progettazione di una nuova fantascientifica e sconosciuta arma.
Certo, se proprio ci devono essere sulla Terra delle armi, direbbe qualcuno, è positivo il fatto che queste armi siano non letali. Non escludiamo a priori l’ipotesi, naturalmente.
Tuttavia ogni ritrovato tecnologico ha i suoi svantaggi, che vanno attentamente soppesati, e un buon numero di questi –tradizionalmente- non sono noti che dopo alcuni anni dall’effettivo utilizzo. Il fatto che le ricerche siano state svolte dalla stessa Aviazione che ha progettato l’arma, e che fossero ovviamente più rivolte a calibrare il raggio nella maniera più funzionale agli scopi dei produttori che alle esigenze delle vittime, non va poi dimenticato. Mancano inoltre, naturalmente, ricerche che studino gli effetti a medio e lungo termine, necessarie anche perché quest’arma è progettata per poter essere utilizzata anche su civili (ad esempio “scudi umani”)
Fra gli altri il timore è quello che, con la scusa che il raggio del dolore non lascia cicatrici ed è quindi “impalpabile”, si rischi di abusarne, addirittura come arma di tortura o come strumento per assoggettare e terrorizzare una popolazione. Una volta che un’arma simile venisse in qualche modo accettata dall’opinione pubblica, per esempio, potrebbe essere usata per fermare gli ultras allo stadio o una qualsiasi manifestazione, il tutto –pare- senza lasciare segni e quindi senza implicazioni penali, sollevando in pratica le forze dell’ordine dalle loro responsabilità. Queste, tuttavia, sono soltanto speculazioni fantascientifiche che ognuno può completare come crede e che, in parte, lasciano il tempo che trovano.
Molto più concreti sono i dubbi sollevati dagli scienziati (14) dopo che, su richiesta di un’associazione per i diritti che ha usato il Freedom of Information Act, parte dei fascicoli sui test svolti in America dall’esercito stesso, unici test mai svolti a livello mondiale su armi simili ancora top secret, sono stati resi noti. Si è scoperto innanzitutto che ai volontari venivano fatti togliere gli occhiali o le lenti di contatto, questo per evitare complicazioni agli occhi. Anche senza questi dispositivi, tuttavia, studi successivi hanno mostrato come raggi simili possano provocare gravi danni agli occhi (delle scimmie). Altre perplessità sono dovute al fatto che ai volontari, nel secondo e nel terzo test, erano fatti togliere anche anelli, bottoni, cerniere zip, monete e tutti quegli oggetti che, a contatto con la pelle, avrebbero provocato bruciature.
Presupposti simili mancano, naturalmente, in situazioni di utilizzo di armi simili su folle reali e non selezionate in cui le persone hanno diverse altezze, le tasche piene di oggetti, gli occhi esposti al laser, e anche organismi diversi. La natura del raggio del dolore è infatti quella di colpire in maniera indiscriminata, ad esempio quando i “ribelli” si nascondono all’interno della folla “facendosi scudo” con donne, bambini e anziani, elementi presenti nelle manifestazioni. Se il raggio, quindi, è stato testato su militari nel pieno delle forze dando determinate conseguenze, non è detto che un fisico debilitato o –per esempio- il fisico di una donna in stato di gravidanza o di un bambino reagiscano nella stessa maniera confermando la natura “non-letale” dell’arma. Cosa accadrebbe poi se, all’interno di una folla in fuga, qualche persona meno mobile rimanesse nel raggio del dolore senza riuscire fisicamente a scansarsi? Quale dolore atroce subirebbe gratuitamente e, soprattutto, quali conseguenze potrebbe avere?
Basta un errore nel dosaggio della frequenza, come dimostrato in un test nel quale un volontario è rimasto ustionato, per produrre effetti assolutamente diversi. E non è stato studiata a sufficienza la possibile natura cancerogena dell’arma.
Le armi laser non siano contemplate nelle convenzioni internazionali (15), se non in un documento del 1995 sottoscritto da 82 stati (ma non dagli USA) redatto proprio sulla scorta di programmi di sviluppo di armi laser progettate per accecare il bersaglio condotti in quegli anni. Altro appiglio giuridico potrebbe essere la convenzione di Ginevra, che vieta l’utilizzo di armi in maniera indiscriminata sulle folle. Si tratta tuttavia, ed è brutto dirlo, soltanto di cartacce.
Certo è che una materia simile non può non suscitare preoccupazione. Il fatto che il più grande esercito del mondo, nostro superiore, pensi di utilizzare armi che ha testato solo lui spacciandole per non-letali con la massima serenità, e con regole di ingaggio molto permissive, dovrebbe allarmare la comunità internazionale. Il popolo iraqeno ha il diritto di non essere la cavia di un’arma sconosciuta, alla mercè del grilletto facile e dei sadismi dei soldati stressati, senza nemmeno poter portare sulla pelle –e forse, un domani, nei tribunali internazionali- le cicatrici, oltre che dell’umiliazione, del dolore fisico gratuitamente provato.
Andrea Franzoni (Mnz86)
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Note:
(1) http://en.wikipedia.org/wiki/Active_Denial_System
(2) http://www.de.afrl.af.mil/factsheets/activedenial.pdf
(3) http://www.globalsecurity.org/military/systems/ground/v-mads.htm
(4) http://www.estripes.com/article.asp?section=104&article=23525&archive=true
(5) http://www.defensetech.org/archives/002035.html
(6) http://aimpoints.hq.af.mil/display.cfm?id=9092&printer=yes
(7) http://www.rainews24.it/ran24/inchieste/guerre_stellari_iraq.asp
(8) Vedi nota 4
(9) http://www.defensetech.org/archives/002401.html
(10) http://www.janes.com/defence/news/jdw/jdw060216_2_n.shtml
(11) http://italia.pravda.ru/science/tech/97-0/
(12) http://www.defensetech.org/archives/000697.html
(13) http://www.boston.com/news/nation/articles/2004/09/24/ray_gun_sci_fi_staple_meets_reality?mode=PF
(14) http://www.newscientist.com/article.ns?id=mg18725095.600
(15) http://www.icrc.org/ihl.nsf/TOPICS?OpenView#Methods%20and%20Means%20of%20Warfare